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Policlinico di Milano

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statica fisica meccanica ingegneria

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These notes provide a basic introduction to statics, a branch of mechanics focusing on the equilibrium of forces acting on a body. The document covers topics such as the concept of static equilibrium, the application of forces on rigid bodies, and the calculation of moments.

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LA STATICA STATICA La statica è quella parte della Meccanica che studia l’equilibrio meccanico dei sistemi fisici. La semplificazione massima dei sistemi fisici è quella di approssimarli ad un oggetto puntiforme (punto materiale). In generale, però, i sistemi fisic...

LA STATICA STATICA La statica è quella parte della Meccanica che studia l’equilibrio meccanico dei sistemi fisici. La semplificazione massima dei sistemi fisici è quella di approssimarli ad un oggetto puntiforme (punto materiale). In generale, però, i sistemi fisici sono complessi ed estesi. Un corpo rigido è un sistema esteso senza struttura interna, utilizzato nello studio della statica. Un corpo rigido è un corpo che sottoposto a forze non si deforma o la deformazione è trascurabile. STATICA: EQUILIBRIO E CORPO RIGIDO 1. Se ad un corpo rigido sono applicate nello stesso punto due forze uguali e contrarie, il corpo rimane nella sua condizione di moto o mantiene il suo stato di quiete, in quanto l’effetto totale delle forze applicate è nullo. 2. La stessa considerazione del punto 1 vale se le due forze sono applicate in due punti diversi ma sono sulla stessa retta direttrice. 3. Se il corpo non fosse rigido, l’effetto delle forze potrebbe essere quello di deformarlo. 4. Conseguenza di quanto sopra esposto è che: una forza applicata a un corpo rigido può essere spostata lungo la sua retta di applicazione senza alterare le condizioni dinamiche del corpo. FORZE APPLICATE A UN CORPO RIGIDO Conseguenza di quanto sopra esposto è che: una forza applicata a un corpo rigido può essere spostata lungo la sua retta di applicazione senza alterare le condizioni dinamiche del corpo. 𝐹 → Se si vuole spostare una forza dal punto di applicazione A al punto di A applicazione B, basterà applicare a B due forze F’ e – F’ , giacenti sulla retta → 𝐹′ B → −𝐹 ′ congiungente A e B, ambedue in modulo e direzione uguale a F, ma una avente lo stesso verso e l’altra il verso opposto. La composizione delle tre forze equivale alla sola forza F’ la quale equivale alla forza F applicata al punto B. FORZE APPLICATE A UN CORPO RIGIDO Se ad un corpo rigido sono applicate due o più forze, le cui linee di azione si incontrano tutte in un punto, potremo sostituire ad esse la risultante di tali forze applicate in quel punto. L’effetto della risultante è del tutto identico a quello delle forze delle quali essa ne è la somma. FORZE APPLICATE A UN CORPO RIGIDO Consideriamo il caso di due forze parallele F1 e F2, applicate alle estremità di un’asse. Per costruire la forza risultante, applichiamo agli estremi 1 e 2 due forze di