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DazzledSpruce685

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Scuola di Scienze della Salute Umana

2019

Nicola Mucci, Giulio Arcangeli

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occupational health workplace safety health and safety medicine

Summary

This document is a summary of a 2018-19 course on occupational health. It details historical changes in norms, social factors, and occupational activities affecting workforce health. The course highlights an evolution in risks and protective measures, from initial workplace injury protection to present-day musculoskeletal disorders.

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MEDICINA DEL LAVORO Scuola di Scienze della Salute Umana CdL in Medicina e Chirurgia A.A. 2018/2019 SOMMARIO - Storia-medicina-del-lavoro-e-D.Lgs81-del-2008 1 - INAIL malattie professionali e infortuni sul lavoro 18 -...

MEDICINA DEL LAVORO Scuola di Scienze della Salute Umana CdL in Medicina e Chirurgia A.A. 2018/2019 SOMMARIO - Storia-medicina-del-lavoro-e-D.Lgs81-del-2008 1 - INAIL malattie professionali e infortuni sul lavoro 18 - Ergonomia e rischi-occupazionali di natura biomeccanicae 24 - Patologie polmonari professionali 34 - Malattie da esposizione all'amianto e asma professionale 42 - Esposizione ad agenti biologici e fisici 49 - Sostanze pericolose 63 - Lavoro a turni e notturno e stress lavoro correlato 72 - Radioprotezione 94 - Agenti mutageni e cancerogeni 107 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli Storia della Medicina del Lavoro Variazioni normative Farò una prima parte introduttiva sulla storia della medicina del lavoro e su come è cambiata negli anni, per arrivare poi agli aspetti normativi, che purtroppo nel nostro campo sono aspetti estremamente importanti. Forse un po’ noioso, però è necessario presentarveli, perché sono elemento fondamentale della medicina del lavoro, almeno per quanto riguarda le aziende. Ho voluto intitolare questa chiacchierata come “una storia di cambiamento continuo”; ho voluto un po’ esagerare, perché ho messo l’uomo preistorico ed è chiaro che la medicina del lavoro non nasce con la preistoria, vedremo che storicamente ha una collocazione abbastanza precisa. E’ prima di tutto una storia di variazioni di norme; arriveremo al D.Lgs. 81, che è la norma che regola attualmente le problematiche di salute e sicurezza in ambito lavorativo. Le problematiche di patologia e di infortuni in ambito lavorativo risalgono alla Oine dell’800; è chiaro che la tutela di queste problematiche è legata ad un cambiamento storico in cui si passa da un mondo prettamente agricolo all’industria, per arrivare oggi ad un’attività prevalentemente nel campo del terziario. La prima normativa risale al 1883, in cui si comincia a parlare di assicurazione volontaria per gli infortuni e nell’arco di 10 anni (1898), si va verso un’assicurazione obbligatoria, per cui si vuole tutelare in maniera più precisa il rischio di infortuni da lavoro. Il primo tema di interesse per la tutela della salute dei lavoratori è l’infortunio che chiaramente era la patologia più evidente oltre che più frequente. Questo è semplice da capire, mentre un po’ più complesso è il legame tra attività lavorativa e patologia da lavoro, cioè questa relazione tra attività lavorativa e l’insorgenza di patologie, cioè eventi cronici, non eventi acuti legati al lavoro, che richiede un passaggio successivo, più tempo. Nel 1929 si ha la tutela per 6 malattie professionali (intossicazione da Pb, Silicosi e altre). Si individuano un gruppo di patologie più chiaramente legate al mondo del lavoro e su queste si inizia a parlare di tutela delle malattie. Bernardino Ramazzini, medico-docente italiano del ‘700, che per primo studia il rapporto tra lavoro e insorgenza di malattie, è il fondatore della medicina del lavoro, conosciuto come personaggio centrale della materia, non solo in Italia, ma nel mondo. Ha avuto delle intuizioni notevoli e ancora valide. Siamo negli anni trenta (1933) e si inizia a parlare di malattie professionali, poco dopo nasce l’INAIL (istituto nazionale assicurativo verso infortuni-malattie professionali); il passaggio a questo punto è breve, fondare un istituto vuol dire dare una certa importanza alle malattie professionali. L’INAIL rimane anche oggi l’istituto fondamentale per gli aspetti assicurativi, ha assorbito in parte degli aspetti di ricerca, per cui è l’istituto nazionale di riferimento per la valutazione della malattie professionali e le problematiche di risarcimento. Il datore di lavoro paga un premio assicurativo all’INAIL per i lavoratori in base ai rischi che sono evidenziati nella sua azienda, un po’ come noi paghiamo il premio assicurativo per le macchine per essere coperti da un eventuale danno. Il premio varia in base agli infortuni e alle malattie che si veriOicano negli anni precedenti (come il nostro premio assicurativo, paghiamo di più se facciamo incidenti), poi ci sono dei risvolti anche penali, ma il premio è questo: pago qualcosa all’INAIL afOinché venga garantita l’assistenza per eventuali malattie che potrebbero veriOicarsi. 1 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli La normativa rimane abbastanza ferma per un po’ di tempo Oino ad arrivare agli anni ’70 in cui c’è una svolta importante: quello che viene comunemente chiamato Statuto dei lavoratori pone dei vincoli più precisi dal punto di vista della sorveglianza sanitaria nel corso di alcuni rischi, per cui si deOinisce che per alcune tipologie di attività lavorativa debba essere svolta una sorveglianza sanitaria, che i medici dovranno controllare periodicamente i lavoratori e questo rimarrà il caposaldo per almeno 20 anni. Dagli anni 90(1991) in poi vengono approvate normative comunitarie che derivano da un corpo europeo, centrale. Dal D.Lgs. 277 in poi anche la Oigura del medico che svolge quest’attività di sorveglianza sanitaria è abbastanza ben deOinita, si inizia a parlare del medico competente, cioè la persona che deve avere una preparazione speciOica nell’ambito della medicina occupazionale, che deve svolgere l’attività di sorveglianza e di valutazione dei soggetti nelle varie attività lavorative. Variazioni sociali Al secondo punto analizziamo le variazioni in campo sociale della forza lavoro che nel tempo si sono veriOicate. Dalla Oine dell’800 Oino ad oggi c’è stata una variazione della forza lavoro notevolissima. Il primo fattore da tenere presente è l’età, mentre sappiamo che nell’’800 ma anche nel ‘900 l’adolescente spesso era al lavoro, le normative pian piano hanno modiOicato questa tipologia di forza lavoro, c’è l’obbligo allo studio, per cui l’inizio dell’attività lavorativa è più tardiva, ma è necessaria una formazione speciOica. Sapete del progetto scuola- lavoro attualmente in corso, è possibile, anzi sarà obbligatorio durante il percorso di studio, fare una parte di attività professionalizzante verso il settore che uno voglia prediligere, anche qui a Careggi abbiamo un gruppo numeroso di studenti che vengono a fare uno stage previsto. Per cui questo settore è cambiato, il giovane è tutelato in modo più chiaro e lo stesso evento è avvenuto nel campo del genere, cioè nella tutela della differenza di genere e in particolare tutela della donna al lavoro. Si è assistito ad un altro cambiamento in particolare: mentre la forza lavoro femminile in ambito specialmente agricolo era ridotta, adesso essa è aumentata. Esistevano, però, delle differenze di tutela, ad esempio, per il piombo (metallo tossico) si deOinivano già nelle prime norme, differenze di concentrazioni ematiche normali tra l’uomo e la donna; oppure per altre attività, quale l’attività di movimentazione di peso, sono deOiniti dei limiti più bassi per le donne rispetto all’uomo. Una certa idea di tutela c’è sempre stata. Oggi, quello che sicuramente si è evoluto in modo importante, è la tutela della gravidanza, deOinita in modo preciso (l’Italia da questo punto di vista è uno dei paesi più all’avanguardia). La maggior parte delle attività lavorative non sono consentite o per ragioni di rischio di natura chimica o di natura biologica (malattie infettive) o anche per ragioni posturali. Sono abbastanza poche le attività consentite in gravidanza, per cui sotto questo aspetto, la normativa è estremamente importante. Tra le variazioni importanti da tenere presenti, c’è anche il discorso delle differenze delle etnie. Sapete bene che l’Italia prima era un paese in cui c’era una scarsa mescolanza delle etnie, ma col tempo questo si è notevolmente modiOicato. Cosa vuol dire questo? Ogni etnia si porta dietro differenze di abitudine di vita, di alimentazione, di religione. Ad esempio, i praticanti musulmani fanno il ramadan, che comporta delle attenzioni alimentari restrittive, negli ultimi anni esso è cascato prevalentemente nei mesi estivi. Questo ha comportato delle problematiche non banali, perché una persona che deve stare a lavorare in condizioni climatiche avverse, senza bere e mangiare per tutto l’arco della giornata di luce, comporta delle attenzioni che vanno prese in ambito lavorativo, salvo avere delle problematiche di salute. Questi aspetti di variazione comportano e hanno comportato un continuo cambiamento nel mondo della medicina del lavoro e nei suoi rischi. 2 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli Variazione delle attività lavorative Altro elemento che è cambiato in maniera sostanziale sono le attività lavorative, per tipologia di lavoro, la nascita di attività lavorative nuove, ma anche all’interno dello stesso mondo lavorativo (ad esempio, nel mondo lavorativo, le variazioni sono state enormi, con l’insorgenza di tipologie di rischio diverse, per cui un rischio infortunistico diverso rispetto a quello del passato. Dalla falce siamo passati ad incidenti da ribaltamento, causa di infortuni più importanti e gravi in questo ambito nonostante norme precise di sicurezza). Quindi cambiamento nella popolazione lavorativa, cambiamenti nella tipologia di lavoro. Questi cambiamenti di tipologia di lavoro hanno comportato cambiamenti nelle patologie e nei rischi presenti nell’attività lavorativa. Nel secolo scorso, la patologia più frequente nel campo occupazionale era la silicosi, un’interstiziopatia polmonare legata all’inalazione di silice che interessava tutti gli addetti Oino a portare a limitazioni funzionali importanti e Oino alla cronicità della malattia con esiti ad essa legati. Altra patologia frequentissima è l’intossicazione da metallo; parleremo della malattia da piombo che è stata e lo è in parte tutt’ora, una patologia frequentissima. Questo è legato ad un momento dell’industrializzazione, sia l’attività mineraria che industriale comportavano questo tipo di malattia su cui si poneva attenzione, essendo tra le patologie più frequenti e importanti. Negli anni ’70, c’è stata l’emergenza delle patologie da agenti Oisici (rumore, vibrazione); c’erano anche prima ovviamente, ma l’industrializzazione comportava l’esposizione a questi fattori di rischio, che in passato forse erano minimizzati, gli si dava meno importanza. Il rumore, nel tempo, in ambito di lavorazione industriale è molto diminuito, però è negli anni ’70 che emerge questa problematica, legata alle nuove normative approvate. Il decreto 277 del 1991 che evidenzia la necessità di valutare con più attenzione il rischio rumore e salta fuori che una grande percentuale di lavoratori del settore industriale, meccanico in