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These notes offer an overview of key anthropological terms and concepts, including definitions of anthropology, ethnography, ethnology, and ethnocentrism. The material includes discussion of concepts like identity, culture, values, relationships and practices in different contexts.

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Termini Persone Parole chiave ANTROPOLOGIA DEFINIZIONI ANTROPOLOGIA —> dal greco ἄνθρωπος "uomo" e λόγος "discorso, dottrina"; letteralmente: "stu...

Termini Persone Parole chiave ANTROPOLOGIA DEFINIZIONI ANTROPOLOGIA —> dal greco ἄνθρωπος "uomo" e λόγος "discorso, dottrina"; letteralmente: "studio dell’uomo". L’antropologia è una scienza sociale (o disciplina a vocazione scienti ca). Come tutte le discipline appartenenti a questa categoria, l’antropologia più che una scienza possiamo de nirla un modello interpretativo del mondo. Il suo scopo è rendere conto degli aspetti socio-culturali dell’agire umano e del modo attraverso cui gli umani costruiscono e producono i propri mondi culturali. Teoria che consiste nella costruzione di concetti e paradigmi utili allo studio dell’uomo e del suo comportamento socio-culturale. "I loso sono anime solitarie più inclini a rivolgere la loro attenzione a diligenti diatribe accademiche [...] Gli antropologi, al contrario, fanno loso a nel mondo [...] L'antropologia, dal mio punto di vista, è una loso a che include le persone." (Tim Ingold, Antropologia. Ripensare il mondo, Meltemi, 2020) "Capire cosa signi ca essere umani" (Daniel Miller) ETNOGRAFIA —> έθνος "popolo" e γράφω "scrivere"; letteralmente "descrizione del popolo". Rappresentazione scritta delle forme di vita sociale e culturale di gruppi umani. In passato era essenzialmente intesa come studio delle pratiche e delle credenze di gruppi umani non occidentali, e come ‘enumerazione’ delle diverse società "primitive". Caduta ogni de nizione essenzialista di concetti come etnia, tribù, gruppo sociale o culturale, può intendersi come lo studio antropologico, realizzato attraverso la pratica della ricerca sul terreno e rappresentato attraverso precise modalità di scrittura, dei comportamenti sociali e culturali di un qualsiasi aggregato umano preventivamente de nito in base agli interessi dell’osservatore. Termine che si riferisce alla metodologia utilizzata dalla disciplina antropologica per condurre le ricerche, raccogliere e analizzare dati sui fenomeni socio-culturali studiati. L’etnogra a in antropologia di solito viene descritta come “osservazione partecipante”. Piuttosto che osservare a distanza con un quaderno di appunti, gli antropologi si lasciano coinvolgere: aiutano a badare ai bambini, servono da bere, vendono in un negozio di cellulari, stringono vere e proprie amicizie. ETNOLOGIA —> έθνος "popolo" e λόγος "discorso, dottrina"; letteralmente: "studio del popolo". Termine che nell’Ottocento indicava la branca delle scienze sociali che aveva per scopo la classi cazione delle razze umane, con particolare riguardo a quelle di cultura più primitiva, e che nel secolo successivo è stato assunto per indicare prevalentemente lo studio dei fenomeni di origine, diffusione, contatto dei sistemi culturali, diretto ad acquisire una conoscenza scienti ca dei modi di vita dei popoli, della struttura e della evoluzione delle società; si differenzia dall’etnogra a, concepita come scienza puramente descrittiva. Termine usato prevalentemente in Francia, si riferisce alla classi cazione generale che la teoria antropologica mette in atto nel momento in cui studia gruppi di persone, comunità, popolazioni. Il termine, ad oggi, viene utilizzato come sinonimo di Antropologia. ETNOCENTRISMO —> “Etnocentrismo è il termine tecnico che designa una concezione per la quale il proprio gruppo è considerato il centro di ogni cosa, e tutti gli altri sono classi cati e valutati in rapporto a esso" - così si esprimeva William Graham Sumner all'inizio del Novecento. Etnocentrismo è dunque in primo luogo un atteggiamento valutativo - che può esprimersi sia in giudizi sia in azioni - secondo il quale i criteri, i principi, i valori, le norme della cultura di un determinato gruppo sociale, etnicamente connotato, sono considerati dai suoi membri come qualitativamente più appropriati e umanamente autentici rispetto ai costumi di altri gruppi. L'etnocentrismo avviene quando una dimensione culturale ritiene di essere superiore ad un'altra. Si tratta di una "malattia" che dipende dal nostro contesto socioculturale e dalle abitudini che abbiamo incorporato. Gli esseri umani sono in grado di proiettare diversi cazioni del mondo attraverso la propria dimensione esperienziale, attraverso un processo per cui "io divento altro”. Antropologia della comunicazione 1 Serena Troisi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Termini Persone Parole chiave ETNIA —> In antropologia, l'etnia rappresenta un gruppo umano che condivide un senso di appartenenza comune basato su caratteristiche culturali, storiche, linguistiche o simboliche condivise. Un’etnia non è de nita tanto da criteri biologici, quanto piuttosto da elementi come la lingua, le tradizioni, la religione, i valori, le pratiche sociali e la memoria storica. È un costrutto culturale che si fonda sull’identi cazione reciproca: un individuo si riconosce come parte di un gruppo etnico e, allo stesso tempo, viene riconosciuto come tale dagli altri. In questo senso, l’etnia è un concetto dinamico, che si trasforma nel tempo in risposta ai contesti sociali, politici e culturali. L’identità etnica può ra orzarsi o indebolirsi a seconda delle circostanze, come i processi