Rielaborazione Appunti Pedagogia II PDF

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This document provides an overview of pedagogy, focusing on its defining characteristics, processes, and applications. It discusses educational theory, emphasizing the importance of continuous and life-long learning. The concepts of relationship and process and different types of learning are tackled.

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Rielaborazione appunti pedagogia II Definizione pedagogia: scienza che raggruppa le La pedagogi...

Rielaborazione appunti pedagogia II Definizione pedagogia: scienza che raggruppa le La pedagogia è quella scienza che raggruppa le conoscenze intorno all’educazione e conoscenze nell’ambito che si occupa della gestione dell’azione educativa: riflette in modo organico, critico e dell’educazione e si razionale sull’insieme dei processi rivolti alla crescita, all’istruzione e alla occupa della gestione dell’attività educativa formazione dei soggetti, sia in termini individuali, sia collettivi. Scienza autonoma che si serve dell’aiuto di altre discipline (psicologia, antropologia, filosofia). Si articola, pertanto, in una notevole complessità. Necessita di uno sguardo Caratteristiche della pedagogia: caleidoscopico. - sguardo caleidoscopico Promuove libertà e pensiero critico del soggetto: promozione della possibilità di -promozione della libertà e del pensiero progettare la propria esistenza. critico -carattere evolutivo: possibilità come Movimento: categoria fondante Pedagogia: carattere evolutivo, orientato alla trasformazione e al cambiamento Si sottolinea la direzione della possibilità come categoria fondante, in contrapposizione Caratteristiche all’impossibilità che ci imbriglia in modelli di apprendimento statici, elemento statico, dell’educazione: involutivo e tendente allo stallo. -processo continuo Processo -vitale, relazionale, personale, L’educazione è un processo continuo e per tutta la vita. socio-culturale Vitale → necessità per ciascun essere umano -proposta -non è mai neutrale Relazionale → costante e inevitabile confronto/scontro con l’altro -praticata all’interno Personale → unicità del soggetto della relazione Socio-culturale → valori, criteri, modelli caratterizzanti il contesto Proposta Asimmetria come tratto L’intervento educativo è sempre una proposta, non è mai un’imposizione caratterizzante della relazione educativa: L’educazione non è mai neutrale: storicamente centrata, politicamente orientata, orientata necessità di uno sfondo da schemi di riferimento individuali e dalle caratteristiche del soggetto o dei soggetti a cui si pedagogico che ne ispiri i principi rivolge. Relazione educativa La relazione è centrale in ambito pedagogico: l’educazione si pratica all’interno della Tipologie di relazione. apprendimento: Formale Relazione educativa è asimmetrica: non è una relazione tra pari. Non è totalmente (obbligatorio, prevedibile ciò che potrà accadere nella relazione educativa. Asimmetria caratterizzata da strutturato, titolo di una responsabilità diversa. Nonostante ciò c’è sempre flusso di reciprocità. studio) Non formale Educazione in sé ha grande forza di condizionamento, manipolazione. Pertanto c’è bisogno (strutturato, no obbligo, di uno sfondo pedagogico che ne ispiri i principi. no titolo di studio) Informale (non strutturato, no Tipologie di apprendimento di cui si occupa la pedagogia: finalità esplicita ma valenza educativa) Formale: apprendimento di tipo strutturato che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio. Intenzionali, organizzate, regolate da leggi stabilite a monte, obbligatorie, si persegue un risultato definito prima (es. esperienza scolastica). Non Formale: si realizza al di fuori del contesto di istruzione e, pur essendo organizzato, non determina il conseguimento di un titolo di studio. Rimane all’interno di un ambito strutturato che ha una finalità. Intenzionali, organizzate, regolate da un contratto, parzialmente obbligatorie (es. corsi di aggiornamento, corsi di lingua, corsi di attività motorie). Informale: contesti di apprendimento che non hanno una finalità esplicita ma che hanno una valenza formativa. Situazioni di vita quotidiana. Breve carrellata storica Evoluzione storica Grecia: pedagogo, schiavo colto (o liberato) che provvedeva all’educazione del fanciullo della pedagogia (pais), accompagnandolo-guidandolo (ago) a scuola. Paideia: formazione globale dell’uomo greco. Non solo preparazione pratica, ma anche spirituale (emancipazione e costruzione culturale). Grecia: pedagogo e paideia Scienza del metodo - Comenio Didactica Magna (1657): trattato dell’insegnare tutto a tutti Prima opera pedagogica moderna, indica la strada del diritto di ogni soggetto a ricevere un’istruzione adeguata, indipendentemente dall’estrazione sociale e dal genere. Comenio, Didactica Magna (1657) Sottolinea l’impegno (dovere) degli adulti a far fronte a tale compito. getta le basi per Tempi di sviluppo e capacità: istruzione intesa -Organizzazione dell’attività didattica secondo gradi scolastici. come diritto di tutti -Metodo d’insegnamento fondato sulla partecipazione attiva e diretta dell’allievo all’ambiente naturale e sociale. Prime scuole di formazione per insegnanti. Teoria pedagogica autonoma: - Rousseau Teoria pedagogica autonoma - Herbart: primo Rousseau: svincolarsi dalla dipendenza dalla filosofia e dai legami che la tradizione aveva imposto pedagogista, scienza (Emilio, 1762). autonoma e applicata Herbart: primo pedagogista della storia. “Pedagogia generale dedotta dal fine dell’educazione” (pedagogia generale (1806). Scienza autonoma pratica e applicata dedotta dal fine dell’educazione) Cultura positivista Porta al distacco definitivo da posizione teoretiche, o da convinzioni religiose. Cultura positivista: Definizione di “Scienza dell’educazione”, in quanto basata sull’osservazione della realtà, scienza sull’applicazione di criteri di analisi oggettivi, sul metodo di ricerca sperimentale fondato sull’analisi dell’educazione dell’esperienza. basata su metodo sperimentale; distacco posizioni