Farmacologia - LEZIONE 27 - Antibiotici parte 1 PDF

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These are lecture notes from a farmacologia course, discussing antibiotics.

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FARMACOLOGIA PROF.SSA CAROLEO LEZIONE 27 –09/11/2023 SBOBINATORI: VIVIANA DE BONIS; CIRO PADUANO; GIUSEPPE MONTEROSSO; ALESSIA LAUGELLI ILENIA VENA; MARIA FRAN...

FARMACOLOGIA PROF.SSA CAROLEO LEZIONE 27 –09/11/2023 SBOBINATORI: VIVIANA DE BONIS; CIRO PADUANO; GIUSEPPE MONTEROSSO; ALESSIA LAUGELLI ILENIA VENA; MARIA FRANCESCA PANTUSA; VIVIANA DE BONIS; ALTEA DI RIENZO ARGOMENTI TRATTATI: ANTIBIOTICI DOMANDA: Per quanto riguarda i recettori nicotinici, a livello del sistema nervoso centrale, possono essere sia 2alfa e 3𝛽 e sia 5alfa? RISPOSTA: No, solitamente sono eterodimerici; quelli omomerici si trovano a livello della placca neuromuscolare. La composizione in sé dipende dal recettore e non rimanda alla sua funzione. La cosa essenziale è distinguere la composizione tra i recettori, il nicotinico avrà sicuramente una composizione differente rispetto ad altri. La composizione delle subunità, indipendentemente da alfa e beta, non interferisce con la funzionalità del recettore e quindi con il passaggio delle cariche (essendo recettori canale). La cosa essenziale è che nel recettore nicotinico vi siano sempre due subunità alfa, poiché a livello delle stesse si lega l’acetilcolina e quindi ci vogliono due molecole di acetilcolina per garantire l’apertura del canale. QUINDI, indipendentemente dalla composizione, è essenziale che in tutti i recettori nicotinici vi siano due subunità alfa, poichè queste consentiranno, legandosi all’acetilcolina, di aprire i canali del sodio se riguarda il centrale e quelli del calcio per la giunzione neuromuscolare, causando contrazione muscolare; la conformazione delle subunità, amminoacidica, ti garantisce proprio questo (la differenza di permeabilità è data dalla differenza amminoacidica). Dal punto di vista farmacologico e funzionale, la composizione non crea problemi. INTRODUZIONE AGLI ANTIBIOTICI Gli antibiotici sono una classe di farmaci altamente utilizzata, con la quale ci confronteremo spesso, per cui questo è un argomento importante. Sono un po’ complicati poiché i nomi e gli aspetti da ricordare sono tanti. È importante sapere come si usano gli antibiotici poiché viviamo con un problema: l’antibiotico resistenza. Questo non è dovuto solo alla non corretta prescrizione ma vi contribuiscono vari fattori; non sempre l’antibiotico terapia è necessaria, se parliamo di infezioni virali a carico dell’apparato respiratorio, con le quali ci confrontiamo soprattutto durante l’inverno, 95 volte su 100 sono su base virale, l’antibiotico non è necessario anzi crea danni. Quindi se viene una persona che ha la febbre e tosse ed è un periodo particolare in cui circolano con maggior frequenza i virus respiratori (autunno, inverno…), non bisogna partire subito con la terapia antibiotica, ma con quella antinfiammatoria, perché molto probabilmente quella patologia è di natura virale. Bisogna consigliare ai pazienti di effettuare non solo il vaccino classico antinfluenzale, ma anche l’antipneumococcico (che dura 5 anni), soprattutto a quei pazienti anziani e con comorbidità di natura vascolare, diabetica, ai bronchitici cronici, ma anche ai pazienti che non hanno complicanze; in questo modo si previene la polmonite più comune, quella sostenuta dallo pneumococco, che insorge solitamente come una complicanza di un’infezione virale a carico dell’apparato respiratorio. La vaccinazione non protegge al 100%, dipende dalla risposta del paziente, e questo vale per tutte le vaccinazioni (anti-covid, anti-influenzali), però bisogna comunque consigliare di eseguire la vaccinazione, perché anche una protezione parziale significa proteggere il paziente, anche se potrà infettarsi. Nel nostro emisfero siamo più fortunati perché in Australia arriva prima il freddo rispetto 1 a noi, si ammalano prima, quindi conosciamo già i ceppi che causeranno le infezioni. Ma si tratta comunque di vaccinazioni previsionali. La causa principale dell’antibiotico resistenza è la prescrizione errata di antibiotici. Altra causa: molto spesso in alcune farmacie non richiedono la prescrizione medica per fornire antibiotici, e questo porta a due riflessioni; la prima è che il paziente inizia una terapia antibiotica senza seguire indicazioni mediche sulla durata della terapia e sugli orari di somministrazione (spesso anche i medici trascurano la corretta informazione del paziente sull’argomento durante la prescrizione); è importante seguire gli orari di somministrazione, soprattutto è importante non posticipare, al contrario è concesso anticipare di una mezz’ora per necessità. Questo perché ciascun antibiotico ha quelle caratteristiche farmacocinetiche che differiscono tra loro nelle varie classi: ci sono antibiotiche che vanno somministrati una volta ogni due ore, altri una volta ogni quattro ore, altri una volta al giorno, in rispetto del regime posologico del singolo antibiotico. L’OMS ha elaborato il sistema AWaRe (la prof. ne consiglia la lettura) che è un acronimo, in cui ha classificato gli antibiotici in base alle patologie più frequenti, quindi i maggiori agenti nosocomiali, e dà una serie di consigli: ad esempio se ho una tonsillite devo prima osservarne l’evoluzione, poi devo utilizzare l’antibiotico che è nella classe (rientrano le penicilline), se la situazione si complica posso accedere ad altre classi di antibiotici. Quindi è un approccio graduale. Spesso in prima battuta si somministra una terapia empirica, ma se la patologia persiste, è necessario avvalersi di un antibiogramma, o di un’urinocoltura se si tratta di un’infezione delle vie urinarie. Queste due procedure sono essenziali e vanno eseguite quando si tratta di un’infezione batterica. L’antibiotico-resistenza non riguarda solo l’ambito medico-sanitario, ma anche l’ambito dell’agricoltura e allevamento. Da pochi anni c’è il divieto di usare antibiotici negli allevamenti. Se si fanno allevamenti intensivi, non viene rispettato il benessere dell’animale. Se ci sono cento animali in uno spazio piccolo, la possibilità che sviluppino malattie di natura infettiva aumenta in maniera esponenziale; per evitare questo, gli allevatori somministrano agli animali antibiotici. Quando mangiamo la carne di pollo, noi assumiamo quegli antibiotici. L’antibiotico-resistenza è un fenomeno naturale, dovuta alla capacità dei batteri di colonizzare qualsiasi luogo e quindi alla loro capacità di adattamento. Gli antibiotici nascono come sostanze naturali dai funghi, dalle muffe. Da lì si è sviluppata