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This document explores the concept of "divismo" in cinema, tracing its historical development and cultural impact. It examines the roles of key figures and events in shaping the image of the star and discusses the strategies used by filmmakers to create and maintain celebrity status.
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Il divismo Divismo Cinema I e II Il cinema come medium In Germania fu importante il lavoro di Marx e Emil Skladanowsky, meglio conosciuti come “I fratelli Skladanowsky", che misero a punto il bioscopio. Vengono però oscurati dal successo del proiettore dei fratelli Lumière il quale consentiva una ca...
Il divismo Divismo Cinema I e II Il cinema come medium In Germania fu importante il lavoro di Marx e Emil Skladanowsky, meglio conosciuti come “I fratelli Skladanowsky", che misero a punto il bioscopio. Vengono però oscurati dal successo del proiettore dei fratelli Lumière il quale consentiva una capacità di produzione che il bioscopio non garantiva. Altri inventori si sono cimentati con delle scoperte che si avvicinavano al cinema dei fratelli Lumière, tra cui Thomas Edison, che inventò il cinescopio: al suo interno era possibile vedere delle immagini in movimento. Edison realizza anche un altro strumento di proiezione cinematografica: la black Mariah, ovvero uno spazio completamente chiuso che lasciava filtrare la luce dal soffitto. Di solito gli attori del cinema erano anonimi, resi irriconoscibili da un trucco pesante, illuminati dalla potente luce solare e ripresi a figura intera. Con il cinematografo si potevano seguire azioni e movimenti complessi e articolati in differenti movimenti. Si poteva assistere a una rappresentazione molteplice della realtà. I fratelli Lumière commercializzano la loro invenzione: al Grand Café n.14 del Boulevard des Capucines proiezioni pubbliche a pagamento, realizzando la prima pubblicità cinematografica. I Lumière erano due ingegneri erano convinti che il cinematografo non avesse un futuro: non vendono l’apparecchio ma preferiscono dei tecnici che proiettano i film a pagamento spostandosi in europa. Credono infatti che sia più fruttuoso il noleggio delle pellicole a pagamento. Non si rendono conto della potenzialità della loro scoperta. I Lumière fecero molteplici filmati che si limitavano solamente a svolgere una funzione informativa, come se fossero in parte guide turistiche. I filmati costituivano una specie di enciclopedia e i filmati non hanno alcuna caratteristica narrativa ma non era propriamente così come l'arrivo dei fratelli Lumière il treno sembra arrivarci addosso. Alla proiezione dei Lumière assiste George Méliès: un illusionista francese che nacque e morì a Parigi, dove la sua famiglia aveva una piccola impresa manifatturiera di scarpe. Viene riconosciuto come il secondo padre del cinema (dopo i Lumière) noto per avere introdotto numerose innovazioni tecniche. George Méliès ha compreso capacità narrative del cinema e intuito la possibilità del montaggio. Il cinema ampliò enormemente le possibilità espressive della fotografia, creando uno schermo che stabiliva una distanza tra il pubblico e le immagini proiettate. Grazie all’invenzione del montaggio, il cinema si allineò al dinamismo delle macchine, dei trasporti e alla vita nelle metropoli, con il suo ritmo accelerato e stimolante, alimentato dalle nuove tecnologie. Nel XIX secolo, il cinema non si limitò alle sale, ma si diffuse anche nei parchi di divertimento e nelle esposizioni universali, catturando l’immaginazione del pubblico con la magia delle immagini in movimento. Questo fenomeno segnò il culmine di un lungo processo che aveva già visto l’uso di strumenti ottici come la lanterna magica, il diorama e la fantasmagoria, capaci di creare effetti visivi straordinari. Charles Pathé, un produttore francese, ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo delle cineprese e fondò la Pathé-Frères, una delle prime e più importanti aziende cinematografiche. Negli Stati Uniti, nacquero i “Nickelodeon”, piccole sale cinematografiche economiche che attiravano principalmente i lavoratori immigrati, offrendo uno svago a basso costo dopo la giornata di lavoro. Questo contribuì alla diffusione della cultura cinematografica in America. Nel