uguali intensità, verso opposto e dirette come l’asse, F e -F. Per ottenere la forza risultante sommiamo prima F1 con F, ottenendo F1’, poi F2 con – F, ottenendo F2’, ed infine sommiamo tra di loro F1’ e F2’, traslate entrambe in O per ottenere R. FORZE APPLICATE A UN CORPO RIGIDO Consideriamo il caso di due forze uguali in modulo, parallele F1 e F2, applicate alle estremità di un’asse, con verso opposto. Per costruire la forza risultante, come nel caso precedente, applichiamo agli estremi 1 e 2 due forze di uguali intensità, verso opposto e dirette come l’asse, F e -F. Per ottenere la forza risultante sommiamo prima F1 con F, ottenendo F1’, poi F2 con – F, ottenendo F2’. Poiché anche F1’, e F2’ sono parallele non possono essere ridotte ad una sola forza risultante: si parlerà di coppia di forze. MOMENTO DELLA COPPIA Applicando una coppia di forze ad un corpo rigido se ne provoca una rotazione. Una coppia di forze è rappresentata in modo completo da un vettore chiamato momento della coppia, M. Il momento della coppia ha le seguenti caratteristiche: - Modulo uguale al prodotto tra la distanza tra le due rette di applicazione delle forze (distanza 1-2) ed il modulo della forza. - La direzione perpendicolare al piano su cui giacciono le forze. - verso, secondo la regola della mano destra. MOMENTO DELLA FORZA Qualunque sia l’insieme delle forze applicate ad un corpo, queste sono sempre riconducibili ad una forza ed a una coppia, quindi ad una forza risultante delle forze applicate e al momento risultante delle coppie. Poiché le forze F1 e F2 non hanno la stessa intensità, la loro risultante non si applica al centro dell’asta, ma in un punto spostato rispetto ad esso. La conseguenza è che l’asta si sposta essendo sottoposta ad un moto traslatorio ed a uno rotatorio. Ogni moto di un corpo rigido può essere sempre decomposto istante per istante, in un moto i traslazione ed uno di rotazione. Non è sempre semplice individuare la coppia di forze che agisce sul corpo. MOMENTO DELLA FORZA Il momento delle forze rispetto a un punto fisso è un vettore con le seguenti caratteristiche: - Come modulo, il prodotto tra la distanza (braccio) fra il punto fisso e la retta di applicazione della forza e la forza stessa. - Come direzione, quella della perpendicolare al piano che contiene la forza e la distanza l. - Come verso, quello ottenuto dalla regola della mano destra. Cruciale è la scelta del punto rispetto al quale calcolare il momento. MOMENTO DELLA FORZA Altalena a dondolo: condizione di equilibrio, l’altalena rimane orizzontale e ferma rispetto al fulcro O. Bambino 1, peso P1 e distanza dal fulcro O l1. Bambino 2, peso P2 e distanza dal fulcro O l2. q1 = q2 = 90 Poiché i due corpi sono in equilibrio, la risultante R sarà uguale e contraria alla somma di P1 e P2 e i momenti delle due forze sono anch’essi in equilibrio: P1l1 = P2l2 Quindi, il bambino più pesante dovrà stare seduto più vicino al fulcro rispetto al bambino con peso minore. MOMENTO DELLA FORZA Altalena a dondolo: caso in cui la direzione della forza non è perpendicolare alla retta che congiunge il suo punto di applicazione con il fulcro