Introduzione al corso di Geografia PDF

Document Details

Uploaded by Deleted User

Università “G. d'Annunzio” - Chieti-Pescara

Fabrizio Ferrari

Tags

geografia introduzione al corso scienze umane storia del pensiero geografico

Summary

Questo documento è un'introduzione al corso di Geografia presso l'Università "G. d'Annunzio" di Chieti-Pescara. L'autore, Fabrizio Ferrari, esplora la storia della geografia, la sua utilità e le diverse prospettive che la caratterizzano. L'enfasi è posta sulle relazioni uomo-ambiente e sulle interazioni tra sistemi naturali e socio-economici.

Full Transcript

Università “G. d’Annunzio” - Chieti-Pescara Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne Fabrizio Ferrari Introduzione al corso di Geografia Cosa è la Geografia? A che serve la Geografia? Come può essere utile la Geografia in un Corso di Lingue? La geografia come campo di in...

Università “G. d’Annunzio” - Chieti-Pescara Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne Fabrizio Ferrari Introduzione al corso di Geografia Cosa è la Geografia? A che serve la Geografia? Come può essere utile la Geografia in un Corso di Lingue? La geografia come campo di indagine antico Ad Anassimandro di Mileto (610-546 a.C.), filosofo ionico discepolo di Talete, viene tradizionalmente attribuita una prima mappa del mondo, ma né Erodoto né Aristotele ne danno notizia. Secondo Diogene Laerzio, il commentatore del secolo III d.C. dal quale deriviamo molte delle notizie sui filosofi della Scuola Ionica, Anassimandro fu il primo a tracciare uno schema (perimetron) del mondo, e pure il primo a costruire un globo. Più tardi Eratostene di Cirene (276 c. -194 c. a.C.), filosofo, matematico e bibliotecario ad Alessandria, grazie al suo ruolo disponeva di tutte le informazioni relative alle conoscenze geografiche fino a quel tempo trascritte, così da indurlo a scrivere la sua opera Geographika, in cui viene utilizzato per la prima volta il termine geografia, sebbene di essa sia rimasto solo qualche frammento. Effettuò inoltre la prima misura delle dimensioni della Terra con una approssimazione veramente singolare considerati le tecniche ed i mezzi all’epoca impiegati. La riscoperta della cartografia e della geografia A partire dal XVI secolo, si registrò una rinnovata rifioritura degli studi geografici, astrologici e cartografici; l’approfondimento e il rinnovato studio di tali materie permise di riacquistare alla geografia il carattere di universalità avuto nella scienza greca. L’invenzione della stampa, la scoperta di nuove terre da parte dei grandi navigatori oceanici, quali Cristoforo Colombo (1451-1506), Amerigo Vespucci (1454-1512), Giovanni Caboto (1450 circa-1498 circa) e Ferdinando Magellano (1480-1521) nonché il forte interesse politico venutosi a creare intorno ai nuovi territori crearono l’humus adatto per lo sviluppo di nuove problematiche inerenti alle tecniche cartografiche allora conosciute. La sfericità della terra diventò un concetto affermato. La navigazione a stima fu abbandonata. Crebbe il bisogno di mezzi strumentali e cartografici sempre più precisi. Ed in questo clima, furono riconsiderati i sistemi di riferimento geografici. Due differenti sguardi sulla geografia "Che cos’è un geografo?" "È un sapiente che sa dove si trovano i mari, i fiumi, le città, le montagne e i deserti". (…) "Le geografie", disse il geografo, "sono i libri più preziosi fra tutti i libri. Non passano mai di moda. È molto raro che una montagna cambi di posto. È molto raro che un oceano si prosciughi. Noi descriviamo delle cose eterne". Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943 È l’uomo che conferisce alla Terra un significato, un destino, un motivo per esistere. Tutti gli aspetti e le forze della Terra diventano geografici soltanto nell’incontro con l’uomo. La geografia non esiste infatti senza la natura ma nemmeno senza l’uomo. Con la conoscenza geografica comprendiamo sempre meglio il mondo ma anche noi stessi e il dovere di ciascuno e di tutti di operare a beneficio dell’intera umanità. Osvaldo Baldacci (1914-2007) Perché la geografia (1978) Il corso di Geografia si incentra: sulle relazioni tra uomo e ambiente, perciò: una gran parte della nostra attenzione sarà rivolta allo studio delle “impronte” che l’uomo lascia sulla Terra. I campi di studio della geografia L’uomo rientra in questo campo di studio sotto un duplice aspetto: in primo luogo egli è sensibile – nel modo di distribuirsi sulla Terra e nella estrinsecazione della sua attività – all’influenza dell’ambiente fisico in cui vive, dato che questo può essere più o meno ostile alla sua vita e alla sua diffusione: si ha un adattamento all’ambiente. I fattori fisici più rilevanti per l’uomo: 1) clima; 2) idrografia; 3) orografia. Ma i gruppi umani non sono passivi e reagiscono modificando – secondo il loro tipo di cultura e di organizzazione sociale – l’ambiente in cui vivono. Anzi, divengono protagonisti di profonde trasformazioni delle “offerte” o possibilità naturali, in quanto le piegano a soddisfare i loro bisogni: bisogni che sono un prodotto della storia, in quanto legati a una determinata fase dello sviluppo. La presenza e l’attività dell’uomo si inscrivono sulla Terra con segni più o meno evidenti. La geografia umana studia anzitutto la varia distribuzione degli uomini e la dinamica demografica in rapporto alle risorse disponibili e alle strutture socio- economiche; questo filone di studi si denomina “Geografia della popolazione” Poi la geografia umana si occupa dei segni che gli uomini imprimono sulla Terra. Studia pertanto i tipi e la distribuzione delle dimore a seconda dei modi di vita e delle forme di organizzazione economica e sociale; questo filone viene denominato “Geografia dell’insediamento” Il campo di studio della geografia umana Matrice delle prospettive geografiche Schema del patrimonio territoriale Le interrelazioni fra organizzazione economica e cambiamento geografico Il mondo si va appiattendo? Secondo un orientamento della letteratura scientifica contemporanea, in specie di quella economica, la geografia ha oggi una minore importanza che in passato. Soprattutto l’avvento di nuove tecnologie rende accessibili comunicazioni a distanza (ICT), cosicché, secondo gli autori che seguono tale impostazione, diventa sempre più irrilevante e ridondante il significato di localizzazione e e luogo. Thomas Friedman scrive nel 2006 il libro «The World is Flat». Già nel passato diversi autori avevano parlato di «mondo senza confini», o di «processo di deterritorializzazione» o di «scomparsa della distanza», ma egli categorizza i fattori determinanti del cosiddetto progressivo «appiattimento» del mondo. Il mondo si va appiattendo? Le «forze» per Friedman che hanno spinto verso l’appiattimento del mondo sono le seguenti: «The world is spiky» Richard Florida su The Atlantic nel 2005 fornisce una prima risposta denotando alcune situazioni di concentrazione: Lo sviluppo urbano, che concentra popolazione e attività economiche: Population density is of course a crude indicator of human and economic activity But it does suggest that at least some of the tectonic forces of economics are concentrating people and resources, and pushing up some places more than others. Still, differences in population density vastly understate the spikiness of the global economy; the continuing dominance of the world's most productive urban areas is astounding. L’innovazione sempre più concentrata: Population and economic activity are both spiky, but it's innovation—the engine of economic growth—that is most concentrated So although one might not have to emigrate to innovate, it certainly appears that innovation., economic growth, and prosperity occur in those places that attract a critical mass of top creative talent. Perché il mondo sembra piatto secondo Florida The world today looks flat to some because the economic and social distances between peaks worldwide have gotten smaller. Connection between peaks has been strengthened by the easy mobility of the global creative class—about 150 million people worldwide. They participate in a global technology system and a global labor market that allow them to migrate freely among the world's leading cities Dunque, le rafforzate interazioni sociali permettono, grazie anche ai nuovi mezzi di comunicazione, di avvicinare le aree “aguzze” del pianeta, ossia le aree di concentrazione. Ma per le periferie che succede? Le periferie secondo Florida Economic and demographic forces are sorting people around the world into geographically clustered "tribes" so different (and often mutually antagonistic) as to create a somewhat Hobbesian vision. We are thus confronted with a difficult predicament. Economic progress requires that the peaks grow stronger and taller. But such growth will exacerbate economic and social disparities, fomenting political reactions that could threaten further innovation and economic progress. Managing the disparities between peaks and valleys worldwide - raising the valleys without shearing off the peaks - will be among the top political challenges of the coming decades. Le dimensioni della scienza contemporanea Parallelamente alle trasformazioni profonde coinvolgenti il sistema economico in cui viviamo, il progetto scientifico e il modo di ragionare delle scienze sociali è andato segnando un punto di svolta progressivo e con esso le proposte, le implicazioni e il linguaggio dei saperi territoriali. Il segno del mutamento è dato dalle conseguenze di vasta portata connesse all’introduzione, nel progetto esplicativo della scienza contemporanea, delle tre fondamentali dimensioni del tempo, dello spazio e della soggettività, ovvero i tre capisaldi intorno ai quali il sapere è andato rifondandosi per padroneggiare un mondo caratterizzato da incertezza, instabilità e ingovernabilità. (Conti, 2012, p. XI) La dimensione storica La nuova faccia della scienza si caratterizza quindi per premesse concettuali profondamente diverse dal passato. Il primo punto fermo riguarda il tempo che esprime un’evoluzione non già verso l’equilibrio, ma qualcosa di molto