Metodologia della Ricerca Pedagogica PDF
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These lecture notes cover pedagogical research methodology. The document discusses various research methods, paradigms, and historical contexts of research. It also distinguishes between methodological and methodical approaches and the role of epistemology in scientific inquiry.
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METODOLOGIA DELLA RICERCA PEDAGOGICA Prof.ssa Emma Gasperi 26.02.2024 Finalità: Problematizzare e riflettere non generico, ma che riguarda la ricerca scientifica in ambito pedagogico educativo e formativo. Andare ad individuare Rischi e limiti, ma anche i...
METODOLOGIA DELLA RICERCA PEDAGOGICA Prof.ssa Emma Gasperi 26.02.2024 Finalità: Problematizzare e riflettere non generico, ma che riguarda la ricerca scientifica in ambito pedagogico educativo e formativo. Andare ad individuare Rischi e limiti, ma anche i pregi e le potenzialità i siti nei vari metodi di ricerca scientifica (di questi c’è ne sono più di uno). Esistono dei paradigmi di ricerca secondo cui l’educatore se formato a fare ricerca scientifica è una figura che è anche avvantaggiata rispetto ad altre figure soprattutto nel fare ricerca formativa. Aiuta a stabilire qual è il metodo più adeguato da utilizzare in riferimento alla problematica in cui ci si trova. Inoltre aiuta a valutare le ricerche altrui, perché non tutto ciò che si trova in letteratura è il risultato di una ricerca scientificamente rigorosa, ci sono ricerche discutibili, dunque i cui esiti vanno presi con cautela e attenzione. Insegnamento normativo, non descrittivo, ovvero prescrive delle regole, dei criteri e delle norme (dunque anche nelle risposte bisogna essere molto precisi). Prerequisiti: conoscenza dei concetti base della pedagogia generale Obiettivi formativi: Contenuti: - epistemologia, metodologia e metodica - Quantitativo e qualitativo - Paradigma unificatore dei metodi di ricerca pedagogica - Mappa di forme della ricerca - Metodo autobiografico - Intervista narrativa - *** Materiale: Da studiare tutto ciò che è contenuto nell’antologia - antologia di testi —> guarda da Moodle le pagine che fa e cerca di capire come fare a reperire il materiale Esame: Prova scritta in presenza —> risposte a domande aperte (2), 30 affermazioni vero/falso (10 terne di affermazioni) sui temi essenziali del corso (le 2 parti sono separate e valutate separatamente). Durata: 45 minuti (si svolge tranquillamente in 20 minuti). 27.02.2024 Etimologia = disciplina che ricostruisce la storia delle parole risalendo alla forma più antica di questi termini che per quanto riguarda l’italiano, ma non solo, è la forma latina. PARTE A Metodologia della ricerca pedagogica Consente già di soffermare l’attenzione su alcuni termini: Metodo > metodologia Parola che si utilizza anche nel parlare comune: metodo = procedura per realizzare una determinata attività. Diega Orlando: nel libro “metodologia *** Diega Orlando dice che deriva dal greco e quindi è composto da due parole: odos (strada) + meta (oltre) = dunque metodo è la strada che si percorre nel ricercare. Ma non è un procedimento qualsiasi perché quando si parla di metodo in ambito scientifico ci si riferisce alla strada che la ragione percorre nel ricercare cioè il metodo è un procedere razionalmente. Per ciò che riguarda la parola che deriva da metodo —> metodologia (sapere puramente teorico): Deriva dal greco: odos (strada) + meta (oltre) + logos (discorso) = discorso sul metodo. La metodologia della ricerca è essenzialmente teorica che non va confusa con la metodica. La metodica deriva dal latino methodice e questo dal greco methodikè (tekne = arte del metodo). Quindi essa, diversamente dalla metodologia, si occupa di come applicare un metodo specifico (es: metodica dello studio di caso, del metodo sperimentale ecc). La metodica indica i criteri da seguire per applicare nel miglior modo possibile un determinato metodo di ricerca (quindi no piano teorico). Metodologia e metodica ultimamente sono stati un po’ confusi da chi fa ricerca e ha scritto dei saggi che si avvalgono in particolare del metodo sperimentale, cioè usano metodologia come se ci si riferisse alla metodica. Metodologia è una parola che nell’uso degli studiosi è di difficile definizione perché non fanno riferimento a ciò che è specifico della parola metodologia. Significato di metodologia secondo i metodologi: l’attuale discorso sul metodo verte sulle varie vie della ragione o forme di razionalità o procedimenti specifici. La metodologia occupandosi dei metodi si interroga sui criteri a cui ci si deve attenere nell’applicare ciascuno di questi metodi per rispettare l’oggetto specifico della scienza in cui si fa la ricerca, il punto di vista, l’obiettivo, il linguaggio di una determinata scienza. Differenza tra: - Piano metodologico della didattica: Si usa la metodologia come operatività dell’insegnamento, ovvero una metodologia didattica dice come applicare in maniera adeguata determinati metodi didattici. Qui si è sul piano operativo. Corrisponde alla metodica nell’ambito della ricerca scientifica, dove la metodica corrisponde all’arte dei metodi di ricerca - Piano metodologico della ricerca scientifica: Si è sul piano teorico e la metodologia qui riguarda il discorso sui metodi di ricerca. Excursus storico-epistemologico In passato si affermava che esistesse un unico metodo di ricerca che era il metodo scientifico sperimentale. Il metodo sperimentale nasce nel ‘600. Baldacchino propone nozioni che potrebbero risultare ostiche dal punto di vista contenutistico. Diega Orlando può risultare ostica perché essa ha un procedere nello scrivere ciceroniano, nel senso il suo argomentare non è quello dominante, ma fa considerazioni, va avanti poi ritorna ecc. Il metodo induttivo sperimentale si avvale di un procedimento appunto logico e induttivo, ovvero è quel procedimento che chiama in causa anche delle ipotesi, e che procede dal particolare al generale, dai fatti ai principi, dagli effetti alle cause. Il padre di questo modo di procedere è Francesco Bacone vissuto nel 1600. Egli era un fisico, ma è anche considerato il padre dell’epistemologia (= deriva dal greco episteme - consocenza - + logos —> è il discorso sulla conoscenza scientifica). Differenza tra: - Piano gnoseologico: gnosis (consocenza) + logos (discorso) = discorso sulla conoscenza. Viene confusa spesso con epistemologia perché in inglese la gnoseologia si dice epistemology. Essa si occupa dei fondamenti, dei limiti e della validità della conoscenza umana intesa essenzialmente come relazione tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto - Piano epistemologico: epistemologia è il discorso della conoscenza scientifica, è un sapere che si interroga sulla conoscenza scientifica. Si interroga su oggetto, punto di vista, obiettivo, linguaggio, metodi, strumenti, tecniche della conoscenza scientifica. A noi interessa soprattutto l’epistemologia. La conoscenza scientifica è conoscenza umana, ma non tutta la conoscenza umana è scientifica. Interrogarsi sullo statuto epistemologico di un sapere equivale a chiedersi se è una scienza autonoma, cioè una scienza che ha: - Un suo preciso oggetto - Punto di vista - Obiettivo - Un suo linguaggio - Dei metodi di indagine specifici - Degli strumenti di indagini specifici - Delle tecniche di indagine specifiche La pedagogia è una scienza autonoma, ma la didattica ho, ma nemmeno la pedagogia sociale perché fanno parte della pedagogia. Con Bacone è nata la scienza modernamente intesa e non è l’unico studioso, ma altri hanno contribuito alla nascita della scienza modernamente intesa (es: Galileo). Questa scienza è nata con l’affermazione del metodo sperimentale, ovvero di un metodo che è induttivo, che muove dall’osservazione di fatti particolari per estrapolare principi generali. Bacone dice che gli antichi (Aristotele) fossero arrivati a verità scientifiche per caso o perché usano il metodo sbagliato, ovvero il procedimento deduttivo che da principi generali si ricavano conseguenze particolari (es: se tutti gli uomini possono errare, ne deduco che anche Pietro può errare). Secondo lui il metodo corretto era l’utilizzo dell'induzione = metodo induttivo sperimentale. ➔ Tavole baconiane: tavola delle presenze (dove si tiene conto dei fenomeni del calore), poi elencare tutti quei fenomeni fisici che per come sono fatti dovrebbero presentare il calore, ma che non lo presentano nella tavola dell’assenza in prossimità. Viene comparata una terza tavola (tavola dei gradi o della comparazione) in cui vengono elencati in ordine i casi in cui il fenomeno del calore è presente in maniera ordinata e le circostanze in cui il calore aumenta o diminuisce. Una volta ordinata l’esperienza della realtà in questo modo è possibile formulare una prima ipotesi o interpretazione del fenomeno, sulla causa del calore. Questa causa sarà presente nei fenomeni in cui c’è il calore (si arriva a dire che la luce può essere una causa del calore perché ad esempio la luna non emette calore). Qualunque sia la conclusione a cui si giunge, il procedimento non finisce qua, ma l’ipotesi va sottoposta a sperimentazione. Tra i vari esperimenti c’è ne sarà uno che consentirà di affermare con assoluta certezza se la nostra hp è vera e corretta oppure errata. Agli inizi del ‘900: Procedimento deduttivo: matematica Procedimento induttivo: fisica Scheffler è stato un epistemologo, ma si è anche occupato di educazione. È stato uno scienziato. Viene ripreso da Diega Orlando dicendo che quando uno scienziato si accosta alla realtà, a prescindere dal metodo utilizzato, non la coglie mai così com’è. I dati della realtà quando andiamo ad analizzarli utilizzando il metodo sperimentale che pretenderebbe di essere un procedimento che consente di arrivare ad un sapere oggettivo, in realtà questi dati raccolti sono un costrutto umano. Anche attraverso il metodo sperimentale arriviamo ad una descrizione che si basa sempre su una teoria, che può essere implicita, si interpreta la realtà. La pretesa oggettività della scienza consiste in “descrizioni” della realtà colte attraverso un io categorizzante, che legge la realtà avvalendosi di determinate categorie, cioè di una concezione della realtà stessa. La mappa non è il territorio significa: Noi siamo immersi in un territorio fatto di elementi naturali e artificiali. Entrando in relazione con questa realtà noi non la vogliamo così come essa è, non la registriamo in maniera asettica, bensì la strutturiamo in maniera soggettiva. Perché il nostro rapporto con il mondo è mediato dal nostro sistema percettivo condizionato da vincoli neurologici, ma anche sociali, soggettivi. 