O. Bambino 1, peso P1 e distanza dal fulcro O: l1sinq Bambino 2, peso P2 e distanza dal fulcro O : l2sinq Il momento delle forze viene pertanto definito come il prodotto vettoriale di F per l: 𝑀 = 𝐹 ⋅ 𝑙 ⋅ sin 𝜃 → → → L’azione del momento è quella di far ruotare 𝑀=𝐹∧𝑙 l’altalena: dondolio. MOMENTO DELLA FORZA Il momento delle forze viene pertanto definito come il prodotto vettoriale di F per l: 𝑀 = 𝐹 ⋅ 𝑙 ⋅ sin 𝜃 → → → L’azione del momento è quella di far ruotare 𝑀=𝐹∧𝑙 l’altalena: dondolio. L’equazione dimensionale del momento è la seguente: 𝐹 𝐿 = 𝑀 𝐿2 𝑇 −2 MOMENTO DELLA FORZA: esempio Braccio teso orizzontale (l=57 cm): forza perpendicolare (q = 90) alla distanza dal fulcro (gomito) => sinq = sin90° = 1 M = Fx57x1= 57F Braccio inclinato verso il basso (l=57 cm): forza a 45 gradi rispetto al braccio => sinq = sin45° = 0.707 M = Fx57x0.707= 40.3F Quando il braccio è in posizione orizzontale, il momento va contrastato con una forza muscolare maggiore. EQUAZIONI CARDINALI DELLA STATICA Un punto materiale è in quiete quando ha velocità nulla e quindi anche l’accelerazione è nulla. Dal secondo principio della dinamica si evince che perché l’accelerazione sia nulla è necessario che sia nulla la risultante di tutte le forze che agiscono sul punto. Quindi: → → ෍𝐹 = 𝑅 = 0 eq.1 condizione di quiete: nessun moto traslatorio → ෍ 𝑀𝑖,0 = 0 eq.2 condizione di quiete: nessun moto rotatorio LE LEVE Una leva è costituita generalmente da un’asta rigida appoggiata ad un punto fisso, detto fulcro, e sottoposta a due forze, dette: Potenza FP e Resistenza FR , oltre che all’azione vincolare R esercitata dal fulcro. Il funzionamento della leva è governato dai momenti delle due forze rispetto al fulcro. La posizione del fulcro rispetto al punto di applicazione delle due forze determina la classificazione delle leve in 1°, 2° e 3° genere. LE LEVE Leve di 1° genere: Il fulcro si trova tra il punto di applicazione della Resistenza e quello della Potenza. Leve di 2° genere: Il fulcro si trova oltre le due forze, più vicino alla Resistenza. Leve di 3° genere: Il fulcro si trova oltre le due forze, più vicino alla Potenza. LE LEVE Il guadagno meccanico di una leva è definito come il rapporto tra la resistenza e la potenza. 𝐹𝑅 𝐺. 𝑀. = 𝐹𝑃 La leva è vantaggiosa quando il guadagno meccanico è maggiore di 1, ovvero quando la Resistenza è maggiore della Potenza. Nel caso del sollevamento di un peso la leva è vantaggiosa quando la Potenza che bisogna applicare è inferiore al peso del masso, che costituisce la resistenza. In termini di momenti, la leva è vantaggiosa quando il momento della potenza è maggiore del momento della resistenza. LE LEVE In termini di momenti, la leva è vantaggiosa quando il momento della potenza è maggiore del momento della resistenza, quindi quando il braccio della potenza è maggiore del braccio della resistenza. 𝐹𝑅 𝑙𝑃 𝐺. 