Istologia PDF - Introduzione ai Tessuti (Italian)
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This document provides an introduction to histology, the study of tissues and cells. It covers the preparation of histological sections, including fixation, dehydration, and staining techniques. It then details the four main types of tissues in the human body: epithelial, connective, muscular, and nervous.
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ISTOLOGIA L’istologia studia la morfologia dei tessuti e delle cellule che li compongono e, per osservare i tessuti che si vogliono studiare, essi devono essere lavorati e trattati in vari modi. PREPARAZIONE DI UNA SEZIONE ISTOLOGICA: 1. Fissazione = una volta asportati dall’organismo di appar...
ISTOLOGIA L’istologia studia la morfologia dei tessuti e delle cellule che li compongono e, per osservare i tessuti che si vogliono studiare, essi devono essere lavorati e trattati in vari modi. PREPARAZIONE DI UNA SEZIONE ISTOLOGICA: 1. Fissazione = una volta asportati dall’organismo di appartenenza, i tessuti perdono le loro proprietà chimiche e fisiche sia a causa di variazioni di temperatura sia per l’azione di microrganismi, quindi il tessuto viene fissato mediante un liquido fissativo contenente formalina o tetrossido di osmio e tale fissazione serve a bloccare la vitalità delle cellule che compongono il tessuto; 2. Disidratazione = la componente acquosa viene allontanata dal tessuto mediante l’utilizzo di alcol; 3. Diafanizzazione = si rimuove l’alcol attraverso il benzene o lo xilene e da qui il tessuto immerso nello xilene o nel benzene diventa trasparente; 4. Inclusione = all’interno del tessuto vengono inseriti dei materiali che lo rendono più resistente, come la paraffina; 5. Sezionamento del tessuto; 6. Deparaffinizzazione = si elimina la paraffina dal tessuto; 7. Reidratazione del tessuto con alcol; 8. Lavaggio; 9. Colorazione = il tessuto può essere trattato con dei coloranti al fine di colorare le cellule che lo compongono così che esse possano essere subito visibili al microscopio. Le colorazioni possono essere: - Colorazioni istologiche mediante l’utilizzo di ematossilina/eosina, dove l’ematossilina colora il nucleo in blu e l’eosina colora il citoplasma in rosa, mentre la vimentina immunocolorata permette di vedere se sono presenti cellule necrotiche o apoptotiche; - Colorazioni istochimiche; - Analisi immunoistochimica, che prevede l’utilizzo di anticorpi opportunamente trattati in grado di legare specifiche proteine, lipidi o carboidrati. Nell’organismo umano, le cellule si associano tra di loro per formare quattro tipi di tessuti diversi: 1. TESSUTO EPITELIALE; 2. TESSUTO CONNETTIVO; 3. TESSUTO MUSCOLARE; 4. TESSUTO NERVOSO. Tutte le cellule di questi tessuti sono differenti per forma, funzione e per indice mitotico e sappiamo che, a loro volta, i tessuti si associano tra di loro per formare gli organi, i quali costituiscono apparati o sistemi in grado di svolgere specifiche funzioni. 1 TESSUTO EPITELIALE Il tessuto epiteliale è costituito da lamine di cellule tenute insieme sia da molecole di adesione sia da particolari strutture di giunzione e sappiamo che tra le cellule si interpone una scarsa matrice extracellulare costituita da acido ialuronico; gli epiteli non sono vascolarizzati, per cui il rifornimento di sostanze nutritizie e di ossigeno avviene per diffusione dai capillari presenti nel tessuto connettivo sottostante e sappiamo che la lamina epiteliale è unita al connettivo mediante una lamina basale. Inoltre, gli epiteli sono innervati e le cellule che li compongono sono dotate di polarità morfologica e funzionale, nel senso che la porzione apicale della membrana plasmatica delle cellule presenta delle specializzazioni che differiscono dalle porzioni laterali e basali della membrana stessa. Gli epiteli possono essere suddivisi in: Epiteli di rivestimento; Epiteli ghiandolari; Epiteli sensoriali. 1. Epiteli di Rivestimento Gli epiteli di rivestimento tappezzano la superficie esterna del corpo e le cavità interne dell’organismo; in base al numero di starti cellulari, gli epiteli di rivestimento possono essere: Epiteli semplici o monostratificati, i quali presentano cellule disposte a formare un unico strato, dove tutte le cellule poggiano sulla lamina basale e tutte le cellule possiedono una superficie libera; Epiteli composti o pluristratificati, i quali presentano più strati sovrapposti, dove le cellule dello strato più profondo poggiano sulla lamina basale e solo quelle dello strato più superficiale possiedono una superficie libera; Epiteli pseudostratificati, in cui tutte le cellule poggiano sulla lamina basale, ma non tutte sono sufficientemente alte da raggiungere la superficie libera. Gli epiteli possono essere classificati anche in base alla forma delle cellule: Epiteli pavimentosi, dove la cellula ha una forma appiattita; Epiteli cubici, dove la cellula presenta tre dimensioni quasi uguali; Epiteli cilindrici, dove la cellula presenta un’altezza più sviluppata rispetto alle altre due dimensioni. 2 EPITELIO PAVIMENTOSO SEMPLICE: è formato da uno strato singolo di cellule appiattite che poggiano su una sottile lamina basale e qui il nucleo delle cellule sporge verso l’esterno; questo tipo di epitelio è in grado di facilitare il passaggio per diffusione di metaboliti e di molecole gassose ed esempi di epiteli pavimentosi semplici sono: Quello degli alveoli polmonari, il quale è costituito da uno pneumocita di primo tipo, da uno pneumocita di secondo tipo e da un capillare alveolare; L’endotelio, il quale riveste il lume dei vasi sanguigni, dei vasi linfatici e la cavità del cuore; Il mesotelio, il quale tappezza le cavità pleuriche, pericardica e peritonale. EPITELIO CUBICO SEMPLICE: è costituito da uno strato di cellule cubiche con nuclei sferici e la superficie apicale può presentare microvilli o ciglia; questo tipo di epitelio è presente nei dotti escretori di ghiandole esocrine, nei bronchioli respiratori, nelle ovaie e nei follicoli tiroidei. EPITELIO CILINDRICO SEMPLICE: è formato da uno strato di cellule con nuclei ovoidali situati verso il versante inferiore cellulare ed esso si divide in ciliato e non ciliato: L’epitelio cilindrico semplice ciliato riveste gli ovidotti e gli i movimenti ciliati hanno la funzione di spostare il germe embrionario verso l’utero e di facilitare la migrazione degli spermatozoi; L’epitelio cilindrico semplice non ciliato è presente nei dotti escretori delle ghiandole, nella mucosa dello stomaco e nella mucosa intestinale. Gli epiteli pseudostratificati sono costituiti da cellule che poggiano sulla lamina basale, ma non tutte riescono ad arrivare alla superficie libera, infatti i nuclei appaiono situati a differenti altezze e sappiamo che essi si dividono in ciliati e non ciliati: L’epitelio pseudostratificato ciliato è presente nella mucosa tracheale e bronchiale dove svolge la funzione di espellere i muchi dai tessuti; L’epitelio pseudostratificato non ciliato è visibili in alcuni dotti escretori ghiandolari e nelle vie spermatiche. 3 EPITELIO PLURISTRATIFICATO CUBICO O CILINDRICO: è formato da più file di cellule poliedriche di cui la più esterna è di forma cubica (dotti escretori ghiandolari) o cilindrica (faringe e laringe). EPITELIO PAVIMENTOSO PLURISTRATIFICATO: è costituito da file di cellule organizzate in più strati, dove le cellule dello strato basale sono di forma cubica o cilindrica, le cellule del secondo strato assumono forme poliedriche irregolari sempre più piatte man mano che si procede verso la superficie apicale fino ad appiattirsi completamente nelle file di cellule dello strato più esterno. Questo tipo di epitelio può essere: Non cheratinizzato, il quale è formato da file di cellule che si sovrappongono tra loro, per cui solo la prima fila poggia sullo strato basale e, man mano che si sovrappongono, esse cambiano forma differenziandosi, quindi, per individuare la morfologia cellulare di un epitelio pluristratificato, bisogna guardare solo lo strato più esterno (è presente nella mucosa esofagea e vaginale); Cheratinizzato, il quale è identico a quello non cheratinizzato, ma lo strato apicale presenta cellule prive di nucleo e le cellule di questo epitelio prendono il nome di cheratinociti. Un esempio di epitelio cheratinizzato è l’epidermide, il quale riveste la superficie corporea ed è costituito dai cheratinociti; l’epidermide è costituito da quattro strati di cellule: 1. Strato basale: lo strato più profondo dell’epidermide è costituito da cheratinociti in attività mitotica che interagiscono con la lamina basale sottostante mediante giunzioni dermo-epidermiche dovute alle integrine; 2. Strato spinoso: questo strato è più spesso in quanto è formato da più file di cellule le quali hanno una minore attività mitotica e sono collegate tra di loro mediante i desmosomi. Inoltre, i cheratinociti di questo strato sono avvolti dalla proteina “involucrina”, la quale rende impermeabile le membrane cellulari e qui inizia la formazione di granuli, detti “corpi multilamellari”, ricchi di idrolasi acide e di lipidi che sono posizionati tra le