più problematico, soggetto a dinamiche molteplici che non permettono in alcun modo di prevedere gli sviluppi futuri. La storia risulta pertanto una componente ineliminabile in ogni valida interpretazione dei fenomeni economici e sociali. (Conti, 2012, p. XI). La dimensione spaziale La rivincita della storia non può essere separata da quella della dimensione spaziale (territoriale). Lo spazio non è una cosa morta, ma una molteplicità di rapporti economici, sociali, culturali. Esso è quindi multidimensionale ed eterogeneo, non scomponibile indifferentemente in parti, così come le parti non sono riassumibili nel tutto. La sua strutturazione è certamente anche l’espressione dell’attività economica, ma questo non è che un aspetto, sicuramente importante, di un intreccio di forze e di processi tra loro non scomponibili. (Conti, 2012, p. XI). La dimensione soggettiva Un terzo punto fermo è conseguente ai precedenti. Nessun percorso scientifico è sufficiente, da solo, a dare intellegibilità a un mondo la cui complessità non può prevedere una spiegazione compiuta. È dunque necessario svelare l’illusione della soggettività della conoscenza. L’osservatore, indissociato dalla propria cultura, dal proprio linguaggio disciplinare e dal proprio progetto conoscitivo, rientra così irrimediabilmente nel discorso scientifico. Se la realtà possiede molteplici dimensioni, ogni sua interpretazione sarà quindi un «punto di vista» in un unico processo conoscitivo di fenomeni che, per poter essere compresi, devono appunto essere osservati nei loro molteplici aspetti. Non ci sono dubbi che i maggiori progressi della scienza contemporanea si sono avuti introducendo l’osservatore nell’osservazione. (Conti, 2012, p. XII). «(…) il problema della geografia umana non è soltanto un problema locale. Esso implica una concezione della Terra, in cui biosfera e sfera socioculturale (tecnosfera, semiosfera) interagiscono e coevolvono come componenti di un unico sistema complesso. La complessità deriva dal fatto che il sistema naturale Terra e quello socio- economico-culturale umano operano ognuno secondo modalità loro proprie, non reciprocamente riducibili, così come non lo sono tra loro i principi organizzativi dei sottosistemi territoriali in cui essi si articolano. Ciò significa che possiamo a tutti i livelli territoriali fare scelte sbagliate, che alterano le condizioni biologiche e sociali del pianeta e che presto o tardi finiranno per ritorcersi sulle condizioni di vita dei sistemi locali che ne sono responsabili.» (Giuseppe Dematteis, Geografia come immaginazione, 2021) «È per questo che credo che i geografi non possano oggi limitarsi a descrivere i territori senza assumersi la responsabilità di contribuire a migliorarli e con essi il sistema planetario. Lo possono fare sforzandosi di individuare e descrivere, alle diverse scale, le condizioni favorevoli o contrarie a instaurare rapporti coevolutivi virtuosi con la biosfera e, attraverso essi, rapporti sociali che riducano le enormi diseguaglianze e gli sprechi di risorse naturali e umane a cui oggi assistiamo.» (Giuseppe Dematteis, Geografia come immaginazione, 2021) «Come disciplina dei rapporti tra attori terrestri, siano essi umani, naturali o ibridi, la geografia può avere un ruolo importante nelle scienze sociali, mettendo in scena la rete di relazioni multiscalari di cui è fatto il mondo, in particolare quelle tra semiosfera e geo-biosfera attraverso cui passano i rapporti sociali. Senza trascurare, come oggi purtroppo capita, il contributo che la geografia potrebbe dare alla formazione culturale e civile della cittadinanza se venisse insegnata di più e meglio nelle scuole.» (Giuseppe Dematteis, Geografia come immaginazione, 2021) Le tematiche del corso da sviluppare saranno: Geografia della popolazione (in prospettiva statica e dinamica) Geografia degli insediamenti e delle città Geografia culturale (Geografia delle lingue, Geografia delle religioni) Geografia dello sviluppo Geografia dell’ambiente e della sostenibilità, la questione delle risorse Geografia politica La globalizzazione e gli scenari del mondo futuro; (Globalizzazione e lingue) Libri consigliati: 1) Fouberg E.H., Murphy A.B., De Blij H.J., Geografia umana. Cultura, società, spazio, Bologna, Zanichelli, Quarta edizione, 2022 In alternativa: 1) Greiner A.L., Geografia umana. Un approccio visuale, Torino, UTET, Quarta ed., 2023. 2) Barbina G., La geografia delle lingue, Roma, Carocci, 2010 In alternativa: 2) Russo Krauss D., Lingue e spazi. Elementi per l'analisi geografica dell'espressione linguistica, Roma, Aracne ed., 2011. Materiale aggiuntivo trattato nel corso delle lezioni sarà messo a disposizione dal docente sul canale TEAMS. [email protected] Codice canale TEAMS della community di Geografia: p0nchxq Codice canale TEAMS di ricevimento: 18uyvdx Orario Lezioni: Lunedì 14-16, aula 27 Giovedì 14-16, aula 22 Venerdì 14-16, aula 29 Università “G. d’Annunzio” - Chieti-Pescara Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne Fabrizio Ferrari Geografia della popolazione Il termine Ecumene, già adoperato dai Greci per indicare la terra conosciuta ed abitata, venne ripreso dal Ratzel nel senso di “territorio in cui l’uomo è a casa sua”. Possiamo più ampiamente definire l’ecumene come lo “spazio terrestre esteso fin dove l’uomo, grazie alla sua adattabilità all’ambiente e al progresso delle sue tecniche di sfruttamento del suolo, riesce ad abitare durevolmente in normali condizioni di vita. Per contrapposto si chiama Anecumene l’insieme delle aree permanentemente disabitate. L’anecumene può esservi per: limiti di temperatura; limiti di altitudine; limite di aridità; altri limiti (luoghi insalubri). Il limite tra ecumene ed anecumene non è una linea, ma una fascia più o meno larga, in cui sono presenti gruppi di uomini senza abitazioni stabili; a tale fascia si dà il nome di Subecumene. Secondo il Ratzel i popoli qui presenti sono “popoli marginali” (Randvölker), che possono vivere o in condizioni divenute stabili nel tempo, oppure tendere all’estinzione. In alta montagna, tra il limite dell’ecumene (che coincide più o meno col limite delle colture) e le aree sommitali prive di vegetazione, si interpongono fasce subecumeniche, cui i pastori fanno salire le mandrie e le greggi in estate per sfruttare i pascoli, e ne ridiscendono col sopravvenire della cattiva stagione. La popolazione nel Mondo vive distribuita in modo ineguale: innanzitutto, quasi tutta la popolazione vive nell’emisfero boreale; gran parte di essa si concentra nella zona temperata e in quella sub-tropicale. Popolazione stimata al 1° luglio (migliaia) Macroaree 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 Mondo 2.499.322 3.019.233 3.695.390 4.444.008 5.316.176 6.148.899 6.985.603 7.840.953 Africa 227.549 284.288 365.450 481.543 638.157 818.952 1.055.233 1.360.677 Asia 1.379.048 1.699.525 2.145.547 2.636.014 3.211.352 3.736.038 4.221.171 4.664.324 Europa 549.722 605.630 656.521 693.437 721.497 726.968 736.277 746.225 America Latina e Caraibi 168.336 219.754 286.526 362.333 442.565 522.512 590.547 651.836 Nord America 162.089 194.177 221.866 247.761 275.860 313.206 345.272 373.957 Oceania 12.578 15.859 19.480 22.920 26.744 31.223 37.103 43.933 % su totale popolazione mondiale stimata al 1° luglio Macroaree 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 2020 Mondo 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% Africa 9,10% 9,42% 9,89% 10,84% 12,00% 13,32% 15,11% 17,35% Asia 55,18% 56,29% 58,06% 59,32% 60,41% 60,76% 60,43% 59,49% Europa 21,99% 20,06% 17,77% 15,60% 13,57% 11,82% 10,54% 9,52% America Latina e Caraibi 6,74% 7,28% 7,75% 8,15% 8,32% 8,50% 8,45% 8,31% Nord America 6,49% 6,43% 6,00% 5,58% 5,19% 5,09% 4,94% 4,77% Oceania 0,50% 0,53% 0,53% 0,52% 0,50% 0,51% 0,53% 0,56% Paese 1950 1985 2021 Cina 543.979 1.060.240 1.425.893 India 357.021 780.242 1.407.564 Stati Uniti d'America 148.282 235.146 336.998 Indonesia 69.568 165.792 273.753 Pakistan 37.696 97.122 231.402 Brasile 53.955 136.783 214.326 Nigeria 37.189 83.585 213.401 Bangladesh 39.729 95.959 169.356 Russia 102.580 142.896 145.473 Messico 27.600 74.872 126.386 Giappone 84.353 121.119 124.947 Etiopia 17.710 40.286 118.743 Filippine 18.470 54.813 113.094 Egitto 21.150 50.036 108.392 Viet Nam 25.109 59.811 97.468 R.D. Congo 12.296 30.800 95.894 Iran 16.833 47.266 87.923 Turchia 20.978 49.176 84.775 Germania 70.964 77.639 83.409 Thailandia 20.412 50.595 71.601 Regno Unito 50.055 56.643 67.281 Francia 41.842 55.108 64.531 Tanzania 7.632 22.570 63.588 Sud Africa 13.044 33.753 59.392 Italia 46.392 56.636 59.240 Myanmar 17.732 36.881 53.798 Kenya 5.774 19.452 53.006 Repubblica di Corea 20.104 41.233 51.830 Colombia 11.770 29.326 51.517 Spagna 28.070 38.472 47.487 Un primo indicatore: la densità di popolazione Per densità della popolazione si intende il rapporto tra il numero degli abitanti e la superficie che essi occupano: generalmente la si esprime in abitanti per chilometro quadrato. In campo geografico viene generalmente adottata la seguente classificazione, valida soprattutto nel passato per distinguere i diversi Stati: 1) aree ad alta densità (più di 100 abitanti per kmq); 2) aree densamente popolate (tra 50 e 100 abitanti per kmq); 3) aree a mediocre densità (da 10 a 50 abitanti per kmq); 4) aree a bassa densità (da 1 a 10 abitanti per kmq); 5) aree a bassissima densità (meno di 1 abitante per kmq). Paese 1950 1985 2020 Mondo 19,50 37,44 59,92 Monaco 13.422,8 19.353,0 26.338,3 Ciina, Macao 6.571,0 9.481,3 21.717,1 Singapore 1.460,1 3.865,1 8.357,6 Cina, Hong Kong 1.880,0 5.035,3 7.140,0 Gibilterra 2.203,2 2.915,1 3.369,1 Bahrain 152,1 551,9 2.238,9 Vaticano 2.059,1 1.681,8 1.838,6 Malta 975,0 1.082,0 1.379,8 Bangladesh 291,1 697,3 1.265,2 Maldive 245,7 631,8 1.801,8 Sint Maarten (parte dei Paesi Bassi) 43,8 562,6 1.261,2 Bermuda 745,1 1.191,9 1.245,5 Isole del Canale 538,1 704,2 915,0 Palestina 154,8 292,3 847,4 Saint Martin (parte della Francia) 56,6 208,8 729,4 Mayotte 40,4 192,3 727,5 Cina, Taiwan 214,7 545,1 672,6 Barbados 490,7 596,0 668,3 Libano 130,5 259,2 667,2 Mauritius 243,0 500,4 