Rimodellamento Osseo - Lezione 14 (02-11-23) PDF

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anatomia rimodellamento osseo riparazione fratture osteologia

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In questo documento viene descritto il rimodellamento osseo e la riparazione delle fratture. Si spiega il processo di riassorbimento e produzione dell'osso, mettendo in evidenza l'importanza dell'adattamento ai carichi meccanici.

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02-11-23, lezione 14 Rimodellamento osseo Il processo di produzione e riassorbimento osseo, ad opera di osteoclasti ed osteoblasti è un processo coordinato e continuo, avviene per tutta la vita. Le FUNZIONI del rimodellamento sono: - La trasformazione dell’osso primario in osso secondario -...

02-11-23, lezione 14 Rimodellamento osseo Il processo di produzione e riassorbimento osseo, ad opera di osteoclasti ed osteoblasti è un processo coordinato e continuo, avviene per tutta la vita. Le FUNZIONI del rimodellamento sono: - La trasformazione dell’osso primario in osso secondario - Il raggiungimento della forma definitiva dell’osso Accrescimento Ciò avviene principalmente durante l’accrescimento - Ruolo fisiologico (sali minerali) - Rinnovamento della matrice ossea Vita adulta - Adattamento delle ossa ai carichi meccanici Ciò avviene principalmente durante la vita adulta Adattamento a carichi meccanici L’osso cresce e si rimodella in risposta alle forze cui è sottoposto. Nell’immagine a sinistra è riportato l’esempio di un femore. Con la crescita il peso aumenta, e quindi aumentano le forze che l’osso deve sostenere. A variare può essere anche la postura. Quest’ultima può variare anche in caso di arto danneggiato, in questo caso il peso è a carico soprattutto dell’osso controlaterale. L’immagine sottostante spiega invece il perché l’osso va a depositarsi in determinate posizioni: la porzione dell’osso sottoposta a maggior stress meccanico è quella in cui verrà deposto maggior quantitativo di osso. Analogamente, nella porzione di osso in cui agiscono meno forze verrà deposto un quantitativo minore di osso. Riparazione delle fratture 1 Un’altra fase fondamentale della quale abbiamo necessità nel rimodellamento osseo è sicuramente la fase di riparazione delle fratture. I Fase: tessuto di granulazione Nella prima fase vediamo l’osso fratturato; chiaramente nella frattura vengono danneggiati sia l’osso che i vasi sanguigni. Abbiamo quindi una prima fase con la rottura dei vasi e la fuoriuscita di sangue; dunque, interverrà il processo di blocco della fuoriuscita di sangue (il processo di emostasi) e si formerà il coagulo. Questo coagulo inizialmente viene invaso da cellule del sistema infiammatorio, cioè i macrofagi (si tratta infatti del processo generico di difesa), che andranno a rimuovere quello che è il tessuto danneggiato. In più arriveranno e si localizzeranno in questa zona anche dei fibroblasti che derivano dal connettivo reticolare presente nelle ossa. Questi due tipi di cellule andranno nel loro insieme a costituire un primo tessuto che si dispone tra i capi ossei fratturati; un coagulo di sangue invaso da fibroblasti e macrofagi, dove i fibroblasti tentano di deporre una nuova matrice e i macrofagi tendono invece a rimuovere il tessuto danneggiato. Questo primo tessuto che si organizza è chiamato tessuto di granulazione. II Fase; callo fibrocartilagineo Nell’ambito di questa zona si viene a costituire gradualmente un tessuto che è in realtà un misto tra cartilagine e tessuto connettivo, in quanto in questa sede si iniziano a differenziare anche dei condroblasti, che iniziano a produrre cartilagine. Dunque, i fibroblasti producono le tipiche fibre del connettivo, e a loro si abbinano dei condroblasti che contemporaneamente producono matrice cartilaginea. Pertanto, il vero tessuto che si viene a costituire una volta riassorbito il coagulo e che va a saldare i due