cellule dell’epidermide per rendere la superficie impermeabile; 3. Strato granuloso: questo strato rappresenta la zona di transizione tra i cheratinociti sottostanti ancora vitali e quelli morti degli strati più superficiali e sappiamo che la trasformazione da cellule spinose in cellule granulose è caratterizzata dall’accumulo di granuli densi, detti “granuli di cherato-chianina” in cui vi è la filagrina, ossia una proteina che serve ad impacchettare la cheratina presente nelle lamelle cornee; 4 4. Strato lucido: questo strato è presente nella cute spessa ed è formato da pochi starti di cellule appiattite; 5. Strato corneo: questo è l’ultimo strato dell’epidermide, il quale è composto da residui di cellule morte, prive di nucleo e contenenti cheratina. La formazione degli strati dell’epidermide comincia a partire dalle cellule dello strato basale che si dividono per mitosi: una volta duplicate, una rimane cellula dello strato basale, mentre l’altra diviene cellula dello strato spinoso e, man mano, risale dallo strato spinoso allo strato granuloso e da qui si trasforma in lamella cornea o desquamante; l’intero processo di differenziazione dei cheratinociti prende il nome di “citomorfosi cornea”, la quale dura circa 30 giorni fino a quando le cellule non entrano in apoptosi. Oltre ai cheratinociti, l’epidermide presenta altri tipi di cellule, quali: I melanociti, i quali si trovano tra lo strato basale e lo strato spinoso e presentano numerosi prolungamenti. I melanociti producono granuli di melanina, la quale assorbe e disperde i raggi UV proteggendo le cellule da possibili effetti mutageni; Le cellule di Langerhans, le quali si trovano nello strato spinoso, sono dotate di prolungamenti e partecipano alla difesa immunologica, infatti funzionano da cellule presentanti l’antigene e stimolano le risposte dei linfociti T; Le cellule di Merkel, le quali poggiano sullo strato basale, si trovano tra i cheratinociti e sono in comunicazione con le terminazioni nervose afferenti. EPITELIO DI TRANSIZIONE O UROTELIO: è un tipo di epitelio che riveste la vescica ed è chiamato “epitelio di transizione” in quanto la sua forma varia in relazione al momento funzionale dell’organo; quando la vescica è vuota e quindi è rilassata, si osservano tre strati dell’epitelio di transizione: 1. Cellule della lamina basale, che sono di forma cubica o cilindrica; 2. Cellule dello strato intermedio, dette piriformi; 3. Cellule dello strato superficiale, dette bucoliformi. 5 La capacità di cambiare forma è dovuta principalmente alle cellule della superficie apicale, le quali mostrano delle placche che, nell’organo non disteso, si invaginano per formare delle vescicole fusiformi: all’atto della distensione, queste vescicole si dispiegano e diventano parte della superficie cellulare, che risulta essere poi appiattita e notevolmente aumentata. Sulla sommità dell’epitelio di transizione vi sono delle particolari proteine, chiamate “uroplachine”, che rendono la parete della vescica impermeabile alle urine. Le cellule epiteliali sono dotate di particolari specializzazioni, ossia i microvilli e le ciglia: I microvilli sono estroflessioni della membrana plasmatica apicale digitiformi e immobili ed essi sono costituiti da: - Un rivestimento in glicocalice sul versante extracellulare, composto da glicoproteine di membrana e da proteoglicani; - Un cappuccio di materiale amorfo che è sensibile alle pressioni esterne; - Uno scheletro portante formato da microfilamenti di actina legati tra loro mediante le proteine fimbrina e villina; - Molecole di miosina I e di calmodulina, che fissano il fascio di filamenti di actina alla membrana plasmatica; - Filamenti di spettrina che legano i filamenti di actina in posizione terminale; - Filamenti intermedi di citocheratine che stabilizzano la forma dei microvilli e creano una trama terminale che interagisce con le giunzioni di adhaerentes. I microvilli possono essere osservati al microscopio elettronico ed essi servono ad aumentare il volume citoplasmatico e quindi a potenziare l’attività di assorbimento delle cellule (si trovano nell’intestino e nel rene). Le ciglia sono estroflessioni della porzione apicale, le quali presentano una struttura assonemica in sezione trasversale in quanto un ciglio si origina da un corpo basale il cui citoscheletro è costituito da microtubuli disposti a formare nove triplette e nove copie periferiche: ciascuna coppia periferica è formata da un microtubulo completo costituito da 13 protofilamenti e da un microtubulo incompleto costituito da 10 protofilamenti; le nove coppie sono tenute insieme da ponti di nexina che stabilizzano la struttura dell’assonema ed è presente una guaina interna che circonda i due microtubuli centrali. Il movimento ciliare è fondamentale in quanto consente di spostare il muco che bagna la superficie degli epiteli ciliati. 6 Per formare delle lamine, gli epiteli creano un’unione tra le cellule molto salda grazie a delle proteine di adesione, quali: Caderine, ossia proteine calcio-dipendenti che uniscono le membrane plasmatiche di due cellule adiacenti; Integrine, ossia proteine che stabiliscono dei rapporti tra una cellula del tessuto epiteliale e le strutture della matrice extracellulare; Selectine, ossia proteine che stabiliscono dei rapporti tra due cellule di due tessuti differenti. Le cellule epiteliali presentano delle superfici laterali che sono sede dei sistemi di giunzione intracellulari, quali: Giunzioni occludenti, che sigillano le membrane di due cellule vicine e si trovano verso la porzione apicale; Giunzioni di ancoraggio, che si dividono in giunzioni aderenti (formate da caderine che si insediano tra le membrane di due cellule vicine) e in desmosomi (si formano tra due cellule tenute insieme da due caderine che sono in contatto con una placca citoplasmatica su cui convergono filamenti intermedi); Giunzioni comunicanti o gap, che sono formate da proteine dette “connessoni” che uniscono tra di loro due membrane plasmatiche di due cellule adiacenti, mettendole in comunicazione e permettendo il passaggio di ioni e piccoli metaboliti. 2. Epitelio ghiandolare Gli epiteli ghiandolari sono delle specializzazioni degli epiteli per cui le cellule sono in grado di sintetizzare, accumulare e rilasciare prodotti di secrezione che possono essere di varia natura: tutte le ghiandole sono formate da una porzione secernente, detta adenomero, che produce il secreto, e da un condotto escretore che rilascia il prodotto all’esterno, quindi gli adenomeri e i dotti escretori costituiscono il parenchima (=cellule che costituiscono la parte funzionale dell’organo) delle ghiandole, mentre il tessuto connettivo di sostegno ne forma lo stroma; una capsula di connettivo denso avvolge le 7 ghiandole più cospicue e da essa dipartono dei setti connettivali che suddividono il parenchima in lobi e lobuli. Nell’organismo esistono due tipi di ghiandole: Le ghiandole esocrine, le quali rilasciano il secreto all’esterno del corpo o nelle cavità umide del corpo rivestite da mucosa; Le ghiandole endocrine, le quali sintetizzano degli ormoni che sono riversati nel sangue. GHIANDOLE ESOCRINE: le ghiandole esocrine possono essere suddivise in: Ghiandole unicellulari, le quali presentano un nucleo circondato da citoplasma ricco di glucidi e un esempio è la cellula caliciforme mucipara, la quale ha una forma a calice e presenta delle vescicole contenenti le mucine, le quali formano il muco; Ghiandole pluricellulari, le quali formano il muco e vengono classificate in base alla posizione, alla morfologia, alla natura del secreto e alla modalità di secrezione. Per quanto riguarda la posizione, le ghiandole esocrine pluricellulari si classificano in: Ghiandole intraparietali, le quali rimangono all’interno del viscere a cui appartengono; Ghiandole extraparietali, le quali sono localizzate al di fuori del viscere di origine. Per quanto riguarda la morfologia, le ghiandole esocrine vengono suddivise in: Tubulari, le quali presentano una forma tubulare ed è tipica delle ghiandole sudoripare; Acinose, le quali presentano una forma sferica, le cellule sono molto alte e il lume è molto piccolo; Alveolari, le quali presentano una forma sferica, ma le cellule sono molto basse e il lume è molto ampio. Le ghiandole esocrine si possono classificare anche in: Semplici, se è presente un unico dotto escretore; Composte, se il dotto escretore è ramificato. 8 Per quanto riguarda la natura del secreto, le ghiandole esocrine vengono classificate in: Ghiandole a secrezione sierosa, in cui il secreto è composto da acqua, proteine ed enzimi; Ghiandole a secrezione mucosa, in cui il secreto è composto da glicoproteine dette “mucine”; Ghiandole a secrezione mista, in cui il secreto è sia di natura sierosa sia di natura mucosa. In base alle modalità di secrezione del secreto, le ghiandole esocrine vengono suddivise in: Ghiandole a secrezione eccrina o merocrina, in cui il granulo formato all’interno della cellula viene poi secreto dall’apparato del Golgi mediante il processo di esocitosi; Ghiandole a secrezione apocrina, dove si forma un rigonfiamento contenente il prodotto di secrezione che poi si stacca dalla cellula mediante il processo di gemmazione; Ghiandole a secrezione olocrina, dove si producono granuli citoplasmatici che si accumulano fino a riempire totalmente la cellula e da qui questi granuli maturano e la cellula viene rilasciata interamente nel lume ghiandolare. 