Scrivere nella lingua dell’altro: La letteratura degli immigrati in Italia (1989-2007) PDF

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Daniele Comberiati

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letteratura italiana immigrati legislazione sull'immigrazione storia contemporanea

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Questo saggio esplora la letteratura italiana sull'immigrazione dal 1989 al 2007, focalizzandosi sulla testimonianza degli immigrati e sulle leggi italiane sull'immigrazione. I primi anni sono caratterizzati da importanti eventi come l'assassinio di Jerry Masslo, che portò a dibattiti e nuove leggi. I conflitti e i pregiudizi culturali vengono esplorati attraverso l'analisi della reazione degli scrittori del tempo, come Tahar Ben Jelloun, Ndjock Ngana Yogo e Chidi Christian Uzoma.

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Saggio di Daniele Comberiati Scrivere nella lingua dell’altro La letteratura degli immigrati in Italia (1989-2007) I: La testimonianza: un’esigenza civile della letteratura Si esplora l'origine della letteratura degli immigrati in Italia, iniziata dopo l'omi...

Saggio di Daniele Comberiati Scrivere nella lingua dell’altro La letteratura degli immigrati in Italia (1989-2007) I: La testimonianza: un’esigenza civile della letteratura Si esplora l'origine della letteratura degli immigrati in Italia, iniziata dopo l'omicidio di Jerry Masslo, un giovane sudafricano ucciso nel 24-25/8/1989 a causa del razzismo. Questo evento ha scatenato dibattiti sui problemi degli immigrati e portato alla creazione della legge Martelli, che regolava i flussi migratori. Dopo l'omicidio, vari quotidiani italiani trattarono il tema del razzismo, con differenze nel loro approccio. Alcuni si concentrarono sull'aspetto razziale, mentre altri evidenziarono i timori legati alla concorrenza economica. La Repubblica: Sottolinea il carattere razzista dell’omicidio, definendolo un “raid anti-neri” simile al Ku Klux Klan. Evidenzia come la violenza contro i lavoratori immigrati fosse una realtà già diffusa. Corriere della Sera: Analizza il razzismo italiano, collegando l’omicidio a un contesto più ampio di intolleranza e tensioni culturali. Un editoriale approfondisce i conflitti tra italiani e immigrati, visti come “nuovi schiavi”. L’Unità: Racconta il passato di Masslo, vittima del razzismo anche in Sudafrica, e descrive l’omicidio come un segnale dell’apartheid arrivato in Italia. Prevede un aumento degli sbarchi migratori per le crescenti disuguaglianze globali. Il Secolo XIX: Minimizza il razzismo nell’omicidio, concentrandosi sulle tensioni economiche tra italiani e immigrati. Presenta gli stranieri come una minaccia al lavoro e alla legalità locale. Al tempo i migranti guadagnavano in nero e perché non pagano le tasse (non erano tutelati in realtà perche vigevano ancora le norme fasciste del 1931). L'omicidio e le sue conseguenze legali segnarono l'inizio di un lungo percorso legislativo, culminato nella legge Bossi-Fini del 2001, che rafforzava il controllo sugli immigrati e regolava i permessi di soggiorno. Prima del 1990, infatti, in materia di immigrazione vigevano ancora le norme fasciste del 1931. Legge Martelli (1990): Prima normativa moderna sull'immigrazione. Ispirata alla Convenzione di Ginevra, introduce lo status di rifugiato politico e regolamenta flussi migratori in modo vago. Fu criticata per difficoltà pratiche nella gestione delle quote e per la sanatoria per regolarizzare immigrati già presenti. Composta da 13 articoli dove il 3 è l’unico dove parla di quote e flussi per fuggire dal paese. La quota di immigrati doveva essere decisa dal paese straniero ma pericoloso perché alcuni fuggivano per guerre. Decreto Dini (1995): Rende la normativa più restrittiva. Sostituisce la sanatoria con la regolarizzazione, imponendo alle aziende il pagamento anticipato dei contributi per i lavoratori immigrati, scoraggiando così l’assunzione di stranieri. Problema: datori di lavoro devono pagare in avviso 6 mesi di contributo, impossibile. Legge Turco-Napolitano (26/7/1998): Dettaglia la regolamentazione dei flussi migratori, i contratti di lavoro e introduce il ricongiungimento familiare. Stabilisce per la prima volta i centri di accoglienza per immigrati irregolari, affrontando anche il lavoro nero. 49 articoli dove dal 4 si parla della regolazione dei flussi e tra i rapporti lavoratore immigrato e datore di lavoro. Nell’articolo 29 Ricongiungimento familiare. 11-12 si parla dei centri di accoglienza (CPIA). Legge Bossi-Fini (30/7/2001): Inasprisce le regole. Il permesso di soggiorno diventa valido massimo due anni, legato al contratto di lavoro. Rafforza i controlli alle frontiere e richiede al datore di lavoro di garantire alloggio e viaggio di ritorno per l’immigrato. Limita il diritto d'asilo e amplia i centri di accoglienza. Permesso di soggiorno + alloggio pagamento da parte del datore di lavoro. Non aiuta chi vuole assumere qualcuno. Ultima legge: CPIA diventano prigioni Questioni letterarie: reazioni all’omidicio (pag 33) Tahar Ben e Yogo si ispirano alla sua morte per creare arte. Uzoma scrive una lirica “villa di terno Italy” La letteratura degli immigrati si sviluppò anche come reazione alla tragedia di Masslo, con scrittori come Tahar Ben Jelloun e Ndjock Ngana Yogo che gli dedicarono opere. Il poeta nigeriano Chidi Christian Uzoma, con la sua lirica "Villa Literno-Italy", rappresenta l'esperienza dell'immigrato e critica l'ignoranza con cui gli italiani percepiscono le culture diverse. Tahar Ben Jelloun: Scrive in italiano, con l’aiuto di Egi Volterrani, un racconto ispirato alla tragica fine di Jerry Masslo. Ndjock Ngana Yogo: Poeta camerunese, dedica una poesia intitolata Jerry E. Masslo nella sua raccolta scritta in lingua Basãa e in italiano. Chidi Christian Uzoma: Poeta nigeriano, scrive la lirica Villa Literno-Italy, che rappresenta l’esperienza dell’immigrato e critica l’ignoranza culturale degli italiani, evidenziata attraverso volutamente errate denominazioni delle nazionalità. II. Dalla storia di vita alla testimonianza Pap Khouma, portavoce della comunità senegalese di Milano, è un esempio significativo di autore migrante. Nel documentario “Stranieri tra noi” e nel suo romanzo autobiografico Io, venditore di elefanti (1990), usa la sua voce per raccontare la propria storia. Il suo lavoro esplora la relazione complessa tra identità e alterità, ponendo domande su come un autore straniero possa far parte della letteratura italiana e riflettere i cambiamenti sociali del paese. Durante la scrittura di “Io, venditore di elefanti”, Khouma si rende conto che le sue conoscenze linguistiche limitate avrebbero ostacolato l’espressione dei temi desiderati, quindi si avvale dell’aiuto di un coautore. Dopo quindici anni, scrive un secondo romanzo che si distacca dalla migrazione e presenta un cambiamento stilistico, utilizzando dialoghi e una struttura narrativa che riflettono l’oralità dell’Africa subsahariana. Questo cambiamento linguistico, che aveva già influenzato gli scrittori arabi di lingua francese, evidenzia come il pubblico italiano, come quello francese, fosse principalmente interessato agli aspetti socio-antropologici dell’immigrazione. III. «Marocchino», «Vu cumprà», «Immigrato»: la percezione italiana della diversità Gli scrittori migranti ribaltano gli stereotipi sull'Italia, descrivendola nei loro romanzi come un paese freddo e inospitale, in contrasto con l’immagine tradizionale di terra accogliente e solare. Nonostante il contesto globale di crescente creolizzazione, un concetto che promuove il dialogo e la sintesi tra culture diverse, l’Italia appare impreparata a un reale sincretismo culturale. Il concetto di créolité, elaborato da intellettuali delle Antille (Jean Bernabé, Patrick Chamoiseau, Raphaël Confiant), nasce dalla mescolanza culturale unica delle isole caraibiche, influenzate da culture africane, europee e asiatiche. Esso propone un superamento della letteratura nazionale come modello rigido, favorendo