28.02.2024 Sintesi: Bacone è il primo che dice in ambito scientifico che se si vuole fare ricerca scientifica bisogna usare un metodo induttivo-sperimentale che si avvale dal punto di vista logico per un procedere ad induzione. Bacone, non era solo un fisico (perché scienza moderna intesa è nata nell’ambito della fisica —> Galileo e Newton), ma egli è anche il padre dell’epistemologia. I procedimenti induttivo e deduttivo risalgono agli antichi. Bacone rimprovera agli antichi il fatto di non aver utilizzato metodi di ricerca o nel caso di Aristotele di aver utilizzato un metodo inadeguato, ovvero il procedimento deduttivo. Lui dice che bisogna sempre partire dall’osservazione della realtà è da questa osservazione poi bisogna estrapolare dei principi. L’osservazione deve essere razionale e ordinata, non casuale (tavole baconiane —> no specificatamente richieste all’esame). L’ipotesi che si formula non esaurisce il discorso scientifico, ma va posta a sperimentazione e tra i vari esperimenti ce ne sarà uno che ci dirà con certezza che ci dirà se l’ipotesi è vera o inappropriata. Dopo di lui, a partire dal 600 e andando avanti, si è affermata una visione della ricerca scientifica che è stata interamente incapsulata dentro il procedimento deduttivo (nel caso di Cartesio) e quello induttivo (nel caso della fisica e tutte le altre scienze della natura). Questo però è un discorso messo ampiamente in discussione, e Diega Orlando lo dice nel suo libro, dall’epistemologia del secondo 900 (perché nel primo dominava il positivismo). Shapper dice che quando noi andiamo ad osservare la realtà qualora sia il metodo che usiamo noi non siamo in grado di accogliere la realtà così com’è perché quando ci accostiamo ad essa muoviamo da una teoria, da una concezione, da un’ipotesi che caratterizza una concezione dell’uomo è del mondo implicita, magari inconsapevole, che magari c’è. Slogan “La mappa non è il territorio” Diega Orlando arriva alla conclusione che noi strutturiamo la realtà in modo soggettivo e dice che questo mette in discussione l’oggettività della scienza perché se noi strutturiamo la realtà in modo soggettivo, non è che nel momento in cui cerchiamo di cogliere la realtà in maniera oggettiva le nostre confezioni scompaiono, ma rimangono comunque. La ricerca scientifica non è esente da considerazioni di carattere soggettivo. La cosiddetta oggettività della scienza si riduce ad una serie di regole scientifiche condivise da una determinata comunità scientifica in una determinata epoca storica. Quella dell’oggettività è una pretesa, anche quando ci avvaliamo del metodo sperimentale in realtà noi arriviamo a delle descrizioni che sono interpretazioni basate su una teoria intorno al mondo. Quindi metodo sperimentale è considerato (a torto) oggettivo, ma non lo è. Ella fa riferimento a dei sociologi, non ai pedagogisti. Fa riferimento alla scuola di Francoforte i quali studiosi sottolineano che nel caso della scienza della società, ma più in generale di tutte le scienze che hanno per oggetto l’uomo, il metodo sperimentale risulta limitativo perché esso nella sua versione odierna isola delle variabili, che vengono manipolate intenzionalmente per andare a vedere come questa manipolazione controllata incide su altre variabili. Metodo sperimentale: - VD= modificazioni osservabili e misurabili conseguenti alle variazioni delle variabili indipendenti - VI= variabili manipolate intenzionalmente per vedere gli effetti ad esse connesse Questo modo di procedere è inadeguato in riferimento alle scienze dell’uomo perché non è possibile comprendere una parte senza considerare il tutto. Cioè io non posso somministrare un test a dei ragazzi che frequentano il doposcuola e sulla base di quel test estrapolare delle generalizzazioni che mi portano ad inquadrare ciascun soggetto in base ai risultati del test. Il test concernerà una parte. La somma di tutti i test non mi dà la totalità di un soggetto così come la somma delle ricerche che utilizzano il metodo sperimentale in ambito sociologico non mi dà l’immagine complessiva della società. È un qualcosa di più della somma delle parti. La personalità di un soggetto non è data dalla somma delle parti. Inoltre, il metodo sperimentale in ambito sociologico e pedagogico è un metodo utile, ma non sufficiente, per fare ricerca scientifica perché le scienze dell’uomo hanno come obiettivo un cambiamento in senso migliorativo. Il metodo sperimentale si avvale solo di un unico linguaggio, ovvero quello descrittivo. Le scienze dell'uomo devono avvalersi anche di un linguaggio normativo (il meglio è legato ad una concezione della realtà, delle persone che si ponga su una serie di criteri di carattere normativo, pratico direbbe Kant). Quindi il metodo sperimentale non può essere l'unico metodo con cui accostarsi scientificamente alla realtà educativa. Diega Orlando arriva a concludere che scienza è tutto quel sapere critico e giustificato, considerato scientifico tutti i risultati a cui si perviene utilizzando rigorosamente un metodo di ricerca (= sapere che ha una giustificazione). Razionalità che non si esprime soltanto attraverso forme e modi quantificabili, come nel caso del metodo sperimentale, ma anche attraverso delle modalità/metodi che ricorrono alla dimensione qualitativa. Il suo libro è dedicato proprio ad alcuni di questi metodi. I metodi si possono distinguere, quando li si studia e si riflette criticamente su di essi, ma nella realtà vanno intrecciati, per cogliere nella maniera più esauriente possibile le problematiche degli educandi. Ogni metodo ci aiuta a cogliere un certo spaccato della realtà educativa. Ricerca Etimologia: Deriva al latino —> prefisso intensivo (di) + verbo (cercare) dal sostantivo latino circus (cerchio) = girare intorno a qualcosa In ambito scientifico: - secondo Diega Orlando la ricerca scientifica consiste in un insieme di ipotesi e progetti che ruotanti attorno a dei problemi per chiarire o risolvere i quali si scelgono dei metodi e linguaggi rigorosi, coerenti, fondati su determinati caratteri atti a offrire una certa verifica o convalida o conferma o certezza. Ella è una metodologa personalista - Secondo Trinchero (che è sperimentalista) la ricerca scientifica è un’indagine dotata di rigore metodologico, volta a produrre risposte a dei problemi, le quali rispettino criteri di validità intersoggettiva - Secondo Baldacci (problematicista e metodologo) la ricerca scientifica è una pratica dotata di rigore, che può essere inteso in differenti modi: scrupolosità, severità, adeguatezza. 3 studiosi di orientamenti completamente differenti concordano su un fatto: la ricerca scientifica deve essere una pratica dotata di RIGORE. Ricerca quantitativa Orientata alla spiegazione del fenomeno In questo caso si identifica le regolarità e le leggi generalizzabili sulla base dei dati quantitativamente ordinati e organizzati, che vengono utilizzati per quantificare e misurare: - l'entità del fenomeno - Determinare la portata di un fenomeno - Confrontare differenti realtà sulla base di scale di grandezza Ricerca qualitativa Orientato alla comprensione dei fenomeni Ricognizione dei fattori che vanno a comporre un fenomeno e delle loro relazioni. I dati raccolti (di carattere qualitativo) vengono confrontati, comprati e messi in relazione fra di loro per giungere a una migliore comprensione del fenomeno. A questi due termini si collegano (riferimento a Baldacci): - approccio nomotetico (tipico della ricerca orientata alla spiegazione): dal greco nomos (norma/legge) + tithenai (porre) = “l’approccio nomotetico, basato essenzialmente su procedure quantitative, è caratterizzato dalla ricerca di leggi generali in grado di spiegare certi fenomeni, ossia certe uniformità empiriche (Baldacci)”. - Approccio ideografico (tipico della ricerca orientata alla comprensione): dal greco idios (aggettivo derivante dal sostantivo idioma= particolarità, carattere particolare) che significa “proprio, particolare” + graphein (tracciare dei segni, scrivere) = “l’approccio ideografico, basato essenzialmente su procedure qualitative, è contraddistinto dall’intento di comprendere il singolo caso, cercando di cogliere il suo significato a partire da ciò che in esso si da come specifico e unico, al limite come irripetibile (Baldacci)” Dal generale al particolare epistemologia > dal gr. epistéme (conoscenza) + logos (discorso) = discorso sulla ↓ conoscenza scientifica metodologia > dal gr. odòs (strada) + meta (oltre)+ logos (discorso) = discorso sui ↓ metodi scientifici metodo > dal gr. odòs (strada) + meta (oltre) = strada che la ragione percorre ↓ (nel ricercare) metodica > dal lat. methòdice e questo dal gr. methodiké = arte del metodo ↓ strumenti, tecniche > questionario, intervista, osservazione partecipante ecc... Vocaboli della metodologia della ricerca (pedagogica) R. Scientifica - R.quantitativa - R.qualitativa – Spiegazione – Comprensione – Ideografico - Nomotetico 04.03.2024 Pedagogica (pedagogia) Pedagogia = scienza a cui fa riferimento questo insegnamento. Chiarimenti Trinchero: La ricerca scientifica (qualunque tipologia) può avvenire su 3 piani: 1. Teoretico Lo scopo della ricerca scientifica, quando si muove su questo piano, è quello di problematizzare, analizzandoli, i fondamenti (“pilastri” della pedagogia → es: intenzionalità) di un sapere, senza darli per scontati. Questo approccio di ricerca, secondo Trinchero, è proprio della filosofia dell’educazione e della pedagogia generale. Differenza tra teoretico e teorico: - teoretico = dal greco theoreo (guardare/osservare uno spettacolo) —> composto da thea (spettacolo) + horan (vedere/osservare). - Quando si parla di teoretico si parla di speculazione, in quanto è l’approccio che appunto problematizza i concetti di base di un sapere, in questo caso sapere pedagogico. La teoresi non ha obiettivi pratici, bensì pensa a problematizzare. - teorico = ha un obiettivo pratico, ha un interesse applicativo. Si elabora una concezione ordinata di un fenomeno che ha come obiettivo di aiutare chi affronta quel fenomeno a farlo migliorare nel miglior modo possibile. 2. Storico e comparativo Questo tipo di ricerca, nello specifico della pedagogia, studia le concezioni e i modelli pedagogici che si sono susseguiti nel tempo e che coesistono in un preciso momento storico. Ma non fa solo questo, in quanto studia anche le istituzioni attraverso cui quei modelli vengono messi in atto o sono stati messi in atto, quindi in quelle istituzioni in cui avviene l’educazione. Si può avere un confronto sia diacronico che sincronico: - Diacronico → dia (attraverso) + chronos (tempo) = attraverso il tempo - Sincronico → sin (insieme, con) + chronos (tempo) = nello stesso tempo Questa prospettiva si avvale: - del metodo storico, nel caso dell’approccio diacronico - del metodo comparativo nel caso dell’approccio sincronico. Approccio usato in storia della pedagogia, dell’educazione e in educazione comparata. 3. Descrittivo e sperimentale Piano della ricerca empirica, della cosiddetta ricerca sul campo. È proprio di questo approccio la pedagogia sperimentale che può essere condotta secondo un duplice obiettivo: - Spiegazione (nomotetico) - Comprensione (ideografico) Questi sono i piani della ricerca scientifica presenti in tutte le scienze che Trinchero declina sul sapere pedagogico. In realtà, nell'ambito pedagogico-educativo-formativo tutta questa distinzione non è possibile perché la pedagogia è una scienza teorico-pratica. Pedagogia: In che senso la pedagogia è una scienza teorico-pratica? Secondo Diega Orlando, in pedagogia i 3 piani della ricerca scientifica che si ritrovano in tutte le scienze non sono distinguibili perché la pedagogia è una scienza teorico-pratica. Diega Orlando dice che l’ambito della metodologia della ricerca pedagogica è la pedagogia e l’educazione/formazione. Pedagogia: è vero che dal punto di vista concettuale è possibile parlare di una ricerca pedagogica che si concentra sulla riflessione sull’educazione, sull’educazione come agire. Se noi guardiamo dalla nascita della pedagogia modernamente intesa risalendo ai giorni nostri si può distinguere la pedagogia come idee e una storia delle istituzioni educative. È vero che il pedagogista si avvale della ricerca scientifica con scopi diversi rispetto a quelli dell’educazione. È possibile rilevare differenze, però: ciò che è chiaro concettualmente non lo è altrettanto nella realtà. Tra teoria e pratica c’è sempre stato un divario, ma anche dei collegamenti (ci sono state figure come Pestalozzi, don Milani in cui le due dimensioni pedagogica ed educativa convivevano). Non è possibile una netta distinzione della teoria dalla pratica: la pratica è intrisa di teoria, e la teoria contribuisce a modificare la pratica, la quale a sua volta può provocare nuova teoria. Il rapporto, secondo Diega Orlando, tra pedagogia ed educazione è circolare. La pedagogia è teoria dell’educazione/formazione. L‘educazione/formazione