Le Forme Della Società PDF
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Università degli Studi di Padova
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Il documento analizza il rapporto tra società e tecnologia digitale, concentrandosi sulle trasformazioni sociali e sulle nuove forme di relazione emerse con la diffusione delle tecnologie. Il concetto di Network Society e la sua struttura a rete, in cui la connettività digitale gioca un ruolo centrale, sono al centro dell'analisi. Il documento evidenzia anche le nuove forme di disuguaglianza, potenziali conflitti di interesse e l'evoluzione dell'individualismo in questo nuovo contesto.
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Le forme della società. La relazione tra società e tecnologia digitale è caratterizzata da un processo di mutual shaping, in cui la tecnologia e la società si influenzano e modellano reciprocamente. Tuttavia, non si può ridurre questo fenomeno a un semplice determinismo tecnologico, poiché i process...
Le forme della società. La relazione tra società e tecnologia digitale è caratterizzata da un processo di mutual shaping, in cui la tecnologia e la società si influenzano e modellano reciprocamente. Tuttavia, non si può ridurre questo fenomeno a un semplice determinismo tecnologico, poiché i processi di digitalizzazione sono anche processi sociali: la tecnologia non è neutra, ma si interseca con dinamiche culturali, economiche e politiche, influenzando le regole sociali (macro) che impattano sugli individui (micro), e viceversa. Pertanto, i cambiamenti tecnologici non seguono un’unica traiettoria, ma sono modellati e orientati dalle interazioni sociali stesse. Le trasformazioni tecnologiche e comunicative degli ultimi decenni hanno profondamente cambiato le forme della società, ridefinendo le modalità con cui le persone interagiscono e si relazionano tra loro. Le relazioni tra individui si sono appunto spostate da modelli gerarchici e localizzati a reti distribuite e globali, dove la connettività digitale gioca un ruolo centrale. Tuttavia, ciò non significa che le dinamiche sociali siano semplificate: nuove forme di disuguaglianza, esclusione e potere emergono in questi nuovi contesti, dove l'accesso e l’uso delle tecnologie digitali diventano fattori determinanti nel plasmare le opportunità e le relazioni sociali. LA NETWORK SOCIETY. La Network Society rappresenta una nuova morfologia sociale, che non può essere ridotta semplicemente a un cambiamento tecnologico legato allo sviluppo dei media digitali. Come sostiene Manuel Castells, questa forma di società si organizza intorno a una struttura a rete, composta da flussi di informazioni che connettono nodi (individui, organizzazioni, istituzioni) attraverso legami che possono essere deboli o forti. Le pratiche sociali, economiche, politiche e relazionali contemporanee si sviluppano all'interno di questo modello a rete, che riflette i cambiamenti in atto in vari settori. - “Spazio dei flussi”, si riferisce agli ambienti fisici e mediatici in cui circolano informazioni, competenze, denaro e persone, alimentando una rete globale interconnessa. In questo spazio, gli individui e le organizzazioni possono scambiarsi risorse senza intermediari, attraverso un meccanismo orizzontale e fluido, che trascende i confini politici e geografici. È caratterizzato da una connessione diretta tra le parti, senza le strutture gerarchiche tipiche della società moderna, facilitata dall’uso di Internet. Tuttavia, l’accesso a questo spazio non è uniforme, creando un “divario digitale” tra chi può partecipare attivamente a questi flussi e chi ne è escluso. La nascita di questa morfologia sociale è il risultato di tre fattori principali: 1. La rivoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha trasformato il modo in cui le informazioni vengono elaborate e trasmesse, rendendo l'informazione stessa la risorsa più importante nella Network Society. 2. La ristrutturazione delle economie industriali e l’avvento del mercato aperto, che hanno portato a una nuova organizzazione socio-economica basata su flessibilità e adattabilità. 