Storia Della Psicologia I: Dai Progenitori al Funzionalismo PDF
Document Details
Uploaded by BoomingPrehnite1598
Universitas Mercatorum
Pietro Spataro
Tags
Summary
Questo documento descrive la storia della psicologia, dall'antichità ai progenitori all'interno del contesto della filosofia. Gli argomenti trattati sono i contributi dei filosofi greci come Platone e Aristotele, e le loro teorie sull'innatismo e l'empirismo, gettando le basi della psicologia moderna. Il documento spiega inoltre come la psicologia è diventata una disciplina scientifica.
Full Transcript
STORIA DELLA PSICOLOGIA I: DAI PROGENITORI AL FUNZIONALISMO Pietro Spataro Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo...
STORIA DELLA PSICOLOGIA I: DAI PROGENITORI AL FUNZIONALISMO Pietro Spataro Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo Indice 1. I PROGENITORI DELLA PSICOLOGIA.................................. 3 2. DAL CERVELLO ALLA MENTE................................................ 5 3. STRUTTURALISMO E FUNZIONALISMO.............................. 8 BIBLIOGRAFIA................................................................................. 11 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 2 di 11 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo 1. I PROGENITORI DELLA PSICOLOGIA La psicologia può essere definita come lo studio scientifico della mente e del comportamento. Con il termine ‘mente’ ci si riferisce alla nostra personale esperienza interiore, all’incessante flusso di coscienza fatto di percezioni, pensieri, ricordi e sentimenti. Con il termine ‘comportamento’ si fa invece riferimento alle azioni osservabili degli esseri umani, alle cose che facciamo nel mondo, da soli o con altri. La psicologia è dunque il tentativo di usare il metodo scientifico per rispondere agli interrogativi fondamentali che riguardano la mente e il comportamento. Il desiderio di capire chi siamo non è certamente nuovo: le radici della psicologia moderna vanno infatti ricercate nella filosofia di duemila anni fa. I pensatori greci come Platone (428-347 a.C.) ed Aristotele (384-322 a.C.) furono tra i primi a confrontarsi con gli interrogativi fondamentali su come funziona la mente. Questi filosofi esaminarono la maggior parte delle questioni di cui gli psicologi continuano ad occuparsi anche oggi. Ad esempio, le capacità cognitive e le cognizioni sono innate o si acquisiscono con l’esperienza? Platone era un fervido sostenitore dell’innatismo, secondo cui certi tipi di conoscenza sono innati o connaturati. Per esempio, è noto che i bambini di tutte le culture acquisiscono la padronanza degli aspetti fondamentali della lingua molto precocemente, ben prima di ricevere alcuna istruzione formale: essi imparano che i suoni hanno dei significati e che possono essere combinati per formare delle parole, le quali a loro volta possono essere utilizzate per formare delle frasi. In effetti, queste evidenze sembrano indicare che la propensione Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 3 di 11 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo all’apprendimento di una lingua è come l’hardware di un computer, ossia qualcosa che i bambini possiedono fin dalla nascita. Al contrario, Aristotele era un sostenitore dell’empirismo filosofico, secondo cui tutta la conoscenza si acquisisce mediante l’esperienza. Questo filosofo riteneva che la mente del bambino fosse come una tabula rasa (una lavagna vuota) su cui venivano scritte le esperienze. Secondo tale visione anche la capacità di apprendere una lingua dipende dall’esperienza del bambino (per esempio, gli psicologi moderni hanno dimostrato che diversi fattori ambientali, tra i quali la presenza di fratelli o sorelle più grandi, possono favorire l’apprendimento linguistico dei bambini). Naturalmente, pochi psicologi moderni credono nella totale fondatezza dell’innatismo o dell’empirismo: tuttavia, la controversia relativa a quanta parte abbiano la ‘natura’ e la ‘cultura’ nello spiegare i comportamenti umani è ancora oggi aperta. Per certi versi, è sorprendente come questi filosofi antichi siano stati in grado di sollevare