Dewey teoretiche/religiose Indica la via per passare dalla “Scienza dell’educazione”, alle “Scienze dell’educazione” “Le fonti di una scienza dell’educazione” (1929). Dewey, “le fonti di La pedagogia è un sapere interdisciplinare, nel quale convergono i contributi di molte altre scienze: una scienza dalla filosofia dell’educazione, alla psicologia, dai saperi metodologici, alle discipline socio- dell’educazione”: antropologiche. sottolinea il carattere interdisciplinare Piaget della pedagogia Superamento degli steccati tra i saperi delle scienze umane. Prospettiva interdisciplinare definita. Piaget: consolidamento Autonomia della Pedagogia che si consolida nel corso degli anni fino ad oggi. prospettiva interdisciplinare Oggi La pedagogia è una scienza autonoma (metodo scientifico) che si avvale dei contributi di tutte le Pedagogia oggi: discipline: psicologia, sociologia, antropologia, neuroscienze, ecc. - scienza autonoma - contribuiti da altre L’approccio alla pedagogia deve tener conto dell’incertezza e della mutabilità dei soggetti e dei discipline contesti. - tiene conto di Per questo, l’educatore è un cercatore di fatti e relazioni, un ricercatore di nessi, di senso e di incertezza e mutabilità soggetti e significati. contesti Lezione 2 -Necessità di lavorare sulle proprie stereotipie, con i propri stereotipi e pregiudizi. De-meccanizzare stereotipie corporee aiuta a de-meccanizzare anche quelle cognitive. Aiutano a sviluppare pensiero divergente. -Abbiamo visto come alcuni processi ci aiutano o limitano, ad esempio pressione di conformità. Dissonanza cognitiva (cognizioni o pensieri antitetici e per questo in contrasto tra loro al punto, a volte, di creare disagio alla persona) processo indispensabile per rompere degli schemi ci fa capire che c’è qualcosa che sta accadendo e che dobbiamo impegnarci per comprenderlo. -La pedagogia è teoria e prassi La relazione educativa Compito della pedagogia: studiare l’educazione Compito Compito dell’educazione: individuare, promuovere, sviluppare potenzialità (cognitive, dell’educazione affettive, relazionali) dei soggetti individuali e collettivi. Educazione Si distingue da un processo di influenza ≠ processo di influenza Annuncia la sua intenzione formativa - annuncia intenzione Presuppone un insieme coerente di azioni intraprese in vista di un fine. formativa -azioni intrapresa in Realizza la messa in opera di principi espliciti o impliciti ricavati da una teoria vista di un fine generale (ci devono essere dei modelli di riferimento/teoria generale che ispirano ciò (intenzionalità) - principi che derivano che facciamo). da teoria generale Caratteristiche dell’azione educativa L’azione educativa ha sempre un risultato imprevedibile perché dipende da come risponde agli stimoli la persona che ho di fronte, dall’azione di personalità, o gruppi, Caratteristiche dell’educazione: cui essa è rivolta e da eventi che condizionano la situazione di partenza. - Imprevedibilità Comporta quindi l’esigenza di accettare, affrontare e gestire il conflitto per - Gestione del conflitto trasformarlo in termini di produttività. Imprevisto ci deve fornire l’occasione per - Cura del processo educare, non per persuadere, costringere. comunicativo Prevede la cura del processo comunicativo, attitudini comunicative adeguate, capacità -Asimmetria -Pregiudizio di cogliere i feedback, consapevolezza delle modalità espressive, metacomunicazione. -Coinvolgimento Non solo finalizzata ai risultati, ma deve tenere anche conto del processo. emotivo -Valori Asimmetria: l’educatore ha maggiore consapevolezza e responsabilità dell’educando Pregiudizio: consapevolezza delle coordinate emotive e cognitive che regolano il nostro rapporto con gli altri e che da tale incontro sono modificate Coinvolgimento emotivo: è evento inevitabile e strumento di lavoro (rel. empatica) che però comporta dei rischi: eccessiva vicinanza o lontananza. La giusta distanza è quella che salvaguarda le dimensioni di sé dall’invadenza della professione. Valori: non è possibile una neutralità di valori pertanto bisogna esserne consapevoli e capire come possono influenzare la relazione. A volte è utile dichiararli per consentire all’altro di capire meglio i comportamenti Conoscenza tacita/curricolo occulto: inevitabilmente passo all’altro un determinato modo di vedere le cose Parole chiave del discorso educativo Formalizzazione: possibilità di costruire modelli, formalizzare processi, metodologie per Parole chiave del discorso educativo: poterli ripetere. -Formalizzazione Intenzionalità: mutuato da fenomenologia (Bertolini), processo che mi fa fondare un -Intenzionalità comportamento verso un obiettivo (vs spontaneità) → Nell’azione educativa occorre mettere -Progettualità -Consapevolezza in atto comunicazione intenzionale, il che non significa mancanza di autenticità: poiché -Metodologia scelte di comunicazione vengono fatte in funzione di un obiettivo. -Documentazione Progettualità: disponibilità a rivedere, ridefinire sempre un processo. Consapevolezza: essere capace di cogliere i nessi di ciò che faccio e impatto che ha sugli altri. Metodologia Documentazione: costruire storia, memoria di ciò che si fa. Intenzionalità ed esperienze educative: Intenzionalità delle esperienze educative -intenzionali Esperienze intenzionali: c’è un soggetto incaricato di educare un altro, a prescindere da -non dichiaratamente grado di formalizzazione dell’esperienza (scuola, formazione aziendale, laboratori etc.). intenzionali Esperienze non dichiaratamente intenzionali: l’educando non ne ha consapevolezza -non intenzionali (teatro, museo, gite etc.). Esperienze non intenzionali: più o meno casuali, il produttore di azioni educative non ne è consapevole o non è riconoscibile come tale, non ha una progettualità educativa esplicita (rapporti interpersonali, itinerari familiari o professionali, esperienze collettive coinvolgenti per condivisione). Punti cardinali del lavoro educativo Il lavoro educativo si basa su un mandato di cui l’educatore è esecutore/coautore L’operatività prevede ambiti organizzati connotati di