capi ossei fratturati è un tessuto chiamato callo fibrocartilagineo. III Fase: callo osseo Infine questo callo fibrocartilagineo viene sostituito da un callo osseo per mezzo del differenziamento di cellule osteoprogenitrici in osteoblasti, che vanno progressivamente a deporre tessuto osseo andando a sostituire il connettivo e la cartilagine già presenti. Il processo di mineralizzazione inizia, ma non si raggiunge il livello di un osso maturo. IV Fase: tessuto osseo secondario 2 Finalmente quindi vediamo ricostituito il tessuto osseo; ma l’osso in questione è ancora un osso primario, che successivamente viene rimodellato grazie all’azione di osteoblasti ed osteoclasti per andare a costituire un osso che è praticamente identico a quello che era inizialmente e che si era fratturato. Chiaramente si tratta di un processo abbastanza lungo, che richiede per il suo completamento all’incirca un mese/un mese e mezzo in condizioni normali. L’età è un fattore che contribuisce a far diventare questi processi riparativi più lenti. Anche nell’ultima fase, pur essendo iniziato il processo di riparazione finale, ancora il grado di resistenza, di forza, di capacità delle nostre ossa è inferiore rispetto a quello dell’osso definitivo: dunque questa è una fase in cui un individuo può iniziare a caricare peso sulle ossa fratturate, ma ancora non tanto quanto faceva prima della frattura. Questa è la fase a cui gli ortopedici prestano particolare attenzione prima di consentire al paziente di riprendere le attività normali. Meccanotrasduzione: risposta a sollecitazioni meccaniche Anche gli osteociti hanno un ruolo fondamentale nel rimodellamento. Questi, trovandosi all’interno del sistema di lacune ossee e avendo questi prolungamenti all’interno dei canalicoli, risentono di quelle che sono le forze del liquido che striscia sulla loro membrana. Ricordiamo infatti che abbiamo parlato del liquido o fluido nutritizio che scorre all’interno delle ossa nei canalicoli e nei canali di Havers e di Volkmann. Quindi gli osteociti sono lambiti da un sottile strato di liquido, e questo liquido cambia la sua direzione in base anche alla direzione delle forze che vengono applicate alle ossa. Pertanto, gli osteociti hanno dei sensori, delle proteine a livello della membrana ancora non del tutto definite, che risentono di questa forza e a seguito attivano un meccanismo di produzione di molecole che vanno a loro volta a regolare l’attività di osteoblasti ed osteoclasti. Quindi in questo modo vanno a localizzare l’attività sintetica e l’attività degradativa in punti diversi nelle nostre ossa. Questo processo prende il nome di meccanotrasduzione. Istofisiologia dell’osso Tanti sono i fattori che regolano le attività delle ossa, a partire da fattori nutrizionali (quindi legati all’alimentazione) a fattori endocrini e fattori locali, cioè da molecole prodotte all’interno dell’osso stesso. 1. Fattori locali Gli osteoblasti e altri tipi cellulari nel microambiente osseo (esempio: midollo osseo) producono e secernono fattori solubili che regolano per via paracrina l’attività delle cellule dell’osso. Gli osteoblasti producono: -TGF-ß (il fattore di crescita trasformante) che induce il differenziamento delle cellule osteoprogenitrici: aumenta la capacità di differenziare in osteoblasti. Regola anche l’attività degli osteoblasti maturi. - BMP (bone morphogenetic protein) regolano cellule osteoprogenitrici e osteoblasti. Ne esistono una ventina circa. - IGF (insulin-like growth factor) stimola crescita e metabolismo osteoblasti. - Fattori che stimolano il differenziamento osteoclastico (RANKL ) Leucociti e i macrofagi e i linfociti T producono: IL-1, IL-6, IL-3, TNF che attivano gli osteoclasti. Regolano le cellule osteoprogenitrici, e il loro differenziamento. Si tratta di citochine che si attivano durante i processi infiammatori. Il rimodellamento osseo è un processo estremamente bilanciato, non deve esserci uno squilibrio fra questi elementi altrimenti c’è il rischio che una delle due tipologie cellulari ecceda nelle sue attività. NB. Ogni fattore esercita la sua attività nelle cellule che dispongono del recettore apposito. Un unico fattore può esercitare diversi effetti in diverse tipologie di cellule. 