una continua integrazione culturale. Tuttavia, Edouard Glissant evidenzia che la creolizzazione richiede un equilibrio tra le culture coinvolte, una condizione non ancora realizzabile in Italia, dove il confronto con la diversità è agli inizi. L’Italia, con circa 3 milioni di immigrati (4,7% della popolazione), è il terzo paese europeo per numero di stranieri dopo Germania e Francia, ma registra uno dei tassi di crescita più rapidi, insieme alla Spagna. Gli scrittori migranti affrontano stereotipi e discriminazioni attraverso le loro opere, trasformando termini denigratori in strumenti di riflessione. Bouchane, autore marocchino, nel libro “Chiamatemi Ali” utilizza un nome generico per rappresentare gli stranieri arabi, evidenziando il riduzionismo con cui vengono identificati. La locuzione vu cumprà, inizialmente usata per descrivere gli immigrati ambulanti, diventa un epiteto dispregiativo. Lo scrittore senegalese Saidou Moussa Ba, in “La promessa di Hamadi”, esplora l'origine di questo termine, che appare sorprendentemente in una poesia del 1925 di Raffaele Viviani, riferita a un venditore napoletano emigrato in Libia. Il termine riflette le difficoltà linguistiche dello straniero, trasformate in un insulto. Un altro epiteto, marocchino, nasce dalla indeterminatezza lessicale e assume una connotazione negativa. Lo scrittore siriano Yousef Wakkas, nel racconto ”Io marocchino con due kappa”, gioca provocatoriamente con questo termine, rinunciando simbolicamente alla propria identità. Anche titoli di opere italiane enfatizzano marginalità e stereotipi: “Polacco lavatore di vetri” (Albinati), “Gli sfiorati” (Veronesi). La letteratura migrante sfida questi pregiudizi, mentre l'italiano si arricchisce di un *lessico migratorio* che riflette l’incontro e lo scontro tra culture. Caos-mondo: quando tutte le culture si mischiano, non si hanno punti di riferimento chiari. Mentre noi ci impegniamo a trovare un punto di riferimento, un qualcosa per chiarirle, dovremmo invece abbracciare l’opacità, la non chiarezza di quest’ultime e ritenere tutti gli elementi del caos come necessari IV. «Cincali», «Dago», «Wop»: la percezione dell'emigrazione italiana Le lettere degli emigranti italiani rivelano come la partenza per un paese lontano fosse vissuta come una "piccola morte", segno di un distacco netto dal passato e dal luogo d'origine. Questo aspetto, osservato dall'etnologo Ernesto De Martino, si ritrova anche nelle opere di scrittori come Edmondo De Amicis e Luigi Capuana, che descrivono il viaggio verso l’America come una separazione dolorosa, spiegando il forte attaccamento delle comunità italiane all’estero alle tradizioni originarie. Lo storico Emilio Franzina ha approfondito queste vicende usando lettere degli emigranti come fonte storica. Tuttavia, l'analisi di queste missive presenta difficoltà, dovute alla scarsa dimestichezza con la scrittura degli emigranti e al contesto in cui venivano redatte. In alcuni casi, le aziende spingevano i lavoratori a scrivere lettere che enfatizzavano condizioni lavorative positive, distorcendo la realtà. Altre fonti storiche come articoli di giornale, vignette satiriche e atti processuali mostrano come gli italiani fossero visti in modo simile agli immigrati di oggi: sporchi, pericolosi, numerosi e con abitudini alimentari considerate eccessive. La diffidenza verso gli italiani era spesso legata a crisi economiche, come il crollo di Wall Street del 1929, che accentuavano la percezione dello straniero come destabilizzante. Negli Stati Uniti, soprattutto nel sud, gli italiani, insieme agli irlandesi, erano considerati più vicini ai neri africani che ai bianchi americani per tradizioni culturali e colore della pelle. Questo si riflette nella "linea del colore," un modello concettuale presentato all'Esposizione Universale di Buffalo del 1901, che collocava italiani e irlandesi in una posizione intermedia tra il nero e il bianco anglosassone. L'antologia “Are Italians White? How Race is Made in America” di Jennifer Guglielmo e Salvatore Salerno esplora questo tema, raccogliendo saggi e testi che analizzano come gli italo-americani siano stati percepiti e classificati razzialmente negli Stati Uniti, sia in passato sia nel presente. Negli Stati Uniti, gli italiani erano vittime di pregiudizi razziali e culturali che si manifestavano attraverso epiteti denigratori. Termini come ghini ghini (storpiatura di guinea, epiteto razzista per i neri durante la schiavitù) e black dago erano diffusi soprattutto in Louisiana e Alabama, dove gli italiani venivano associati alla "negritudine". Questi pregiudizi si traducevano anche in violenze: nel 1899, tre fratelli Di Fatta furono linciati a Tallulah, Mississippi, ufficialmente per una lite su una capra, ma in realtà per la loro solidarietà con i neri. Similmente, nel 1891, undici immigrati siciliani furono massacrati a New Orleans, sospettati di aver ucciso il capo della polizia. Anche simboli religiosi come la Madonna nera e San Calogero, trovati nelle loro case, contribuivano a rafforzare la percezione della loro diversità. Un altro esempio significativo è il processo del 1922 in Alabama, dove un uomo nero, Jim Robbins, fu assolto dall'accusa di “miscegenation” (mescolanza di razza) perché la donna con cui aveva avuto un figlio era italiana e quindi non completamente bianca secondo la "linea del colore." Epiteti e locuzioni per gli italiani nel mondo: Stati Uniti - Dago: deriva dal nome Diego, ma secondo alcuni potrebbe essere una contrazione di “They go” ("Finalmente se ne vanno"), o “dagger” ("accoltellatore"), associato allo stereotipo mafioso. John Fante usa “Dago Red” come titolo di una sua raccolta del 1940. - Wop: abbreviazione di “without passport” o “without papers”, simile al francese “sans papiers”. Contrasta con WASP (White Anglo-Saxon Protestant), termine per gli immigrati bianchi anglosassoni. Tuttavia, termini come Wop e Dago sono stati riutilizzati in modo ironico o critico da scrittori italo-americani, trasformando in parte la narrativa intorno all'identità migrante. Francia: - Français de Coni: riferito agli italiani, in particolare ai piemontesi. - Rital: enfatizzava l'incapacità degli italiani di pronunciare correttamente la "r" francese. Germania: - Katzelmacher: "fabbrica-cucchiai" riferito al lavoro artigianale degli italiani. - Spaghettifresser: "mangiaspaghetti" con riferimento alla cucina italiana. - Zydroone-schittler: "scrolla-limoni" ispirato alla poesia di Goethe e associato alla nostalgia degli italiani emigrati. Svizzera: - Cincali: derivato dal grido "cinq!" degli italiani che giocavano alla morra. Argentina: - Napolitano o papolitano: utilizzati per identificare tutti gli italiani. Il libro “I Germanesi”, scritto da Carmine Abate e Meike Behrmann, si colloca a metà tra la testimonianza e l’inchiesta sociologica, differenziandosi dalle prime esperienze della letteratura italiana della migrazione. Pubblicato inizialmente in tedesco e poi tradotto in italiano, il titolo riprende un termine usato in Italia per definire gli emigrati in Germania che rientravano in patria per le vacanze o per la pensione. Questo appellativo ha una valenza analoga a “o mericano”, utilizzato per indicare coloro che tornavano dagli Stati Uniti. L’opera riflette sui concetti di appartenenza e alterità attraverso la prospettiva degli emigrati. Analogamente, Carlo Bernasconi, nel romanzo “Der Italiener”, introduce una sensazione di estraneità già dal titolo, scritto nella lingua del paese di accoglienza (il tedesco). Questo espediente linguistico costringe il lettore a un ripensamento dell’identità, mettendo in luce il senso di alienazione vissuto dagli emigrati. Tale uso della lingua “altra” per creare un senso di alterità si ritrova anche in “Arrivederci, Deutschland!” di Gianni Bertagnoli, considerata l’opera inaugurale della letteratura italiana in Germania. In questo caso, il contrasto tra lingua d’origine (italiano) e lingua di accoglienza (tedesco) nel titolo evidenzia il conflitto identitario e culturale degli