3. La crescita di movimenti culturali orientati verso i valori di autonomia e libertà individuale, che promuovono una maggiore enfasi sulla capacità decisionale e sull’individualismo. In questo contesto, emerge il concetto di capitalismo informazionale, un sistema in cui l'informazione diventa la fonte primaria di potere e ricchezza. Tuttavia, questi cambiamenti tecnologici non avrebbero avuto lo stesso impatto senza una parallela trasformazione delle condizioni di vita degli individui, come evidenziato dalla crisi del sistema patriarcale. Il declino del modello patriarcale ha dato vita a una società che mette al centro l'individuo, libero di costruire le proprie reti di relazioni, il che porta all'emergere del concetto di individualismo reticolare. Questo individualismo è caratterizzato da relazioni sociali flessibili e non più vincolate ai gruppi tradizionali offline; gli individui creano legami scelti liberamente, in base a interessi e valori condivisi. Le piattaforme digitali, come Internet, offrono nuove opportunità per i movimenti sociali, che si formano dal basso attorno a richieste di cambiamento. Questi movimenti, spesso innescati da sentimenti di indignazione, sfruttamento e deprivazione, trovano nella rete un ambiente di auto- organizzazione e di condivisione di principi trasversali. Internet, in questo senso, diventa uno spazio di azione reale, come sottolinea Barry Wellman, che parla del superamento della distinzione tra reale e virtuale: gli spazi digitali non sono separati dal mondo offline, ma lo compongono e lo arricchiscono. - Virtual togetherness (Bakardjieva): partecipare a queste reti digitali arricchisce il capitale sociale, inteso come il bagaglio di risorse, materiali e immateriali, che ogni individuo accumula grazie alla partecipazione a relazioni basate su reciprocità e riconoscimento. LA CONNECTIVE SOCIETY. => La cultura partecipativa. Una tra le più importanti innovazioni della rete è la possibilità di partecipare attivamente e in modo collaborativo alla produzione di contenuti e alla circolazione di informazioni (web 2.0). Nel web 2.0, la maggioranza delle app ha un’interfaccia con grafiche semplici da usare che garantiscono un elevato livello di interazione e partecipazione alla produzione e diffusione dei contenuti. In questa cultura partecipativa, quindi, gli individui agiscono come consumatori, ma anche come contributori e produttori (Jenkins). La Connective Society si distingue per la diffusione della cultura della connessione, dove essere costantemente connessi tramite reti online è diventato una condizione di normalità. In questa nuova realtà, l’accesso a Internet, ai social network e l’uso pervasivo di dispositivi mobili non rappresentano solo strumenti tecnologici, ma costituiscono il fulcro del nuovo sistema operativo sociale. - Il networked individualism (individualismo reticolare), sviluppato da Wellman, descrive un cambiamento profondo nelle relazioni sociali. Gli individui non sono più vincolati a gruppi stabili e tradizionali come la famiglia, il vicinato o il luogo di lavoro, ma costruiscono le proprie reti personali di relazioni, basate su scelte individuali e interessi comuni. Questo tipo di socialità è più flessibile e fluida, in cui gli individui possono gestire diverse reti e identità in modo indipendente. - L’online networked è quindi la nuova condizione normale: le persone vivono in un ambiente costantemente connesso, in cui la comunicazione avviene simultaneamente su più canali, attraverso social network e dispositivi mobili. Internet non è solo un mezzo di comunicazione, ma diventa parte integrante dell’esperienza quotidiana, creando nuove opportunità di relazione, partecipazione e visibilità. Nuove forme di comunicazione. Le nuove forme di comunicazione emerse con l'avvento delle tecnologie digitali e delle reti sociali hanno trasformato profondamente il modo in cui le persone interagiscono. Essere costantemente connessi è diventato una condizione permanente e stabile nella vita quotidiana, creando una dimensione di presenza digitale continua che influenza sia le relazioni personali sia quelle professionali. Questa connettività pervasiva ha portato a un nuovo tipo di empowerment comunicativo, in cui gli individui hanno acquisito maggiore controllo sui mezzi di comunicazione e sulla propria visibilità sociale. Una delle innovazioni più rilevanti è la transizione dalla tradizionale comunicazione one to one o one to many, tipica dei media di massa, a una comunicazione many to many. In questo modello, ogni individuo può sia produrre contenuti che distribuirli, partecipando attivamente a conversazioni su scala globale. - Possiamo distinguere inoltre “communication centric”, ovvero una comunicazione diretta tra due individui, e “content centric”, ovvero una comunicazione tramite un determinato contenuto (un post, un video, una foto, ecc.). Questo fenomeno è stato definito da Castells come Mass Self-Communication: una forma di comunicazione