9 GHIANDOLE ENDOCRINE: le ghiandole endocrine sintetizzano ormoni che vengono riversati nel sangue o nei fluidi tissutali e sappiamo che gli ormoni sono molecole di natura chimica capaci di legarsi a specifici recettori presenti sulle membrane delle cellule bersaglio in cui evocano una ben precisa risposta; si distinguono diverse modalità di azione degli ormoni: Endocrina, dove l’ormone viene secreto e riversato nel circolo sanguigno per arrivare a cellule bersaglio anche molto lontane; Paracrina, dove l’ormone viene secreto e arriva a cellule bersaglio vicine; Autocrina, dove la cellula endocrina che ha secreto l’ormone diventa essa stessa bersaglio di quell’ormone. Le ghiandole endocrine si suddividono in: Cellule endocrine isolate, le quali sono singole cellule disperse nel citoplasma di un tessuto epiteliale che servono per la regolazione endocrina ed esempi di cellule isolate sono le cellule G dello stomaco, che producono l’ormone gastrina, e le cellule C della tiroide, che producono la calcitonina; Ghiandole endocrine propriamente dette, ossia gli organi ghiandolari veri e propri, ed esse si dividono a loro volta in: - Ghiandole cordonali, in cui le cellule endocrine sono disposte in fila a formare dei cordoni cellulari separati da capillari sanguigni di tipo sinusoidale (possono essere cellule a secrezione proteica, a secrezione amminica, a secrezione steroidea); - Ghiandole follicolari, le quali sono formate da un follicolo centrale rivestito dall’epitelio e tale follicolo è formato da materiale denso, detto “colloide”, e l’esempio più comune di ghiandola follicolare è la tiroide. Isolotti di Langherans: Sappiamo che il pancreas è una ghiandola che presenta una parte endocrina, caratterizzata dal duodeno, e una parte esocrina, caratterizzata dalle isole di Langherans: le isole di Langherans sono ammassi di tessuto endocrino che comprendono quattro diversi tipi di cellule a secrezione proteica: 1. Le cellule α, che producono glucagone; 2. Le cellule β, che producono insulina; 3. Le cellule δ, che producono somatostatina, la quale inibisce la secrezione di insulina e glucagone; 4. Le cellule PP, che producono il polipeptide pancreatico che inibisce per via endocrina e paracrina la secrezione delle altre cellule prodotte dal pancreas esocrino. 10 Tiroide: La tiroide è una ghiandola endocrina costituita da tireociti o cellule follicolari che si riuniscono in un unico strato per formare il follicolo tiroideo, all’interno del quale vi è una sostanza colloide composta da una glicoproteina contenente iodio, detta tireoglobulina, la quale viene sintetizzata dal tireocita ed immessa nel lume del follicolo: quando riceve uno stimolo ormonale dall’ipofisi, tramite la secrezione di TSH, il tireocita fagocita la tireoglobulina dal lume del follicolo e idrolizza i legami peptidici tra i vari amminoacidi; i tireociti prendono poi l’amminoacido tirosina e lo montano con varie molecole di iodio per produrre gli ormoni tiroidei, ossia: la triiodiotironina o T3, che sono due tirosine legate insieme a cui sono unite 3 atomi di iodio; la tiroxina o T4, che sono due tirosine legate insieme a cui sono unite 4 atomi di iodio. Gli ormoni tiroidei sono in grado di aumentare l’attività metabolica di tutte le cellule dell’organismo; in mancanza di iodio, la tiroide continua a produrre tireoglobuline e quindi colloide, di conseguenza i follicoli si gonfiano fino a che non si sviluppa un “gozzo” semplice, quindi le patologie legate alla tiroide sono: ipotiroidismo, che è la bassa secrezione di ormoni tiroidei; ipertiroidismo, che è l’alta secrezione di ormoni tiroidei e porta alla formazione del gozzo. A ridosso del follicolo tiroideo vi sono delle cellule C o parafollicolari che producono la calcitonina, ossia un ormone che regola i livelli di calcio nel sangue e sappiamo che la calcitonina ha l’effetto di aumentare i depositi di calcio all’interno dell’osso, riducendo il numero di osteoclasti. TESSUTO CONNETTIVO I tessuti connettivi sono una famiglia di tessuti che derivano dal mesenchima embrionale ed essi sono costituiti da cellule sparse e da un’abbondante matrice extracellulare: tutti i tessuti connettivi di origine mesenchimale, detti anche “connettivi in senso lato”, presentano una matrice extracellulare altamente specializzata, la quale è formata da una sostanza amorfa idratata, da fibre e da glicoproteine adesive; il tessuto connettivo è vascolarizzato e ha la funzione di provvedere al collegamento, al sostegno e al nutrimento di altri tessuti. Il tessuto connettivo si divide in: Tessuto connettivo embrionale, il quale contiene cellule mesenchimali pluripotenti e si divide a sua volta in: - Mesenchima; - Tessuto connettivo mucoso; Tessuto connettivo propriamente detto, il quale si divide a sua volta in: - Tessuto connettivo fibrillare lasso; 11 - Tessuto connettivo fibrillare denso (regolare fibroso, regolare elastico e irregolare); - Tessuto connettivo reticolare; - Tessuto adiposo. Tessuto connettivo con funzione di sostegno, il quale si divide a sua volta in: - Tessuto cartilagineo; - Tessuto osseo; - Dentina e cemento. Tessuto connettivo con funzione trofica, il quale si divide a sua volta in: - Sangue; - Linfa; - Tessuti ematopoietici; - Tessuto mieloide; - Tessuto linfoide. TESSUTO CONETTIVO PROPRIAMENTE DETTO Il tessuto connettivo propriamente detto è costituito da un’abbondante matrice extracellulare al cui interno sono presenti vari tipi di cellule, che si dividono in: Cellule fisse o residenti, le quali sono presenti stabilmente nel tessuto e tra di esse vi sono i fibroblasti, i miofibroblasti, i mastociti, i macrofagi e gli adipociti; Cellule mobili o non residenti, le quali provengono dal circolo sanguigno e tra di esse vi sono i linfociti, i granulociti, i monociti e le plasmacellule. FIBROBLASTI: sono le cellule più numerose del tessuto connettivo propriamente detto, i quali si originano dalle cellule mesenchimali e, in determinate condizioni, possono avviare il processo differenziativo: 1. Inizialmente si ha il fibroblasto o fibrocita, il quale è schermato da una membrana plasmatica e ha bassa capacità proliferativa e migratoria, 2. In seguito a danneggiamento della membrana (a causa di una ferita ad esempio), il fibroblasto differenzia a proto-miofibroblasto, il quale ha capacità contrattile al fine di rimarginare la ferita ed esso è caratterizzato da cambiamenti morfologici del citoscheletro, infatti viene espressa la ciclo-ossigenasi di tipo II, la quale è attiva nel processo infiammatorio; 3. Il proto-miofibroblasto differenzia ulteriormente per formare il miofibroblasto, il quale secerne proteine della matrice extracellulare (processo fibrotico) ed ha capacità contrattile grazie alla presenza di filamenti di actina e di miosina. I miofibroblasti sono responsabili della contrazione del tessuto e del rimodellamento della matrice ed essi hanno una maggiore attività di sintesi, che 12 viene poi bloccata per permettere a queste cellule di andare in apoptosi; nel processo di differenziamento dei miofibroblasti giocano un ruolo fondamentale il TGFβ, il PDGF e l’FGF basico. Se i miofibroblasti non interrompono il processo di sintesi, il tessuto può andare incontro ai “Cancer-Associated Fibroblasts Differentiation” (CAFs) e da qui sappiamo che l’actina della muscolatura scheletrica e la prostaglandina sono dei marcatori dei miofibroblasti e dei CAFs (nell’immunofluorescenza, la vimentina è un marcatore dell’actina, il DAPI è un marcatore del nucleo, mentre la falloidina si connette all’actina). MACROFAGO: il macrofago è una cellula del sistema immunitario deputata alla fagocitosi di sostanze esogene, dove il materiale viene internalizzato nel citoplasma e viene digerito in vacuoli grazie all’azione dei lisosomi; i macrofagi derivano dai monociti in seguito alla loro migrazione chemiotattica verso il sito di infezione e sappiamo che i macrofagi secernono proteine che partecipano ai processi infiammatori, quali citochine ed enzimi degradativi, come le elastasi e le collagenasi che degradano le proteine della matrice. MASTOCITI: il mastocita è una cellula di grosse dimensioni caratterizzato dalla presenza nel citoplasma di granuli basofili, i quali appaiono circondati da membrana e questi granuli contengono proteasi neutre, come le carbossipeptidasi, citochine, leucotrieni, eparina ed istamina, le quali vengono rilasciate all’esterno per degranulazione dopo che il mastocita viene esposto a sostanze estranee e tali sostanze hanno un ruolo importante nella risposta infiammatoria e nell’immunoregolazione: in particolare, l’eparina è un glicosamminoglicano ad azione anticoagulante, mentre l’istamina e i leucotrieni sono dei vasodilatatori in quanto aumentano la permeabilità vascolare. I mastociti presentano sulla loro membrana recettori specifici per le IgE: ad una prima esposizione, si ha il legame tra le IgE e il loro recettore presente sui mastociti, mentre, con la seconda esposizione allo stesso antigene, il legame delle IgE ai loro recettori induce la degranulazione, con conseguente rilascio di istamina, eparina e del fattore chemiotattico per gli eosinofili, e queste sostanze possono portare anche ad una reazione allergica. 