frattempo Hollywood divenne il centro dell’industria cinematografica, con l’evoluzione del linguaggio cinematografico: didascalie, vari piani di ripresa e il montaggio alternato. Registi come D.W. Griffith rivoluzionarono il cinema, trattandolo come un mezzo autonomo di espressione, come dimostrato nei suoi capolavori “Nascita di una nazione” e “Intolerance”. Il cinema comico ebbe un altro pioniere in Mack Sennett, che introdusse la slapstick comedy, un tipo di umorismo fisico e volgare. Inoltre, nacque il western, un genere cinematografico che celebrava valori come l’aggressività, il coraggio, l’avventura, l’individualismo e la lealtà, che riflettevano i principi della società americana. Il cinema ha codificato il sistema dei generi: Western, Commedia, Noir, Fantascienza, Guerra, Horror. Il divismo Il divismo non è un fenomeno sociale nuovo, è sempre esistito ma presenta delle caratteristiche specifiche che dipendono dal medium. Il piacere voyeuristico, ovvero di mettersi in qualche misura sullo stesso piano del divo, di sentirsi parte del suo mondo ricco di agi e privilegi è in realtà un'illusione. L’industria cinematografica hollywoodiana, a partire dagli anni Dieci del Novecento ha saputo dare una forma precisa alla figura del divo così come la conosciamo. Negli ultimi Cinquant’anni tale figura ha visto crescere la sua importanza sociale sino al punto da diventare un fondamentale modello di riferimento per i comportamenti delle persone. I divi sono delle guide rassicuranti, dei modelli facilmente disponibili nella situazione di incertezza che caratterizza la nostra società ipermoderna. I divi sono ovunque: nello spettacolo, così come nel giornalismo, nello sport, nella moda, nella politica, nell’arte e persino nell’alta cucina. Si è infatti assistiti ad un vero e proprio processo di moltiplicazione dei divi, che invadono progressivamente ogni territorio sociale. Il culto di personalità individuale Il culto di personalità individuali è sempre esistito nella storia delle civiltà umane ed era riservato ad esempio ai sovrani o ai grandi condottieri. È stato alimentato da una serie di strumenti di promozione utilizzati per parlare di sé e delle proprie gesta. È esemplare la figura di Alessandro Magno, che non disponeva dei media moderni, ma riusciva comunque a diffondere con grande successo la conoscenza di se stesso e delle sue imprese. Il suo esempio è stato seguito dagli imperatori romani, ma anche da molti aristocratici delle epoche successive, che hanno chiesto a pittori e scultori di ritrarli per rendere immortale la loro immagine. Il culto della personalità è diverso dal divismo: i divi sono celebrità tipiche delle società mercantili (o capitalistiche) e democratiche e il loro culto è fondato sulla capacità di sedurre e di attrarre. Non possono imporre il loro culto (ciò che invece cercavano abitualmente di fare i sovrani o i grandi condottieri del passato). Il processo di affermazione dei divi I divi, per riuscire ad affermarsi, hanno la necessità di stabilire una profonda sintonia con la cultura sociale nella quale si trovano. Una volta che un personaggio qualsiasi è diventato celebre, si trasforma in una specie di bene collettivo, entrando cioè all'interno di una dimensione di tipo particolare, nella quale viene considerato una proprietà dei media e del suo pubblico. Può essere pertanto liberamente oggetto di pettegolezzi di vario tipo. I divi stessi hanno cercato di utilizzare mezzi per le proprie finalità promozionali. Si pensi ad esempio alla fotografia: pochi anni dopo la sua nascita, nel 1839, gli attori di teatro e i cantanti lirici si facevano abitualmente ritrarre con gli abiti di scena in immagini da distribuire agli spettatori prima degli spettacoli. A Parigi alcuni andavano dal celebre ritrattista Nadar, che ha costituito un archivio di circa 15.000 foto di attori e attrici che vendeva per corrispondenza. Vi sono tre fasi in cui si è sviluppano il divismo: 1) Cinema. La prima fase è quella del cinema che ha creato e codificato il divismo contemporaneo. 2) Televisione. La seconda fase vede la diffusione della televisione, che ha indebolito il modello del divismo hollywoodiano, ha trasformato la figura del divo, divenuta più intima e familiare. Il tipico divo della televisione è il presentatore, una figura media e poco definita. 