particolare, hanno una patologia legata al rumore, perché tutti noi se siamo in ambiente rumoroso, qualcuno prima, perché più suscettibile, qualcuno poi perché normo- suscettibile, avrà un deOicit della capacità uditiva (ipoacusia). Più tardivamente, dopo gli anni ’90, si inizia a parlare di nuove patologie emergenti, in particolare quelle a carico dell’apparato muscolo scheletrico, di cui attualmente si parla moltissimo, come le tendinopatie o la sindrome del tunnel carpale, patologie legate ad un sovraccarico del muscolo scheletrico per attività Oisiche o movimenti ripetitivi, che anche se non gravissime, limitano nella capacità lavorativa, ma anche nella capacità di vita sociale, per cui sono sicuramente malattie importanti. Queste sono le malattie su cui oggi si basano il 70/80 % delle malattie denunciate all’INAIL, per questo è il settore non più emergente, ma ampiamente emerso. Queste sono le patologie più frequenti in ambito occupazionale. In questo secolo, ormai emerse le patologie muscolo scheletriche, si inizia a dare maggiore attenzione ad altri aspetti, quelli cognitivi che rientrano in ambito lavorativo. Si parla sempre in maniera più documentata di stress lavoro correlato, ad esempio. Dedicheremo sicuramente uno dei nostri incontri a questi aspetti, tra cui anche quello del mobbing e in generale problematiche dell’organizzazione e degli orari di lavoro. Si entra in una tematica estremamente interessate, cioè molto dibattuta, quella del lavoro a turno e del lavoro notturno, cioè problematiche di organizzazione del lavoro; si sa che il lavoro a turno e il lavoro notturno provocano degli squilibri nelle varie funzioni ormonali. Tanto per darvi un’idea, il tumore della mammella è stato inserito tra il rischio occupazionale del lavoro notturno, perché si è visto che ha una maggiore incidenza sulle lavoratrici che fanno lavoro a turni di notte. Su questa problematica c’è, all’interno di Careggi, un progetto che stiamo portando avanti insieme ad altri colleghi per capire insieme questi aspetti. Cosa ci riserva il futuro? Già si parla di altre cose, di questi nano materiali, cioè materiali estremamente miniaturitizzati. Si inizia a dubitare che non siano del tutto inerti, non rischiosi per la salute, quindi 3 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli può darsi che il futuro ci possa dare maggiori informazioni su questo. Si parlerà sempre di più di interazione uomo-macchine e di problematiche legate sempre più all’informatica e alla robotica, quest’ultima molto importante anche in ambito sanitario. Sapete che qui a careggi c’è un’attività di chirurgia robotica particolarmente importante. Queste variazioni che abbiamo visto hanno comportato variazioni vere e proprie nelle incidenze delle patologie; ad esempio, in questo gruppo di patologie, di cui parleremo, perché troppo importanti per non parlarne, come: silicosi, asbestosi, intossicazione da piombo, ipoacusie, sono decisamente diminuite negli ultimi decenni, per ragioni diverse l’una dall’altra. L’amianto dal 1992 è stato bandito, non si può più utilizzare, estrarre, importare, commercializzare, per cui è chiaro che le patologie ad esso legate dovrebbero essere scomparse, tolta la sostanza. Nei concetti di prevenzione, di fronte ad un rischio per la salute legato ad una sostanza, la cosa migliore da fare è eliminare la sostanza. Purtroppo questo non può essere sempre fatto, perché alcune sostanze non sono oggettivamente eliminabili. Un’altra sostanza importante che vedremo tra poco è il benzene, sostanza cancerogena, che non può essere eliminata tal quale, perché all’interno degli idrocarburi la troviamo comunque, una certa quota la troveremo sempre. L’amianto invece è possibile eliminarlo, ma purtroppo patologie amianto correlate, quale il mesotelioma, sono ancora presenti perché la latenza di queste è talmente lunga che ancora si vedono i casi di persone che sono state esposte (25anni dal 1992, si pensava che la latenza fosse di 20 anni, invece è chiaramente di più. Inoltre, per fortuna la gente vive molto di più, quindi vediamo casi di mesotelioma in persone over 80, cosa inimmaginabile 20-30 anni fa). Lo stesso vale per il piombo ormai utilizzato pochissimo; sapete bene che si è molto attenti su tutti i materiali importati dall’estero, afOinché non contengano piombo. La storia della diminuzione di queste patologie che erano più frequenti più gravi storicamente nella medicina del lavoro è legata all’attività di produzione. Anche la silicosi è diminuita, ma non è vero che non c’è più la silice, essa è un costituente della crosta terrestre zone più zone meno a secondo della geologia di quella zona, si avrà per forza a che fare con la silice. Se si scava una galleria e si usano argille, sicuramente si ha a che fare con la silice. Di fatto, la diminuzione di queste patologie è legata alla minore esposizione alla sostanza, non perché questa è stata eliminata, ma attraverso l’utilizzo di sistemi che abbattono l’esposizione, sistemi sostanzialmente ambientali. Abbiamo messo in atto, ad esempio, delle pratiche per rimuovere, se parliamo di una galleria, l’aria con silice all’esterno e portarne all’interno una con assente concentrazione di silice, e questa è una misura di prevenzione ambientale. Abbiamo messo in atto anche misure di prevenzione individuale, come quella di far indossare al lavoratori delle maschere che abbassano la quantità di silice inalata. L’importante è diminuire la quantità di sostanza pericolosa che viene inalata. L’attività fondamentale, che ha portato a questa diminuzione, è la valutazione dei rischi in ambito lavorativo e, di questo ne parleremo abbondantemente, la prevenzione dei rischi, facendo in modo che il lavoratore vi sia meno, che venga a contatto con una minore quantità di sostanza che sia essa polvere o rumore, attraverso un miglioramento delle condizioni ambientali oppure facendo indossare al lavoratore delle protezioni, i dispositivi di protezione individuali, DPI (cufOie, tappi auricolari, diminuiscono la pressione sonora che arriva al timpano). L’attenzione e la tecnologia hanno fatto in modo che sia notevolmente abbattuto il rischio e di conseguenza le patologie. Con le patologie qualche paradigma va fatto, quello più simpatico è quello del benzene, per capire un po’ l’evoluzione della storia delle patologie da lavoro. Un elemento molto stimolante e interessante nella nostra materia: la continua variazione di rischi e di patologie legata a necessità nuove. Il benzene è una sostanza cancerogena, ne parleremo quando parleremo dei rischi chimici, per l’apparato 4 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli ematopoietico, provoca leucemie. Questa correlazione è stata vista Oin dagli anni ’50 ’60; chiaramente, si è posto il problema della gravità, per cui nel 1964 è stata fatta una normativa, non come quella del 1991 dell’amianto, che è stato abolito, ma ne è stato regolamentato l’utilizzo, si è regolata la percentuale di benzene nelle sostanze in cui viene utilizzato. Il benzene era utilizzato in tante cose, ma almeno nella nostra zona, centro Italia, prevalentemente come solvente delle colle, in particolare delle industrie calzaturiera delle pelletterie. La colla funziona perché deve attaccare il pezzo, deve essere solida, però non può essere messo il collante una volta solidiOicato. Quando io ero bambino esisteva una colla che se lasciavi il tappo aperto si solidiOicava, perché evaporava il solvente, che serve per tenere in soluzione il collante che altrimenti non potrebbe essere distribuito, utilizzato. Il benzene era il solvente per eccellenza perché ha delle proprietà di soluzione eccezionale, evapora rapidamente, per cui l’effetto di colla avviene in maniera rapida, più fa caldo più evapora. Per avere questo effetto vantaggioso, però il benzene deve essere ad alte concentrazioni, oltre il 50%. Queste regolamentazioni hanno fatto si che invece si limitasse via via a concentrazioni inferiori al 10%. Questo ha comportato, che da un punto di vista di utilizzo il benzene come collante non si usi più, perché a quelle concentrazione l’effetto del benzene come solvente di colla è meno efOicace. Chiaramente non è che l’industria smette di lavorare, ma cerca soluzioni, sostanze che abbiano azione analoga, in modo da essere sostitutivi del benzene e ce ne sono molti di questi sostitutivi. L’industria si è focalizzata su n- esano che ha una struttura lineare e non ha nessun effetto sull’apparato ematopoietico come cancerogeno. È un buon solvente, quindi da un punto di vista produttivo era risolto, ma con il tempo sono iniziate a comparire delle osservazioni, per lo più nelle donne, ad essere segnalate erano delle polineuropatie, cioè sofferenze dei tronchi nervosi, in particolare per prime a livello del nervo sciatico esterno, il nostro nervo più lungo, che per primo, per la tipologia di azione del tronco nervoso, manifesta queste alterazioni, sia sensitive che motorie, per cui parestesie ma quello che saltava più in evidenza era la parte motoria, astenia ma più che altro difOicoltà nella deambulazione, quello che raccontavano queste donne è che inciampavano in continuazione Oino ad avere delle vere e proprie sofferenze del tronco nervoso, nei primi casi molto gravi, con non solo paresi, ma anche paralisi degli arti inferiori, con una regressione non completa, cioè allontanando il fattore di rischio, n esano, la risoluzione c’era ma non completa. L’azione del benzene è legata al suo metabolita, il 2,5 esadione, proprio la sostanza tossica, dosabile nelle urine delle persone. Questo è un paradigma molto importante, cioè una sostanza che viene sostituita da un’altra sostanza che inizialmente non dà alcun problema, poi salta fuori che provoca patologie completamente diverse. Non è l’unico esempio; un altro esempio è la sostituzione dell’amianto con Oibre di roccio o Oibre di vetro che danno problemi, si sospetta infatti che queste Oibre siano un cancerogeno per l’apparato respiratorio, insomma le sostituzioni comportano sempre una certa attenzione. Il benzene poi non è del tutto scomparso, è stato limitato sempre in maniera maggiore, oggi siamo all’1%, una concentrazione molto bassa, ma lo ritroviamo nella benzina. Prima del 2001 si utilizzava una benzina rossa, perché ci aggiungevano un colorante rosso. La benzina rossa aveva come anti isolante, cioè come sostanza che doveva limitare lo scoppio troppo violento della benzina nel pistone, il piombo che come abbiamo detto e come vedremo è un metallo tossico, che comportava un rischio di inquinamento anche ambientale. La benzina via via utilizzata rilasciava dei vapori di piombo, per cui nelle aree limitrofe alle autostrade, se si testava la concentrazione di Pb era abbastanza importante. Quindi si sostituì il Pb. Al posto del Pb come anti isolante è stato messo il benzene prima alla concentrazione del 5%, poi del 2% adesso dell’1%, comunque concentrazioni molto basse. Si inizia a ragionare e ad avere dei dati, che forse una certa percentuale di leucemie nella 5 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli popolazione comune, che hanno una spiegazione chiara, possano essere legate a questa micro esposizione, non legata solo ad un gruppo di lavoratori, ma che coinvolge l’intera popolazione, legata alla presenza di queste piccole concentrazioni di benzene. Questo per capire l’interesse di variazioni di rischio e di patologie nelle popolazioni. A volte ritornano. Molte patologie sono in diminuzione, ad esempio