riconoscibilità e intenzionalità. L’educatore deve instaurare una relazione educativa L’educatore non è da solo ma interagisce funzionalmente con altri soggetti. Epoché: sospensione Epoché: non possiamo smettere di giudicare, ma posso mettere il giudizio tra parentesi del giudizio La sospensione del giudizio è un processo complesso che richiede conoscenza di sé, di ciò che ci mette in crisi e difficoltà ad ascoltare e comprendere il punto di vista di un altro. Funzione - La sospensione del giudizio mi permette di interpretare i comportamenti dell’altro dell’epoché senza intrappolarlo in schematismi - Orientamento alla critica costruttiva e alla ricerca di soluzione efficaci ed efficienti. - Superamento del giusto/sbagliato come criteri di valutazione e delle strutture psichiche egocentrate. Empatia e comunicazione empatica Secondo E. Stein l’empatia è “l’esperienza di altri da noi e del loro vissuto”. Empatia: sentire con l’altro Comunemente si definisce come “mettersi al posto di un altro”. Empatia: sentire con l’altro. La condizione che permette tale esperienza è primariamente la percezione che il soggetto ha di se stesso. A partire dalla propria, il soggetto ha la possibilità di Condizioni necessarie: percepire la globalità psicofisica degli altri (non fusionalità ma permanere delle - percezione che il differenze). soggetto ha di se stesso Attraverso l’empatia i soggetti possono arricchire il loro sentire. - epoché Comportamento da mettere in atto anche quando l’altro ha delle idee diverse dalle mie. È uno sforzo di comprensione intellettuale ed emotiva dell’altro caratterizzato da sospensione del giudizio, messa tra parentesi di pregiudizi e giudizi, decentramento di sé di chi lo mette in atto. Rimane però importante mantenere la giusta distanza. Video visto: https://angelovaira.it/blog/le-4-qualita-essenziali-dellempatia-video-di-brene- brown/ Teoria del “Pigmalione in classe” (Rosenthal) Esperimento che consisteva nel creare un’aspettativa infondata in classe (veniva detto loro che c’erano dei geni in classe). Si voleva vedere se il comportamento degli insegnanti Teoria del cambiasse nei confronti di questi bambini. Pigmalione Quest’esperimento ha dimostrato che insegnanti cambiavano moltissimo il loro (Rosenthal): atteggiamento verso questi bambini: più pazienti, più rinforzi, meno inclini a interpretare il -crucialità della rappresentazione loro comportamento in modo negativo. che abbiamo Alla fine dell’insegnamento questi bambini effettivamente avevano un rendimento superiore dell’altro -importanza della agli altri. Il che dimostra l’importanza della qualità della relazione, la crucialità della qualità della rappresentazione che abbiamo dell’altro (occorre lasciare spazio affinché l’altro possa relazione - lasciare spazio rivelarsi per ciò che è). affinché l’altro si L’idea che ciascun insegnante si fa di ciascun allievo tende ad essere persistente nel tempo e mostri a condizionare sia la comunicazione, sia il rendimento scolastico, sia lo sviluppo armonico della personalità. Approccio maieutico e riflessività Complessità ≠ complicazione Ampliare capacità di riflettere per aprire alla possibilità. La maieutica si basa sul fatto che è il soggetto a dover agire, voler agire. Riflessività Tentativo di svincolarsi dai luoghi comuni fondati su rappresentazioni stereotipiche e Definizione di deformate, regolate da cristallizzazioni e schematismi che provocano immobilità e fissità riflessività pregiudiziale è il nodo centrale di tale riflessione. Relazione come Etica e apprendimento condito sine qua Riflessività necessita della relazione. non per praticare la riflessività Carattere plurale dell’educazione: educare è un processo collettivo che richiede da parte del singolo individuo un atteggiamento etico, d’impegno, di ricerca Occorre aprirsi all’altro, anche a persone non implicate nel campo operativo. Carattere plurale Setting della supervisione prevede la presenza di persone esterne al fine di incrementare la dell’educazione riflessività, la capacità di visione. Disponibilità e flessibilità personale e professionale, che si realizza attraverso una costante apertura alle possibilità di sviluppare competenze teoriche e pratiche Dalla prassi estrapoliamo una serie di competenze che poi possiamo analizzare con le conoscenze che possediamo. Teoria e pratica sono in un rapporto dialettico, coesistono. Necessaria la loro coesistenza altrimenti incapacità ad affrontare situazioni operative. Campo di gioco: sottopongo quanto ho eseguito ad analisi sulla base degli effetti che Campo di gioco produce sul campo per poi riapplicarlo sul campo stesso. Continua ridefinizione del campo di gioco e delle regole che ne determinano il modo di giocare, dove non sussistono soluzioni definitive. Professionista critico riflessivo: una guida che possiede competenze critiche e riflessive per progettare e gestire un ambiente facilitante lo sviluppo dei valori umani e quindi di Professionista critico riflessivo etica personale e professionale. Necessario anche prendersi cura di chi cura. Pertanto: pluralizzare, utilizzo di equipe. Approccio maieutico: I requisiti di questa condizione mentale personale sono il gusto di conoscere, di porre e porsi domande, possedere elasticità mentale (ovvero capacità di porsi in un circuito plurale Approccio maieutico: delle conoscenze e della conoscenza), tendere sempre ad allargare i propri e gli altrui condizione mentale orizzonti. È un fattore anche personale ma può e deve essere appreso, almeno un po’ e da che presuppone il gusto di conoscere, tutti. di porre e porsi domande, elasticità mentale Riflessività e metariflessività Assumere dentro uno o più saperi un'ottica critica, che ne ridiscuta i presupposti e i confini, facendosi méta-riflessione. Metariflessività: incorporazione dei Stare nella dimensione del ricercare, valorizzando i dubbi più che le certezze, testando saperi in un’ottica sempre le proprie «verità», vivendo la verità come problema piuttosto che come risultato, critica, problematica sviluppando così un colloquio sempre dialettico con la criticità. Riprogettazione