3) Web. L'ultima di queste fasi è quella dell'«iper divismo». Tale fase segna il passaggio alla «leadership della famosità». Arrivano, ad esempio, molti outsider, cioè personaggi che provengono da vari ambiti ed esperienze professionali, ma che riescono a ottenere una notevole visibilità sociale, principalmente grazie a un abile utilizzo del web. Roland Barthes spiega come nel tempo si evolvono le celebrità in base alle innovazioni che coinvolgono il cinema stesso. Contrappone le identità di due importanti attrici cinematografiche come Greta Garbo e Audrey Hepburn, le quali caratteristiche che catturano l'attenzione sono l'andatura, il portamento e l'uso dell'intero corpo. Il divismo nel cinema Il divismo contemporaneo ha cominciato a svilupparsi prima della nascita del cinema (corrispondente alla celebre proiezione a Parigi nel 1895 ad opera dei fratelli Lumière). Secondo Benjamin McArthur (1984), il divismo è nato negli Stati Uniti all'interno del mondo del teatro attorno agli anni Venti dell'Ottocento. Il divismo è stato inoltre influenzato dal vaudeville, spettacolo popolare di varietà dal quale è derivata l'idea di presentare la star come un simbolo di successo. Nell’Ottocento l’imprenditore circense Phineas Taylor Barnum ha dato vita a efficaci tecniche promozionali che in seguito i produttori di Hollywood hanno ripreso e migliorato Il cinema si è rapidamente accorto dell'importanza per il suo successo di una figura come quella del divo: ogni attore cinematografico interpreta un personaggio, ma solo il divo sa impersonarlo in modo convincente sovrapponendo ad esso la propria immagine. Il cinema progressivamente ha adottato e perfezionato il modello del divo: Ha migliorato il suo linguaggio visivo, perfezionando il trucco e la recitazione degli attori, adottando la luce artificiale e il piano ravvicinato. Si è concentrato su un'organizzazione produttiva di tipo industriale che ha reso possibile produrre dei lungometraggi per un pubblico di massa e ha anche avviato un'accesa concorrenza tra le sempre più numerose società di produzione cinematografica. Questo innovativo modello produttivo viene utilizzato principalmente negli Stati Uniti: nel 1909 operavano circa 10.000 sale, mentre in quel periodo in Francia solamente tra le 200 e le 300 Il sistema cinematografico americano è stato controllato per diversi anni dalla MPPC (Motion Picture Patents Company), il trust di aziende organizzato nel 1908 da Edison il quale si fa attribuire dai tribunali i diritti dei brevetti delle cineprese prodotte nel suo Paese, riunendo sotto di sé le 8 società cinematografiche più importanti. Ma nel 1914 una corte di giustizia dichiarò l'illegalità di tale trust Majors (MGM, Warner, 20th Century Fox, Paramount, Rko). Le majors potevano disporre di un notevole potere di mercato perché erano organizzate secondo un sistema integrato tant’è che a metà degli anni Trenta controllavano quasi il 90% del giro d'affari di Hollywood. Hollywood Il divismo è nato a Hollywood, piccolo villaggio vicino a Los Angeles, in conseguenza del fatto che vi si sono progressivamente trasferiti da New York e dalla costa Est degli Stati Uniti numerosi produttori cinematografici e registi con l'intenzione di rendersi indipendenti dall'aggressivo potere della MPPC. Perché si sviluppa ad Hollywood? Per i bassi costi degli immobili e della manodopera (grazie a un modesto tasso di sindacalizzazione), una situazione climatica ottimale durante tutto l'arco dell'anno e una grande varietà di paesaggi. A Hollywood il primo studio cinematografico è nato nel 1919, ma nel 1920 vi si potevano già contare una cinquantina di studi, che hanno dato vita a un vero e proprio distretto industriale. L'identificazione con un luogo geografico preciso come Hollywood è stata fondamentale per il successo dell'immaginario cinematografico prodotto dagli studios americani. Era infatti importante per gli spettatori l'idea che tutti i divi vivessero in uno stesso territorio, presentato come appositamente costruito per loro e percepito come simbolicamente isolato dal resto del mondo. Gli studios hanno rapidamente compreso che i fan erano interessati non solamente ai film, ma anche a tutto quello che i divi facevano fuori dagli schermi. Vi è una traduzione