Lezioni [1-6] PDF - Scienze Motorie e dello Sport

Summary

These lecture notes cover the topics of recreational motor activity and leisure time, focusing on the role of physical activity in leisure time and the different types of leisure time activities. This includes a discussion of the benefits of physical activity, types of exercises, and the importance of physical activity in different life stages. The notes analyze various concepts about leisure, including the historical context of leisure and its meaning in different cultures and societal contexts.

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Corso di Laurea in Scienze Motorie e dello Sport Dipartimento di scienze e tecnologie biologiche e ambientali A.A. 2024/2025 TECNICA E DIDATTICA DELL’ ATTIVITA’ MOTORIA RICREATIVA E DEL TEMPO LIBERO...

Corso di Laurea in Scienze Motorie e dello Sport Dipartimento di scienze e tecnologie biologiche e ambientali A.A. 2024/2025 TECNICA E DIDATTICA DELL’ ATTIVITA’ MOTORIA RICREATIVA E DEL TEMPO LIBERO Dott. DOMENICO UNGARO OBIETTIVI DEL CORSO Rielaborare o acquisire il ruolo dell’attività motoria durante il tempo libero. Progettare, organizzare, gestire attività motorie di gruppo ed individuali,ricreative, amatoriali, turistiche, del tempo libero. ATTIVITÀ MOTORIA RICREATIVA E DEL TEMPO LIBERO COSA SIGNIFICA PER VOI ATTIVITÀ RICREATIVA e TEMPO LIBERO? Significati che abbiamo ormai Attività piacevole, che acquisito. fa stare bene, che Apparentemente semplici, ma diverte, lontano dal difficili se cerchiamo di definire un lavoro e dagli impegni, margine, un limite entro il quale durante le vacanze muoversi Definizione di RICREAZIONE dal “Devoto-Oli 2008” “La distrazione come utile pausa in un’attività fisica o intellettuale: gioco, spettacolo di r., lo sport è una sana r…. Il tempo connesso allo svago nel corso della giornata”. RICREATIVO “Atto a procurare svago e divertimento” RICREAZIONALE “ Destinato al TEMPO LIBERO” TEMPO LIBERO “….Quella quota di tempo che gli individui tendono a riempire con attività scelte liberamente, non soggette a vincoli imposti dall’esterno, non finalizzate a lucro, e ritenute fonte di piacere e/o riposo…” (“Tempo libero” – di Maria Carmen Belloni) Storicamente l’affermazione attuale del concetto di tempo libero viene fatta a partire dalla rivoluzione industriale. Come contrapposizione del tempo-luogo di lavoro con tempi e luoghi della quotidianità. (“Tempo libero” – di Maria Carmen Belloni) Il concetto di tempo libero ha assunto significati diversi nel corso della storia Esempio di ambivalenza di significato nella cultura cristiana Significato positivo come Significato negativo come tempo dedicato alla riflessione e condanna dell’ozio, tempo alla contemplazione … libero fonte di perdizione … Nella nostra accezione il tempo libero ha una valenza certamente positiva come tempo dedicato alla pratica motoria che oltre a “ricreare” permette il mantenimento di uno stile di vita attivo RUOLO DELL’ATTIVITÀ MOTORIA NEL TEMPO LIBERO Sono noti ormai i benefici psico-fisici prodotti dallo svolgimento di un’attività fisica regolare. L’OMS pone l’esercizio fisico e lo sport per tutti in posizione di primo piano nelle strategie per la promozione della salute nel terzo millennio. L’esercizio fisico nelle sue molteplici forme ha lo scopo di: Crescere e svilupparsi armonicamente Tenere efficienti organi ed apparati Vivere attivamente Allontanare o ridurre gli effetti dell’invecchiamento L’ACSM nei Position Stand consiglia la pratica di regolare attività fisica, indicandone la tipologia, la frequenza, l’ intensità, la durata, anche in funzione dell’età e dello stato di salute. Per mantenere un buono stato di salute l’ACSM raccomanda lo sviluppo e/o mantenimento delle seguenti capacità: RESISTENZA FORZA (massima, ipertrofia, resistenza alla forza, resistenza muscolare, potenza) FLESSIBILITÀ RESISTENZA Tutte le attività che coinvolgono grandi gruppi Freq. di allenamento: muscolari, che possono essere continuate e di 3-5 volte la settimana; natura ritmica. Intensità di allenamento: Attività all’aperto: 55/65%-90% Fc max Camminare, correre, andare in bicicletta, nuotare, Tempo di allenamento: ballare, fare sci da fondo, pattinare, ecc. 20-60 minuti continui o ad Attività in palestra: Fitness ( aerobica, step, interval training, spinning, intervalli di 10 min ciascuno fitboxe, danza, balli, ecc.)e attività con macchine di da accumulare nel corso cardiofitness della giornata(in base Attività in piscina: nuoto, ginnastica in acqua, all’intensità) hidrospinning, ecc. FORZA L’Allenamento alla forza specialmente quando inserito in un training globale di allenamento riduce i fattori di rischio associati a: diabete non insulino dipendente, cancro del colon, malattie coronariche; previene l’osteoporosi, favorisce la perdita di peso, migliora la stabilità (equilibrio), mantiene le capacità funzionali e migliora il benessere psicologico. Frequenza di allenamento: almeno 2 volte la settimana; Intensità di allenamento: da moderata ad alta ( in dipendenza dal tipo di forza da sviluppare)70-75% del RM Metodo di allenamento: Iniziale (persone non allenate) 8-12 ripetizioni (10 -15 se anziani) 8-10 esercizi per i maggiori gruppi muscolari 1 serie (miglioramento dell’80% rispetto ad allenamento con 3 serie) Esistono varie metodiche di allenamento ( piramidali inverso-diretto, ecc.) Rispettare il progressivo sovraccarico: aumentare il carico; aumentare le ripetizioni; FLESSIBILITA’ Gli esercizi di flessibilità dovrebbero essere inseriti nei programmi di fitness per sviluppare e mantenere una buona escursione articolare (ROM). Questi esercizi dovrebbero allungare (stretch) i maggiori gruppi muscolari ed essere svolti almeno 2-3 volte la settimana. Lo stretching dovrebbe includere tecniche sia statiche sia dinamiche. L’attività motoria per l’animale è fondamentale per la sopravvivenza. Nell’uomo lo sviluppo ha determinato un duplice aspetto: se da un lato le migliorate condizioni di vita hanno favorito una maggiore longevità, dall’altro hanno determinato le conseguenze connesse all’aumento di uno stile di vita sedentario: in particolare patologie cardiovascolari, obesità. Attività motoria può essere considerata uno dei bisogni primari che stanno in prossimità della base della piramide di Maslow. LA GERARCHIA DEI BISOGNI SECONDO MASLOW STIMA AUTOREALIZZAZIONE STIMA DI SÉ AMORE APPARTENENZA INTIMITÀ SALVEZZA SICUREZZA PROTEZIONE SESSO ATTIVITÀ ESPLORAZIONE MANIPOLAZIONE NOVITÀ CIBO ARIA ACQUA TEMPERATURA ELIMINAZIONE RIPOSO LIBERTÀ DAL DOLORE ESISTE UNA CULTURA DEL TEMPO LIBERO NELLA NOSTRA SOCIETÀ? TEMPO LIBERO ANZIANI ADULTI GIOVANI BAMBINI EFFICIENTISMO SPAZI DI AGGREGAZIONE ESASPERATO STANNO DOPO IL TEMPO SCUOLA SOLITUDINE AUMENTANDO? E NEL TEMPO VACANZA MALATTIE E DEPRESSIONE I GIOVANI NON SEMBRANO GENITORI POCO TEMPO PIÙ TEMPO LAVORO, POCHE OCCASIONI VACANZA E QUOTIDIANO SEMPRE MENO TEMPO INTERESSATI? LIBERO MANCA MOTIVAZIONE? L’ATTIVITÀ MOTORIA RICREATIVA E DEL TEMPO LIBERO PUÒ ESSERE OSSERVATA DA MOLTISSIMI PUNTI DI VISTA…ENTRO I QUALI NE SCEGLIEREMO ALCUNI COME RIFERIMENTO NEL TENTATIVO DI DELINEARE UN LIMITE. ATTIVITA’ MOTORIA RICREATIVA DEL TEMPO LIBERO TEMPO OUTDOOR ETA’’ LIBERO INDOOR TEMPO TEMPO TEMPO TERZA GIOVANE BAMBINO ADULTO ADOLESCENTE OUTDOOR INDOOR VACANZA WEEKEND QUOTIDIANO ETA’ FANCIULLO TEMPO LIBERO VACANZA Quando si parla di tempo libero vacanza ci si riferisce ad una quota di tempo prolungata, di solito coincidente con i periodi di vacanze scolastiche e lavorative, della durata di almeno una settimana. In questo contesto temporale sono numerose le attività motorie che possono essere svolte. Ci riferiamo alle attività di tipo organizzato effettuate in contesti vacanza: villaggi turistici - vacanze attive – grest - play sport… TEMPO WEEKEND Quando si parla di attività motoria e ricreativa del tempo week end ci si riferisce alla quota di tempo del fine settimana, della pausa dal lavoro, dallo studio, ecc. più lunga nell’arco della settimana. Molto spesso le persone si dedicano alla pratica motoria solo durante questa tipologia di tempo. Le attività che possono essere effettuate sono, anche in questo caso, numerosissime. Indoor o autdoor, invernali, estive, individuali o di/in gruppo. Tantissime sono le associazioni che si occupano dell’organizzazione di tali attività ( cicloturismo, marcia, ecc.) e tanti sono i praticanti che si dedicano a qualche forma di attività motoria nel fine settimana. TEMPO LIBERO QUOTIDIANO Quando si parla di tempo libero quotidiano ci si riferisce ad una quota di tempo all’interno della giornata. E’ il tempo libero della pausa quotidiana dal lavoro, dallo studio, dalle “attività dovere” che vengono svolte ogni giorno (es.: per una casalinga, il tempo dedicato a sé…). Anche in questo caso tantissime possono essere le pratiche motorie effettuate sia quotidianamente sia qualche giorno alla settimana. Sono le attività che se effettuate regolarmente contribuiscono ad uno stile di vita attivo. Possono essere autdoor, indoor, individuali di/in gruppo, ecc. TERZA ETÀ L’invecchiamento della popolazione in atto, nei Paesi occidentali, dalla seconda metà del XX secolo, sta determinando una trasformazione senza precedenti della loro struttura sociale, tanto da essere paragonato, per la sua portata, alla rivoluzione industriale. (Antonio Cherubini - Sezione di Gerontologia e Geriatria - Università degli Studi di Perugia - Azienda Ospedaliera di Perugia ) Modificazione della struttura per età della popolazione mondiale dal 1900 al 2050 L’INVECCHIAMENTO dal punto di vista biomedico, è un processo biologico, caratterizzato da cambiamenti che si realizzano nel corso della vita dell'individuo, determinando una sempre minore capacità di adattamento dell'organismo all'ambiente, una conseguente ridotta probabilità di sopravvivere ed una crescente probabilità di ammalarsi e di morire, ovvero un'aumentata fragilità. L’invecchiamento è determinato da fattori genetici e fattori ambientali IL RUOLO DELL’ATTIVITÀ FISICA: L’attività fisica e l’esercizio fisico riducono il declino della riserva funzionale che si realizza con l’invecchiamento; L’attività fisica e l’esercizio hanno un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel trattamento delle malattie croniche; L’attività fisica è utile nella prevenzione e trattamento della disabilità; Antonio Cherubini -Istituto di Gerontologia e Geriatria Università degli Studi di Perugia IL RUOLO DELL’ATTIVITÀ FISICA: L’attività fisica e l’esercizio fisico hanno un ruolo RICREATIVO mediante attività ludiche che favoriscano la socializzazione e il miglioramento di abilità e capacità motorie (autostima – senso di autoefficacia -autonomia) ADULTI Stile di vita sano Benefici fisiologici Minor rischio di obesità Minor rischio di malattie cardiache e altre patologie (diabete) Maggior densità ossea e massa magra Benessere psicologico Socializzazione Autostima Divertimento-ricreazione ADOLESCENTI Socializzazione Opportunità di