di massa in cui l'individuo è sia produttore che consumatore di contenuti, in un processo che è globale e personalizzato allo stesso tempo. Questa Mass Self-Communication rappresenta un potenziamento delle capacità individuali di espressione e partecipazione. Con l’accesso a piattaforme digitali come i social network, chiunque può raggiungere un vasto pubblico, indipendentemente dalle barriere geografiche o dalle risorse economiche. Questa democratizzazione dei mezzi di comunicazione ha aperto nuove strade per l'attivismo, la diffusione di idee e la costruzione di comunità, consentendo a movimenti sociali e culturali di auto-organizzarsi e di influenzare il discorso pubblico in modi prima impensabili. LA PLATFORM SOCIETY. Negli ultimi anni, al concetto di “network society” si è affiancato quello di “platform society,” che evidenzia l'inestricabile relazione tra le piattaforme digitali e le strutture sociali in cui viviamo: le piattaforme digitali, come Facebook e Amazon, agiscono infatti da intermediari tra vari gruppi di utenti. Alimentate da dati e algoritmi, queste piattaforme raccolgono e analizzano automaticamente le interazioni, influenzando le preferenze degli utenti e rendendo complesso comprendere i criteri di selezione dei contenuti. Le piattaforme adottano modelli di business che spaziano dal profitto basato su commissioni e pubblicità alla vendita di dati. I loro termini di servizio modellano le relazioni con gli utenti e possono limitare la libertà di contenuto. Le piattaforme hanno progressivamente conquistato ogni ambito della società, dai settori privati a quelli pubblici, in un processo chiamato “piattaformizzazione”. Ciò genera conflitti tra interessi privati delle piattaforme, spesso di stampo neoliberista, e i valori pubblici, tradizionalmente tutelati dalle istituzioni statali. Secondo studiosi come van Dijck, Poell e de Waal, le piattaforme online non si limitano a riflettere la società, ma producono e modellano attivamente le strutture sociali, economiche e culturali. Le piattaforme come Facebook, Google, Uber e Amazon non sono solo strumenti tecnici, ma veri e propri attori sociali che influenzano profondamente il modo in cui viviamo, lavoriamo, ci informiamo e ci relazioniamo. Le piattaforme digitali hanno esteso il loro potere in settori cruciali della vita pubblica, diventando infrastrutture essenziali per attività fondamentali come il giornalismo, la sanità, l'istruzione e il trasporto pubblico. - Nel giornalismo, ad esempio, gli algoritmi delle piattaforme determinano quali contenuti raggiungono i lettori, creando un ecosistema informativo in cui la visibilità è decisa più dalle dinamiche di rete che da scelte editoriali professionali. - Nella sanità, le piattaforme stanno rivoluzionando la gestione dei dati sanitari e i processi di cura, facilitando l'accesso a informazioni mediche, la prenotazione di visite e la consultazione di professionisti attraverso applicazioni digitali. - Anche l'educazione sta subendo una profonda trasformazione, con l’ascesa di piattaforme educative online che offrono corsi e materiali formativi accessibili globalmente, democratizzando l'accesso all'istruzione ma anche generando nuove disuguaglianze legate all'accesso tecnologico e alla qualità dei contenuti. - Nel trasporto pubblico, piattaforme come Uber e Lyft hanno cambiato il modo in cui le persone si spostano nelle città, introducendo un nuovo modello di mobilità basato su servizi digitali on-demand, con impatti significativi non solo sulla vita quotidiana dei cittadini, ma anche sulle normative, il mercato del lavoro e la sostenibilità urbana. Le piattaforme digitali non sono il motore di una rivoluzione autonoma, ma piuttosto si infiltrano nelle istituzioni e nelle pratiche sociali, trasformandole dall'interno. Piuttosto che rappresentare un cambiamento improvviso, le piattaforme si integrano progressivamente nei meccanismi esistenti, ridefinendo silenziosamente i modi in cui operano settori chiave come l'informazione, l'economia, la politica e la comunicazione. Il loro funzionamento opaco (sono come delle “black box”), basato su algoritmi e processi decisionali non trasparenti, solleva interrogativi sulle loro responsabilità nei confronti degli utenti, delle istituzioni e dei contenuti che ospitano. - Spesso adottano politiche poco chiare in merito a questioni di responsabilità sociale. In particolare, la loro responsabilità nei confronti della regolamentazione dei contenuti è diventata un tema centrale nel dibattito pubblico, soprattutto per quanto