𝑀. = = >1 𝐹𝑃 𝑙𝑅 Si deduce che: 1. Le leve di primo genere sono vantaggiose solo quando il fulcro è più vicino alla resistenza che alla potenza 2. Le leve di secondo genere sono sempre vantaggiose 3. Le leve di terzo genere sono sempre svantaggiose. LE LEVE F R P P F R Articolazione testa, leva di 1° gen. svantaggiosa LE LEVE Fm F Fr Piede in camminata, leva di 2° gen. vantaggiosa LE LEVE Braccio che sostiene un peso, leva di 3° gen. svantaggiosa LE LEVE Mandibola, leva di 1° gen. svantaggiosa BARICENTRO Il baricentro è il punto al quale si può considerare applicato il peso di un sistema materiale. Il baricentro coincide con il punto nel quale andrebbe concentrata tutta la massa se il corpo potesse essere sostituito con un punto. Se si considera un corpo esteso si introducono due nuove grandezze: la densità e il peso specifico. 𝑚 𝜌= 𝑉 𝑝𝑠 = 𝜌𝑔 Se si conosce la densità ed il volume di un corpo è possibile determinare la sua massa e quindi il suo peso dalla formula della densità (esempio: uso della radiologia) EQUILIBRI Un corpo appoggiato ad una superficie è sottoposto alla forza peso, applicata al baricentro, e alla reazione vincolare della superficie sulla quale è appoggiato. Se la somma vettoriale di queste due forze è nulla ed il momento complessivo è anch’esso nullo, allora il corpo è in equilibrio. Se la superficie d’appoggio è orizzontale, il corpo è in quiete se la retta di applicazione della reazione vincolare passa dal baricentro del corpo. Il corpo resta in equilibrio se la retta di applicazioni delle risultanti cade all’interno del poligono di appoggio del corpo sul piano. Se un corpo è solo parzialmente appoggiato su una superficie e la forza peso (e quindi la retta passante per il baricentro) cade fuori dalla superficie d’appoggio, si genera un momento che lo fa cadere. EQUILIBRI Equilibrio stabile: si ha quando il punto di applicazione della reazione vincolare è al di sopra del baricentro. Equilibrio instabile: si ha quando il punto di applicazione della reazione vincolare è al di sotto del baricentro. Equilibrio indifferente: si ha quando il punto di applicazione della reazione vincolare coincide con il baricentro. Il corpo umano, in posizione eretta è un equilibrio instabile, in quanto il baricentro si trova al di sopra del punto di applicazione della reazione vincolare. Perché l’uomo resti in piedi è necessario che la retta passante per il baricentro cada all’interno dell’area definita dai piedi. La posizione di equilibrio viene mantenuta dall’azione muscolare. PROPRIETA’ ELASTICHE DEI SISTEMI CONTINUI La legge di Hooke, sulle forze elastiche, si applica anche ai sistemi continui. Immaginiamo di avere una bacchetta di lunghezza L e sezione A, sottoposta a due forze contrapposte, di modulo F, applicate alle estremità, che tirano in verso opposto. Sperimentalmente si ottiene la seguente relazione: 𝐹 Δ𝐿 sforzo = F/A, forza per unità di superficie =𝛾 𝐴 𝐿 Δ𝐿 1 𝐹 deformazione = DL/L, allungamento relativo 𝐿 = 𝛾𝐴 g = modulo di Young Lo sforzo ed il modulo di Young si misurano in N/m2 = Pascal (Pa). PROPRIETA’ ELASTICHE DEI SISTEMI CONTINUI I vari materiali, per esempio l’osso, possono subire delle deformazioni elastiche (tornando nelle condizioni iniziali), oppure possono subire delle deformazioni plastiche o fratture. In genere si verifica una frattura quando la deformazione è superiore allo 1.5%. Lo sforzo corrispondente al punto di frattura viene detto ultimo