3 2. Fattori endocrini -PTH (paratormone, prodotto dalla paratiroide) stimola la attività di osteoclasti, aumenta il riassorbimento osseo Livelli alti di PTH corrispondono a livelli alti di Ca2+ nel sangue: il calcio rimosso dalle ossa per il riassorbimento va a finire a livello ematico. -Calcitonina (prodotta dalle cellule parafollicolari della tiroide) inibisce attività osteoclasti Riduce il livello di calcio ematico perché va ad inibire gli osteoclasti. -Ormone della Crescita (GH) (prodotto dall’ipofisi) ed ormoni tiroidei stimolano la crescita dell’osso e ne consentono il normale accrescimento, agendo in particolare sulla attività del disco epifisario (gigantismo o nanismo ipofisario). Nell’immagine a destra un esempio di gigantismo, dovuto ad alti livelli di GH. -Ormoni sessuali (androgeni ed estrogeni) stimolano il metabolismo osseo, la chiusura delle epifisi e l’arresto dell’accrescimento osseo. 3. Fattori nutrizionali -Assunzione di Calcio -Vitamina D: consente l’assorbimento di Calcio a livello intestinale. Stimola l’attività di osteoblasti Carenza di vitamina D - durante l’accrescimento provoca Rachitismo: le cartilagini di coniugazione proliferano ma la difettosa mineralizzazione delle ossa le porta a deformarsi sotto stress meccanico (esempio di rachitismo immagine in alto a destra) -Osteoporosi: età adulta, si verifica sia nei maschi ma più nelle donne, è infatti causata da carenza di vitamina D e di estrogeni. Sbilanciamento tra deposizione e riassorbimento: il riassorbimento aumenta, le ossa diventano porose e fragili. Maggiore attività degli osteoclasti rispetto a quella degli osteoblasti. Sono presenti meno trabecole ossee e sempre più sottili. Correlazioni cliniche: anomalie genetiche Osteogenesi imperfetta (collagene 1) Alterazione della formazione delle fibre collagene con fragilità ossee eccessive, deformità e ricorrenti fratture, denti e pelle fragili, blu sclera. Con questa mutazione si nasce. Displasia cleidocranica (Cbaf1) Mutazioni nel gene Cbfa1 che codifica per un fattore di trascrizione che regola il processo differenziativo degli osteoblasti. Tale processo risulta quindi essere alterato, e di conseguenza è alterata la produzione di tessuto osseo. Il cranio risulta grande più della norma in quanto a livello delle suture, queste non ossificano e quindi le ossa diventano sempre più grandi. Mancato sviluppo delle clavicole, problemi a livelli del palato, il quale fatica ad ossificare. L’individuo è solitamente di bassa statura. Nell’immagine a destra è riportato un esempio. 4 TESSUTO NERVOSO Il sistema nervoso: funzioni Il sistema nervoso regola l’intero funzionamento delle nostre attività e del nostro organismo. È tramite il sistema nervoso che noi riceviamo le sensazioni dell’ambiente esterno (come caldo e freddo), ma anche le informazioni del nostro ambiente interno, che sono quelle magari più complicate da immaginarci, come ad esempio il dolore. Grazie al sistema nervoso abbiamo inoltre anche la capacità di sommare tutte queste azioni e integrarne le informazioni. Sempre a carico del sistema nervoso c’è poi il controllo di quelle che sono invece le nostre attività non volontarie, ad esempio la secrezione ghiandolare, e di tutte quelle altre attività che riguardano le diverse sedi delle emozioni e l’apprendimento (aree per anni poco esplorate, ma sicuramente fondamentali per una migliore comprensione del sistema nervoso che le elabora). Suddivisione anatomica generale La suddivisione generica del sistema nervoso consiste in: sistema nervoso centrale, che comprende encefalo ( racchiuso nella cavità cranica) e midollo spinale ( racchiuso