13 ADIPOCITI: gli adipociti sono grandi cellule che sintetizzano e accumulano al loro interno i lipidi come sostanze di riserva e sappiamo che esistono due tipi di cellule adipose: Le cellule uniloculari, tipiche del tessuto adiposo bianco, le quali presentano un’unica grande goccia lipidica priva di membrana (circondata da un feltro di filamenti di vimentina) e costituita soprattutto da trigliceridi; Le cellule multiloculari, tipiche del tessuto adiposo bruno, le quali contengono numerose goccioline lipidiche distribuite nel citoplasma e la presenza di mitocondri fa sì che queste cellule siano brune e tali cellule generano calore ossidando gli acidi grassi. MATRICE EXTRACELLULARE: La matrice extracellulare (le proteine che la costituiscono sono collagene di tipo I, II, III, IV, VIII e X, decorina, elastina, fibrillina, fibrinogeno, fibronectina, laminina e osteocalcina) del tessuto connettivo propriamente detto è costituita da: Sostanza fondamentale; Glicosamminoglicani (GAG); Proteoglicani; Acqua (costituisce il liquido interstiziale) e soluti. La sostanza fondamentale è un gel amorfo che circonda le cellule del tessuto connettivo, mentre il liquido interstiziale è costituito da macromolecole, da acqua, da soluti e da vitamine e sappiamo che esiste un equilibrio osmotico tra il liquido interstiziale e la parte esterna della matrice e questo equilibrio è mediato dai vasi sanguigni e dai vasi linfatici. I GAG sono polimeri di unità disaccaridiche ripetute, formate da un amminozucchero e da un esoso con gruppo carbossilico (acido): ad eccezione dell’acido ialuronico, i GAG sono sempre legati covalentemente ad un asse proteico per formare i proteoglicani, i quali sono grosse molecole costituite da una componente proteica e da uno o più tipi di GAG e sappiamo che i GAG e i proteoglicani sono sintetizzati dai fibroblasti. I proteoglicani si associano poi con l’acido ialuronico per formare grandi complessi molecolari (aggrecani) che legano l’acqua e occupano tutto lo spazio del tessuto connettivo. 14 FIBRE: Le fibre del tessuto connettivo sono di tre tipi principali: 1. Fibre collagene; 2. Fibre reticolari; 3. Fibre elastiche. Le fibre collagene sono la componente più abbondante del tessuto connettivo ed esse sono costituite da fasci di collagene di tipo I disposte parallelamente per formare delle bande trasversali: tale bandeggiatura dipende dalla disposizione delle singole molecole di collagene e da qui sappiamo che le zone di maggior sovrapposizione delle molecole di collagene appaiono scure, mentre quelle di minor sovrapposizione delle molecole di collagene appaiono chiare; utilizzando la colorazione negativa, ossia un colorante che penetra negli spazi vuoti e li rende opachi, ma non entra nei tratti in cui le molecole si sovrappongono, viene esaltata la bandeggiatura. Il collagene di tipo I (=marcatore del tessuto osseo) viene sintetizzato dai fibroblasti ed esso è costituito da tre α-eliche che si superavvolgono le une con le altre, le quali contengono la sequenza amminoacidica ripetuta Gly-X-Y (X=prolina o lisina e Y=idrossiprolina o idrossilisina); tre molecole di collagene si uniscono tra di loro per formare il protocollagene, il quale viene secreto nello spazio extracellulare, dove intervengono delle peptidasi che tagliano i domini N- terminale e C-terminale del protocollageno per formare il collagene di tipo I e quindi il tropocollagene (questi tagli enzimatici successivi alla fuoriuscita del collagene dalla cellula servono a far sì che il collagene non venga formato all’interno della cellula dove provoca danni): da qui i tropocollageni si uniscono a loro volta mediante dei legami trasversali al fine di generare diverse fibre con ulteriori gradi di tensione e questo spiega le caratteristiche bande trasversali presenti nel collagene. Le fibre reticolari sono sottili, ramificate e intrecciate tra di loro e sono costituite da collagene di tipo III, il quale è più sottile e flessibile e può essere ramificato per formare una fitta rete al di sotto della lamina basale: le fibre reticolari si trovano nello stroma di molte ghiandole, nelle pareti dei vasi sanguigni e negli organi linfoidi e mieloidi ed esse si colorano di rosso mediante la reazione PAS in quanto sono ricche di glucidi. 15 Le fibre elastiche sono capaci di rispondere allo stiramento ed esse formano delle reti tridimensionali; le fibre elastiche sono costituite da elastina e fibrillina, in particolare il loro nucleo è formato da tropoelastina, mentre la fibrillina si espone esternamente: sappiamo che la tropoelastina forma dei fasci mediante legami trasversali tra le molecole, mentre la fibrillina forma sottili fibrille a “collana di perle” indispensabili per l’assemblaggio delle fibre elastiche. MEMBRANA BASALE: è una specializzazione della matrice extracellulare posta tra le cellule di alcuni tessuti e la matrice dell’adiacente tessuto connettivo; essa è costituita da collagene di tipo IV, dalla laminina, dal proteoglicano e da altre glicoproteine e tale membrana funge anche da filtro per le sostanze disciolte nella matrice. La membrana basale si divide in: Lamina basale, a sua volta costituita da lamina lucida e lamina densa; Lamina reticolare. Nella lamina lucida sono presenti le porzioni extracellulari delle molecole di adesione appartenenti alla famiglia delle integrine; la lamina densa è costituita principalmente da collagene di tipo IV, collagene di tipo VII, da laminine e da altre proteine adesive; sotto la lamina basale è presente la lamina reticolare, la quale è formata da: Fibrilla ancorante (collagene di tipo VII); Placca ancorante (collagene di tipo IV e laminina); Fibra reticolare (collagene di tipo III). TESSUTO CONNETTIVO FIBRILLARE LASSO Il tessuto connettivo fibrillare lasso è costituito da molte cellule (fibroblasti, fibrociti, adipociti, macrofagi, mastociti), da un’abbondante sostanza fondamentale e da una scarsa componente fibrosa, infatti contiene poche fibre di collagene: questo tessuto riempie gli spazi tra gli organi e si trova principalmente sotto l’epidermide e gli epiteli di rivestimento di organi in cui non serve una grande resistenza meccanica. TESSUTO CONNETTIVO FIBROSO DENSO Il tessuto connettivo fibroso denso è caratterizzato dalla presenza di abbondanti fasci di fibre di collagene, una quantità inferiore di fibre elastiche, un ridotto numero di cellule, scarsa sostanza fondamentale amorfa e scarsa vascolarizzazione; questo tessuto si distingue in: Tessuto connettivo denso regolare, in cui le fibre di collagene sono disposte in modo ordinato, sono impaccate tra di loro e sono orientate nella direzione della forza di trazione. Quando l’orientamento delle fibre di collagene è uniforme, il connettivo denso è definito “a fasci paralleli”, mentre, quando le fibre di collagene si dispongono in lamelle sovrapposte, si parla di connettivo denso “a fasci incrociati”; 16 Tessuto connettivo denso irregolare, in cui le fibre di collagene sono disposte in fasci che si intrecciano in tutte le direzioni in modo da conferire resistenza alle trazioni e alle compressioni (derma e sottomucosa gastrointestinale). TESSUTO CONNETTIVO RETICOLARE Il tessuto connettivo reticolare è costituito da una matrice contenente grandi quantità di fibre reticolari, le quali sono costituite da collagene di tipo III e tra di esse vi sono numerosi fibroblasti: questo tessuto forma lo stroma di alcune ghiandole endocrine ed esocrine e di alcuni organi ematopoietici (milza, fegato, midollo osseo). TESSUTO CONNETTIVO ELASTICO Il tessuto connettivo elastico è costituito da una matrice in cui le fibre elastiche predominano su quelle di collagene e qui le fibre elastiche si possono disporre in fasci o in lamine. Un esempio di tessuto connettivo elastico è l’aorta, la quale presenta tre tonache, in particolare la tonaca media è costituita da unità lamellari di elastina e le cellule muscolari lisce sono incastrate tra l’elastina e il collagene, mentre la fibrillina sigilla insieme questi due strati (nella patologia dell’”aneurisma” vi sono delle proteine idrolitiche che tagliano la fibrillina, quindi l’elastina non ha più contatti con la matrice e da qui si ha l’apoptosi cellulare). TESSUTO ADIPOSO Il tessuto adiposo è un tessuto connettivo costituito dalle cellule adipose, le quali svolgono un ruolo di riserva in quanto accumulano i trigliceridi nelle gocce lipidiche citoplasmatiche, ma hanno anche funzione endocrina in quanto regolano il metabolismo producendo ormoni e sappiamo che i gruppi di adipociti sono divisi in lobuli da setti di tessuto connettivo fibroso in cui sono presenti fibre reticolari, alcuni fibroblasti, capillari e nervi. Per visualizzare i grassi, essi devono essere fissati mediante sostanze che preservano i lipidi, come il Sudan Black o il tetrossido