molte delle questioni fondamentali della psicologia ed offrire intuizioni eccellenti senza avere alcun accesso all’evidenza scientifica. Infatti, le idee di Platone e Aristotele provenivano da osservazioni personali, dall’intuizione e dalla riflessione. Per quanto essi fossero molto bravi ad argomentare gli uni contro gli altri, era impossibile giungere ad una risoluzione delle dispute teoriche in quanto il loro approccio non prevedeva alcun metodo empirico di verifica delle teorie. Oggi, tutti gli studiosi sono d’accordo sul fatto che la capacità di verificare una teoria sul piano empirico (osservativo) costituisce il fondamento dell’approccio scientifico nella psicologia moderna e la base per giungere a conclusioni affidabili. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 4 di 11 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo 2. DAL CERVELLO ALLA MENTE Tutti concordiamo sul fatto che il cervello e il corpo sono oggetti fisici, mentre i contenuti della mente (le percezioni, i pensieri e le emozioni) non sono osservabili: l’esperienza interiore è perfettamente reale ma dove ha sede? Il filosofo francese Descartes (1596-1650) asseriva che corpo e mente sono cose fondamentalmente diverse: il corpo e il cervello sono fatti di una sostanza materiale, mentre la mente (o anima) è fatta di una sostanza incorporea (spirituale). Ma se la mente e il corpo sono fatti di sostanze diverse, in che modo interagiscono? Questo è l’annoso problema del dualismo – ovvero, il problema di come l’attività mentale possa trovare accordo e coordinazione con il comportamento fisico: come fa la mente a dire al corpo di muovere un piede? Descartes sosteneva che la mente influenza il corpo attraverso una piccola struttura cerebrale, nota come ghiandola pineale. Al contrario, il filosofo inglese Hobbes (1588-1679) asseriva che mente e corpo non sono affatto cose diverse: piuttosto, la mente è ciò che il cervello fa. Anche il medico francese Gall (1758-1828) pensava che cervello e mente fossero collegati. Egli esaminò i cervelli di persone morte e concluse che l’abilità mentale spesso aumentava con l’aumentare delle dimensioni cerebrali, mentre diminuiva se il cervello era danneggiato (questo aspetto dei suoi studi fu ampiamente accettato). Tuttavia, Gall andò molto oltre le evidenze sperimentali e propose una teoria nota come frenologia, secondo cui specifiche abilità e caratteristiche mentali sono localizzate in specifiche aree del cervello. In effetti, l’idea della specializzazione cerebrale si dimostrò corretta. La frenologia, però, spinse questa ipotesi fino a conseguenze estreme ed irragionevoli. Ad Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 5 di 11 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo esempio, Gall sosteneva che la dimensione delle protuberanze o delle rientranze del cranio rifletteva la dimensione delle aree cerebrali sottostanti e che toccandole si poteva stabilire se una persona era amichevole, prudente, assertiva e così via. La frenologia si basava su prove aneddotiche e osservazioni casuali, e ciò portò al suo rapido abbandono. Tuttavia, altri scienziati cominciarono a collegare mente e cervello in maniera più convincente. Il chirurgo Paul Broca (1825-1880), in particolare, esaminò un paziente che aveva subito una lesione in una piccola area dell’emisfero sinistro del cervello: egli era del tutto incapace di parlare, anche se capiva perfettamente quello che gli veniva detto ed era in grado di comunicare attraverso i gesti. Broca concluse che il danno di quella particolare area cerebrale intaccava una funzione mentale specifica, il linguaggio espressivo: ciò ebbe un’importanza fondamentale in quanto dimostrava in modo inconfutabile che mente e cervello sono strettamente collegati, in un epoca in cui molti seguivano ancora le idee di Descartes. Contemporaneamente, la psicologia beneficiò del lavoro di alcuni scienziati tedeschi specializzati nella fisologia, una disciplina che studia i processi biologici che avvengono nel corpo umano. Tra questi, il contributo più importante fu probabilmente quello di Hermann von Helmholtz (1821-1894), il quale adatto allo studio degli esseri umani un metodo per misurare la velocità degli impulsi nervosi nella zampa delle rane. Egli addestrò i partecipanti a reagire quando veniva somministrato uno stimolo in diverse parti della gamba e trovò che il tempo di reazione ad uno stimolo somministrato all’alluce era più lento del tempo di reazione ad uno stimolo somministrato alla coscia: così facendo, riuscì a misurare il tempo che occorreva ad un impulso nervoso per giungere al cervello. All’epoca, la maggior parte degli scienziati ritenevano che i processi neurologici sottostanti agli eventi mentali Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 6 di 11 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo dovessero essere istantanei per rendere il comportamento così perfettamente sincronizzato: Helmholtz dimostrò per la prima volta che questo assunto non era vero. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 7 di 11 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo 3. STRUTTURALISMO E FUNZIONALISMO Nel 1879, un assistente di Helmholtz, Wilhelm Wundt (1832- 1920) aprì il primo laboratorio di psicologia all’Università di Lipsia: secondo gli storici, questo avvenimento segnò la nascita ufficiale della psicologia come campo di studi indipendente. Wundt era convinto che la psicologia dovesse occuparsi dell’analisi della coscienza, intesa come l’esperienza soggettiva che una persona ha del mondo. Per fare ciò, egli adottò un approccio detto strutturalismo, che prevedeva l’analisi degli elementi di base che costituiscono la mente. Come i chimici tentavano di comprendere la struttura della materia scomponendo le sostanze naturali nei loro elementi di base, così l’approccio di Wundt consisteva nello scomporre la coscienza in sensazioni ed emozioni elementari. Il metodo da utilizzare a tale scopo era quello dell’introspezione, che implicava l’osservazione soggettiva della propria esperienza personale. In un tipico esperimento dell’epoca, si presentava agli osservatori uno stimolo ( quasi sempre un colore o un suono) e si chiedeva loro di riferire le proprie introspezioni, focalizzandosi sulle esperienze sensoriali ‘nude e crude’ (senza fornire interpretazione soggettive). Utilizzando questa tecnica, Edward Titchener (1867-1927) si concentrò sull’identificazione degli elementi di base della coscienza. Egli addestrò i suoi studenti a fornire descrizioni dettagliate delle proprie immagini e sensazioni soggettive. Come risultato, nel suo manuale (intitolato Aspetti essenziali della psicologia, 1896), elencò più di 44000 qualità elementari dell’esperienza cosciente, per la maggior parte visive o uditive. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 8 di 11 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo Nonostante gli sforzi di Titchener, l’interesse per lo strutturalismo diminuì molto rapidamente, fino ad essere completamente abbandonato. La causa di questo fallimento era da ricercare soprattutto nella eccessiva soggettività del metodo introspettivo. Anche osservatori ben addestrati fornivano resoconti contraddittori riguardo alle loro esperienze coscienti, rendendo prasticamente impossibile a psicologi diversi concordare sugli elementi di base della coscienza. A molti studiosi era ormai chiaro che la psicologia, in quanto scienza, richiedeva osservazioni replicabili e che l’introspezione non poteva soddisfare tale requisito. William James (1842-1910) concordava con Wundt e Titchener sulla necessità di concentrarsi sull’esperienza immediata, ma, a loro differenza, riteneva che la coscienza non potesse essere scomposta in elementi separati. Egli riteneva che cercare di isolare e analizzare un momento particolare della coscienza distorcesse la natura essenziale della coscienza stessa, la quale era più simile ad un flusso incessante che a un complesso di sensazioni distinte. Queste idee portarono James a sviluppare un approccio completamente diverso noto come funzionalismo, ossia lo studio dello scopo a cui adempiono i processi mentali nel permettere alle persone di adattarsi al proprio ambiente. Il funzionalismo si ispirava al principio della selezione naturale proposto da Darwin nel celeberrimo libro L’origine della specie (1859). Secondo questo principio, le caratteristiche di un organismo utili alla sua sopravvivenza e riproduzione hanno maggiori probabilità, rispetto ad altre caratteristiche, di essere trasmesse alle generazioni successive. Analogamente, James riteneva che le capacità mentali si erano evolute in quanto adattive: esse aiutavano gli esseri umani a risolvere problemi e aumentavano le loro probabilità di sopravvivenza. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 9 di 11 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo Pertanto, il compito degli psicologi consisteva nel capire quali fossero le funzioni biologiche e adattive della coscienza. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 10 di 11 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia I: dai progenitori al Funzionalismo BIBLIOGRAFIA Schacter, D. L., Gilbert, D. T., & Wegner, D. M. (2014). Psicologia generale. Bologna: Zanichelli. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633 ) Pag. 11 di 11 STORIA DELLA PSICOLOGIA II: DALLA GESTALT ALLA PSICOLOGIA UMANISTICA Pietro Spataro Universitas Mercatorum Storia della Psicologia II: dalla Gestalt alla Psicologia umanistica Indice 1. LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT......................................... 3 2. I DISTURBI MENTALI E LA PERSONALITÀ MULTIPLA.. 6 3. LA PSICOANALISI E LA PSICOLOGIA UMANISTICA........ 8 BIBLIOGRAFIA................................................................................. 10 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) Pag. 2 di 10 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia II: dalla Gestalt alla Psicologia umanistica 1. LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT All’incirca nello stesso periodo in Wundt e James sviluppavano lo strutturalismo e il funzionalismo, altri psicologi si resero conto che le illusioni e i disturbi di personalità potevano servire a chiarire il funzionamento psicologico. Gli esseri umani sono molto sensibili alle illusioni, ovvero agli errori di percezione, di memoria o di giudizio in cui l’esperienza soggettiva differisce dalla realtà oggettiva. Per esempio, nell’illusione di Mueller-Lyer (Figura 1), la linea in alto sembra più lunga della linea in basso, nonostante esse abbiano la medesima lunghezza. Questo accade in quanto le linee oblique alle due estremità influenzano la nostra percezione delle linee orizzontali. Figura 1. L’illusione di Mueller-Lyer. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) Pag. 3 di 10 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia II: dalla Gestalt alla Psicologia umanistica Analogamente, Max Wertheimer (1880-1943) condusse un esperimento in cui mostrava ai partecipanti due luci che lampeggiavano velocemente su uno schermo, una dopo l’altra. Quando l’intervallo di tempo tra le luci era abbastanza lungo, le persone vedevano due luci che lampeggiavano alternativamente. Tuttavia, quando l’intervallo tra le due luci fu ridotto a 20 millisecondi, i partecipanti percepivano un’unica luce che si muoveva avanti e indietro. Wertheimer concluse che simili illusioni non possono essere spiegate tramite gli elementi separati che le causano (le due luci); Il lampo di luce mobile viene infatti percepito come un tutt’uno, anziché come la somma delle parti; Questa intuizione portò allo sviluppo della Psicologia della Gestalt, un approccio psicologico che evidenzia come l’intero sia più della semplice somma delle parti e come gli esseri umani spesso tendano a percepire l’intero piuttosto che la somma delle parti. In altre parole, gli psicologi della Gestalt assumono che la mente imponga una organizzazione a ciò che percepisce: questo è il motivo per cui i soggetti non vedono ciò che effettivamente lo sperimentatore mostra loro (due luci distinte), ma vedono piuttosto gli elementi come un insieme unificato (un’unica luce che si muove in maniera continua). Si può facilmente comprendere come le tesi degli psicologi della Gestalt fossero diametralmente opposte a quelle