sforzo di tensione. In tabella sono riportati lo sforzo ultimo di tensione ed i fattori di Young delle ossa principali. In compressione lo sforzo ultimo è maggiore. Esempio femore: 1.6x102 MPa A1. DIMENSIONE DELLE VERTEBRE Lo sforzo è il rapporto tra la forza applicata e la superficie a cui viene applicata: F/A e si misura in N/m2 = Pascal. Esiste un valore limite caratteristico di ogni materiale che viene definito ultimo sforzo di tensione. Ogni vertebra (es. V10) è stretta tra la forza che agisce dall’alto verso il basso (dovuta a tutte le vertebre soprastanti), F9->10, e la reazione della vertebra susseguente dal basso verso l’alto ,F11->10. → → → 𝐹11→10 = −(𝐹9→10 + 𝐹10 ) La reazione vincolare sul fondo della vertebra è maggiore rispetto a quella sulla parte più alta, perché ogni parte deve sopportare il peso di tutte quelle che stanno sopra. Questa è la ragione per cui le vertebre aumentano di dimensioni dall’alto verso il basso. A2. FORZE ALLE QUALI È SOTTOPOSTA LA SPINA DORSALE I dischi vertebrali hanno diverse funzioni: -Assorbire i colpi -Trasmettere in modo uniforme la pressione tra le vertebre -Permettere la deformazione durante la spina dorsale -Sono elastici e si comprimono sottoposti ad un carico. Come tutti i materiali elastici il disco vertebrale ha un punto di rottura: per i dischi lombari è circa 1500 kg-peso, con una compressione del 35%. Grazie al fatto che le dimensioni delle vertebre aumentano dall’alto verso il basso, la pressione di rottura è uguale per tutte ed è circa 1.1 Kg-peso/mm2. Le vertebre, sotto l’azione della forza esercitata dai muscoli della schiena eseguono movimenti di rotazione sia su un piano verticale che orizzontale. Forze alle quali è sottoposta la spina dorsale La spina dorsale può essere assimilata ad un’asta rigida con uno snodo nel disco lombo-sacrale. P = peso di tutto il corpo = 80 Kg-peso P1 = peso del tronco = circa 0.4P = 32 Kg-peso P2 = peso di testa e braccia = circa 0.2P = 16 Kg-peso L = lunghezza della colonna; R = reazione del disco lombo sacrale; A circa 2/3L dal basso si attacca il muscolo che agisce sulla colonna con una forza Fs la cui direzione forma un angolo di 12° con la colonna; P1 si applica ad una distanza L/2; P2 si applica ad una distanza L; Peso P = 80 Kg-peso. Supponiamo che l’uomo si inclini di q = 45° a mani vuote. Calcoliamo l’equilibrio dei momenti rispetto al disco lombo sacrale: 2 𝐿 𝐹𝑠 ⋅ 𝑠𝑒𝑛 12° ⋅ 𝐿 − 𝑃1 ⋅ 𝑠𝑒𝑛45° ⋅ − 𝑃2 𝑠𝑒𝑛 45° ⋅ 𝐿 = 0 3 2 𝐹𝑠 ⋅ 0.21 ⋅ 0.7 − 0.4 ⋅ 𝑃 ⋅ 0.71 ⋅ 0.5 − 0.2 ⋅ 𝑃 ⋅ 0.71 = 0 0.15𝐹𝑠 = 0.28𝑃 𝐹𝑠 = 1.87𝑃 = 1.87 ⋅ 80 = 149.3𝐾𝑔 − 𝑝𝑒𝑠𝑜 Forze alle quali è sottoposta la spina dorsale Calcoliamo l’equilibrio dei momenti rispetto al disco lombo sacrale: 2 𝐿 𝐹𝑠 ⋅ 𝑠𝑒𝑛 12° ⋅ 𝐿 − 𝑃1 ⋅ 𝑠𝑒𝑛45° ⋅ − 𝑃2 𝑠𝑒𝑛 45° ⋅ 𝐿 = 0 3 2 𝐹𝑠 ⋅ 0.21 ⋅ 0.7 − 0.4 ⋅ 𝑃 ⋅ 0.71 ⋅ 0.5 − 0.2 ⋅ 𝑃 ⋅ 0.71 = 0 0.15𝐹𝑠 = 0.28𝑃 𝐹𝑠 = 1.87𝑃 = 1.87 ⋅ 80 = 149.3𝐾𝑔 K =45° H Piegandosi di 45° si fa compiere ai muscoli della schiena uno sforzo di 149,3 Kg. Forze alle quali è sottoposta la spina dorsale Calcoliamo la forza R esercitata sul disco lombo sacrale e scomponiamola nelle componenti lungo l’asse x e l’asse y. Le componenti delle forze peso nelle direzioni dell’asse x sono nulle. Valgono le seguenti relazioni: → 33° ෍𝐹 = 0 𝑅𝑥 − 𝐹𝑠 cos 3 3° = 0 𝑅𝑥 = 149.3 ⋅ 0.84 = 125.4𝐾𝑔𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑅𝑦 − 𝐹𝑠 𝑠𝑒𝑛33° − 0.4 ⋅ 𝑃 − 0.2 ⋅ 𝑃 = 0 𝑅𝑦 = 149.3 ⋅ 0.54 + 0.4 ⋅ 80 + 0.2 ⋅ 80 = 128.62𝐾𝑔𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑅= 125. 