di osmio, che si lega agli acidi grassi e li colora di blu; esternamente alla cellula adiposa si possono visualizzare fasci di collagene che formano una fitta rete che avvolge completamente la cellula, al di sotto della quale è presente una lamina basale che la separa dall’adipocita sottostante. Le cellule adipose si originano dai lipoblasti (derivano dalle cellule mesenchimali), all’interno dei quali vi è il citoplasma che presenta delle lacune vuote in cui si formano le gocce lipidiche; esistono due tipi di tessuto adiposo: 17 Il tessuto adiposo bianco, il quale serve ad accumulare i grassi e a mantenere l’omeostasi energetica dell’organismo. Esso appare di colore bianco-giallastro ed è costituito da adipociti uniloculari, ovvero grandi cellule che presentano una singola goccia lipidica; il tessuto adiposo bianco è un tessuto vascolarizzato, è localizzato negli strati più profondi della cute e qui le cellule adipose possiedono i recettori per l’insulina e per la noradrenalina, ossia un neurotrasmettitore che aumenta l’attività delle lipasi, le quali digeriscono i trigliceridi. La funzione endocrina delle cellule del tessuto adiposo bianco si manifesta con la sintesi di diversi ormoni, quali la leptina (agisce sui recettori dell’ipotalamo per regolare il senso di fame) e l’adiponectina, e con la sintesi di fattori di crescita e di citochine infiammatorie; Il tessuto adiposo bruno, il quale è presente negli animali ibernanti e serve a generare calore, infatti i mitocondri presenti nel tessuto adiposo bruno sono costituiti da creste e all’interno della matrice mitocondriale vi è la proteina “termogelina” (UGP1), la quale produce calore grazie all’ossidazione degli acidi grassi e all’energia ricavata dalla combustione (la regolazione della temperatura corporea viene mediata dall’ipotalamo che invia informazioni al tessuto adiposo sulla quantità di calore da produrre). Il tessuto adiposo bruno è costituito da cellule che contengono numerose gocce lipidiche e mitocondri (deve il suo colore marrone ai citocromi dei mitocondri e all’abbondante vascolarizzazione), è suddiviso in lobuli da setti fibrosi e sappiamo che il metabolismo lipidico delle cellule di questo tessuto è stimolato dalla noradrenalina e avviene senza produzione di ATP, ma con produzione di calore. È stata osservata anche una forma intermedia di tessuto adiposo, detto “tessuto adiposo bruno-beige”, il quale si forma per transdifferenziamento da quello bianco in seguito all’esposizione al freddo, infatti gli adipociti del tessuto adiposo bianco sono in grado di trasformarsi in adipociti multioculari, tipici del tessuto bruno, per consentire all’organismo di adattarsi ai cambiamenti di temperatura. TESSUTO CARTILAGINEO Il tessuto cartilagineo costituisce una forma specializzata di tessuto connettivo di sostegno ed esso funge da supporto e protezione per altri tipi di tessuti: la cartilagine è priva di vasi sanguigni e di vasi linfatici e le cellule che la costituiscono sono i condrociti, i quali regolano l’omeostasi della matrice extracellulare. Le cellule della matrice si ritrovano raggruppate in “gruppi isogeni” che derivano dalla divisione cellulare del condrocita che ancora non è in fase di differenziamento e questi gruppi restano intrappolati nella matrice: il precursore dei condrociti è il condroblasto, il quale è una cellula attiva che deriva dalle cellule mesenchimali e che si differenzia in “blasti” (hanno ancora la capacità di dividersi) e poi in “citi” (perdono la capacità divisoria); la cartilagine è rivestita dal pericondrio, ossia un manicotto di tessuto connettivo denso irregolare di origine mesenchimale. 18 La cartilagine presenta una matrice extracellulare, la quale è prodotta dai condrociti e in essa si distinguono due componenti: La componente amorfa, la quale è costituita da proteoglicani e da glicoproteine. I proteoglicani sono costituiti a loro volta da glicosamminoglicani (GAG) legati covalentemente ad un asse proteico e, tra i GAG, quelli maggiormente rappresentati sono il condroitin 4-solfato, il condroitin 6-solfato e il cheratan- solfato, quindi queste catene polisaccaridiche si uniscono attorno ad un asse centrale proteico andando a costituire l’aggregano, ossia il principale proteoglicano del tessuto cartilagineo e sappiamo che gli aggregano possono legarsi a molecole di acido ialuronico mediante proteine di connessione; un altro componente della sostanza amorfa è rappresentato dalle glicoproteine, tra cui la condronectina e la fibronectina, che servono a far aderire i condrociti alla matrice extracellulare mediante la loro interazione con molecole di integrina espresse sulla membrana dei condrociti; La componente fibrillare, costituita da fibre collagene e fibre elastiche, dove il 95% è costituito da collagene di tipo II (=marcatore dei condrociti) che fornisce forza al tessuto, poi vi sono il collagene di tipo I e di tipo III nei punti di inserzione di tendini e legamenti, nonché collagene di tipo X e di tipo IX, dove il collagene di tipo IX presenta un’elica interrotta (gomitolo flessibile) e, attraverso la sua estremità ammino-terminale, permette di far collegare il collagene di tipo II ad altre proteine della matrice. L’omeostasi della matrice cartilaginea è dovuta ad un bilanciamento delle attività biosintetiche e degradative delle proteine che la compongono, in particolare le funzioni degradative sono regolate dall’ interleuchina 1-β e dal TNFα al fine di ottenere le proteine MMP2, MMP3, MMP13, MMP14, ADAMTS-1, ADAMTS-4 e ADAMTS-5, le quali sono metallo- proteinasi secrete dalle cellule per rimodellare la matrice; le funzioni biosintetiche, invece, sono regolate da IGF e BMB al fine di ottenere l’aggregano, i vari tipi di collagene e le proteine di legame. La cartilagine si divide in: Ialina; Elastica; Fibrosa. Cartilagine ialina: presenta condrociti isolati o organizzati in gruppi isogeni ed essa si sviluppa a partire dalle cellule del pericondrio, le quali migrano, si dividono e producono una sostanza fondamentale dura e resistente nella quale restano incluse e gli spazi in cui le cellule della cartilagine sono allocate prendono 19 il nome di “lacune”. La cartilagine ialina contiene fibre di collagene (soprattutto collagene di tipo II) e fibre elastiche ed essa si ritrova nella trachea, nel naso e nelle articolazioni sinoviali, le quali sono caratterizzate da cavità articolare, capsula articolare (distinta in capsula fibrosa e membrana sinoviale), cartilagine articolare, liquido sinoviale e legamenti articolari. Cartilagine elastica: presenta una scarsa matrice amorfa e qui vi è la presenza di abbondanti fibre elastiche, costituite da tropoelastina e fibrillina, che si sostituiscono alle fibre di collagene. La cartilagine elastica si ritrova nell’epiglottide, nella laringe e nel padiglione auricolare. Cartilagine fibrosa: ha la funzione di resistere a forze di trazione, presenta una scarsa componente amorfa nella matrice ed è costituita principalmente da fibre di collagene di tipo I che si organizzano in fasci per formare i tendini. La cartilagine fibrosa è priva di pericondrio, presenta i condroblasti che appaiono rotondeggianti e disposti in fila indiana ed essa si ritrova principalmente nei dischi intervertebrali, nel menisco e nella zona di inserzione dei tendini sull’osso. 20 TESSUTO OSSEO Il tessuto osseo è una forma specializzata di tessuto connettivo, il quale è caratterizzato da un amatrice extracellulare mineralizzata, va a formare le ossa dell’organismo, svolge la funzione di sostegno e protezione nonché funzioni metaboliche importanti in quanto costituisce una riserva di ioni Ca2+, è un tessuto vascolarizzato e ha funzione ematopoietica in quanto contiene il midollo osseo. Il tessuto osseo è rivestito esternamente da un connettivo denso a fasci intrecciati, detto periostio, il quale contiene una parte esterna fibrosa, che dà protezione all’osso, e una parte interna ricco di cellule in grado di produrre matrice ossea, che sono i precursori degli osteoblasti; il tessuto osseo presenta due diverse organizzazioni: Osso spugnoso; Osso compatto. L’osso spugnoso è costituito da setti di tessuto osseo (trabecole) che delimitano ampie cavità occupate dal midollo osseo e va a costituire l’interno delle ossa brevi e delle ossa piatte nonché le epifisi delle ossa lunghe, mentre l’osso compatto è disposto sulla superficie delle zone costituite dall’osso spugnoso ed esso presenta delle lamelle disposte intorno ai canali di Havers, all’interno dei quali vi sono vasi sanguigni e nervi. Nel tessuto osseo compatto sono presenti due tipi di canali: I canali di Havers, in cui scorrono vasi sanguigni e nervi e intorno ad essi vi sono una serie di anelli in cui sono presenti gli osteociti. Le cellule dell’osso sono messe in comunicazione tra di loro tramite una rete di piccoli canali che partono dal canale di Havers e si diramano in maniera concentrica intorno ad esso e sappiamo che le fibre di collagene che si trovano intorno al canale di Havers sono dette lamelle e si dispongono concentricamente a formare l’unità funzionale dell’osso, ossia l’osteone; I canali di Volkmann, i