la farmacologia di semi-sintesi prima, e di sintesi successivamente (è dalla creazione di muffe e dell’alone di inibizione attorno alla coltura di batteri che Fleming ha scoperto la penicillina). Questo esempio ci fa capire come l’antibiotico-resistenza non sia solo causata da una cattiva gestione del farmaco, perché gli antibiotici vengono prodotti anche in natura. Negli ultimi anni sta avanzando tantissimo la ricerca in ambito oncologico: si è passati dalla classica terapia con chemioterapici con effetti collaterali devastanti, a una terapia immunologica meglio tollerata e più efficace. Invece ciò non è accaduto per gli antibiotici: non siamo in possesso di farmaci che possano combattere la resistenza batterica. Un batterio particolarmente resistente è l’acynectobacter baumannii, solo il 20/30/40% dei colpiti riesce 1 a contrastarlo. Se non funziona l’antibiotico, il passaggio successivo è la sepsi, che comporta un alto rischio di morte. Nel 2050 la prima causa di morte torneranno ad essere le malattie su base infettiva. Iniziamo dando una definizione di antibiotico. Per antibiotico si intende un composto di origine naturale, prodotto da batteri, funghi ecc.., dotato di attività antibatterica. Molte molecole con attività antibatterica vengono prodotte per via sintetica o semisintetica, in questo caso parliamo di chemioterapico. Gli antibiotici sono la categoria di farmaci più ampiamente utilizzati, anche in ambiente ospedaliero, insieme agli antinfiammatori non steroidei. Gli antibiotici si caratterizzano per l’alto indice terapeutico che, è il rapporto fra la dose tossica e la dose efficace e quindi, in buona sostanza, sono farmaci manegevoli e sicuri. Sono la categoria di farmaci più largamente prescritta. Più del 30% di pazienti ospedalizzati viene sotto posto ad un ciclo di terapia antibiotica. I farmaci antibatterici si caratterizzano per l’alto indie terapeutico (rapporto dose tossica/dose terapeutica). Una persona che ha subito un intervento chirurgico, anche se banale, come può essere ad esempio un’estrazione dentale, deve essere sottoposta ad antibiotico, come l’amoxicillina. Ci sono due parole che incontreremo frequentemente: MIC (la concentrazione minima inibente, che è la concentrazione di antibiotico in grado di inibire la crescita batterica) e MBC (la minima concentrazione battericida, cioè la minima concentrazione di antibiotico che porta a morte le cellule batteriche). Ci sono tanti modi di classificare gli antibiotici, intanto un antibiotico può essere classificato in base alla attività che esplica sul microrganismo in questione. Possiamo avere: Antibiotico che inibisce la cresita batterica quindi con attività batteriostatica. Antibiotico che determina la morte batterica: attività battericida. Se l’antibiotico è battericida i valori MIC e MBC coincidono. Se l’antibiotico è batteriostatico i valori di MIC e MBC sono differenti (MBC>MIC). Qualsiasi antibiotico a lungo andare può diventare battericida, questo perché soprattutto i macrolidi agiscono inibendo la sintesi proteica per cui il batterio non può soppravvivere a questa inibizione a lungo. È importante, ma soprattutto utile, conoscere la differenza tra un antibiotico batteriostatico da uno battericida: questo perché l’antibiotico batteriostatico, a differenza del battericida, richiede l’intervento delle difese immunitarie del corpo, che in un paziente immunodepresso, ad esempio, non sono ottimali; in questo caso, infatti, l’antibiotico batteriostatico non funzionerà. Quando noi somministriamo un antibiotico, il tipo che noi scegliamo e la posologia (dose, intervallo e tempo), sono dei parametri che vengono fuori da una serie di considerazioni. La relazione è tra farmaco, ospite e batterio. Queste doppie frecce rappresentano azione e reazione di ogni elemento della relazione. Perciò ad esempio nel caso dell’ospite, abbiamo visto che subisce un’azione da parte del batterio ma reagisce a questo attacco con una risposta di tipo immunitaria. I batteri sono l’esempio lampante di specie di successo e resistenza per la grande capacità di adattamento che li caratterizza. Chiaramente se è presente il fenomeno della resistenza, che dipende non solo dall'uso scorretto degli antibiotici ma anche dallo stato clinico del paziente come vedremo, la terapia si restringe a 2 determinate classi di antibiotici. Perché, se si ha, ad esempio, un batterio MRSA (stafilococco aureus meticillino resistente) è inutile utilizzare un antibiotico della classe delle beta-lattamine. Quindi la resistenza condiziona la scelta dell’antibiotico. Poi abbiamo altri tre fattori da tenere in considerazione che sono: il suo meccanismo di azione, la sua farmacocinetica e la tossicità. Nonostante gli antibiotici abbiano un alto indice terapeutico anche loro presentano degli effetti avversi ovviamente come, ad esempio, l’insorgenza di allergie alle penicilline che possono andare dall’orticaria allo shock anafilattico. È importante quando si sceglie un antibiotico ricordare questo triangolo e sapere che la scelta di un antibiotico dipende da fattori legati sia all’ospite che al batterio che al farmaco. Quindi anche gli antibiotici hanno una certa tossicità legata al sovradosaggio, esempio gli aminoglicosidi sono neurotossici e nefrotossici, possono anche dare danno muscolare. Per quanto riguarda l’ospite è importante che non abbia problematiche a livello epatico e\o a livello renale perché questi farmaci vengono metabolizzati a livello epatico e per gran parte escreti a livello renale; a livello renale questi farmaci vengono eliminati in due forme: metaboliti e quota di farmaco immodificata (il farmaco mantiene le sue caratteristiche di farmaco attivo). Se il paziente presenta un’insufficienza renale si rischia l’aumento della concentrazione plasmatica del farmaco oltre i livelli che sono consentiti. In questo caso bisogna fare un aggiustamento posologico del farmaco andando a ridurre il dosaggio. Stessa cosa per quanto riguarda una problematica a livello epatico. Altro aspetto da tenere in considerazione è la farmacocinetica (come il farmaco si muove nel nostro organismo), esempio ci sono antibiotici concentrazione dipendente e altri che sono tempo dipendente. L’altro aspetto è la farmacodinamica (come l’antibiotico agisce, se batteriostatico o battericida) e tutto questo lo si fa per arginare l’antibiotico resistenza. La MIC è la misura della potenza dell’antibiotico, però non mi dà informazioni sulla variazione della concentrazione del farmaco nel tempo (efficacia). La parte della farmacologia che da informazione sull’efficacia è la farmacocinetica. I parametri di farmacocinetica che servono a valutarne l’efficacia sono 3: 