emigrati. V. Al principio della dinamica centro/periferia La testimonianza è un elemento chiave della prima fase della letteratura italiana della migrazione, dove si intrecciano riflessione sociologica e dinamiche di potere, in un rapporto tra centro e periferia. Questo rapporto, che può essere letto anche come una dialettica tra cultura dominante e cultura subalterna, rivela come le realtà marginali abbiano una potenziale carica eversiva, capace di destabilizzare il sistema centrale. Deleuze e Guattari avevano già teorizzato il ruolo delle "culture minori", evidenziandone il movimento carsico, cioè sotterraneo ma incisivo, che agisce all’interno delle strutture dominanti. Anche Pier Paolo Pasolini aveva intuito la vitalità delle periferie e dei contesti marginali, facendone il centro della sua opera. I suoi “ragazzi di vita” rappresentano un’umanità ai margini, portatrice di un’energia spesso in contrasto con le norme del centro egemone. Allo stesso modo, le periferie urbane e i quartieri multietnici emergono come luoghi privilegiati nelle opere della letteratura della migrazione. Princesa, protagonista del romanzo di Fernanda Farias de Albuquerque, vive la sua esistenza ai margini, prostituendosi nei viali abbandonati delle città. Questi scenari di degrado – vicini a stazioni ferroviarie, capannoni industriali dismessi o alloggi di fortuna – sono ambientazioni ricorrenti nelle opere degli scrittori italofoni che affrontano il tema della migrazione. Le periferie diventano così metafore di esclusione e resistenza, dove si intrecciano identità frammentate e storie di lotta. Uomo marginale: l’abitante delle periferie vive al confine fra due culture, destinato a non integrarsi mai in nessuna delle due Letteratura-mondo italiana Rosanna Morace, nel suo saggio “Letteratura-mondo italiana”, affronta il concetto di “letteratura-mondo” nel contesto italiano, analizzando il ruolo della produzione letteraria contemporanea nel riflettere fenomeni di globalizzazione, migrazione e ibridazione culturale. Il termine “letteratura-mondo”, introdotto da studiosi come Pascale Casanova e Franco Moretti, si riferisce a una produzione letteraria che supera i confini nazionali per abbracciare una visione globale, pur mantenendo specificità locali. Per essere letteratura mondo, la lingua scelta deve essere una minoranza all’interno del paese. CAPITOLO 1: INTARSI POLIFONICI “Col passare del tempo avevo cominciato a sentire che prima o poi me ne sarei andato dal mio paese. Magari in un posto dove avrei potuto pensare e parlare in un'altra lingua, perché lì mi sentivo come prigioniero delle parole. Me l'aveva detto mio padre: «Dovresti imparare daccapo una lingua, così puoi pensare e sognare senza il ricordo di quelle vecchie parole. Nuova lingua, nuova libertà». È stata la prima volta che gli ho dato ragione.” - Adrian Bravi Il capitolo esplora la ricchezza e la complessità della cosiddetta letteratura della migrazione, un fenomeno letterario che si sviluppa attraverso l'intreccio di diverse lingue, culture e tradizioni. La narrazione di Adrián Bravi, che riflette sul desiderio di liberarsi dalla prigionia delle parole della lingua d'origine per abbracciarne una nuova, rappresenta emblematicamente la tensione tra sradicamento e reinvenzione identitaria che caratterizza questa letteratura. Il suo motto "Nuova lingua, nuova libertà" sintetizza il potenziale trasformativo di tale esperienza. In Italia, la letteratura della migrazione ha una storia recente, ufficialmente inaugurata negli anni ’90 con opere come “Immigrato” di Salah Methnani e “Io, venditore di elefanti” di Pap Khouma. Nonostante la sua giovane età, questa letteratura ha già introdotto cambiamenti significativi nel panorama letterario nazionale, contaminando l’italiano con nuove musicalità, ritmi e lessici derivati dalle lingue d’origine degli autori. Tuttavia, il riconoscimento critico e accademico di questi scrittori resta spesso confinato a una dimensione esotica o marginale, come dimostra la loro inclusione in sezioni specifiche come "Lingua madre" piuttosto che nel canone letterario italiano. Questa marginalizzazione contrasta con il successo internazionale di autori migranti in altri contesti, come Khaled Hosseini negli Stati Uniti o Kader Abdolah nei Paesi Bassi, riconosciuti come voci rappresentative delle rispettive letterature nazionali. Al contrario, la letteratura migrante in Italia continua a essere vista come un corpo estraneo, nonostante la sua capacità di rinnovare e arricchire il canone letterario. Queste opere hanno una natura ibrida e polifonica. Spesso combinano generi diversi, dalla poesia alla narrativa epica, dalla tradizione orale africana al realismo magico latinoamericano. Questo approccio riflette la complessità delle esperienze migratorie e la visione del mondo a "più fuochi", in cui le prospettive multiple diventano necessarie per rappresentare il caos e la frammentazione dell’epoca contemporanea. Autori come Bijan Zarmandili e Julio Monteiro Martins utilizzano queste contaminazioni per creare narrazioni che intrecciano storie e spazi lontani, spesso legati dalla memoria e dall’esperienza personale. Analogamente, l’albanese Carmine Abate infonde nella sua scrittura la musicalità epica delle ballate arberesh, mentre Ornela Vorpsi e Ron Kubati scelgono una lingua scarna e asciutta per riflettere il loro distacco dall’Albania. Il capitolo propone una prospettiva filologico-testuale per analizzare la letteratura-mondo, riconoscendone la natura policentrica e la capacità di rappresentare la complessità del presente. L’intarsio di lingue, tradizioni e storie personali non solo arricchisce il panorama letterario, ma sfida il concetto stesso di "letteratura nazionale", aprendo nuove strade per comprendere la cultura e l'identità nel mondo globalizzato. CAPITOLO 2: PROBLEMI TASSONOMICI E METODOLOGICI Con la “letteratura-mondo italiana" si intende la letteratura prodotta in italiano da autori di diversa madrelingua, i quali si sono distinti per la qualità artistica delle loro opere o per una produzione continuativa. Questo concetto di differenzia dalla 'letteratura-mondo' per l'intento di superare le limitazioni interpretative legate al termine "migrazione". L'etichetta di "letteratura migrante" può condizionare la ricezione di queste opere, relegandole a una funzione esclusivamente informativa o testimoniale. La *letteratura-mondo* evidenzia come queste opere abbiano raggiunto una maturità artistica tale da non necessitare più questa specificazione. Molti autori naturalizzati si discostano da narrazioni di tipo autobiografico per esplorare invece una fusione (o intarsio) di lingue, immaginari e tradizioni letterarie diverse, ampliando così l'orizzonte estetico e culturale. È necessaria un'analisi critica che si concentri sugli aspetti linguistici e testuali delle opere, come sottolinea Fracassa, spingendo "verso la neutralizzazione del qualificativo (migrante) in favore dell'assolutezza del sostantivo (scrittore)." Armando Gnisci è uno studioso bolognese che ha creato la più grande banca dati che esiste sulla letteratura italiana della migrazione, denominando la letteratura mondo in Italia per la prima volta, rifacendosi agli studi anche di Grissani. Include la letteratura prodotta in italiano da autori provenienti da tutto il mondo che hanno eletto l'Italia come patria. Però, perché rinunciare a “letteratura della migrazione” per preferire quella di “letteratura mondo-italiana”? Se noi la chiamiamo letteratura della migrazione stiamo mettendo l’accento sulla emigrazione mentre a noi interessano i prodotti letterari e il fatto che chi scrive nella nostra lingua è uno scrittore. Nella letteratura mondo non possono essere incluse le testimonianze biografiche e le testimonianze autobiografiche. Se usassimo letteratura della migrazione, dovremmo includere tutti coloro che hanno finito per raccontarci la loro tragica storia, cioè la storia del paese in guerra e dalle persecuzioni da cui sono fuggiti. Se però questi racconti non hanno una valenza