quali sono perpendicolari ai canali di Havers e in cui decorrono arteriole e venule e sappiamo che questi canali servono a legare più osteoni tra di loro. La matrice ossea è costituita da: Una componente organica, la quale è costituita prevalentemente da fibre di collagene di tipo I e da una piccola parte di glucosamminoglicani (GAG), tra cui il condroitin solfato e il cheratan solfato, proteoglicani (acido ialuronico), glicoproteine (osteonectina e fosfatasi alcalina, che 21 è un marcatore degli osteoblasti), proteine con proprietà adesive (osteopontina e BSP) e proteine contenenti l’acido carbossi-glutammico (osteocalcina con azione chemiotattica per gli osteoclasti); Una componente inorganica, la quale presenta un analogo dell’idrossiapatite, che conferisce rigidità e resistenza alla matrice stessa. Le cellule presenti nell’osso derivano tutte dalle cellule osteogeniche primitive e sono: Gli osteoblasti, i quali presentano un nucleo tondeggiante e dimensioni cubiche e presentano un citoplasma basofilo ricco di RER per la produzione delle proteine ed essi sintetizzano la matrice extracellulare dell’osso; Gli osteociti, i quali si formano quando un osteoblasto è circondato da lamelle o trabecole, sono cellule appiattite con un grande nucleo e il citoplasma ricco di RER. Dal corpo cellulare degli osteociti diramano numerosi prolungamenti citoplasmatici, le cui terminazioni entrano in contatto con quelle di cellule adiacenti, formando le gap junction che consentono la comunicazione tra osteociti e osteoblasti e sappiamo che gli osteociti regolano il rimodellamento del tessuto osseo; Gli osteoclasti, che sono cellule polinucleate che presentano microvilli ed esse sono specializzate per il riassorbimento della componente organica della matrice ossea. Osteoclastogenesi: I precursori degli osteoclasti sono i monociti, i quali diventano osteoclasti in presenza del fattore di crescita per la linea macrofagica MCSF e in presenza di RANKL, infatti l’MCSF induce la sintesi del recettore RANK, il quale viene attivato da RANKL e induce la polarizzazione degli osteoclasti, quindi gli osteoclasti non sono cellule residenti nell’osso, ma si formano solo quando la matrice deve essere rimossa e poi migrano in altre zone in cui è richiesta la loro attività oppure muoiono per apoptosi. Gli osteoclasti sono adesi alla superficie ossea e la zona di contatto prende il nome di orletto arruffato, che ne aumenta la superficie di assorbimento, mentre al lato dell’orletto arruffato vi sono una serie di strutture dette prodosomi, i quali offrono protezione alla cellula poiché la collegano al citoscheletro. L’osteoclasto possiede l’anidrasi carbonica, ossia un enzima che genera ioni idrogeno e acido carbonico a partire da anidride carbonica e acqua: gli ioni idrogeno che si formano vengono espulsi nello spazio extracellulare attraverso delle pompe protoniche, mentre la diffusione dell’acido prodotto è limitata da una specie di ventosa della membrana degli osteoclasti ed essi si attaccano all’osso mediante i prodosomi e da qui sigillano la zona in cui producono gli enzimi idrolitici per demineralizzare l’osso e degradare la parte organica. Questo processo di demineralizzazione/mineralizzazione è regolato a livello ormonale grazie a ghiandole endocrine che producono ormoni in grado di depositare o liberare il Ca2+: una di queste ghiandole è la paratiroide, che produce l’ormone PTH, il quale è in grado di aumentare i livelli ematici di calcio e quindi la demineralizzazione dell’osso; i recettori del PTH sono presenti sugli osteoblasti, i quali devono essere stimolati ad incrementare il numero di osteoclasti, producendo il RANKL, il quale si lega 22 ai recettori RANK presenti sui monociti e li induce a proliferare per formare tante cellule che si uniscono tra di loro in un sincizio. Tutti questi meccanismi sono regolati da un ormone antagonista del paratormone (PTH), ossia la calcitonina prodotta dalle cellule C della tiroide, la quale agisce sull’osteoblasto e regola la loro attività in funzione dei livelli ematici di calcio. Osteogenesi: L’osso si origina a partire dal tessuto connettivo embrionale, ossia dal mesenchima e questo processo prevede la sostituzione di un tessuto pre-esistente in tessuto osseo; dato che le cellule mesenchimali sono in grado sia di trasformarsi in condroprogenitrici (cartilagine) sia differenziarsi direttamente in osteoprogenitrici (osso), l’osteogenesi può avvenire in due modi: Ossificazione diretta o osteogenesi mesenchimale, in cui si ha la formazione del tessuto osseo direttamente all’interno del connettivo preesistente ed essa si verifica a partire dal mesenchima, dove si differenziano direttamente gli osteoblasti; Ossificazione indiretta o osteogenesi endocondrale, la quale prevede la formazione di un modello cartilagineo a partire dal mesenchima e successivamente la cartilagine viene sostituita dal tessuto osseo. Lo scheletro si compone di uno scheletro assiale e di uno scheletro appendicolare: Lo scheletro assiale (circa 80 ossa) è una struttura che sostiene e protegge gli organi nella cavità dorsale e ventrale del corpo; Lo scheletro appendicolare (circa 126 ossa) compone lo scheletro degli arti superiori e di quelli inferiori. Lo scheletro appendicolare è unito a quello assiale mediante il cingolo scapolare, detto anche toracico (CLAVICOLA E SCAPOLA), e il cingolo pelvico dell’arto inferiore (osso dell’anca e osso sacro). 23 IL SANGUE Il sangue è un tessuto connettivo specializzato costituito da elemento figurati (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) e da una matrice extracellulare liquida, ossia il plasma: un campione di sangue trattato con anticoagulanti può essere separato per sedimentazione in: Una parte inferiore, costituita da eritrociti (rappresenta l’ematocrito); Una parte superiore, costituita dal plasma; Una parte intermedia (buffy coat), ossia un sottile strato biancastro costituito da globuli bianchi e piastrine. In un campione di sangue senza anticoagulante, invece, si osserva il siero sul cui fondo è presente il coagulo. Il sangue svolge diverse funzioni: Funzione respiratoria = trasporta i gas dai polmoni ai tessuti e viceversa; Funzione nutritizia = assunzione delle sostanze a livello dell’intestino, trasporto al fegato e poi alle cellule; Funzione escretoria = trasporto ai reni dei residui catabolici per la loro eliminazione; Funzione regolatorie = trasporto di ormoni, fattori di crescita e oligopeptidi; Funzione di trasporto = trasporto delle cellule della difesa immunitaria; Omeostasi = mantenimento della pressione osmotica e dell’equilibrio acido- basico; Termoregolazione = mantenimento della temperatura corporea. I componenti del plasma sono: 90% di acqua; 9% di componenti organici tra cui: - Proteine sintetizzate dal fegato, come albumina (mantiene la pressione osmotica), globuline (la frazione γ è formata dagli anticorpi e la β partecipa al trasporto di ormoni e ioni metallici), fibrinogeno (viene convertito in fibrina durante la coagulazione), protrombina, fattori plasmatici (coinvolti nella coagulazione) e proteine del sistema del complemento; - Altri componenti organici, come trigliceridi, fosfolipidi, colesterolo, acidi grassi, urea, acido urico, creatinina, ammoniaca e glucosio; 1% di componenti inorganici, come Na+, K+, Ca2+ e Mg2+. Gli elementi figurati del sangue sono: Globuli rossi; Granulociti; Linfociti; Monociti; Piastrine. 24 I globuli rossi o eritrociti hanno come precursori gli eticolociti aventi ancora i ribosomi: i globuli rossi hanno una forma di disco biconcavo dove la parte centrale ha uno spessore minore rispetto alla parte periferica, sono privi di nucleo e di organuli e hanno una vita media di 120 giorni, alla fine della quale vengono rimossi dalla circolazione per mezzo dei macrofagi; i globuli rossi contengono l’emoglobina, la quale è capace di legare reversibilmente l’O2 a livello degli alveoli polmonari e sappiamo che la differenza di spessore del citoscheletro garantisce plasticità e flessibilità al globulo rosso così che esso possa passare anche attraverso i capillari più sottili. La membrana del globulo rosso o citoscheletro è costituita dal 52% di proteine, dal 40% di lipidi e dall’8% di carboidrati, in particolare questa membrana è attraversata da proteine integrali, tra cui quelle della banda 3 e dalle glicoforine: inoltre, la membrana presenta molecole di spectrina (tetramero), le quali si legano all’actina mediante la proteina adducina (proteina strutturale che permette gli scambi di O2) e da qui la spectrina interagisce con la membrana mediante la banda 3, la banda 4.2 e la proteina ankirina. A livello delle glicoforine, invece, sono localizzati i determinanti antigenici dei gruppi sanguigni (sistema AB0 e sistema RH). I granulociti sono cellule che si dividono, in base ai loro granuli, in: Neutrofili, i quali presentano attività fagocitaria e attività antimicrobica (intervengono nell’infiammazione), utilizzano poco i mitocondri e possono ritrovarsi anche in zone prive di O2 in quanto attuano un metabolismo glicolitico. Presentano tre diversi tipi di granuli: - Granuli azzurofili, i quali