degli strutturalisti, secondo cui l’esperienza cosciente doveva essere analizzata attraverso un processo di scomposizione in elementi separati. Studiosi come K. Koffka (1886-1941) e W. Kohler (1887-1967) svilupparono ulteriormente la teoria e aggiunsero nuove dimostrazioni ed illusioni che confermavano la propensione della mente umana a percepire Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) Pag. 4 di 10 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia II: dalla Gestalt alla Psicologia umanistica l’intero piuttosto che la somma delle parti. Il risultato di questo lavoro fu la formulazione di una serie di regole di organizzazione percettiva valide ancora oggi. Così, ad esempio, il principio della chiusura afferma che contorni interrotti da spazi vuoti sono percepiti come appartenenti ad oggetti completi, mentre il principio della vicinanza sostiene che oggetti che si trovano vicini tendono ad essere raggruppati insieme. Oggi la psicologia della Gestalt non esiste più come scuola di pensiero indipendente: tuttavia, le sue tesi hanno influenzato in maniera profonda tutti gli studi percettivi successivi; in particolare, l’idea secondo cui la mente imponga struttura e organizzazione alla realtà è divenuta uno dei principi fondamentali della psicologia moderna. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) Pag. 5 di 10 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia II: dalla Gestalt alla Psicologia umanistica 2. I DISTURBI MENTALI E LA PERSONALITÀ MULTIPLA Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, alcuni psicologi si resero conto che lo studio dei comportamenti bizzarri di pazienti con disturbi psicologici poteva essere di aiuto nel comprendere il normale funzionamento della mente. Tali studiosi furono particolarmente attratti dai pazienti con disturbo dissociativo dell’identità, una patologia che implica la presenza di due o più identità distinte all’interno dello stesso individuo. Uno dei primi casi di dissociazione fu descritto nel 1876: si trattava di una donna, Felida X, normalmente timida e tranquilla, che talvolta diventava all’improvviso molto più spavalda ed estroversa; poi, senza preavviso e altrettanto improvvisamente, la donna tornava al suo stato abituale di timidezza. L’elemento peculiare della sua patologia era che la Felida timida non ricordava nulla di ciò che aveva fatto la Felida esuberante: la barriera tra i due stati era talmente forte che la Felida timida dimenticò di essere rimasta incinta durante uno dei suoi momenti di eccessiva espansività. I medici francesi J.-M. Charcot (1825-1893) e P. Janet (1859- 1947) riportarono osservazioni analoghe su pazienti affetti da una patologia nota come isteria, la quale implicava una temporanea perdita delle funzioni cognitive o motorie, di solito in seguito a esperienze emotivamente sconvolgenti. I pazienti diventavano ciechi, paralizzati o perdevano la memoria, anche se non vi era alcuna causa fisica evidente dietro ai loro problemi. I sintomi scomparivano quando essi venivano sottoposti ad ipnosi (uno stato alterato della coscienza caratterizzato da elevata suggestionabilità); tuttavia, una volta usciti dallo stato di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) Pag. 6 di 10 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia II: dalla Gestalt alla Psicologia umanistica trance ipnotica, i pazienti dimenticavano quello che era accaduto e ricominciavano a mostrare i loro sintomi. Questi singolari disturbi furono completamente ignorati da Wundt e colleghi, i quali non li consideravano oggetto d’indagine appropriato per la psicologia scientifica. Al contrario, James riteneva che essi svelassero l’operare di un importante errore mentale, il quale poteva essere sfruttato per comprendere il normale funzionamento della mente. In condizioni normali, ciascuna persona è consapevoli di un unico ‘io’ o ‘sé’; tuttavia, i pazienti isterici dimostravano in maniera molto chiara che il cervello può creare molti ‘sé’ consci, ognuno inconsapevole dell’esistenza degli altri. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) Pag. 7 di 10 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia II: dalla Gestalt alla Psicologia umanistica 3. LA PSICOANALISI E LA PSICOLOGIA UMANISTICA I sintomi mostrati dai pazienti affetti da disturbo dissociativo della personalità colpirono l’attenzione di un medico viennese, S. Freud (1856-1939), il quale aveva lavorato alla clinica parigina di Charcot. Egli cominciò a studiare per conto suo alcuni pazienti isterici e sviluppò delle teorie per spiegare i loro bizzarri sintomi che ebbero un impatto duraturo nel campo della psicologia clinica. In sostanza, Freud ipotizzava che molti dei problemi mostrati dai pazienti isterici potevano essere ricondotti a esperienze infantili dolorose che la persona non riusciva a ricordare, e si convinse che il potente influsso di questi ricordi apparentemente perduti rivelava la presenza di una mente inconscia. Secondo Freud, l’inconscio è la parte della mente che opera al di fuori della consapevolezza conscia ma che influenza azioni, pensieri e sentimenti consci. Questa idea, rivoluzionaria per l’epoca, portò Freud a sviluppare la teoria psicoanalitica, un approccio che sottolinea l’importanza dei processi mentali inconsci nel plasmare sentimenti, pensieri e comportamenti. Secondo la prospettiva psicoanalitica, è fondamentale svelare le prime esperienze di un individuo e fare luce sulle ansie, i conflitti e i desideri inconsci. La teoria psicoanalitica costituì la base di una terapia che Freud chiamò psicoanalisi, la quale si proponeva di far emergere il materiale inconscio alla consapevolezza cosciente. All’inizio del XX secolo, queste idee furono sviluppate, e in parte modificate, da altri studiosi, quali C. G. Jung (1875-1961) e A. Adler (1870-1937). Nonostante questi sforzi, la teoria psicoanalitica diventò ben presto molto controversa, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) Pag. 8 di 10 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia II: dalla Gestalt alla Psicologia umanistica soprattutto in America. Ciò era dovuto al fatto che Freud e colleghi sostenevano che per comprendere pensieri, emozioni e comportamenti di una persona fosse necessaria un’esplorazione approfondita delle sue prime esperienze sessuali e dei suoi desideri sessuali inconsci, argomenti che all’epoca erano considerati troppo scabrosi per il dibattito scientifico. In effetti, dopo un periodo iniziale di ampia diffusione, l’impatto e l’interesse per la psicoanalisi si ridussero notevolmente. Il motivo principale era che Freud aveva una visione pessimistica della natura umana, che ne poneva in risalto limiti e problemi anziché possibilità e potenzialità. Le persone erano considerate come ostaggi di esperienze infantili dimenticate e di impulsi sessuali primitivi. Questa visione piuttosto cupa non si adattava molto bene al clima americano del dopoguerra, che era invece positivo, pieno di energia ed ottimismo: la povertà e la malattia furono notevolmente ridotte dallo sviluppo della tecnologia e il tenore di vita dell’americano medio stava rapidamente aumentando. L’epoca era quindi caratterizzata dalle realizzazioni, e non dalle debolezze della mente umana, e il punto di vista freudiano non era più al passo con i tempi. Fu proprio in questo periodo che gli psicologi A. Maslow (1908- 1970) e C. Rogers (1902-1987) svilupparono la psicologia umanistica, un approccio alla comprensione della natura umana che pone in risalto il potenziale positivo degli esseri umani. Questi psicologi concentrarono la loro attenzione sulle aspirazioni più elevate delle persone, le quali erano considerati come liberi agenti dotati di un bisogno innato di svilupparsi, crescere e realizzarsi. In linea con questa visione, l’obiettivo primario dei terapeuti umanistici era quello di aiutare le persone a realizzare il loro pieno potenziale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) Pag. 9 di 10 Universitas Mercatorum Storia della Psicologia II: dalla Gestalt alla Psicologia umanistica BIBLIOGRAFIA Schacter, D. L., Gilbert, D. T., & Wegner, D. M. (2014). Psicologia generale. Bologna: Zanichelli. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) Pag. 10 di 10