letteraria, ma sono soltanto biografie o autobiografie, non possiamo considerarli come romanzi perché sono un'altra tipologia letterale. Gnisci è stato il primo a sistematizzare una raccolta di dati sulla scrittura migrante in Italia attraverso il progetto BASILI (Banca dati degli Scrittori Immigrati in Lingua Italiana), includendo 481 scrittori migranti e un corpus di 497 testi. Tuttavia, il criterio di inclusione adottato da Gnisci ha sollevato questioni sulla qualità letteraria di molte di queste opere, che non sempre rispondevano a un livello artistico tale da essere definite "letteratura". Morace ribadisce che non tutti coloro che scrivono in italiano sono automaticamente scrittori. Molte opere migranti, infatti, sono principalmente testimonianze autobiografiche che non raggiungono la complessità e il valore estetico tipico della letteratura. Per distinguere un'opera di letteratura-mondo da una semplice testimonianza, sono stati proposti dei criteri: - Quantitativo: Una persona deve produrre almeno tre opere letterarie per essere riconosciuta come scrittore. Chi scrive un solo testo, spesso autobiografico, viene considerato un testimone piuttosto che uno scrittore. Scrivere non è solo un atto estemporaneo, ma implica un impegno continuativo e una progettualità che vada oltre il semplice racconto di un’esperienza personale. - - Padronanza linguistica: La qualità della lingua è fondamentale. Secondo Morace, per essere inclusi tra gli scrittori della letteratura-mondo, è necessario che l’autore abbia acquisito una padronanza effettiva della lingua italiana, scrivendo in autonomia senza dipendere da coautori o giornalisti che correggano o elaborino il testo per loro. - - Progettivo: per essere considerata "letteratura", la scrittura deve andare oltre la semplice narrazione di esperienze vissute e aspirare a una dimensione estetica e linguistica più complessa. In questo senso, scrivere diventa un progetto creativo e artistico. Questo cambiamento segna una transizione importante nella definizione di cosa costituisce la *letteratura-mondo*: non più solo un atto di testimonianza, ma un'opera in cui la lingua e la forma narrativa assumono un ruolo centrale. La letteratura-mondo italiana si è evoluta da una scrittura focalizzata sul racconto testimoniale e socio-politico a una forma d'arte autonoma, caratterizzata da una progettualità consapevole e da una maggiore attenzione alla qualità estetica e linguistica delle opere. Rosanna Morace nella sua analisi, sottolinea come le opere che oggi consideriamo capolavori della letteratura italiana non siano sempre state accolte come tali al momento della loro scrittura (come “La Gerusalemme liberata” di Tasso). Questo esempio dimostra come la letteratura e il canone siano spesso influenzati dai cambiamenti storici, sociali e religiosi, e come opere che inizialmente venivano respinte o disconosciute possano poi essere rivalutate e integrarsi nel canone letterario. La Morace usa questo esempio per mostrare come anche la letteratura-mondo-italiana, inizialmente vista come "estranea" o "marginale", debba essere accolta nel canone, proprio come altre opere un tempo rifiutate. L'autrice suggerisce che la letteratura migrante dovrebbe essere considerata una parte integrante della tradizione letteraria italiana, superando la sua percezione iniziale come testimonianza sociologica o autobiografica. Il problema della doppia lingua è un tema centrale per l'Italia, un paese con una storia di pluralismo linguistico e culturale. La Morace evidenzia come l'Italia sia un paese policentrico, con una forte fluidità identitaria. Fino all'unità del 1861, il territorio italiano era diviso in regioni che parlavano dialetti diversi, e l'italiano come lingua unificata non esisteva ancora. Ad esempio, un siciliano che si spostava in altre regioni non riusciva a comprendere il linguaggio locale. Anche nella letteratura italiana le origini della lingua sono segnate dalla diglossia, ovvero l'uso simultaneo di dialetto e lingua nazionale. Dante, pur scrivendo la Divina Commedia in volgare fiorentino, sceglie di non usare il latino, che era la lingua ufficiale dell'epoca. Questo fenomeno è riscontrabile anche in autori come Verga, che fa parlare i suoi personaggi nei dialetti locali, come il siciliano, che, pur adattato all'italiano, conserva forti inflessioni regionali. La questione della doppia lingua è anche rilevante per gli autori migranti che adottano l'italiano. In Italia, alcuni dialetti, come il sardo, sono riconosciuti come lingue a sé stanti, e non solo come dialetti. Tuttavia, la difficoltà per chi arriva in Italia e impara l'italiano come seconda lingua, è ancora un ostacolo, che riflette un preconcetto nei confronti di chi non ha l'italiano come lingua madre. La Morace, citando Dante e il concetto di "vulgari eloquentia", esplora il problema del bilinguismo e della doppia lingua. Dante, nel suo contesto, scrive in volgare, che, all'epoca, era un dialetto, ma il suo linguaggio ibrido segna l'inizio di un percorso in cui la lingua madre (il dialetto) e la lingua "artificiale" (quella appresa formalmente, come il latino) coesistono. Questo riflette la realtà di molti scrittori migranti, che, come Dante, adottano una lingua nuova come "patria", pur mantenendo il legame con la propria lingua d'origine. La Morace definisce la lingua volgare come quella che si impara spontaneamente, da bambini, senza regole formali, mentre la lingua grammaticale è quella che si apprende in modo più strutturato. L'italiano, pur essendo una lingua artificiale in questo senso, diventa per molti scrittori non nativi un'opzione più "nobile" rispetto alla lingua madre, che non sempre conoscono a fondo. Il bilinguismo è quindi una condizione comune sia per gli italiani (che parlano dialetti e italiano) che per gli scrittori migranti (che parlano una lingua madre e l'italiano come lingua seconda). Morace sottolinea che, come italiani, non dobbiamo dimenticare di essere stati anche noi migranti in passato e di essere tuttora, in un certo senso, bilingui. La comprensione di questa realtà ci aiuta ad affrontare il tema del bilinguismo con maggiore consapevolezza e apertura, riconoscendo le difficoltà e le ricchezze di chi scrive in una lingua che non è la propria. Nella realtà della globalizzazione, è fuori luogo difendere una concezione rigida della nazione e dei suoi confini, perché oggi siamo tutti cittadini del mondo, connessi tramite i mezzi di comunicazione e la mobilità globale. La facilità di spostamento che oggi possiamo godere, in contrasto con i viaggi transatlantici dei nostri antenati, ha reso il mondo interconnesso. La letteratura, come le opere italiane tradotte in tutto il mondo (ad esempio, la Divina Commedia), non dovrebbe essere vista come esclusivamente nazionale, ma come parte di una più ampia "letteratura mondiale". Tuttavia, non tutte le opere tradotte globalmente fanno parte della "letteratura mondo-italiana", come nel caso di capolavori come la Bibbia o il Faust, che, pur essendo letti in tutto il mondo, non sono legati alla migrazione o al passaggio da una patria all'altra. La Morace critica le varie definizioni della letteratura di migrazione, come "letteratura della migrazione", che pongono l'accento sul migrante piuttosto che sullo scrittore. Altre definizioni come "letteratura nascente", "translingue" o "interculturale" sono state considerate insufficienti. Secondo la Morace, il termine più adeguato per descrivere questa letteratura è "letteratura-mondo-italiana" o "letteratura della relazione", che riflette meglio il contesto e le dinamiche di scrittori che esplorano legami e interconnessioni tra culture.La questione sollevata riguarda gli scrittori di seconda generazione, cioè quelli nati in Italia da genitori migranti. La domanda è se questi scrittori possano essere considerati autori migranti, visto che sono cresciuti nel contesto italiano. Un altro punto chiave riguarda la loro lingua: se l'italiano per loro è prima o seconda lingua, e se questa distinzione può davvero ridurre