l’intossicazione da Pb e la silicosi. Sapete che il mondo è diventato piccino e le norme le regolamentazioni non sono le stesse in tutto il mondo; ad esempio, l’amianto che è bandito in Italia dal 1992, è tutt’ora utilizzato in Unione Sovietica o in Cina, per cui quelle problematiche che noi vediamo ancora oggi, legate all’esposizione di amianto di 25 anni fa, semmai la Cina e la Russia bandiranno l’amianto, continueranno ad esserci per oltre trenta anni. Quindi il problema non è risolto a livello globale, ma è in attenuazione nei paesi occidentali. Però la gente gira e ricominciamo a vedere persone che vengono da altre attività, da altre zone del mondo, che hanno avuto un’esposizione diversa, passata e ci ricompaiono patologie che noi pensavamo se non scomparse, totalmente sotto controllo. Questo è un problema importante ed interessante. Un tema simile, un po’ diverso, è il considerare il mondo del lavoro e quello che c’è fuori come dei mondi completamente separati. Questo non è più vero, forse prima lo era, nel senso che le concentrazioni di sostanze tossiche pericolose in ambito lavorativo erano estremamente diverse a quelle dell’ambiente circostante. Oggi la situazione non è più questa, molto spesso si avvicinano. Considerare così separati l’indoor dall’outdoor, quello che c’è fuori, non è così vero. Qualche altro esempio strano: in campo di patologia respiratoria, una patologia di cui parleremo sono le alveoliti allergiche estrinseche, meglio chiamate polmoniti da ipersensibilità, legate a varie condizioni di rischio di esposizione; quella più nota è la polmonite dell’agricoltore, legata a delle muffe, a dei miceti, due in particolare (Actinomyces vulgaris ,Micropolyspora faeni). Ecco, si è visto che in alcune condizioni nei condizionatori d’aria si sviluppano le spore di questi stessi miceti. Per cui, l’ambiente indoor viene contaminato da qualcosa che in teoria non ci aspettiamo, legato all’agricoltore al Oieno al lavoro all’aperto, per cui questa separazione tra ambiente indoor e outdoor va un pochino rivista. Le cose non sono così semplici. D.lgs. 9 aprile 2008, n.81 Il testo fondamentale in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è il Decreto legislativo 81 del 2008, testo che è nato in un momento molto difOicile, caratterizzato dalla forte tragedia presso la ThyssenKrupp. Quest’anno ricorre il decimo anniversario del nostro testo fondamentale, di quella che è la bibbia della nostra disciplina, che ha conosciuto nell’arco di questo decennio numerose modiOiche e integrazioni. Il concetto cardine dell’impianto normativo del Decreto legislativo 81 del 2008 è la valutazione dei rischi, ossia l’insieme delle procedure che sono Oinalizzate prima all’analisi poi alla quantiOicazione di tutti i rischi per la sicurezza e per la salute nei luoghi di lavoro. Queste procedure di valutazione dei rischi sono obbligatorie per tutti i datori di lavoro e in tutti i contesti occupazionali, dunque non sono procedure che si adottano ad esempio nell’Azienda Careggi o nell’Università di Firenze perché si tratta di aziende pubbliche e solide ma sono obbligatorie tanto nella più grande multinazionale del mondo quanto nella più piccola bottega artigiana di quartiere. A questa prima fase di analisi di quantiOicazione dei rischi ne segue una seconda, che potremmo deOinire di verbalizzazione, che porta alla redazione di un documento che prende il nome di Documento di Valutazione dei rischi , nel quale sono contenuti i 6 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli criteri di valutazione, i risultati della valutazione e le strategie di prevenzione e protezione che sono state adottate. La valutazione dei rischi e il conseguente documento non sono un qualcosa di statico ma di dinamico, infatti è necessario provvedere ad un aggiornamento della valutazione dei rischi e del relativo documento ogni qual volta intervengano delle modiOicazioni nei cicli produttivi e per ciascun fattore di rischio, anche in assenza di variazioni nei cicli produttivi, esistono delle periodicità speciOiche di revisione imposte dalla normativa. Un aspetto chiarito con il Decreto è che la valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori. Non c’era mai stato nel contesto normativo italiano una previsione così esaustiva, rafforzata anche al Comma (2) successivo del medesimo articolo riguardante la fase di verbalizzazione; il documento di valutazione dei rischi quindi deve contenere una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa e pertanto non è più possibile per i datori di lavoro parlare di rischi non normati, non è più possibile appellarsi al concetto di rischio non normato, ossia non tutelo questo rischio perché nessuna normativa lo esamina in modo chiaro e organico. Possiamo immaginare la valutazione dei rischi come una sorta di fotograOia degli ambienti di lavoro, dalla quale emergono gli aspetti di criticità per la salute e per la sicurezza dei lavoratori sui quali è necessario intervenire mediante misure di prevenzione e protezione, cioè se noi abbiamo una fotograOia che ci mostra determinate criticità dobbiamo operare per arrivare ad una nuova fotograOia in cui queste criticità non ci siano più o siano state ridotte al massimo livello tecnologicamente ottenibile sulla base delle conoscenze odierne. Ma la valutazione dei rischi è un processo dinamico, mentre la foto è un’istantanea, cattura un preciso momento, e dunque forse è meglio immaginare la valutazione dei rischi come una pellicola, nella quale però si debbano cogliere delle differenze importanti tra il primo e l’ultimo fotogramma. Attori della sicurezza In azienda la Oigura centrale è rappresentata dal Datore di lavoro, deOinito come soggetto titolare del rapporto di lavoro, ovvero come soggetto responsabile di uno speciOico settore di attività dei lavoratori. Chiaramente questa Oigura è agevolmente identiOicabile nelle realtà occupazionali private, più complessa è la sua identiOicazione nelle strutture pubbliche, o meglio non è così immediata. Qui il datore di lavoro è identiOicato nel dirigente avente potere di gestione e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa, ad esempio nell’Azienda ospedaliera universitaria Careggi il datore di lavoro è rappresentato dal Direttore generale. La stessa considerazione possiamo farla per l’ateneo Oiorentino, ancora una volta il datore di lavoro è rappresentato dal Direttore generale, ovvero dal dirigente dotato 7 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli di potere decisionale e di spesa. Il datore di lavoro può delegare parte dei propri obblighi, non tutti, ai dirigenti. Per farvi un esempio di dirigenti ai sensi del Decreto legislativo 81 del 2008 questi sono i direttori dei dipartimenti, cioè coloro che sovraintendono ad una determinata area di organizzazione, da non confondere dunque con i dirigenti medici, ad esempio i dirigenti chimici o i dirigenti biologi cioè coloro che per inquadramento contrattuale possiedono la qualiOica di dirigente. Inoltre esistono i preposti, Oigure che hanno il compito di coordinare dei gruppi omogenei di lavoratori, ad esempio, sempre nel contesto dell’Azienda ospedaliera di Careggi, i Coordinatori infermieristici sono dei preposti perché coordinano un gruppo omogeneo di lavoratori.. Il datore di lavoro si avvale inoltre di due Oigure consulenziali obbligatorie, una di natura tecnica e l’altra di natura sanitaria. La prima prende il nome di Servizio di prevenzione e protezione e potremmo deOinirlo come l’organo di consulenza tecnica del datore di lavoro, a capo del quale vi è un RSPP, acronimo che sta per Responsabile del servizio di protezione e prevenzione, il quale può essere coadiuvato da uno o più ASPP, Addetti al medesimo servizio, che devono essere in numero adeguato in base alle caratteristiche e alle dimensioni dell’azienda. Nelle realtà occupazionali più piccole, che rappresentano l’80% delle aziende italiane, il ruolo del RSPP può essere svolto in prima persona dal datore di lavoro previa formazione di appositi corsi. Tra gli attori della sicurezza non possiamo non nominare i lavoratori e i loro rappresentati ai Oini del Decreto legislativo 81 del 2008, quei soggetti indicati con l’acronimo RLS (Rappresentati dei lavoratori per la sicurezza); questi soggetti rappresentano una sorta di interfaccia tra il management aziendale e la popolazione dei lavoratori per gli aspetti concernenti la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Anche se essi spesso hanno provenienza sindacale non devono essere confusi con i rappresentanti sindacali, in quanto nell’esercizio del loro mandato essi devono svolgere quello che è il loro ruolo indipendentemente da quella che è la loro sigla sindacale di appartenenza, occupandosi nel loro ruolo di RLS esclusivamente degli aspetti relativi alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi del lavoro senza affrontare aspetti tipici del ruolo di rappresentante sindacale, come gli aspetti di natura contrattualistica. Poi abbiamo anche gli attori esterni, che sono al di fuori dell’azienda. Il Decreto legislativo 81 del 2008 è un testo corposo e complesso caratterizzato da un sistema sanzionatorio molto importante e diverse sono le Oigure obbligate all’interno di questo decreto, in primis ovviamene il datore di lavoro. Per cui in un sistema così articolato e complesso di obblighi e di sanzioni i primi attori esterni di cui parliamo sono gli Organi di vigilanza, che possono essere molteplici a seconda delle fattispecie del decreto. Il più importante e che interviene sulla maggior parte degli aspetti è l’Organo di vigilanza istituito presso ciascuna azienda sanitaria locale e che ha competenza sul territorio di quell’azienda sanitaria locale. Questi Organi di vigilanza hanno denominazioni diverse a seconda delle regioni, in Toscana prendono il nome di Servizi di prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (PISLL), poi abbiamo gli Ispettorati territoriali dei luoghi di lavoro, che sono le articolazioni periferiche del ministero del lavoro e delle politiche sociali, i Vigili del Fuoco e anche altri organi ad esempio su alcune materie è competente la Polizia municipale. Poi abbiamo gli Organismi paritetici, quelle che vengono deOinite parti sociali, ossia le organizzazioni dei datori di lavoro (ConOindustria, Confartigianato, Confagricoltura) e le organizzazioni sindacali dei lavoratori (CGL, CISL, UIL). 8 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli Gli obblighi non delegabili del datore di lavoro, indipendentemente che egli sia un dipendente privato o pubblico, sono Effettuazione della valutazione dei rischi con la successiva stesura del documento di valutazione dei rischi; Designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Questi sono gli unici obblighi del datore di lavoro e non sarebbero adempiuti se il datore di lavoro decidesse di delegarli ad un dirigente, pertanto deve assolverli in prima persona. Inoltre il datore di lavoro ha tutta una serie di obblighi: Può decidere di adempiere questi obblighi tramite la delega ad un dirigente, delega che ovviamente deve essere in forma scritta e deve contenere un’accettazione da parte del dirigente delegato. A seguito della delega non si esaurisce quella che è la responsabilità del datore di lavoro nei confronti dei propri obblighi, infatti egli deve sovraintendere e vigilare all’adempimento di questi obblighi da parte del/dei dirigente/i delegati, perché altrimenti si conOigurerebbe la Culpa in vigilando. Tra gli obblighi delegabili del datore di lavoro c’è la nomina del medico competente e sembrerebbe di rilevare un’incongruenza tra la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nomina non delegabile, e la nomina del medico competente la quale invece è delegabile. In realtà vi è una ragione, infatti il responsabile del servizio di protezione e prevenzione non ha un proOilo di responsabilità autonomo, ossia non è mai destinatario di una sanzione e del suo operato ne risponde in prima persona il datore di lavoro, per cui il legislatore ha voluto che questo consulente possa essere scelto esclusivamente da parte del datore di lavoro medesimo; invece il medico competente è destinatario di un proOilo sanzionatorio speciOico e anche molto severo, sono molto rari i casi in cui per un’inadempienza del medico competente si possa identiOicare una correità da parte del datore di lavoro. 