626,5 Aruba 211,4 350,1 593,1 San Marino 212,9 379,9 565,6 Nauru 171,5 425,1 541,7 Repubblica di Corea 197,6 419,7 527,3 In effetti la densità è un indice molto semplice, che però spesso non fornisce una vera misura della capacità di carico del territorio. La densità realmente sopportabile da un territorio dipende dall’entità del reddito degli abitanti. IL MINIMO DI POPOLAMENTO Il minimo di popolamento è definibile nelle due forme di minimo biologico e minimo economico: il minimo biologico è il numero al di sotto del quale una collettività chiusa non può scendere senza che si generi la sterilizzazione del gruppo; il minimo economico è quel numero di abitanti al di sotto del quale la capacità di lavoro diventa insufficiente a trarre, dall’ambiente in cui la comunità vive, le risorse indispensabili a garantire la conservazione del gruppo. IL MASSIMO DI POPOLAMENTO Il massimo di popolamento è meno facile da definire. Esso è visto sotto due forme diverse a seconda che si consideri la situazione di un paese a economia di sussistenza o quella di un paese a economia di scambio. Nel primo caso, il massimo è raggiunto quando ogni accrescimento numerico pone la popolazione in una situazione di equilibrio instabile, in cui le carestie e la fame costituiscono una minaccia costante. Nel secondo caso, il massimo sembra oltrepassato quando non può essere occupata tutta la manodopera ed il livello di vita va diminuendo rapidamente. In entrambi i casi, comunque, non si possono stabilire valori assoluti invariabili nel tempo; ma il massimo di popolamento si presenta particolarmente soggetto a “congiunture” nei paesi industriali. Sottopopolamento e sovrapopolamento Per sottopopolamento si intende ogni occupazione di territorio a livello inferiore al minimo di popolamento. Tuttavia, se il limite biologico appare intangibile, il limite economico può essere modificato da una più efficace attrezzatura e da tecniche più progredite. Il sovrapopolamento si definisce come superamento dei valori massimi. In genere, si considerano sovrapopolati quei territori in cui i beni prodotti non bastano a fornire adeguati mezzi di sussistenza per tutta la popolazione. L’evoluzione della popolazione mondiale La popolazione mondiale che contava, all’inizio dell’era cristiana, quasi 250 milioni di abitanti, aveva raggiunto lentamente i 500 milioni intorno al 1650. Verso la metà dell’Ottocento superava il miliardo, nel 1940 era già di 2 miliardi. Nel 1975 si sono raggiunti i 4 miliardi. Attualmente la popolazione mondiale è poco meno di 7,4 miliardi di individui. Nel 2050, secondo le proiezioni ONU si dovrebbero raggiungere i 9,7 miliardi. Nel 2100 si dovrebbe avere una popolazione di circa 11,2 miliardi. La rivoluzione demografica L’accelerazione del ritmo di incremento, nota col nome di rivoluzione demografica, fu dovuta soprattutto alla «ritirata della morte», ossia alla riduzione del tasso di mortalità, soprattutto infantile, cui hanno contribuito in notevole misura i progressi della medicina e il miglioramento delle condizioni di vita a partire dalle regioni più evolute. Popolazione stimata al 1° luglio (migliaia) Macroaree 2020 2035 2050 2065 2080 2100 Mondo 7.840.953 8.879.397 9.709.492 10.195.965 10.414.637 10.349.323 Africa 1.360.677 1.899.297 2.485.136 3.038.189 3.504.402 3.924.421 Asia 4.664.324 5.078.923 5.292.948 5.254.539 5.063.181 4.674.249 Europa 746.225 730.214 703.007 661.924 624.294 586.515 America Latina e Caraibi 651.836 716.709 749.169 746.273 714.296 647.400 Nord America 373.957 402.644 421.398 432.466 442.464 448.026 Oceania 43.933 51.611 57.834 62.573 66.000 68.712 % su totale popolazione mondiale stimata al 1° luglio Macroaree 2020 2035 2050 2065 2080 2100 Mondo 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% Africa 17,35% 21,39% 25,59% 29,80% 33,65% 37,92% Asia 59,49% 57,20% 54,51% 51,54% 48,62% 45,16% Europa 9,52% 8,22% 7,24% 6,49% 5,99% 5,67% America Latina e Caraibi 8,31% 8,07% 7,72% 7,32% 6,86% 6,26% Nord America 4,77% 4,53% 4,34% 4,24% 4,25% 4,33% Oceania 0,56% 0,58% 0,60% 0,61% 0,63% 0,66% Università “G. d’Annunzio” - Chieti-Pescara Dipartimento di Economia (DEc) Fabrizio Ferrari Geografia della popolazione (II) I movimenti naturali di popolazione: la natalità La natalità si definisce in valore assoluto come “numero dei nati in un anno solare” e in valore relativo come rapporto fra il numero dei nati in un anno e il totale della popolazione residente moltiplicato per mille (tasso di natalità). Quasi ovunque nel mondo è più elevata la natalità maschile, ma poiché i maschi accusano una più forte mortalità, nelle classi adulte si stabilisce un certo equilibrio, mentre nelle classi anziane il rapporto tende addirittura a capovolgersi per effetto della maggiore longevità femminile. Per analizzare la natalità è importante anche valutare il tasso di fecondità (numero dei nati per mille donne in età feconda, in genere compresa tra i 15 e i 49 anni di età). I movimenti naturali di popolazione: la mortalità Con una tipologia di calcolo simile si può calcolare l’indice di mortalità. Particolarmente rilevante per osservare le condizioni di salute di una popolazione è il calcolo dell’indice di mortalità infantile, ossia il rapporto fra il numero di bambini morto a meno di un anno di vita sul totale dei neonati. Anche il tasso di mortalità a meno di 5 anni di vita è particolarmente preso in considerazione nelle statistiche ufficiali internazionali. La transizione demografica Secondo questa teoria, basata su dati osservati, il tasso naturale (ovvero il saldo tra indice di natalità meno l’indice di mortalità) si sviluppa con una funzione simile a quella della curva logistica. La transizione demografica: la prima fase In una prima fase si ha il tipo primitivo, caratterizzato da un’elevata natalità, ma anche da una mortalità molto alta; le classi giovanili sono molto più numerose di quelle anziane e la durata della vita è molto bassa. La transizione demografica: la seconda fase Il tipo in via di evoluzione è proprio delle popolazioni che da non molto tempo e soltanto parzialmente si vanno modernizzando e manifestano oggi i più vistosi incrementi naturali. La natalità si mantiene molto alta e la mortalità ha iniziato una rapida curva discendente grazie alla lotta contro le malattie endemiche e alla progressiva introduzione della medicina moderna. Sono le popolazioni destinate nei prossimi anni a conoscere un boom spettacolare, poiché la ritirata della morte può venire ulteriormente accelerata, mentre è difficile una sostanziale diminuzione delle nascite. La transizione demografica: la terza fase Si può distinguere, poi, un tipo ad uno stadio di sviluppo avanzato, in quanto, il tasso di mortalità scende di molto, cosicché i tassi di incremento naturale sono elevatissimi, che però sono sul punto di ridursi piuttosto che di crescere. La transizione demografica: la quarta fase Tipo a natalità diminuita e bassissima mortalità, in cui diminuisce sempre più il tasso naturale e si cominciano ad avere politiche sul controllo delle nascite. La Zero Population Growth Nell’ultimo stadio della transizione demografica, come si è visto, vi è un ritorno a un incremento demografico vicino allo zero (ZPG=Zero Population Growth), simile a quello della fase pre-transitoria, con l’abbassamento dei tassi di natalità. Alla teoria della transizione demografica sono state mosse alcune critiche. Una di queste è che si tratterebbe di una teoria ottimistica e deterministica che lascia al “normale corso degli eventi” il compito di ristabilire l’equilibrio demografico. Sarebbe a dire che coloro che fanno uso della teoria della transizione demografica per spiegare lo sviluppo demografico a livello globale, lasciano implicitamente intendere che, tutto sommato, i Paesi che oggi si trovano in una situazione demografica in piena fase di transizione e con alti tassi di incremento della popolazione, presto o tardi cominceranno a vedere scendere i loro tassi di natalità, come è già avvenuto per i paesi industrializzati. Effettivamente, la teoria della transizione demografica fu elaborata sul calco dello sviluppo demografico dei Paesi occidentali (e dell’Europa, in particolare). Per questa ragione si tende, ormai, a diffidare della sua portata “globale”, specie per quanto riguarda la sua capacità di lettura e di interpretazione dei fenomeni demografici in atto nei PVS. Il timore è quello che, a causa delle oggettive condizioni di degrado economico-sociale e ambientale, si possa instaurare in diversi di questi Paesi uno sviluppo demografico che prescinda dalla transizione demografica “classica”, per portarsi verso una transizione demografica “maligna”, che sostituisce il terzo stadio con uno in cui i tassi di mortalità raggiungono nuovamente i tassi di natalità, tornando a una situazione simile a quella del primo stadio della transizione. In tal modo si avrebbe una ZPG, ma dovuta a un netto peggioramento delle condizioni di vita. I limiti allo sviluppo demografico Il primo approccio sistematico al rapporto fra incremento demografico e scarsità delle risorse (alimentari) lo si ha già nell’opera di Thomas Malthus (1766-1834), secondo il quale poiché la popolazione ha un incremento esponenziale, mentre la produzione di alimenti ha una crescita lineare, ben presto la popolazione non potrà più crescere ulteriormente, in quanto verrebbero a mancare gli alimenti (la capacità di carico sarà raggiunta). Malthus 400 350 Risorse, Popolazione 300 250 200 150 100 50 0 0 5 10 15 20 Tempo Popolazione Risorse Infatti, nonostante l’aumento di popolazione potrebbe significare un aumento di forza lavoro e dunque una messa a colture di maggiori quantità di terre, in realtà – per la teoria dei rendimenti decrescenti – un aumento di uno dei fattori della produzione (in questo caso, il lavoro) non dà un aumento proporzionale della produzione, anche perché – nel caso delle risorse alimentari – avendo bisogno di produrre più di quanto si produca normalmente, si mettono a coltura terre marginali con scarsa fertilità. Per evitare un collasso di proporzioni disastrose, bisogna limitare l’incremento della popolazione, secondo