è la pratica della pedagogia: ognuna di esse influisce sull’altra. Diega Orlando a questo punto sposta l’attenzione sull’altro polo: educazione/formazione. Educazione/formazione > paragrafo Il significato di educazione e/o formazione Diega Orlando dice che ci sono saperi che si concentrano su aspetti particolari dell’educazione (sociologi, psicologi, antropologi). Secondo Orlando: la pedagogia non persegue la somma di scopi parziali come le altre scienze, ma guarda alla persona nella sua globalità e singolarità in una determinata situazione della vita. Studia l’homo educandus. L’uomo è da educare ed educabile. La pedagogia si occupa cioè (del soggetto nella sua potenzialità) all’insegna di un imperativo ovvero aiutare l’altro ad essere sempre di più se stesso, aiutare il soggetto ad individuare e realizzare un proprio progetto di vita accompagnandolo in questo percorso di vita. Cosa c’entra l’educazione con la formazione? Diega Orlando che ha fatto studi classici, a questo proposito osserva che nella nostra cultura originariamente, questi due termini erano indistinguibili perché rientravano nel concetto di Paideia (= realizzarsi dell’educazione attraverso un processo di formazione). Educazione è un percorso che, per i greci, si intraprende attraverso la cultura che offre dei modelli capaci di attivare una mimesis (= quella greca si riferisce si ad un’imitazione, ma simile a quella di un’artista → ritratto di un panorama a modo proprio, unico). Originariamente questi due termini erano semanticamente e lessicalmente inscindibili e questa concezione è perdurata molto a lungo (fino anni 50 del 900). La parola formazione è entrata nell’uso, in pedagogia, tra gli anni 60-70 perché in questi anni la pedagogia è andata in crisi: frantumata in una serie di saperi e distinzione tra formazione ed educazione. La formazione è andata a costituire l’oggetto di un sapere specifico dell’educazione che è l’andragogia, mentre l’educazione è rimasta l’oggetto della pedagogia. - Pedagogia: deriva da paidos (fanciullo) e ago (condurre) = condurre il fanciullo - Andragogia: deriva da andros (uomo) + ago (condurre) = condurre l’adulto Diega Orlando, a proposito di questa distinzione, dice che essa lascia il tempo che trova perché con l'affermarsi della separazione tra la pedagogia e l’andragogia si è venuta a creare situazione dove si potrebbero introdurre 2 distinzioni tra educazione e formazione: 1. Età studiata e alla quale poi l’educazione e formazione si rivolgono nella pratica (pedagogia → educazione: si rivolgerebbe infanzia/adolescenza; Andragogia: età adulta) 2. Educazione si rivolterebbe all’uomo nella sua globalità; formazione si configurerebbe come formazione professionale Lei, a questo proposito, conclude che per lei non è così perché educazione e formazione rappresentano 2 facce d'una stessa medaglia: a partire dagli anni 80 in cui c’è stata esplosione nuove tecnologie, in ambito professionale ha acquisito molta importanza l’organizzazione dell’attività lavorativa, ma anche ha avuto sempre più importanza la conoscenza, l'elaborazione il controllo dell’informazione, in quanto essa è diventata centrale. Ci si è resi conto che la formazione come addestramento tecnico non è più sufficiente, quindi anche in ambito formativo l’educazione è diventata supporto per la formazione, in quanto si è riscoperta la centralità del soggetto perché in un mondo come il nostro, pieno di cambiamenti repentini l’addestramento tecnico è destinato a dimostrare la propria obsolescenza molto presto. Nello sviluppo degli ultimi studi sulla formazione essa è stata ricondotta nell’ambito dell’educazione, fa leva sull’educazione del soggetto. L’andragogia, in realtà, rientra quindi nell’ambito della pedagogia. Viene a ricostruirsi quel legame che l’educazione aveva con la formazione come nella Paideia. Diega Orlando afferma che, così come è scindibile la pedagogia dall’educazione e l’educazione dalla formazione, è possibile perché i problemi di fronte ai quali ci si trova sono problemi complessi e, quindi, per cercare di chiarificare questi problemi occorre un approccio sistemico, nel senso che quando si fa ricerca in un ambito in cui i 3 piani si intrecciano, cercando di approfondire sempre più le problematiche educative, bisogna assumere non la logica out out, bensì quella dell’et et (metodi che afferiscono a più piani, ciascuno di questi metodi ci aiuta ad accogliere una fetta della torta della problematica educativa, dunque bisogna cercare di utilizzare i vari metodi perché più facilmente si riesce quindi a cogliere in maniera sempre più approfondita le problematiche educative). Copia grafico a torta della foto 05.03.2024 Le 5 questioni con cui si confronta la ricerca scientifica (Trinchero) 1. Ontologica 2. Epistemologica 3. Metodologica 4. Tecnico-operativa 5. Assiologica A seconda di come il ricercatore si pone di fronte a queste questioni la ricerca assumerà delle configurazioni differenti (= a seconda di come queste questioni vengono concepite il ricercatore si avvale di metodi di ricerca differenti). Queste 5 questioni vengono affrontate in modo differente a seconda del paradigma di riferimento. PARADIGMA: dal gr. para (presso, accanto) + deigma (mostrare, confrontare) = modello, esempio Nell’ambito della ricerca scientifica, come afferma un’altra studiosa (Luigina Mortari, la quale tratta gli aspetti tra l’epistemologico e il metodologico), un paradigma è un insieme di assunzioni o premesse (= di affermazioni) che guidano la ricerca scientifica. Queste premesse da cui si muove nel fare ricerca scientifica possono essere di vario tipo: - ONTOLOGICHE Ontologia: dal gr. on -genitivo di ontos (ente) + logos (discorso) = discorso sull’ente L’ontologia è quindi lo studio della natura dell’essere in quanto tale, cioè lo studio della natura della realtà in quanto tale (come si concepisce la natura della realtà che si intende indagare) → le premesse ontologiche riguardano questo aspetto. - GNOSEOLOGICHE Gnoseologia = studio della conoscenza umana tout court, dunque le premesse che costituiscono un paradigma di questo carattere andranno a dire in che cosa consiste la conoscenza - EPISTEMOLOGICHE: Condizioni da cui muove il ricercatore in modo più o meno consapevole circa la conoscenza scientifica - ETICHE: Etica = sapere che governa i nostri costumi. Queste premesse riguardano le responsabilità che il ricercatore ritiene di avere nel fare ricerca - POLITICHE: Queste premesse sono quelle che dicono, dalle quali si muove circa il modo che abbiamo di concepire la collettività (= ci dicono quali tipi di ricerca è bene condurre tenendo presente il benessere della collettività) Tutte queste premesse cambiano a seconda del paradigma della ricerca. I 3 paradigmi della ricerca scientifica Quelli principali elencati sia da Mortari che da Trinchero: 1. Realismo ingenuo (Positivismo) 2. Realismo critico (Postpositivismo) 3. Costruttivismo → interpretativismo (Mortari preferisce il termine ecologico rispetto a costruttivismo → all'interno del paradigma ecologico riconduce una serie di prospettive che riguardano la ricerca scientifica in termini di interpretazione e al suo interno si trova anche il costruttivismo, ma vengono delineati dei limiti). Collegamento tra ciò che dice Mortari e ciò che dice Trinchero: per comodità si distinguono queste questioni, ma nella realtà sono interrelate QUESTIONE ONTOLOGICA: la realtà che stiamo indagando esiste veramente o è una questione umana? - Realismo ingenuo: esiste una realtà oggettiva, nettamente separata dall’ osservatore, dal ricercatore che la studia. La realtà è conoscibile in modo deterministico - Realismo critico: esiste una realtà oggettiva separata nettamente dal ricercatore che la studia, però il realista critico ritiene che questa realtà sia conoscibile in maniera imperfetta - Costruttivismo: il problema dell’esistenza o meno della realtà è subordinato al problema della percezione che il ricercatore ha della realtà stessa. Quindi, indipendentemente dal fatto che esista o meno la realtà, essa è soltanto riflesso dell'attività mentale dell’uomo (realtà = costruzione di significato). QUESTIONE EPISTEMOLOGICA: qual è il rapporto tra il ricercatore e la realtà studiata? Il ricercatore fa parte della realtà studiata o è fuori da questa realtà? - Realismo ingenuo: il ricercatore e la realtà studiati sono indipendenti (non c’è alcun tipo di rapporto) e ciò significa che questo tipo di ricercatore ritiene che i suoi valori, idee, opinioni non hanno effetto sulle sue pratiche conoscitive (risultati della ricerca saranno sempre bei a prescindere dal contesto in cui lui farà ricerca). La conseguenza di questo modo di concepire il rapporto sarà che il ricercatore ritiene che sia possibile pervenire a individuare delle leggi universali che governano l’oggetto che va studiando, come se questo fosse un meccanismo di precisione. Þ La spiegazione sarà unica Þ Il dato è rilevato in maniera oggettiva - Realismo critico (la maggior parte dei ricercatori afferiscono a questo paradigma) Il ricercatore e la realtà studiata sono indipendenti, però in questo caso il ricercatore ritiene che sia impossibile arrivare a una conoscenza perfetta e completa di ciò che è la realtà. Þ Ciò che si può cogliere sono le disposizioni strutturali che governano l’oggetto da studiare (si è sul piano delle possibilità). Þ La spiegazione non sarà unica perché la realtà non è perfettamente conosciuta (sono possibili più teorie alternative attorno allo stesso fenomeno). Þ Non esistono leggi universalmente valide, bensì delle regolarità tendenziali. Þ Il dato, la percezione della realtà dipende dalla teoria. Entrambi si muovono sul piano della spiegazione (anche se in modi differenti). - Costruttivismo: il ricercatore e la realtà studiata non sono separabili e proprio perché è assente la netta distinzione tra ricercatore e realtà studiata, la realtà stessa viene costruita dal ricercatore il quale da a questa realtà dei significati che variano in base al contesto spaziale, temporale, alla comunità scientifica al cui interno lui opera. Þ Dunque, in questo caso non ci si muove più sul piano della spiegazione, bensì su quello della comprensione. Þ Non si stabiliscono le determinanti di un patto, ma solo le condizioni che lo rendono possibile. Þ Messo in evidenza un concetto fondamentale: INTENZIONALITÀ (non si parla più di disposizioni strutturali). QUESTIONE METODOLOGICA: il procedimento utilizzato è appropriato in rapporto al punto di vista e agli obiettivi che una determinata scienza si pone? Metodologia = discorso sul metodo - Realismo ingenuo: il ricercatore procede per esperimenti o per inchieste puntando sull’osservazione distaccata del fenomeno e sull’induzione. Può avvalersi anche di questionari o interviste strutturate. Cerca di vedere come le variazioni che lui introduce su alcuni fattori indipendenti agiscono sui fattori dipendenti. Bacone procede per certificazione: Osservazione dei fatti → ipotesi → sperimentazione → verifica dell’ipotesi - Realismo critico: si avvale di un approccio deduttivo. Dichiara qual è il suo quadro teorico di riferimento, dal quale formula un’ipotesi. Successivamente, utilizzando esperimenti o inchieste, arricchiti, però, da metodi qualitativi, andrà alla ricerca di evidenze empiriche che falsifichino ipotesi che ha formulato secondo un procedimento deduttivo. Se si mette al posto della certificazione la falsificazione le cose non cambiano (dice Diega Orlando) perché io sottopongo la mia ipotesi a sperimentazione, ci sarà un esperimento che mi permetterà di certificare con assoluta certezza che la mia ipotesi è vera o falsa. Popper parla di falsificazione: Osservazione dei fatti → ipotesi → sperimentazione → falsificazione dell’ipotesi - Costruttivismo: il ricercatore procede avvalendosi di metodi qualitativi puntando