1) La concentrazione di picco plasmatica (Cmax); 2) La concentrazione minima plamatica (Cmin); 3) L’area sotto la curva (AUC) calcolata a partire da un grafico che mette in relazione le concentrazioni plasmatiche del farmaco con il tempo. Quelli più utilizzati sono i primi due, e sono parametri che si mettono in relazione con il parametro farmacodinamico ossia la MIC. 3 Quindi per capire quanto ne devo dare e che tipo di antibiotico ho davanti bisogna mettere in relazione un parametro farmacodinamico, la MIC (minima concentrazione inibente), con un parametro farmacocinetico, che può essere o TEMPO o la CONCENTRAZIONE PLASMATICA MASSIMA DEL FARMACO (che raggiunge dopo che viene somministrato e assorbito). TEMPO CONCENTRAZIONE MASSIMA 𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 MIC MIC Infatti, la farmacocinetica (quindi tempo o concentrazione massima) ci da informazioni riguardo la potenza del farmaco; mentre la farmacodinamica (MIC) ci da informazioni riguardo l’efficacia del farmaco. Domanda: Perché si usa la MIC e non la MBC (minima concentrazione battericida)? Sia nel caso di farmaci batteriostatici che di farmaci battericidi la MIC è un parametro che rispecchia il meccanismo d’azione del farmaco. Siccome la MIC è concentrazione minima di antibiotico che garantisce quell’effetto, non ci interessa che un farmaco sia batteriostatico o battericida, ma quello che ci interessa è sapere dando questo antibiotico è come si muove/come varia la concentrazione plasmatica del farmaco rispetto alla MIC (è più alta? È più bassa? È uguale?). Questo confronto costante tra la MIC e la concentrazione plasmatica del farmaco che diamo è molto utile per capire l’efficacia dell’antibiotico. Quindi l'effetto terapeutico di un farmaco può essere considerato il risultato dell'integrazione fra la FARMACOCINETICA e la FARMACODINAMICA. Tale correlazione che viene definita «cinetico-dinamica» (PK/PD) ha lo scopo di riuscire a garantire il mantenimento di concentrazioni terapeuticamente che siano efficaci nel sito d'azione. La diapositiva mostra quali correlazioni cinetico-dinamiche vengono utilizzate per definire antibiotici tempo dipendenti e concentrazione dipendenti. Infatti, in base all’attività degli antibiotici, li suddividiamo in 2 categorie: - Antibiotici tempo-dipendenti di cui ne fanno parte:  BETA-LATTAMICI (penicilline e cefalosporine);  GLICOPEPTIDI  MONOBATTAMI (fanno sempre parte di quegli antibiotici che agiscono sulla parete batterica, quindi sull’involucro esterno del batterio, così come fanno penicilline e cefalosporine);  OXAZOLIDINONI  MACROLIDI - Antibiotici concentrazione-dipendenti, di cui abbiamo:  AMINOGLICOSIDI  FLUOROCHINOLONI  AZITROMICINA (il famoso Zitromax, è un macrolide che va preso una sola volta al giorno, invece tutto il resto dei macrolidi sono tempo dipendenti, quindi è una “eccezione”) Questa distinzione tempo dipendente e concentrazione dipendente determina soprattutto l’intervallo di dosaggio: i tempo-dipendenti bisogna assumerli più di una volta al giorno invece quelli concentrazione-dipendenti vanno assunti una sola volta al giorno, la dose successiva sarà esattamente dopo 24 ore dall’ultima assunta. Esempio: se prendo lo Zitromax alle 8 di mattina, la volta successiva lo devo prendere alle 8 del giorno successivo. Quando prendo in considerazione antibiotici tempo dipendenti e concentrazione dipendenti, la MIC (parametro farmacodinamico) la prendiamo sempre in considerazione, ma i parametri farmacocinetici che io relaziono che metto in rapporto con la MIC sono diversi: - Per i tempo-dipendenti metto in relazione con la MIC la variabile farmacocinetica tempo; - Per quelli concentrazione-dipendenti metto in relazione con la MIC o l’area sotto la curva (AUC) oppure la concentrazione plasmatica massima (Cmax); Gli antibiotici tempo-dipendenti hanno la caratteristica che per poter essere efficaci, dobbiamo fare in modo che la concentrazione plasmatica del farmaco si mantenga al di sopra della MIC. Nell’immagine si può vedere in blu la concentrazione plasmatica del farmaco che si mantiene sempre sopra la MIC. Non deve raggiungere una elevata Cmax, ma basta che sia stabilmente sopra la MIC, bastano 1-2 ordini di grandezza sopra la MIC. Quindi, nel tempo, la concentrazione del farmaco deve raggiungere dei valori di 1-2 ordini di grandezza sopra la MIC. Se riusciamo a centrare questo obiettivo, siamo sicuri che l’antibiotico sarà efficace. L’antibiotico è tempo dipendente, se la MIC è 2 mg, la concentrazione nel tempo si deve mantenere su 4-5 mg, non serve 20-30 mg. Se NON ho bisogno di grandi concentrazioni sopra la MIC, come bisogna somministrarlo? Conoscendo l’emivita, ad es. quella dell’amoxicillina è 1,5/2 h, ogni quanto dobbiamo darlo? Essendo somministrazioni multiple, la concentrazione che dobbiamo considerare (in relazione alla MIC) è quella allo stato stazionario. Sappiamo per raggiungere le concentrazioni allo stato stazionario ci vogliono di 4-5 emivite, quindi se io ho l’AMOXICILLINA, la cui emivita è di 2 ore, considerando 4 per 2h otteniamo 8h (o 5 per 2h = 10h). Quindi conoscendo l’emivita, per gli antibiotici tempo-dipendi (per i quali non abbiamo bisogno di picchi di concentrazione, ma basta mantenere costante nel tempo una concentrazione che sia di qualche ordine di grandezza maggiore rispetto alla MIC), riusciamo ad ottenere l’intervallo di somministrazione. A questo punto noi frazioniamo la dose e la diamo, nel caso dell’AMOXICILLINA, ogni 8h. Quindi non ci serve darne in quantità industriali, ma a noi basta mantenere delle concentrazioni plasmatiche che siano costantemente più alte rispetto alla MIC, bastano 4-5 volte superiori alla MIC e abbiamo un effetto terapeutico efficace che si mantiene nel tempo. [Integrazione per capire meglio: L’efficacia degli antibiotici tempo-dipendenti dipende dalla concentrazione minima inibente (MIC). Per mantenere la concentrazione del farmaco 4-5 volte sopra la MIC, bisogna somministrare il farmaco a intervalli regolari, che sono determinati dal tempo di dimezzamento (emivita), cioè il tempo in cui il farmaco si riduce della metà nel sangue. Se si rispettano gli intervalli di somministrazione, si raggiunge uno stato stazionario, in cui la quantità di farmaco che entra nel corpo è uguale a quella che esce. Questo garantisce una terapia efficace e sicura. Per mantenere lo stato stazionario di un farmaco, la somministrazione deve avvenire a intervalli che corrispondono a circa 4-5 volte l’emivita del farmaco. Questo perché dopo ogni emivita, la quantità di farmaco nel corpo si riduce del 50%. Dopo 4-5 emivite, la quantità di farmaco eliminata è sostituita dalla dose successiva, portando