riguarda la moderazione di discorsi d'odio, fake news e contenuti illegali. L'approccio più adeguato per comprendere il ruolo delle piattaforme nella società contemporanea è l'approccio ecologico, che non studia le piattaforme in modo isolato, ma le analizza all'interno del contesto più ampio delle loro relazioni con altre piattaforme, con le strutture politiche e con le dinamiche sociali. Le piattaforme sono diventate veri e propri elementi dell’infrastruttura globale della rete, con un impatto che va ben oltre la sfera tecnologica, influenzando le politiche pubbliche, le pratiche culturali e i modelli economici. => Le piattaforme-infrastruttura. Le piattaforme-infrastruttura e le piattaforme di settore rappresentano due categorie fondamentali nell'ecosistema digitale contemporaneo. Attualmente, il panorama occidentale è dominato dalle cosiddette Big Five: Meta, Apple, Microsoft, Alphabet (Google) e Amazon. Queste aziende non sono semplici piattaforme, ma svolgono il ruolo di vere e proprie infrastrutture digitali. Vengono definite "piattaforme- infrastruttura" poiché forniscono le basi su cui altre applicazioni, servizi e piattaforme si appoggiano, fungendo da online gatekeeper: controllano l'accesso a risorse cruciali come dati, servizi cloud, pubblicità e utenti, influenzando in modo significativo chi può entrare e competere nel mercato digitale. Le piattaforme non incluse nel gruppo delle Big Five, come le app o servizi minori, dipendono quasi sempre da questo ecosistema dominante per l'accesso a infrastrutture tecnologiche essenziali, come i servizi di cloud computing, sistemi operativi e la distribuzione di applicazioni. Questo significa che gran parte dell’ecosistema digitale attuale è, di fatto, soggetto al controllo delle Big Five, che non solo facilitano la fornitura di servizi, ma spesso stabiliscono le regole del gioco economico e tecnico. Accanto a queste piattaforme-infrastruttura esistono le piattaforme di settore, che operano in specifici ambiti o categorie, offrendo servizi altamente specializzati. - Un esempio emblematico sono piattaforme come Uber e Airbnb, che non possiedono direttamente beni materiali (come automobili o proprietà immobiliari), ma funzionano da connettori tra utenti e fornitori di servizi. Queste piattaforme non possiedono direttamente i beni o i servizi che facilitano, ma traggono valore dalla loro capacità di mediare, organizzare e facilitare transazioni tra utenti, creando nuovi modelli di business che ridefiniscono interi settori economici. => I processi alle basi delle piattaforme. La teoria della platform society propone una visione critica delle piattaforme digitali, enfatizzando come queste guidino e limitino la socialità degli utenti tramite caratteristiche definite affordance. Le affordance, un concetto originariamente introdotto da James J. Gibson e sviluppato da Donald Norman, indicano le proprietà di un oggetto che suggeriscono possibili modalità d’uso. Nel caso delle piattaforme, le affordance sono gli elementi dell’interfaccia che indirizzano inconsciamente gli utenti verso specifiche azioni o interazioni, modellando così le loro esperienze online. All’interno di questa cornice operano tre processi principali: datificazione, mercificazione e selezione. - Datificazione si riferisce alla capacità delle piattaforme di trasformare ogni aspetto dell’esperienza umana in dati, un processo che rende quantificabili azioni e interazioni prima non registrabili. Questi dati, considerati la risorsa primaria del capitalismo digitale, alimentano un’economia della sorveglianza in cui aziende come Facebook e Google raccolgono e analizzano ogni clic, like o condivisione. Lo scopo è prevedere e influenzare i comportamenti futuri degli utenti, rafforzando così il potere delle piattaforme tramite la conoscenza intima delle abitudini e preferenze individuali. - Mercificazione descrive il processo attraverso cui le piattaforme trasformano contenuti, interazioni e persino identità in merci scambiabili. Questi “prodotti” hanno valore in termini di attenzione, dati, utenti e denaro. Sebbene le piattaforme consentano agli utenti di costruire il proprio brand personale e monetizzare i propri contenuti, questo processo comporta anche lo sfruttamento e la precarizzazione del lavoro creativo, come avviene nelle piattaforme di gig economy (es. Deliveroo, Just Eat) che utilizzano ranking reputazionali per incentivare la competizione tra lavoratori. - Selezione riguarda i meccanismi attraverso cui le piattaforme scelgono e promuovono i contenuti che