il massimo carico possibile, e far assumere alla popolazione la forma a “S” della curva logistica. In caso contrario, dice ancora Malthus, sarà la Provvidenza a fare in modo che venga riportato al punto di partenza il livello di popolazione, attraverso “guerre, vizio, indigenza,…”. La teoria malthusiana funziona con la popolazione nello stesso modo in cui un termostato funziona per la regolazione della temperatura. Come il termostato, il demostato malthusiano regola la quantità di popolazione in base alla presenza di sottopopolazione o sovrapopolazione. Malthus, più che su previsioni di lungo periodo, si basava su dati relativi a brevi periodi e a situazioni locali (carestie, ecc.). Nel lungo le teorie di Malthus sono state confutate dal fatto che la popolazione continui a crescere, nonostante alcune flessioni cicliche. Ciò è potuto accadere perché Malthus non ha tenuto conto dello sviluppo tecnologico, che ha, di volta in volta, traslato in alto la capacità di carico, ossia aumentato la soglia critica di popolamento. In altre parole, vi è una maggiore efficienza del modo di trarre sostentamento dall’ambiente. La teoria malthusiana viene dunque rifiutata sulla base di una fiducia nello sviluppo della tecnologia (tecnocentrismo), sulle capacità dell’uomo di trovare soluzioni ai problemi della sovrapopolazione (antropocentrismo) e sulla sostituibilità delle risorse naturali con quelle prodotte dall’uomo. Nel 1972 un gruppo di studiosi del MIT su commissione del Club di Roma pubblicò uno studio sui limiti dello sviluppo. Utilizzando un approccio sistemico, gli studiosi del MIT presero in considerazione cinque variabili: popolazione; produzione industriale pro capite; produzione alimentare pro capite; risorse naturali; inquinamento. Il risultato finale di tale ricerca mostrò come, agli attuali tassi di crescita della popolazione, dell’inquinamento, della produzione di alimenti e industriale, e di decremento delle risorse, si sarebbe avuto, entro il primo cinquantennio del XXI secolo, un repentino calo degli alimenti pro capite e della produzione industriale, nonché un più veloce calo delle risorse naturali; la popolazione e l’inquinamento avrebbero continuato a crescere, secondo il loro andamento esponenziale, ancora qualche decennio per poi calare bruscamente. Gli Autori (Meadows D.A. et al.) scrissero pure che: “È possibile modificare questa linea di sviluppo e determinare una condizione di stabilità ecologica ed economica in grado di protrarsi nel futuro. La condizione di equilibrio globale potrebbe essere definita in modo tale che venissero soddisfatti i bisogni materiali degli abitanti della Terra e che ognuno avesse le stesse opportunità di realizzare compiutamente il proprio potenziale umano”. Nel 1992 gli Autori hanno proposto un primo aggiornamento di quel Rapporto dal titolo “Oltre i limiti dello sviluppo”. Essi adottano il concetto di sviluppo sostenibile, ma ne danno una interpretazione in cui vengono riproposti limiti assoluti allo sfruttamento delle risorse e alla crescita economica, affermando che la situazione attuale è insostenibile, proprio perché tali limiti sono costantemente superati. I ricercatori del MIT dicono che sono tre i modi principali per rispondere a un segnale di superamento dei limiti di sostenibilità: ignorare il problema o scaricarlo sugli altri; alleviare le pressioni mediante artifici tecnici o economici che non modificano le cause sottostanti; fare un passo indietro e cambiare la struttura del sistema socioeconomico umano. Ancora una volta gli Autori ribadiscono che sostenibilità non significa che non vi debba essere alcuna crescita economica, ma essa dovrebbe essere indirizzata per il prioritario sviluppo di quanti ne hanno più bisogno, ridistribuendo le ricchezze e contenendo il consumo di risorse e le emissioni di sostanze inquinanti dei più ricchi. Nel 2004 vi è stato un nuovo aggiornamento, “I nuovi limiti dello sviluppo”, in cui gli autori sostengono, in sintesi, che si deve accettare l'idea della finitezza della Terra, che è necessario intraprendere più azioni coordinate per gestire tale finitezza, che gli effetti negativi dei limiti dello sviluppo rischiano di diventare tanto più pesanti quanto più tardi si agirà. Essi prospettano quindi una rivoluzione sostenibile: di lunga durata come le precedenti, per nulla simile a cambiamenti repentini come la rivoluzione francese, in grado di dare nuove risposte al problema millenario della vita umana sulla Terra. Notano, tuttavia, che la rivoluzione sostenibile dovrà essere accompagnata ben più delle precedenti dalla consapevolezza della sua necessità e degli obiettivi di massima da raggiungere. Una società sostenibile, dicono, deve anche essere una società solidale e con diseguaglianze contenute: ricchezze eccessive inducono comunque un consumo sostenuto delle risorse naturali ed un crescente inquinamento, mentre una povertà diffusa esporrebbe il pianeta al peso insostenibile di una crescita esponenziale della popolazione. Gli autori rifiutano l'obiezione secondo la quale la tecnologia ed i meccanismi automatici del mercato sono sufficienti ad evitare il collasso del sistema. Propongono al riguardo l'esempio della pesca: lo sfruttamento sempre più intenso di una risorsa naturale di per sé rinnovabile ha condotto al depauperamento della fauna ittica, al punto che il prodotto della pesca comincia a diminuire. La tecnologia ha reso la pesca sempre più aggressiva (sonar, individuazione di branchi tramite satelliti, ecc.), il mercato ha reagito alla scarsità aumentando il prezzo, trasformando così un alimento per poveri in un alimento per ricchi. La piramide demografica La piramide demografica è un particolare diagramma a barre, che ci permette di visualizzare la struttura della popolazione in base alle classi di età di cui è composta e il genere. Speranza di vita alla nascita M+F MACROAREE 1950-1955 1960-1965 1970-1975 1980-1985 1990-1995 2000-2005 2010-2015 2015-2020 MONDO 46,96 51,18 58,09 62,07 64,56 67,05 70,88 72,28 AFRICA 37,49 42,45 46,61 50,74 51,93 53,53 60,25 62,66 ASIA 42,30 46,49 56,38 61,45 64,98 68,33 71,83 73,28 EUROPA 63,69 69,21 70,62 71,66 72,67 73,80 77,18 78,33 AMERICA LATINA E CARIBI 51,40 56,79 61,23 65,29 68,96 72,25 74,44 75,24 NORD AMERICA 68,71 70,20 71,56 74,51 75,85 77,42 79,23 79,15 OCEANIA 59,09 63,40 66,27 69,89 72,58 74,91 77,35 78,44 Speranza di vita alla nascita Maschi MACROAREE 1950-1955 1960-1965 1970-1975 1980-1985 1990-1995 2000-2005 2010-2015 2015-2020 MONDO 45,49 49,55 56,17 59,85 62,24 64,81 68,53 69,92 AFRICA 36,28 41,13 45,19 49,23 50,17 51,96 58,58 60,90 ASIA 41,48 45,62 55,31 59,99 63,35 66,65 69,80 71,20 EUROPA 60,99 66,03 66,89 67,57 68,46 69,61 73,60 74,95 AMERICA LATINA E CARIBI 49,69 54,74 58,80 62,40 65,83 69,01 71,19 72,02 NORD AMERICA 65,91 66,94 67,86 70,92 72,46 74,80 76,83 76,69 OCEANIA 56,98 60,91 63,47 66,91 69,87 72,59 75,36 76,46 Speranza di vita alla nascita Femmine MACROAREE 1950-1955 1960-1965 1970-1975 1980-1985 1990-1995 2000-2005 2010-2015 2015-2020 MONDO 48,49 52,86 60,02 64,35 66,98 69,36 73,31 74,72 AFRICA 38,75 43,81 48,07 52,29 53,75 55,13 61,93 64,44 ASIA 43,20 47,43 57,49 63,00 66,74 70,12 74,01 75,49 EUROPA 66,16 72,09 74,10 75,58 76,87 78,08 80,71 81,63 AMERICA LATINA E CARIBI 53,21 58,94 63,77 68,32 72,20 75,55 77,71 78,49 NORD AMERICA 71,81 73,72 75,47 78,11 79,19 79,96 81,58 81,63 OCEANIA 61,49 66,16 69,32 73,02 75,36 77,23 79,38 80,45 Speranza di vita alla nascita M+F MACROAREE 2030-2035 2040-2045 2050-2055 2060-2065 2070-2075 2080-2085 2090-2095 2095-2100 MONDO 74,79 76,15 77,35 78,41 79,39 80,31 81,24 81,70 AFRICA 66,65 68,73 70,47 71,96 73,26 74,46 75,64 76,23 ASIA 75,83 77,23 78,52 79,70 80,84 81,97 83,14 83,73 EUROPA 80,61 82,01 83,31 84,57 85,87 87,11 88,22 88,78 AMERICA LATINA E CARIBI 77,97 79,67 81,26 82,70 83,99 85,17 86,27 86,81 NORD AMERICA 81,32 82,75 84,08 85,25 86,34 87,37 88,41 88,92 OCEANIA 80,50 81,53 82,46 83,35 84,20 85,11 86,12 86,64 Speranza di vita alla nascita Maschi MACROAREE 2030-2035 2040-2045 2050-2055 2060-2065 2070-2075 2080-2085 2090-2095 2095-2100 MONDO 72,45 73,86 75,14 76,29 77,34 78,33 79,31 79,81 AFRICA 64,66 66,61 68,23 69,64 70,92 72,12 73,33 73,94 ASIA 73,70 75,14 76,54 77,86 79,13 80,38 81,65 82,29 EUROPA 77,64 79,24 80,69 82,13 83,58 84,89 86,07 86,64 AMERICA LATINA E CARIBI 75,05 77,02 78,94 80,65 82,12 83,40 84,56 85,11 NORD AMERICA 79,21 80,92 82,48 83,76 84,86 85,88 86,91 87,41 OCEANIA 78,55 79,54 80,44 81,30 82,13 83,04 84,07 84,60 Speranza di vita alla nascita Femmine MACROAREE 2030-2035 2040-2045 2050-2055 2060-2065 2070-2075 2080-2085 2090-2095 2095-2100 MONDO 77,21 78,53 79,66 80,64 81,54 82,41 83,27 83,69 AFRICA 68,67 70,91 72,78 74,34 75,68 76,88 78,02 78,58 ASIA 78,09 79,44 80,61 81,66 82,67 83,69 84,73 85,26 EUROPA 83,54 84,77 85,94 87,04 88,20 89,38 90,44 90,96 AMERICA LATINA E CARIBI 80,88 82,27 83,55 84,73 85,85 86,95 88,02 88,55 NORD AMERICA 83,44 84,59 85,69 86,78 87,85 88,91 89,95 90,48 OCEANIA 82,50 83,55 84,52 85,45 86,34 87,24 88,24 88,73 Paesi con maggiore speranza di vita M+F Età media Paese 1950-1955 1985-1990 2015-2020 2020 Cina, Hong Kong 63,15 76,96 84,63 44,79 Giappone 62,80 78,53 84,43 48,36 Cina, Macao 60,98 76,54 84,04 39,27 Svizzera 69,34 77,23 83,56 43,05 Singapore 60,23 74,93 83,39 42,23 Spagna 64,59 76,86 83,36 44,86 Italia 66,52 76,38 83,28 47,29 Australia 69,39 76,19 83,20 37,88 Isole del Canale 69,23 74,94 82,84 42,55 Islanda 72,24 77,61 82,77 37,49 Paesi con minore speranza di vita M+F Età media Paese 1950-1955 1985-1990 2015-2020 2020 Repubblica Centroafricana 32,74 49,64 52,67 17,61 Lesotho 45,00 59,81 53,51 24,01 Ciad 36,06 46,73 53,80 16,55 Sierra Leone 28,79 39,72 54,07 19,40 Nigeria 33,81 45,95 54,18 18,06 Somalia 33,99 46,38 56,94 16,68 Costa d'Avorio 30,17 53,32 57,25 18,85 Sud Sudan 27,93 41,81 57,43 19,04 Guinea-Bissau 35,59 46,30 57,82 18,83 Guinea Equatoriale 33,96 47,70 58,25 22,34 Università “G. d’Annunzio” - Chieti-Pescara Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne Fabrizio Ferrari Geografia della popolazione (III) The UN Migration Agency (IOM) defines a