la comprensione di ciò che scrivono. In particolare, autori come Carmine Abbate, che, pur essendo cittadino italiano, appartiene alla comunità albanofona, pongono interrogativi sulla posizione di un autore che conosce prima il dialetto o una lingua diversa prima dell'italiano. Inoltre, la situazione di autori come Stanisław Mozetić, che scrive per un pubblico italiano ma non ha mai cercato di far pubblicare le sue opere nel suo paese d'origine, solleva riflessioni sul legame tra lingua, identità e appartenenza alla letteratura migrante. La scelta linguistica, in questi casi, può riflettere un attaccamento al passato, ma anche la volontà di abbandonare una lingua per integrarsi in una nuova realtà culturale. Weltliteratur: Termine coniato da Johann Wolfgang von Goethe nel XIX secolo, indica un corpus letterario globale che trascende i confini nazionali, ponendo in dialogo tradizioni culturali diverse. La *Weltliteratur* è il prodotto di scambi culturali e traduzioni, enfatizzando l’universalità dell’esperienza umana attraverso la letteratura. Funzione: Favorire l’interazione tra culture e sottolineare i valori condivisi dall'umanità, superando le specificità locali o nazionali. Le opere di Shakespeare, Dante e Cervantes, considerate universali, ne fanno parte. Letteratura-mondo: Concetto contemporaneo sviluppato da autori come Édouard Glissant e Pascale Casanova. La letteratura-mondo nasce dall’idea di una globalizzazione letteraria che celebra il meticciato culturale e la creazione di testi che riflettono pluralità e connessioni tra tradizioni diverse. Funzione: Esplora temi di migrazione, diaspora, ibridità culturale e identità fluida. Si contrappone alle letterature nazionali rigide, ponendo attenzione sulla circolazione delle opere, spesso scritte da autori migranti in lingue non native. Le opere di Chimamanda Ngozi Adichie, Salman Rushdie e Jhumpa Lahiri. Romanzo-mondo: Una specifica tipologia narrativa che abbraccia la globalità come tema e struttura. Spesso ambientato in molteplici luoghi e scritto in una prospettiva internazionale, il romanzo-mondo esplora il mondo come un tutto interconnesso, con personaggi e trame che superano i confini nazionali. Funzione: Riflettere la complessità della globalizzazione, della diversità e delle relazioni culturali, economiche e sociali nel mondo contemporaneo. “Infinite Jest” di David Foster Wallace, “2666” di Roberto Bolaño, e “1Q84” di Haruki Murakami. Weltliteratur è una tradizione enfatizza l’universalità e il dialogo tra culture come patrimonio condiviso. Letteratura-mondo è un movimento che abbraccia l'ibridità e la complessità, con un focus sul meticciato e sugli effetti della globalizzazione. Romanzo-mondo è un genere narrativo che esplora la globalità tematica e strutturale, trattando temi contemporanei come la migrazione e la connettività globale. Caratteristiche della colonizzazione italiana: È considerata meno invasiva rispetto ad altre potenze europee (Francia e Inghilterra), perché non c’è stata una forte imposizione linguistica e culturale. Le colonie principali furono in Africa settentrionale (Libia, Somalia, Eritrea, Etiopia) e nei Balcani (Dodecaneso, Albania). La durata della colonizzazione fu relativamente breve, influendo meno sulle popolazioni rispetto ad altri imperialismi più duraturi. Percezione collettiva e rimozione storica: esiste un processo di rimozione collettiva nella coscienza italiana che minimizza il ruolo coloniale dell’Italia. L’Italia non viene spesso percepita come una potenza coloniale significativa, nonostante le violenze documentate. Letteratura Coloniale vs. Letteratura Mondo Letteratura coloniale: La letteratura prodotta durante il colonialismo o da chi viene dalle colonie italiane non viene riconosciuta come "letteratura mondo". È influenzata dalla breve durata del colonialismo italiano e dalla scarsa percezione del trauma coloniale. Letteratura mondo; Include opere con un valore universale (es. “La Divina Commedia”, “Pinocchio”, “Ulisse” di Joyce), capaci di trascendere confini linguistici e culturali. Non si basa su un legame esclusivo con una nazione o una cultura, ma aspira all'universalità. Concetto di diversalità (opposto all'universalità): Promosso da autori antillani e altri scrittori postcoloniali. Valorizza la pluralità e la specificità delle esperienze locali piuttosto che un valore universale unico. Lingua e trauma coloniale: Gli scrittori delle ex colonie italiane spesso adottano la lingua italiana per la sua neutralità e mediterraneità, non percependola come lingua di oppressione (contrariamente al francese o all’inglese in altri contesti). Questo li distingue dagli scrittori di colonie francesi o inglesi, dove la lingua coloniale è spesso un elemento di conflitto. Esclusione dalla letteratura della relazione: La letteratura coloniale italiana e quella mondo non rientrano nella "letteratura della relazione" perché non rispecchiano il legame profondo tra lingua, identità e trauma storico. Letteratura della relazione: Morace e altri critici come Beriati suggeriscono che la letteratura italiana post-coloniale si colloca in un ambito diverso rispetto alla letteratura mondiale. Gli scrittori provenienti da ex-colonie italiane, come Somalia o Eritrea, non vedono l'italiano come una lingua coloniale. Alcuni scrittori, pur provenendo da terre colonizzate, scelgono l'italiano come lingua di espressione, ma non lo fanno per il trauma della colonizzazione. Scelta linguistica: La lingua italiana, per molti scrittori provenienti da ex colonie italiane, è percepita come una lingua mediterranea, legata a una tradizione di civiltà mediterranee piuttosto che come una lingua di oppressione coloniale. Altri autori, come Ghandi, hanno scelto lingue colonizzatrici come il francese per motivi pratici o emotivi, legandosi a una lingua percepita come "neutra" rispetto a quella dei colonizzatori. Letteratura mondiale: Il concetto di "letteratura del mondo" si riferisce a opere che hanno un valore universale e che vengono comprese a livello globale, senza riferimenti specifici a contesti locali o coloniali. La letteratura mondiale esprime valori universali che trascendono le differenze culturali e nazionali. La letteratura italiana post-coloniale non può essere assimilata alla letteratura mondiale, in quanto non condivide lo stesso tipo di universalità. La letteratura italiana contemporanea stia progressivamente abbandonando una dimensione esclusivamente nazionale per inserirsi nel panorama della *world literature*. Attraverso le opere di autori come Jhumpa Lahiri, Igiaba Scego e Amara Lakhous, analizza come le tematiche di migrazione, identità e appartenenza abbiano trasformato la narrazione italiana, rendendola un crocevia di culture e storie diverse. Sebbene molti autori affrontino temi globali, non rinunciano al richiamo a figure e motivi classici della letteratura italiana, creando un’interessante contaminazione tra passato e presente. Uno dei focus principali del saggio è l’analisi della letteratura migrante come elemento centrale della “letteratura-mondo italiana”. Secondo Morace, questa produzione narrativa rappresenta una sorta di laboratorio culturale, in cui si mescolano lingue, tradizioni e identità. Opere come “Clash of Civilizations Over an Elevator in Piazza Vittorio” di Amara Lakhous rappresentano un esempio perfetto di come il romanzo italiano contemporaneo possa riflettere la pluralità culturale dell’Italia odierna. Molti scrittori di “letteratura-mondo italiana” utilizzino l’italiano come lingua acquisita, plasmandolo e arricchendolo con espressioni, ritmi e immagini provenienti dalle loro culture di origine. Questo crea una lingua letteraria nuova, che rispecchia la complessità del mondo contemporaneo. Il ruolo dell’Italia nel sistema letterario mondiale: Morace esplora come l’Italia, tradizionalmente considerata una periferia nel sistema letterario globale, stia diventando un centro di produzione culturale grazie alla sua posizione di “ponte” tra Europa, Africa e Medio Oriente. La letteratura-mondo