alla comprensione delle motivazioni che hanno dato origine a certe scelte. Non si soffermano sulle relazioni tra i fattori che governano un fenomeno. Hanno lo scopo di cogliere l'intenzionalità che sta alla base delle azioni. Il loro intento, utilizzando questo approccio qualitativo, è quello di cercare di cogliere motivazioni che danno origine a determinati comportamenti. Per loro esistono tanti metodi di ricerca scientifica. QUESTIONE TECNICO-OPERATIVA: quali strumenti e quali tecniche di rilevazione sono adeguati alla realtà su cui si va indagando? - Realismo ingenuo: avvalendosi di tecniche quantitative di raccolta dati , cioè ad esempio griglie di osservazione, interviste strutturate ecc... (/tecniche di applicazione di determinati strumenti che consentano di procedere per via statistica, quantitativa). - Realismo critico: si avvale degli stessi strumenti, però a questi strumenti di tipo quantitativo ne affianca altri di tipo qualitativo che hanno un preciso obiettivo, ossia di cogliere info sul contesto in cui si fa ricerca. - Costruttivismo: si avvale di strumenti qualitativi e si pone come obiettivo quello di cercare di avere un approccio olistico, globale alle singole realtà che va studiando. QUESTIONE ASSIOLOGICA: com’è giusto intervenire su una determinata realtà? Assiologia (axiologia) = deriva dal gr. axios (degno) + logos = discorso su ciò che è degno (noi abbiamo valori che sono degni di essere perseguiti) - Realismo ingenuo e Realismo critico: per questi ricercatori è una questione che non esiste, non si pone perché la conoscenza scientifica della realtà è oggettiva (cioè esente da giudizi di valore). - Costruttivismo: il ricercatore si pone su un piano della razionalità che non è solo tecnico e si interroga su come è giusto agisce in vista del fine che si persegue REALTÀ OGGETTIVA COSTRUZIONE SOCIALE Conoscibile in modo Conoscibile in modo deterministico probabilistico REALISMO INGENUO REALISMO CRITICO COSTRUTTIVISMO individuare i fattori che spiegano determinate interpretare i fenomeni, individuare i fattori che per comprendere le regolarità empiriche spiegano determinate scelte dei soggetti interpretando tali regolarità empiriche regolarità alla luce di un quadro teorico approccio nomotetico approccio idiografico tecniche qualitative di tecniche quantitative di raccolta e analisi dei dati raccolta e analisi dei dati 06.03.2024 Ripasso: La Mortari non tratta delle questioni della ricerca scientifica perché è un’epistemologa, mentre Trinchero è uno sperimentalista (non entra nel merito delle premesse dei paradigmi, ma dice che a seconda del paradigma di riferimento le questioni vengono affrontate in maniera diversa → non entra nelle premesse dei paradigmi ma dice solamente come le questioni vengono affrontate dai paradigmi). Le assunzioni di cui parla la Mortari andrebbero intrecciate con quelle di Trinchero e l’elenco diventerebbe un po’ più lungo. PARTE B Si inizia a trattare della metodologia della ricerca pedagogica a) la proposta di (Diega) Orlando Cian: pedagogia/educazione-formazione; il paradigma unificatore b) La proposta di Baldacci: momenti speculativi della ragione; antinomie pedagogiche; rigore metodologico mappa delle forme Sapere che si interroga sui criteri sui quali si deve attenere per rispettare l’oggetto, punto di vista ecc specifica della pedagogia La proposta metodologica di Diega Orlando Si basa sul suo modo di concepire pedagogia, educazione/formazione. La pedagogia non persegue la somma di scopi parziali. La pedagogia secondo lei è un sapere teorico- pratico perché la teoria e la pratica si intrecciano, quindi per poter affermare che si sta facendo ricerca pedagogica: Þ l’oggetto da rispettare è la pedagogia/educazione-formazione (tra di esse sussiste un rapporto circolare). L’educazione intesa come assimilazione e creazione di cultura, inserimento e anche cambiamento della società, si appoggia a variabili in stretta relazione tra loro, capaci di promuovere il processo di umanizzazione nei singoli e nei gruppi. Þ Il punto di vista che va rispettato quando si fa ricerca in ambito pedagogico, quando si applica un qualsiasi metodo di ricerca, è quello che guarda all'homo educandus considerandolo nella sua globalità. Þ L’obiettivo per Diega Orlando è aiutare l’educando ad individuare un proprio progetto di vita e cercare di perseguirlo, dando modo all’educando di realizzarsi. Dice che l'educazione avviene in un ben preciso contesto. Occorre assumere una prospettiva sistemica, ossia che comporta non assolutizzazione di un metodo di ricerca, ma la considerazione delle relazioni possibili tra i vari metodi. Dunque, per lei, si tratta di assumere la logica dell’et et (considerando i possibili intrecci tra i vari metodi). Queste considerazioni lei le propone all’interno del PARADIGMA UNIFICATORE (= criteri ai quali si deve attenere nell’applicare un metodo di ricerca scientifica per rispettare oggetto, punto di vista e obiettivo). Lei dice che se si rispettano questi criteri si può dire che si sta facendo ricerca scientifica pedagogica; se non li si rispetta o non si starà facendo ricerca scientifica o si starà facendo ricerca scientifica in altri ambiti. Questo paradigma/modello, dice Diega Orlando, è unificatore perché lei dice che ci sono tanti metodi di ricerca scientifica che si possono usare, l’importante è che essi si attengano a questi criteri perché significa che rispettano oggetto, punto di vista ed obiettivo. Questo paradigma consente di superare 2 limiti: 1. Assolutizzazione a livello educativo/formativo di singole mete concrete Per Diega Orlando, educazione/formazione e pedagogia guardano all’uomo nella sua globalità per cui, in ambito educativo/formativo, si possono perseguire, sì, degli scopi parziali (es: trasmissione di un sapere da una generazione all’altra), però tutto ciò si persegue all’interno di una prospettiva più ampia che ha la sua meta fondamentale: aiutare l’altro ad individuare una propria visione del mondo. Quando si fa ricerca in ambito pedagogico-educativo-formativo, per conoscere meglio e in maniera sempre più approfondita il fenomeno educativo o per mettere a punto progetti educativi il più possibile efficaci, il paradigma unificatore consente di evitare di assolutizzare un singolo soggetto, ossia di perdere di vista la persona nella sua interezza 2. Prevalere di un metodo di ricerca sull’altro Il paradigma unificatore ci consente di non far prevalere un tipo di metodo su un altro un tipo di linguaggio su un altro Criteri che concorrono alla costituzione del paradigma unificatore nella ricerca pedagogico-educativa/formativa (leggi antologia per copiare elenco) 1. PRIMO CRITERIO: la spiegazione deve dar luogo a comprensione Conoscere il soggetto educando, nel senso di spiegarlo, descrivendolo, non basta. Si potrebbe dire che nell’ambito della ricerca pedagogia-educativo/formativo è una ragione necessaria, ma non sufficiente. Questo significa che ad esempio se noi vogliamo possiamo misurare l’intelligenza dei soggetti ricorrendo a dei test o prove oggettive, possiamo andare a considerare il livello di socialità del soggetto o anche considerare il suo sviluppo emotivo ecc... ovvero è possibile fare indagini che si concentrano su un aspetto specifico, però, questo tipo di approccio, è discutibile sia dal punto di vista metodologico e più in generale nel modo di concepire la normalità. La globalità del soggetto è qualcosa di più della somma delle singole parti. Dunque, nel fare ricerca per afferrare il senso dell’educando senza mai pretendere di cogliere completamente una volta per tutte, occorre la comprensione (dal lat. cum prehendere = portare con se, prendere insieme) → essa riguarda il concetto di reciprocità che coglie le differenze, la quale lascia posto alle logiche aperte, opache, bensì ugualmente vere, dell’esistere di ciascuno. La comprensione implica l’afferrare il senso di qualcosa, penetrare nell’animo → modo di esistere Ciò comporta che, quando ci si avvale di dati statistici, i dati raccolti non vanno mai assolutizzati, ma bisogna confrontarli tra di loro, e soprattutto vanno messa in relazione alla soggettività di ogni singolo educando. Per fare questo, però, è necessario lasciarsi coinvolgere nella comprensione dell’educando. L’osservatore, infatti, deve assumere un atteggiamento del “saggio” che sa fare una domanda in più, che esplora sentieri sconosciuti senza mai smettere di interrogarsi. Bisogna cogliere le implicazioni del problema con altri problemi. Bisogna comprendere se la soluzione usata per risolvere il problema porta ciascuno a realizzare al meglio se stesso come essere umano (ad un maggiore impegno). Per fare ciò però occorre fare riferimento anche a metodi di ricerca qualitativi. Metodo autobiografico: raccogliere il vissuto delle persone per arrivare a comprendere varie motivazioni per cercare di arrivare a trovare una soluzione che soddisfi tutte le persone coinvolte nel problema. L’approccio nomotetico che stabilisce le leggi universali per tutti (comunque importante) deve integrarsi con quello ideografico che si avvale di dati qualitativi. 2. SECONDO CRITERIO: Il principio di causa-effetto va sostituito con motivazioni, intenzioni, propositi e volizioni, in quanto ragioni dell’agire Nell’ambito dell’educazione non si guarda al fatto che accade, ma al fatto che si vuole far accadere in quanto l’educazione è orientata verso il futuro. La prospettiva è sempre lanciata in avanti. Il guardare il fatto che accade è proprio delle scienze della natura (es: tavole baconiane). La logica che si basa sul principio di causa-effetto è inadeguata se applicata all’agire umano (come lo è l’educazione) e nell’agire entrano in gioco elementi soggetti (aspirazioni, volontà ecc) i quali sono le molle che spingono il soggetto ad agire. Quindi, le azioni umane non possono essere ricondotte all'interno della logica causale sia che si segua un procedimento induttivo sia che si segua quello deduttivo. Diega Orlando per confermare ciò fa un esempio: riprende questo esempio da Carl Gustav Hempel (1905- 1997 filosofo è matematico tedesco che si è occupato della formazione dei concetti in ambito scientifico), il quale illustra il metodo deduttivo nomologico facendo un esempio (lo trovi sull’antologia): perché il radiatore della mia automobile è esploso durante la notte? *** (leggi esempio sull’antologia) Questo modo di procedere (causale) non è in modo di chiarificare il modo di agire umano. Diega Orlando fa riferimento ad un altro studioso Georg von Wright (1916-2003) parlando di questa cosa (recupero della categorica teleologica e quella dell’intenzionalità): - Questo studioso dice che normalmente le spiegazioni causali sono orientate verso il passato. La loro forma linguistica tipica è “questo è accaduto perché era accaduto quello”. - Se noi vogliamo capire le motivazioni per cui Gianluca ha agito dobbiamo porci sul piano della spiegazione teleologica (teleologico: teleologia → dal gr. telos (fine) + logos = discorso sul fine). È una spiegazione che rinvia alla spiegazione per cui si compie una determinata azione e la forma linguistica tipica di questa spiegazione è orientata al futuro “questo è accaduto affinchè potesse accadere quello” Questo studioso afferma che la problematica pedagogica richiede un pensiero che si interroghi non solo per chiarire cause, ma per cogliere in profondità. 