stare con gli altri Confrontarsi Conoscenza di sé Favorire lo sviluppo armonico Attività motoria per affrontare più serenamente i grossi cambiamenti psico-fisici del periodo dell’adolescenza Autostima Riconoscimento del proprio ruolo sociale Piacere e motivazione alla partecipazione… BAMBINI Attraverso le attività ludico motorie Importanza del gioco Socializzazione Piacere senso motorio Espressione Corretto sviluppo psicofisico Evitare la specializzazione precoce … Aspetto tempo libero Tempo quotidiano OUTDOOR Week end Tempo vacanza Progetto cammino Età Progetto musica Grest Terza età coreografia adulti animazione Progetto Villaggio comunicazione giovani Turistico fitness bambini INDOOR Aspetto tempo libero Tempo quotidiano OUTDOOR Week end Tempo vacanza Progetto cammino Età Progetto musica Grest Terza età coreografia adulti animazione Progetto Villaggio comunicazione giovani Turistico fitness bambini INDOOR I TRE PUNTI DI VISTA SCELTI, SI POSSONO INTERSECARE, INTRECCIARE FORMANDO COSÌ NUMEROSE COMBINAZIONI ANDREMO AD ANALIZZARE, IN FORMA PROGETTUALE DIDATTICA E METOTOLGICA ALCUNE DELLE COMBINAZIONI RIGUARDANTI LE DIVERSE FASCE D’ETÀ, LA TIPOLOGIA DI TEMPO COINVOLTO E IL LUOGHI. Iniziando con la terza età e l’età adulta con l’osservazione di un progetto già realizzato di attività di cammino che si interseca con tutte le tipologie di tempo, ma in particolar modo con il tempo quotidiano (settimanale) e w.e. ( anche con tempo vacanze – vedi montagna ) e si riferisce all’outdoor. Si passerà ad analizzare un progetto rivolto a bambini e giovani che si riferisce al tempo vacanza sia indoor sia outdoor, il progetto grest. Il progetto villaggio riguarda tutte le fasce d’età, si riferisce al tempo vacanza, ma contiene attività che considerate singolarmente possono riferirsi al tempo quotidiano e al tempo w.e. che verranno analizzate negli aspetti dell’animazione, dell’utilizzo della musica, della coreografia, della comunicazione… Grazie per l’attenzione Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce ETA’ EVOLUTIVA I BENEFICI E VALORI INDOTTI DA UNA SANA PRATICA SPORTIVA Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce EVOLUZIONE FASE DI CRISI FASE DI STABILIZZAZIONE 1 - STILE DI VITA 2 - ALIMENTAZIONE 3 - MOVIMENTO Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce STILE DI VITA - NON INTRODURRE SOSTANZE TOSSICHE E CHIMICHE PER VIA RESPIRATORIA, ALIMENTARE, EPITELIALE - RISPETTARE IL CICLO SONNO - VEGLIA DORMIRE IN GIUSTA QUANTITA’ E QUALITA’ Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce ALIMENTAZIONE - ALIMENTARSI IN MODO SANO E GENUINO PRODOTTI A KM 0 E DI STAGIONE PRIVI DI CONSERVANTI, COLORANTI, ECC - CERCARE DI FARE UNA DIETA MEDITERRANEA RISPETTARE LA PIRAMIDE ALIMENTARE, BERE TANTA ACQUA Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce ATTIVITA’ MOTORIA GIOVANILE MIGLIORARE L’EFFICIENZA FISICA REALIZZARE UNA FUNZIONE EDUCATIVA IN FUNZIONE DI UNA MORALE PRESTAZIONE SPORTIVA O DI UN GIOCO SOCIALE PER FAVORIRE LA SPINTA PUBERALE EVOLUTIVA CULTURALE “I bambini sono divenuti meno attivi fisicamente negli ultimi 30 anni a causa della tecnologia e oggi spendono circa 600 Kcal /al giorno di meno rispetto ai loro coetanei di 50 anni fa. I giochi all’aria aperta come il calcio, il salto alla fune, il nascondino sono stati sostituiti da lunghe ore davanti al computer, spesso in compagnia di cibi (“ fast food” ) poco salutari “ Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce MULTILATERALITA’ PRIME FASCE D’ETA’ (4 – 12 anni) ETA’ GIOVANILE (12 – 18 anni) - AMPLIARE IL BAGAGLIO MOTORIO - ADDESTRAMENTO AI METODI E MEZZI DI LAVORO SPECIFICO UNILATERALITA’ (specializzazione precoce) RISTRETTO BAGAGLIO MOTORIO MONOTONIA, PERDITA DI INTERESSE, ABBANDONO. IPERSOLLECITAZIONE DI ORGANI/APPARATI ATTEGGIAMENTI VIZIATI, PARAMORFISMI (attività con gesto asimmetrico) Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce OBIETTIVI PRINCIPALI - COSTRUZIONE DI BASE DELLE CAPACITA’ MOTORIE - SVILUPPO ARMONICO GENERALE DEL CORPO - IN CONTESTI DI FORMAZIONE CULTURALE E SOCIALE PER LO SVILUPPO DELLA PERSONALITA’ NEL RISPETTO DELLE LEGGI CHE REGOLANO LA CRESCITA FISICA-PSICOLOGICA DEL FANCIULLO PER GARANTIRE GLI EFFETTI BENEFICI DI UNA SANA ATTIVITA’ FISICA. Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce La modernizzazione La modernizzazione ha eliminato sistematicamente l’esercizio fisico dalla nostra vita. Le automobili hanno eliminato le passeggiate e l’andare in bicicletta quotidiani. Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce … Oggi i cortili non ci sono più, la merenda si fa quattro volte al giorno e, invece di giocare, ci si piazza davanti ad uno smartphone o alla televisione. Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce I disturbi dell’obesità L’obesità non dovrebbe più essere considerata semplicemente un problema estetico ma come un’epidemia che minaccia la salute mondiale. L’obesità è un disturbo complesso generato dall’interazione tra fattori genetici e ambientali. Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce Obesità in età infantile E’ soprattutto nei primi anni di vita che bisogna combattere l’obesità. Tenendo conto delle difficoltà di “uscirne”, gli interventi devono concentrarsi sulla prevenzione attraverso l’educazione alimentare. Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce Peso (Kg) Body Mass Index = ------------------------------- h2 Altezza al quadrato (mt) Il BMI si calcola dividendo il peso (espresso in chilogrammi) per il quadrato dell'altezza (espresso in metri) Ad esempio: per un ragazzo che pesa 55 kg ed è alto 1,65 metri BMI = 55 : 2,72 (1,65 x 1,65) = 20,22 Per un bambino che pesa 14 kg ed è alto 91 cm (= 0,91 metri) BMI = 14 : 0,82 (0,91 x 0,91) = 17,7 Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce BMI Età EVOLUTIVA Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce BMI Età ADULTA DONNE Ungaro Domenico - Docente in Scienze Motorie - Anno Scolastico 2024/2 Stomeo – Zimbalo, Lecce BMI Età ADULTA UOMINI L'IMPORTANZA DELL'EDUCAZIONE MOTORIA INTEGRATA NELLA FORMAZIONE UMANA L'IMPORTANZA DELLA CORPOREITÀ NEI PROCESSI DI CRESCITA E DI SVILUPPO La corporeità umana è un aspetto fondamentale da considerare nell'educazione armonica ed integrale della persona. La riflessione pedagogica presta sempre più attenzione alla dimensione corporea e alle scienze del movimento, poiché uno sviluppo sano ed armonico è frutto di una cura della persona nella sua complessità, a partire dal suo corpo. L'EDUCAZIONE MOTORIA INTEGRATA COME SVILUPPO PERSONALE E CULTURALE L'educazione motoria integrata è un elemento fondamentale per la formazione umana personale e collettiva. Essa permette di sviluppare abilità motorie e di passare dal gioco allo sport, ma è anche un processo di socializzazione importante nella scuola dell'infanzia. È necessario progettare percorsi formativi specifici per gli insegnanti, poiché la formazione attuale appare spesso anacronistica e slegata dai presupposti scientifici. LA DIMENSIONE CORPOREA COME MEZZO DI COMUNICAZIONE CON IL MONDO La dimensione corporea è importante non solo come oggetto del mondo, ma anche come mezzo di comunicazione con esso. Il linguaggio corporeo è fondamentale per esprimere sentimenti e stati d'animo, e spesso ha un ruolo più importante del linguaggio verbale nella comunicazione. È necessario sviluppare competenze sociali per decodificare la comunicazione non verbale e comprendere le intenzioni degli altri. IL LEGAME TRA CORPO, MOVIMENTO, EMOZIONE E COGNIZIONE Bisogna evidenziare l'importanza di comprendere e valorizzare il legame tra corpo, movimento, emozione e cognizione nella natura umana. Nella storia questo legame è stato a lungo sottovalutato a causa del dualismo cartesiano, che ha influenzato la percezione della corporeità e dell'apprendimento. Tuttavia, è fondamentale riconoscere l'importanza di questo legame per una didattica efficace e per favorire un'educazione sensoriale nel fanciullo. L'IMPORTANZA DELLA DIMENSIONE CORPOREO-CINESTETICA NELL'INFANZIA Il periodo dell'infanzia è caratterizzato dalla naturale spinta al fare e all'agire. È importante che questa energia venga convogliata e ottimizzata attraverso percorsi di insegnamento che valorizzino la dimensione corporeo-cinestetica. I giochi motori, gli sport e le attività di movimento possono essere strumenti efficaci per la formazione dei bambini, non solo dal punto di vista cognitivo ma anche etico e morale. SALUTE E BENESSERE Il concetto di salute e benessere La responsabilità personale nel Nel corso del tempo, il concetto di salute raggiungimento del benessere è cambiato, assumendo oggi Il benessere non può essere raggiunto un'accezione più ampia di benessere senza una responsabilità personale globale della persona. Questo concetto è diretta e consapevole nei confronti del spesso associato al termine "benessere", proprio corpo, della propria mente e che comprende diverse dimensioni come della propria vita sociale. È importante i bisogni primari, quelli psicologici, che ogni individuo si assuma la culturali e sociali. Negli ultimi anni, si è responsabilità di prendersi cura di sé e diffusa l'idea di un benessere legato alla cura del corpo, del movimento e della di perseguire uno stile di vita equilibrato salute psicofisica. e rispettoso della propria corporeità IL CORPO COME GUIDA VERSO UNO STILE DI VITA SANO Il corpo è il principale strumento che guida o devia l'individuo verso uno stile di vita sano e rispettoso della propria corporeità. È importante che ogni persona costruisca e ricostruisca la propria immagine corporea, tenendo conto dell'immagine condivisa dal gruppo sociale di appartenenza. Inoltre, è fondamentale sviluppare una capacità critica- riflessiva nei confronti del proprio corpo e delle proprie esperienze corporee COSTRUZIONE DELL'IDENTITÀ CORPOREA La costruzione dell'identità corporea è un processo che coinvolge attivamente l'individuo nella scelta di uno stile di vita sano e rispondente al proprio progetto di vita. Attraverso un confronto attivo con le rappresentazioni sociali, il soggetto può appropriarsi di determinati codici culturali di comportamento e rifiutarne altri che non rispondono al suo progetto di identità corporea. In questo modo, l'individuo diventa un creatore di preferenze, scelte e schemi interpretativi, utilizzando il proprio corpo come spazio per esprimere la propria identità. SPORT E ATTIVITÀ FISICA COME STRUMENTI PER IL BENESSERE L'attività motoria ha effetti positivi sulla psiche e sull'organismo, contribuendo a migliorare: 1. la fiducia in sé stessi e l'autostima 2. creare un miglioramento dello stato organico generale e della percezione del proprio corpo Per questo motivo, lo sport e l'attività fisica sono considerati un aspetto essenziale, soprattutto in età evolutiva, e sono riconosciuti come un diritto fondamentale dei bambini/e e dei ragazzi/e dalle Nazioni Unite. IMPORTANZA DELL'ATTIVITÀ MOTORIA E SPORTIVA IN ETÀ EVOLUTIVA L'attività motoria è