italiana, con la sua attenzione ai temi della migrazione e del multiculturalismo, contribuisce a ridefinire la posizione dell’Italia nel panorama globale. TERZO CAPITOLO: LETTERATURA MINORE/LETTERATURA MONDO Nel terzo capitolo, si esplora la letteratura minore e la sua definizione proposta da Guattari e Deleuze. Questi autori vedono la letteratura minore come una forma di uso rivoluzionario della lingua, in cui un autore appartenente a una minoranza linguistica (come Kafka, che scrive in tedesco pur essendo ceco) utilizza una "sottolingua" all'interno della lingua maggiore, sfidando i canoni letterari e linguistici tradizionali. La letteratura minore ha tre caratteri distintivi: Deterritorializzazione della lingua: La lingua viene portata oltre i suoi limiti convenzionali, alterandone il significato. Gli autori minoritari possono adottare uno stile minimalista o utilizzare un linguaggio multilingue, intrecciando dialetti, parole madrelingua o lingue straniere, creando un intarsio linguistico che sfida la lingua dominante. Innesto dell’individualista sull’immediato politico: In alcune opere, come quelle di De Caldas Brito, l’autore crea una nuova lingua per restituire dignità alle persone emarginate. Per esempio, nel suo lavoro, l’autrice inventa una lingua ibrida chiamata portuliano (un mix di portoghese e italiano) per raccontare la storia delle donne immigrate portoghesi, soggette a stereotipi linguistici. In questo caso, la lingua stessa diventa un atto politico, restituendo voce a un collettivo emarginato. Concatenamento collettivo dell’enunciazione: La letteratura minore rinuncia ai canoni tradizionali della letteratura maggiore, come il narratore unico, per adottare una focalizzazione multipla. Ciò implica che la narrazione non ruota attorno a un singolo protagonista, ma diventa collettiva, con molteplici voci narranti che raccontano la storia da diverse prospettive. Il concetto di creolizzazione, implica la coesistenza di lingue diverse all'interno di una lingua madre. Questo fenomeno crea una nuova ermeneutica, ossia una nuova interpretazione dell'esistenza umana, basata su una contaminazione linguistica che non annulla le lingue, ma le fa convivere, mantenendo ciascuna la propria identità. Questo processo si collega al concetto di pensiero rizomatico, che immagina una radice che si sviluppa orizzontalmente, connettendosi con altre radici senza un'unica profondità, simboleggiando la molteplicità delle esperienze e delle lingue. Meticciato: ibridazione della lingua ma prevedibile Nel contesto della letteratura minore, il multilinguismo non è solo la coesistenza di lingue, ma la fusione di diverse lingue globali all'interno di una stessa lingua, dando luogo a una rivoluzione del canone letterario. Tuttavia, la letteratura minore non fa parte della letteratura mondiale perché non aspira a universalizzarsi come tale, ma rimane legata a esperienze locali e specifiche di minoranze linguistiche e culturali. Creolizzazione culturale: si oppone alla globalizzazione uniformante che rischia di appiattire le identità culturali. L'idea di una poetica della relazione proposta da Glissant si basa sulla preservazione dell'identità culturale, che deve essere difesa attraverso la lingua e il territorio, ma anche sulla sua apertura e interazione con altre identità, lingue e immaginari. Glissant suggerisce che la letteratura non sia mai sospesa nel vuoto, ma provenga da un luogo specifico, legato alla sua totalità-mondo. La difesa del luogo e della lingua è cruciale per la creolizzazione, che si contrappone alla standardizzazione linguistica e narrativa. Questo concetto si ricollega alla letteratura minore di Deleuze e Guattari, che vedono la lingua deterritorializzata come una lingua che sfida i limiti della lingua dominante. Tuttavia, Glissant si allontana da questa visione e propone una lingua che, pur deterritorializzandosi, si avvicina al barocco, un concetto che per lui rappresenta l'opposizione al classico. Il ritorno a forme orali e l'acquisizione della molteplicità linguistica e narrativa sono alla base di una nuova lingua che si esprime attraverso ripetizioni, ridondanze, ritmo e assonanze, creando un immaginario e un'identità rizomatici, in contrasto con la banalizzazione della lingua dominante. Per Glissant "sovvertire la lingua" significa rompere le regole tradizionali della lingua dominante (come il francese) e creare una lingua che sia mista, flessibile e capace di esprimere una molteplicità di significati e visioni del mondo, tipica delle esperienze post-coloniali e creole. In parole povere, Glissant dice che i confini tra i vari generi letterari (come poesia, romanzo, saggio) sono diventati troppo rigidi e non riflettono più la complessità dell’esperienza umana. Per esprimere davvero ciò che vogliamo dire oggi, dobbiamo essere liberi di mischiare e mescolare i generi. La poesia può essere caotica e piena di emozioni forti, e la prosa può essere più soggettiva e sognante. Secondo Glissant, dobbiamo abbandonare le vecchie regole e inventare nuovi generi letterari che siano più adatti alla realtà moderna e alle esperienze di chi vive in un mondo diverso e in continua evoluzione. CAPITOLO 4: MULTILINGUISMO Duplice incompetenza: condizione attraversata da molti autori migranti che tentando di padroneggiare una lingua straniera, perdono poco a poco il dominio sulla propria lingua nativa. (Aghota Kristof ungherese parla il francese, definendola “lingua nemica"). Rapporto con la lingua nuova: Per alcuni, la nuova lingua diventa una "lingua neutra" o una "lingua-libertà" che permette loro di acquisire una distanza dal proprio passato doloroso. Attraverso l'apprendimento della nuova lingua avviene sia l'acquisizione di un nuovo sé, sia la rielaborazione del proprio passato, piuttosto che la sua rimozione. Gli scrittori migranti usano la lingua per raccontare esperienze di esilio, trauma e identità. Molti autori descrivono la migrazione come una scelta forzata o un "suicidio amministrato", in contesti storici oppressivi come dittature o guerre. La scrittura in una lingua d'adozione, come l'italiano, diventa per questi autori un modo di affrontare il dolore, di distaccarsi dalla lingua madre e di ricostruire un'identità. Gli autori si trovano spesso a muoversi tra più lingue, una pratica che porta a una scrittura ibrida e carica di significati legati alla memoria e alla resistenza. La lingua di adozione, come l'italiano per molti scrittori migranti, può diventare un mezzo di liberazione, una "lingua di distanza" che permette di elaborare e raccontare il dolore. Per altri autori come Bozidar Stanisic che scrive in serbo-croato, lingua morta, la lingua si trasforma in un trauma. La sua poetica la scrive nella lingua morte mentre si vede obbligato ad usare l’italiano per testi più politici. Egli non vuole iscrivere nella cella degli scrittori migranti. La terza lingua: quello che viene detto in una lingua non può essere detto in un altra e viceversa, e quel che può essere e non essere detto nell’insieme di entrambe varia a seconda del rapporto tra le lingue, le culture e le conoscenze di chi scrive. Per studiare approfonditamente la letteratura mondo servirebbe una conoscenza approfondita delle lingue e delle culture degli autori, altrimenti alcuni prestiti sintattici, formulazioni di frasi etc potrebbero sfuggire a chi padroneggia solo una lingua. La terza lingua è quindi il risultato del mix delle lingue e culture di un autore, ed è la lingua letteraria. Tuttavia, l'autenticità e la forza della scrittura emergono quando l'autore integra la sua lingua madre con la lingua nuova, creando una "lingua di sostrato" che arricchisce la narrazione. Il testo esplora il rapporto tra la lingua madre e quella d'adozione in autori multilingui, analizzando come le lingue possano esprimere sobrietà o ricchezza stilistica. Il silenzio e la difficoltà di comunicazione sono temi ricorrenti. La lingua si scarnifica e si carichi di significati simbolici. In particolare, si confrontano gli scritti di Kader Abdolah, Ron Kubati, e