dell'immagine del divo in un mondo fisico coerente a essa: ville sontuose che copiavano i castelli feudali o i templi dell'antichità, con grandi piscine di marmo, ferrovie private e ogni genere di lusso. La società di produzione di Hollywood ha migliorato l’efficienza della creazione del modello del divo, adottando per la prima volta delle strategie di marketing e comunicazione. Studio system Negli anni Trenta e Quaranta gli studios hollywoodiani hanno ulteriormente perfezionato il loro modello divistico creando il cosiddetto «studio system», che si basava sulla necessità industriale di avere un controllo totale dell'immagine dei divi. Da un certo divo ci si aspetta un certo personaggio, e dunque una certa azione e certi sviluppi narrativi. Essere divo significa infatti diventare familiare allo spettatore attraverso una specifica iconografia personale. Lo spettatore era portato a considerare il ruolo interpretato in un film come rivelatore della vera personalità dell'attore, mentre tale personalità non era in realtà che il frutto di un'abile strategia di costruzione mediatica. Il pubblico poteva infatti leggere sulle riviste soltanto ciò che veniva volutamente fatto filtrare per alimentare l'immaginario dei suoi beniamini. I produttori mettevano nei contratti le cosiddette «clausole di moralità» I primi divi cinematografici di Hollywood sono comparsi all'interno dei film appartenenti al genere western e la prima vera forma di divismo hollywoodiano è stata femminile. Il cinema di Hollywood ha attribuito maggior spessore alla personalità delle dive, lavorando in maniera approfondita sulle loro contraddizioni interne. Quelle ad esempio tra lavoro e sesso, azione e corpo, attività e passività. Progressivamente, è emerso anche un mondo maschile del divismo. La maggiore apertura del sistema hollywoodiano fa di Roma (anni ‘50 - ‘60) una importante protagonista dell’immaginario collettivo, perché attira a Cinecittà un pezzo significativo di Hollywood. La moda collabora con il divismo: rapporti diretti tra i nuovi sarti italiano di alta moda e gli attori americani Il paparazzo Fellini, insieme agli sceneggiatori Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, ha codificato in un certo senso la figura del fotografo di gossip. Ha infatti inventato il soprannome “paparazzo” per un personaggio secondario del film. Per creare la figura del paparazzo si sono ispirati a un vero fotoreporter: Tazio Secchiaroli. Un altro fotografo diventato famoso in quegli anni è Marcello Geppetti, che coglie, nel 1962, a Ischia, lo scandaloso bacio della coppia di adulteri Taylor-Burton a bordo di una barca. In Italia le dive erano spesso «ragazze della porta accanto». Lo storico inglese Stephen Gundle ha sostenuto che nel corso del tempo proprio la vicinanza alle persone comuni è diventata la caratteristica fondamentale della «bellezza italiana». In Italia infatti «La bella non è una diva distaccata ma "una di noi", che possiamo incontrare per strada o con cui parlare al bar». Anni Settanta Il clima sociale era cambiato: ci si orientava verso quei temi di maggior interesse per il nuovo pubblico giovane che preferiva ora restare a casa davanti allo schermo televisivo. la rivoluzione sessuale le battaglie per i diritti civili l'opposizione alla guerra nel Vietnam, ecc. Nascono quindi nuovi divi, vicini al nuovo pubblico giovanile al quale Hollywood principalmente intendeva rivolgersi. Guerre stellari (George Lucas 1977): il film diventava qualcosa di simile a una marca aziendale e, come per questa, occorreva soprattutto farlo accettare agli spettatori, i quali ne acquistano conseguentemente tutti i prodotti collegati. Ciò ha portato le majors a restringere gli spazi di libertà concessi ai registi, anche a causa dei clamorosi insuccessi fatti registrare al botteghino da alcune pellicole. Sei studios Sono grandi conglomerati economici operanti in diversi ambiti mediatici. Le major cinematografiche hanno adottato politiche più restrittive, favorite dal programma economico liberista promosso da Ronald Reagan dopo la sua elezione a Presidente degli Stati Uniti nel 1980. Tale programma ha permesso loro di riacquisire, almeno in parte, il controllo sull'intero processo industriale. Questo cambiamento ha portato alla nascita di grandi conglomerati