11.03.2024 Il mondo della soggettività non è interamente incasellabile dentro la logica, dunque dentro la spiegazione causale o teleologica. Il tentativo di von Wright ci costringe a riflettere e sottolineare come l’educazione e, quindi, anche la ricerca in ambito pedagogico-educativo-formativo richiedano un pensiero che si collochi dentro una prospettiva volta alla comprensione per cogliere motivi desideri ecc I primi 2 criteri sono in strettissima relazione: - Spiegazione → causa effetto → adotta un approccio nomotetico - Comprensione → motivazioni, intenzioni, propositi e volizioni → adotta un approccio ideografico 3. TERZO CRITERIO: la verificabilità o falsificabilità dell’ipotesi deve integrarsi con la confermabilità Ciò significa che nell’ambito della ricerca pedagogico-educativo-formativa non ci si può accontentare della verificabilità e ciò vale anche se si sostituisce al concetto di verificabilità quello di falsificabilità. Ricerca scientifica: ipotesi, progetti ruotanti attorno dei problemi, per chiarire o risolvere i quali si scelgono dei metodi e dei linguaggi rigorosi*** (guarda antologia) verifica o convalida (si è sul piano dell’etica) o conferma o certezza. - Verifica: realismo ingenuo → la verifica ci porterà attraverso un esperimento a verificare la nostra ipotesi - Certezza: realismo critico → si persegue la falsificazione perché Popper dice che resta sempre la possibilità di smentita. Ogni teoria, che si elabora a partire dall’osservazione dei fatti, se vuole perseguire la verità deve perseguire la falsificazione Diega Orlando osserva che sostituendo verifica e falsificazione le cose non cambiano: se un ricercatore si colloca dentro il falsificazionismo e va alla ricerca, con la massima onestà, di tutte le situazioni che possono falsificare la sua teoria, se alla fine non trova quell’elemento che falsifica, convalida la teoria. Questa prospettiva va integrata con la prospettiva della convalida o conferma dell’ipotesi, la quale non si basa sull’ oggettività così come intensa nell’ambito del realismo, bensì intesa in termini di intersoggettività. In educazione, così come nella ricerca in ambito pedagogico-formativo-educativo, gli esiti di certi interventi saranno molto lunghi, non è detto che io colga gli effetti nell’immediato. Proprio per questo si ricorre alla conferma, alla convalida. Il progetto viene messo in atto se tutta l’equipe educativa ritiene sia degno di essere realizzato e, quindi, si convalida l’ipotesi che non può essere certificata nell’immediato. Anche dove è possibile la verifica, essa deve comunque portare alla conferma, che ha come criterio oggettivo l’intersoggettività. Scheffler → io categorizzante (es: la mappa non è il territorio). La cosiddetta oggettività della scienza è sempre un insieme di regole condivise da una determinata comunità scientifica in un determinato periodo storico. 4. QUARTO CRITERIO: i problemi e i bisogni vanno considerati come un punto di partenza verso la prospettiva delle risorse di ciascuno, cioè della sua educabilità. Questo aspetto rinvia al cosiddetto uomo inedito, ossia insieme di possibilità che il soggetto non ha ancora attuato, sono latenti, le quali sono in stretto rapporto con l’uomo edito, cioè con quello che l’educando è in un determinato momento, ma che in futuro è suscettibile ad essere superato. Su queste considerazioni si basa il significato di educazione permanente. Anche questo aspetto bisogna tener presente nell’agire educativo, ma anche quando si fa ricerca. 5. QUINTO CRITERIO: il linguaggio tecnico descrittivo quando si fa ricerca in ambito pedagogico deve intrecciarsi con quello normativo prescrittivo e con quello iconico metaforico. Questo è importante e necessario perché educazione e pedagogia mirano al cambiamento, in senso migliorativo, in cui il significato di ciò che viene detto non è solamente denotativo o solamente descrittivo. Nell'ambito dell’educazione e della formazione, che è quello in cui pedagogia già fa ricerca, è l’educando che, nella sua soggettività e originalità, avvalendosi delle parole, dà un senso al proprio dire. Acquista importanza un linguaggio che fa leva sul senso comune: Þ nell’ambito del linguaggio quotidiano il senso comune sono le “opinioni della maggioranza, accettate in una determinata epoca e in un determinato contesto” Þ nell’ambito pedagogico si intende il significato che questa espressione ha in ambito filosofico. Per definire ciò, Diega Orlando si rifà ad uno studioso G.W. von Leibniz , secondo il quale il senso comune esprime la comune natura intellettuale dell'uomo (= consiste cioè in un insieme di principi di per sé evidenti, in giudizi spontanei, attraverso i quali si manifesta il senso comune a tutti gli esseri umani. Il senso comune inteso in questo modo rappresenta ciò che permette di cogliere la radice comune sulla quale delle aspirazioni umane si basano. Esso costituisce una via della ragione). Diega Orlando riprende un’idea da un altro studioso: Giambattista Vico, secondo il quale il senso comune è la ragionevolezza dell’uomo, nella quale si ha l’unificarsi di vari tipi di linguaggio. Quindi, la ragionevolezza è un procedere in cui sapere si intreccia con fantasia, e in cui trova espressione il verosimile. Il verosimile è un concetto di Giambattista Vico, il quale è vissuto tra 600 e 700 ed è stato filosofo e storico napoletano. Nei suoi scritti, in particolare nella Scienza Nuova, critica René Descartes, ossia Cartesio, che è stato un grande matematico. Criticando il razionalismo cartesiano (razionalista), secondo cui il metodo scientifico è quello deduttivo dimostrativo. Vico critica questa posizione se riferita all’uomo perché il sapere umano si fonda su verum ipsum factum, ossia il vero è il fatto. CRITERIO VICHIANO: si può conoscere quello che si fa e ciò che si fa corrisponde al vero Vico arriva ad affermare ciò studiando la storia dell’umanità: studiando quest’ultima è possibile constatare che il divenire storico, ossia la storia dei popoli, si divide in 3: 1. Età degli dei: età in cui gli uomini, definiti da Vico insensati e orribili bestioni, vagano sulla terra completamente dominati dalle loro passioni e sono inermi rispetto a ciò che accade intorno a loro. Di fronte ai fenomeni naturali si inventano una divinità per personificare il fenomeno. Per ingraziarsi queste divinità costruiscono i primi altari (passaggio ad un’età dominata dalla fantasia) 2. Età degli eroi: gli uomini si servono della fantasia per dominare i fenomeni naturali, quindi nascono i miti. Età in cui l’uomo comincia a riflettere, si forma un primo senso morale e nascono le virtù eroiche (prudenza, fortezza, temperanza, magnanimità). Queste virtù creano condizioni per cui si sviluppi una terza età 3. Età degli uomini: dominata dalla ragione Queste età non sono disposte in una maniera lineare: secondo Vico, tutto ciò avviene nuovamente. Egli parla di ciclicità di queste età, parla di corsi e ricorsi storici. Vico dice che la storia dei primi popoli, dominati dalla fantasia, non è una favola, ma una vera storia, racconto di cose reali perché effettivamente gli antichi popoli vivevano come se esistessero le varie divinità, per loro quella era la realtà, dunque si comportavano di conseguenza. L’espressione dell’attività fantastica è il verosimile, il quale non è in opposizione al vero logico, bensì esso è il vero considerato dal punto di vista fantastico, dal quale si è sviluppato l’agire umano. - Ragione → vero logico - Ragionevolezza → intreccio ragione e fantasia = verosimile che ha permesso all’uomo di sviluppare la morale, ad iniziare a riflettere ecc Diega Orlando (riprendendo Vico) dice che è a partire del verosimile e in conformità ad esso che si sviluppa l’agire umano. Anche il verosimile è conoscenza che si avvale del linguaggio iconico, del linguaggio metaforico, della fantasia per chiarificare manifestazioni e tendenze della vita umana. 12.03.2024 6. SESTO CRITERIO: le antinomie pedagogiche vanno ricomposte in unità. Antinomie pedagogiche = sono delle opposizioni binarie di... - Valori - Ideali - Metodi educativi...che rientrano fra i connotati strutturali dell’esperienza educativa stessa (Franco Cambi). Ciò significa che perché ci sia educazione devono sussistere le antinomie pedagogiche, in quanto quest’ultime sono opposizioni particolari perché non sono antinomie in cui un polo contraddice l’altro, si oppongono e basta. Le antinomie pedagogiche sono opposizioni polari (Romano Guardini). Diega Orlando si rifà a questo studioso e in una maniera più comprensibile le chiama opposizioni correlative, ciò significa che una non esclude l’altra. Infatti, gli opposti polari o opposizioni correlative sono dati da opposizioni tra 2 elementi che si richiamano a vicenda per cui quando uno raggiunge il suo massimo l’altro non si annulla mai completamente. Diega Orlando si sofferma sull’ antinomia compiutezza-incompiutezza: questa evidenzia l’intrinseca processualità dell’educazione, ossia che l'educazione si verifica attraverso progressiva attuazione di un progetto che non può mai dirsi definitivamente realizzato. È un progetto in cui ogni traguardo raggiunto apre ad ulteriori traguardi perché, mettendo in risalto questa natura prospettica, mette in luce che l’educazione si colloca nella prospettiva della possibilità. Ciò richiama il fatto che l’educazione è un processo interminabile che trova espressione dentro il concetto di educazione permanente (1960), il quale contenuto affonda le sue radici nelle origini della pedagogia modernamente intesa, che chiama in causa Comenio (1592-1670) → Pampaedia. Questa antinomia è un fotogramma del quarto criterio, quello che pone in risalto il fatto che noi ci collochiamo dentro un processo che non si esaurisce mai e dura per tutta la vita. (Necker de Saussure → educazione progressiva (1838) = educazione che dura tutta la vita che declina al femminile). Diega Orlando dice che le antinomie pedagogiche vanno ricondotte in unità, cioè occorre valorizzare entrambi i poli delle antinomie quando si fa educazione e quando si fa ricerca sull’educazione. Ciò va fatto perché le antinomie pedagogiche - ci consentono di cogliere la complessità insita nella realtà umana. - ci permettono di far emergere quell’ambiguità positiva che coniuga insieme valori diversi e permette a ciascun soggetto educando di disvelarsi nell’unicità, nell’originalità della sua forma. Esempi di antinomie: teoria-pratica; autorità-libertà; direttività-non direttività; compiutezza-incompiutezza; autonomia-dipendenza; individualità-socialità Esempi di opposizioni contraddittorie (= si escludono reciprocamente): finito-infinito; vivo-morto; sposato-celibe. 7. SETTIMO CRITERIO: il contesto va considerato come un vincolo che apre possibilità. Il contesto non ci vincola in maniera deterministica perché se così fosse la nostra vita si riparerebbe sul principio di causa-effetto. Piero Bertolini (1931-2006) → “Ragazzi speciali”: libro che evidenzia che, anche in un contesto fortemente vincolante, (come il carcere che vincola fisicamente e socialmente) è possibile, lavorando con gli educandi, aiutarli a risignificare il proprio vissuto, a prospettare sempre nuove direzioni di senso. Questo esempio, dimostra come anche in un contesto molto chiuso è possibile trovare delle possibilità per fare educazione. Anche Diega Orlando dice che il contesto non ci determina in maniera meccanicista, bensì sta a noi soggetti saper valorizzare il contesto, le risorse presenti nel contesto. 