l’utente vede, tramite algoritmi progettati per massimizzare l’engagement. Questi algoritmi non solo selezionano ciò che appare nei feed personali, ma creano delle filter bubbles, o bolle di filtraggio, che limitano l’esposizione a contenuti e opinioni differenti, rafforzando pregiudizi e polarizzazioni. Questo fenomeno genera ambienti chiusi o camere d’eco, in cui gli utenti interagiscono quasi esclusivamente con opinioni simili, accrescendo le divisioni ideologiche. => Piattaformizzazione legata ai comportamenti. Le piattaforme digitali hanno un impatto profondo sui comportamenti degli utenti, trasformando le interazioni online in elementi quantitativi che possono essere oggettificati e monetizzati. Questo processo di oggettificazione consente alle piattaforme di raccogliere, analizzare e tradurre i comportamenti degli utenti in dati di valore commerciale. Ogni azione, come un clic, una condivisione o un commento, viene tracciata e utilizzata per ottimizzare l’esperienza dell’utente, ma anche per alimentare un’economia digitale basata sulla profilazione, la pubblicità mirata e la personalizzazione dei contenuti. Nell'ambito dell'economia digitale, le piattaforme hanno contribuito a creare un modello di economia disintermediata, dove le relazioni tradizionali tra datori di lavoro e lavoratori sono state sostituite da nuovi meccanismi di flessibilità e lavoro "on-demand". In questo modello, tipico di piattaforme come Uber o Deliveroo, i diritti del lavoro spesso passano in secondo piano. La sicurezza sociale, i contratti stabili e le tutele sindacali vengono marginalizzati, a favore di una maggiore flessibilità per i lavoratori e per le aziende. Tuttavia, questa "flessibilità" si traduce spesso in una precarietà per i lavoratori, che non godono di diritti tradizionali come ferie pagate, pensione o assicurazioni sanitarie. Un elemento centrale di questa economia è il ruolo degli algoritmi. Questi non solo guidano la visualizzazione dei contenuti per gli utenti, influenzando ciò che vedono e consumano, ma giocano anche un ruolo chiave nella remunerazione commerciale. Gli algoritmi determinano quali contenuti vengono premiati, quali riceveranno maggiore visibilità e, quindi, genereranno più profitti attraverso la pubblicità o le vendite. => Il capitalismo della sorveglianza. Datificazione, mercificazione e selezione hanno portato alla nascita del “capitalismo della sorveglianza”: è un modello economico emergente in cui i dati grezzi raccolti dalle nostre azioni online (clic, acquisti, preferenze, interazioni sociali) diventano la materia prima di un processo di trasformazione basato su algoritmi e avanzati sistemi di calcolo. Questi dati, una volta elaborati, vengono convertiti in prodotti predittivi, che sono in grado di anticipare e influenzare i comportamenti futuri degli utenti. Questi prodotti predittivi costituiscono oggi una delle principali fonti di guadagno per le grandi aziende tecnologiche come Facebook, Google, Amazon e altre piattaforme digitali. Attraverso l'analisi continua delle nostre interazioni online, queste aziende creano modelli comportamentali estremamente dettagliati, che permettono di prevedere cosa faremo, cosa desidereremo e quali saranno le nostre decisioni di acquisto. I dati raccolti non servono solo a migliorare i servizi offerti agli utenti, ma vengono venduti a terzi, come aziende pubblicitarie, che li utilizzano per mirare specifiche categorie di persone con annunci personalizzati. In questo sistema, la nostra esperienza online è costantemente monitorata e trasformata in un'opportunità di profitto. => Il capitalismo digitale. Le radici del capitalismo digitale affondano nei primi anni 2000, un periodo in cui piattaforme come Google iniziano a tracciare e monetizzare in modo sistematico i comportamenti online degli utenti. - Google, pioniera nel settore, si distingue per l'innovazione che consente di monitorare le ricerche e gli interessi personali degli utenti attraverso la raccolta di dati. Questa capacità di analizzare e prevedere i comportamenti online diventa il fulcro del suo modello di business, che si basa sulla trasformazione dei dati di ricerca in opportunità pubblicitarie altamente targettizzate. Un concetto centrale in questo modello è quello di "surplus comportamentale", introdotto da studiosi come Shoshana Zuboff. Il surplus comportamentale si riferisce all’eccedenza di dati raccolti sugli utenti, cioè informazioni che vanno oltre ciò che è necessario per migliorare i servizi offerti. Questi dati extra vengono sfruttati per