si colorano di blu e rappresentano i lisosomi che poi si fondono con il fagosoma; - Granuli specifici, i quali hanno scarsa affinità per i coloranti e contengono collagenasi, lisozima, lactoferrina (chela il ferro per non darlo ai batteri) e proteine basiche che impediscono la replicazione batterica. Questi granuli vengono rilasciati nel sito di infiammazione e si fondono poi con il fagosoma; - Granuli terziari, i quali contengono gelatinasi e catepsine che vengono rilasciate nelle sedi di danno tissutale. Eosinofili, i quali presentano granuli azzurrofili e granuli specifici (si colorano di rosso-arancio e conferiscono la tipica acidofilia al citoplasma) che presentano enzimi ad attività citotossica e degradativi. Gli eosinofili hanno attività antiparassitaria (contro i parassiti elmintici) e intervengono nella neutralizzazione delle reazioni allergiche producendo le istaminasi; Basofili, i quali presentano granuli azzurrofili e granuli specifici che contengono eparina (anticoagulante) e istamina (vasodilatatore) ed essi intervengono nelle reazioni allergiche. I linfociti presentano forma sferica e svolgono un ruolo fondamentale nella difesa immunitaria specifica; vi sono tre classi di linfociti: 1. I linfociti B, i quali realizzano l’immunità umorale poiché liberano gli anticorpi dopo essersi trasformati in plasmacellule; 25 2. I linfociti T, i quali attuano la difesa immunitaria cellulo- mediata attraverso i recettori di membrana ed essi si dividono a loro volta in linfociti T citotossici, linfociti T helper e linfociti T regolatori; 3. I linfociti Natural Killer, i quali sono in grado di eliminare cellule alterate riconosciute come non-self. I monociti sono cellule che si spostano in risposta a stimoli infiammatori e chemiotattici ed essi attraversano l’endotelio dei vasi sanguigni per raggiungere la sede dell’infiammazione dove si differenziano in macrofagi: da qui sono in grado di attuare la fagocitosi in quanto presentano granuli azzurrofili (lisosomi) oppure producono molecole mediatrici. Le piastrine sono frammenti citoplasmatici privi di nucleo che derivano dai megacariociti del midollo osseo ed essi presentano al loro interno una zona periferica, detta ialomero, e una zona centrale, detta granulomero, in cui sono presenti diversi tipi di granuli, tra cui: Granuli α, che sono il fattore di crescita delle piastrine (PDGF) che, agendo sui fibroblasti, è coinvolto nella cicatrizzazione delle ferite, i fattori della coagulazione e le proteine di adesione; Granuli δ, che sono la serotonina, l’adrenalina, ioni Ca2+ nonché ATP e ADP (fattori associati alla coagulazione); Granuli λ, che sono i lisosomi. MECCANISMO DELLA COAGULAZIONE: quando l’endotelio del vaso sanguigno viene lesionato, viene rilasciata l’endotelina, che è un vasocostrittore; da qui, le piastrine aderiscono alle fibre di collagene presenti sulla lamina basale e questa interazione è sostenuta dalla serotonina. Le piastrine si attivano e vi è l’esocitosi dei granuli e dell’acido arachidonico, dai quali si forma la trombospondina che permette l’aggregazione delle piastrine e la formazione del “tappo piastrinico” (si forma perché la tromboplastina prodotta dalle cellule del sangue agisce sulla protombrina che si trasforma in trombina e attiva il fibrinogeno, trasformandolo in fibrina, la quale si aggrega al tappo piastrinico e intrappola gli eritrociti nel mentre l’endotelio viene riparato): successivamente, dal “tappo piastrinico” si forma il coagulo attraverso il rilascio dei fattori di coagulazione. 26 MIDOLLO OSSEO Il midollo osseo costituisce il tessuto emopoietico (midollo rosso) e sappiamo che solo nel neonato il midollo è tutto rosso, ma, durante la crescita, esso inizia a diventare giallo in quanto è costituito principalmente da cellule adipose: dopo i 20 anni di età, il tessuto emopoietico si localizza nello scheletro assile (cranio, sterno, coste e vertebre) nonché nelle epifisi delle ossa lunghe. Il midollo osseo è formato da tessuto reticolare mieloide o stroma, il quale contiene cellule stromali, che sintetizzano fibre reticolari (costituite principalmente da collagene di tipo III), ma contiene anche macrofagi, adipociti e una matrice extracellulare contenente principalmente collagene di tipo I e collagene di tipo III; il midollo osseo presenta una componente vascolare, costituita da sinusoidi o seni venosi, e una componente cellulare, costituita da cellule ematopoietiche aggregati in cordoni situati tra i seni venosi e poi vi sono cellule non dotate di attività ematopoietica, come cellule stromali, fibroblasti, adipociti e cellule endoteliali, mentre gli elementi “immaturi” costituiscono il mielogramma. Il mielogramma contiene principalmente i precursori midollari, infatti è costituito: 60% di precursori dei granulociti; 20% di precursori degli eritrociti; 15% di precursori dei linfociti; 5% di precursori delle piastrine. 27 TESSUTO MUSCOLARE Vi sono tre tipi di tessuti muscolari: 1. Tessuto muscolare striato scheletrico, che è volontario 2. Tessuto muscolare striato cardiaco, che è involontario ed è regolato dal sistema nervoso autonomo; 3. Tessuto muscolare liscio, che è involontario. 1. Tessuto muscolare striato scheletrico Il tessuto muscolare scheletrico forma i muscoli inseriti sulle ossa mediante i tendini ed esso è costituito da cellule polinucleate che hanno attività mitotica e si associano a formare le fibre muscolari: esternamente il muscolo scheletrico è rivestito da un epimisio, ossia uno strato di connettivo fibroso da cui partono setti di connettivo lasso che circoscrivono gruppi di fibre che prendono il nome di perimisio, il quale si dirama a sua volta in connettivo reticolare che avvolge ciascuna fibra e prende il nome di endomisio. Il tessuto muscolare scheletrico appare striato per la presenza di bande chiare e bande scure che si alternano tra loro in maniera regolare e queste striature dipendono dalla sovrapposizione di filamenti spessi e filamenti sottili presenti nelle miofibrille: i miofilamenti spessi sono costituiti da molecole di miosina, mentre i miofilamenti sottili sono costituiti da molecole di actina, a cui si associano due proteine regolatorie, ossia la tropomiosina e la troponina, dove la tropomiosina copre i siti di legame dell’actina con la miosina in assenza di contrazione, mentre la troponina è formata da tre subunità proteiche: TnI, che inibisce il legame actina-miosina; TnC, che lega ioni Ca2+; TnT, che è legata alla tropomiosina e stabilizza il filamento di actina. La molecola della miosina è costituita da una testa (ponte trasversale) formata da varie molecole proteiche, da un collo e da una coda, in particolare sappiamo che le code della miosina si associano per formare la banda H della fibra muscolare. Quando la miosina e l’actina si intrecciano per costituire una miofibrilla, esse formano una caratteristica struttura a bande, dove: La banda A è costituita da filamenti spessi; La banda I è costituita da filamenti sottili; La zona H si trova al centro della banda A e rappresenta una zona più chiara in quanto è formata dai corpi delle miosine senza le teste; La linea M è una linea scura situata al centro della zona H; 28 La linea Z è situata al centro della banda I, da questa linea dipartono i miofilamenti sottili ed è a zig-zag in quanto è costituita da diverse proteine che hanno la funzioni di unire i filamenti, ad esempio la titina che unisce la miosina alla linea Z, mentre l’actina è unita alla linea Z tramite la cup-z. Il tratto di miofibrilla compreso tra due linee Z prende il nome di sarcomero (costituito da una banda A e da due emibande I) e rappresenta l’unita funzionale del muscolo in quanto esso si accorcia durante il fenomeno della contrazione muscolare; inoltre, sappiamo che la banda I e la linea Z sono formate da molecole di α-actinina che vanno ad incappucciare l’estremità positiva dell’actina, mentre le estremità negative dell’actina sono incappucciate dalla tropomodulina. La membrana plasmatica della fibra muscolare prende il nome di sarcolemma, che è altamente resistente ed è dotato di un sistema di proteine, dette “costamero”, che tiene unito il sarcolemma sia allo spazio extracellulare sia a quello endocellulare: la proteina più importante del sarcolemma è la distrofina, la quale collega le glicoproteine di membrana al citoscheletro interno facendo da ponte tra il citoscheletro e la laminina e questa proteina prevede possibili danni muscolari dovuti alla contrazione; un’altra proteina importante del sarcolemma è la desmina, la quale connette tra di loro le linee Z delle fibre muscolari mediante l’interazione con la proteina plectina. 