9 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli 10 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli 11 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli Slide obblighi preposti, obblighi lavoratori (perché anche i lavoratori sono sottoposti ad obblighi speciOici e a relative sanzioni), deOinizione Servizio protezione e prevenzione e le sue caratteristiche. 12 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli Sorveglianza Sanitaria Se dalla valutazione dei rischi dovessero emergere degli aspetti che potrebbero comportare rischi per la salute e per la sicurezza dei lavoratori, il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre un programma di sorveglianza sanitaria e per poterlo fare si deve avvalere del consulente per gli aspetti sanitari, ossia il medico competente. La deOinizione del decreto circa la sorveglianza sanitaria è: “Insieme degli atti medici Oinalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori” quindi la Oinalità è l’oggetto della nostra disciplina e non potrebbe essere altrimenti “in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali, e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”. Già da questa deOinizione potete comprendere che il concetto di sorveglianza sanitaria non sia semplicemente quello di visite mediche effettuate sul luogo di lavoro, ma sottende aspetti sicuramente più complessi. Il proOilo del medico competente deve essere un proOilo di alta specializzazione e può essere ricoperto dal laureato Magistrale in Medicina e Chirurgia abilitato all’esercizio della professione e che possieda la specializzazione in Medicina del Lavoro oppure dagli specialisti in Igiene o Medicina Legale previa frequenza di un master annuale che abilita allo svolgimento di questa funzione (non rende medici del lavoro ma abilita alle funzioni di medico competente). Il medico competente, che deriva da una Oigura storica che è quella del medico di fabbrica, il quale era semplicemente un addetto alle visite in azienda, oggi si pone come il consulente globale per la salute nell’ambito dell’azienda, infatti oltre alla sorveglianza sanitaria ha diversi altri compiti ed obblighi e i principali sono: - Collaborazione alla valutazione dei rischi. Esiste infatti una sanzione penale per il medico che non collabori alla valutazione dei rischi in modo proattivo; se il datore di lavoro non dovesse effettuarla o non dovesse effettuarla bene, la cassazione ha stabilito che il medico competente, sulla base dei propri rilievi e della propria sfera d’azione, debba comunque dimostrare di aver collaborato al meglio a questo processo, dunque si richiede non solo un ruolo attivo ma anche proattivo. - Visitare i luoghi di lavoro almeno una volta l’anno - Partecipare alla riunione periodica, (nelle aziende con più di 15 dipendenti) organizzata dal datore di lavoro almeno un volta l’anno, in cui vi è un confronto tra tutti gli attori addetti alla sicurezza interna all’azienda (datore di lavoro, medico competente, RSPP, RLS, attori della radioprotezione laddove ci sia un rischio di esposizione alla radiazioni); - Informazione e formazione dei lavoratori - Predisposizione di programmi di promozione della salute. Il primo atto del medico competente dopo aver collaborato alla valutazione dei rischi è quello di redigere un documento, il Protocollo sanitario dei rischi. Questo è un documento che per ciascuna mansione contiene la natura degli accertamenti sanitari che devono essere svolti e la periodicità con la quale devono essere ripetuti. Il documento è strettamente sequenziale alla valutazione dei rischi, infatti se per una determinata mansione la valutazione dei rischi ha individuato un determinato proOilo di rischio, nel protocollo sanitario di rischio dovranno essere contenuti gli accertamenti Oinalizzati ai potenziali effetti dei rischi valutati e della loro magnitudo sulla salute dei lavoratori per cui gli accertamenti che saranno previsti dal medico competente per ciascuna mansione saranno una diretta conseguenza della natura e dell’entità dei rischi che sono stati valutati per quella speciOica mansione. Dunque lo spirito è quello di arrivare ad una perfetta analisi, si studia la mansione, si deOiniscono 13 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli natura ed entità dei rischi e si erogano gli accertamenti strettamente correlati a quei rischi occupazionali. Nell’attuale impianto normativo anche in caso di disponibilità economiche da parte dell’azienda non è più consentito fare tutti gli accertamenti possibili a tutti i lavoratori, come accadeva prima di questo impianto normativo in alcune aziende più solide dal punto di vista economico. Il medico competente per ciascun lavoratore deve istituire, aggiornare, custodire sotto la propria responsabilità una cartella sanitaria e dei rischi, che non è una semplice cartella sanitaria e che deve essere redatta includendo dei contenuti minimi che sono individuati dal decreto ministeriale del 12 luglio 2016, poi il medico può decidere di integrare. Un aspetto estremamente importante rispetto alle comuni cartelle cliniche è l’anamnesi lavorativa, per la quale è necessario indagare adeguatamente la professione svolta in passato da un determinato soggetto se pensionato o quali sono state le professioni da egli svolte, evitando di riportare solo “pensionato”, perché questo può aiutare nella diagnosi, per esempio l’esposizione a silice cristallina è un dato prezioso per orientarsi nella diagnosi di un soggetto che presenta sintomatologia non deOinita a livello dell’apparato respiratorio. Nell’ambito della sorveglianza sanitaria esistono diverse tipologie di visite mediche: Visita preventiva, svolta idealmente dopo la Oirma del contratto ma prima dell’adibizione alle mansioni speciOiche. Con delle modiOiche al testo del 2009 il legislatore ha previsto che tale visita possa essere svolta anche in fase preassuntiva e dunque l’esito della visita può costituire uno degli elementi di giudizio per decidere se procedere o meno all’assunzione del lavoratore. Lo scopo di tale visita è di veriOicare la compatibilità tra il proOilo di rischio di una determinata mansione e lo stato di salute istantaneo, ossia nel momento in cui si effettua la visita, del lavoratore destinato a svolgere quella mansione; Visite periodiche, svolte secondo periodicità variabili sulla base di decisioni del medico competente consequenzialmente a quelle che sono le risultanze della valutazione dei rischi o di speciOiche indicazioni normative per alcuni fattori di rischio, questo signiOica che gli organi di vigilanza laddove necessario possano disporre di una modiOica di queste periodicità. La Oinalità di tale visita è quella di veriOicare se i requisiti che hanno portato ad una idoneità allo svolgimento di una determinata mansione in prima istanza in fase di visita preventiva persistano o meno nel tempo, ed è il momento più utile per intercettare eventuali interferenze dell’attività lavorativa sulla salute del lavoratore o viceversa delle modiOicazioni indipendenti dall’attività lavorativa dello stato di salute del lavoratore che potrebbero in qualche modo impattare sulla sua idoneità alla mansione speciOica; Visite a richiesta del lavoratore, cioè in qualsiasi momento se il lavoratore ritiene di manifestare delle problematiche di salute che possano essere correlate all’attività lavorativa può formulare al datore di lavoro una richiesta di una visita straordinaria presso il medico competente. Il medico competente può decidere se ritenere o meno congrua la richiesta del lavoratore e può anche riOiutarla, ma nella pratica quotidiana questo è estremamente difOicile; Visite per cambio di mansione, novità assoluta del decreto. Vengono effettuate in caso di cambiamento di mansione, pur rimanendo alle dipendenze del medesimo datore di lavoro. E’ necessario svolgere una nuova visita e nuovi accertamenti complementari a corredo, questo perché il protocollo sanitario di rischio di ciascuna mansione è strettamente conseguente alla valutazione dei rischi per quella precisa mansione dunque pare evidente che se va a cambiare la mansione e potenzialmente va a cambiare il proOilo di rischio si debbano ripetere tutti gli accertamenti per la nuova mansione (cosa spesso non rispettata in passato); 14 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli Visita di Dine rapporto, per il lavoratori esposti ad agenti chimici e ad amianto, agenti correlati allo sviluppo di patologie a lunga latenza. E’ questo il momento in cui il medico competente effettua una fotograOia Oinale dello stato di salute del lavoratore alle dipendenze di un determinato datore di lavoro e fornisce nella medesima occasione al lavoratore dei consigli sugli eventuali accertamenti o screening da svolgere anche dopo la cessazione di quella determinata attività lavorativa. Curiosamente il legislatore non ha incluso l’esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni tra gli agenti per cui è previsto l’obbligo di vista per Oine di rapporto, per cui non esistendo questa previsione non è possibile farla perché il datore di lavoro non può convocare a suo piacimento a visita medica i lavoratori, dunque per gli esposti ad agenti cancerogeni e mutageni la visita non esiste. Esiste invece per tutti i lavoratori radioesposti (lo sancisce il decreto legislativo 106/2009); Visite a rientro dopo 60 giorni di assenza per motivi di salute. Questa visita comporta difOicoltà perché non si può visitare il lavoratore prima che abbia concluso il suo congedo per malattia, ma non si può adibire il lavoratore allo svolgimento delle sue mansioni prima che abbia svolto questa visita. Ciò è problematico dal punto di vista organizzativo e gestionale per i datori di lavoro, perché non sempre si ha a disposizione il medico competente all’orario di inizio del turno in cui il lavoratore rientra. Inoltre questi 60 giorni che sono stati deOiniti dal legislatore non hanno alcuna valenza biologica. Nell’azienda Ospedaliera Universitaria Careggi grazie alla presenza di diversi professionisti esterni con qualiOica di medico competente riusciamo a garantire nella giornata di rientro del lavoratore l’erogazione di questa visita, però nelle aziende private che hanno un solo medico competente di riferimento è veramente difOicile contenere quelli che sono i disagi relativi a questa previsione. Ciascuna visita medica, ad eccezione delle visite di Oine rapporto per agenti chimici ed amianto, si concludono con l’espressione di un giudizio di idoneità alla mansione speciOica. Abituiamoci sin da subito a questo termine perché nessun medico