alla fine a una concentrazione costante del farmaco nel corpo. Ad esempio, se l’emivita di un farmaco è di 2 ore, allora il farmaco dovrebbe essere somministrato ogni 8- 10 ore (2 ore x 4 = 8 ore, 2 ore x 5 = 10 ore) per mantenere una concentrazione costante nel corpo e raggiungere lo stato stazionario.] Infatti, negli antibiotici-tempo dipendenti l’efficacia dipende solo in minima parte dalle concentrazioni massime raggiunte, perché la massima attività antibatterica può essere già ottenuta con concentrazioni 4-5 volte la MIC. Se io aumento queste concentrazioni, cioè vado oltre 4-5 volte la MIC (quindi ne do di più) le concentrazioni ematiche che io raggiungo sono sicuramente più alte delle 4-5 volte, magari possono essere 8-10 volte la MIC; questo non significa che il farmaco funzioni bene, ma significa che espongo la persona alla tossicità, perché il range terapeutico è 4-5 volte la MIC, non 10 volte. Quindi se io ne do una quantità maggiore io espongo la persona oltre all’effetto terapeutico, ad un effetto tossico, perché l’effetto terapeutico ce l’ho già ottimo a 4-5 volte superiore la MIC. Se io tengo in considerazione le cose appena dette, lo schema posologico più vantaggioso è rappresentato dal plurifrazionamento della dose giornaliera. Quindi io fraziono la dose e ne do 1 ogni 8 ore; nell’arco delle 24h (parlando di amoxicillina per esempio) si danno 3 gr e io la do in 3 somministrazioni giornaliere (di 1 gr ciascuna) a distanza di 8h l’una dall’altra, facendo quindi un frazionamento della dose giornaliera. Se io dovessi decidere di prendere i 3 gr giornalieri in una volta sola, la dose totale giornaliera non cambia, ma la concentrazione plasmatica subirebbe un picco, superando di gran lunga le 4-5 volte la MIC, e così facendo non avrò l’effetto terapeutico, ma rischio anche di avere un effetto tossico, perché quello che arriva al sangue è una concentrazione 10-15 volte la MIC. Ricorda: tutto si muove intorno alla MIC. Se io quindi so che per avere un effetto terapeutico devo mantenere le concentrazioni più alte di circa 4- 5 volte la MIC, devo fare un plurifrazionamento della dose giornaliera che mi permette di mantenere tali le concentrazioni. Domanda: io faccio il plurifrazionamento, ma che intervallo di tempo utilizzo? L’intervallo di tempo è dettato dall’emivita. Per quanto riguarda la frequenza di somministrazione abbiamo ampicillina e oxacillina ogni 4h; amoxicillina ogni 6h per via endovenosa; sempre per l’amoxicillina più l’acido clavulanico ogni 8h per via os; per la claritromicina e linezolid ogni 12h; infine il ceftriaxone ogni 24h, che è un farmaco particolare di cui poi parleremo in seguito. Ricorda: per gli antibiotici tempo dipendenti l’intervallo di somministrazione è dettato dall’emivita. Per mantenere la concentrazione sempre superiori alla MIC la via di somministrazione ideale sarebbe l’infusione endovenosa continua, però ovviamente non si può sempre attuare. Parliamo ora degli antibiotici concentrazione dipendenti. Sono caratterizzati dal fatto che la loro attività antibatterica aumenta progressivamente all’aumentare della concentrazione plasmatica. Quindi mentre per i tempo dipendenti le concentrazioni dovevano essere fisse (mantenendosi nel tempo 4-5 volte superiori la MIC), in questo caso più do antibiotico più si potenzia l’attività antibatterica. Quindi gli antibiotici concentrazione dipendenti sono quegli antibiotici la cui attività antibatterica è strettamente legata alla dose di antibiotico presente nel sangue. Prima, nei tempo dipendenti le concentrazioni si dovevano mantenere stabili, ora invece mantenere un aumento di concentrazione nel sangue assicura l’efficacia del farmaco, quindi in questo caso non ci interessa che ci sia una costanza di quantità nel sangue, ma ci interessa che ci siano dei picchi di concentrazione molto più alti rispetto alla MIC. Questi picchi sono quelli che poi mi garantiscono un’efficacia antibatterica nel tempo. Quindi per avere un’efficacia devono avere concentrazioni di 10-12 volte più alte di MIC. Solo se ho una concentrazione di questo tipo, ho una buna risposta. È come se io facessi delle dosi terapeutiche “di attacco”. Quando io do un farmaco concentrazione dipendente so che la concentrazione aumenta fino a raggiungere il picco e poi diminuisce, ma a noi non interessa che dopo un po’ diminuisce, a noi interessa avere il picco di concentrazione massima nel sangue 10-15-20 volte più alto della MIC. Una volta che la concentrazione scende, io intervengo con un’altra somministrazione, ottenendo un altro picco, e così via. Inoltre, sia i fluorochinoloni che gli aminoglicosidi sono antibiotici che sono dotati del cosiddetto effetto post antibiotico, cioè non si sa per quale motivo, ma l’efficacia del farmaco si mantiene anche quando la concentrazione dell’antibiotico è molto bassa, cioè continuano ad agire sia tra una somministrazione e l’altra, sia quando si interrompe un ciclo di terapia (in questo caso continuano ad agire per qualche giorno); al contrario dei tempo-dipendenti dove l’efficacia è sostenuta dal plurifrazionamento della dose e dalla costanza della concentrazione. Quindi ricordiamo che gli antibiotici concentrazione dipendenti funzionano a concentrazioni alte, per cui se io volessi fare come per l’amoxicillina e frazionare la dose giornaliera e dare il farmaco ad intervalli di tempo più ristretti, io mi ritroverei con concentrazioni plasmatiche basse, insufficienti per espletare l’effetto antibiotico, perché io so che per avere l’effetto antibiotico devo raggiungere delle concentrazioni alte. Domanda: se una persona scorda di prendere l’antibiotico, è meglio che lo prenda appena si ricorda o il giorno dopo? È meglio prenderlo quando si ricorda. Inoltre, è sempre meglio anticipare la somministrazione (non di ore, ma magari di 30 minuti) piuttosto che posticiparlo. Domanda: se il pz decide di sospendere l’antibiotico prima della fine del ciclo terapeutico? Va detto che può provocare antibiotico resistenza. Va seguita per i giorni prescritti. Ricorda: la via di somministrazione non ha nulla a che vedere con il raggiungimento del picco; il picco si raggiunge comunque con qualsiasi via. La modalità di somministrazione, a parità di dose giornaliera incide sul valore del rapporto Cmax/MIC, dal momento che Cmax sarà tanto più elevata quanto minore è il frazionamento posologico. Non bisogna confondere la dose somministrata mediante frazionamento con la dose giornaliera. Quando si parla di dosi giornaliere si intende la dose che somministriamo nell’arco delle 24 ore. In caso di antibiotico concentrazione-dipendente, la dose può essere somministrata o in mono somministrazione giornaliera