8. OTTAVO CRITERIO: non si può prescindere dalla configurazione dialogica dell’educazione Diega Orlando per chiarire questo criterio fa riferimento alla filosofia: dice che il rapporto educativo, che si muove al segno di aiutare l’altro a realizzarsi, può venire solo all’insegna della reciprocità. Cita vari autori: - Emmanuel Levinas: è noto per la sua “etica del volto”, ossia un etica dove riassume atteggiamenti di responsabilità nei confronti dell’altro (= l’altro è la relazione con l’altro sono il punto di partenza per la definizione di noi stessi). Libro Gasperi: perché l’altro e la relazione con l’altro sono il punto di partenza per la definizione di noi stessi, non partendo dalla filosofia Vengono proposti alcuni modelli sulla comunicazione → P.Watzlawick = esponente dell’approccio sistemico- relazionale alla comunicazione (lo tratteremo perché fornisce l’ABC del comunicare in maniera efficace). Tra questi principi (assiomi): II assioma della comunicazione umana: ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione. Þ Prima parte dell’assioma: il contenuto di una comunicazione è la notizia, l’informazione, il dato trasmesso. Þ L’aspetto di relazione riguarda, invece, il modo in cui le persone che stanno comunicando si pongono l’una in rapporto all’altra. Esempio tratto dal libro: sono le nove e venti! → non si limita a trasmettere un’informazione ma esprime anche il modo che la persona ha di rivolgersi al proprio interlocutore Come può reagire chi ricevere un determinato messaggio? Modalità con cui l’interlocutore (B) può reagire alla definizione che chi invia il messaggio (A) dà di sé in rapporto ad una determinata situazione 1. B può confermare, cioè accettare il modo di porsi nella relazione del proprio interlocutore, dunque la definizione che A dà di sé, del suo modo di vedersi, pensarsi, e approvarlo → è un riconoscerlo > Nel caso della conferma è come se B affermasse: “Io accetto e approvo la definizione che tu dai di te in rapporto a me in questa situazione” 2. B può rifiutare la definizione che A dà di sé. Anche il rifiuto presuppone il riconoscimento, l’accettazione, cui si accompagna, però, la disapprovazione > Nel caso del rifiuto è come se B asserisse: “Io accetto la definizione che tu dai di te in rapporto a me in questa situazione, ma non l’approvo” 3. Un altro modo di rispondere al messaggio di relazione del proprio interlocutore è la disconferma. B può disconfermare la definizione che A da sedi sé. In questo caso l’interlocutore svuota di ogni valore le percezioni e i sentimenti dell’altro che passano attraverso quel messaggio > Nel caso della disconferma è come se B dicesse: “Tu non mi hai dato alcuna definizione di te” Schema riassuntivo A: “Ecco come mi vedo in rapporto a te in questa situazione” - B: conferma → “tu esisti!” - B: rifiuto → “tu esisti, ma hai torto!” - B: disconferma → “tu non esisti!” Il peggior messaggio di relazione non è il rifiuto, in quanto, se motivato, aiuta a farsi un quadro realistico di sé. Il peggior messaggio di relazione è la disconferma: se essa è ripetuta nel tempo sorge il problema perché può creare veramente danni gravi, in quanto può avere ripercussioni sulla percezione di sé del soggetto, il quale può andare incontro a problemi di sviluppo del sé autonomo, soprattutto nei primi anni di vita. Questo accade perché quando si nasce si è ciò che gli altri dicono che si è; crescendo, attraverso lo sviluppo della capacità percettive, cognitive, della socializzazione ecc (sviluppo in cui influiscono i messaggi di relazione) ci si forma una propria identità che può coincidere con quella che ci è stata attribuita, ma può essere anche completamente diversa. Ecco perché l’altro e la relazione con l’altro sono il punto di partenza nella definizione di noi stessi. Esempio bambini: 1.conferma, 2.conferma, 3.rifiuto, 4.disconferma (la mamma sa che tu le vuoi bene: il bambino non sa se dare ragione a se stesso o a quello che dice alla madre). 13.03.2024 Configurazione dialogica dell'educazione Quando si fa ricerca bisogna considerare la dimensione dialogica che trova espressione nella relazione con l’altro in Levinas (“etica del volto”). - Ricoeur > etica della reciprocità: la reciprocità, attraverso cui avviene l’educazione, è essere con l’altro, per l’altro e grazie all’altro. L’ educatore dovrebbe essere disponibile ad aggrovigliare la propria storia con la storia dell’educando Questa cornice della reciprocità è ciò in cui trova fondamento la relazione educativa. - Bertolini > biunivocità della relazione: la relazione per costituirsi come autenticamente educativa deve essere un luogo di scambio tra l’educatore e gli educandi, cioè deve caratterizzarsi per un movimento bidirezionale (= movimento tale per cui educatore non si limita a trasmettere agli educandi, ma coglie anche le loro reazioni, punti di vista, come elementi pertinenti e importanti per poter poi proseguire con il suo intervento). Bertolini dice: Una forma orientata non soltanto all’educando, bensì orientata anche dall’educando (il quale fornisce spunti all'educatore di cui l’educatore deve fare tesoro). - Freire > educazione problematizzante: educatore ed educando si educano in comunione attraverso la mediazione del mondo (la pedagogia degli oppressi). Egli sottolinea lo stesso concetto, ossia che la relazione educativa non è una relazione qualsiasi, ma richiede reciprocità tra educatore ed educando. Questo comporta che l'educatore si renda disponibile a mettersi in gioco nella relazione, si renda disponibile a trasformare anche se stesso nella relazione che costruisce con l’educando. 9. NONO CRITERIO: vanno considerate le caratteristiche specifiche del dialogo educativo/formativo che sono intenzionalità e responsabilità. Obiettivo dell’educazione per Diega Orlando: aiutare l’altro ad essere autonomo, consapevole e responsabile del proprio cammino. Questa intenzione dell’educatore deve poter diventare auto intenzionalità, dunque una intenzione anche dell’educando. - educazione: ciò che non essendo ancora realizzato, potrà realizzarsi. Ciò significa che l’educazione si scrive sull’orizzonte del possibile. Per dire ciò bisogna sempre tener presente che essa è sempre esposta al rischio della possibilità. - Raffaele Laporta, in La difficile scommessa, si riferisce all'educazione e al fatto che nel momento in cui si stabilisce un rapporto educativo si realizzi automaticamente, ma potrebbe anche non realizzarsi perché richiede che chi riceve la proposta educativa la faccia propria, non gliela si può imporre. Diega Orlando dice che la categoria del possibile rinvia alla responsabilità: il fatto che l'educazione si svolge nella categoria della possibilità significa riconoscere che l’uomo, per quanto nella sua concretezza storica dipenda dal tempo e luogo in cui si trova a vivere, è comunque un essere libero di scegliere, dunque responsabile. Questi concetti richiamano il settimo criterio (contesto = vincolo che apre alle possibilità): ciò equivale a riconoscere che il senso della realtà è esterno a noi, ma dipende dalla capacità che ciascuno ha di relazionarsi con gli altri e con il mondo. Per questo orientamento (ma anche per quello problematicista) il primo traguardo del processo educativo, mai definitivamente raggiunto, è la responsabilità esistenziale, cioè la consapevolezza di essere all’origine dei propri comportamenti, la consapevolezza del fatto che le nostre azioni non sono mai verificate deterministicamente, non sono mai l’esito necessario di cause esterne a noi, ma sempre frutto di una scelta. La Orlando non si limita ad osservare ciò, ma dice che responsabilità non è un fatto individuale, bensì è contemporaneamente un fatto individuale e un fatto sociale: essa implica l’altro → rispondere di sé non riguarda solo se stessi, ma anche si risponde di sé a se stessi di fronte agli altri. Tutti gli orientamenti pedagogici più importanti ritengono che l’educazione consiste nell'educazione al senso di responsabilità nel rispetto di sé e degli altri. Diega Orlando sottolinea che l'integralità della persona, che riguarda la pedagogia così come da lei intesa, è perseguibile soltanto attraverso la formazione responsabilità e attraverso il principio del rispetto. Chi non riconosce come propri i limiti che vede nell’altro non agisce secondo responsabilità → chi non riconosce nell’altro la stessa dignità che riconosce in se stesso non agisce con responsabilità. Questi sono i 9 criteri che costituiscono il paradigma unificatore, alla luce dei quali va ad analizzare alcuni metodi di ricerca rispetto ai quali dice che questi metodi si possono considerare distintamente, quando se ne parla, ma quando si è nella ricerca in ambito pedagogico-formativo-educativo bisogna pensarli intrecciati, così da poter riuscire a cogliere la complessità insita nei fenomeni educativi. 18.03.2024 Diega Orlando è una pedagogista che segue orientamento personalistico (si basa su una ben precisa concezione dell’educazione). L’orientamento problematicistico (Baldacci) Altro approccio metodologico: orientamento problematicistico → Baldacci Baldacci, o meglio, il problematicismo chiama in causa un concetto che noi abbiamo già incontrato, ossia quello di antinomia (sesto criterio: antinomie vanno ricomposte in unità = vanno considerati sempre entrambi i poli delle antinomie pedagogiche). Il problematicismo si avvale di un procedere antinomico che, però, non va confuso con le antinomie pedagogiche. Per il personalismo perché ci sia educazione è necessario ci siano antinomie pedagogiche (= rientrano fra i connotati strutturali dell’esperienza educativa), ossia gli eventi costitutivi dell'educazione. Nell’ambito problematicistico (dove si parla di antinomie metodologiche) il concetto di antinomia risponde ad un’esigenza antidogmatica della ragione così com’è intesa nell’ambito del problematicismo. Faremo anche riferimento all’orientamento fenomenologico, in quanto la pedagogia problematicista affonda le sue radici nell’orientamento fenomenologico, dunque la base è la stessa e poi se ne discosta (netta differenza tra fenomenologia e problematicismo). La fenomenologia ha più affinità col personalismo. Nell’ambito delle scienze sociali esistono diversi tipi di orientamento → 3 Orientamenti pedagogici principali: - Fenomenologico: questo tipo di pedagogia si muove su tutt’altro piano, ponendo a proprio fondamento non la persona, bensì la relazione, dunque teorizza sull’esperienza educativa ponendo a proprio fondamento la relazione. Perché la pedagogia di orientamento fenomenologico teorizza sull’esperienza educazione ponendo a proprio fondamento la relazione? Teorizza sulla relazione, perché la fenomenologia fa riferimento al vissuto, all’esperienza letta sulla base di una serie di principi di carattere gnoseologico (gnoseologia = studio della conoscenza umana). Per la fenomenologia l’esperienza e la conoscenza coincidono. La fenomenologia come concepisce la conoscenza? La conoscenza umana si basa su 3 concetti: 1. Insopprimibilità della relazione io-mondo: principio per cui il processo conoscitivo vede coinvolti un soggetto conoscente un oggetto. Questo processo avviene sulla base del principio dell’insopprimibilità io-mondo, ossia una relazione tra un soggetto che si manifesta come tale nella misura in cui intenziona il mondo, è il mondo che si manifesta nella misura in cui è intenzionato. Secondo la fenomenologia noi non siamo in grado di cogliere la realtà così com’è, nel suo essere in sé, bensì si manifesta a noi nella misura in cui le diamo un senso e un valore (ossia nella misura in cui la intenzioniamo). 