nel canale vertebrale), e sistema nervoso periferico, che comprende quelli che sono gangli e nervi. Dal punto di vista funzionale, il sistema nervoso periferico è organizzato in due componenti con due funzionalità distinte: -componente sensitiva, che comprende le strutture che servono a ricevere e trasmettere gli stimoli al sistema nervoso centrale - componente motoria, che serve a trasmettere gli impulsi dal sistema nervoso centrale alla periferia La componente motoria è a sua volta divisa in sistema nervoso somatico e sistema nervoso autonomo. Come dice il termine, il sistema nervoso autonomo va a controllare le attività indipendenti dalla volontà, per esempio la contrazione cardiaca o l’attività dei muscoli lisci a livello dell’intestino, che sono attività che chiaramente non decidiamo di compiere con la nostra volontà. Altre attività invece, quelle regolate dal sistema nervoso somatico, sono le contrazioni muscolari tipiche, e quindi attività volontarie. Tutte le sensazioni che ci derivano dall’interno o dall’ambiente esterno vengono portate a livello del sistema nervoso centrale, 5 dove avviene l’opera di integrazione (in particolare a livello delle cortecce), e da qui partiranno dei segnali condotti attraverso le strutture che si estendono nel sistema nervoso somatico per andare a controllare le attività involontarie e volontarie. In alto a destra è riportato uno schema riassuntivo. Tutti questi stimoli sono dei segnali elettrici condotti nel nostro corpo da delle cellule specializzate, che sono appunto le cellule nervose o neuroni. Il tessuto nervoso deriva da un foglietto di cellule specifico: il neuroectoderma. È costituito prevalentemente da cellule, i neuroni (circa 100 miliardi, il numero dipende anche dall’età), che sono caratterizzate da specifiche attività: -sono cellule in grado di risentire di stimoli, cioè in grado di cambiare il loro comportamento in seguito a stimoli (costituiti dai segnali elettrici), e perciò si dicono cellule eccitabili. -sono anche cellule che possono condurre questi segnali elettrici e pertanto si dicono cellule che presentano la capacità della conduttività. -presentano poi anche altre proprietà che non sono esclusive di queste cellule, come la capacità di produrre e secernere nell’ambiente esterno qualcosa. Abbiamo infatti visto come la proprietà di essere cellule secernenti sia propria di tante altre cellule. La specificità delle cellule nervose è quella di liberare nell’ambiente esterno molecole chiamate messaggeri chimici. -Infine, abbiamo già visto che non sono cellule in grado di dividersi, perciò eventuali danni a carico del sistema nervoso centrale sono irreversibili Ai neuroni si associa una seconda categoria di cellule del tessuto nervoso, le cellule gliali (o nevroglia), che sono addirittura numericamente dieci volte più numerose dei neuroni. Svolgono delle attività fondamentali affinché i neuroni non muoiano, svolgano in maniera corretta le loro funzioni, vengano nutriti e non degenerino. Insomma, sono cellule che ricreano il supporto adeguato ai neuroni per la loro vitalità e il mantenimento delle loro funzioni. Neurone: struttura generale Un neurone presenta un corpo cellulare (o soma o pirenoforo) che all’interno contiene il nucleo. Dal soma emergono una serie di espansioni citoplasmatiche chiamati dendriti, che sono tra loro simili ma abbastanza corti rispetto alla dimensione dell’intero neurone, mentre si diparte anche un altro prolungamento che in genere è spesso abbastanza lungo e che si chiama invece assone. L’assone è uno solo. Si ramifica a differenza dei dendriti, non vicino al corpo cellulare, ma distalmente ad esso. Al termine dell’assone si trova una zona specializzata che entra a far parte di una struttura chiamata sinapsi: strutture che trasmettono il segnale ad un altro neurone, o alle cellule effettrici. Neurone: microscopio ottico L’immagine a sinistra è quella di un neurone ottenuta con