migrant as any person who is moving or has moved across an international border or within a State away from his/her habitual place of residence, regardless of (1) the person’s legal status; (2) whether the movement is voluntary or involuntary; (3) what the causes for the movement are; or (4) what the length of the stay is. I movimenti migratori influiscono sulla consistenza numerica e sulla distribuzione territoriale dei gruppi umani. Li si potrebbe classificare in base all’entità: emigrazioni di massa; emigrazioni per infiltrazione. Un’altra possibile classificazione riguarda i moventi: migrazione spontanea; migrazioni organizzate; migrazioni coatte. Infine, un’altra classificazione attiene alla durata: migrazioni permanenti; migrazioni temporanee; spostamenti pendolari residenza-luogo di studio o di lavoro. Migrazioni di popoli Agli spostamenti di gruppi umani più o meno compatti, o addirittura di interi popoli, si devono imputare i grandi incroci, le sovrapposizioni e interposizioni di gruppi etnici in tutti i continenti e particolarmente nell’Eurasia in epoca remota. Migrazione degli Indoeuropei o Ariani dall’altopiano iranico. Colonizzazione dei Greci e dei Romani. Migrazioni germaniche e celtiche. Conquista araba. Invasione dei “popoli cavalieri” uralo-altaici. Nell’età moderna dopo la scoperta dell’America e dell’Australia, le grandi migrazioni avvennero per via di mare e iniziò, con l’estendersi dello sfruttamento coloniale, anche la migrazione coatta di popolazione africana (in particolare dal Golfo di Guinea fino all’Angola), ossia la tratta degli schiavi. Essa fu avviata dai Portoghesi fin dalla metà del Quattrocento per fornire manodopera alla madrepatria, mai poi assunse proporzioni enormi, trasferendo forzatamente nelle colonie americane, prevalentemente giovani uomini da adibire nelle piantagioni. Vi sono molti esodi forzati causati da motivazioni di ordine politico, etnico e religioso. La “geografia dello sradicamento” include soprattutto i rifugiati, ossia coloro che abbandonano il proprio luogo di origine per situazioni problematiche. L’UNHCR e altre agenzie distinguono tra rifugiati internazionali, che hanno attraversato uno o più confini nel corso del viaggio e si sono accampati in un Paese diverso dal proprio, e rifugiati intranazionali, che hanno abbandonato la propria casa, ma non il proprio Paese. Inoltre, si possono avere rifugiati permanenti e rifugiati temporanei. Refugees are people who have fled war, violence, conflict or persecution and have crossed an international border to find safety in another country. They often have had to flee with little more than the clothes on their back, leaving behind homes, possessions, jobs and loved ones. Refugees are defined and protected in international law. The 1951 Refugee Convention is a key legal document and defines a refugee as: “someone who is unable or unwilling to return to their country of origin owing to a well-founded fear of being persecuted for reasons of race, religion, nationality, membership of a particular social group, or political opinion.” I rifugiati presentano almeno tre caratteristiche, che si trovano singolarmente o insieme: la maggioranza si sposta senza avere alcuna proprietà tangibile oltre a quella che è in grado di portare con sé; la maggioranza percorre il primo tratto con mezzi di trasporto non tecnologici (a piedi, con carri, ecc.); i rifugiati si spostano senza documenti ufficiali che accompagnano le migrazioni regolari. Refugees are forced to flee because of a threat of persecution and because they lack the protection of their own country. A migrant, in comparison, may leave his or her country for many reasons that are not related to persecution, such as for the purposes of employment, family reunification or study. A migrant continues to enjoy the protection of his or her own government, even when abroad. Paese 2022 2023 Syrian Arab Rep. 6.559.736 6.494.141 Afghanistan 5.661.717 6.110.219 Ukraine 5.684.177 5.865.447 South Sudan 2.295.082 2.227.684 Myanmar 1.251.618 1.266.022 Sudan 837.188 1.027.070 Dem. Rep. of the Congo 932.680 948.417 Somalia 786.794 814.561 Central African Rep. 748.344 750.875 Eritrea 512.674 537.161 Nigeria 391.120 381.149 Iraq 287.446 330.667 Burundi 320.702 323.487 Venezuela (Bolivarian Republic of) 230.393 300.759 Rwanda 249.753 249.543 Mali 225.726 233.188 I profughi ambientali Lo spostamento delle comunità come risultato dei cambiamenti ambientali non è un fenomeno nuovo. Nella storia della vita umana, le persone si sono da sempre spostate per andare alla ricerca di un luogo più adatto alla vita. A differenza del passato, però, la continua crescita dell’impatto dei cambiamenti climatici, sta costringendo intere popolazioni ad abbandonare le proprie case, per non farne più ritorno. Questi prendono il nome di migranti ambientali. Termini e concetti inerenti questo tema sono stati ripresi dalla letteratura, ma cercando di dare una definizione, possiamo dire secondo l’OIM (Organizzazione internazionale delle migrazioni) che i migranti ambientali sono: persone o gruppi di persone che, per pressanti ragioni di un cambiamento ambientale improvviso o graduale che influisce negativamente sulle loro vite o sulle loro condizioni di vita, sono costretti a lasciare le loro dimore abituali o scelgono di farlo, temporaneamente o per sempre, e che si spostano sia all’interno del loro paese che oltre confine I profughi ambientali / 2 i cambiamenti climatici contribuiscono senz’altro alla crescita sempre maggiore delle migrazioni; ma per poter parlare di questo tema, bisogna innanzitutto fare una distinzione tra eventi a rapida e lenta insorgenza, e soprattutto evidenziare i fattori critici che li caratterizzano quali: la natura del pericolo in questione, gli effetti del disastro, la percezione delle persone riguardo il cambiamento e la capacità di adattamento e la mitigazione del rischio. I pericoli che si presentano all’improvviso o la cui presenza non può essere facilmente prevista in anticipo, come terremoti, cicloni, tempeste, frane, valanghe, incendi, inondazioni ed eruzioni vulcaniche sono solitamente classificati come “rapid-onset disaster” o disastri a rapida insorgenza. Altri cambiamenti ambientali invece i cui risultati catastrofici si evincono dopo mesi e a volte anni, come la siccità, la deforestazione, le carestie e l’inquinamento, vengono classificati come “slow-onset disaster” o disastri a lenta insorgenza I profughi ambientali / 3 I rapid-onset disaster sono spesso il prodotto dei slow-onset disaster e dell’attività umana. La presenza di tali disastri ambientali, è dovuta principalmente alla cattiva gestione delle risorse naturali e alla distruzione dell’ecosistema da parte dell’uomo. Basti pensare ad esempio, alla rimozione di alberi o vegetazione in generale (al fine di cementificazione o altre attività commerciali), che può creare condizioni nella quale l’acqua non più trattenuta nel terreno, può provocare inondazioni e frane. Sia in caso di disastri a rapida insorgenza che di disastri a lenta insorgenza gli effetti possono essere tragici, a partire dalla distruzione di beni e mezzi di sussistenza, perdite economiche, agli scompensi sociali e psicologici e alla perdita di vite umane. Naturalmente sia gli eventi improvvisi, sia i processi graduali, possono spingere le persone a migrare. I profughi ambientali / 4 Nel 1985 il ricercatore egiziano Essam El-Hinnawi, autore di vari rapporti UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), ha fornito per la prima volta dei criteri distintivi per i rifugiati ambienti, distinguendone tre tipi: 1. Gli individui che si spostano temporaneamente a causa di stress ambientali, ma successivamente fanno ritorno nei luoghi di provenienza per iniziarvi la ricostruzione; 2. Gli individui che si spostano in maniera permanente e vengono ricollocati in altre aree. Questi tipi di rifugiati subiscono l’effetto dei grandi progetti di sviluppo (come le grandi dighe) e dei disastri naturali; 3. Gli individui che si spostano permanentemente perché non possono essere sostenuti dalle risorse delle loro terre a causa del degrado ambientale. I profughi ambientali secondo la classificazione di Bates Le guerre e le modificazioni di confini politici hanno sempre portato, come immediata conseguenza, esodi e trasferimenti tumultuosi di gruppi umani. Importante fu la nuova definizione dei confini dopo la Seconda Guerra Mondiale. Altri esempi: la guerra greco-turca; la scissione dell’India e del Pakistan; la costituzione dello Stato di Israele. Se le migrazioni di popoli e gli esodi coatti hanno avuto un’importanza notevole nelle variazioni del mosaico etnico di vasti territori, i movimenti di colonizzazione hanno contribuito all’espansione umana sulla Terra. Nell’età moderna l’Europa avvia un processo di progressiva “europeizzazione” dell’America e dell’Australia. Le cause che spingevano gli emigrati non erano sempre le stesse. Nella maggior parte vi era un eccesso di popolazione nel Paese natale; a ciò si aggiunga l’aleatorietà dell’economia agricola con ricorrenti carestie; infine, molti gruppi erano spinti da motivi religiosi o ideologici, vedendo il Nuovo Mondo come un luogo dove poter realizzare le proprie concezioni spesso utopiche. Fattore importante per la migrazione negli Stati Uniti fu per esempio l’abolizione della schiavitù, con l’impiego progressivo di manodopera europea. Anche il miglioramento dei trasporti marittimi (navi a vapore) contribuì notevolmente all’immigrazione nel Nord America. Si può distinguere una vecchia emigrazione dall’Europa del Nord e dell’Ovest, con una nuova emigrazione (a cavallo dell’inizio del Novecento) con protagonisti Europei del Sud e dell’Est. La prima guerra mondiale pose fine alla emigrazione di massa nordatlantica. Migrazioni interne La mobilità della popolazione all’interno di un territorio nazionale è quasi sempre connessa a incentivi di ordine economico e sociale. Le migrazioni interne rispondono ai bisogni dell’organizzazione del territorio nazionale. A seconda dello stadio di evoluzione demografica ed economica delle diverse