29 Il sarcolemma presenta delle invaginazioni che formano i cosiddetti tubuli trasversi o tubuli T, i quali sono fondamentali nel meccanismo di contrazione; gli elementi che caratterizzano una fibra muscolare sono il citoplasma ricco di miofibrille disposte parallelamente tra di loro e all’asse della cellula, il reticolo endoplasmatico abbondante e i lisosomi. Il reticolo endoplasmatico delle fibre rappresenta un deposito di ioni Ca2+ e prende il nome di reticolo sarcoplasmatico, il quale è costituito da un sistema di cisterne terminali: al confine tra la banda A e la banda I si trovano sempre due cisterne terminali tra cui si inserisce un tubulo T, quindi l’insieme di due cisterne e di un tubulo T prende il nome di “triade di Porter e Palade” o “triade sarcoplasmatica” e da qui si ha che ogni sarcomero è costituito da due triadi. La struttura della triade è fondamentale in quanto consente il passaggio del potenziale d’azione dai tubuli T alle cisterne terminali, le quali si attivano e rilasciano nel sarcoplasma gli ioni Ca2+ che, legandosi alla troponina C, consentono il legame actina-miosina e la successiva contrazione muscolare. CONTRAZIONE MUSCOLARE: la fibra nervosa si lega alla fibra muscolare e da qui si ha il rilascio di un neurotrasmettitore, ossia l’acetilcolina, la quale si lega ai recettori delle cisterne terminali contenenti Ca2+ e questo legame genera una depolarizzazione della membrana e un impulso che si propaga anche al tubulo T, provocando la liberazione di ioni Ca2+, che si legano alla troponina C: la troponina C legata alla tropomiosina si staccano dai filamenti di actina lasciando dei solchi liberi sulla molecola. In condizioni di riposo, le teste di miosina legano l’ATP e, quando arriva l’impulso, scindono l’ATP in ADP e Pi e tutta l’energia rilasciata viene assorbita dalle teste che si legano ai solchi liberi dell’actina compiendo una rotazione di 45° che provoca l’accorciamento del sarcomero e quindi la contrazione; questo fenomeno dura fin quando non viene disaccoppiato il legame dell’acetilcolina al recettore grazie ad un’acetilcolinesterasi e da qui il calcio viene sequestrato dalla calciosequestrina all’interno delle cisterne, quindi la miosina si distacca dall’actina e lega nuovamente l’ATP favorendo il rilasciamento muscolare: durante la contrazione muscolare, nel sarcomero contratto diminuisce l’ampiezza delle emibande I e della zona H, mentre la banda A resta invariata. 30 2. Tessuto muscolare striato cardiaco Anche il tessuto muscolare cardiaco è striato, ma è formato da cellule mononucleate che prendono il nome di cardiomiociti e questo muscolo si contrae involontariamente poiché è innervato dal sistema nervoso autonomo, dal simpatico e dal parasimpatico, che sono in grado di modificare l’intensità del battito cardiaco. Un cardiomiocita è una cellula allungata con le estremità biforcate, presenta un nucleo in posizione centrale e vi sono miofilamenti che si trovano interposti tra numerosi mitocondri; al confine tra le cellule si trovano delle strie scalariformi o dischi intercalari, che presentano decorsi trasversali e longitudinali e sono importanti poiché vi si trovano numerosi sistemi di giunzione, come i desmosomi modificati e le giunzioni aderenti (fondamentali per la propagazione dell’impulso elettrico in quanto permettono il passaggio di ioni Na+ e K+). Il cuore si contrae spontaneamente in quanto lo stimolo arriva da un gruppo di cellule del nodo seno-atriale, poi passa al seno atrio-ventricolare, arriva al fascio di His e da qui si propaga in tutti i cardiomiociti, dove quelli più grandi si trovano nel fascio di His e sono le cellule del Purkinje; anche in questo tessuto sono presenti il sarcolemma che si invagina a formare i tubuli T, il reticolo sarcoplasmatico, nel quale si formano le diadi costituite da un tubulo T e da una cisterna terminale, e il sarcomero, che rappresenta l’unità funzionale, infatti la contrazione avviene mediante il legame actina-miosina e segue il percorso del muscolo scheletrico. Alcune cellule atriali funzionano da cellule ormonali in quanto producono il fattore natriuretico atriale (ANP) che agisce sui reni e induce il rilascio di ioni Na+, quindi induce vasodilatazione periferica e regola la pressione arteriosa. 3. Tessuto muscolare liscio Il tessuto muscolare liscio è privo di striature e le cellule che lo compongono sono dette fibrocellule, le quali sono formate da un unico nucleo che si trova in posizione centrale: sulla membrana plasmatica delle fibrocellule vi sono piccole invaginazioni chiamate caveole, attraverso cui arriva il Ca2+, mentre nel citoplasma vi sono i sarcomeri costituiti da filamenti di actina e di miosina, ma qui l’actina si inserisce sui corpi densi citoplasmatici, che rappresentano delle vere e proprie zone di inserzione in cui si inseriscono i filamenti di actina e i filamenti intermedi del citoscheletro, soprattutto di desmina, mentre la miosina II è presente in una forma raggomitolata rispetto a quella del muscolo striato, infatti, in condizioni di riposo, non può agire sull’actina poiché deve prima subire una fosforilazione che la srotola in forma lineare. Quando arriva lo stimolo, piccole quantità di Ca2+ vengono rilasciate dal RER presente nella fibrocellula, che a sua volta richiama altro calcio attraverso le caveole esterne: da qui il calcio si lega alla calmodulina, quindi si forma il complesso Ca2+/calmodulina che interagisce e attiva una chinasi delle catene leggere della miosina II e questa chinasi fosforila la miosina in modo da srotolarla e farla legare con l’actina per indurre il processo di contrazione. La muscolatura liscia si divide in due a seconda di come si propaga l’impulso contrattile: Muscolatura liscia unitaria, la quale forma la parete esterna dell’intestino e qui solo alcune cellule ricevono l’innervazione per la contrazione, la quale si 31 propaga unitariamente tramite la gap junction, quindi la contrazione è lenta ed è tipica della peristalsi; Muscolatura liscia multiunitaria, la quale si trova nella tonaca media dei fasi sanguigni, in cui ogni fibrocellula riceve un’innervazione, quindi non sono presenti gap-junction. Ne consegue che la contrazione della muscolatura liscia è data dall’innervazione autonoma mediante segnali endocrini o mediante regolazione dei farmaci, che generalmente agiscono modificando il tono muscolare delle arterie e regolando la pressione arteriosa. 32 SISTEMA NERVOSO Il sistema nervoso è formato da due tipi di cellule, ossia i neuroni e le cellule della nevroglia: i neuroni sono cellule perenni in quanto, una volta differenziati, non sono più in grado di dividersi, quindi nascono e muoiono con l’organismo; i neuroni sono dotati di eccitabilità e conducibilità, dove per eccitabilità si intende la capacità di dare una risposta agli stimoli, mentre per conducibilità si intende la capacità di condurre questi stimoli alle altre cellule nervose o alle cellule di altri tessuti, quindi essi danno luogo a onde elettriche di depolarizzazione o iperpolarizzazione di membrana, che prendono il nome di impulsi nervosi. Il tessuto nervoso si differenzia a partire dalla quarta settimana di vita intrauterina: innanzitutto si forma un ispessimento dell’ectoderma, chiamato “placca neurale”, la quale va incontro ad una depressione lungo la sua linea mediana, chiamata “doccia neurale”, per formare le “creste neurali”, le quali si separano dalla doccia neurale per formare il “tubo neurale”; l’estremità cefalica del tubo neurale darà origine all’encefalo, mentre la parte restante darà origine al midollo spinale e sappiamo che dalle cellule neuroectodermiche che costituiscono la parete del tubo neurale originano i neuroni e le cellule gliali del SNC, mentre dalle cellule delle creste neurali originano le cellule del SNP. Il tessuto nervoso si divide in due sistemi: Sistema nervoso centrale (SNC), il quale è formato dall’encefalo e dal midollo spinale; Sistema nervoso periferico (SNP), il quale è formato dai gangli, dai nervi e dalle terminazioni nervose periferiche. Abbiamo anche il sistema nervoso Cerebro-Spinale, il quale è volontario e controlla tutte le attività apprese durante lo sviluppo, e il sistema nervoso Autonomo, il quale è involontario e controlla l’attività viscerale dell’organismo. Nel sistema nervoso centrale il tessuto nervoso forma la “sostanza grigia”, la quale è costituita dai corpi cellulari dei neuroni, dai loro dendriti e dal tratto iniziale degli assoni: la sostanza grigia è localizzata nella parte più superficiale degli emisferi cerebrali e nella parte più profonda dell’encefalo e del midollo spinale; i prolungamenti che abbandonano la sostanza grigia sono rivestiti dalla mielina per formare la “sostanza bianca” che occupa le parti profonde dell’encefalo e la parte superficiale del midollo spinale. 33 Il neurone è costituito da un corpo centrale, detto soma o pirenoforo, dai dendriti, ossia dei prolungamenti che dipartono dal soma, e dagli assoni (neuriti), ossia dei prolungamenti opposti ai dendriti: i dendriti e l’assone hanno funzione diversa, infatti i dendriti ricevono l’impulso nervoso e lo mandano al corpo del neurone, mentre l’assone è unico e trasmette l’impulso nervoso dal corpo cellulare alle aree specializzate del prolungamento che formano le sinapsi. I neuroni possono essere classificati in rapporto al numero dei prolungamenti in: Neuroni unipolari, i quali possiedono un unico prolungamento (assone) e un esempio sono i fotorecettori e i neuroni olfattivi; Neuroni bipolari, i quali presentano due prolungamenti che dipartono da poli opposti del corpo del neurone e che sono un assone e un dendrite e si trova