fondamentale per un corretto sviluppo psicofisico dei bambini/e e dei ragazzi/e. Oltre ai benefici fisici, l'attività motoria ha un ruolo determinante anche in termini psicologici, educativi e sociali. Infatti, praticare attività sportiva aiuta i bambini a sviluppare: la socialità la lealtà l'amicizia rispetto delle regole l'accettazione delle sconfitte IMPORTANZA DELL'ATTIVITÀ MOTORIA E SPORTIVA IN ETÀ EVOLUTIVA Inoltre, l'attività motoria è un ottimo modo per sviluppare: organizzazione lavoro per obiettivi cooperazione e spirito di gruppo capacità di problem solving visione di unione e non separazione Lo sportivo, di fatto, in questo modo mantiene un atteggiamento sempre positivo nei confronti delle difficoltà della vita e, affronta ostacoli e sfide con determinazione e ottimismo. RUOLO DELL'EDUCAZIONE ATTRAVERSO IL MOVIMENTO Secondo Piaget e Le Boulch, l'educazione attraverso il movimento è uno strumento insostituibile per la formazione della persona nella sua totalità. Attraverso il "fare", il bambino giunge alla comprensione e alla costruzione di regole e leggi funzionali a tutti gli apprendimenti scolastici. Inoltre, la scienza del movimento umano deve favorire un'espansione umana che permetta all'individuo di situarsi e agire nel mondo in trasformazione, favorendo una migliore conoscenza e accettazione di sé, un migliore accomodamento della condotta, l'autonomia e l'accesso alla responsabilità nella vita sociale. EDUCAZIONE MOTORIA IN CHIAVE INTERDISCIPLINARE L’IMPATTO DELL’ESERCIZIO FISICO A LIVELLO COGNITIVO EFFETTI POSITIVI DELL'ESERCIZIO IMPORTANZA DEL CORPO FISICO FISICO SUL FUNZIONAMENTO NEI PROCESSI COGNITIVI COGNITIVO Numerosi studi hanno dimostrato che Secondo numerosi studi, la cognizione è l'esercizio fisico, sia a breve che a lunga incarnata e dipende anche dalle durata, ha effetti positivi sul caratteristiche corporee. Ciò sottolinea funzionamento cognitivo di bambini, l'importanza di considerare il corpo come adolescenti, giovani e adulti. Questo elemento fondamentale per un mette in evidenza l'importanza del corpo intervento educativo-didattico efficace e fisico nei processi cognitivi e la necessità significativo. In particolare, per la scuola di riconsiderare le prassi didattiche per dell'infanzia e primaria, è importante un intervento educativo-didattico efficace promuovere e prendersi cura del corpo e significativo. come dimensione fondamentale per i percorsi educativi e di apprendimento. DIDATTICA DELLA CORPOREITÀ COME STRUMENTO DI APPRENDIMENTO La didattica della corporeità, attraverso l'attività motoria e ludico-sportiva, può diventare uno strumento efficace per l'apprendimento. Essa permette di affiancare le informazioni teoriche con stimoli emotivi e sensoriali, che possono favorire i processi di apprendimento e la memorizzazione delle informazioni. Inoltre, l'educazione motoria può contribuire al miglioramento generale delle capacità e delle abilità motorie, oltre che alla salute fisica. INTERDISCIPLINARIETÀ NELLA PRASSI EDUCATIVA L'approccio interdisciplinare nella prassi educativa è fondamentale per comprendere la natura umana e per offrire un contributo significativo da parte di diversi settori scientifico-disciplinari. Ciò richiede il riconoscimento di una pluralità di stili apprenditivi e di "formae mentis", considerando l'intelligenza come una modalità risolutiva dei problemi che utilizza canali percettivi, strumenti e approcci diversi. DIMENSIONE EMOTIVA E CORPOREA Gli studi hanno dimostrato che le emozioni coinvolgono la dimensione corporea, determinando modificazioni fisiologiche. In particolare, le emozioni primarie (gioia, tristezza, rabbia, sorpresa, paura, disgusto) possono influenzare il nostro corpo e il nostro comportamento. Ciò sottolinea l'importanza di considerare la dimensione emotiva e corporea nella didattica, attraverso attività motorie e ludico- sportive che possono coinvolgere emotivamente gli studenti e favorire l'apprendimento. INTELLIGENZA CORPOREO-CINESTESICA Secondo gli studi di Howard Gardner, l'intelligenza corporeo- cinestesica è una delle forme di intelligenza che entra in gioco in maniera prevalente o concorrente in molte attività umane. Ciò sottolinea l'importanza di considerare la dimensione corporea nella didattica, in quanto essa può essere un canale privilegiato per la trasmissione e l'acquisizione di saperi e conoscenze disciplinari, relazionali, emotive e sociali RUOLO DELL'EDUCAZIONE MOTORIA NELL'INTEGRAZIONE DELL'ALLIEVO L'educazione motoria, vista come educazione ai valori, può contribuire all'integrazione dell'allievo nel gruppo classe e nella società. Essa può favorire lo sviluppo di un individuo ben integrato nel suo ambiente, in grado di stabilire una fondamentale identità di interessi tra sé e il prossimo, nel rispetto delle cose e dell'ambiente. Ciò sottolinea l'importanza di considerare l'educazione motoria come una disciplina a supporto didattico delle altre materie. L'IMPORTANZA DELLE SCIENZE MOTORIE Le scienze motorie sono oggi oggetto di un ripensamento scientifico ed epistemologico che ha portato alla luce nuove definizioni e significati su temi e concetti fondamentali come il corpo, la corporeità, la salute e l'educazione. In questo contesto, l'educazione motoria assume un ruolo centrale come strumento privilegiato per un autentico percorso educativo. È quindi necessario un approccio transdisciplinare che superi i confini delle discipline e che formi docenti e ricercatori in grado di affrontare i problemi da più punti di vista L'EDUCAZIONE MOTORIA E L'INCLUSIONE La pedagogia deve focalizzarsi sulle specificità e diversità di ogni individuo e non limitarsi a un processo di socializzazione. L'educazione motoria, attraverso il movimento, favorisce l'incontro con gli altri e la costruzione di relazioni, promuovendo l'autostima e l'autoefficacia. Inoltre, il movimento permette di integrare le lacune e sviluppare le potenzialità di ogni individuo, anche in presenza di un corpo diverso. Tuttavia, è importante non cadere in facili deduzioni e considerare sempre la storia personale e il contesto socio- culturale di ogni individuo. LA DIMENSIONE CORPOREA NELLA PEDAGOGIA E NELLA DIDATTICA La dimensione corporea è stata spesso trascurata nella pedagogia e nella didattica, relegata a un ruolo secondario e considerata solo in un approccio dualistico. Tuttavia, il corpo e il movimento sono fondamentali per lo sviluppo e l'educazione dell'individuo, contribuendo alla conquista dell'autonomia, alla costruzione dell'identità personale e all'acquisizione di competenze. È necessario quindi che il corpo diventi il protagonista della didattica e che si strutturino percorsi di insegnamento e apprendimento che tengano conto del binomio inscindibile corpo-emozioni. PEDAGOGIA E MOTRICITÀ NELLA SCUOLA COME SVILUPPO DI CRESCITA DELLA PERSONA Il legame tra motricità e maturità cognitiva L'importanza della motricità nella scuola e nell'integrazione Secondo alcuni studi, esiste una correlazione tra lo sviluppo motorio e la maturità cognitiva. I bambini con un Q.I. Il corpo e la motricità sono considerati elementi educativi elevato tendono ad avere uno sviluppo motorio più rapido ed evolutivi di primaria importanza. Le attività motorie nella rispetto ai coetanei con un Q.I. nella norma, poiché la scuola sono fondamentali per realizzare l'integrazione, motivazione all'azione e all'esplorazione è per loro uno poiché permettono ai bambini di socializzare e di accettare stimolo al fare e a perturbare l'ambiente. Inoltre, il dialogo le diversità. Inoltre, l'attività motoria è un metodo tonico con la madre è fondamentale per la strutturazione d'intervento importante nel percorso educativo e di del sé corporeo e della conseguente motricità. integrazione dell'alunno diversamente abile. L'importanza delle condizioni ottimali per la crescita Il ruolo della motricità nello sviluppo della persona armoniosa del bambino La motricità svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo Per garantire una crescita armoniosa del bambino, è della persona, poiché favorisce il consolidamento di fondamentale creare delle condizioni ottimali che gli capacità cognitive e promuove sentimenti di sicurezza e permettano di svilupparsi in armonia con gli altri e con autonomia. Inoltre, l'esperienza motoria permette l'ambiente. Ad esempio, l'iper protezione può rallentare la all'individuo di entrare in contatto con l'altro attraverso il disponibilità all'esplorazione e causare ritardi nello sviluppo contatto fisico e la reciproca percezione, favorendo una motorio. Inoltre, è importante che il bambino acquisisca un migliore comunicazione e percezione del mondo interno. grado di autonomia nei confronti della madre, in modo da favorire l'attività esplorativa dell'ambiente. IL GIOCO COME STRUMENTO DI INTEGRAZIONE E ESPRESSIONE DELLE POTENZIALITÀ Il gioco è un importante strumento di integrazione, poiché permette a tutti di esprimere le proprie potenzialità in modo flessibile. Attraverso il gioco, è possibile contestualizzare esperienze emotive, cognitive e relazionali. Inoltre, il gioco è un'attività che favorisce l'incontro con l'altro e la comunicazione attraverso codici non verbali. LO SPORT COME STRUMENTO DI INCLUSIONE SOCIALE PER LE PERSONE CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI Lo sport rappresenta una possibilità di abbattimento delle barriere sociali e di promozione dell'inclusione sociale per le persone con bisogni educativi speciali. Attraverso l'attività motoria e lo sport, è possibile sviluppare le proprie qualità e acquisire maggiore consapevolezza del proprio corpo e delle proprie capacità. Inoltre, lo sport può essere inteso come una cura educativa per il miglioramento delle abilità psico-fisiche. CONCLUSIONI: Per incoraggiare l'attività fisica nei bambini, è importante offrire una varietà di attività adatte all'età e alle abilità individuali. Queste attività devono sostenere lo sviluppo fisico, cognitivo ed emotivo, essere divertenti e svolgersi in sicurezza. I giochi di movimento e presportivi, che alternano attività dinamiche a momenti di riposo, sono particolarmente efficaci. Il gioco motorio è fondamentale nella prima infanzia, esprimendo curiosità e combattività. Ha un forte valore educativo, permettendo ai bambini di esprimere le proprie energie in un ambiente libero, rivelando inclinazioni temperamentali e promuovendo il benessere biologico. Attraverso il gioco, i bambini affinano qualità psichiche e sviluppano impegno intellettuale. È cruciale che l'educazione motoria sia guidata da professionisti competenti, integrando tutte le componenti del processo educativo e promuovendo scelte salutari. Il gioco motorio può essere praticato sia nell'educazione fisica che in altri percorsi didattici, grazie alla sua versatilità. GRAZIE PER L’ATTENZIONE L’INTELLIGENZA EMOTIVA Dott. Domenico UNGARO Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali L’INTELLIGENZA Prima di indagare il costrutto di “intelligenza emotiva”, occorre chiedersi: “cos’è l’intelligenza?”