Adrián Bravi. Entrambi gli autori impiegano una lingua che riflette una condizione di perdita, emarginazione e solitudine. La lingua della migrazione, con le sue contaminazioni, arricchisce l’italiano, introducendo nuove forme espressive che sfidano la tradizione letteraria italiana. La lingua delle culture migranti, pur mantenendo una componente di impurità e dialettalismo, riesce a restituire vitalità alla lingua, facendo emergere una nuova forma di poesia che abbandona gli artifici costruiti a tavolino, in favore di un linguaggio più autentico e ricco di significati. INTRODUZIONE L'umanità si è evoluta attraverso i movimenti di persone che si spostavano per cacciare, lavorare o fuggire da guerre e disastri. Inizialmente nomade, si è stabilizzata grazie all'agricoltura e alla creazione di armi, ma il nomadismo è rimasto per motivi di conquista, conoscenza o necessità. Sarde, nel suo saggio "La doppia assenza", descrive la condizione dei migranti: assenti dalla loro terra e senza piena integrazione nella nuova. La loro è una concezione ambivalente perché se da un lato sperimentano l'assenza fisica e affettiva dalla propria patria, dall'altro si trovano a vivere un'assenza sociale e culturale nel nuovo paese. Questa situazione, positiva o negativa, richiede di imparare lingue e usanze diverse. Dal 1800 al 1900, l’Italia fu terra di emigranti verso paesi europei e americani, ma negli anni '80, con la crescita economica, divenne meta di immigrazione. Tuttavia, i migranti furono spesso sfruttati e discriminati, svolgendo lavori umili. La diffidenza degli italiani verso i migranti portò alla creazione di leggi dal 1990, come la Martelli, la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini. Il caso simbolico è quello di Jerry Essan Masslo, il cui omicidio nel 1989 scosse l'opinione pubblica e diede impulso a nuove normative. Dopo questi eventi nacque la "letteratura mondo", con autori migranti che scrivono in italiano sulla condizione di emigrazione. L'etimologia del termine "migrante" risale al greco "barbaros", usato per indicare chi non parlava greco. Lo straniero genera curiosità ma anche inquietudine. Freud definì il "perturbante" come qualcosa di familiare che diventa inquietante, legato a traumi rimossi. Lo straniero, in questo senso, è perturbante: conosciuto, ma estraneo. Dioniso, dio ibrido, rappresenta questa dualità. Nato da Zeus e da Semele, mortale, viene cresciuto nascosto e si rifugia in India. Tornato in Grecia, porta con sé un corteo di satiri e ninfe, destabilizzando i confini culturali e sociali. La sua natura ambigua, tra vecchio barbuto e giovane effeminato, incarna la condizione di chi vive tra due mondi. Massimo Fusillo analizza questa figura nel suo libro "Il dio ibrido". LETTERATURA DELL’IBRIDISMO Secondo il filosofo tedesco Georg Simmel, la categoria dello "straniero interno" supera la dicotomia tra "interno" ed "esterno" e rappresenta una posizione intermedia e ibrida. Lo straniero è parte della categoria del terzo che supera il binario dell’interno ed esterno, solo chi vive nell’ibridismo sa partecipare a più culture. Lo straniero è considerato "oggettivo" a causa della sua estraneità, simile al dio Dioniso, nato da Semele, mortale, e Zeus, padre degli dèi. Dioniso, rappresentato ora come vecchio barbuto, ora come giovane effeminato, incarna questa condizione ibrida che accomuna lo straniero. Il concetto si collega alle riflessioni di Félix Guattari, che parla degli schiavi neri deportati, privati della possibilità di usare la propria lingua. Secondo Édouard Glissant, le culture si dividono in due categorie: culture "a radice unica" e culture "a rizoma". Le prime, chiuse e autoriferite, sostengono un'idea di superiorità etnica che giustifica il colonialismo e le gerarchie razziali, portando a estremismo e politiche discriminatorie. Lo straniero, in questo contesto, diventa un capro espiatorio (ad esempio in situazioni di crisi economica). Al contrario, le culture "a rizoma" sono aperte e accoglienti, basate sull'uguaglianza e sul rispetto di tutte le culture. Patrick Chamoiseau, nell'opera *Fratelli migranti contro la barbarie*, esalta una cultura del "trans", capace di disarmare le frontiere e promuovere l'inclusione etica. Glissant paragona il Mar Mediterraneo, "mare chiuso" in cui sono nate le religioni monoteiste e culture imperiali, al Mar dei Caraibi, "mare aperto", luogo di colonizzazione ma anche di incontro e meticciato culturale. La sua "poetica della relazione" valorizza il creolo, nato naturalmente dagli scambi culturali, contrapponendolo all'imposizione di lingue dominanti. Critica l'egemonia dell'inglese standard, che rischia di omologare le culture, e sottolinea l'importanza delle lingue "minori" per preservare la diversità. Le fasi evolutive delle letterature: 1. Fase iniziale. La testimonianza e la denuncia: Anni ’80-’90. È una fase pionieristica in cui la letteratura migrante si presenta come “testimonianza diretta” dell’esperienza migratoria. Gli autori, spesso provenienti da contesti extraeuropei, si focalizzano su tematiche autobiografiche, come l’esilio, il distacco dalla propria terra e la difficoltà di integrazione nella società italiana. La lingua italiana viene spesso usata come strumento per dare voce a una realtà emarginata, ma è ancora influenzata fortemente dalla lingua madre degli autori. Funzioni: Raccontare esperienze personali o collettive di migrazione.Denunciare situazioni di ingiustizia, razzismo e marginalizzazione. Autori principali: Christiana de Caldas Brito: Utilizza il fantastico per raccontare l'esperienza migratoria. Tawfik: Scrive con una lingua ricca e poetica, influenzata dalla tradizione letteraria araba. Julio Monteiro Martins: Fonde semplicità e elementi fantastici. 2. Fase della riflessione identitaria e dell’ibridazione linguistica: Anni 2000. Questa fase vede una maturazione della scrittura migrante, con una maggiore riflessione sul concetto di identità, frammentazione e appartenenza. La lingua d’adozione non è più solo uno strumento di denuncia, ma diventa un mezzo per esplorare e ricostruire l’identità personale. Si sviluppa una scrittura ibrida, in cui convivono la lingua madre e quella d’adozione, creando una "lingua di sostrato". Funzioni: Elaborare il trauma e il dolore dell’esilio attraverso la lingua. Creare nuovi codici linguistici e stilistici. Esplorare le tensioni tra appartenenza e alterità. Autori principali: Amara Lakhous: Integra plurilinguismo e sociologia dei personaggi con proverbi e riferimenti culturali arabi, mantenendo uno stile pragmatico. Ron Kubati: La sua lingua sobria e paratattica riflette il senso di perdita e solitudine, spesso narrando attraverso il punto di vista di un bambino. Adrián Bravi: Usa un linguaggio asciutto ma ironico, in cui la semplicità veicola significati profondi e momenti di sarcasmo. 3. Fase della sperimentazione e della riscoperta poetica: Anni 2010 e oltre. Gli autori di questa fase abbracciano la sperimentazione linguistica e stilistica, ampliando i confini della letteratura migrante. La scrittura si evolve verso un linguaggio simbolico e universale, capace di parlare a un pubblico più ampio. Emergono tematiche come il silenzio, la memoria, e il rapporto tra realtà e immaginazione, con una maggiore attenzione all'estetica e alla forma narrativa. Funzioni: Riflettere sull’esperienza migratoria come metafora universale della condizione umana. Ridefinire la lingua italiana attraverso contaminazioni culturali e linguistiche. Creare una nuova tradizione poetica all’interno della letteratura italiana. Autori principali: Kader Abdolah: Usa una lingua sobria e semplice, capace di creare atmosfere solenni e fiabesche. Giorgio Ziarati: La sua scrittura poetica e senza tempo condensa significati simbolici profondi. Christiana de Caldas Brito e Julio Monteiro Martins: Continuano a utilizzare il fantastico per esplorare il rapporto tra realtà e magia. 