continua dei processi formativi Riprogettazione Possibilità, opportunità, significatività, diversità sono categorie proprie del pensare continua dei processi formativi: ermeneutico (creativo). - conciliare al più Dubbio, incertezza, rischio e capacità di conciliare al più alto livello di compromesso alto livello di compromesso i possibile i diversi sistemi (cultura, società, contenuti, pregiudizi, tradizione, abitudini, diversi sistemi in competenza, ecc.) in gioco in quel momento. gioco - mediazione tra Esigenza continua di mediazione (teoria - prassi) che ha nella decisionalità (individuale e teoria e prassi gruppale) il momento critico in cui tutti i fattori in gioco, oggettivi e personali, che vanno a configurarsi e rapportarsi reciprocamente in funzione operativa. I sette saperi necessari all’educazione del futuro (Edgar Morin) Si profila l’idea di un’educazione democratica in funzione di una formazione globale (dell’individuo) in grado di fungere da chiave di volta, per il progresso civile e culturale e per l’innovazione scientifico-tecnologica L’errore e l’illusione della conoscenza attuale Non si preoccupa di far conoscere cosa vuol dire conoscere, è di tipo frammentario Principi di una conoscenza pertinente Occorre promuovere una conoscenza capace di cogliere i problemi globali e fondamentali. Per cogliere problemi globali occorre sviluppare l’attitudine naturale della mente umana a situare le informazioni in un contesto e in un insieme: bisogna insegnare i metodi che permettono di cogliere le mutue relazioni tra le parti e il tutto in un mondo complesso. Insegnare la condizione umana: l’unità complessa della natura umana (fisico, biologico, storico, psichico, sociale) è disintegrata nell’insegnamento che avviene sottoforma di discipline. Ciascuno dovrebbe prendere consapevolezza sia del carattere complesso della propria identità che dell’identità che ha in comune con tutti gli altri esseri umani. Insegnare l’identità terrestre: insegnare la storia dell’era planetaria e mostrare come tutte le parti del mondo siano divenute inter-solidali, senza tuttavia occultare le oppressioni e le dominazioni che hanno devastato e ancora devastano l’umanità. Affrontare le incertezza: nel corso del XX e del XXI secolo, le scienze ci hanno rivelato innumerevoli campi d’incertezza dando luogo agli approcci della complessità che hanno tolto l’illusione rassicurante della certezza dei fatti. L’insegnamento dovrebbe comprendere le incertezze apparse nei vari settori scientifici. Occorre inoltre insegnare strategie che permettano di far fronte ai rischi, all’inatteso e all’incerto (navigare in oceano di incertezza attraverso arcipelaghi di certezza). Insegnare la comprensione: l’insegnamento della comprensione sembra ancora latitare nelle scuole occidentali. Per insegnare la comprensione occorre una riforma delle mentalità. Un modo per insegnare la comprensione potrebbe essere quello di soffermarsi sul concetto di incomprensione stessa nelle sue radici, modalità, effetti. L’etica del genere umano: il soggetto-persona appartiene ad una triplice condizione → individuo, specie e comunità (locale/globale). Occorre potenziare congiuntamente queste tre condizioni. Due urgenti macro-finalità di natura etico-politica: -Stabilire una relazione di reciproco controllo fra la società e gli individui attraverso la democrazia; -Portare a compimento l’Umanità come comunità planetaria”. Occorre assumere a pieno la responsabilità del proprio “essere-nel-mondo” Elogio dello scarto e della resistenza: capitolo 1 Ad oggi il sapere pedagogico è relegato ad un ruolo marginale sul piano della visibilità e delle rappresentazioni sociali. Inoltre, l’epoca in cui viviamo, pur essendo caratterizzata da vincoli e condizionamenti che producono conformismo e massificazione, è dominata dall’impressione generalizzata di spazi aperti per l’autodeterminazione di ciascuno: ciò concorre a generare insofferenza nei confronti delle “indicazioni pedagogiche” accusate di essere pedanti, impossibili da realizzare, di limitare questi spazi di libertà. L’inattuale, tuttavia, sottolineato da Bertin, può essere rivendicato come idea pedagogica. L’idea pedagogica, in quanto tale, deve essere inattuale: altrimenti non sarebbe idea, ma costume, prassi, ideologia. L’idea pedagogica non coincide con le tendenze prevalenti nel presente (in quanto inattuale) ed evidenzia le eventuali incongruenze, parzialità, unilateralità di queste tendenze (in quanto idea). Scarto come cifra emblematica dell’educare, poiché sollecita il procedere verso traguardi che si spostano sempre un po’ più in là. Le varie accezioni dello scarto in educazione 1) Modalità di proposta che prevede uno spazio, un intervallo di riflessione tra la presentazione della stessa e la riposta che sollecita. In questo spazio l’interlocutore può trovare la via della propria progettualità. 2) Scarto come distanza che intercorre tra la strada che indichiamo e quella che i nostri interlocutori imboccano e percorrono. 3) Scarto (nella ricerca sull’effetto Pigmalione) come discrepanza tra ciò che si aspettavano dai presunti alunni geniali e i loro risultati del tutto normali: non dubitare delle loro potenzialità, ovvero accettare lo scarto, apre molte vie alla dimensione del possibile. 