. Possiamo subito affermare che non esiste una definizione univoca di intelligenza, ma quella che trova d’accordo il maggior numero di studiosi la definisce come “la capacità di produrre un comportamento adattivo e funzionale al raggiungimento di uno scopo, un comportamento che affronti con successo le sfide dell’ambiente e che permetta di realizzare gli scopi prefissati”. La gente comune include, nel concetto di intelligenza, la: 1. Capacità di risolvere problemi 2. Capacità verbale 3. Competenza sociale Vi sono due approcci allo studio dell’intelligenza: un approccio cosiddetto “unitario” ed un approccio “multiplo”. APPROCCIO UNITARIO TEORIE STRUTTURALISTE DI TIPO PSICOMETRICO (TEST QI) TEORIE GLOBALI-MATURATIVE: epistemologia genetica di Jean Piaget, che identifica l’intelligenza come la capacità crescente che ha la mente di ragionare su entità astratte e sull’adattamento, il cui sviluppo corrisponde procede da ciò che è concreto a ciò che è astratto. Piaget fa riferimento a differenti stadi o periodi: - Periodo sensomotorio (0-2 anni). L’intelligenza assume la forma di azioni motorie; utilizza i sensi e le abilità motorie del soggetto per esplorare e relazionarsi con ciò che lo circonda - Periodo pre-operazionale (2-7 anni). L’intelligenza è intuitiva caratterizzata da egocentrismo, ovvero il punto di vista delle altre persone non è differenziato dal proprio; il soggetto non padroneggia ancora le nozioni di quantità, classe e relazione - Periodo delle operazioni concrete (7-11 anni). La struttura cognitiva è logica ma dipende da contesti concreti; il soggetto ha la nozione di quantità e classe - Periodo delle operazioni formali (11-15 anni). Il pensare implica la capacità di astrazione. TEORIE FATTORIALI: Spearman sosteneva che, in qualsiasi prestazione cognitiva, intervengono due fattori: un fattore g, generale, che interviene in maniera trasversale in tutte le più diverse prestazioni cognitive e un fattore s, specifico di una particolare abilità cognitiva (abilità linguistica, spaziale, aritmetica). La performance intellettiva è data dall’intervento di una capacità mentale generale (g) e di un’attitudine mentale specifica o secondaria (s). APPROCCIO MULTIPLO A metà del XX secolo, l’attenzione si spostò proprio su quelle componenti separate specifiche dell’intelligenza che Spearman sosteneva essere sottese da un fattore generale. TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE DI H. GARDNER Lo psicologo statunitense Howard Gardner critica duramente la vecchia concezione dell’intelligenza e la mentalità da “QI”, cioè “che le persone possano essere classificate solo in due categorie, intelligenti e non intelligenti e che a tal proposito non ci sia molto da fare”. Nel suo libro Formae Mentis, sottolinea l’esistenza di una gamma di intelligenze, sette all’inizio, poi ampliate nel numero: 1. L’intelligenza linguistica, che è la capacità di imparare e riprodurre il linguaggio e ha, come fine, quello di comunicare con gli altri. Tale acquisizione comprende la possibilità di esprimersi sia in forma orale che scritta. 2. L’intelligenza logico-matematica, che si rifà al pensiero logico-deduttivo e permette di analizzare i problemi, eseguire operazioni matematiche, e capire le questioni scientifiche. 3. L’intelligenza musicale che coinvolge l’abilità di ascoltare e riconoscere le note e comporre delle musiche (basti pensare al genio di Mozart). 4. L’intelligenza corporeo-cinestetica che è l’abilità di utilizzare il proprio corpo e deriva dal coordinamento e dalla fluidità dei movimenti. 5. L’intelligenza spaziale che consta nel riconoscere e rappresentarsi mentalmente il mondo esterno, tipica delle arti pittoriche e scultorie e delle scienze architettoniche. 6. L’intelligenza interpersonale che consiste nella capacità di “distinguere e di rispondere appropriatamente agli stati d’animo, al temperamento, alle motivazioni e ai desideri altrui”, “…scoprendo in che modo è possibile interagire con essi in modo cooperativo”. Successivamente, Gardner la suddivide in quattro abilità distinte: la predisposizione alla leadership, la capacità di mantenere relazioni, l’abilità nel risolvere conflitti e la capacità di costruirsi una “mappa sociale” del contesto gruppale che si vive. 7. L’intelligenza intrapersonale: consiste nell’essere consci dei propri sentimenti e nel saperli esprimere e di basarsi su di essi, assumendoli come guida del proprio comportamento. È, dunque, l’abilità di capire se stessi. Gardner la descrive come “una capacità correlativa rivolta verso l’interno: è l’abilità di formarsi un modello accurato e veritiero di se stessi e di usarlo per operare efficacemente nella vita”. A queste sette formae, ne aggiunse poi altre due: 8. L’intelligenza naturalistica 9. L’intelligenza esistenziale. Nella sua dissertazione, Gardner enfatizza soprattutto gli elementi cognitivi di queste intelligenze, accenna alla parte emotiva ma senza approfondirla. L’universo delle emozioni sottese a tali capacità resta al di fuori del suo campo di indagine. Autori successivi hanno sopperito a tale mancanza Teoria Triarchica dell’intelligenza di R. Sternberg Sternberg, nel 1985 parlo di tre forme di intelligenza: 1. Intelligenza analitica, capace di analizzare, confrontare, valutare. 2. Intelligenza pratica, capace di applicare, usare, utilizzare. 3. Intelligenza creativa, capace di creare, progettare, inventare. L’intelligenza era, quindi, il risultato di processi di tipo logico-astratto (intelligenza componenziale), ma anche come l’insieme delle abilità di adattarsi all’ambiente (intelligenza contestuale), di far fronte a compiti nuovi e automatizzare l’esecuzione di quelli già noti (intelligenza empirica). PER QUEL CHE RIGUARDA LA STRUTTURA DELL’INTELLIGENZA: THURSTONE nel 1938, propose una definizione di intelligenza caratterizzata da 7 abilità primarie che si collocano nella medesima posizione nell’articolazione dell’intelligenza: 1. Comprensione verbale 2. Fluidità verbale 3. Capacità numerica 4. Visualizzazione spaziale 5. Memoria 6. Ragionamento 7. Velocità percettiva IL CUBO DI GUILDFORD nel 1967, sostenne che l’intelligenza si componeva e si articolava in un numero elevato di abilità distinte ed autonome, specializzate per compiti specifici. Sono state individuate 120 differenti capacità, diventate 150, nel 1982, che rappresentò con un “cubo” in cui nelle tre dimensioni (lunghezza, larghezza e altezza) si articolano le: - Operazioni: attività che la mente compie con le informazioni che riceve dai sistemi percettivo-sensoriali; - Contenuti: fanno riferimento alla natura delle informazioni; - Prodotti: forme assunte dall’informazione, quando viene elaborata. Guildford distinse poi forme di: pensiero convergente che viene attivato nelle situazioni che permettono un’unica risposta pertinente e di pensiero divergente (o creativo) che viene attivato nelle situazioni che permettono più vie di uscita. Esso si caratterizza per i seguenti aspetti: Fluidità Flessibilità Originalità Elaborazione Valutazione L’INTELLIGENZA EMOTIVA L’intelligenza emotiva rappresenta un concetto complessivamente giovane nella letteratura scientifica che, negli ultimi quindici anni, ha impegnato specialisti della psicologia di tutto il mondo. Possiamo, anche in questo caso, affermare che dalla prima definizione di Mayer e Salovey ad oggi, un costrutto teorico univoco e condiviso dall’intera comunità scientifica stenta ancora ad emergere: è una capacità mentale o una dimensione di personalità, una variabile psichica prima inesplorata o un nome nuovo per qualcosa di scientificamente già noto, un ossimoro d’effetto o una reale intersezione tra aree diverse della psiche, una scoperta o un’invenzione? Peter SALOVEY e John D. MAYER (1990) che, per primi, hanno proposto il costrutto di intelligenza emotiva (EI, acronimo di Emotional Intelligence che era il titolo del loro celebre articolo in cui parlavano della “capacità di dominare le emozioni proprie ed altrui e di usarle per guidare il pensiero e l’azione), l’hanno definita come conoscenza emozionale, abilità di percepire, valutare ed esprimere accuratamente ed adattivamente le emozioni, abilità di generare e/o utilizzare sentimenti al fine di facilitare le attività cognitive ed i comportamenti adattivi ed, infine, abilità di gestire le emozioni in se stessi e nelle relazioni con gli altri. Ne individuarono 4 caratteristiche/abilità fondamentali: 1. Percezione, valutazione ed espressione delle emozioni; 2. Facilitazione emozionale del pensiero (cioè capacità di ‘usare’ le emozioni per facilitare il pensiero; 3. Comprensione e analisi delle emozioni (cioè coinvolgimento della conoscenza emotiva); 4. Regolazione consapevole delle emozioni che promuove la crescita emozionale ed intellettiva. Successivamente, GOLEMAN (1995) ha reso popolare l’EI, definendo il suo ruolo, nel successo della vita delle persone, come determinante e perfino superiore a quello dell’intelligenza classicamente intesa. Le teorie classiche dell’intelligenza si sono evolute nel tempo, passando da un focus sulle abilità cognitive di base a una considerazione più ampia dei fattori motivazionali ed emotivi. Teorie Cognitive di Base: Binet (1905) e Spearman (1923) si concentravano principalmente sulle abilità cognitive fondamentali. Ampliamento dei Fattori: Thurstone (1938), Cattell (1971) e Vernon (1971) hanno proposto un ampliamento dei fattori che definiscono l’intelligenza, includendo il contesto in cui l’individuo opera. Fattori Motivazionali ed Emotivi: Alcuni teorici hanno evidenziato l’importanza dei fattori motivazionali ed emotivi, nonostante una certa letteratura passata considerasse le emozioni come un ostacolo al pensiero razionale. Intelligenza Sociale: Thorndike (1920) ha introdotto il concetto di intelligenza sociale, definita come la capacità di comprendere e gestire le emozioni2. Fattori Emotivi: Wechsler (1950) ha riconosciuto l’importanza dei fattori emotivi, definiti come facilitatori o inibitori dei processi intellettivi. Queste teorie hanno contribuito a una comprensione più completa e sfaccettata dell’intelligenza, integrando aspetti cognitivi, emotivi e sociali. Salovey e Mayer (1990) raccolgono, dunque, l’esigenza di considerare quel ruolo cruciale svolto dalle emozioni nel continuo rapporto tra individualità (in senso cognitivo, conativo ed affettivo) e contesto socio-relazionale di riferimento. Gli autori considerano infatti le emozioni come vere e proprie risposte organizzate che attraversano diversi 7 sottosistemi psicologici e perciò ritengono l’elaborazione e l’uso delle informazioni emotivamente pregnanti come parte integrale del comportamento intelligente. Dalla prima definizione di Mayer e Salovey ad oggi, un costrutto teorico univoco e condiviso dall’intera comunità scientifica stenta ancora ad emergere. LE EMOZIONI L’uso che si fa del concetto di intelligenza collegato alle emozioni, porta a riflettere su cosa si intenda per “emozione”. Nel Dizionario di Psicologia della U.T.E.T., Galimberti ha l’ha definita come “una reazione affettiva intesa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale, la cui comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico”. Spesso, per parlare di emozioni si fa riferimento all’ “umore” che sempre Galimberti definisce come “una tonalità di base dell’affettività, … con tratti di durevolezza e relativa indipendenza … dagli stimoli esterni” e al “sentimento” che ancora Galimberti definisce come “risonanza affettiva più duratura dell’emozione, con cui il soggetto vive i propri stati soggettivi e gli aspetti del mondo esterno”. Le emozioni sono, quindi, reazioni ad uno stimolo ambientale, sono brevi, provocano cambiamenti a tre livelli: fisiologico (respirazione, pressione arteriosa, battito cardiaco, circolazione del sangue, secrezioni, digestione), comportamentale (espressioni facciali, tono della voce, reazioni), psicologico (sensazioni soggettive, alterazione del controllo di sé e delle proprie abilità cognitive). Le componenti della cosiddetta competenza emotiva possono essere così riassunte: Espressione: capacità di esprimere le emozioni, anche quelle autocoscienti (orgoglio, senso di colpa, vergogna, disprezzo), di esprimersi attraverso i gesti e il linguaggio non verbale e la capacità di esprimere empatia, attraverso i gesti; Comprensione: capacità di comprendere gli stati emotivi propri e altrui, di utilizzare il “vocabolario emotivo”; Regolazione: capacità di fronteggiare le emozioni negative/positive o le situazioni che le suscitano. MODELLI TEORICI A CONFRONTO L’intelligenza emotiva è definita come un insieme di abilità cognitive per elaborare informazioni emotivo-affettive, sia personali che interpersonali. Queste abilità sono suddivise in quattro ambiti principali: 1.Percezione delle emozioni: Capacità di percepire, valutare ed esprimere accuratamente le emozioni. 2.Uso delle emozioni: Capacità di generare e utilizzare le emozioni per facilitare il pensiero. 3.Comprensione delle emozioni: Capacità di comprendere le emozioni, le loro relazioni causali, trasformazioni e combinazioni. 4.Gestione delle emozioni: Capacità di regolare e gestire le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettiva MODELLI TEORICI A CONFRONTO L’intelligenza emotiva è definita come un insieme di abilità cognitive per elaborare informazioni emotivo-affettive, sia personali che interpersonali. Queste abilità sono suddivise in quattro ambiti principali: 1.Percezione delle emozioni: Capacità di percepire, valutare ed esprimere accuratamente le emozioni. 2.Uso delle emozioni: Capacità di generare e utilizzare le emozioni per facilitare il pensiero. 3.Comprensione delle emozioni: Capacità di comprendere le emozioni, le loro relazioni causali, trasformazioni e combinazioni. 4.Gestione delle emozioni: Capacità di regolare e gestire le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettiva COMPONENTI ESPERIENZIALI E STRATEGICHE Il possesso delle abilità relative agli ambiti sovra-ordinati è considerato essenziale per lo sviluppo di quelle riguardanti gli ambiti sotto-ordinati. Inoltre, i primi due ambiti (percezione e uso delle emozioni) vengono considerati come «componenti esperienziali», mentre gli ultimi due (comprensione e gestione delle emozioni) come «componenti strategiche» dell’EI. In tale prospettiva, dunque, l’intelligenza emotiva viene intesa come una vera e propria abilità cognitiva o un potenziale che interagisce sinergicamente con le funzioni cognitive di base possedute dai soggetti, non risultando significativamente influenzato dalle loro differenze culturali. DIFFERENZE TRA ABILITÀ E COMPETENZA Abilità emotiva: Capacità cognitive specifiche. Competenza emotiva: Insieme di qualità, abilità apprese, conoscenze e capacità comportamentali necessarie per svolgere adeguatamente una mansione. Goleman (1995), nel suo modello di EI, fa propria la definizione di competenza emotiva proposta da Boyatzis (1982) e descritta come abilità di riconoscere, comprendere e usare l’informazione emozionale relativa a se stessi ed agli altri che guida o causa una performance efficace o superiore alla media. La versione attuale del modello di Goleman individua un set di competenze specifiche suddivise in quattro domini, definiti come: self-awareness (autoconsapevolezza), consapevolezza delle proprie emozioni ed utilizzo nella presa di decisione; social-awareness (consapevolezza sociale), empatia e comprensione delle relazioni sociali; self-management (gestione di sé), controllo delle proprie emozioni ed adattamento alle diverse situazioni; relationship-managment, gestione delle relazioni sociali REUVEN BAR-ON Reuven Bar-On ha proposto una definizione controversa di intelligenza emotiva (EI), descrivendola come un insieme di capacità non cognitive, competenze e abilità apprese che aiutano gli individui a gestire efficacemente le richieste e le pressioni ambientali. Questa definizione è stata criticata per la sua apparente contraddizione nel definire una forma di intelligenza come “non cognitiva”. Bar-On ha suddiviso queste competenze in cinque dimensioni principali: 1. Intrapersonale: include la considerazione di sé, l’autoconsapevolezza emotiva, l’assertività, l’indipendenza e l’auto-realizzazione. 2. Interpersonale: comprende l’empatia, la responsabilità sociale e le relazioni interpersonali. 3. Gestione dello stress: riguarda la tolleranza allo stress e la gestione degli impulsi. 4. Adattabilità: include la gestione del cambiamento, l’adattamento e la soluzione dei problemi personali e interpersonali. 5. Umore generale: comprende l’ottimismo e la felicità. Queste dimensioni sono considerate facilitatori di comportamenti emotivamente e socialmente intelligenti, piuttosto che componenti effettive dell’intelligenza emotiva. È evidente che orientarsi tra i vari modelli esistenti di EI non è semplice; un modo efficace per organizzarli è quello proposto da MAYER, SALOVEY e CARUSO (2000), nella distinzione tra mixed models e ability models. Modelli Misti (Mixed Models):  Questi modelli considerano l’EI come un insieme di tendenze comportamentali, variabili motivazionali e affettive.  Esempi includono i modelli di Bar-On (1997) e Goleman (1995). Modelli di Abilità (Ability Models):  Questi modelli, come quello proposto da Mayer e Salovey (1997), vedono l’EI come composta solo da variabili cognitive e abilità mentali.  Altre dimensioni, come le differenze individuali, sono escluse poiché non soddisfano i criteri classici dell’intelligenza. (es. provenienza geografica) Schema di Petrides e Furnham:  Trait EI: Include tratti di personalità rilevanti per i processi emotivi, come nel modello di Bar-On.  Ability EI o Information Processing EI: Si concentra sulle abilità cognitive cruciali per l’EI, come nel modello di Mayer e Salovey. Recenti lavori di Petrides e Furnham definiscono l’EI come una costellazione di autopercezioni e disposizioni relative alle emozioni, simili a quelle descritte da Bar-On. PROPOSTA DI SAARNI: Saarni si concentra sullo sviluppo della competenza emotiva nei bambini, descrivendo l’individuo emotivamente competente come colui che utilizza consapevolmente le proprie abilità emotive in contesti culturali specifici per raggiungere risultati socio-relazionali desiderati. Questi modelli offrono diverse prospettive su come comprendere e misurare l’intelligenza emotiva. PROPOSTA DI SAARNI: Lo sviluppo della competenza emotiva sarebbe il frutto dell’interazione dinamica tra fattori personali (abilità di base, caratteristiche e comportamenti innati), educativi (comportamenti e abitudini apprese) culturali (riferiti ai valori socialmente condivisi e accettabili) che consentono lo sviluppo di capacità morali e di giudizio PROPOSTA DI SAARNI: Il costrutto di competenza emotiva non viene mai direttamente posto in relazione con l’EI, sebbene siano presenti alcuni punti di contatto, soprattutto con l’ability EI. Saarni descrive, infatti, la competenza emotiva come il risultato di otto abilità legate alle emozioni: 1. consapevolezza dei propri stati emotivi; 2. abilità di percepire le emozioni altrui; 3. espressione appropriata delle emozioni; 4. empatia; 5. capacità di distinguere tra stati emotivi manifesti ed effettivi; 6. capacità di coping adattivo mediante autoregolazione; 7. consapevolezza dell’importanza della comunicazione nelle relazioni interpersonali 8. autoefficacia emotiva LA MISURA DELL’INTELLIGENZA EMOTIVA Uno dei maggiori problemi derivanti dalla diversità dei modelli teorici sull’EI riguarda sicuramente la sua misurazione, in quanto, per ognuno dei modelli precedentemente descritti, è stato proposto un diverso strumento di misurazione. Innanzi tutto, per la struttura intrinseca dell’EI ipotizzata nei vari modelli teorici classificati nei sottogruppi trait EI ed ability EI, le metodologie utilizzate si differenziano notevolmente. In particolare, nel caso della trait EI si ricorre a strumenti di tipo soggettivo (self-reports) o a strumenti che affiancano scale di auto-valutazione a scale di etero-valutazione; nel caso dell’ability EI si ricorre a strumenti di tipo oggettivo, basati sulla misura della performance emotiva. Per ciò che riguarda i test relativi alla Trait EI i più noti sono sicuramente l’Emotional Quotient Inventory (EQ-i) di Bar-On e l’Emotional Competence Inventory (ECI) di Sala, basato sul modello di Goleman. L’EQ-i di Bar-On, rivolto a soggetti dai 17 anni in poi e composto da 133 item con possibilità di risposta su scala a cinque livelli, dà luogo ad un EQ totale ed a cinque altri punteggi relativi alle corrispondenti sottoscale: Intrapersonale, Interpersonale, Stress Management, Adattabilità e Umore Generale. La numerosità degli strumenti di misura elaborati in così breve tempo per l’EI rimanda inevitabilmente alla complessa questione del costrutto teorico di riferimento. L’INTELLIGENZA Non esiste una definizione univoca ma quella accettata dal maggior numero di studiosi la definisce come: "la capacità di produrre un comportamento adattivo e funzionale al raggiungimento di uno scopo, con un comportamento che affronti con su di esso le sfide dell'ambiente e che permetta di realizzare gli scopi prefissati" APPROCCIO UNITARIO APPROCCIO MULTIPLO TEORIE STRUTTURALISTE DI TIPO PSICOMETRICO (test QI) > TEORIE GLOBALI-MATURATIVE: TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE di H. Gardner (Formae epistemologia genetica di Jean mentis). Piaget > TEORIE FATTORIALI: Spearman TEORIA TRIARCHICA DELL’INTELLIGENZA di R. Sternberg per il quale (in qualsiasi prestazione cognitiva, esistono tre forme di intelligenza: intervengono: un fattore - g, generale e un fattore - s, specifico: 1. Analitica abilità linguistica, spaziale, 2. Pratica aritmetica. La performance 3. Creativa intellettiva è data dall’intervento di una capacità mentale generale - g - e di una attitudine specifica o secondaria - s -) STRUTTURA DELL’INTELLIGENZA: Thurstone propose