parti del Paese, la ricerca di un equilibrio può comportare lo spostamento di famiglie da aree sovrapopolate verso zone da bonificare e colonizzare, l’abbandono delle montagne povere e delle campagne arretrate per aree più progredite; il fenomeno dell’inurbamento,… Migrazioni temporanee Nomadismo, transumanza, alpeggio. Migrazioni stagionali; Pendolarismo (movimenti giornalieri). Università “G. d’Annunzio” - Chieti-Pescara Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne Fabrizio Ferrari Geografia Urbana. Concetti e prospettive Le città si formano quando si realizzano alcune condizioni sociali, politiche e soprattutto materiali a ciò favorevoli. Esiste in primo luogo un fattore alimentare che alle origini limita non poco il formarsi di aggregazioni di tipo urbano. Nutrire una popolazione fortemente concentrata è possibile solo disponendo di riserve di cibo consistenti, trasferibili, accumulabili e conservabili. Esiste però anche una condizione politica non trascurabile: la città deve poter esercitare una forma di egemonia sulle campagne, poiché queste non avrebbero interesse a rifornirla spontaneamente. Complementare a ciò è l’esistenza di una rete di comunicazioni, centrata sulla città, efficiente e adatta anche a trasporti di grandi dimensioni. Il processo di formazione di una città viene denominato sinecismo (dal greco syn- oikismos=elezione di un domicilio comune). Esempi nell’antichità sono quelli egizi, mesopotamici, etruschi, fino all’antica Roma. Se il sinecismo si pone all’origine della formazione della città, in termini materiali o quanto meno politici e amministrativi, la crescita degli agglomerati urbani e il loro mantenimento nel tempo possono dipendere da cause anche totalmente estranee rispetto alle motivazioni iniziali. Si parla allora di “inerzia urbana” per sottolineare un fenomeno abbastanza consueto: quando una città ha preso a esistere si comporta come un essere vivente, nel senso che diventa capace di rinnovare continuamente le sue cellule pur conservando e ripetendo certi caratteri originari. L’inerzia urbana non è stasi ma moto uniforme o uniformemente accelerato. Una delle caratteristiche pressoché costanti di un organismo urbano è la necessità di rinnovarsi dal di dentro. Per questa ragione si usa dire che la città è un palinsesto. Molto raramente infatti una città è monofunzionale: anche quando nasce con queste caratteristiche ben presto si modifica in senso polifunzionale e, se non lo fa, spesso muore. Quello che viene chiamato dai sociologi “effetto città” agisce in ogni epoca della storia urbana. La necessità degli abitanti richiamano il formarsi di servizi i quali traggono a loro volta vantaggio dal fatto di trovarsi inseriti in una vasta aggregazione di persone che li richiedono. La vicinanza dei servizi è un vantaggio cui nessuno rinuncia facilmente. Si creano anzi, in corrispondenza delle aree che ne sono meglio dotate e quindi di regola in corrispondenza dei centri cittadini, rendite di posizione che favoriscono in termini finanziari il recupero degli spazi già edificati e il rinnovo dei vecchi fabbricati rispetto alla costruzione di nuovi fabbricati in aree periferiche. In prima approssimazione la città si distingue per due caratteri, entrambi quantitativi: la concentrazione, ossia la densità sia del costruito sia demografica; la dimensione, ossia il livello di espansione fisica. Se si passa dalla definizione di città come singola municipalità a definizioni più elaborate, che considerano i casi in cui più municipalità contigue formano tutte insieme un’unica grande area urbana o “città estesa”, i confini e il concetto di di città diventano più incerti. L’espandersi della città nella campagna circostante, fino a inglobare altre municipalità e a connettersi e fondersi tra loro in un continuo urbanizzato, inizia con la città industriale moderna nelle forme della conurbazione. Quando invece si ha espansione a macchia d’olio di un centro urbano che ingloba progressivamente i comuni rurali limitrofi si parla di agglomerazione (in senso stretto); si dice suburbanizzazione la conseguente crescita di sempre più vaste “corone periferiche” urbanizzate. AMERICA NORD Anni MONDO AFRICA ASIA EUROPA LATINA AMERICA OCEANIA 1950 750.903 32.659 246.193 284.085 69.759 110.300 7.906 1955 877.009 41.419 298.617 314.448 87.570 125.775 9.179 1960 1.023.846 53.008 360.171 347.600 109.282 143.199 10.585 1965 1.188.469 66.349 433.190 383.312 135.508 158.066 12.045 1970 1.354.215 82.637 507.089 415.016 165.056 170.582 13.834 1975 1.538.625 103.199 598.731 444.004 198.384 179.056 15.252 1980 1.754.201 128.616 716.919 469.100 235.161 188.089 16.316 1985 2.007.939 160.722 868.118 487.686 274.583 199.262 17.569 1990 2.290.228 200.111 1.039.594 504.665 315.343 211.475 19.041 1995 2.575.505 241.824 1.215.521 513.345 356.407 228.136 20.272 2000 2.868.308 285.998 1.399.722 516.725 397.062 247.471 21.329 2005 3.215.906 341.034 1.631.489 525.432 433.253 261.880 22.818 2010 3.594.868 408.587 1.877.015 537.673 469.583 277.070 24.941 2015 3.981.498 491.531 2.119.873 547.147 505.392 290.616 26.938 2020 4.378.994 587.738 2.361.464 556.684 539.427 304.761 28.919 2025 4.774.646 698.149 2.589.655 565.026 571.254 319.702 30.860 2030 5.167.258 824.014 2.802.262 572.890 600.480 334.780 32.831 2035 5.555.833 966.330 2.998.511 580.282 626.673 349.205 34.832 2040 5.938.249 1.125.162 3.176.509 587.459 649.622 362.604 36.895 2045 6.312.545 1.299.953 3.335.589 593.911 669.131 374.948 39.012 2050 6.679.756 1.488.920 3.479.059 598.857 685.070 386.690 41.160 AMERICA NORD Anni MONDO AFRICA ASIA EUROPA LATINA AMERICA OCEANIA 1950 29,6 14,3 17,5 51,7 41,3 63,9 62,5 1955 31,6 16,3 19,3 54,5 45,3 67,0 64,7 1960 33,8 18,6 21,2 57,4 49,4 69,9 66,9 1965 35,6 20,6 22,9 60,3 53,5 72,0 68,5 1970 36,6 22,6 23,7 63,1 57,3 73,8 70,2 1975 37,7 24,7 25,0 65,5 61,0 73,8 70,9 1980 39,3 26,8 27,1 67,6 64,6 73,9 70,9 1985 41,2 29,1 29,8 68,9 67,8 74,7 70,5 1990 43,0 31,5 32,3 69,9 70,7 75,4 70,3 1995 44,8 33,5 34,8 70,5 73,2 77,3 69,5 2000 46,7 35,0 37,5 71,1 75,5 79,1 68,3 2005 49,2 36,9 41,2 71,9 77,1 80,0 68,0 2010 51,7 38,9 44,8 72,9 78,6 80,8 68,1 2015 53,9 41,2 48,0 73,9 79,9 81,6 68,1 2020 56,2 43,5 51,1 74,9 81,2 82,6 68,2 2025 58,3 45,9 54,0 76,1 82,4 83,6 68,5 2030 60,4 48,4 56,7 77,5 83,6 84,7 68,9 2035 62,5 50,9 59,2 79,0 84,7 85,8 69,4 2040 64,5 53,6 61,6 80,6 85,8 86,9 70,2 2045 66,4 56,2 63,9 82,2 86,9 88,0 71,1 2050 68,4 58,9 66,2 83,7 87,8 89,0 72,1 1950 Rango Nome Popolazione 1 New York-Newark 12.338.471 2 Tokyo 11.274.641 3 London 8.360.847 4 Kinki M.M.A. (Osaka) 7.005.284 5 Paris 6.283.018 6 Moskva (Moscow) 5.356.392 7 Buenos Aires 5.166.140 8 Chicago 4.999.060 9 Kolkata (Calcutta) 4.604.143 10 Shanghai 4.288.091 11 Los Angeles-Long Beach-Santa Ana 4.045.514 12 Ciudad de México (Mexico City) 3.365.081 13 Berlin 3.337.621 14 Philadelphia 3.127.806 15 Mumbai (Bombay) 3.088.811 16 Rio de Janeiro 3.026.195 17 Sankt Peterburg (Saint Petersburg) 2.902.789 18 Detroit 2.769.254 19 Boston 2.550.818 20 Al-Qahirah (Cairo) 2.493.514 21 Tianjin 2.467.096 22 Manchester 2.422.246 23 São Paulo 2.334.038 24 Chukyo M.M.A. (Nagoya) 2.236.878 25 Birmingham (West Midlands) 2.228.915 26 Shenyang 2.147.522 27 Roma (Rome) 1.884.065 28 Milano (Milan) 1.883.420 29 San Francisco-Oakland 1.855.207 30 Barcelona 1.809.390 1980 Rango Nome Popolazione 1 Tokyo 28.548.512 2 Kinki M.M.A. (Osaka) 17.027.547 3 New York-Newark 15.601.401 4 Ciudad de México (Mexico City) 13.027.620 5 São Paulo 12.089.454 6 Buenos Aires 9.919.781 7 Los Angeles-Long Beach-Santa Ana 9.511.568 8 Mumbai (Bombay) 9.199.543 9 Kolkata (Calcutta) 9.100.166 10 Rio de Janeiro 8.783.870 11 Paris 8.669.349 12 Seoul 8.244.352 13 Moskva (Moscow) 8.136.141 14 Chukyo M.M.A. (Nagoya) 7.777.328 15 Al-Qahirah (Cairo) 7.348.778 16 Chicago 7.216.190 17 London 6.751.196 18 Jakarta 5.984.256 19 Manila 5.954.719 20 Shanghai 5.927.898 21 Delhi 5.587.014 22 Beijing 5.366.372 23 Tehran 5.079.191 24 Karachi 5.047.815 25 Kitakyushu-Fukuoka M.M.A. 4.725.626 26 Krung Thep (Bangkok) 4.723.143 27 Sankt Peterburg (Saint Petersburg) 4.644.717 28 Philadelphia 4.540.082 29 Hong Kong 4.496.588 30 Lima 4.437.754 2020 Rango Nome Popolazione 1 Tokyo 37.393.129 2 Delhi 30.290.936 3 Shanghai 27.058.479 4 São Paulo 22.043.028 5 Ciudad de México (Mexico City) 21.782.378 6 Dhaka 21.005.860 7 Al-Qahirah (Cairo) 20.900.604 8 Beijing 20.462.610 9 Mumbai (Bombay) 20.411.274 10 Kinki M.M.A. (Osaka) 19.165.340 11 New York-Newark 18.803.552 12 Karachi 16.093.786 13 Chongqing 15.872.179 14 Istanbul 15.190.336 15 Buenos Aires 15.153.729 16 Kolkata (Calcutta) 14.850.066 17 Lagos 14.368.332 18 Kinshasa 14.342.439 19 Manila 13.923.452 20 Tianjin 13.589.078 21 Rio de Janeiro 13.458.075 22 Guangzhou, Guangdong 13.301.532 23 Lahore 12.642.423 24 Moskva (Moscow) 12.537.954 25 Los Angeles-Long Beach-Santa Ana 12.446.597 26 Shenzhen 12.356.820 27 Bangalore 12.326.532 28 Paris 11.017.230 29 Bogotá 10.978.360 30 Chennai (Madras) 10.971.108 2035 Rango Nome Popolazione 1 Delhi 43.345.059 2 Tokyo 36.014.030 3 Shanghai 34.341.242 4 Dhaka 31.233.651 5 Al-Qahirah (Cairo) 28.504.351 6 Mumbai (Bombay) 27.342.819 7 Kinshasa 26.681.825 8 Ciudad de México (Mexico City) 25.414.624 9 Beijing 25.365.920 10 São Paulo 24.490.136 11 Lagos 24.418.768 12 Karachi 23.128.137 13 New York-Newark 20.817.170 14 Chongqing 20.531.266 15 Kolkata (Calcutta) 19.564.170 16 Lahore 19.116.605 17 Manila 18.649.422 18 Kinki M.M.A. (Osaka) 18.345.611 19 Bangalore 18.065.541 20 Istanbul 17.986.297 21 Buenos Aires 17.127.741 22 Guangzhou, Guangdong 16.740.973 23 Tianjin 16.445.898 24 Chennai (Madras) 15.375.797 25 Shenzhen 15.185.481 26 Rio de Janeiro 14.810.180 27 Luanda 14.495.112 28 Hyderabad 14.151.724 29 Los Angeles-Long Beach-Santa Ana 13.778.153 30 Jakarta 13.688.321 Le funzioni urbane Per funzione urbana si intende un’attività che risponde a esigenze sia interne che esterne alla città, e che in tal modo giustifica l’esistenza della città stessa come unità sociale organizzata nei suoi rapporti con più vaste entità regionali, statali, internazionali. La funzione complessiva della città può essere