4. Fase contemporanea: La normalizzazione e il dialogo interculturale Dal 2020. La letteratura della migrazione diventa una parte integrante del panorama letterario italiano, contribuendo a normalizzare la presenza di voci migranti nella cultura nazionale. Gli autori affrontano temi globali come il cambiamento climatico, il neocolonialismo e le migrazioni forzate, proponendo una narrazione collettiva e universale. Si sperimenta un linguaggio sempre più contaminato e ricco, capace di dialogare con tradizioni letterarie diverse. Funzioni: Favorire il dialogo interculturale. Sfuggire alle categorizzazioni rigide di "letteratura migrante" e inserirsi nel canone letterario italiano. Autori principali: Autori come quelli già citati continuano a contribuire con opere che riflettono un crescente interesse per le dinamiche globali, ma in questo contesto si aggiungono anche nuove generazioni di scrittori con stili più fluidi e integrati. Letteratura della Migrazione: Racchiude le opere di scrittori che vivono o hanno vissuto il fenomeno della migrazione. È spesso scritta in una lingua d’adozione e affronta temi legati all’esilio, all’identità e al confronto culturale. Da racconti di trauma e perdita, con la lingua usata per elaborare il distacco -> ad un plurilinguismo e contaminazione linguistica come arricchimento delle letterature nazionali. Funzioni principali: Narrare il trauma e il distacco dalla lingua madre. Esplorare identità ibride. Portare innovazione alla lingua e alla narrativa. Amara Lakhous: Lingua pragmatica con riferimenti socioculturali e contaminazioni arabe. Ron Kubati: Scrittura minimalista, esplorazione della solitudine e dell’emarginazione. Adrián Bravi: Uso dell’ironia per trattare l’emarginazione con un linguaggio semplice ma incisivo. Ziarati: Linguaggio poetico e simbolico, ponte tra memoria e modernità. Julio Monteiro Martins e Christiana de Caldas Brito: Contaminano la lingua italiana con elementi culturali e linguistici delle loro origini. Letteratura Postcoloniale: Opera di autori provenienti da ex colonie, che riflettono sulle relazioni tra colonizzatori e colonizzati, sui retaggi culturali e sul processo di decolonizzazione. Spesso incentrata su temi di identità, resistenza e ibridazione culturale. Da critica alla colonizzazione e ai suoi effetti duraturi alla riappropriazione delle radici culturali attraverso nuove narrative. Funzioni principali: Denunciare le ingiustizie coloniali e postcoloniali. Recuperare tradizioni culturali dimenticate. Creare nuovi linguaggi che fondano passato e presente. Tawfik: Uso di un linguaggio ricco e poetico che richiama la tradizione letteraria araba, con un forte legame alla memoria culturale. Kader Abdolah: Lingua sobria e simbolica per esplorare l’emarginazione, spesso con una dimensione quasi fiabesca. Ziarati: Contribuisce a questa corrente con il recupero di elementi poetici e simbolici della cultura d'origine. Letteratura-Mondo: Rappresenta un’idea di letteratura che supera i confini nazionali, offrendo una prospettiva globale e interculturale. Si basa su interazioni culturali, contaminazioni linguistiche e il superamento delle identità monolitiche. Da narrazioni che intrecciano elementi di più culture a la lingua d’adozione diventa uno strumento universale per raccontare esperienze globali. Funzioni principali: Unire temi e stili di diverse tradizioni letterarie. Sfidare la centralità della letteratura nazionale. Creare una lingua narrativa universale. Julio Monteiro Martins: Esplora l’intersezione tra letteratura italiana e brasiliana, arricchendo la lingua italiana con nuove forme espressive. Christiana de Caldas Brito: Integra realtà e magia in un contesto interculturale, arricchendo la letteratura italiana. Amara Lakhous: Attraverso il suo plurilinguismo, crea una narrazione che combina aspetti sociologici e culturali italiani e arabi. Letteratura Ibrida e della Contaminazione Linguistica: Letteratura che mescola elementi di lingue e culture diverse, creando nuove forme espressive. È caratteristica di scrittori migranti che vivono tra due o più mondi. Da La lingua madre e quella d’adozione si contaminano, dando vita a una nuova estetica a La lingua contaminata abbandona gli artifici e diventa autentica e innovativa. Funzioni principali: Innovare la lingua letteraria. Creare un ponte tra culture diverse. Rafforzare il legame tra tradizione e modernità. Tawfik: Usa il ricco immaginario della tradizione araba per innovare la lingua italiana. Julio Monteiro Martins e Christiana de Caldas Brito: Dimostrano come la contaminazione linguistica possa arricchire la letteratura. Amara Lakhous e Ziarati: Contribuiscono con la loro capacità di fondere lingue e culture per creare narrazioni universali. “Scrivere nella lingua dell'altro” di Daniele Comberiati approfondisce lo sviluppo della letteratura della migrazione in Italia, evidenziandone le caratteristiche, le implicazioni culturali e i temi principali. Questo fenomeno letterario si colloca in un contesto di globalizzazione e riflette la complessità delle interazioni tra identità culturale, linguistica e appartenenza sociale. ### **Origine e sviluppo della letteratura migrante in Italia** 1. **Influenza della tragedia di Jerry Masslo**: La morte di Masslo nel 1989 ha catalizzato una nuova consapevolezza sulle condizioni degli immigrati in Italia. Scrittori come Tahar Ben Jelloun, Ndjock Ngana Yogo e Chidi Christian Uzoma hanno dedicato opere alla memoria di Masslo, affrontando temi di discriminazione e ignoranza culturale. 2. **Opere e autori rilevanti**: - **Pap Khouma** (*Io, venditore di elefanti*, 1990): Racconta le sfide di un immigrato senegalese, esplorando l’identità e l’alterità. - **Salah Methnani** (*Immigrato*): Tra i primi esempi di letteratura della migrazione, scritto in collaborazione con autori italiani. - **Bouchane e Saidou Moussa Ba**: Indagano il linguaggio e il riduzionismo culturale che caratterizzano la percezione degli stranieri in Italia. ### **Temi centrali** - **Critica dell’Italia come "terra accogliente"**: La narrativa migrante sfida l’immagine tradizionale dell’Italia, descrivendola come un luogo inospitale e freddo. - **Lingua e identità**: Molti scrittori usano l’italiano per esprimersi, intrecciandolo con lingue d’origine o sperimentazioni linguistiche (ad esempio, il portuliano di De Caldas Brito). - **Creolizzazione culturale**: Influenzata dal pensiero di Édouard Glissant, questa idea promuove l’integrazione tra culture diverse, pur preservando le specificità identitarie. ### **Letteratura-mondo e Weltliteratur** - **Letteratura-mondo**: Secondo Pascale Casanova e Franco Moretti, questo concetto si riferisce a opere che abbracciano temi globali, spesso legati a migrazione, diaspora e ibridazione culturale. - **Weltliteratur**: Introdotta da Goethe, rappresenta un corpus di opere universali che trascendono i confini nazionali. - **Romanzo-mondo**: Un tipo di narrativa che esplora interconnessioni globali, come nei lavori di Amara Lakhous. ### **Aspetti critici** 1. **Esclusione delle opere autobiografiche**: Armando Gnisci sostiene che solo testi con valore letterario possano essere inclusi nella letteratura-mondo, mentre semplici testimonianze non rientrano in questa categoria. 2. **Sfida al canone letterario**: Come dimostrano Morace e Gnisci, il riconoscimento di questa letteratura è spesso ostacolato da pregiudizi legati alla qualità e all’appartenenza degli autori. 3. **Bilinguismo e migrazione**: La questione del bilinguismo riflette l’esperienza dei migranti e delle seconde generazioni, che affrontano una tensione tra lingua d’origine e lingua d’adozione. ### **Conclusioni** La letteratura migrante in Italia, pur essendo un fenomeno recente (anni ’90), ha già avuto un impatto significativo sul panorama culturale nazionale, favorendo una riflessione critica sulla globalizzazione, sull’identità culturale e sull’inclusione. Autori come Amara Lakhous e Igiaba Scego ne rappresentano esempi emblematici, mostrando come la letteratura italiana stia evolvendo verso una dimensione più universale e interconnessa.

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