2. Intenzionalità: definisce il rapporto che intercorre tra il soggetto e il mondo, il quale mondo non viene colto dall’uomo nel suo essere in sé (cioè sfugge alle sue possibilità conoscitive), ma egli si manifesta nella misura in cui l’uomo lo intenziona 3. Epoché e riduzione eidetica: epochè > la relazione io-mondo può essere colta nella sua originalità andando alla ricerca delle costanti strutturali, delle essenze che percorrono l'esperienza facendo epochè, cioè sospeso il giudizio (mettendo da parte nostre convinzioni). Va alla ricerca delle costanti dell’esperienza educativa (relazione reciproca, possibilità, irreversibilità, socialità ecc..). La riduzione eidetica significa che si vanno ad individuare le costanti strutturali. - Personalistico: questo orientamento concepisce il rapporto tra pedagogia e educazione come circolare, tale per cui l’una influisce sull’altra e viceversa, in un rapporto potenzialmente interminabile. Questo orientamento dice che la pedagogia che è in un’indissolubile connessione con la pratica, teorizza sull’homo educandus, ponendo a proprio fondamento la persona. Facendo così concepisce l'educazione come un processo di umanizzazione. G.Floris d’Arcais: maggior esponente del personalismo italiano. Egli dice che quel processo di umanizzazione consiste in un educere, ossia nel tirar fuori, e il principio/il fine dell’educazione si trovano all’interno del soggetto, nella sua anima. E, attraverso educazione, che deve poter diventare autoeducazione, manifesta la propria innata umanità. Quindi, per i personalisti, l’educazione viene vista come il dispiegarsi dell’umanità che è presente in potenza in tutti noi. Diega Orlando dice che l’educazione, come azione dell’educatore e dell’educando, si colloca su un piano assiologico (piano dei valori). Per i personalisti, infatti, l’educazione viene a consistere essenzialmente nella trasmissione di valori, di contenuti valoriali, che per loro sarebbero pre costituiti, universali, validi sempre, ovunque. Questi valori provengono da Dio, dunque il personalismo pone l’attenzione sull’educazione come processo di umanizzazione, riferendosi a Dio. Tra questi fondamenti ci sono: il paradigma unificatore di Diega Orlando (reciprocità, intenzionalità, testimonianza, possibilità, responsabilità ecc..). Quindi muovendo a prospettive diverse, questi orientamenti arrivano a cogliere quelli che il personalismo chiama fondamenti dell’educazione, e quelli che la fenomenologia chiama costanti dell’esperienza educativa. - Problematicistico: Anche questo orientamento teorizza sull’esperienza educativa, quindi rimane sul piano dell’esperienza e, inoltre, basa la sua considerazione dell’esperienza su concetti di carattere gnoseologico. Esperienza e conoscenza vengono a coincidere anche qui. Quindi, anche in questo caso si tratta di andare a vedere: Come viene concepita la conoscenza? Anche per questo orientamento, come per la fenomenologia, si può parlare dell’insopprimibilità della relazione io-mondo, però non è possibile il fatto di cogliere la relazione io-mondo nella sua originarietà, andando alla ricerca delle costanti, delle essenze che percorrono l’esperienza facendo epochè cioè sospendendo il giudizio. Per il problematicismo non è possibile arrivare a cogliere le costanti che attraversano l’esperienza perché tra l’essere umano e il mondo, per il problematicismo, rimane sempre un margine di opacità, di distanza tale per cui non è possibile dare significati unici del mondo, della realtà. Da qui deriva la problematicità dell’esperienza che è sempre ambigua, instabile. Questa esperienza è intensa come una tensione all’integrazione tra l’io e il mondo, ossia è intesa come un tentativo di trovare questi significati univoci, senza mai arrivarci completamente. Per i problematicisti (in particolare per Giovanni Maria Bertin padre del problematicismo pedagogico) questo tentativo di integrare l’io e il mondo, dare significati univoci al mondo, è un’idea che ci si pone, ma che rimane la, è un’idea limite. L’esperienza rimane sempre e comunque problematica. Quindi è possibile dire che la pedagogia di orientamento problematicistico, o come quella fenomenologica, teorizza sull’esperienza educativa, però diversamente da essa pone a proprio fondamento l’esperienza come rapporto di tensione all’integrazione io-mondo. Ciò si può facendo ricorrendo ad un procedimento antinomico, il quale utilizza la ragione, così com’è intesa nell’ambito del problematicismo. Il padre del problematicismo, come filosofia, è Antonio Banfi: secondo lui la struttura della ragione consiste in 3 momenti speculativi/ di riflessione: 1. Dialettico: attivazione, da parte della ragione, di una posizione antinomica rispetto ad una determinata posizione concettuale. Si pone come negativa rispetto ad una determinata posizione concettuale, ossia rispetto al concetto trattato attiva la posizione antinomica di quel concetto, creando un rapporto di opposizione tra i 2 concetti, che garantisce un approccio antidogmatico. 2. Eidetico: la negatività del momento dialettico assume un carattere positivo. Attraverso un'idea trascendentale (che consente di trascendere le opposizioni) si ha una sintesi antinomica, chiamata così perché i 2 elementi permangono, ossia si opera una sintesi nel senso che si considerano entrambi gli elementi, che continuano a sussistere distintamente. La sintesi antinomica pone l’esigenza razionale di conciliare questi elementi tra loro opposti, ma non li dissolve proprio perché grazie a questi 2 momenti, nel momento fenomenologico è possibile andare a vedere come questi concetti antinomici si realizzano nell’esperienza. 3. Fenomenologico: ordinamento dell’esperienza secondo il principio unitario espresso dall'idea trascendentale e dalle sue polarità. Dunque, la conoscenza e, con essa, l’esperienza, per il problematicismo, perde qualsiasi caratteristica di assolutezza, di chiusura. Per questo orientamento, l’ordinamento dell’esperienza, che si stabilisce nel momento fenomenologico, è comunque un ordinamento provvisorio perché non esaustivo dell’esperienza, che rimane intrinsecamente incompleto. Questi momenti sono disposti sparsi perché non esiste un ordine, in quanto questi 3 momenti della ragione si verificano/manifestano insieme. 19.03.2024 Non per l’esame: Esempio che si riferisce al campo di esperienza dell’educazione: vedi libro Baldacci La pedagogia come attività razionale Se vogliamo arrivare ad una rappresentazione di come avviene l’educazione, conoscere l’esperienza educativa. In questo procedere razionale: - nel momento dialettico la ragione si pone come negativa verso un concetto, attivando contro di esso un concetto antinomico. Tra i 2 concetti si crea così un rapporto oppositivo che garantisce un approccio antidogmatico. Esempio incentrato sull’esigenza egocentrica (tesa a potenziare l’io individuale nei vari ambiti dell’esperienza), che nel momento dialettico oppone l’esigenza eterocentrica (volta a far adeguare il soggetto al contesto socioculturale in cui vive). - nel momento eidetico la negatività del momento dialettico assume un carattere positivo attraverso l’idea trascendentale in cui si ha la sintesi antinomica (i poli non spariscono, bensì rimangono —> esprime un’esigenza di conciliazione delle polarità antinomiche, attraverso le quali l’esperienza educativa di manifesta in una pluralità di forme) dei 2 elementi antitetici. Considerare sia esigenze egocentriche che quelle eterocentriche → idea regolativa = personalità multilaterale, ossia personalità in cui tutti gli aspetti hanno modo di svilupparsi. - nel momento fenomenologico gli elementi dell’esperienza educativa di connettono e ordinano secondo il principio unitario espresso dall’idea e dalle sue polarità antinomiche. In questo momento si considera il campo di esperienza dell’educazione, così come si svolge oggi è così come è avvenuta del tempo, e a partire dall’idea regolativa della personalità multilaterale e le polarità antinomiche si potrà ordinare la realtà lungo un continuum. Ricorrendo alla ragione è possibile nel momento fenomenologico andare ad analizzare la realtà è cogliere questo campo di esperienza nella pluralità delle sue manifestazioni, ossia evitando di considerare solo un aspetto, trascurando vari modi di intendere l’educazione. Proposta metodologica di Baldacci - I tre momenti della struttura della ragione - Nel momento dialettico occorre individuare le antinomie metodologiche: Baldacci riguardo a questo momento dice che le antinomie metodologiche possono essere stabilite ai vari livelli della nozione di metodologia della ricerca pedagogica 1. Logica della ricerca: secondo Baldacci a questo livello è possibile individuare una prima antinomia > induzione - deduzione. 2. Metodi di ricerca: qui la seconda antinomia riguarda la ricerca teorica - ricerca empirica (cosa che non avviene sempre però, perché sono gli empirici che sono quelli che hanno più problemi metodologici). 3. Tecniche di indagine: antinomia qualità - quantità 4. Scopi della ricerca (non riguarda più i significati che la metodologia ha assunto nel tempo, ma gli scopi per cui si fa ricerca appunto) Antinomia ricerca orientata alla conoscenza - ricerca orientata alle decisioni - nel momento eidetico occorre individuare l’idea regolativa: rigore metodologico (ne abbiamo già parlato quando abbiamo trattato la ricerca scientifica). Nel suo articolo, Baldacci equipara le pratiche della ricerca scientifica a dei giochi linguistici, i quali sono pratiche culturali governate da regole (es: matematica, stipula di un contratto). Baldacci dice che è possibile scrivere le pratiche di ricerca scientifica con dei giochi, delle regole e dal punto di vista del rigore, usando queste regole esso potrà definirsi/essere messo in atto in questi modi: Þ Adeguatezza: (del metodo rispetto al problema) → il metodo, o i metodi di ricerca che si utilizzeranno, dovranno essere adeguati ai tipi di problemi che si andranno ad affrontare. Baldacci dirà che il metodo va scelto in base al problema intorno al quale si fa ricerca. Þ Scrupolosità: questo tipo di rigore è paragonabile a quello relativo alla pratica di un gioco. Se io contravvengo una regola specifica di un determinato metodo di ricerca che sto utilizzando, il rigore metodologico inteso come scrupolosità non sarà pieno. Es: se applicando il metodo autobiografico perseguirò il principio della rappresentatività statistica del campione, non sarò scrupolosa perché questa regola è propria del metodo sperimentale, ma non del metodo autobiografico (saturazione). Si ha un deficit di rigore inteso come scrupolosità quando, nell’ambito dell’applicazione di un metodo, si compiono mosse non autorizzate da quel metodo Þ Severità: il rigore inteso come severità chiama in gioco non tanto la pratica del gioco. Ci sono metodi che hanno regole più severe e altri meno. Ci sono dei metodi in cui bisogna seguire in maniera rigorosissima le regole del metodo; altri, invece, in cui alcune regole possono anche non essere rispettate. Per esempio il metodo di ricerca più severo in assoluto è il metodo sperimentale che prevede che ci si attenga severamente a queste fasi: identificazione problema, pianificazione disegno di ricerca, osservazione, analisi dei dati, interpretazione, comunicazione. Non basta applicare con scrupolosità e severità un metodo, anzi se ci basiamo solo su di esse a livello di rigore metodologico andremmo molto poco lontano, perché esso esige in primo luogo l’adeguatezza del metodo al tipo di problema che si intende affrontare, è solo dopo la severità e la scrupolosità. - Nel momento fenomenologico: attivarlo significa costruire un sistema di forme del campo di esperienza della metodologia della ricerca pedagogica. Se si guarda alla storia, a come si è espressa la metodologia della ricerca pedagogica nel tempo, in questo momento, sulla base dell’idea regolativa e delle antinomie metodologiche, si arriva ad individuare un possibile schema del sistema di forme del campo di esperienza della metodologia della ricerca pedagogica. Se si guardano i vari modelli che si sono succeduti enti ordiniamo nel modo sopra descritto, è possibile raffigurare ciò secondo un diagramma ad albero: MRP Ricerca TEORICA Ricerca EMPIRICA Orientata alla Orientata alle conoscenza decisioni QUANTITATIVA QUALITATIVA QUANTITATIVA QUALITATIVA Ricerca ricerca snomotetica idiografica Ricerca operativa Ricerca-azione (sperimentale) (clinica) Baldacci tiene a sottolineare la natura convenzionale di questo diagramma: questa è solo una delle tante e possibili strutture della metodologia della ricerca pedagogica. Baldacci non si ferma qui, fa un altro discorso: si chiede anche se le pratiche di ricerca intese come giochi linguistici presentino delle modalità procedurali ricorrenti. A riguardo rinvia a John Dewey, il quale in Come pensiamo, propone le tappe del pensiero riflessivo. Baldacci dice che le modalità procedurali ricorrenti nelle pratiche di ricerca corrispondono a queste tappe del pensiero riflessivo: 1. Suggestione: osservando una situazione che crea problema, sviluppa a livello mentale delle suggestioni circa i possibili modi di agire per risolvere il problema. Confrontando le suggestioni giudica la migliore, poi la confronta con un’altra. Suggestioni, perché è un pensare confuso quello iniziale, il soggetto procede a tentoni. 