4) Gruppi marginali in termini di potere che propongono riflessioni che presentano uno scarto rispetto al pensiero dominante: il carattere utopico delle riflessioni proposte si configura come scarto tra una data condizione nel qui ed ora e la possibile direzione scelta. Consapevolezza metacognitiva come scarto Consapevolezza metacognitiva: conoscere i propri modi di conoscere; essere consapevoli del fatto la propria lettura di sé e del mondo dipende dalle “lenti” che si indossano e che dunque è parziale e relativa. Solo l’incontro-confronto con lo sguardo altrui può correggere questa insufficienza. La consapevolezza metacognitiva è scarto in quanto poco perseguita, inattuale perché dissonante con il costume che predilige il conformismo e l’assenza di spirito critico. Implicazione etica della consapevolezza metacognitiva: riconoscere legittimità al punto di vista altrui. Emozioni come scarto Emozioni come scarto in quanto l’attualità ci rivela un dilagante analfabetismo emozionale. Sul piano pedagogico, quindi, occorre indicare strade per entrare in rapporto con le proprie emozioni, per riconoscerle, chiamarle per nome, accettarle nei loro chiaroscuri. Corpo come scarto Il corpo può essere considerato uno scarto se ci si riferisce al corpo vissuto, abitato e non separato dalla mente, che porta inscritto in sé la nostra storia, che costituisce il nostro modo di essere nel mondo, che sa accogliere, contenere, ascoltare, affiancare. Accanto ai corpi esposti affinché possano assolvere la loro funzione di modelli di identificazione e induzione al consumismo, ci sono altri corpi che dobbiamo imparare a vedere: corpi vecchi, malati, feriti, affamati. Questi corpi sono un esito della società in cui viviamo (a cui anche noi potremmo pervenire): soffermarsi su di essi significa cogliere lo scarto tra l’oggi ed un futuro possibile. Progettualità come scarto La progettualità deve essere intesa come impegno a produrre senso assumendosi la responsabilità di operare delle scelte. L’impegno progettuale è un atteggiamento esistenziale che contrasta sia la passività del conformismo sia la frenesia e la competitività della società attuale (difatti ha tempi lunghi, arresti e ripartenze): pertanto può essere definito scarto. Scarto come modalità di esistere, di vivere e di morire Resistenza La resistenza è necessaria per dare spazio allo scarto. Cosa si intende per resistenza: 1) Atteggiamento di collaborazione tra studiosi, educatori, insegnanti etc. 2) Rafforzamento della capacità di non lasciarsi sedurre dalle chiamate del conformismo e dai meccanismi della competitività 3) Coerenza e continuità dell’impegno nella quotidianità (nello svolgimento del lavoro, nella comunicazione, nella capacità di ascoltate e confrontarsi) 4) Denuncia di un utilizzo spregiudicato e bugiardo delle parole (l’utilizzo a vuoto di determinate parole priva di senso non solo queste ultime ma anche chi si sentiva interpellato dall’impegno derivante da quelle parole): occorre riscattare le parole logore attraverso pratiche al cui interno siano ravvisabili le parole intere, coincidenti con il loro significato più pieno e profondo. 5) Resistenza nei confronti delle forme sociali improntate alla discriminazione, alla violenza, all’assenza di qualunque pietas 6) Investire in pensieri e pratiche di cura rivolgendosi ai capitoli esistenziali più inattuali, ovvero allontanarsi dalla triade “denaro, potere, successo” per arricchire di senso l’esistenza propria e altrui. La resistenza è rischiosa e richiede tempi lunghi da dedicare allo studio, all’elaborazione di nuovi repertori di conoscenza ma è necessaria per prefigurare un nuovo modello di umanità consapevole in termini ecologici, generativi e coevolutivi. Capitolo 2 Cornice all’interno di cui si situa la filosofia dell’educazione: - condizione storica “globale” caratterizzata da problematicità inedite e destabilizzanti; - orizzonte culturale che da un lato registra conquiste di grande rilievo (ad esempio in ordine al riconoscimento dei diritti umani) ma che dall’altro rivela insufficienze e contraddizioni nel delineare traiettorie di un impegno etico e sociale; - pensiero unico che svaluta l’esercizio del pensiero critico; - di fronte a soggetti educativi che subiscono forti pressioni, sperimentano paura e precarietà, chiedono un contributo al mondo dell’educazione per progettare la loro esistenza. Questa cornice problematica richiede una filosofia dell’educazione che interroghi se stessa, decostruisca, metta in discussione i propri dispositivi di ricerca-lettura del mondo. Questi criteri sono soddisfatti da un modello di filosofia dell’educazione detto “problematicismo razionalista”, rivisitato in chiave pedagogica da Giovanni Bertin a partire dalla formulazione filosofica di Antonio Banfi. L’inattualità del problematicismo razionalista di Banfi e Bertin Antonio Banfi: Breve background biografico: sviluppa questo orientamento aperto e antidogmatico grazie ad esperienza in Germania e all’incontro con: - la concezione di filosofia come integratrice di saperi particolari - uso dell’epoché Problematicismo razionalista si contrappone sul piano teoretico alle correnti filosofiche maggiormente accreditate quali l’idealismo. Banfi imposta la sua prospettiva su due assi portanti: - teoria della ragione critica e antidogmatica, ragione come principio metodologico - dal punto di vista etico, rivendica un umanesimo libero e profondo Giovanni Bertin Permane l’idea di ragione da far valere in senso regolativo e metodologico, libera da predeterminazioni contenutistiche e valoriali. Visione che nasce come critica a figure di pensiero e stili esistenziali succedutisi in tempi e luoghi concreti della storia. Dalla problematicità dell’esperienza alla sua legge trascendentale Il primo tassello della teoria problematicista è costituito dal concetto di esperienza. Esperienza: come integrazione fra due polarità (io-mondo) che qualunque identità assumano sono contraddistinte da una distanza reciproca tale da rendere la loro integrazione sempre approssimativa e parziale. In virtù di questa costante parzialità, possiamo dire che l’integrazione io-mondo è un’idea limite, trascendentale, regolativa volta a promuovere la processualità e al contempo renderci consapevoli della parzialità dei nostri traguardi. La problematicità dell’esperienza non va elusa: in forza dell’idea trascendentale dell’esperienza, una volta riconosciuta, bisogna tendere al suo superamento in direzione di massima integrazione possibile, ovvero in direzione di ragione. La ragione problematicista La ragione problematicista non rappresenta un principio metafisico come nel sistema hegeliano, è un’istanza volta a risolvere forme unilaterali, indeterminate, incongrue (e in tal senso problematiche) in direzione di pluralità, determinatezza, congruenza. La ragione problematicista non consiste però nell’astratta contrapposizione del contrario