colorazione con sali. Nelle colorazioni classiche ematossilina-eosina, i dendriti e gli assoni non sono identificabili. Nell’immagine accanto vediamo il confronto fra un neurone visto al microscopio ottico e un suo schema rappresentativo. Dei neuroni possiamo dire che il corpo cellulare varia in termini di dimensioni, ma anche di forma vera e propria. I neuroni a seconda delle sedi, infatti, possono avere dimensioni che vanno dai 5 fino ai 150 micron e la forma del corpo cellulare può essere stellata, piramidale, piriforme o sferica a seconda della sede principale nella quale si trova. 6 Ad esempio, la forma sferica è tipica dei neuroni presenti a livello dei gangli (come nell’immagine a lato). Di forma piriforme sono una categoria di cellule del cervelletto e della sua corteccia, mentre di forma piramidale sono molti dei neuroni presenti a livello della corteccia cerebrale. Corpo cellulare Caratteristica tipica del corpo cellulare è che il nucleo è quello tipico di una cellula impegnata in un’intensa attività sintetica, per cui i neuroni hanno un nucleo che è corposo, eucromatico, in genere di forma sferica o ovoidale e che presenta un nucleolo molto ben evidente (tutte queste caratteristiche sono infatti tipiche di una cellula impegnata nella sintesi di molte molecole). Al di là dei mediatori chimici, infatti, i neuroni sono impegnati nella produzione di molte altre molecole che servono per le loro attività. In quest’immagine (a destra) viene presentata la microscopia elettronica di un neurone di un ganglio spinale. Il nucleo appare molto chiaro ed è ben evidente il nucleolo (pallino nero). Il nucleo è la porzione bianca che lo circonda. Il nucleo è chiaro perché è prevalentemente costituto da eucromatina. Il citoplasma è ricco di quelli che vengono chiamati zolle/corpi del Nissl, zone che appaiono intensamente colorate nel citoplasma e che corrispondono all’elevata presenza di reticolo endoplasmatico rugoso utile per quella che è la loro attività. Quindi sono aree che indicano l’attività sintetica del neurone. In più a livello del corpo cellulare e anche nei vari prolungamenti troviamo molti elementi del citoscheletro. Questo a sinistra è invece un neurone in microscopia ottica. Il nucleolo in viola al centro (Nu) e il nucleo poco colorato attorno. I mitocondri sono numerosi, anche nei prolungamenti. Il RER è molto sviluppato. Ci sono molti ribosomi liberi: segnale di sintesi proteica molto attiva. Le zolle basofile nel citoplasma corrispondono alla sostanza di Nissl. I microtubuli e le neurofibrille (aggregati di neurofilamenti di 10nm) forniscono supporto meccanico e contribuiscono al traffico vescicolare. A destra un esempio di neuroni stellati multipolari presenti nelle corna anteriori del midollo spinale. Questa immagine è ottenuta con coloranti basici: blu di toluidina. Sotto sono presenti i nuclei (le palline bianche), il pallino dentro rosa corrisponde al nucleolo. La porzione bianca sopra corrisponde alla zona di emergenza dell’assone. Sopra ci sono i nuclei delle cellule gliali. Esempio di ramificazione dei dendriti di una cellula di cervelletto. La colorazione sul marroncino-giallognolo è un tipo di colorazione che consente in particolare di evidenziare quelle che sono tutte le espansioni e le ramificazioni delle cellule nervose, che si identificano per il corpo cellulare, il citoplasma, il nucleo e il nucleolo. Queste colorazioni sono le impregnazioni argentiche, che utilizzano nitrato di argento. Dendriti I dendriti sono delle espansioni che partono da vari punti del corpo cellulare, si ramificano ripetutamene in vicinanza del corpo cellulare e hanno come proprietà funzionale quella di essere parte principale delle cellule nervose che ricevono gli stimoli e i segnali da altre cellule nervose (sono i sensori delle cellule nervose). Sono di lunghezza inferiore a quella dell’assone, contengono tutti gli organuli. 