o al massimo frazionata in due somministrazioni tenendo conto delle caratteristiche farmacocinetiche del farmaco e della tollerabilità (per esempio, una dose giornaliera può non essere tollerata se data in mono somministrazione e quindi si decide di frazionarla in due somministrazioni anche se è raro). Questi grafici mettono in correlazione la concentrazione con il tempo. Nel primo grafico a sinistra si vede che si somministrano 1.000 mg ogni 24 ore. Nel secondo si vede cosa succede se si somministrano 500 mg ogni 12 ore quindi il farmaco viene frazionato; tuttavia in questo caso non si ha un dosaggio che consente di avere la stessa efficacia del farmaco. Nel terzo grafico, si somministrano 250 mg ogni 6 ore e si osserva che l’efficacia si abbassa ancora di più. Più alta è la concentrazione che si raggiunge, maggiore è la sicurezza che questo farmaco sia efficace. Il range deve essere tra 10 e 30 volte superiore alla MIC. Se questo range si abbassa (come nel terzo grafico), non si avrà nessun effetto nonostante si somministri la stessa dose ma ad intervalli di tempo ravvicinati. Ovviamente siamo nell’ambito degli antibiotici concentrazione-dipendenti. Quando si danno gli amminoglicosidi, che sono antibiotici concentrazione- dipendente, generalmente si danno in mono somministrazione. L’emivita plasmatica è relativamente breve (2,5-4 ore) e soprattutto essi sono nefrotossici. Nonostante l’emivita sia breve e quindi porterebbe a frazionare la dose in due somministrazioni, questo problema non si pone perché questi antibiotici sono dotati di effetto post-antibiotico (anche se le concentrazioni scendono, l’effetto rimane). Inoltre avendo detto che questi farmaci sono nefrotossici, si potrebbe pensare di frazionare la dose soprattutto in pazienti con problemi renali. Questo problema non si pone perché gli amminoglicosidi sono molto idrosolubili quindi il rene li elimina in maniera efficiente nella loro forma immodificata. Poi tra le altre cose, in quanto idrosolubili il loro assorbimento e la distribuzione sono mediati da carriers quindi da sistemi saturabili (arrivano quindi ai tessuti in quantità limitate). Per quanto riguarda i fluorochinoloni, essi sono abbastanza liposolubili e possono essere somministrati in mono o bi somministrazione. Siccome hanno tanti effetti collaterali, la bi somministrazione si può rendere necessaria per aumentare la tollerabilità. La natura più lipofila del farmaco ci viene in aiuto. Il loro assorbimento è di tipo passivo. Possiedono proprietà farmacocinetiche favorevoli perché in quanto liposolubile consentono una minore escrezione del farmaco attraverso il rene e permangono così più a lungo nell’organismo. In questo caso anche somministrazioni frazionate consentono al farmaco di espletare il suo effetto terapeutico. Lo spettro d’azione è il ventaglio delle specie batteriche nei riguardi delle quali l’antibiotico mostra attività. Lo spettro d’azione può essere: -Ampio, se l’antibiotico agisce sia sui Gram + che sui Gram -; -Medio, se l’antibiotico è attivo ad es. verso batteri Gram + e verso taluni Gram -; -Ristretto, se l’antibiotico agisce solo sui Gram + o solo sui Gram -. Abbiamo diversi modi per classificare gli antibiotici: in base alle caratteristiche farmacocinetiche, alle caratteristiche chimico-fisiche. Noi ci soffermeremo invece sulla classificazione in base alle proprietà farmacodinamiche. Tutte le componenti batteriche possono essere bersaglio degli antibiotici. 1. Antibiotici che inibiscono la sintesi della parete cellulare. Ricordiamo che un Gram + è costituito da una membrana cellulare e una parete cellulare; nel Gram – si hanno membrana cellulare, parete batterica e membrana esterna. Questi antibiotici agiscono a vari livelli perché ci sono quelli che agiscono nella fase terminale di costruzione del peptidoglicano (penicilline e cefalosporine); poi ci sono quelli che agiscono sulla seconda fase quindi inibiscono la polimerizzazione del mucopeptide (vancomicina) oppure altri che agiscono in quelle che sono le primissime fasi di sintesi della parete batterica (fosfomicina). 2. Antibiotici che alterano la funzione della membrana batterica. Questi comprendono composti che hanno un’azione detergente (polimixine) e composti che vanno ad alterare il potenziale di membrana causando una depolarizzazione e quindi una discontinuità della membrana batterica. 3. Antibiotici che inibiscono la sintesi proteica: tra questi ci sono quelli che agiscono sulla subunità 30S dei ribosomi (amminoglicosidi e tetracicline) e quelli che agiscono sulla subunità 50S dei ribosomi (macrolidi, clindamicina, streptogramine, linezolid, oxazolinidioni). 4. Farmaci che inibiscono il meccanismo di replicazione e di trascrizione degli acidi nucleici: alcuni inibiscono l’RNA polimerasi Dna-dipendente batterica (rifampicine), altri inibiscono la DNA girasi (fluorochinoloni) che agiscono sullo svolgimento del DNA. 5. Farmaci che agiscono da antimetaboliti e che bloccano enzimi essenziali del metabolismo batterico (sulfamidici e trimethoprim). Tra i principi generali della terapia antibiotica, si deve innanzitutto fare una accurata diagnosi clinica e cioè capire se quella patologia è sostenuta da quel batterio. E’ importante conoscere l’epidemiologia perché alcune patologie batteriche sono più frequentemente causate da alcuni ceppi batterici. È importante eseguire un antibiogramma quando possibile. Se non è possibile, bisogna usare l’antibiotico teoricamente più efficace in quel tipo di infezione (considerando i tassi di resistenza locale dei vari microrganismi). Bisogna poi usare l’antibiotico a dosaggio pieno per almeno 5 giorni consecutivi prima di considerarlo inefficace. Non bisogna cambiare in corso d’opera ma valutarlo alla fine dell’iter posologico. Bisogna poi regolare la somministrazione per avere tassi ematici terapeutici costanti, rispettare l’intervallo di somministrazione tenendo conto dell’antibiotico tempo-dipendente o concentrazione- dipendente. Ancora, è importante controllare gli episodi allergici (soprattutto le penicilline e le cefalosporine possono esporre il soggetto ad allergie, esacerbando fenomeni orticarioidi, rash cutanei fino allo shock anafilattico). Ogni qual volta ci si trovi di fronte ad un paziente nuovo, bisogna assicurarsi che non abbia avuto episodi allergici associati alle penicilline o alle cefalosporine (in questo caso il farmaco si sostituisce con un macrolide). Le penicilline sono i farmaci per antonomasia associati ad episodi allergici, ma sempre alla seconda somministrazione mai alla prima indipendentemente dal dosaggio che viene usato. Non bisogna associare mai un antibiotico batteriostatico ad uno battericida, perché