ad ogni figura del problematico (altrimenti non rappresenterebbe un’indicazione metodologica, bensì la soluzione stessa): essa rappresenta piuttosto una tendenza ad integrare direzioni potenzialmente antinomiche. La ragione problematicista si può definire “forte” perché fa del momento di problematicità che le è costitutivo il principio del proprio sviluppo. “La storia della ragione nel mondo è segnata da scacchi, cadute e crisi gravissime, ma ciò dimostra che la ragione non rappresenta un principio metafisico di tipo hegeliano: non si identifica con il reale come sua necessità (hegel) ma è esigenza di soluzione del problematico”. In sintesi, secondo la Contini, la ragione banfiana-bertiana si caratterizza per: - porsi non come necessità ma come esigenza, ed in quanto tale, come scelta - carattere trascendentale - struttura “porosa”, e cioè è attraversata da complessità, ambiguità, lacerazioni, contraddizioni Cosa implica un’educazione alla ragione: - problematizzazione, messa in discussione di concetti, paradigmi, categorie condivise dai più per le loro caratteristiche di ovvietà - riconoscimento della problematicità in qualunque forma si presenti come elemento di potenziale alienazione di possibilità - individuazione di vie di superamento della problematicità Il problematicismo come filosofia dell’educazione e come modello pedagogico: dispositivi teoretico-metodologici Bertin propone una filosofia dell’educazione che si distanzia tanto da un’impostazione metafisico-dogmatica quanto da un’impostazione che muova da basi empirico-sociologiche, positiviste. Filosofia dell’educazione: analisi critico-fenomenologica dell’esperienza educativa in grado di coglierne la struttura trascendentale, il costituzionale momento di problematicità, la tensione al superamento di quest’ultimo in direzione razionale. È una definizione che comprende i principali dispositivi teoretici (analtico-riflessivi, ermeneutico-propositivi) che costituiscono il punto di vista del problematicismo pedagogico. Empiricamente, l’esperienza educativa è connotata da complessità. Pertanto, è più proficuo definirla non tanto in termini di una presunta finalità generale perseguita (a seconda delle prospettive di riferimento cambiano le finalità), ma in termini di problematica che deve affrontare (essa è trasversale a epoche storiche, culture, approcci). La problematica dell’esperienza educativa è il processo di formazione della personalità in rapporto a se stessi (istanza egocentrica) e al mondo (istanza eterocentrica). A seconda del predominio assegnato all’una o all’altra polarità si delineano modelli pedagogici che indicano la finalità educativa come più tendente al principio di individualità o a quello di collettività. Secondo Bertin la problematica dell’esperienza educativa, ovvero la formazione della personalità in rapporto a se stessi e al mondo, costituisce la legge trascendentale dell’esperienza educativa: l’integrazione più ampia possibile delle istanze egocentriche ed eterocentriche, ovvero la costruzione della personalità razionale, è cioè l’idea limite verso cui tendere che però verrà realizzata dei soggetti storici in modo sempre parziale. Modello pedagogico di educazione alla ragione. caratterizzato da: - antidogmatismo (analisi critica di idee e avvenimenti e contestualizzazione storico- culturale) - multilateralità delle direzioni dell’esperienza educativa che comprende educazione intellettuale, affettiva, etico sociale, rifiutando gerarchie e contrapposizioni. - indicazioni metodologiche flessibili e non normative Cosa il percorso della filosofia problematicista richiede agli educatori: - consapevolezza critica e tensione ermeneutica - procedimento antinomico che consenta indagine delle prospettive -impegno decostruttivo dei paradigmi assoluti -impegno costruttivo di un modello pedagogico volto a educare alla ragione Procedere in direzione di ragione costituisce una scelta. Teoria della progettazione esistenziale (elaborata negli anni 80 e confluita nel volume Bertin-Contini, Costruire l’esistenza): il protagonismo del soggetto si esplica nel campo delle scelte, all’insegna di un impegno etico-razionale. Obiettivo della progettazione esistenziale: “differenza”, intesa come diritto del soggetto a non essere considerato elemento indistinto di un pluralismo informe. Per differenza intendiamo: - differenza da noi stessi, ovvero dal riproporsi di rigidità e stereotipie cognitive - differenza dagli altri, dai loro modelli di suggestione e di potere - differenza dall’umanità, nella sua linea di sviluppo e condizione storica attuali Si richiede, inoltre, alla progettualità tesa alla differenza di non esprimersi in termini di individualismo ma di intersoggettività (il diritto/dovere del soggetto a realizzarsi non deve verificarsi contro/nonostante lo stesso diritto/dovere degli altri, ma favorendolo: obiettivo etico del realizza te stesso realizzando l’altro). La connotazione pedagogica della differenza risiede nella sua valenza utopica e trascendentale (valenza trascendentale argina il rischio che la progettazione assuma i connotati del titanismo) Significato produttivo dell’utopico: non si pone in termini evasivi ma corrisponde all’assunzione di un impegno etico-razionale, ovvero prospettare vie di superamento alla problematicità N.B.: differenza ≠ diversità Diversità: caratteristiche connesse alla nostra condizione data di tipo biopsicologico e sociale che non abbiamo potuto scegliere. Occorre lottare contro il “riconoscimento” della diversità per affermare un diritto all’uguaglianza di opportunità che rappresenta solo una tappa del percorso che ha come obiettivo ultimo e trascendentale l’affermazione e la reciproca accettazione non sulla base dell’identità, ma della differenza. Differenza come superamento della realtà biopsicologica e sociale che rappresenta la nostra identità più convenzionale. Differenza, ragione, obiettivo etico del “realizza te stesso realizzando l’altro” contraddicono la visione del problematicismo quale prospettiva povera sul piano dei valori (pur non essendo caratterizzata da valori