generare profitti, vendendo previsioni sul comportamento futuro a inserzionisti e altre aziende. In pratica, le informazioni sulle nostre abitudini e preferenze, accumulate dalle nostre attività online, vengono utilizzate per alimentare il sistema pubblicitario e predittivo che domina il capitalismo digitale. In questo contesto, Google, così come altre piattaforme come Facebook, non si limita a fornire servizi gratuiti agli utenti, ma opera come intermediario di dati, raccogliendo informazioni comportamentali che vengono poi vendute a scopo di lucro. Ciò rappresenta un cambiamento radicale rispetto ai modelli di business tradizionali, spostando il guadagno dalle vendite dirette di prodotti o servizi a quello derivante dalla profilazione dell'utente e dalla vendita di spazi pubblicitari. Le radici di questo modello si trovano anche nell'habitat neoliberista americano, che favorisce la deregolamentazione, la privatizzazione e la crescita del settore tecnologico senza vincoli rigidi. In un ambiente politico ed economico in cui la regolamentazione sulla privacy e sulla protezione dei dati è storicamente debole, le aziende tecnologiche hanno potuto operare in maniera relativamente libera, accumulando grandi quantità di informazioni personali e sviluppando strategie di monetizzazione basate sulla sorveglianza digitale. Questo quadro neoliberista ha quindi creato le condizioni ideali per lo sviluppo del capitalismo digitale, dove il valore economico risiede nei dati degli utenti piuttosto che nei prodotti tangibili. => L’ingegneria del comportamento. L'ingegneria del comportamento è un concetto che affonda le sue radici negli studi di B.F. Skinner (1971) sul condizionamento operante, un processo attraverso cui i comportamenti degli individui possono essere modificati attraverso rinforzi e punizioni. Skinner ha dimostrato che è possibile manipolare le azioni di un soggetto modificando l'ambiente in cui agisce, portandolo a ripetere determinati comportamenti in risposta a stimoli specifici. Questo modello di condizionamento è alla base di molte delle tecniche utilizzate oggi nel mondo digitale per influenzare il comportamento degli utenti. - Un esempio emblematico di questa ingegneria comportamentale applicata alle tecnologie digitali è l'esperimento condotto da Facebook nel 2012, in cui la piattaforma ha manipolato i flussi di notizie di quasi 700.000 utenti senza il loro consenso esplicito. L'obiettivo era quello di testare se il contenuto emotivo dei post visualizzati potesse influenzare lo stato d'animo degli utenti. I risultati hanno confermato che la manipolazione delle informazioni poteva effettivamente cambiare l'umore delle persone, dimostrando che le piattaforme hanno il potere di indirizzare e modificare le emozioni e i comportamenti degli utenti attraverso tecniche di controllo psicologico sottili. Questa dinamica si basa su un principio di azione eteronoma, dove le scelte e i comportamenti degli individui non sono pienamente autonomi, ma sono psicologicamente indotti da stimoli esterni manipolati dalle piattaforme. BE THE FRICTION: l'idea di "be the friction" invita gli utenti a prendere posizione attiva contro il sistema di sorveglianza digitale. Questo richiede strumenti e pratiche come il diritto alla disconnessione, il ricorso a tecniche di offuscamento e una maggiore consapevolezza legale, in modo da creare una resistenza critica all'influenza pervasiva delle piattaforme tecnologiche sulla vita quotidiana e preservare la privacy e l'autonomia personale. Alcuni punti deboli. Un limite fondamentale delle teorie che riducono l'agire umano a quello di una macchina risiede nella loro incapacità di cogliere la complessità della mente umana. Sebbene le scienze cognitive abbiano fornito importanti contributi alla comprensione del comportamento umano, non esiste una prova scientifica che dimostri che la mente possa essere completamente ridotta a un algoritmo. La soggettività e la coscienza restano aspetti ancora non spiegati in modo esaustivo. In risposta a queste visioni riduzioniste, autori come Shoshana Zuboff mettono in guardia contro i rischi di un mondo integralmente informatizzato, dove la casualità e gli incontri fortuiti scompaiono, privando l’esperienza umana della sua imprevedibilità e ricchezza. In questo contesto, l'istruzione diventa cruciale: deve promuovere non solo competenze tecniche, ma anche capacità critiche e riflessive, affinché gli individui possano conservare la propria autonomia e creatività in un mondo sempre più dominato da algoritmi e macchine.