aziendali con una struttura complessa. Un esempio significativo è l'acquisizione della 20th Century Fox da parte dell'impero mediatico di Rupert Murdoch nel 1985. Tuttavia, solo una parte di queste nuove realtà aziendali si è dedicata esclusivamente al cinema. Di conseguenza, oggi il numero degli studios principali si è ridotto a sei: 1) Disney 2) Columbia (di proprietà della Sony) 3) Warner Bros (sussidiaria di Time Warner) 4) 20th Century-Fox 5) Universal (controllata da Comcast) 6) Paramount (di Viacom) Ronald Reagan, ex attore noto per i ruoli da cowboy, ha incarnato un modello liberista radicale che ha influenzato la società e il cinema degli anni Ottanta. In questo periodo, molti attori emergenti hanno puntato su fisici imponenti e interpretato personaggi che esaltano una mascolinità dominante, con Arnold Schwarzenegger come figura simbolo. Parallelamente, le star di Hollywood hanno riconquistato un ruolo centrale nell'industria cinematografica, grazie al sostegno di potenti agenzie, riappropriandosi della gestione della propria immagine, un aspetto un tempo controllato esclusivamente dalle grandi case di produzione. La dinamica dell'industria cinematografica si è ribaltata Ora sono le star a esercitare un forte controllo sui progetti. Durante la fase di pre-produzione, infatti, i divi scelgono quali film opzionare, determinando quali progetti verranno realizzati e ottenendo ingaggi stellari. La loro partecipazione garantisce un maggiore appeal al progetto, facilitando la raccolta dei finanziamenti necessari per avviare la produzione. Per questo motivo, le star hanno iniziato a gestire autonomamente la propria immagine personale e inoltre numerose celebrità hanno anche intrapreso un ruolo attivo in iniziative umanitarie. Cinema postmoderno Il cinema contemporaneo si caratterizza per un ritmo narrativo veloce, che enfatizza singoli momenti di attenzione e stimoli sensoriali intensi, andando oltre la vista e l’udito. Questo approccio mira a coinvolgere il corpo dello spettatore in un’esperienza sensoriale immersiva. Inoltre, si distingue per una narrazione aperta, non conclusiva, che lascia spazio a ulteriori sviluppi attraverso nuovi prodotti mediali, come remake, sequel e reboot (ripartire dall'inizio di una storia per reinventare liberamente un personaggio e la sua evoluzione). Le storie di supereroi, che presentano personaggi dai poteri straordinari, rispondono al bisogno di protezione e vigilanza del pubblico. Tuttavia, questa tendenza ha indebolito il ruolo del divo. In molti film di supereroi, l'identità degli attori risulta subordinata ai personaggi interpretati e agli effetti speciali. Ad oggi, pochi film attirano pubblico grazie al richiamo delle star, e spesso non vi è una correlazione diretta tra la popolarità di un attore e il successo al botteghino. Nonostante il declino del divismo, il cinema americano rimane il più influente a livello mondiale, sia economicamente che culturalmente. Il cinema europeo, al contrario, ha una presenza marginale negli Stati Uniti, con solo l'1% del mercato, e risultati simili nel resto del mondo. Hollywood continua dunque a essere il riferimento principale per il panorama cinematografico globale, e le sue star, pur meno rilevanti rispetto al passato, restano le più significative. Influencer e divismo web Divi e social media A partire dalla metà degli anni Novanta, gli individui sono passati da spettatori passivi a produttori attivi di contenuti grazie all’avvento di Internet e dei social media. Questo cambiamento ha portato a una decentralizzazione nella creazione delle celebrità: se un tempo i grandi studios erano i principali decisori, oggi piattaforme come Facebook, YouTube e servizi di live streaming come Facebook Live hanno dato vita alla figura della "DIY celebrity" (celebrità fai-da-te). Tuttavia, molte di queste nuove celebrità rimangono legate all’industria mediatica attraverso contratti. Un divismo più partecipativo Il divismo ha probabilmente sempre avuto una natura partecipativa, ma con i nuovi media digitali la qualità della relazione tra divi e fan è notevolmente migliorata. I social network offrono ai fan la possibilità di rafforzare e diffondere l’immagine dei loro idoli in modo più incisivo. Allo stesso tempo, i divi possono controllare meglio