competente ha la facoltà di emettere un giudizio di idoneità o non idoneità al lavoro, qualsiasi giudizio è strettamente legato ad una mansione speciOica, si può essere non più idonei alla svolgimento di una determinata mansione ma perfettamente idonei a svolgerne un’altra e viceversa. Andiamo a vedere quelle che sono le possibili espressione di questo giudizio di idoneità: Idoneità assoluta → Il lavoratore è perfettamente idoneo a svolgere la mansione cui è stato destinato a svolgere da parte del datore di lavoro; Idoneità parziale → la quale può essere temporanea o permanente e gravata da prescrizioni e/o limitazioni, dunque è un giudizio che consente al datore di lavoro di mantenere il lavoratore a svolgere una determinata mansione purché si adottino delle previsioni speciOiche per questo lavoratore che possono essere delle limitazioni, cioè ad esempio si può decidere di limitare i pesi che il lavoratore possa sollevare, oppure delle prescrizioni, si può disporre che vengano forniti degli ausili speciOici al lavoratore e inoltre questo giudizio può avere carattere temporaneo o permanente; Inidoneità → che può essere temporanea o permanente. SigniOica che un determinato lavoratore non può più svolgere quella determinata mansione. Nei casi di inidoneità temporanea è verosimile che la problematica che in un determinato momento controindica lo svolgimento di una determinata attività possa risolversi nel tempo, nel caso della permanente invece no, il medico competente esprime un giudizio basandosi sul fatto che ritiene che questo lavoratore non possa svolgere mai più quella determinata mansione, e le implicazioni richiedono non solo professionalità al medico 15 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli competente ma anche la valutazione caso per caso di aspetti di natura etica. Infatti il Decreto legislativo 81 statuisce testualmente che il datore di lavoro in relazione ai giudizi di idoneità attui le misure indicate dal medico competente, quindi non può discutere il giudizio di idoneità e deve attuare quanto è disposto dal medico competente; però qualora le misure indicate dal medico competente prevedano una inidoneità alla mansione speciOica il datore di lavoro può adibire il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alla mansioni di provenienza. La chiave di lettura di questo articolo del decreto, è nel “dove possibile”, infatti laddove il datore di lavoro abbia escluso di destinare il lavoratore a diverse mansioni all’interno della propria azienda, con tutto l’eventuale impugnazione e l’eventuale processo giudiziario, si rientra nelle fattispecie dell’Art. 2119 del Codice Civile, ovvero il “Recesso per giusta causa”. Quindi per un medico competente non è mai un atto leggero quello di formulare un giudizio di non idoneità alla mansione speciOica. Ogni qual volta possibile si tende a confezionare un giudizio il più possibile sartorializzato, anche con diverse prescrizioni e limitazioni. Il medico competente deve esprimere il giudizio di idoneità per ciascun lavoratore in forma scritta sia al datore di lavoro che al lavoratore, quindi sono queste le due parti che ricevono la comunicazione scritta del giudizio di idoneità alla mansione e che possono diventare successivamente parti attrici in merito a questo giudizio. Infatti entrambe le parti qualora non si trovassero d’accordo con il giudizio di idoneità del medico competente, sia bilateralmente che unilateralmente cioè anche una sola delle due parti può non trovarsi d’accordo, hanno diritto di presentare ricorso entro 30 giorni dalla data di ricevimento del giudizio di idoneità da parte del medico competente ai servizi di vigilanza istituiti presso le ASL competenti del territorio e per competenza territoriale si intende appunto l’area dove il lavoratore svolge effettivamente le proprie mansioni. Dunque nel caso di un lavoratore distaccato presso un cantiere in un’altra parte d’Italia è competente la sede dove il lavoratore presta effettivamente le sue mansioni in quel momento. Quando l’organo di vigilanza riceve la documentazione può disporre ulteriori accertamenti, di natura sanitaria o tramite sopralluoghi sui luoghi di lavoro, per poi esprimere un giudizio collegiale che può essere: di conferma del giudizio espresso dal medico competente, ovvero ribadisce la validità di quanto espresso dal medico competente e questo è ciò che dovrebbe accadere in tutti i casi in cui il medico competente ha seguito un percorso logico e razionale supportato da documentazione clinica; di disporre la modiOica del giudizio, ovvero va a correggere il giudizio formulato da parte del medico competente e nel caso ne deOinisce una nuova scadenza (il giudizio collegiale assume una valenza gerarchica superiore rispetto al giudizio formulato dal medico competente, quindi sia datore di lavoro che lavoratore adesso devono attenersi all’espressione della commissione ASL); di revoca del giudizio di idoneità, quindi il vecchio giudizio viene revocato e il lavoratore viene rinviato presso il medico competente per la formulazione di un nuovo giudizio. Tuttavia se il medico ha giudicato in coscienza, salvo variazioni dello stato di salute o produzione di nuova documentazione, si arriverebbe alle medesime conclusioni. 16 01 | 10 | 2018 Medicina del lavoro Prof. Nicola Mucci, Giulio Arcangeli Programmi di promozione della salute Aspetto verso il quale il legislatore ha adottato uno spirito propositivo. I datori di lavoro possono organizzare volontariamente dei programmi di promozione della salute all’interno della propria azienda. Questi possono avere qualsiasi target, per esempio frequenti sono i programmi che promuovono la riduzione dell’assuefazione al fumo di sigaretta, per il miglioramento delle abitudini alimentari, per la promozione dell’attività Oisica. Si possono trovare anche esperienze diverse, per esempio in un’azienda ho visto la fornitura della spremitura di agrumi o arance fresche a metà di ogni mattina, quindi il datore di lavoro può scegliere il target che più ritiene opportuno. Parimenti la partecipazione a questi programmi da parte dei lavoratori è facoltativa. Il lavoratore deve sottoporsi alle visite periodiche perché altrimenti non otterrebbe il giudizio di idoneità alla mansione lavorativa, ma può decidere liberamente di non approOittare di questa sorta di beneOit che viene messa a disposizione da parte del datore di lavoro. Chiaramente il datore di lavoro può scegliere tutto ciò che ritiene opportuno in tale ambito, quando però si va a disegnare un intervento del genere è opportuno che il datore di lavoro valuti quelli che sono gli aspetti maggiormente meritevoli di attenzione nell’ambito della proprie realtà occupazionale in modo tale da poterne avere anche un ritorno economico. In Italia questo concetto non è ancora decollato, all’esterno vi sono ormai da tantissimi anni degli studi scientiOici, fatti non da medici ma da economisti, che mostrano come un dollaro investito in promozione della salute possa nel lungo-medio periodo portare ad un ritorno sull’investimento anche di 4 o 5 dollari, quindi capite che sarebbe necessaria un’analisi di quelle che sono le criticità in ambito aziendale prima di disegnare un programma di promozione della salute. 17 8/10/18 Medicina del Lavoro INAIL, MALATTIE PROFESSIONALI E INFORTUNI SUL LAVORO NOTE DEL PROFESSORE: Lezione “nuova” mai fatta prima, per la crescente importanza di questo capitolo, che interessa non solo gli specialisti ma tutti i medici. Al posto delle diapositive il professore precisa che verrà utilizzato materiale reperibile sul sito web dell’INAIL e per la seconda parte della lezione farà riferimento a delle dispense che verranno rese disponibili alla Gine del corso all’indirizzo (http://bit.ly/medicina-del-lavoro). INAIL; DEFINIZIONE E CENNI STORICI: Una delle prime tutele del lavoratore fu l’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro. Inizialmente vi erano numerose casse private di assicurazione, poi uniGicate nel 1933 sotto il nome di INFAIL, l’equivalente fascista e precursore dell’attuale INAIL. (Istituto Nazionale di Assicurazione Infortuni sul Lavoro.) L’INAIL è’ un ente pubblico, non economico, che opera in regime monopolistico. Fornisce la copertura assicurativa obbligatoria al datore del lavoro per i suoi lavoratori. (E’ al datore di lavoro che spetta l’onere, non al lavoratore). Ruolo e funzioni si sono evoluti nel corso degli anni, se inizialmente erano tutelati solo gli infortuni sul lavoro, attualmente ha anche un ruolo di tutela delle malattie professionali. L’INAIL come è oggi si basa sul DECRETO 1124 del Presidente della Repubblica del 1965, una normativa molto importante, che assegnò all’INAIL anche un ruolo informativo. 20 anni fa viene aggiunta l’assicurazione casalinghe, che curano la casa e la famiglia, riconoscendone il lavoro, seppur a titolo gratuito. Nel 2010, anno nel quale venne assorbito l’ISPESL (Istituto Superiore Protezione E Sicurezza Sul Lavoro), un istituto deputato alla ricerca e alla statistica, aggiungendo quindi all’INAIL una vocazione anche statistica, rispetto alla precedente esclusivamente assicurativa. COME FUNZIONA? Utile per capirne il funzionamento un parallelo, con l’RCA (assicurazione per l’auto). Similmente a RCA, anche l’INAIL ha un sistema bonus malus, maggiori sono gli infortuni subito dai lavoratori di una determinata azienda, più pagherà, e viceversa. Il datore di lavoro ha tutti gli interessi quindi ad evitare che vi siano infortuni, più ce ne saranno, più dovrà pagare. INFORTUNIO SUL LAVORO L’assicurazione obbligatoria INAIL copre ogni incidente avvenuto per “causa violenta in occasione di lavoro” dal quale derivi la morte, l’inabilità permanente o l’inabilità assoluta temporanea per più di tre giorni. Si differenzia dalla malattia professionale poiché l’evento scatenante è improvviso e violento, mentre nel primo caso le cause sono lente e diluite nel tempo. E’ in questa deGinizione che possiamo cercare le intenzioni e i modi di procedere. La deGinizione di “causa violenta” ci aiuta anche nella distinzione con le “malattie professionali”, in cui l’azione lesiva, è lenta e perpetuata nel tempo. La causa violenta è un fattore che opera dall’esterno nell’ambiente di lavoro, con azione intensa e concentrata nel tempo, e presenta le seguenti caratteristiche: efGicienza, rapidità ed esteriorità. Può essere provocata da sostanze tossiche, sforzi muscolari, microrganismi, virus o parassiti e da condizioni climatiche e microclimatiche. In sintesi, una causa violenta è ogni aggressione che dall’esterno danneggia l’integrità psico-Gisica del lavoratore. 