il primo potrebbe impedire le azioni del secondo. È indicata l’associazione con vitamine negli anziani, nei bambini o in condizione di malnutrizione. Talvolta basta associare la terapia antibiotica ad un’alimentazione bilanciata. In taluni pazienti però è necessaria la prescrizione di vitamine principalmente del gruppo B e C. I fermenti andrebbero utilizzati in alcune situazioni in cui c’è la necessità di prolungare la terapia antibiotica, in quanto l’antibiotico “falcia” la flora batterica intestinale, per cui possono sorgere problemi legati a diarrea o, molto raramente a colite pseudomembranosa. Come mai? La flora batterica, come sapete, è il risultato di un delicato equilibrio tra le popolazioni batteriche esistenti, tra cui troviamo anche il Clostridium Difficile (anaerobio), per fortuna “tenuto a bada” dagli altri batteri presenti. Quando si prende l’antibiotico e la flora batterica intestinale risulta decimata, Clostridium Difficile comincia a replicarsi, e di conseguenza può insorgere colite pseudomembranosa. I ceppi batterici sotto elencati presentano una resistenza in rapida evoluzione, legata quasi sempre ad un “cattivo uso” degli antibiotici. Si tratta di: - ESBL: Enterobatteri produttori di beta-lattamasi ad ampio spettro, resistenti a penicilline e cefalosporine, anche di ultima generazione. In questi ceppi è possibile osservare resistenza crociata ai chinolonici, quindi sono abbastanza “corazzati”. - ERC: Enterobatteri resistenti ai carbapenemi, per le quali le possibilità terapeutiche sono molto molto ridotte. - MRSA: Stafiloccocus aureus resistente a tutte le beta-lattamine (penicilline, cefalosporine e carbapenemici), che, in assenza di resistenza, sarebbero gli antibiotici di prima scelta. Si tratta della forma di antibiotico-resistenza più conosciuta e più diffusa. Molto probabilmente fronteggeremo questi batteri nelle infezioni nosocomiali: la probabilità di infezione e abbastanza elevata in ambienti come RSA, ospedale: si tratta di batteri multi-resistenti. ANTIBIOTICI BETA-LATTAMICI Appartengono a questo gruppo diverse sottoclassi antibiotiche, così denominate in quanto presentano un anello beta-lattamico che, da un punto di vista chimico, le accomuna. Quali sono? Penicilline, Cefalosporine, Carbapenemi, Monobattami Condividono il meccanismo d’azione: tutti hanno a che fare con parete e membrana cellulare batterica. PENICILLINE Partiamo da un presupposto: nella parete batterica sono presenti due amminozuccheri: - N-acetilglucosammina (NAG) - Acido N-acetilmurammico (NAM) tenuti insieme da ponti di pentaglicina. Questi ponti sono saldati da enzimi peculiari, ossia le TRANSPEPTIDASI (anche definite “penicillin binding proteins”, PBPS) Sia Penicilline che Cefalosporine agiscono legandosi alla transpeptidasi e inibendo la formazione del ponte pentaglicinico. Le penicilline occupano il sito catalitico dell’enzima, impedendone il legame con la D- alanina. Di conseguenza la parete batterica si “buca”, si crea discontinuità e il batterio, privo di parete, non ha protezione osmotica. Bisogna ricordare che i batteri sono molto sensibili alla variazione osmotica, per cui “muoiono”. Come si classificano le Penicilline? - Penicilline Naturali (G e V) - Penicilline Sintetiche Le penicilline naturali sono Penicillina G e la Penicillina V. La G è stata la prima ad essere introdotta e si può somministrare unicamente per via parenterale, prevalentemente intramuscolare, in quanto, se somministrata per via orale, lo stomaco la distrugge. Un tempo si effettuavano delle punture di penicillina estremamente dolorose, in quanto il PH della formulazione è più basico rispetto a quello cutaneo. Successivamente, e per fortuna, sono state inventate delle penicilline sintetiche che hanno consentito una somministrazione differente, per via orale (anche se ad oggi si usa ancora, in alcuni casi, la penicillina G naturale). La penicillina G e la penicillina V sono attive nei confronti dei cocchi Gram+, tuttavia c’è il problema della farmaco resistenza, in quanto vengono rapidamente idrolizzate dalle penicillinasi. Essendo le penicilline gli antibiotici più antichi, e anche quelli più utilizzati, negli anni si sono “attrezzate” a produrre degli enzimi che disattivano la struttura chimica di questi antibiotici, in particolare l’anello beta- lattamico Sono efficaci nei confronti di batteri anaerobi del genere Clostridium, Treponema Pallidum (agente eziologico della Sifilide) , Borrellia Burgoferi (agente eziologico della malattia di Lyme), Neisseriae (campo d’azione privilegiati delle penicilline) Le penicilline penicillinasi-resistenti si dividono in: - Isossiazolilpenicilline (oxacillina, dicloxacillina) e Nafcillina. Tutti questi sono agenti d’elezione per S.Aureus e S. epidermidis ancora sensibili alla meticillina - Aminopenicilline (ampicilllina e il suo estere, amoxicillina). E’ stato aggiunto questo estere perché confrontando le due emivite, l’amoxicillina ha un’emivita e una durata d’azione maggiore. L’amoxicillina ha anche una maggiore biodisponibilita , del 70%, contro il 40% dell’ampicillina. Mentre le penicilline nuturali hanno un’azione solo nei confronti di Gram+, le penicilline sintetiche hanno uno spettro esteso anche ad alcuni Gram- (H.influenzae, E.Coli e Proteus Mirabilis). Molto spesso le penicilline si trovano in coformulazione con inibitori della beta lattamasi: Acido Clavulanico(sulbactam) Es. Agumentin è una combinazione di amoxicillina e acido clavulanico, mentre lo Zymox è solo amoxicillina. Gli inibitori della beta lattamasi non svolgono attività di antibiotico da soli, il loro compito è semplicemente quello di favorire l’attività antibiotica, sono enzimi di resistenza che proteggono l’antibiotico dalle beta lattamasi. Penicilline ad ampio spettro Hanno un vantaggio in più: sono attive contro Pseudomonas Si tratta di: Carbenicillina, Ticarcillina, Azlocillina, Mezlocillina, Piperacillina. La Piperacillina, per le infezioni nosocomiali, è molto spesso associata con Tazobactam, inibitore di beta-lattamasi: insieme sono in grado di fronteggiare diversi meccanismi di resistenza avanzati da Klebsiella, E.coli, Listeria monocitogenes. Vie di somministrazione Le penicilline le possiamo somministrare sia per via orale sia per via perenterale. Le penicilline orali hanno un assorbimento gastrico sufficientemente buono, anche se variabile nell’ambito delle diverse molecole. Attenzione, l’assorbimento delle penicilline è condizionato dalla presenza di cibo: risulta notevolmente ridotto. Infatti le penicilline vanno prese a digiuno. Le penicilline somministrate per via parenterale hanno un assorbimento molto rapido, raggiungendo in pochissimi minuti la