una definizione di intelligenza caratterizzata da 7 abilità primarie: 1. Comprensione verbale 2. Fluidità verbale 3. Capacità numerica 4. Visualizzazione spaziale 5. Memoria 6. Ragionamento 7. Velocità percettiva Guilford sostenne che l’intelligenza si articolava in 120 (poi diventate 150) abilità distinte ed autonome, specializzate per compiti specifici che rappresentò con un “cubo” in cui nelle tre dimensioni (lunghezza, larghezza e altezza) si articolano le: - Operazioni; - Contenuti; - Prodotti. GRAZIE PER L’ATTENZIONE ELEMENTI DI PSICOLOGIA DEI GRUPPI CORSO DI LAUREA IN SCIENZE MOTORIE E DELLO SPORT DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE BIOLOGICHE E AMBIENTALI A.A. 2024/2025 Dott. Domenico UNGARO I GRUPPI SOCIALI L’essere umano vive in un microcosmo costituito da gruppi, organizzazioni che comprendono gli individui, che subiscono l’influenza dei gruppi stessi cui appartengono. L’uomo è stato definito un “animale sociale”: il suo comportamento e la sua personalità vengono modellati dai gruppi ai quali appartiene. Qualunque sia lo scopo che ci si prefigge (lavorare, apprendere, pregare…), generalmente lo si persegue stando in un gruppo, magari in un piccolo gruppo, di due o tre persone. Un gruppo è un insieme di persone che interagiscono in modo ordinato sulla base di comuni aspettative riguardanti il reciproco comportamento. La conseguenza di questa interazione è che i membri del gruppo condividono un sentimento di “appartenenza”. LA DINAMICA DI GRUPPO L’espressione è stata introdotta da Kurt LEWIN ed è utilizzata dalla psicologia sociale per indicare le relazioni dinamiche che si osservano all’interno di un gruppo e che ne determinano l’evoluzione. Lewin interpretò il comportamento del gruppo come espressione di un campo (lo spazio vitale costituito dalla persona e dall’ambiente psicologico) determinata dai campi psicologici dei singoli membri, dai canali di comunicazione, dai sottogruppi. Lo studio della dinamica di gruppo ha evidenziato una serie di caratteri generali comuni a ogni gruppo fra cui: L’appartenenza L’intraprendenza La coesione La polarizzazione La differenza dei ruoli Il rendimento L’appartenenza È la sensazione di far parte di un gruppo e di essere accettato da esso per raggiungere un obiettivo comune. Questa partecipazione si distingue dalla dipendenza in quanto: Appartenenza: Ogni membro mantiene la propria identità, contribuendo al gruppo senza perdere la propria individualità. Dipendenza: Un individuo dipendente cerca costantemente aiuto, guida e sostegno dagli altri, compromettendo la propria identità e basando la propria autostima sull’approvazione altrui. Caratteristiche dell’Appartenenza 1. Interazione: La frequenza e l’intensità del contatto tra i membri del gruppo aumentano il sentimento di vicinanza e lo scambio relazionale. 2. Identificazione: I membri si identificano con le norme, i valori e gli atteggiamenti del gruppo, rafforzando la propria identità e creando omogeneità. 3. Pronome “noi”: I membri del gruppo tendono a usare il pronome “noi” per designarsi, indicando un senso di unità. 4. Competizione: Quando la competizione con altri gruppi aumenta, cresce anche il senso di appartenenza al proprio gruppo, portando a una valutazione positiva del proprio gruppo rispetto agli altri. In sintesi, l’appartenenza a un gruppo permette agli individui di sentirsi parte di qualcosa di più grande, mantenendo la propria identità e contribuendo al raggiungimento di obiettivi comuni. L’interdipendenza Essa favorisce la progressiva modificazione di motivazioni, atteggiamenti, vissuti e comportamenti di ciascun membro per cui si constata che la decisione di gruppo, avvenuta attraverso il confronto, modifica il comportamento di ciascun individuo e che il gruppo costituisce un sistema di riferimento normativo per cui ciascun membro è portato a giudicare il comportamento altrui in relazione alle regole, più o meno esplicite, presenti nel gruppo. La Coesione Con questo termine, si intende la considerazione di un gruppo come un organismo (una totalità dinamica) che vive della partecipazione attiva dei suoi membri e della loro cooperazione. Numerosi sono i fattori che entrano in gioco nel determinare la coesione: Dimensioni: La grandezza del gruppo può influenzare la coesione; gruppi più piccoli tendono ad essere più coesi. Ubicazione: La vicinanza fisica dei membri può favorire la coesione. Elementi Simili: La presenza di caratteristiche comuni tra i membri (come interessi o valori) aumenta la coesione. Prestigio del Lavoro: Il prestigio associato al lavoro del gruppo può rafforzare la coesione. La maggiore o minore coesione del gruppo decide il grado di normatività che il gruppo esercita nei confronti dei singoli membri. Si osserva che più i gruppi sono minoritari nel contesto sociale in cui operano, maggiore è la coesione interna. La polarizzazione Si verifica quando le divergenze e i conflitti all’interno di un gruppo diventano così forti che non possono più essere risolti. Le differenze di opinione, valori o interessi tra i membri del gruppo diventano così marcate che non possono essere eliminate. A causa di queste divergenze, si formano sottogruppi all’interno del gruppo principale. Questi sottogruppi hanno le proprie dinamiche e spesso non riescono a riunificarsi con il gruppo principale. I conflitti e le divergenze, che in precedenza potevano essere proiettati verso l’esterno (ad esempio, verso altri gruppi o situazioni esterne), ora trovano espressione all’interno del gruppo stesso. Questo intensifica ulteriormente la polarizzazione. La Differenziazione Dei Ruoli Si attua in modo spontaneo o prestabilito a seconda del tipo di gruppo e si caratterizza in: ruoli conformi ai compiti del gruppo come il coordinatore ed il promotore; ruoli relativi alla coesione sociale del gruppo come il mediatore o il gregario; ruoli finalizzati al mantenimento delle esigenze individuali all’interno del gruppo. Ogni soggetto può assumere differenti ruoli nell’ambito di gruppi diversi o, nello stesso gruppo, in tempi diversi. All’interno della dinamica dei ruoli emerge una funzione di guida e di orientamento delle risorse e dei contributi di ciascuno, che varierà anche a seconda del tipo di 4 gruppo e, quindi, delle sue esigenze. Lewin individua tre tipologie di leadership: leadership autoritaria determina una forte dipendenza dal leader, aggressività e competizione tra i membri, insoddisfazione da parte dei membri del gruppo, ma buon rendimento nel lavoro; leadership democratica determina scarsa dipendenza e scarsa aggressività, soddisfazione per le attività del gruppo e rendimento quantitativo modesto, ma superiore qualitativamente; leadership permissiva genera scarsa dipendenza, aggressività fra i membri, elevato numero di proposte creative, insoddisfazione ma modesto rendimento. Un leader accentratore tende a convergere tutto il potere su di sé, a non delegare nessun compito ai suoi collaboratori, che si sentiranno meri esecutori, senza avvertire di essere parte di un progetto comune, senza sentirsi motivati a dare il meglio di loro stessi. Al contrario, un leader delegante favorisce la creatività degli altri componenti del gruppo che sono, pertanto, motivati a proporre nuove idee, non competitivi tra loro e soddisfatti del ruolo che occupano nel gruppo. Un leader permissivo, infine, non dirigendo il gruppo in maniera ordinata, genera improvvisazione e confusione che, a loro volta, determinano l’aggressività tra i membri del gruppo. Il Rendimento Rispetto alla somma delle prestazioni singole, il gruppo offre un miglior rendimento a patto che vengano rispettate: la comunicazione efficace tra i componenti, l’accettazione da parte di tutti di un’adeguata soluzione, anche se proposta da un unico componente, l’autonomia di ragionamento rispetto ai problemi. LA DINAMICA DI GRUPPO NELL’EDUCAZIONE A SCUOLA Rispetto all’educazione, Lewin afferma che la crescita sociale [e cognitiva] di un soggetto è in rapporto al grado della sua partecipazione alla realtà sociale. Per questo, la qualità dell’educazione dipende dalla struttura del gruppo scolastico e dalle sue regole di funzionamento. I sistemi educativi riproducono i sistemi di governo sociale, attraverso l’atmosfera sociale che si instaura a scuola, cioè quella dimensione non immediatamente percepibile che costituisce la struttura portante delle dinamiche possibili all’interno dell’istituzione. Ciò comporta che la qualità e l’efficacia dell’insegnamento sono vincolate dalla costruzione, da parte dell’adulto, di un’atmosfera sociale che permetta ai singoli di prendere parte in modo attivo e consapevole al processo formativo. L’atmosfera del gruppo, infatti è funzione dello stile di leadership che viene adottato. Nello stile di leadership autoritaria, il docente decide attività, ruoli e funzioni; dispensa voti, premi e punizioni, senza spiegarne i criteri di assegnazione e mantiene sempre una certa distanza emotiva dal gruppo. Ciò genera frustrazione nei discenti, determina aggressività o apatia (come risposta aggressiva mascherata); produce dipendenza e sottomissione, con conseguente competizione, per ottenere attenzione e ricompense dall’adulto. Infine, produce scarsa motivazione intrinseca verso l’attività e scarso interesse per ciò che fanno i compagni. Nella conduzione democratica, il docente stabilisce il piano di lavoro insieme ai discenti, valorizzando la partecipazione personale di ognuno; si adopera nel sostenere i discenti nei processi portati avanti in autonomia relativamente alla risoluzione dei problemi, alla presa di decisioni, alla distribuzione dei compiti, alla valutazione in itinere del lavoro. Le valutazioni del lavoro sono legate a criteri oggettivi e riguardano sempre il compito svolto e non la persona. I discenti spontaneamente sono portati ad avere relazioni positive e comportamenti cooperativi sia tra di loro che con l’adulto; l’attività si poggia su un tipo di motivazione intrinseca perché i membri del gruppo tendono a considerarla come l’attività che loro stessi hanno deciso di svolgere. Nella situazione di laissez-faire, il ruolo del docente è meno attivo: presenta il materiale e il compito ai discenti in modo esaustivo ma non fornisce criteri organizzativi per lo svolgimento. Mancando questi di strategie adeguate per confrontarsi, prendere decisioni, organizzare il lavoro, il gruppo risulta generalmente disorganizzato ed inefficiente. Ciò provoca frustrazione, perdita di motivazione e, quindi, abbandono dell’attività da parte dei membri. Il docente si mette a disposizione per chiarimenti e aiuti ma solo su richiesta dei discenti. A differenza della conduzione democratica non stimola la libertà d’azione e l’autonomia del gruppo e dei singoli. Tutto ciò indica che la qualità e l’efficacia dell’insegnamento è vincolata alla costruzione di un clima di conduzione democratica della classe e della scuola. KURT LEWIN: Dinamica di Gruppo GRUPPO: CAMPO: lo spazio vitale costituito insieme di