l’immagine che intendono trasmettere, incrementando la loro presenza mediatica e gestendo direttamente il rapporto con i fan. Questo crea un senso di maggiore prossimità e intimità, dando l’impressione di un accesso privilegiato al “retroscena” della vita della celebrità. La partecipazione dei fan si esprime anche attraverso la creazione di storie ispirate ai loro idoli, spesso diffuse su piattaforme come Wattpad, che conta oltre 45 milioni di utenti e più di 250 milioni di narrazioni. Relazione asimmetrica tra divi e fan Nonostante il maggiore coinvolgimento dei fan, la differenza di status tra divi e pubblico rimane evidente. Le celebrità godono di un’attenzione enorme che non possono restituire in egual misura, limitandosi a condividere dettagli della propria vita, opinioni e azioni del momento. Questo sbilanciamento si riflette anche nella "mania del selfie", in cui i fan cercano ossessivamente di scattare foto con i loro idoli per condividerle sui social, un fenomeno spesso sfuggito dai divi hollywoodiani. I divi moderni devono quindi curare attentamente la loro audience e gestire la propria identità attraverso una “vetrina digitale” protettiva, manipolando ciò che mostrano di sé. Nasce così il fenomeno delle "micro-celebrità", persone comuni che imitano i divi per costruire una propria fama. Allo stesso modo, i divi si appropriano delle strategie dei marchi per consolidare la loro immagine. L’intimità connessa e un modello conformista Le celebrità creano un’intimità “ad accesso limitato”, utilizzando linguaggi e messaggi decodificabili solo dai fan più affezionati. Tuttavia, esistono due dimensioni del loro privato: 1) Un privato costruito, destinato al pubblico, e recitato sui social media. 2) Un privato autentico, che rimane inaccessibile ai fan. Le celebrità incarnano spesso un modello conformista, caratterizzato da positività e spensieratezza, dove non c’è spazio per critiche o lamentele. Il mondo degli youtuber, per esempio, è fortemente orientato al consumismo: il successo è misurato dalla capacità di firmare contratti con aziende per promuovere prodotti e raggiungere un ampio pubblico. Divismo TV I e II La televisione cambia il divismo Nel 1966, dodici anni dopo l’inizio delle trasmissioni, la televisione era presente in oltre il 50% delle abitazioni italiane. Questo fenomeno ha contribuito al processo di unificazione linguistica e sociale del Paese, svolgendo un ruolo pedagogico attraverso programmi come Telescuola e Non è mai troppo tardi, che miravano all’alfabetizzazione. La televisione ha inoltre creato un senso di comunità, trasmettendo eventi storici come lo sbarco sulla Luna di Neil Armstrong il 20 luglio 1969. Il monopolio della RAI Durante il periodo di monopolio della RAI, con due soli canali disponibili, tutti i programmi raggiungevano un vasto pubblico, nonostante la televisione fosse inizialmente in bianco e nero. Solo il 1 febbraio 1977 sono iniziate le trasmissioni a colori, un’innovazione che non solo migliorò la rappresentazione della realtà, ma introdusse anche un simbolo di benessere. Questo nuovo contesto favorì lo sviluppo delle televisioni commerciali. Nel 1976, la sentenza n. 202 della Corte Costituzionale pose fine al monopolio RAI, aprendo il mercato alle televisioni private. Nel giro di pochi mesi, le emittenti passarono da 40 a oltre 500, accompagnate da un’esplosione delle radio private. Questo scenario permise a Silvio Berlusconi di fondare Tele Milano nel 1978 e, successivamente, Publitalia nel 1979. Nel 1980 nacque Canale 5, il primo network privato italiano, che inglobò poi Retequattro e Italia Uno. Due modelli televisivi La televisione pubblica della RAI, nata in un’epoca di bianco e nero, si basava sulla trasmissione diretta di eventi reali. Al contrario, il modello commerciale introdotto da Mediaset puntava sull’evasione, offrendo intrattenimento che faceva sognare gli spettatori. i programmi trasmessi negli anni Ottanta, incarnano un modello di opulenza, in netto contrasto con le difficoltà sociali degli anni Settanta. Dalla fine degli anni Ottanta, i due modelli si sono progressivamente integrati. La RAI ha ridimensionato il suo ruolo educativo, avvicinandosi al modello consumistico di Mediaset. Entrambe le reti hanno adottato un modello basato sulla "legittimità