considerata quella di coordinare, regolare e controllare un ambito territoriale ben determinato, su cui si instaura una società molto ben delineata. Le classificazioni in uso nella geografia urbana combina due criteri: quello del tipo di attività e quello della loro portata o raggio d’azione territoriale. ordini di grandezza inferiori Livello territoriale Ambiti territoriali raggio (km) superficie (kmq) Unità di vicinato, quartiere o settore urbano, città, comune urbano, agglomerazione Micro-regionale 0,1 0,01 urbana, regione funzionale urbana, area metropolitana, comprensorio Provincia, Regione, aggregato Regionale 30 700 di Regioni, piccolo Stato Stato, insieme di più Stati, Macro-regionale grande regione continentale o 150 100.000 intercontinentale, pianeta Livello territoriale Livello territoriale Micro-regionale Regionale Macro-regionale 1 Culturale Elaborazione, Centri di elaborazione conservazione e Istruzione primaria e Compagnia teatrale, artistica, grandi Università, trasformazione di secondaria, museo locale Università festival internazionali informazioni Religione Luoghi di culto a diverso raggio Istituti di ricerca, grandi Ricerca scientifica e - - Università e politecnici, tecnologica grandi ospedali network televisivo nazionale quotidiano a diffusione Mass media, editoria TV locale e internazionale, grande regionale editoria Livello territoriale Livello territoriale Micro-regionale Regionale Macro-regionale 2 Direzionale Governo nazionale, Governo e amministrazione Amministrazione provinciale Amministrazione municipale organizzazioni internazionali, pubblica o regionale ambasciate Sedi locali, regionali e nazionali di partiti politici, sindacali, associazioni di categoria e Apparati politici e sindacali professionali Difesa Polizia locale Comando territoriale Basi aeree e navali Sedi centrali delle grandi banche, società di Credito, assicurazioni e Agenzie locali Agenzie regionali assicurazione e immobiliari, servizi finanziari Borsa valori e servizi connessi Direzione di piccole e medie Direzione e gestione delle Uffici direzionali di grandi - imprese, uffici decentrati di imprese e servizi connessi imprese, Ricerca e Sviluppo grandi imprese Livello territoriale Livello territoriale Micro-regionale Regionale Macro-regionale 3 Produttiva Impianti di grandi imprese Artigianato, Piccole e Medie Imprese con mercato dei Industria manifatturiera esportatrici, Piccole e Medie prodotti da locale a regionale Imprese innovative Domanda (imprese) e offerta (famiglie) di lavoro entro i Domanda e offerta di lavoro Mercato del lavoro urbano raggi di pendolarità giornaliera altamente qualificato Livello territoriale Livello territoriale Micro-regionale Regionale Macro-regionale 4 Distributiva Azienda trasporti urbani, Aeroporto internazionale, stazione ferroviaria, reti Trasporti Aeroporti (di breve raggio) grande porto e servizi locali di distribuzione di connessi energia, gas Nodi di comunicazione Telecomunicazioni Nodi locali e regionali di reti telefoniche, telematiche, ecc. internazionali Commercio internazionale Imprese di import-export, - Mercati generali, grossisti e all'ingrosso Fiere, Mostre, ecc. Commercio al dettaglio e Commercio al dettaglio specializzato e non, mercato Offerta di beni e servizi rari servizi privati immobiliare locale, professionisti Servizi sanitari, Ambulatorio Ospedale regionale Ospedale specialistico assistenziali Turismo e tempo libero Palestre, discoteche, cinema Agenzie turistiche, alberghi, gestori di impianti Le funzioni della città non consistono tanto nella produzione di beni materiali, quanto in attività di per sé “immateriali”, che si situano a monte e a valle della fase propriamente produttiva. Anzi, quest’ultima, rappresentata dall’industria manifatturiera, può anche non essere presente nella città, ma è, in ogni caso, strettamente dipendente dalle funzioni della città. A monte della produzione troviamo infatti le funzioni culturali, direzionali e di servizio per le imprese e gli enti. A valle si situano le attività connesse con la distribuzione e il consumo dei beni prodotti. Fra le attività che si collocano a monte delle produzioni, quelle culturali e direzionali hanno un ruolo particolare e diverso da quelle di servizio, appartenenti al gruppo delle funzioni distributive. Esse non sono propriamente servizi, nel senso che non rispondono necessariamente a una “domanda”. Le funzioni di orientamento, direzione e gestione, che fin dall’inizio del fenomeno urbano hanno caratterizzato la città e ne sono state la principale ragione d’essere, vengono dette “quaternarie”, per distinguerle da quelle “terziarie” che sono le altre attività non direttamente produttive, rivolte a fornire servizi e a facilitare i consumi finali. Il prevalere sulla funzione “passiva” terziaria di quella “attiva” quaternaria è il criterio funzionale fondamentale che permette di distinguere il concetto funzionale di città da quello di metropoli. Se sono relativamente poche le città che presentano la gamma completa o quasi delle funzioni, sono ancora meno quelle che, oltre ad averle tutte, le esercitano a livello macro-regionale. Le poche metropoli o regioni metropolitane con raggio di influenza a scala planetaria vengono dette città mondiali o città globali. Le città, però, funzionano come sistemi aperti, che intrattengono con il resto del territorio interscambi di materia, energia, ecc. Esse inoltre sono collegate tra loro da analoghe interazioni e in questo senso si parla di reti urbane. Come infrastruttura connettiva territoriale la rete urbana svolge due azioni essenziali: la valorizzazione delle risorse locali; il miglioramento dell’efficienza delle interconnessioni con i circuiti nazionali e internazionali, individuando dei nodi e delle polarizzazioni. A partire dalle reti, dai sistemi territoriali urbani, si possono creare interconnessioni maggiori tra alcuni di essi, venendosi a creare un unico mega-sistema urbano, che possono essere definito megalopoli. Evoluzione della Megalopoli Megalopoli: conurbazione di più metropoli (già realizzata o in formazione) che dà vita a un continuum urbano, soprattutto lungo le più importanti vie di comunicazione BoWash (Boston – Washington) – studiata da Gottmann (1961), conurbazione costiera, mostra la tendenza alla piena conurbazione (pur con aree interstiziali) Fasi di sviluppo: – 1950-1970: crescita dei sobborghi: suburbanizzazione; – 1970-1990: crescita suburbana rallentata; edge cities, parchi industriali e commerciali fuori città; nuova crescita delle aree centrali – 1990-2000: ritorno al core. Gentrification; preferenza (residenziale, terziaria) per localizzazioni centrali; classe creativa; immigrazione, ristrutturazione economica e gentrification => più alto grado di non equità sociale ed economica. Spostamento di poveri e immigrati verso le vecchie aree suburbane interne. Crescita dei sobborghi, per funzioni specializzate (smart growth), una volta staccati dalla città, ora inglobati nella megalopoli. Sobborghi: industria e commercio(mall ecc.); Centro: servizi selezionati e finanziari Popolazione e crescita dell’area urbanizzata nella Megalopoli (1950 – 2000) Morrill R., Classic Map Revisited: The Growth of Megalopolis, The Professional Geographer, 58(2) 2006, pages 155–160 Le megalopoli nel mondo USA: – Chicago – Pittsburg – Santa Barbara – San Diego (30 milioni ab.) comprende Los Angeles, metropoli orizzontale a bassa densità dell’edificato Giappone: – Tokio - Osaka (25 milioni ab.) – Baia di Tokio (50 milioni ab.) Cina: – Pechino – Tientsin (megalopoli settentrionale) – Foce del Fiume Azzurro – Hangzhou Comprende Shangai Europa: – Londra – Milano: – Megalopoli renana; Banana Blu (Londra-Milano) – “Pentagono” (Londra, Parigi, Milano, Monaco, Amburgo) Lo studio geografico della forma urbana si dice spesso morfologia urbana. All’inizio del Ventesimo secolo Carl Sauer proponeva di considerare le località urbane come manifestazioni del rapporto tra società umane e paesaggi naturali. Per Sauer la cultura era il fattore, i paesaggi naturali il mezzo, la pianta e la struttura urbana le forme. Due concetti appaiono molto rilevanti: il sito; la situazione. Il sito si riferisce alle caratteristiche fisiche del terreno su cui la città è insediata, nonché alla sua ubicazione assoluta in termini di coordinate geografiche. Con situazione si indica l’ubicazione relativa, cioè la posizione di un insediamento rispetto alle caratteristiche fisiche e culturali delle aree circostanti. Le radici delle principali città moderne risalgono ad aggregazioni di case che hanno rappresentato ovunque la regola nella costituzione di un insediamento umano. Ancora oggi, nella maggior parte del mondo, chi vive in zone rurali risiede perlopiù in insediamenti formatisi attorno a un nucleo centrale, ovvero in villaggi o borghi piuttosto che in case disperse sul territorio o in fattorie isolate. La definizione geografica di “centro” è: “un agglomerato più o meno grande di case che sia un nucleo di vita socialmente organizzata, in modo da svolgere funzioni di interesse pubblico (amministrative, religiose, commerciali, culturali, ecc.) I villaggi sono centri rurali, cioè abitati da comunità essenzialmente contadine, la cui vita è imperniata sulla utilizzazione del suolo. Il metodo di analisi di Demangeon si fonda su tre aspetti fondamentali: il sito; l’origine; la forma. In pianura, l’elemento fisico da tener presente è l’acqua. I centri sono attratti dai corsi d’acqua; ma se questi sono instabili, allora cercano i luoghi un poco elevati (dossi, argini, ecc.). Il centro di ponte, nel punto di incrocio di un fiume con una strada, è generato dal congiunto richiamo dell’acqua e delle vie di comunicazioni. Il centro di confluenza sta nel cuneo delimitato da due fiumi confluenti, che costituiscono una buona difesa naturale. I centri di pianura lontani dai corsi di acqua sono in genere attratti dalle vie di comunicazione (centri di strada, centri di crocicchio). La necessità di vicinanza alle vie di comunicazione si è sentito soprattutto con l’evoluzione tecnologica dei mezzi di trasporto. Più si accentuano