massima concentrazione ematica. Diffondono rapidamente in tutti i tessuti ad eccezione del SNC: la BEE (Barriera emato-encefalica) fa passare solo quello che è lipofilo ed esclude tutto quello che è idrofilo A MENO CHE le meningi non siano infiammate: questo spiega perché nelle meningiti possano trovare impiego penicilline e cefalosporine. Altra cosa che dobbiamo tenere in considerazione è la concentrazione tissutale, che dipende dalle proteine plasmatiche e dall’affinità di legame. Più è alta l’affinità di legame, più la distribuzione tissutale è limitata. Legame farmaco proteico delle penicilline Per la maggior parte le percentuali sono basse: da 10 a 30% Ci sono dei pattern di penicilline con alta affinità di legame: isoxazoilpenicillina e ticarcillina Eliminazione delle penicilline L’eliminazione avviene quasi esclusivamente per via renale, e questo ci pone davanti ad un quesito: dobbiamo sempre chiedere al pz se soffre di insufficienza renale cronica, e dobbiamo controllare i valori di clearance di creatinina. Il dosaggio della penicillina si fa in base a questo. Unica eccezione la fa la Nafcillina, che ha eliminazione biliare al 90%. La penicillina sodica e tutte le penicilline iniettabili contengono molto sodio infatti nei soggetti con comorbiditá bisogna prestare molta attenzione poiché la somministrazione può determinare edema polmonare (in rari casi) o aritmia cardiaca se il soggetto sta effettuando una terapia digitalica, per l’instaurarsi di un’alcalosi ipokaliemica. Oltre a questi, si possono scatenare anche reazioni neurologiche come ipereccitabilitá neuromuscolare, mioclonie o anche coma, solitamente riguardano soggetti anziani con ridotta capacità di filtrazione renale trattati con altedosi di penicillina G o ureido e carbossi penicillina. Poi ci possono essere interferenze con la coagulazione, ad esempio la carbenicillina può aumentare l’attività dell’antitrombina III e interferire nella conversione del fibrinogeno in fibrina. Anche la ticarcillina può inibire la funzionepiastrinica. Nei pazienti sottoposti a intervento chirurgico, soprattutto se preesistente insufficienza renale ed è in corso terapia con anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici, aumenta il rischio emorragico. La somministrazione di penicilline, specie per via orale, può alterare la flora batterica intestinale, inficiare la sintesi di vitamina K ed essere anche causa di gravi forme di colite pseudomembranosa. Reazioni avverse Le penicilline sono gli antibiotici anergizzanti per 1 eccellenza. Le manifestazioni allergiche variano in uno spectrum che va dallo spasmo allemalattie da siero (malattia da ipersensibilità), al rush cutaneo allo shock anafilattico. Le reazioni avverse sono dose-indipendenti e insorgono alla seconda dose. La sensibilizzazione può avvenire anche in caso di esposizione alle penicilline di natura ambientale. La professoressa fa una piccola digressione riguardo la differenza tra aptene e antigene eaggiunge che le penicilline agiscono come antigeni se coniugati con proteine. Le reazioni solitamente sono IgE mediate e c’è un maggiore rischio quando si effettua una somministrazione endovenosa, più raramente si può anche verificare in caso di somministrazione orale o intradermica, motivo per il quale è importante chiedere sempre al paziente se sia allergico alla penicillina soprattutto se è la prima volta che lo si incontrae non si conosce la storia clinica. In caso di allergia si può scegliere di somministrare le cefalosporine anche se spesso c’è allergia crociata quindi bisogna prestare attenzione. Infine c’è la meticillina che è stata ritirata dal mercato in America perché causava nefrite interstiziale. Se arriva un paziente con infezioni molto gravi come endocarditi o meningiti e non abbiamo modo di sapere con certezza se è allergico alle penicilline e non abbiamo la possibilità di utilizzare antibiotici alternativi, anche con la comparadi un rush maculo-papulare, si può proseguire la terapia con penicilline; perché solitamente questa tipologia di reazione solitamente si risolve con la prosecuzione della terapia probabilmente per lo sviluppo di IgG neutralizzanti. Ci possono poi essere ulteriori reazioni avverse, tra le rare ricordiamo la granulocitopenia e le epatiti. Tra le frequenti invece si ha infiammazione e dolore nel sito di somministrazione oltre alle classiche reazioni a livello gastro- intestinale ovvero nausea, vomito e diarrea; poi si possono verificare eventi di disfunzione del SNC come le convulsioni per elevate concentrazioni del farmaco nel liquor soprattutto per somministrazioni endovenose di dosi eccessive o in pazienti con insufficienza renale. 2 Attenzione anche a somministrazioni rapide endovenose di penicillina G potassica perchécontiene circa 34 meq di K+ che provoca iperkalemia e quindi problemi a livello cardiaco che possono risultare fatali, soprattutto nei pazienti con disfunzione renale. Ci sono poi casi in cui la somministrazione accidentale di penicillina G associata alla Procaina, un anestetico, potrebbe dare una reazione immediata con allucinazioni, vertigini, tinnito e convulsioni perché le concentrazioni di procaina risultano tossiche. Cosa possiamo associare alle penicilline? (La prof legge la slide) Questo schema sotto è un riassunto utile per l’indicazione degli usi terapeutici soprattutto la colonna centrale (la prof indicando lo schema specifica che più che soffermarsi sulla terzacolonna indicante nelle varie sottoclassi di penicilline i vari batteri sensibili ad esse conviene guardare le altre due), ad esempio le amminopenicilline come l’amoxicillina vieneusata più frequentemente per infezioni del tratto respiratorio superiore, ovviamente considerando sempre l’agente eziologico che può essere batterico e non, e anche tra i batteri non tutti rispondono allo stesso farmaco. 3 CEFALOSPORINE Le cefalosporine si classificano in generazioni in base alla loro età di sintesi infatti quelle di quarta generazione sono le più giovani (inrealtà ci sono anche generazioni successive ma non sono importanti). La prof sottolinea che sarebbe bene ricordare tutti i nomi citati nella slide ma l’importante è ricordare i più significativi per ogni generazione. La prima grande differenziazione riguarda l’attività sui Gram+ e Gram-, in generale possiamo dire che sono ad ampio spettro però c’è comunque una variabilità tra le varie generazioni, ad esempio la prima generazione così come la seconda 4 è più efficace verso i Gram+ rispetto ai Gram- , al contrario quelli di terza e quarta hannoun’attività più spiccata verso i Gram-. 