assoluta dell'intrattenimento", abbandonando le logiche pedagogiche del passato. L’evoluzione della televisione L'arrivo del telecomando e la moltiplicazione dei canali hanno ampliato le scelte degli spettatori, riducendo il controllo della TV sul pubblico. La nascita di Sky nel 2003 ha sottratto pubblico alle TV generaliste, ma il duopolio RAI-Mediaset ha impedito un significativo miglioramento della qualità dei contenuti. La televisione, medium ibrido, ha costruito negli anni '60-'80 un’identità basata sul *palinsesto*, sincronizzandosi con i ritmi quotidiani e creando un senso di comunità attraverso la diretta. Secondo Giovanni Sartori, la TV ha trasformato l’*homo sapiens* in *homo videns*, dominato dalle immagini, ma con una ridotta capacità critica e difficoltà nel distinguere il vero dal falso. Tre fasi della televisione italiana 1) Paleotelevisione: caratterizzata dalla novità, da una funzione educativa e da uno spettatore passivo, esterno al mondo televisivo. 2) Neotelevisione: mirava a coinvolgere lo spettatore, riducendo l’attenzione sulla realtà esterna e focalizzandosi sul rapporto emotivo tra la TV e il pubblico. 3) Transtelevisione: ibrida e fluida, accoglie chiunque abbia un corpo biologico, indipendentemente dal talento, ponendo particolare enfasi sulla "vetrinizzazione" del corpo umano. Il fenomeno dei reality show I reality show, introdotti nella fase della transtelevisione, rappresentano un nuovo paradigma del divismo. Offrono una forma di intrattenimento basata sulla rappresentazione della quotidianità in tempo reale, enfatizzando l’imprevedibilità e la partecipazione del pubblico attraverso televoto e interazioni digitali. Nei reality, gli spettatori si identificano con persone comuni, trasformando la televisione in uno specchio della società. Chi partecipa ai reality deve dimostrare di saper gestire pubblicamente la propria immagine e trasformare la propria vita in spettacolo, incarnando un nuovo modello di celebrità in cui il confine tra ordinarietà e straordinarietà si dissolve. La centralità del presentatore Il presentatore è stato un pilastro della televisione italiana, da Mike Bongiorno a Pippo Baudo, passando per personaggi come Raffaella Carrà ed Enzo Tortora. Mike Bongiorno, in particolare, ha incarnato una figura rassicurante e vicina al pubblico, costruendo il suo successo sulla semplicità. Con l’evoluzione della TV, però, il ruolo del presentatore si è indebolito, sostituito da una maggiore richiesta di partecipazione diretta da parte del pubblico. Musica e divismo Il divo musicale, per rafforzare il legame con i fan, costruisce un’identità pubblica che coincide in gran parte con la sua identità mediatica, sfruttando strumenti come videoclip, programmi televisivi, radio, stampa e web. Anni '50, Elvis Presley e l'inizio del divismo musicale: il primo esempio significativo di rapporto intenso tra un artista musicale e i fan si ha con Elvis Presley, simbolo di divismo grazie alla sua immagine carismatica e alla sua presenza scenica. Anni '60, i Beatles e l’identità visiva: l'identità visiva diventa un elemento fondamentale nella musica. I Beatles nel 1964 iniziano a produrre videoclip delle loro canzoni e realizzano film, amplificando il loro impatto culturale e la connessione con il pubblico. Anni '70, il punk e la contestazione visiva: in particolare in Inghilterra, il movimento punk contesta le grandi industrie discografiche, ma mantiene una forte attenzione all’immagine e all’identità visiva. L’aspetto visivo della musica diventa un elemento di protesta e autenticità. Anni '80 l’era del videoclip e MTV: l'identità visiva assume un ruolo ancora più centrale: ○ L'uso di strumenti elettronici e nuove tecniche di registrazione trasforma il processo creativo e l’esibizione dal vivo, che spesso avviene su basi registrate. ○ L’avvento dei videoclip rivoluziona il mercato musicale: per la prima volta, un video può trainare il successo commerciale di una canzone. La nascita di MTV negli Stati Uniti risponde all’esigenza delle imprese pubblicitarie di comunicare con i giovani bianchi delle periferie, tra i 12 e i 24 anni. Il successo di MTV è straordinario: in pochi anni, il videoclip diventa un elemento indispensabile per il successo discografico, consolidando il legame tra immagine e musica.