2. Intellettualizzazione: mette in atto una vera e propria attività di riflessione, ossia formula con chiarezza il problema. 3. Idea come guida o ipotesi: poiché il problema è stato definito chiaramente, le suggestioni si trasformano in ipotesi ben definite, cioè il soggetto ipotizza 4. Ragionamento (in senso stretto): L’ipotesi si trasforma appunto in un ragionamento, ossia il soggetto considera tutte le implicazioni delle varie ipotesi. 5. Controllo dell’ipotesi mediante l’azione: il soggetto verifica se ha formulato una congettura esatta. Questo modo di procedere del pensiero secondo Dewey vale sia in situazioni empiriche, sia in riferimento alla ricerca scientifica. Queste fasi possono sovrapporsi, possono durare tantissimo a seconda di vari elementi. Baldacci recupera questa proposta declinandola, non sulle situazioni pratiche, ma sulla ricerca scientifica. Ricerca azione - nello schema di Baldacci, per lui, questa si trova al polo opposto rispetto alla ricerca sperimentale. - Diega Orlando, invece, a questo proposito è di tutt’altra opinione: ella ritiene che la ricerca azione non è altro che un’evoluzione del metodo sperimentale. Il metodo sperimentale, secondo Orlando, è il metodo che procede secondo una ben precisa scaletta, che isola delle variabili. Può procedere secondo la prospettiva del realismo ingenuo o secondo quella del realismo critico. Orlando, a proposito della ricerca azione, dice che è vero che essa si distingue dal metodo sperimentale così come è stato illustrato: la ricerca azione si apre anche agli aspetti non cognitivi delle relazioni interpersonali. Oltre a ciò essa è flessibile (es: muta l’ipotesi in corso d’opera, mentre nel metodo sperimentale ciò non può accadere). La ricerca azione si avvale della osservazione partecipante ecc e soprattutto include nella ricerca il ricercatore. Nonostante queste differenze, Orlando conclude dicendo che la logica sottostante alla ricerca azione è la stessa che si trova anche nel metodo sperimentale: cioè come il metodo sperimentale si colloca dentro una prospettiva descrittiva della realtà e si basa sul principio di causa-effetto. 20.03.2024 PARTE C Metodo autobiografico (alla luce del paradigma unificatore) Dalla sociologia alla pedagogia Orlando entra brevemente nella storia di questo metodo. In questo paragrafo, inizia osservando che il racconto autobiografico come genere letterario (in quanto riguarda in primis il racconto che l'uomo fa del proprio vissuto) esiste da che l’uomo ha cominciato a raccontare se stesso. Invece, come metodo di ricerca è abbastanza recente: questo metodo è nato in ambito sociologico tra gli anni ‘20-’30 del 900 in america (dunque compie 100 anni). È nato a Chicago dove è stato messo a punto dalla scuola di Chicago e in quegli anni è stato utilizzato per studiare problematiche legate alla marginalità urbana. Diega Orlando fa riferimento alle ricerche di Florian Znaniecki e William Thomas. Le ricerche condotte da questi 2 studiosi, avevano come obiettivo quello di approntare dei progetti di integrazione socio-culturale dei contadini polacchi emigrati in America nei primi decenni del 900, che erano tantissimi. Essi hanno constatato, in riferimento alla realtà in cui operavano, che i progetti di integrazione socio culturale che erano basati su indagini quantitative sui bisogni degli emigrati polacchi erano inefficaci. Allora essi hanno svolto una ricerca riproposta in un’opera (“il contadino polacco in Europa e in America”): intitolata così perché loro sono andati ad effettuare una ricerca raccogliendo le autobiografie di questi contadini emigrati in America. Quindi vediamo le storie di questi contadini dapprima che emigrassero e quando sono emigrati in America. In questo modo, raccogliendo il vissuto dei soggetti, effettivamente sono riusciti, analizzando le autobiografie, a cogliere i bisogni effettivi di questi contadini. Loro riuscirono a farlo, mentre chi aveva fatto ricerche di carattere quantitativo no, in quanto, in quest’ultimo caso, è il ricercatore che individua quali potrebbero essere i bisogni di questi contadini, ma non è detto che corrispondano effettivamente a quelli delle persone che vivono il problema. Attraverso la raccolta e analisi del vissuto è stato possibile stabilire quali erano i bisogni di queste persone, potendo così creare percorsi di integrazione socio culturale che si sono dimostrati più efficaci. All’inizio questo metodo ha suscitato grande interesse, ma, in particolare, negli anni 50 del ‘900 l‘interesse è andato diminuendo, scemando. Quindi, se si guarda alla letteratura sociologica non si trovano ricerche effettuate utilizzando questo metodo. Negli anni ‘80 del ‘900 è esploso interesse nei confronti di questo metodo e si è affermato con forza l'uso di questo metodo nella ricerca scientifica, il quale è cresciuto sempre più. Attualmente esistono molte scuole (molte impostazioni, anche molto diverse fra loro, sia dal punto di vista applicativo che teorico) che si avvalgono di questo metodo. Questo metodo è nato in ambito sociologico, ma usato anche in quello antropologico, linguistico ecc Le prospettive che hanno contribuito al consolidarsi di questo metodo sono 2: a) costruzionismo sociale: prospettiva per la quale la realtà sociale, come viene definita collettivamente, è definita a partire dalle interazioni sociali, all’origine delle quali vi è un bisogno di ordine e di significato b) simbolismo organizzativo: prospettiva che focalizza l’attenzione sui diversi modi in cui noi diamo forma ai significati e li esprimiamo, sia a livello individuale sia a livello collettivo). Ad oggi esistono molte scuole che si avvalgono del metodo autobiografico: scuola tedesca, scuola cognitivista (Ginevra), scuola francofona che accomuna Francia e Canada. La scuola di maggior rilievo che presenta anche dei limiti è quella dell’Università dell’auto biografia di Anghiari (provincia di Arezzo): scuola privata che richiede il pagamento di contributi ancora più elevati. In più o sei dentro la loro prospettiva e allora ti chiedono di contribuire allo sviluppo di quest'università, o altrimenti ti escludono. Considerazione di carattere metodologico: nell'approccio autobiografico, che è un metodo qualitativo, il qualitativo assume una sua connotazione specifica: noi abbiamo detto che ricerca scientifica è una pratica dettata da rigore. Il metodo autobiografico si avvale di itinerari di ricerca le cui tappe sono controllabili razionalmente, però il controllo razionale è diverso da quello sperimentale. La razionalità che è chiamata in causa dal metodo autobiografico, è una razionalità in cui la ragione si intreccia con la fantasia, una razionalità in cui trova posto il verosimile, il quale non è in opposizione con il vero logico, ma espressione della ragionevolezza. Þ Aspetto importante: riguardo questo aspetto ci sono delle scuole, in particolare sociologiche e psicologiche, in cui uso di questo metodo è un uso tale per cui il metodo viene snaturato perché (riferimento al quinto criterio) ad esempio Alheit nella parte pratica, di applicazione del metodo autobiografico quantifica il qualitativo. I sociologi generalmente raccolgono le storie di vita utilizzando il più delle volte l’intervista strutturata (strumento errato); poi le narrazioni raccolte vengono sottoposte ad un’analisi fattoriale delle corrispondenza utilizzando dei programmi sofisticati attraverso i quali l’elemento qualitativo viene trasformato in numeri: i vari racconti vengono analizzati e si va a vedere quante volte ricorrono determinati termini ed espressioni che a partire da quelle più utilizzate si elabora un’interpretazione del materiale raccolto. È quello che fa anche Alheit, ma lui utilizza la storia di vita. Procedendo in questo modo, questo metodo, il cui scopo è quello di far emergere il modo in cui ciascun soggetto percepisce una determinata realtà, un determinato problema, viene completamente snaturato. Oltre a ciò, l’uso di questo metodo richiede molto impegno perché vuole far emergere bisogni, emozioni, desideri, motivazioni di chi si racconta. Questo metodo potrebbe far pensare che venga utilizzato soltanto con degli adulti, ma non è così perché esso viene utilizzato anche con i giovani, gli adolescenti, con i bambini (“Quella volta che imparato”). Per evidenziare differenza tra modo di procedere qualitativo proprio del metodo autobiografico e quello quantitativo → 2 approcci a confronto e richiamando sempre a Diega Orlando: - Approccio qualitativo: Il metodo autobiografico ha come scopo di far leva nella chiarificazione dei problemi, sulla capacità dell’essere umano di costruire personalmente e originalmente la propria umanità. È possibile conoscere e promuovere le risorse di cui il soggetto però non è consapevole. Grazie a questo metodo si riesce a cogliere le risorse che sono presenti nel soggetto, quindi la narrazione della propria storia attraverso questo metodo, diventa oltre che possibilità di progettazione efficace, anche un’occasione di autoeducazione, in quanto raccontando il proprio vissuto, raccontandosi il soggetto si scopre capace di pensare, in modo da poter modificare anche il proprio apprendimento e pensiero per arrivare ad agire sui diversi livelli di conoscenza ed esperienza (sapere, saper essere, saper fare, saper divenire). - Approccio quantitativo: per effettuare una ricerca sui bisogni quantitativi cosa si fa? Si muove da un’individuazione e scomposizione dei bisogni educativo in dimensioni misurabili/osservabili a partire da un costrutto teorico, che viene trasformato negli item di un questionario ad esempio. Di costrutti teorici sui bisogni ce ne sono tantissimi e ci sono anche tante indagini impostate in questo modo → esse aiutano chi fa ricerca ad orientarsi da un punto di vista nomotetico e descrittivo. “Il concetto di bisogno denota una tensione, cioè uno scarto vissuto da un individuo, tra sfide insorte dalla vita e le risorse atte a colmarle” (definizione di bisogno derivante dalla sociologia e lo si capisce dall’uso della parola individui). Partendo da una definizione come questa e ponendoci in una prospettiva di quantificare dei bisogni all’interno di una classe → es: questo modo di procedere consente di stabilire se i bisogni che il ricercatore ha già prefissato prima della ricerca sono presenti o meno, ma una progettazione educativa efficace richiede di andare a vedere come i bisogni si declinano in ogni soggetto, con quale gerarchia, come si contano nel suo progetto di vita, si tratta anche di andare a vedere se sono bisogni repressi perché vanno a collidere con esperienze fatte precedentemente, oppure se sono in forma latente. Tutti questi aspetti non possono essere colti con questo tipo di approccio. Aspetti metodici Diega Orlando è una metodologa pura, non ha mai fatto ricerca sul campo utilizzando il metodo autobiografico, quindi le sue considerazioni sono incomplete. Abbiamo detto che secondo lei, in educazione e anche nella ricerca sull’educazione, bisogna far in modo di rispettare la meta fondamentale dell’educazione. Le procedure/strategie da seguire per rendere possibile il perseguimento di questa meta: - Flessibili - Variano in rapporto al contesto Il metodo autobiografico non adottando procedure rigide, ma che si modificano, anche in rapporto al contesto, ci consente di rispettare anche il settimo criterio d