metafisici). Differenza, ragione, obiettivo etico del “realizza te stesso realizzando l’altro” sono obiettivi che si pongono in termini trascendentali: ci sarà sempre una sproporzione tra fatica e risultati raggiunti. Tale fatica, pur non avendo la garanzia della riuscita, dà un significato all’esistenza propria e altrui Bertin ha fatto spesso riferimento nel corso degli anni alla categoria di demonismo. Dapprima si è riferito a quest’ultimo secondo l’accezione attribuitagli da Goethe (demonismo come vitalità e volontà creatrice da salvaguardare attraverso l’educazione affettiva), successivamente a Nietzsche, arrivando a far coincidere con il demonismo raffigurato dall’oltre-uomo nietzscheano con la categoria della differenza Capitolo 3: la problematicità come destino dell’educazione Mariagrazia Contini considera la problematicità come destino, ovvero come condizione assegnata a ciascun essere. Le figure della problematicità: 1) La prima figura di problematicità è identificabile nella finitudine. - Finitudine intesa come impermanenza, morte (definita da Heidegger come possibilità dell’impossibilità). - Finitudine intesa come limiti che accompagnano lo spazio della nostra permanenza: limiti nel conoscere, nel sentire, nel rapportarsi. Questa costante problematicità implica la fatica dell’essere in relazione. Vivere in direzione di ragione non può portarci al superamento della problematicità- finitudine-morte, ma ci porta a tendere al suo superamento evitando la paralisi progettuale. 2) La seconda figura di problematicità è la gettatezza (Heidegger)/condizione data (Bertin) con cui indichiamo le strutture date con cui deve fare i conti il processo di costruzione della personalità (patrimonio genetico, status sociale etc.) e che non dipendono dal singolo individuo. Per Heidegger e Bertin questi condizionamenti non sono deterministici: la costruzione della personalità dipende dalle scelte che il singolo individuo farà all’interno di un orizzonte limitato ma libero. Compiti dell’educazione - La problematicità è destino dell’educazione nel senso che compito di quest’ultima è aprire possibilità nei confronti di tutti i soggetti e in particolare di quelli che la gettatezza ha reso particolarmente svantaggiati (es. disabilità permanente, condizione di estrema povertà). Il possibile, che costituisce la legittimazione della progettualità, allo stesso tempo è anche un elemento di minaccia per la realizzabilità dei progetti: allora a che pro impegnarsi se non abbiamo la certezza di realizzare ciò a cui più teniamo? - Compito dell’educazione è anche quello di evitare che la dimensione del possibile diventi un elemento depressivo e demotivante per l’impegno progettuale dei più giovani. I percorsi connotati da impegno etico-razionale prospettano ad ogni tratto (lungo il percorso stesso e non solo alla fine!) una molteplicità di occasioni per imparare: in essi la problematicità è sempre in agguato ma non è mai distruttiva degli orizzonti di senso costruiti. Perché problematicità come destino dell’educazione - La proposta educativa potrebbe non essere accolta - Quando viene accolta, l’interlocutore procederà in direzione di ragione attraverso scelte autonome (non avendo ricevuto dall’educatore indicazioni chiare). Per orientare senza porsi come ulteriore fora di condizionamento occorre ampliare i suoi orizzonti di possibilità (affinché i progetti che elaborano assomiglino più a loro che ai condizionamenti) e aiutarlo a comprendere e accettare i limiti. - Non riuscire/non poter raggiungere l’interlocutore - Brevità dei pezzetti di strada che si percorrono insieme e che si interrompono - Durezza di certe condizioni date che sembrano vanificare anche il lavoro più intenso - L’incognita dei risultati Problematicità come doppio destino degli educatori L’esistenza degli educatori è segnata da problematicità, così come lo è anche il loro agire educativo. Rilke evidenzia il paradosso: gli educatori tentano di sfuggire al destino (ovvero la problematicità) struggendosi per il destino (ovvero lavorando con la problematicità). Mariagrazia Contini “risponde a Rilke” sottolineando come occorra scegliere il destino (ovvero la problematicità) anziché subirlo o accettarlo. Scegliere la problematicità come destino, tendendo al suo superamento, denota sia la tragicità di questa scelta etica ma è anche fonte di significato. Capitolo 4 Soggetti, al plurale verso la solidarietà con tutto ciò che è vivente Occorre educare a resistere ad un determinato modello di soggetto per favorirne il tramonto e il superamento. Tra i paradigmi che definiscono questo modello di soggetto, i principali sono antropocentrismo e disgiunzione. Antropocentrismo: istituzione di una demarcazione, in termini gerarchici e contrapposti, tra esseri umani e resto del mondo: il soggetto umano si erge a sovrano assoluto cui tutto è dovuto e che nulla deve, avendo il diritto di sfruttare e abusare la patria terra. La visione antropocentrica è connotata da due tipi di presunzione. 1) Presunzione di supremazia nei confronti del mondo esterno: in realtà anche un organismo elementare come il batterio minaccia questa supremazia (il batterio pur non essendo dotato di coscienza è in grado di adattarsi alle perturbazioni del mondo esterno e questo adattamento, pur inconsapevole, mina la supremazia dell’uomo). 