5 Per cosa uso le cefalosporine di prima generazione? La Cefazolina è la più utilizzata, in generale sono farmaci che vengono usati nelle infezioni cutanee e dei tessuti molli causate da S. pyogenes e S. aureus meticillino-resistente. Viene usato anche come profilassi chirurgica nelle infezioni da E. coli e Klebsiella pneumoniae penicillasi produttori. Si distribuisce nei tessuti ma non passa la barriera ematoencefalica, ha un legame alle proteine plasmatiche che è abbastanza elevato (85%) e viene escreta per via renale, per filtrazione glomerulare. Quelli di seconda generazione sono attivi nei confronti di ceppi di H. influenzae, Moraxella catarrhalis, entrambi produttori di β-lattamasi, quindi usati in caso di infezioni come otiti, sinusiti e nelle infezioni delle vie respiratorie. Cefoxitina, Cefmetazolo e Cefotetan agiscono nei confronti di Bacteroides fragilis, e sono anche i principali da ricordare di questa generazione: si usano soprattutto nel corso di peritoniti e infezioni intestinali sostenute da diverticoliti. Non hanno attività su enterococchi e Pseudomonas. Quelle di terza generazione sono molto usate: sono efficaci in un’ampia gamma di infezioni gravi provocate da microrganismi resistenti alla maggior parte degli antibiotici. Hanno un’ottima distribuzione e raggiungono anche il liquor tranne il Cefoperazone, che non lo raggiunge. Ovviamente per arrivare al liquor i farmaci sono condizionati anche dalla via di somministrazione quindi, le formulazioni orali fanno più fatica. In caso di infezioni sostenute da Enterobacter non vengono usati e anzi possono generare resistenza. Quali sono le cefalosporine attive contro lo pseudomonas? Ceftazidima e Cefoperazone. Poi Ceftriaxone e Cefotaxima sono farmaci elettivi per la terapia delle meningiti sostenute da pnumococchi, meningococchi, H. influenzae, e Gram negativi sensibili; non hanno indicazione per le meningiti da L. monocytogenes dove invece hanno più efficacia le penicilline. Possiamo anche usarli nelle infezioni da pneumococchi che sono resistenti alle penicilline. In caso di meningiti da pneumococchi altamente resistenti alla penicillina (MIC> 1μg/mL) si somministra Ceftriaxone/Cefotaxima e per una maggiore efficacia si può associare un altro antibiotico come la vancomicina. Se abbiamo un paziente in corso di sepsi ad eziologia sconosciuta in pazienti immunocompetenti o immunodepressi dobbiamo instaurare una terapia empirica con una cefalosporina di terza generazione come la Ceftazidina e un aminoglicoside. 1 Tra quelli di quarta generazione troviamo il Cefepime che ha attività contro Gram positivi, ma anche nei confronti dei Gram-, se ricordate la tabella che abbiamo visto prima. Ha attività nei confronti di Pseudomonas e Enterobacteriaceae, diversamente da quelli di terza generazione. Hanno un altro vantaggio ovvero penetrano molto rapidamente attraverso la membrana esterna dei Gram negativi, perché sono un po’ più lipofili delle cefalosporine precedenti. Quindi penetrano con più facilità la membrana e essendo facilitato l’antibiotico raggiunge già concentrazioni battericide e l’effetto si vede prima. Quelli di quinta generazione sono Ceftarolina e Ceftobiprolo, importanti da ricordare perché sono attivi contro S. aureus meticillino-resistente. Non sono attive contro Pseudomonas spp. La farmacocinetica è praticamente simile alle penicilline, quindi somministrazione orale e parenterale. Sono escrete per via renale con l'eccezione del Cefoperazone e Ceftriaxone che sono escrete principalmente nella bile e quindi possono essere utili nelle infezioni dell'albero biliare. Attenzione ai pazienti con problemi con la funzionalità renale. Per le cefalosporine eliminate per via renale il dosaggio deve essere ridotto in pazienti con insufficienza renale. Sono poco metabolizzate dal fegato, quindi vengono escrete in forma immodificata. Ceftriaxone, Cefotaxina, Ceftazidima e Cefepima penetrano nel SNC in sufficiente concentrazione utile per il trattamento delle meningiti. Inoltre possono passare la placenta. In gravidanza si preferiscono le penicilline. Concentrazioni elevate si raggiungono anche nelle sinovie, nel pericardio, nell'umore acqueo (questo succede solo dopo somministrazione sistemica di cefalosporine di terza generazione). Altre reazioni avverse sono ipersensibilità, cross-reattività con le penicilline, principalmente con le cefalosporine di prima generazione, mentre quelle di terza sono abbastanza sicure. L’allergia alle penicilline può essere valutata con un test cutaneo. Poi ci può essere diarrea, possono presentarsi problemi di coagulazione riservati a Cefamandolo, Cefotetan e Cefoperazone, che possono prolungare il 2 tempo di protrombina con rischio di emorragia in pazienti in terapia anticoagulante. Il Cefepime può causare fenomeni convulsivanti, ma sempre in caso in cui viene somministrato ad alte dosi in pazienti con insufficienza renale. Queste sono tabelle riepilogative: la colonna centrale specifica in quali infezioni vengono principalmente utilizzate e a destra troviamo le caratteristiche principali e l’attività nei confronti di determinate specie batteriche. CARBAPENEMI E MONOBATTAMI Questi completano gli antibiotici β- lattamici. Tra i carbapenemi troviamo l’Imipenem, Doripenem, Meropenem e l‘Ertapenem. Vengono usati per infezioni nosocomiali, complicate e recidivanti del tratto urinario, meningiti resistenti a penicilline e cefalosporine, poi l’Ertapenem si può utilizzare per le infezioni acquisite di comunità e per le infezioni nosocomiali. Hanno uno spettro ottimale perché vanno contro Streptococco, Proteus, E. 3 coli, Klebsiella, Serratia, Enterobacter; quindi, praticamente tutti tranne lo Pseudomonas. Ora vediamo la loro farmacocinetica: per quanto riguarda i carbapenemi si usano in tante patologie, soprattutto è da ricordare che nelle infezioni polimicrobiche nei quali non si trova un unico agente eziologico specifico l’utilizzo di un carbapenemico è sicuramente una scelta utile. Vengono spesso somministrati per via parenterale e il dosaggio deve essere regolato in caso di insufficienza renale seria. Sono eliminati quasi immodificati per via renale. L’Aztreonam, appartenente al gruppo dei monobattami, viene somministrato esclusivamente per via intramuscolare o endovenosa e viene totalmente eliminato per via renale senza subire alcuna modificazione. Poi abbiamo gli inibitori delle β-lattamasi: l’acido Clavulanico, il Sulbactam e il Tazobactam e poi l’Avibactam, che può essere associato con una cefalosporina di terza generazione ed è in formulazione parenterale. Poi abbiamo altri agenti che agiscono sulla parete batterica che sono le polimixine, i glicopeptidi e i lipopeptidi, che sono essenzialmente battericidi. 4

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