7 Come rappresentato in figura possiamo notare sulla superficie delle ramificazioni: ulteriori espansioni piccolissime e numerose, chiamate spine dendritiche. Possiamo notare la differenza tra le componenti del dendrite e delle spine dendritiche. All’interno del dendrite il citoscheletro è composto da microtubuli, mentre nelle spine dendritiche è composto da microfilamenti di actina. Le spine non sono strutture stabili e fisse ma possono modificarsi, aumentare o ridursi di numero e questo consente una certa plasticità nel comportamento sensitivo dei neuroni in quanto la variabilità del numero di spine indica un numero differente di recettori che sono coinvolti nei processi di trasmissione del segnale. Queste immagini sono state ottenute attraverso immunofluorescenza. Nella figura in alto è stata utilizzata un’actina fluorescente, la quale va ad evidenziare tutte le spine dendritiche presenti a livello dei dendriti. Nella figura in basso sono stati utilizzati due anticorpi fluorescenti: il primo che va ad attaccare i microtubuli del dendrite (viene colorata la tubulina), andando a colorarli in rosso; mentre il secondo va ad attaccare l’actina presente all’interno delle spine dendritiche, andando a colorarla di verde. Assone L’assone è genericamente unico, parte dal corpo cellulare, ha una lunghezza elevata (anche ad un metro di lunghezza) ed ha il diametro sottile (1 micron). Si divide ripetutamente in lontananza rispetto al corpo cellulare nel cosiddetto territorio di innervazione. Prende contatto con le cellule effettrici (cellule nervose, cellule ghiandolari, cellule muscolari…). Possiamo osservare una sezione trasversale di un assone attraverso microscopia elettronica. All’interno è possibile notare i MT (microtubuli) e NF (neurofilamenti), componenti citoscheletriche che percorrono longitudinalmente l’assone. N.B I filamenti intermedi sono costituiti da componenti proteici differenti in base al tipo cellulare. L’assone ha funzioni estremamente importanti: Supporto meccanico ad una struttura sottile che non deve essere danneggiata Trasporto assonico 8 A livello dell’assone non troviamo tutti gli organuli citoplasmatici (ribosomi, Golgi, RER). I microtubuli sono formati dalla tubulina e associati a loro ci sono le proteine MAP, in particolare la proteina tau (si lega ai microtubuli e va a stabilizzarli). Questa proteina è fondamentale per la vita del neurone e negli ultimi anni si è notato come mutazioni della sua struttura siano coinvolte nello sviluppo di patologie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer. L’ubiquitina trasporta le proteine danneggiate al proteasoma: un grosso macchinario cellulare che ha lo scopo di distruggerle. Nell’Alzheimer sembra che gli aggregati Tau- ubiquitina non funzionino. Alti livelli proteine tau e della proteina amiloide nel liquido cerebrospinale (CSF) è un marker dell’Alzheimer. Neurofilamenti Le proteine che vanno a costituire i filamenti intermedi si chiamano proteine dei neurofilamenti con la caratteristica di emettere protrusioni che sporgono e vanno a prendere il contatto con altri neurofilamenti. I neurofilamenti negli assoni dei neuroni: -forniscono resistenza alla tensione -sono caratterizzati da protrusioni: legami laterali che aumentano la resistenza a tensione. Esempio a microscopio elettronico riportato in alto a destra, evidenziato in rosso (sezione longitudinale). In questo secondo esempio sulla sinistra, sempre a microscopia elettronica (sezione trasversale) sono evidenti: - I microtubuli: le palline nere cave di diametro maggiore - I neurofilamenti: i pallini pieni di diametro minore Nel caso di una errata formazione della struttura dei neurofilamenti si ha un loro conseguente accumulo all’interno degli assoni e viene quindi alterata l’attività di trasporto del segnale dell’assone. Questa malformazione sembra essere coinvolta nella Sclerosi laterale amiotrofica (SLA), patologia neurodegenerativa che procede fino ad una