42 + 128. 62 = 179.6𝐾𝑔𝑝𝑒𝑠𝑜 In questa posizione il disco lombo-sacrale sopporta un peso superiore al doppio del peso del corpo. L’angolo formato dalla proiezione di Fs lungo l’asse x e Fs è pari a 33° in quanto complementare dell’angolo di 57° = 12°+45°. Forze alle quali è sottoposta la spina dorsale Supponiamo che il braccio sollevi un peso di 20 Kg => P2=0.2x80+20=36 Kg Valgono le seguenti relazioni: 2 𝐿 𝐹𝑠 ⋅ 𝑠𝑒𝑛12° ⋅ 𝐿 − 𝑃1 ⋅ 𝑠𝑒𝑛45° ⋅ − 𝑃2 𝑠𝑒𝑛45° ⋅ 𝐿 = 0 3 2 0.15𝐹𝑠 = 11.36 + 25.56 = 36.92 𝐹𝑠 = 246.13𝐾𝑔𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑅𝑥 − 𝐹𝑠 cos 3 3° = 0 𝑅𝑥 = 246.13 ⋅ 0.84 = 206.75𝐾𝑔𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑅𝑦 − 𝐹𝑠 𝑠𝑒𝑛33° − 32 − 36 = 0 𝑅𝑦 = 246.13 ⋅ 0.54 + 68 = 200.91𝐾𝑔𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑅= 206.752 + 200. 92 = 288.3𝐾𝑔𝑝𝑒𝑠𝑜 Questo aumento così elevato, per l’aggiunta di soli 20 Kg è dovuto al braccio di leva tra P2 e il disco lombo-sacrale, che è grande essendo uguale alla proiezione sull’asse orizzontale di tutta la spina dorsale. A3. FORZE ALLE QUALI È SOTTOPOSTO IL FEMORE DURANTE LA DEAMBULAZIONE Si vuole calcolare la forza a cui è sottoposto il femore di un uomo durante la deambulazione. -La forza esercitata dai muscoli adduttori sul grande trocantere è la forza F ed è inclinata di 70° rispetto ad un asse orizzontale; -La forza RF è la forza esercitata dall’acetabolo sulla testa del femore; -P è il peso del corpo ed R=P è la reazione vincolare; -Pg=P/7 è il peso della gamba. 18 cm L’equilibrio statico può essere definito come equilibrio delle forze ed equilibrio dei momenti. Tutte le forze sono sul piano verticale, quindi possono essere scomposte nella direzione x ed in quella y. Sul libro la distanza è sbagliata Forze alle quali è sottoposto il femore durante la deambulazione Equilibrio delle forze: Componenti lungo l’asse y 𝐹 ⋅ sin 7 0° − 𝑅𝐹𝑦 − 1/7𝑃 + 𝑃 = 0 Componenti lungo l’asse x: 𝐹 ⋅ cos 7 0° − 𝑅𝐹𝑥 = 0 Equilibrio dei momenti: Calcoliamo i momenti rispetto al centro della testa del femore, definiti come la componente della forza nella direzione verticale e la distanza orizzontale rispetto all’asse. 𝑃 𝐹 ⋅ sin 7 0° ⋅ 0.07 + ⋅ 0.03 − 𝑃 ⋅ 0.11 = 0 7 𝐹 = 128.53𝐾𝑔 La forza esercitata dai muscoli adduttori sul grande trocantere è circa 1.6 volte il peso del corpo. Forze alle quali è sottoposto il femore durante la deambulazione Dalle formule dell’equilibrio delle forze è possibile ricavare i valori delle due componenti di R: 𝐹 ⋅ cos 7 0° − 𝑅𝐹𝑥 = 0 𝑅𝐹𝑥 = 128.53 ⋅ 0.34 = 43.96𝐾𝑔 𝐹 ⋅ sin 7 0° − 𝑅𝐹𝑦 − 1/7𝑃 + 𝑃 = 0 𝑅𝐹𝑦 = 0.94 ⋅ 𝐹 + 6/7 ⋅ 𝑃 = 0.94 ⋅ 128.53 + 0.86 ⋅ 80 𝑅𝐹𝑦 = 189.62𝐾𝑔 𝑅= 43.962 + 189.622 = 194.65𝐾𝑔 Si deduce dai risultati che la forza che agisce sul femore è poco meno di 2.5 volte il peso del corpo.

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