le forme del rilievo, più si hanno differenti tipologie di adattamento ad esso: 1) centri di fondovalle; 2) centri di pendio; 3) centri di ripiano o di terrazzo orografico; 4) centri di sommità o di poggio o di cocuzzolo; 5) centri di sella o di valico; 6) centri di sprone; 7) centri di dorsale. Tra i vari esempi paradigmatici di villaggi agricoli occorrono menzionare: il villaggio agglomerato (haufendorf), in cui le case, tutte dotate di un piccolo orto, sono disposte senza ordine attorno a uno spiazzo centrale: il villaggio rotondo (runddorf), in cui le case si dispongono ad anello a formare un compatto cerchio difensivo attorno ad uno spiazzo, mentre gli orti sono disposti verso l’esterno (tipico dell’agricoltura dell’openfield); il villaggio di strada (strassendorf), in cui le case sono allineate lungo una via di comunicazione con gli orti alle spalle. L’insediamento sparso sorge successivamente quando non ci sono più pericoli dall’esterno e si necessita di continue cure dei campi (sono tipici dei paesaggi del bocage) e della mezzadria. Quando si sviluppano commerci tra due o più insediamenti rurali, questi ultimi iniziano ad acquisire tratti fisici nuovi via via che i loro abitati intraprendono nuovi tipi di occupazione. I villaggi perdono così il carattere puramente sociale e residenziale tipico degli insediamenti fondati sull’agricoltura. Gli insediamenti non sono quasi più del tutto autosufficienti, ma diventano parte di un sistema di comunità. L’inizio del processo di urbanizzazione è visibile nei tipi di edifici che vengono eretti e nella maggiore importanza assunta dalle vie principali e dalle strade che conducono ad altri insediamenti. L’ubicazione di ciascun villaggio rispetto agli altri diventa rilevante man mano che gli insediamenti rurali un tempo autosufficienti si trasformano in cittadine dedite alle attività urbane e agli interscambi. Si viene a instaurare una gerarchia urbana, così schematizzabile: borgata rurale; villaggio; paese; città; metropoli; area metropolitana; megalopoli. I termini città e cittadina indicano insediamenti sviluppatisi attorno a un nucleo centrale, il Central Business District (CBD) di carattere multifunzionale, nel quale l’uso del territorio è sia residenziale che non residenziale. Le cittadine sono più piccole e hanno un grado di complessità funzionale inferiore alle città. Il termine sobborgo contraddistingue un’area secondaria, un segmento insediativo specializzato funzionalmente e appartenente a un complesso urbano più ampio. Il termine sobborgo contraddistingue un’area secondaria, un segmento insediativo specializzato funzionalmente. In genere il sobborgo non è autosufficiente, ma può rappresentare un’entità politico-amministrativa indipendente. Nel caso di grandi città comprendenti molti sobborghi, la parte dell’area urbana contenuta all’interno dei confini ufficiali del nucleo principale attorno al quale si sono sviluppati i sobborghi è comunemente denominata città centrale. Alcuni o la totalità di questi tipi urbani possono unirsi formando unitù paesaggistiche più grandi. Il termine area urbanizzata designa un paesaggio caratterizzato da edificazione continua, definito dalla densità di edifici e popolazione senza alcuni riferimento a confini amministrativi. Un’area metropolitana indica invece un’entità funzionale su larga scala, che può contenere molte aree urbanizzate, a edificazione discontinua ma comunque operanti come un insieme economico integrato. Quali sono le aree di maggiore densità all’interno della città? In teoria, l’ubicazione più interessante ed efficiente per tutte le funzioni e per i residenti di una città sarebbe quella in corrispondenza del punto che consente di realizzare il massimo livello di interscambio possibile. Ma una simile compresenza di attività è ovviamente impossibile. Pertanto, giacché i vari usi devono essere organizzati dal punto di vista spaziale, l’appetibilità di un lotto viene valutata in base alla sua accessibilità relativa rispetto a tutti gli altri usi del territorio urbano. Nella città centrale di sviluppo più antico le linee di trasporto pubblico, in linea di principio radiali, stabilivano gli elementi della struttura di uso del territorio urbano. Poiché quel sistema convergeva nel centro della città, a quest’ultimo corrispondeva il massimo livello di accessibilità e di appetibilità nonché, di conseguenza, il massimo valore del terreno nell’intera area edificata. Analogamente, i punti di incrocio delle vie di trasporto erano accessibili a segmenti più ampi della città di quanto non lo fossero le ubicazioni situate lungo le singole vie; queste ultime erano a loro volta più appetibili rispetto ai lotti meno vicini alle linee di trasporto radiali. La società, tuttavia, ritiene che alcune funzioni siano desiderabili indipendentemente dalla loro competitività sul piano economico; si presume, dunque, che a scuole, parchi ed edifici pubblici venga assegnato lo spazio necessario senza ricorrere al sistema dell’asta per l’aggiudicazione dei terreni. Per altri usi, gli spazi vengono assegnati dalle forze di mercato attraverso il sistema della competizione. Teoricamente, l’asta per l’assegnazione dei terreni dovrebbe produrre due modelli di decadimento con la distanza distinti ma interconnessi: l’uno relativo ai valori dei terreni e l’altro riferito alla densità di popolazione. Il tratto dominante è un generale declino dei prezzi rispetto all’aumentare della distanza rispetto all’ubicazione ottimale all’interno del CBD. I prezzi calano in modo brusco già a breve distanza lineare dal punto centrale; in seguito la curva di discesa dei prezzi si addolcisce man mano che ci si avvicina ai margini dell’area edificata. La curva della densità di popolazione evidenzia anche essa un andamento comparabile di decadimento con la distanza con un’importante eccezione, ossia una caduta in corrispondenza del centro, poiché di recente la popolazione tende a spostarsi verso l’esterno. Negli ultimi anni le amministrazioni municipali hanno preso alcune misure per contrastare la decadenza del centro cittadino, come la costruzione di nuovi appartamenti nella speranza di propiziare il ritorno dei residenti di classe media e alta. L’edilizia residenziale e non nei pressi del centro si è tradotta in architetture di forte impatto visivo con moderne comodità e in posizione privilegiata. Il risanamento delle aree centrali decadute prende il nome di gentrification (Glass, 1964). Per risanamento si intende il restauro delle abitazioni fatiscenti e spesso abbandonate del centro, situate in posizione favorevole per chi lavori nel quartiere commerciale centrale. Altre tipologie di progetto per la rinascita del centro sono legate allo sfruttamento commerciale, anche in chiave turistica, di una parte di esso. A partire dagli anni Venti, si provano a formulare dei modelli globali di utilizzazione del suolo urbano. I principali sono: il modello concentrico (Burgess, 1925) è costruito in base all’ipotesi che i valori del suolo urbano declinino regolarmente a partire dal centro della città e, perciò, i tipi di uso del suolo si distribuiscano sistemandosi in zone concentriche intorno al centro. Il modello stabilisce che, ad un momento dato, i diversi tipi di utilizzazione del suolo urbano sono organizzati in zone caratterizzate per età e tipologia topografica. Furono individuate cinque zone a partire dal centro: zona interna centrale (CBD); zona di transizione mista; zona residenziale delle classi lavoratrici; zona residenziale di tipo medio-superiore e di lusso; zona di frangia suburbana. Una delle caratteristiche più interessanti e discusse del modello è il fatto, apparentemente anomalo, che una parte della popolazione a basso reddito viva vicino al centro urbano; in realtà, in tale modo essi ottengono risparmi sui costi di trasporti, ma anche su quelli abitativi, assumendo l’ipotesi di occupazione di case con marcate caratteristiche di declino edilizio- Un’interessante rielaborazione critica di tale modello è stata proposta da Hoyt (1932) sulla base dell’ipotesi che la struttura interna della città sia condizionata dalla disposizione delle vie radiali, da nuclei abitativi preesistenti nei confronti della città, dall’esistenza di ostacoli naturali (rilievi, corsi d’acqua, ecc.). Queste infrastrutture ed elementi fisici differenziano l’accessibilità e la desiderabilità delle diverse aree urbane, secondo “settori” piuttosto che “zone”. Questi settori tenderanno a caratterizzarsi a partire dalle scelte degli abitanti a reddito più elevato, che hanno maggiore propensione al trasferimento e, quindi, maggiore capacità di esprimere sul mercato dei suoli le loro scelte. Il settore tenderà poi a caratterizzarsi stabilmente nell’ambito della struttura urbana, attraverso un “effetto-vicinato”, tanto più importante quanto più quanto più le utilizzazioni saranno percepite come antagoniste. La struttura urbana, comunque, spesso non si costruisce attorno ad un solo centro, come postulato nei modelli discussi, ma si sviluppa piuttosto intorno ad un certo di numeri di centro entro l’area urbana. Questa è la base del modello a nuclei o multicentrico (Harris e Ullman, 1945) Le ragioni addotte nel modello per l’esistenza di nuclei separati e funzionalmente separati si possono far risalire: alla richiesta specializzata di suolo da parte di certe attività (commercio, turismo, ecc.); alla tendenza all’agglomerazione da parte di certe attività; alla conflittualità fra alcune attività per l’uso del suolo; alle conseguenti differenze di rendita, a compenso della capacità di forzare certe attività ad agglomerarsi in parti definite dell’area urbana. Ne derivano marcate differenze nel tipo di utilizzazione del suolo nei vari distretti urbani, tanto più numerosi e caratterizzati quanto più l’area urbana è vasta. Le new towns sono città interamente e attentamente pianificate con il primario scopo di fungere da satellite residenziale alle grandi metropoli europee. I primi esempi, derivati da una forte concezione utopistica, sono quelli dei primi del Novecento delle città giardi

Use Quizgecko on...
Browser
Browser