18 8/10/18 Medicina del Lavoro L’occasione di lavoro è un concetto diverso rispetto alle comuni categorie spazio temporali riassumibili nelle espressioni “sul posto di lavoro” o “durante l’orario di lavoro”. Si tratta di tutte le situazioni, comprese quelle ambientali, nelle quali si svolge l’attività lavorativa e nelle quali è imminente il rischio per il lavoratore. A provocare l’eventuale danno possono essere: elementi dell’apparato produttivo situazioni e fattori propri del lavoratore situazioni ricollegabili all’attività lavorativa. Non è sufGiciente, quindi, che l’evento avvenga durante il lavoro ma è necessario che si veriGichi per il lavoro, così come appurato dal cosiddetto esame eziologico, ossia l’esame delle cause dell’infortunio. Deve esistere, in sostanza, un rapporto, anche indiretto di causa-effetto tra l’attività lavorativa svolta dall’infortunato e l’incidente che causa l’infortunio. Sono esclusi dalla tutela gli infortuni conseguenti ad un comportamento estraneo al lavoro, quelli simulati dal lavoratore o le cui conseguenze siano dolosamente aggravate dal lavoratore stesso. Sono invece tutelabili gli infortuni accaduti per colpa del lavoratore, in quanto gli aspetti soggettivi della sua condotta (imperizia, negligenza o imprudenza) nessuna rilevanza possono assumere per l’indennizzabilità dell’evento lesivo, sempre che si tratti di aspetti di una condotta comunque riconducibile nell’ambito delle Ginalità lavorative. INFORTUNIO IN ITINERE: L’INAIL tutela i lavoratori nel caso di infortuni avvenuti durante il normale tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro. Il cosiddetto infortunio in itinere può veriGicarsi, inoltre, durante il normale percorso che il lavoratore deve fare per recarsi da un luogo di lavoro a un altro, nel caso di rapporti di lavoro plurimi, oppure durante il tragitto abituale per la consumazione dei pasti, se non esiste una mensa aziendale. È stata riconosciuta l'indennizzabilità anche per l'infortunio occorso al lavoratore durante la deviazione del tragitto casa-lavoro dovuta all'accompagnamento dei Gigli a scuola. Qualsiasi modalità di spostamento è compresa nella tutela (mezzi pubblici, a piedi, ecc.) a patto che siano veriGicate le Ginalità lavorative, la normalità del tragitto e la compatibilità degli orari. Al contrario, il tragitto effettuato con l’utilizzo di un mezzo privato, compresa la bicicletta in particolari condizioni, è coperto dall’assicurazione solo se tale uso è necessitato. L’infortunio in itinere è mal digerito dai datori di lavoro, e in generale la sua deGinizione si presta a complesse e fantasiose interpretazioni da parte della cassazione Le eventuali interruzioni e deviazioni del normale percorso non rientrano nella copertura assicurativa a eccezione di alcuni casi particolari, ossia se vi siano condizioni di necessità o se siano state concordate con il datore di lavoro. (ad esempio deviazione dal tabaccaio per comprare delle sigarette) Esistono, tuttavia, alcune eccezioni. Ad esempio: interruzioni/deviazioni effettuate in attuazione di una direttiva del datore di lavoro. (concorda con il datore di lavoro che passerà a comprare le marche da bollo) interruzioni/deviazioni “necessitate", ossia dovute a causa di forza maggiore (ad esempio un guasto meccanico) o per esigenze essenziali e improrogabili (ad esempio il soddisfacimento di esigenze Gisiologiche) o nell'adempimento di obblighi penalmente rilevanti (esempio: prestare soccorso a vittime di incidente stradale) interruzioni/deviazioni "necessarie" per l'accompagnamento dei Gigli a scuola brevi soste che non alterino le condizioni di rischio. (mi fermo per fare una telefonata in sicurezza) 19 8/10/18 Medicina del Lavoro Utilizzo di un mezzo privato L’utilizzo dell’automobile o dello scooter può considerarsi necessario solo in alcune situazioni. Esempi: il mezzo è fornito o prescritto dal datore di lavoro per esigenze lavorative. (chiunque abbia un’auto aziendale) il luogo di lavoro è irraggiungibile con i mezzi pubblici oppure raggiungibile ma non in tempo utile rispetto al turno di lavoro. (ad esempio un infermiere che lavora a careggi che abita a 150 m dalla stazione di Sesto non sarebbe coperto, perché con un treno e 10 minuti a piedi arriverebbe a careggi, mentre se questo abitasse in montagna, sarebbe coperto) i mezzi pubblici obbligano a attese eccessivamente lunghe i mezzi pubblici comportano un rilevante dispendio di tempo rispetto all’utilizzo del mezzo privato la distanza della più vicina fermata del mezzo pubblico deve essere percorsa a piedi ed è eccessivamente lunga. Sono deGinizioni di difGicile interpretazione, e ogni caso va analizzato in maniera compiuto e una volta osservato che vi siano gli estremi procederemo alla notiGicazione. Consumo di alcool, droga e di psicofarmaci Rimangono esclusi dall'indennizzo gli infortuni direttamente causati dall'abuso di sostanze alcoliche e di psicofarmaci, dall'uso non terapeutico di stupefacenti e allucinogeni, nonché dalla mancanza della patente di guida da parte del conducente. MALATTIA PROFESSIONALE: E’ importante essere preparati su questo argomento perché non riguarda solo i medici del lavoro ma tutti i medici, specialmente per chi sarà alle prime armi e si troverà di fronte a una patologia deGinibile come professionale; tutto questo perché rispetto agli infortuni sul lavoro, l’impianto normativo delle malattie professionale è più rigido e meno interpretabile. DeIinizione di malattia professionale. La malattia professionale è una patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo (causa diluita e non causa violenta e concentrata nel tempo, e qui vengono meno entrambi i concetti caratterizzanti l’infortunio, ossia la causa violenta e l’occasione di lavoro). La stessa causa deve essere diretta ed efGiciente, cioè in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente: il decreto del 1965, detto anche Testo Unico, infatti, parla di malattie contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni rischiose. È ammesso, tuttavia, il concorso di cause extraprofessionali, purché queste non interrompano il nesso causale in quanto capaci di produrre da sole l’infermità. Per le malattie professionali, quindi, non basta l’occasione di lavoro come per gli infortuni, cioè un rapporto anche mediato o indiretto con il rischio lavorativo, ma deve esistere un rapporto causale, o concausale, diretto tra il rischio professionale e la malattia. Quindi essendo necessario un rapporto causale non può esistere una malattia professionale in itinere. Il rischio può essere provocato dalla lavorazione che l’assicurato svolge, oppure dall’ambiente in cui la lavorazione stessa si svolge (cosiddetto “rischio ambientale”). Malattie professionali tabellate e non tabellate. Le malattie professionali si distinguono in tabellate e non tabellate. Le malattie professionali sono tabellate se (tutte e tre necessarie): indicate nelle due tabelle (una per l’industria e una per l’agricoltura) provocate da lavorazioni indicate nelle stesse tabelle denunciate entro un determinato periodo dalla cessazione dell’attività rischiosa, Gissato nelle tabelle stesse (“periodo massimo di indennizzabilità”). 20 8/10/18 Medicina del Lavoro Nell'ambito del cosiddetto “sistema tabellare”, il lavoratore è sollevato dall’onere di dimostrare l’origine professionale della malattia. Infatti, una volta che egli abbia provato la dedizione a lavorazione tabellata (o comunque l’esposizione a un rischio ambientale provocato da quella lavorazione) e l’esistenza della malattia anch’essa tabellata e abbia effettuato la denuncia nel termine massimo di indennizzabilità, si presume per legge che quella malattia sia di origine professionale. È questa la cosiddetta “presunzione legale d’origine”, superabile soltanto con la rigorosissima prova – a carico dell’INAIL – che la malattia è stata determinata da cause extraprofessionali e non dal lavoro. (Questo è molto complesso, è possibile in linea teorica ma non in pratica. Es: dimostrare che la ipoacusia di un trivellatore sia indotta dalla pratica usuale della caccia, da essa condotta, e non dall’impiego professionale. Molto complesso) La Corte Costituzionale, con la sentenza 179/1988, ha introdotto nella legislazione italiana il cosiddetto “sistema misto” in base al quale il sistema tabellare resta in vigore, con il principio della “presunzione legale d’origine”, ma è afGiancato dalla possibilità per l’assicurato di dimostrare che la malattia non tabellata di cui è portatore, pur non ricorrendo le tre condizioni previste nelle tabelle, è comunque di origine professionale. (Generalmente se il lavoratore riesce a dimostrare che la malattia non tabellata è di origine professionale, l’INAIL ricorre al secondo grado di giudizio e accetta la sentenza, senza andare in cassazione) Adeguamento delle tabelle. Sul tema delle malattie professionali è intervenuto l’articolo 10 del decreto legislativo 38/2000 il quale, nell’introdurre un'importante novità, ha consentito non solo di adeguare tempestivamente le tabelle delle malattie professionali allegate al Testo Unico, ma anche di costituire un osservatorio delle patologie di probabile o possibile origine lavorativa, a disposizione di tutto il mondo della sanità, della prevenzione e della ricerca. Con questo articolo, il legislatore: ha confermato l'attuale sistema misto di tutela delle malattie professionali ha reso più semplice e tempestivo il sistema di revisione periodica delle tabelle allegate al Testo Unico, da effettuarsi con decreto ministeriale su proposta della Commissione scientiGica appositamente istituita che ne propone, periodicamente, la modiGica e/o integrazione ha istituito presso la banca dati dell’INAIL un Registro delle malattie causate dal lavoro ovvero a esso correlate al quale potranno accedere, oltre alla Commissione stessa, tutti gli organismi competenti, per lo svolgimento delle funzioni di sicurezza della salute nei luoghi di lavoro nonché per Gini di ricerca e approfondimento scientiGico ed epidemiologico Le prestazioni erogate dall'INAIL in caso di malattia professionale. L’INAIL indennizza i danni provocati dalle malattie professionali prevedendo prestazioni di carattere economico, sanitario e riabilitativo. DeIinizione di silicosi e asbestosi. La silicosi e l’asbestosi, malattie gravi e irreversibili dell’apparato respiratorio, sono disciplinate da una normativa ad hoc. Queste malattie devono essere contratte nell’esercizio delle lavorazioni indicate nell’apposita tabella, allegato n. 8 al Testo Unico; a differenza di quanto disposto per le altre malattie professionali, non è richiesto che queste patologie siano contratte a causa delle lavorazioni esercitate in quanto si tratta di malattie tipiche delle lavorazioni stesse. Nella valutazione del danno si deve tenere conto, oltre che della silicosi o della asbestosi, anche delle altre forme morbose dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio, pur se non provocate dalle stesse silicosi o asbestosi. Nelle altre malattie professionali, invece, la tutela assicurativa non comprende le conseguenze non direttamente connesse alle malattie stesse. Non è previsto, per la denuncia, un termine massimo di indennizzabilità dalla data di cessazione dell’attività rischiosa E’ oltre presente per queste patologie la ‘rendita di passaggio’, ossia un indennizzo nel caso in cui il lavoratore, per motivi cautelativi e per evitare l’esposizione a queste sostanza, passasse a un reddito meno remunerativo. REFERTO: Non esiste una lista di patologie per le quali viga l’obbligo di referto. Ciò che obbliga il referto sono le condizioni e le cause in cui si veriGica la malattia. E’ punita l’omissione del referto, eccetto nel caso in cui l’emissione di questo esponga la persona assistita a procedimento penale, con un'ammenda di 516 euro. Chi ha l’obbligo del referto deve farlo afferire in 48 o immediatamente, nel caso in cui vi sia pericolo nel ritardo, inviandolo al pm o all’ufGiciale giudiziario più vicino (quest’ultima è la via più semplice, in 21 8/10/18 Medicina del Lavoro genere si contattano i carabinieri notiGicando per via telefonica la via della PEC). Tutti i primi intervenuti sul pz devono emettere il referto, che può essere unico o singolare. È necessario anche emettere un certiGicato di malattia professionale a Gini assicurativi, il quale può