progressiva atrofia muscolare debolezza e paralisi muscolare. Flusso assonico Per flusso assonico intendiamo il trasporto bidirezionale di organelli e molecole lungo l’assone e questo processo può avvenire attraverso due velocità: Trasporto veloce (50-400 mm /die) Trasporto lento (0,3-0,8 mm/die) Il meccanismo molecolare prevede l’interazione con due proteine MAP: la Chinesina e la Dineina. Nell’ambito del trasporto veloce possiamo distinguere due direzioni: 9 Anterograda: va dal corpo cellulare verso la terminazione nervosa dell’assone (chinesine) Retrograda: va dalla terminazione nervosa dell’assone al corpo cellulare (dineine) Nel trasporto lento è presente solo la componente anterograda (unidirezionale). Il trasporto lento viene chiamata in questo modo perché ogni tanto si ferma (stop and go). Molecole trasportate -Attraverso il trasporto veloce anterogrado vengono spostate vescicole provenienti dal Golgi, contenenti proteine che agiscono come neurotrasmettitori, enzimi e proteine importanti per il metabolismo dei neurotrasmettitori (sia per la loro sintesi che degradazione) e anche i mitocondri (utili alla produzione di energia anche nelle parti terminali della cellula, quindi nella parte terminale dell’assone) -La componente veloce retrograda trasporta materiale di scarto tossico o che deve essere riutilizzato, fattori di crescita provenienti dall’esterno (NGF, nerve growth factor che è una molecola fondamentale nello sviluppo e nelle attività neuronali). Il trasporto retrogrado è necessario perché la cellula dispone di lisosomi a livello del citoplasma somatico, perciò il materiale è portato nel soma dove poi viene smaltito. Questo tipo di trasporto può a volte favorire la diffusione di alcuni virus neurotropi, come il virus della rabbia o il virus Herpes simplex. -Il trasporto lento anterogrado si occupa invece di spostare elementi strutturali dei neurofilamenti e dei microtubuli, enzimi e proteine coinvolte nel rilascio di vescicole alle sinapsi, come la clatrina. Classificazione morfologica dei neuroni -Neuroni multipolari: hanno molti dendriti e un solo assone, sono i più comuni. Si trovano nel cervello e nel midollo spinale. -Neuroni bipolari: sono caratterizzati da un solo dendrite e da un solo assone, si trovano all’altezza delle cellule olfattorie, nella retina e nell’orecchio interno. -Neuroni unipolari: neuroni con un solo assone e senza dendriti. Si trovano nella retina e nei coni e bastoncelli dell’orecchio. -Neuroni pseudounipolari: dal corpo cellulare sporge un unico prolungamento che si ramifica subito a T. Presenti nei gangli cerebrospinali. -Neuroni assonici: sono molto rari, non hanno assoni o se ci sono, sono molto piccoli e difficili da identificare. Aiutano nei processi visivi. 10 Il potenziale di membrana Tutte le cellule a livello della membrana hanno una differenza di potenziale, che può essere misurata attraverso un voltmetro. Tale differenza è presente fra l’interno e l’esterno della cellula. Varia fra le varie cellule e prende il nome di potenziale di riposo. Si dice che la membrana cellulare è “polarizzata”: fra il citoplasma e il lato esterno della membrana c’è una distribuzione asimmetrica di cariche. Nel citoplasma abbiamo una maggiore concentrazione di cariche negative, rispetto all’ambiente esterno. Come si può vedere nell’immagine riportata a destra. Nella membrana ci sono dei canali. Quando la cellula è a riposo tali canali sono chiusi. Non è detto, per esempio, che tutti gli ioni carichi positivamente siano più concentrati fuori. Sodio e potassio, entrambi ioni positivi sono concentrati maggiormente rispettivamente dentro (K) e fuori (Na). Quando si parla di potenziale si fa riferimento alla somma delle cariche positive e negative. Da ricordarsi le concentrazioni di: - Potassio K più concentrato dentro - Sodio Na più concentrato fuori - Cloro Cl più concentrato fuori 11

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