persone dalla persona e dall’ambiente che interagiscono in psicologico modo ordinato sulla base di comuni CARATTERI: aspettative APPARTENENZA (non riguardanti il dipendenza) reciproco INTERDIPENDENZA comportamento, COESIONE caratterizzate da un POLARIZZAZIONE sentimento di DIFFERENZA DEI RUOLI appartenenza FUNZIONE DI GUIDA (leadership: autoritaria, democratica e permissiva) RENDIMENTO GRAZIE PER L’ATTENZIONE La Comunicazione a Scuola Dott. Domenico UNGARO Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali LA COMUNICAZIONE La comunicazione è un fenomeno complesso che abbraccia tutte le realtà umane e costituisce la base della vita sociale, permette di interagire con gli altri, di trasmettere contenuti e, quindi, di raggiungere obiettivi. Esistono molte definizioni di "comunicazione”, a seconda del punto di vista da cui si osserva il fenomeno. Se si osserva l’etimo della parola comunicazione (dal latino communis = “comune”, “da mettere in comune”, “che appartiene a molti”), si può osservare che esso fornisce un concetto di “partecipazione”. Alcune definizioni mettono l'accento proprio sull'idea di comunicazione come “mezzo di corrispondenza”. Una seconda area di definizione si focalizza sul concetto di “trasmissione”, “passaggio di informazione”. Una terza area mette in evidenza il concetto di “interazione” tra persone o gruppi, con lo scopo di scambiare informazioni ma anche stabilire relazioni, e questo implica, oltre alla trasmissione di informazioni o di idee, una risposta, da parte del destinatario. Questa trasmissione di informazioni, questa relazione con l'altro avviene più frequentemente con il linguaggio verbale ma, anche, con altri mezzi di comunicazione. Ogni uomo è un essere comunicante, oltre ad essere un essere sociale, pensante ed emotivo. L'uomo non può scegliere di essere comunicante o meno, ma può scegliere se e in che modo comunicare. La comunicazione è un'attività prevalentemente sociale. Essa può esistere solo all'interno di una comunità di parlanti. La comunicazione influenza e può modificare la vita stessa del gruppo. Socialità e comunicazione sono intrinsecamente interdipendenti. La comunicazione è un'attività prima di tutto cognitiva. Per comunicare, infatti, il soggetto deve essere capace di esprimere il proprio pensiero e avere l’intenzione di comunicare, in base alla quale si possono avere tre livelli di comunicazione:  livello “0” (= informazione) della comunicazione: il comunicante non ha una precisa intenzione comunicativa e reagisce in modo automatico a uno stimolo esterno (processamento pre-attentivo)  livello “1” (= intenzioni semplici) della comunicazione o “comunicazione standard” che comprende sia gli assi comunicativi stereotipati (i saluti), sia gli scambi comunicativi comuni e abitudinari;  livello “2” (= meta-intenzione) della comunicazione: l'intenzione è di secondo livello, in quanto l’individuo ha la consapevolezza di comunicare, comunicando. E’ la “comunicazione focalizzata”: battuta di spirito, la frase ironica o il commento seduttivo. La comunicazione è strettamente legata all’azione e non è mai neutra. Ogni atto comunicativo ha effetti sui partecipanti e influenza il loro comportamento. Questo concetto è esplorato nella “pragmatica” della comunicazione, studiata da Watzlawick e la Scuola di Palo Alto dove, in seguito a studi approfonditi, possiamo riassumere brevemente i principali assiomi della comunicazione: 1.Non si può non comunicare: Ogni comportamento è un messaggio. Anche il silenzio comunica qualcosa. 2.Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione: Ogni messaggio trasmette informazioni (contenuto) e definisce la relazione tra i comunicanti. 3.La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione: Le persone interpretano e reagiscono agli scambi comunicativi in base alla loro percezione della sequenza degli eventi. 4.Gli esseri umani comunicano sia in modo digitale che in modo analogico: La comunicazione può essere verbale (digitale) o non verbale (analogica). 5.Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari: Le interazioni possono essere basate sull’uguaglianza (simmetriche) o sulla differenza (complementari). Questi assiomi evidenziano come la comunicazione sia un processo complesso e inevitabile, influenzando costantemente le relazioni interpersonali. IL RUOLO DELLA COMUNICAZIONE VERBALE (CV) E DELLA COMUNICAZIONE NON VERBALE (CNV) A SCUOLA La scuola è l'istituzione per eccellenza nella quale si lavora sulla persona e dove la persona costituisce la "materia prima" del sistema. I docenti hanno come strumento fondamentale, per mettersi in relazione tra se stessi, con i discenti e con coloro che lavorano in esso, la "comunicazione". Docente e discente, docente e docente, docente e genitore comunicano con il linguaggio verbale, che è fatto di sapere disciplinare o professionale e di teorie, ma anche con il linguaggio non verbale che attesta ciò che si è e rappresenta un simbolo identitario. I soggetti in età evolutiva recepiscono più facilmente l’aspetto affettivo-relazionale della comunicazione, che viene veicolato prevalentemente da messaggi non verbali, rispetto a quello contenutistico, e questo conferma l’importanza della CNV in ambito scolastico. Se la comunicazione verbale ha un ruolo prevalente nello sviluppo cognitivo degli alunni, quella non verbale è particolarmente importante per il loro sviluppo socioaffettivo. È quindi sbagliato trascurare, come faceva la scuola tradizionale, gli aspetti non verbali della comunicazione, ma non bisogna d’altra parte pensare che la CNV possa sostituire la comunicazione verbale. Al limite, la CNV può essere privilegiata rispetto a quella verbale quando questa sembra essere rifiutata, all’ingresso a scuola, da soggetti provenienti da ambienti socio-culturali limitati. L’attenzione è posta sempre sul tipo di comunicazione del docente piuttosto che su quello del discente, in quanto si osserva che il particolare stile comunicativo dell’uno, in gran parte legato a determinati tratti di personalità, influenza le risposte, quando non addirittura lo stile comunicativo, dell’altro. In ambito educativo, la CNV è coinvolta in diversi compiti dell’insegnante. De Landsheere ne evidenzia in particolare quattro: l’organizzazione e la regolazione della vita di classe, in cui gli ordini e i divieti compaiono spesso; Il chiarimento e l’arricchimento del discorso educativo; la creazione del clima affettivo; la valutazione intesa come feedback o retroazione che informa l’alunno della qualità e dell’adeguatezza dei suoi comportamenti, in particolare delle sue risposte. Gli studi di Solomon, Beddzek e Rosenberg hanno dimostrato che l’entusiasmo degli insegnanti è cruciale per il rendimento degli alunni. Questo entusiasmo si manifesta attraverso l’energia nei gesti, le variazioni di tono e la vivacità del discorso. Esperimenti hanno mostrato che lezioni impartite con entusiasmo sono più efficaci nel trasmettere conoscenza rispetto a quelle impartite con indifferenza. Un altro fattore importante è la chiarezza espressiva dei docenti, potenziata dalla comunicazione non verbale (CNV). Le inflessioni della voce e le variazioni di intonazione influenzano significativamente la comprensione degli studenti. Anche l’uso massiccio dei gesti facilita la memorizzazione delle nozioni. In sintesi, l’entusiasmo e la chiarezza, supportati dalla CNV, migliorano notevolmente le performance degli alunni. GLI SCOPI DELLA CNV Alcuni segnali non verbali chiariscono il senso in cui deve essere presa una frase, cioè se come una domanda, come un’affermazione o magari come un ordine, svolgendo così una funzione performativa. Il tono ascendente con cui viene pronunciata una frase è spesso traducibile nel performativo “ti sto facendo una domanda”. Una stessa frase cioè, grazie a questi segnali non verbali che la definiscono, viene intesa dall’ascoltatore nel modo in cui il parlante vuole. Alcuni segnali non verbali più che fungere da componente performativa aggiuntiva ad una proposizione, sono scomponibili in se stessi in una parte performativa e in una parte proposizionale che, spesso, coincide con il significato indiretto del segnale e con il sovrascopo che ne è alla base. Un segnale, come un gesto, esprime prima l’azione e poi viene interpretato in base agli scopi legati a quell’azione. Ad esempio, indicare una persona con il dito significa che si vuole attirare la sua attenzione. Se una maestra indica un alunno dopo una domanda, significa che vuole che risponda. Tuttavia, lo stesso gesto può avere significati diversi in contesti differenti. Parisi e Castelfranchi, seguendo Grice, propongono di distinguere la comunicazione verbale da quella non verbale. La comunicazione verbale è definita dal fatto che l’emittente raggiunge il suo scopo perché il ricevente è consapevole di questo scopo. Nella comunicazione non verbale, invece, il raggiungimento dello scopo avviene indipendentemente dalla consapevolezza del ricevente. TECNICHE E STRUMENTI DI FACILITAZIONE DELLA COMUNICAZIONE Il “sistema-scuola” è in relazione con altri sistemi: la famiglia, le organizzazioni del mondo del lavoro. La relazione insegnante-genitore, all'interno del sistema scuola, vede, da una parte, l'educatore naturale, il genitore che, come tale, è investito della funzione di educare i propri figli, dall’altra, i docenti che sono educatori di professione. E' un continuo rimando di messaggi sulla presunta incapacità dell'uno o dell'altro componente della relazione educativa, che oscillano tra un tentativo di delega reciproca per tutto ciò che non si riesce a fare ed il tentativo di preservare il figlio-discente dalle anomalie dei due sistemi in questione, famiglia e scuola. Come ha osservato Maurizio ANDOLFI, “Etimologicamente comunicare significa “mettere in comune”, stabilire un rapporto con qualcosa che non ci appartiene, quindi “essere con” pur mantenendo una certa distanza. […] Le persone comunicano quando, utilizzando tutte le modalità espressive di cui dispongono, entrano in contatto fra loro”. La comunicazione è, quindi, un terreno dell’incontro e del collegamento, ossia un processo di scambio delle informazioni e di influenzamento reciproco in un determinato contesto. LA COMUNICAZIONE La “pragmatica” studia gli effetti della (mezzo di corrispondenza- comunicazione sui parlanti, l’influenza passaggio diinformazione- cheesercita sul loro comportamento. interazione con lo scopo di scambiare informazioni e stabilire WATZLAWICK e la Scuola di Palo Alto LA COMUNICAZONE NON relazioni) si interessa di questi aspetti. Nella sua VERBALE (CNV) È un’attività prevalentemente opera: “Pragmatica della sociale comunicazione umana”, definisce gli È coinvolta in diversi compiti È un’attività prima di tutto assiomi della comunicazione come dell’insegnante. cognitivaTre livelli di “alcune proprietà semplici della DE LANDSHEERE ne evidenzia comunicazione: comunicazione che hanno fondamentali in implicazioni interpersonali”,che sono: particolare quattro:  livello “0” (= informazione) della l’organizzazione e la comunicazione; ‘’Non si può non comunicare”; regolazione della vita di “Ogni comunicazione ha un classe, in cui gli ordini e i  livello “1” (= intenzioni semplici) aspettodi contenuto e un aspetto divieti compaiono spesso; di relazione...” il chiarimento e dellacomunicazione o “La natura di una relazione l’arricchimento del “comunicazione standard” che dipende dalla punteggiatura discorso educativo; la comprende sia gli assi delle sequenze dicomunicazione creazione del clima comunicativi stereotipati (i saluti), fra i partecipanti” - riguarda la sia gliscambi comunicativi comuni affettivo; “punteggiatura della sequenza di e abitudinari; la valutazione intesa eventi”; comefeedback o “Gli esseri umani comunicano sia  livello “2” (= meta-intenzione) in modo digitale che in modo retroazione che informa della comunicazione: è la analogico”; l’alunno della qualità e “comunicazione focalizzata”: “Tutti gli scambi di dell’adeguatezza dei suoi battuta di spirito, la fraseironica o comunicazione sono simmetrici o comportamenti. il commento seduttivo. complementari’’ APPRENDIMENTO E MOTIVAZIONE I fattori che concorrono a determinare l'atteggiamento dell'allievo nei confronti dell'apprendimento sono individuali e sociali: infatti un discente non si differenzia da un altro soltanto per il livello di intelligenza, le attitudini o le conoscenze già acquisite ma, anche, per i tratti della sua personalità, per il grado di emotività e di ansia, per il bisogno di successo, per le caratteristiche le cui origini e il cui sviluppo risalgono all'ambiente familiare e sociale in cui l'individuo è vissuto prima e continua a vivere durante l'esperienza scolastica. Questa, a sua volta, contribuisce a influenzare e modificare l'atteggiamento personale nei confronti delle attività che si riassumono nel concetto di apprendimento; il clima sociale della classe, il grado di collaborazione, gli incentivi usati per "motivare" gli studenti, interagiscono, a loro volta, in maniera diversa con le caratteristiche della personalità, potenziando o inibendo la disposizione dello studente allo studio. Quale significato attribuire, allora, ai concetti di "motivazione" e di "apprendimento"? Nella letteratura psicologica e pedagogica, il concetto di motivazione e di apprendimento si ritrovano strettamente connessi. La motivazione appare da un lato connessa alle modalità per cui un soggetto decide che cosa per lui ha senso e che cosa non lo ha, e dall'altro legata alle attribuzioni di valore dominanti in un determinato contesto (gruppo classe, comunità scolastica, ambiente culturale). L'apprendimento invece è legato al processo attraverso il quale l'insegnante mette l'allievo in grado di imparare (insegnamento), di risolvere un problema; esso è condizionato da fattori individuali e sociali che stimolano e mantengono viva la motivazione ad apprendere. Nella motivazione, che si può definire un costrutto multifattoriale, entrano in gioco diversi aspetti, interrelati ed interagenti tra loro: - aspetti emotivi, - aspetti cognitivi, ma anche - aspetti metacognitivi (cioè la capacità del soggetto di riflettere sul proprio modo di apprendere o sull'attività di studio, regolandoli), - aspetti psicologici, che vanno dalla percezione di autoefficacia, al concetto di sé e, ancora, - aspetti sistemico-relazionali, relativi al rapporto tra soggetto che apprende e contesto situazionale e, infine, - aspetti didattici, legati all'uso, da parte degli insegnanti, di determinati mediatori nel processo di insegnamento. Nella Vari studi sull'argomento non presentano "categorie motivazionali" univoche:  Una distinzione "classica" è quella tra motivazioni estrinseche (si affronta un compito per ottenere premi, elogi, incentivi, approvazione sociale) e motivazioni intrinseche (si affronta un compito non per finalità esterne ma per se stessi). In relazione alle caratteristiche del singolo, si può distinguere tra motivazione intrinseca e motivazione alla riuscita. Secondo i teorici della prima, l'essere umano sarebbe naturalmente disposto ad impegnarsi nell'apprendimento, che sarebbe di per sé intrinsecamente motivante e rinforzante. Per i teorici della motivazione alla riuscita, invece, la spinta sarebbe originata essenzialmente dal bisogno di ottenere un successo personale e sarebbe sostenuta dalle emozioni positive che ne accompagnano il raggiungimento.  Altri studiosi, concentrandosi sugli obiettivi come orientamenti che influenzano l'apprendimento, distinguono tra obiettivi orientati all'apprendimento (o alla padronanza o al compito) ed obiettivi orientati alle prestazioni.  Un'ulteriore distinzione è introdotta da alcuni teorici, che considerano come tipo particolare obiettivi quelli "sociali", i quali, a loro volta, possono essere prevalentemente orientati sul Sé (ottenere l'approvazione, essere considerati bravi) o sugli altri (ad esempio, essere considerati membri degni ed integrati del gruppo di appartenenza, sia esso classe o più ampiamente comunità).  Alcuni studi si concentrano sul modo in cui il soggetto si percepisce cioè sulla rappresentazione e percezione del Sé: in tale ambito, si considerano, come variabili determinanti, le convinzioni del singolo circa le proprie capacità di affrontare determinati compiti (percezione di competenza ed autoefficacia, autodeterminazione, senso di controllo), le aspettative relative alla possibilità di ottenere un successo, le reazioni emotive al compito e le emozioni associate alle esperienze di successo o di fallimento, le modalità di interpretazione dei risultati ottenuti.  Alcuni studiosi, poi, focalizzando la loro attenzione sull'intensità della motivazione, distinguono tra "interesse situazionale", vale a dire una spinta motivazionale dipendente dalle specifiche caratteristiche di un oggetto o un evento in uno specifico contesto, e "interesse individuale", inteso come tensione ed energia stabile maturata nel corso del tempo, per effetto del desiderio di incrementare le proprie competenze.  Un recente filone di ricerca distingue il concetto di motivazione da quello di volizione, che include, oltre agli obiettivi, agli aspetti intrinseci, alle auto-percezioni anche elementi di controllo necessari per il mantenimento della motivazione nel tempo, e che può essere interpretato come concentrazione sul compito o come persistenza di fronte agli ostacoli e alle difficoltà. Nessuno di questi approcci può essere considerato esaustivo. È importante, allora, per una comprensione reale del problema, collocare le varie distinzioni e classificazioni sullo sfondo delle teorie che si sono succedute nella storia degli studi sulla motivazione. Una prima fase è costituita dai modelli rappresentati dalla teoria del rinforzo; una seconda, dai filoni di ricerca relativi alla motivazione intrinseca, alla motivazione alla riuscita, agli obiettivi di apprendimento (o alla padronanza o al compito) ed obiettivi orientati alle prestazioni (o al Sé). La prospettiva più recente mira ad individuare modelli di spiegazione dei rapporti tra componenti motivazionali e strategiche dell'apprendimento. Ogni alunno rappresenta un mondo a sé stante, con il proprio ritmo e stile di apprendimento e specifiche potenzialità, talvolta nascoste e sulle quali bisogna far leva per un apprendimento stimolante e vicino al suo io e per soddisfare tre bisogni fondamentali: - l'autodeterminazione, - la competenza, - la relazione. Dalla teoria della motivazione intrinseca si può ricavare qualche indicazione sugli ambienti di apprendimento capaci di suscitare e sostenere la motivazione. Efficaci sotto questo profilo sembrano essere ambienti incentrati sul know how (“ciò che so fare”) piuttosto che sul know that (“ciò che conosco”), sulle competenze piuttosto che sui contenuti, sull'apprendimento per scoperta, piuttosto che trasmissiva del sapere e del saper fare: contesti che pongano al centro la con-crescita di allievo e docente, considerato come modello, e non come depositario di verità e di esperienza, capace di spingere alla autoregolazione dei comportamenti e di indicare la ricerca e la "domanda di significato" come senso costitutivo della vita. APPRENDIMENTO E MOTIVAZIONE Nella letteratura psicologica e pedagogica, il concetto di motivazione e di apprendimento si ritrovano strettamente connessi. La motivazione appare da un lato connessa alle modalità per cui un soggetto decide che cosa per lui ha senso e che cosa non lo ha, e dall'altro legata alle attribuzioni di valore dominanti in un determinato contesto (gruppo classe, comunità scolastica, ambiente culturale). L'apprendimento invece è legato al processo attraverso il quale l'insegnante mette l'allievo in grado di imparare (insegnamento) o risolvere un problema; esso è condizionato da fattori individuali e sociali che stimolano e mantengono viva la motivazione ad apprendere La motivazione si può definire un costrutto multifattoriale, in cui entrano in gioco diversi aspetti interagenti tra loro: aspetti emotivi, aspetti cognitivi, ma anche - aspetti metacognitivi (cioè la capacità del soggetto di riflettere sul proprio modo di apprendere, regolandolo), - aspetti psicologici, che vanno dalla percezione di autoefficacia, al concetto di sé e, ancora, - aspetti sistemico-relazionali, relativi al rapporto tra soggetto che apprende e contesto e, infine, - aspetti didattici, legati all'uso, da parte degli insegnanti, di determinati mediatori nel processo di insegnamento Esistono varie "categorie motivazionali" che non sono univoche: - Una distinzione "classica" è quella tra motivazioni estrinseche (si affronta un compito per ottenere premi, elogi, incentivi, approvazione sociale) e motivazioni intrinseche (si affronta un compito non per finalità esterne ma per se stessi). In relazione alle caratteristiche del singolo, si può distinguere tra motivazione intrinseca (l'essere umano sarebbe naturalmente disposto ad impegnarsi nell'apprendimento) e motivazione alla riuscita (la spinta sarebbe originata essenzialmente dal bisogno di ottenere un successo personale e sarebbe sostenuta dalle emozioni positive che ne accompagnano il raggiungimento) Se si riflette sugli obiettivi come orientamenti che influenzano l'apprendimento, si distinguono: obiettivi orientati all'apprendimento (o alla padronanza o al compito) ed obiettivi orientati alle prestazioni. Se si riflette su obiettivi quelli "sociali", si distinguono obiettivi orientati sul Sé (ottenere l'approvazione, essere considerati bravi) da obiettivi orientati sugli altri (ad esempio, essere considerati membri degni ed integrati del gruppo di appartenenza) Alcuni studiosi, poi, focalizzando la loro attenzione sull'intensità della motivazione, distinguono tra "interesse situazionale" (una spinta motivazionale dipendente dalle caratteristiche di un oggetto o un evento in un contesto) e "interesse individuale", (tensione ed en

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