essere un primo certiGicato, un certiGicato continuativo o un certiGicato deGinitivo (progressivamente). Il medico nel 99% dei casi deve emettere anche un primo certiGicato di malattia. Omesso o tardivo invio di certiGicato di malattia professionale all’INAIL comporta una sanzione di massimo 1549 euro, che si sommano, nel caso, a quelli per il mancato o tardivo referto. ARTICOLO DI DENUNCIA: esiste un'ambiguità terminologica nel Testo Unico sul termine denuncia, che indica due adempimenti diversi. Uno, a carico del datore di lavoro nei confronti dell'INAIL con Ginalità assicurativa che è colloquialmente chiamato “denuncia propriamente detta”; l'altro, cui è obbligato il medico, è detto “denuncia-segnalazione”, ha Ginalità conoscitiva-epidemiologica e il destinatario è l'Ispettorato Territoriale del Lavoro. La denuncia è obbligatoria nel caso in cui medico ne riconosca l’esistenza. Esistono un elenco di malattie nelle quali è necessario effettuare una segnalazione al deputato ufGicio provinciale. Questo elenco è completamente indipendente da quello delle malattie tabellari. L'elenco di malattie con obbligo si segnalazione è costituito da tre liste: Malattie con origine lavorativa di elevata probabilità Malattie con origine lavorativa di limitata probabilità Malattie con origine lavorativa possibile Tutte le liste sono aggiornate al 2014, con l'introduzione di neoplasie legate all'esposizione all'asbesto. La denuncia va comunicata all’ufGicio dell’ispettorato del lavoro e all’ASL di competenza territoriale (dove è situata l’azienda) e l’INAIL di competenza (dove risiede il lavoratore). Dal 2015 è d’obbligo l’invio con PEC, eccetto i casi in cui non sia effettuabile per motivi informatici. L’invio di certiGicazione di malattia in formato telematico sancisce anche l’effettuazione della denuncia, ma non quello di referto (anche questo svolgibile con la PEC). In caso di omissione di denuncia(segnalazione) di malattia professionale la pena arriva Gino a tre mesi di reclusione o ammenda da 258 a 1032 euro per tutti i medici, oppure Gino a quattro mesi di reclusione o ammenda da 516 a 2582 euro per i medici competenti. RIASSUNTO: obbligo di referto art. 365 del Codice Penale, la Ginalità del referto è giudiziaria. Il destinatario è l'autorità giudiziaria (PM, Polizia, Carabinieri) obbligo di certiGicazione di malattia professionale art. 53 del Testo Unico, Ginalità assicurativa, destinatario INAIL obbligo di denuncia-segnalazione di malattia professionale art. 139 del Testo Unico, Ginalità conoscitiva-epidemiologica, destinatario Ispettorato Territoriale del Lavoro (per conoscenza ASL competente dove si svolge l'attività lavorativa e INAIL competente dove risiede il lavoratore). 22 8/10/18 Medicina del Lavoro NOTIFICAZIONE TUMORI: La notiGicazione di tumori correlati ad esposizioni lavorative è regolata dell'art. 244 del decreto legislativo 81/2008. Non siamo quindi nel Codice Penale: è un obbligo, ma senza sanzioni. “I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private nonché gli istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati che identiGichino casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione all'ISPESL tramite i centri operativi regionali (CORE)...” Ovviamente adesso non c'è più l'ISPESL e si segnala all'INAIL, che ne ha assorbito le funzioni. In Toscana è l'ISPRO (Istituto per lo Studio e la Prevenzione della Rete Oncologica) a ricoprire il ruolo di CORE, che viene articolato in: CORE mesoteliomi maligni toscano CORE tumori nasosinusali toscano CORE tumori a bassa frazione eziologica toscano I destinatari di obbligo di segnalazione al CORE sono tutti i medici, quindi nel caso in cui si avvi un processo di referto-certiGicazione-denuncia per una di queste patologie si deve inviare una segnalazione anche all'ISPRO tramite un apposito modulo (che tuttavia ad ora è disponibile solo per il mesotelioma). L'omissione di questo obbligo non è regolata da alcuna disciplina sanzionatoria, ma può risultare in una lettera di richiamo nei confronti del medico da parte dell'ISPRO al presidente dell'ordine dei medici competente. 23 15/10/18 Medicina del lavoro Principi di ergonomia nella valutazione e nel management dei rischi occupazionali In questa lezione vengono affronta2 argomen2 di estrema a5ualità in medicina occupazionale: l’applicazione dei principi dell’ergonomia alla medicina del lavoro e i rischi di natura biomeccanica che oggi cos2tuiscono un capitolo prevalente di questa disciplina. Fino a 20 anni fa le patologie più denunciate all’INAIL erano le ipoacusie da rumore, ai nostri giorni sono emergen2 invece le patologie a carico dell’apparato locomotore che rappresentano il gruppo di patologie più frequentemente denunciate. L’ergonomia occupazionale è una delle sfide della medicina occupazionale nel XXI secolo. Le radici del legame tra le due discipline sono ancora più storiche, uno dei soggeJ più antesignano in questo senso fu Adriano OliveJ, celebre è la sua frase “io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”. L’ergonomia è una disciplina recente. La prima definizione risale al 1949. Il termine viene dal greco ergon lavoro, nomia legge Nel 1961 furono create l’associazione internazionale di ergonomia e la società italiana di ergonomia. Il legame tra l’uomo e la tecnologia occupazionale è molto stre5o in quanto non è possibile generare una nuova tecnologia senza l’uomo che la proge5a, la sviluppa, poi la applica e infine la deve ges2re. Una situazione di inadeguatezza tecnologica che può essere figlia di una proge5azione umana non oJmale può comprome5ere la performance occupazionale. Idem, l’inadeguatezza proge5uale può comportare una riduzione dell’efficienza della tecnologia. Da un punto di vista didaJco l’ergonomia viene suddivisa in 3 sub discipline: 1)ergonomia fisica: studia la compa2bilità tra le cara5eris2che antropometriche, fisiologiche, biomeccaniche e i parametri sta2ci e dinamici del carico di lavoro fisico. Nell’ambito dell’ergonomia fisica rientrano lo studio della movimentazione manuale dei carichi, dei movimen2 ripe22vi degli ar2 superiori, delle posture di lavoro e più in generale l’analisi di tu5e le strategie di tutela della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro. 2)ergonomia cogni2va: si occupa dei processi mentali, quali percezione, elaborazione delle informazioni, risposta psicomotoria e le interazioni tra l’uomo e le altre componen2 del sistema che sia esso occupazionale, sociale, ambientale. 3)ergonomia organizza2va: riguarda l’oJmizzazione dei sistemi di lavoro, comprendendo le stru5ure, le norme e i processi organizza2vi. Rientrano in questa sub disciplina la valutazione e l’oJmizzazione delle risorse umane, la comunicazione e le relazioni tra i singoli e i gruppi di lavoro, la proge5azione e la ges2one dei processi produJvi, la pianificazione dei turni e degli orari di lavoro. La medicina del lavoro e chi si occupa di tutela di salute e sicurezza deve prendere a pres2to vari conceJ dalle 3 discipline ergonomiche anche in forza di disposizioni legisla2ve. Par2amo dall’ar2colo 15 “misure generali di tutela”: il rispe5o dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei pos2 di lavoro, nella scelta delle a5rezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione al fine di ridurre gli effeJ sulla salute del lavoro monotono e ripe22vo. 24 15/10/18 Medicina del lavoro Art 71 “obblighi del datore di lavoro”: il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l’uso delle a5rezzature presen2no le cara5eris2che di sicurezza e rispondano ai principi dell’ergonomia La stre5a sinergia tra la medicina del lavoro e l’ergonomia è tes2moniata dal recente congresso della società italiana di ergonomia (IEA2018) che si è svolto due mesi fa a Firenze. Rischi occupazionali di natura biomeccanica Andremo ad analizzare la movimentazione manuale dei carichi, i movimen2 ripetu2 degli ar2 superiori e le posture incongrue. Innanzitu5o, il contesto norma2vo! Questa materia è normata dal TITOLO VI ALLEGATO XXXIII del d.lgs. 81/2008. Ovviamente cioè è contemplato anche nell’art 28 d.lgs. 81. Tale capitolo va a disciplinare in modo organico la movimentazione manuale dei carichi, ponendo solo dei richiami ai movimen2 ripetu2 degli ar2 superiori e all’assunzione di posture incongrue. Ques2 ul2mi comunque devono essere ogge5o della valutazione dei rischi (richiamo all’ar2colo 28 d.lgs. 81 il quale richiede una valutazione di tu4 i rischi per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro). Campo di applicazione: aJvità lavora2ve che comportano per i lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico in par2colare dorso-lombari (Evoluzione rispe5o al precedente quadro norma2vo rappresentato dal d.lgs. 626/94 nel quale si tutelavano esclusivamente le patologie dorso-lombari. In questo caso il legislatore ha voluto compiere un passo avan2 non limitando più il campo di applicazione a un solo distre5o, ma comprendendo tu5o l’apparato locomotore). La definizione di “movimentazione manuale dei carichi” è volutamente esaus2va per scongiurare il rischio che i datori di lavoro cerchino di far finta di non rientrare nella movimentazione manuale dei carichi ed è la seguente: “Le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori; le azioni del sollevare, deporre, spingere, 2rare, spostare un carico che per le loro cara5eris2che o in conseguenza di condizioni ergonomiche sfavorevole comportano il rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico in par2colare dorso-lombari”. Abbiamo dunque una definizione esaus2va con richiamo a situazioni ergonomiche sfavorevoli e focus su patologie dorso lombari. La definizione di patologie da sovraccarico biomeccanico è estensiva ed è la seguente: “patologia delle stru5ure osteo-ar2colari, muscolo-tendine e nervo vascolari”. Obblighi del datore di lavoro: “il datore di lavoro ricorre ai mezzi appropria2, in par2colare a5rezzature meccaniche per evitare la necessità di movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori”. Dunque, ogni qualvolta sia possibile dal punto di vista procedurale e infrastru5urale il datore di lavoro deve evitare la movimentazione manuale dei carichi. Non è più consen2to dire >. L’allegato XXXIII (allegato tecnico cui fa riferimento in modo esplicito il 2tolo VI) considera in modo integrato gli elemen2 di riferimento e i fa5ori individuali di rischio. Dunque, la valutazione del rischio deve poggiare su 2 pilastri: 1) Elemen2 di riferimento - Cara5eris2che del carico - Sforzo fisico richiesto - cara5eris2che dell’ambiente di lavoro 25 15/10/18 Medicina del lavoro - esigenze correlate all’aJvità lavora2va esaminata. 