2) Presunzione del sé come un centro unitario compatto, in grado di riconoscersi in termini unicamente autoreferenziali. Le critiche all’unitarietà del soggetto arrivano da maestri del sospetto quali Nietzsche (considerare la categoria del soggetto una finzione) e Freud (molteplicità delle istanze psichiche), ma anche da Proust (nella Recherche l’io percepisce i suoi mutamenti fino a provare spaesamento da se stesso) e da Bauman (il soggetto oggi si definisce attraverso i consumi). Tale presunzione permane anche in quelle prospettive scientifiche che riconducono il conoscere e il sentire del soggetto unicamente alla dimensione bioneurofisiologica non attribuendo adeguata importanza ai contesti in cui viviamo. Disgiunzione Separazione, gerarchia, concorrenzialità tra gli umani che garantisce il benessere di alcuni a discapito del dolore degli altri. Il dominio della disgiunzione implica il moltiplicarsi all’infinito di separazioni e contrapposizioni anche all’interno del blocco di umanità attualmente dominante (discriminazioni, emarginazione) ed è paradossale poiché, se da un lato il soggetto disgiunge, dall’altro aderisce a tal punto alla propria parte da confondersi con essa. Il soggetto dell’ oltre: incompiuto e connesso con il mondo Il soggetto a cui auspicare è: - consapevole della propria incompiutezza come connotazione strutturale. È tale incompiutezza ad aprire alla dimensione di possibilità, generatività, disponibilità al cambiamento; - consapevole della sua connessione strettissima con i contesti di cui è parte - fragile, sperimenta la precarietà, l’incertezza e la paura come dimensioni permanenti essendo consapevole della dipendenza dai mondi socionaturali in cui vive - connotato da una mescolanza di tragicità e lievità Tragicità: consapevolezza di un limite irriducibile che convive con una tensione costante ad andare oltre; consapevolezza che, data, è solo la condizione della gettatezza e che il resto è da progettare; consapevolezza che il limite non è il proprio e basta ma quello che pesa sulla vita di tutti Lievità: ironia, autoironia, rapportarsi all’altro all’insegna della disponibilità Capitolo 5 Educare alla libertà: paradosso o direzione di senso? Si può parlare di educazione alla libertà oppure, dati i condizionamenti espliciti e impliciti in ogni azione educativa, si tratta di una contraddizione in termini? Secondo il problematicismo razionalista è possibile educare alla libertà. Specifichiamo innanzitutto i termini del problema: Educazione come insieme di pratiche tramite cui promuovere la possibilità, ovvero la capacità di progettare la propria esistenza come se ciò che posso realizzare dipenda solo da me (non bisogna perdere di vista il come se). Per libertà intendiamo la possibilità di scegliere. Come definire i criteri per operare una scelta Monito centrale del problematicismo razionalista è “realizza te stesso realizzando gli altri”, cioè scegliere tendendo alla realizzazione di se e nello stesso tempo alla realizzazione altrui. “Realizza te stesso realizzando gli altri” significa: - dire no al fondamentalismo - dire no alla credenza che ci sia una verità con la lettera maiuscola - dire no alla fuga dal dialogo con gli altri Il problematicismo razionalista non può fornire criteri più specifici in merito a come operare una scelta, poiché altrimenti verrebbe meno la progettazione di sé che è condizione necessaria alla realizzazione. Unica indicazione: realizzazione multilaterale e polidimensionale. Il triplice obiettivo/tre declinazioni dell’educazione alla libertà - Promuovere la possibilità di costruirsi una testa ben fatta. “La testa ben fatta” è un libro di Edgar Morin che con questa espressione si riferisce alla capacità di “un conoscere che conosce se stesso, consapevole delle proprie stereotipie, dei propri vincoli e anche delle proprie possibilità”; osservare la realtà con la consapevolezza che ciò che vedo è una rappresentazione della realtà (metacognizione, flessibilità cognitiva). -Promuovere l’alfabetizzazione emozionale, ovvero la capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle altrui, entrare in un rapporto profondo con l’altro, tradurre in discorso le nostre emozioni (poiché conoscere non è distinguibile dal sentire). - Promuovere il rapporto con gli altri, perché non si è liberi in un mondo in cui tanti non sono liberi. Capitolo 6 Il soggetto in relazione nel mondo: il punto di vista delle neuroscienze, lo sguardo complesso della pedagogia La pedagogia riconosce di non essere autosufficiente, di dover ricorrere ad altre discipline sia per la complessità del suo ambito di ricerca, sia per una continua ridefinizione e approfondimento del proprio statuto epistemologico. Una connessione recente è quella tra la pedagogia e le neuroscienze. Il problema centrale della philosphy of mind è il binomio mente cervello: - mente come emergente dall’attività neurobiologica senza coincidere con essa (Searle) - mente correlabile con l’attività neurobiologica ma correlabile anche al mondo dei significati, della soggettività. Questo problema riguarda anche la pedagogia in quanto è costitutiva della deontologia pedagogica la tensione a conoscere il più possibile i soggetti con cui si lavora al fine di promuoverne la capacità di apprendere, l’esercizio critico riflessivo. Tutti gli apporti provenienti dai diversi ambiti del sapere concorrono a rendere gli occhiali attraverso cui si guarda ai propri interlocutori educativi più multifocali. Scoperta neuroni specchio: neuroni che si attivano sia quando compiamo, sia quando vediamo un’azione. I neuroni specchio si attivano in relazione a diverse dimensioni: dal linguaggio all’apprendimento, dalla decodifica delle espressioni facciali alla percezione emotiva. È una scoperta ricca di implicazioni e di rilievi sia perché ci indica la possibilità originaria neuronale di stabilire relazioni empatiche con gli altri, ma anche perché ci fa riflettere su tutta la distanza che intercorre tra un’attivazione neuronale e la capacità di un soggetto in carne ed ossa di approssimarsi a un altro e arrivare, faticosamente e parzialmente, a condividere il significato che ha per quell’altro l’esperienza che sta vivendo. Questa distanza richiede, ed è ciò che le neuroscienze consegnano, alla riflessione pedagogica. Morin: “Noi siamo nel mondo e il mondo è in noi” Il mondo è in noi: in termini operativi, si traduce nella necessità di proiettare lo sguardo sul sistema di connessioni di cui l’interlocutore è parte, sul mondo che è nella sua mente per agire su quelle connessioni. Noi siamo/ la mente è nel mondo: le nostre idee, convinzioni, sentimenti e valori non sono chiusi nella mente ma si esprimono, si dicono, vengono agiti nel mondo. Se il dentro è anche fuori, possiamo lavorare sul dentro affinché questo agisca nel fuori e viceversa.

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