2) Fa5ori individuali di rischio da prendere in considerazione su base colleJva, in un gruppo omogeneo di lavoratori: - inidoneità fisica a svolgere l’aJvità, tenuto conto delle differenze di genere ed età - indumen2, calzature o altri effeJ inadegua2 porta2 dal lavoratore - insufficienza o inadeguatezza della conoscenza, della formazione o dell’addestramento. L’allegato XXXIII richiama le norme tecniche della serie UNI ISO 11228-3, dove la parte terza fornisce una guida sulla valutazione dei fa5ori di rischio comunemente associa2 alla movimentazione di bassi carichi ad alta frequenza. Il datore di lavoro ha inoltre gli obblighi di formazione, informazione e addestramento. L’addestramento è uno step in più previsto dal legislatore per questa par2colare categoria di rischio, ovvero sia l’affiancamento da parte di un lavoratore esterno. Principali determinan2 del rischio correla2 alla movimentazione manuale dei carichi: 1. PESO DEL CARICO 2. CARATTERISTICHE DELL’AMBIENTE in cui si effe5ua movimentazione 3. CARATTERISTICHE DEL CARICO MOVIMENTATO Per la valutazione del rischio ci vengono incontro precisi sooware sviluppa2 da ingegneri che consentono di descrivere in termini numerici qualsiasi azione di movimentazione del carico. Uno dei 3 determinan2 è il peso del carico: Quando è che un carico è troppo pesante per la popolazione adulta lavora2va? >20 kg nel sesso femminile (riferimen2: regio decreto 635/1934 e norma iso) >25 kg nel sesso maschile (riferimen2: norma iso parte 1 allegato C) AspeJ disergonomici in merito al secondo determinante possono essere la presenza di alte temperature, pavimento scivoloso o sconnesso, necessità di usare scale dotate la movimentazione, presenza di spazi streJ Per quanto riguarda gli aspeJ disergonomici del carico che si trasporta possiamo avere una forma e grandezza dell’ogge5o non oJmali che riducono visibilità dell’operatore; un contenuto dell’ogge5o che oscilla durante la movimentazione; la presenza di spigoli che possono provocare lesioni alle mani nonostante l’u2lizzo di idonei DPI (guan2); la superficie di conta5o con l’ogge5o troppo calda o fredda. 26 15/10/18 Medicina del lavoro Supponendo di non poter non effe5uare una movimentazione manuale, ecco una azione ergonomicamente perfe5a suddivisa in 4 step. In questo modo si riduce il sovraccarico sul tra5o dorso lombare e di conseguenza si riduce il rischio di lumbar pain. Nella parte superiore della slide si vedono le forze che agiscono su tra5o di nostro interesse. Nella parte inferiore si va a valutare quale è il carico a livello sul tra5o dorso lombare in un sogge5o di 70 kg: - se sogge5o solleva ogge5o di 20 kg in modo ergonomicamente perfe5o: carico 210 kg - se sogge5o solleva ogge5o di 20 kg in modo ergonomicamente non corre5o: carico 340 kg 27 15/10/18 Medicina del lavoro Come si effe5ua una VALUTAZIONE DEL RISCHIO in modo adeguato? Questo è il modus operandi che si dovrebbe a5uare nei confron2 di qualsiasi rischio occupazionale: Metodologie per la valutazione rischio Per quanto riguarda la movimentazione manuale dei carichi ci sono 3 metodologie: 1. Metodo NIOSH (Na2onal Ins2tute of Occupa2onal Safety and Health, Is2tuto pubblico statunitense), il più u2lizzato perché realizzato da un ente autorevole, in più è facile da applicare ed è stato ada5ato al quadro norma2vo italiano. Non è una metodologia contemplata dalla norma2va, quindi il datore di lavoro può sceglierne un’altra 2. Metodo di SNOOK & CIRIELLO: riguarda i criteri di valutazione per le azioni di spinta e trascinamento o di trasporto in piano. Molto frequentemente u2lizzato 3. Metodo MAPO (Movimentazione e assistenza dei pazien2 ospedalizzato, metodo italiano): u2lizzato nelle aziende ospedaliere sopra5u5o per pazien2 non collaboran2, che si oppone e non agevola gli operatori sanitari che hanno compito di movimentarlo e crea loro un disagio. Nel caso del paziente il carico non è controllabile. [Per esame: conoscere RATIO e APPLICAZIONE NEI CONTESTI PRODUTTIVI di ogni metodo. Ad esempio, per il sistema NIOSH la ra2o/razionale sono i determinan2 di rischio di una azione di sollevamento e deposizione come la distanza dal carico, il peso; l’applicazione è la classificazione dell’indice di rischio NIOSH 28 15/10/18 Medicina del lavoro che ha la forgia di un semaforo: area verde tu5o va bene, area gialla borderline e area rossa dove è necessario me5ere in a5o interven2]. Per quanto riguarda i movimen2 ripetu2 degli ar2 superiori la definizione è: “il lavoro a cicli con movimen2 e/o sforzi ripetu2 è cara5erizzato da cicli oppure prevede che oltre il 50% del tempo di lavoro sia impiegato compiendo lo stesso gesto lavora2vo o la stessa sequenza di ges2”. Il rischio da movimen2 ripetu2 degli ar2 superiori è cara5erizzato da diversi fa5ori che possono combinarsi tra di loro in vario modo: assenza di periodi di recupero, elevata frequenza di azione, impiego di forza, posture e/o movimen2 incongrui degli ar2 superiori, stereo2pia dei movimen2. Pensare ad esempio al lavoratore videoterminalista anziano che aveva iniziato a svolgere le mansioni senza videoterminale e che assume una postura di spalle, schiena e sopra5u5o polsi par2colare. Alla stereo2pia del movimento, in questo caso si vanno ad aggiungere delle posture incongrue a carico di un distre5o. Altri fa5ori riguardano l’u2lizzo di strumen2 vibran2, utensili con impugnatura non adeguata, l’effe5uazione di lavori di precisione, u2lizzo di DPI non adegua2 (in par2colare guan2) e ritmi di lavoro che vengono impos2 dalle catene di montaggio. Per la valutazione del rischio esistono dei sooware che consentono di andare a quan2ficare ogni sub azione. Per quanto riguarda le strategie di valutazione del rischio, ecco due metodologie italiane di cui è importante conoscere ra2o e applicazione: 1. Metodo OCRA (Occhipin2-Colombini risk assessment) INDEX: con2ene criteri di valutazione dei rischi per movimen2 ripe22vi degli ar2 superiori 2. Metodo OCRA CHECK-LIST: metodologia più semplice che non consente di effe5uare una vera e propria valutazione, ma una pre-s:ma del rischio. Ovvero quando vado a valutare un ambiente di lavoro per lo studio dei movimen2 ripe22vi applico OCRA CHECK-LIST se c’è necessità di intervenire precocemente perché vedo cri2cità. Oltre alle aree verde, gialla, rossa, Occhipin2 e Colombini hanno aggiunto un’area viola dove è necessario intervenire come nell’area rossa, ma abbiamo una priorità par2colare di intervento. Quindi questa metodologia consente di me5ere in a5o i primi interven2 del caso. Ul2ma tema2ca rela2va ai rischi di natura biomeccanica: posture di lavoro La postura è la posizione che il corpo assume in qualsiasi momento della nostra vita, può essere congrua e incongrua. Una definizione più scien2fica è “il complesso e la sequenza degli a5eggiamen2 che il corpo assume per lo svolgimento di un determinato compito lavora2vo”. Si dis2nguono 2 macrocategorie: 1. Postura fissa, costante nel tempo. Eventualmente è prevista una opera2vità dinamica solo a carico di par2colari distreJ corporei (digitazione del videoterminale, posizionamento e spostamento di oggeJ, avvitamento dei bulloni); 2. Postura dinamica: sequenza di a5eggiamen2 corporei durante il lavoro. La sequenza può essere variegata, composita o frequentemente modificata (es. medico che si sposta tra videoterminale, aJvità didaJca, aJvità clinica in ambulatorio). La postura non è di per sé una condizione di rischio, lo diventa in ambito occupazionale quando è tale da realizzare una condizione di sovraccarico biomeccanico a carico di uno o più distreJ corporei (postura incongrua). 29 15/10/18 Medicina del lavoro L’assunzione di una postura incongrua determina problema2che a vario livello a carico dell’apparato locomotore (collo/cervicale, schiena, polsi, ginocchia, dita), ma anche dell’apparato digerente perché ci può essere compressione dei visceri addominali. Cosa facciamo per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori espos2 a rischi di natura biomeccanica? A differenza di quanto vedremo per altri fa5ori di rischio, non abbiamo indicazioni precisi, dunque par2amo da una periodicità annuale delle visite che prevedono 1. Indagini anamnes2che mirate che possiamo condurre tramite ques2onari, in par2colare è molto u2lizzato il ques2onario ETM (?) per la valutazione dei disturbi a carico del rachide e degli ar2 superiori (realizzato dal comitato di ricerca ergonomia postura e movimen2 di Milano al quale afferiscono come fondatori Occhipin2 e Colombini) 2. Valutazione clinico-funzionale dell’apparato locomotore, con a5enzione par2colare a spalle e ar2 superiori 3. Esami specialis2ci e di imaging nel caso quando il medico competente li ritenga necessari sulla base di 1 e 2. La periodicità degli accertamen2 può essere modificata dal medico competente sulla base della valutazione dei rischi e può basarsi anche sullo stato di salute sia individuale che della popolazione lavora2va e dunque pare ragionevole ado5are periodicità differenziate (es nei programmi di sorveglianza sanitaria vediamo che nei giovani abbiamo una periodicità triennale, nei soggeJ 30-50 biennale, negli over 50 annuale). 30 15/10/18 Medicina del lavoro Lavoro al videoterminale Contesto norma2vo: TITOLO VII ALLEGATO XXXIV d.lgs. 81/2008 e s.m.i. Commento Art. 173: definizione del 1994 traslata nel d.lgs. 81/2008. b) C’è un messaggio ancora valido: tu5o quanto è a disposizione del lavoratore videoterminalista per svolgere la mansione fa parte del posto di lavoro e dunque necessita di rispondere ai requisi2 previs2 dalla norma2va e necessita di adeguata valutazione. c)cosa significhi in modo sistema2co o abituale non è mai stato chiarito. Sarebbe stato meglio se ci fosse stato scri5o “almeno 20 ore seJmanali”. Per evitare i danni alla colonna vertebrale il legislatore ha previsto una interruzione di 15 minu2 ogni 120 minu2 di aJvità lavora2va. Sono 15 minu2 in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro per altre mansioni che non prevedono l’u2lizzo del videoterminale. Non è una pausa. Art 174 1. Il datore di lavoro, all'a5o della valutazione del rischio di cui all'ar2colo 28, analizza i pos2 di lavoro con par2colare riguardo: a) ai rischi per la vista e per gli occhi; b) ai problemi lega2 alla postura ed all'affa2camento fisico o mentale; c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale. (Richiamo esplicito ai principi dell’ergonomia) 1 Il datore di lavoro ado5a le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontra2 in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma, ma anche della combinazione della incidenza dei rischi riscontra2. 2 Il datore di lavoro organizza e predispone i pos2 di lavoro di cui all'ar2colo 173, in conformità ai requisi2 minimi di cui all’allegato XXXIV (che cos2tuisce un piccolo tra5ato di ergonomia occupazionale). Commento Art 174: L’obbligo di effe5uazione della valutazione del rischio mentale è una previsione del decreto del 1994, traslata nel decreto 2008 tu5'oggi vigente e risulta essere antesignano in quanto l’obbligo della valutazione dello stress lavoro correlato è stato introdo5o nella nostra norma2va soltanto nel 2008 previo recepimento dell’accordo europeo sullo stress lavoro correlato del 2004. Livello di approfondimento, de5aglio e lungimiranza non comune! Fake news: radiazioni ionizzan2 prodo5e da PC, aumento incidenza abor2 in chi u2lizza videoterminali. Il lavoro al VDT non rappresenta un rischio alla salute del lavoratore; è la sua u2lizzazione in condizioni ambientali e organizza2ve non idonee a poter provocare disagi e/o disturbi reversibili: a.affa2camento visivo: astenopia Sintomi aspecifici che possono comparire insieme o singolarmente: bruciore, prurito, iperemia congiun2vale, lacrimazione/secchezza, disconfort periorbitario/retrobulbare, ammiccamento frequente (sopra5u5o nei portatori di len2 a conta5o o in presenza di ambien2 inquina2), visione sfuocata/sdoppiata, difficoltà alla le5ura, fas2dio alla luce, visione di pun2 luminosi o aloni colora2, cefalea. Quadro temporaneo e reversibile. 31 15/10/18 Medicina del lavoro Il lavoro al VDT non comporta nessun rischio di sviluppo di disturbi di rifrazione quali la miopia né aggravamento di vizi di rifrazione già esisten2 nel sogge5o che u2lizza VDT. b. Disturbi muscolo-sche

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