di migrazione, globalizzazione o con itto sociale. TRIBU’ —> la tribù è una forma di organizzazione sociale tradizionale che si basa su legami familiari, culturali e simbolici. È spesso composta da un gruppo di persone che condividono una lingua comune, un sistema di credenze e un territorio, e che vivono secondo regole e valori collettivi. Le tribù tendono a essere strutture sociali relativamente egualitarie, senza un'autorità centrale forte, in cui il potere e la leadership sono distribuiti tra i membri, spesso basandosi sull’anzianità, il prestigio o il consenso. La tribù si distingue per la sua capacità di adattarsi a contesti ambientali e sociali speci ci, come quelli legati all'agricoltura, alla pastorizia o alla caccia-raccolta. Tuttavia, il termine "tribù" può essere problematico, poiché in passato è stato utilizzato in modo riduttivo per descrivere popolazioni indigene o non occidentali, creando stereotipi di arretratezza. Oggi gli antropologi preferiscono utilizzare termini più precisi e rispettosi per descrivere queste realtà sociali. CULTURALISMO —> Il culturalismo è un fenomeno sociale e politico in cui le differenze culturali vengono mobilitate deliberatamente per sostenere politiche nazionali o transnazionali. Questo processo non avviene in modo spontaneo, ma attraverso un'operazione consapevole, in cui la cultura è utilizzata come strumento per costruire o rafforzare identità collettive, spesso legate a uno Stato nazionale, o per raggiungere obiettivi politici ed economici in un contesto globalizzato. “Il culturalismo è la politica dell’identità mobilitata al livello dello Stato nazionale. E’ la deliberata mobilitazione delle differenze culturali al servizio di più vaste politiche nazionali o transnazionali. Il culturalismo è la forma che la differenza culturale tende ad assumere in un’epoca di mediazione di massa, emigrazione e globalizzazione.” ILOMORFISMO —> In antropologia, il concetto di ilomor smo deriva dalla loso a aristotelica, in particolare dall'unione di hylé (materia) e morphé (forma), per indicare una visione dell'essere umano come sintesi inscindibile di elemento materiale (il corpo) ed elemento formale (l'anima o la dimensione immateriale). Sebbene il termine abbia origini loso che, è stato ripreso in antropologia per esplorare la relazione tra aspetti materiali e simbolici della cultura umana. Dal punto di vista antropologico, l'ilomor smo si riferisce a un approccio che considera l'uomo come un'entità integrata in cui la dimensione sica, biologica e corporea è strettamente intrecciata con la dimensione simbolica, culturale e sociale. Non è possibile comprendere l'essere umano in modo riduzionista, separando gli aspetti materiali dai signi cati culturali e simbolici che li permeano. CAMPO —> Il «campo», oggi, coincide con una «comunità», ovvero con un gruppo di individui che per scelta, destino, vocazione, nascita si trovano a condividere spazi, valori, pratiche, identità e rappresentazioni. Il campo è quello spazio all’interno del quale si manifestano i signi cati condivisi e le pratiche di rappresentazione degli individui appartenenti a tali gruppi o comunità. VALORE —> Il Valore è dare importanza a una cosa e metterla prima di un'altra. La gerarchia di valori costruisce la nostra identità come componenti di una società. BRICOLEUR —> E’ un costruttore che usa ciò che si trova sotto mano, riassemblando e risigni cando vecchi pezzi all'interno di nuove con gurazioni. CONTESTO SITUAZIONALE —> Il contesto situazionale si riferisce al quadro immediato e circoscritto in cui si svolgono interazioni sociali, caratterizzato da elementi come lo spazio sico, il tempo, i partecipanti e le dinamiche relazionali presenti in quel momento. È il livello micro delle pratiche culturali, che include segnali visivi, linguistici e non verbali, e il modo in cui questi in uenzano il comportamento e la comprensione reciproca. Antropologia della comunicazione 2 Serena Troisi ff fl fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fl fi fi Termini Persone Parole chiave CONTESTO CULTURALE—> Il contesto culturale rappresenta il sistema più ampio di valori, credenze, pratiche, simboli e norme condivise che in uenzano il modo in cui gli individui e i gruppi interpretano e rispondono alle situazioni. È il livello macro, che fornisce le basi cognitive e simboliche per comprendere il mondo e costruire signi cati. STRATEGIA —> La strategia è un corso d'azione programmato, volto a raggiungere obiettivi pre ssati in modo chiaro, sostenuto istituzionalmente e perseguito in modo consapevole e sistematico sulla base di risorse messe appositamente a disposizione. TATTICA —> La tattica consiste invece in corsi d'azione frammentari e contingenti, che tentano di adattarsi a situazioni del momento sula base delle risorse volta per volta disponibili. AGENCY —> E’ forza che è in grado di veicolare dei valori e di portare le persone ad agire di conseguenza. Si tratta di una capacità di azione e di orientamento del comportamento sociale. COMUNICAZIONE —> E’ un insieme di pratiche di produzione di signi cazione volte allo scambio, alla negoziazione, alla condivisione e alla costruzione di valori e identità. UBIQUITA’ —> L'ubiquità: è il concetto che ci permette di pensare alla nostra identità come libera dai vincoli e dai parametri spazio-temporali. Con identità, solitamente, si identi ca all'interno del contesto nel quale ci inseriamo. Canevacci dice che dobbiamo decustruire il concetto di identità e renderla ubiqua, a partire da possibilità multi-situate. Il digitale crea nuove forme di spazialità che esulano dalle dimensione siche che solitamente ha lo spazio percorribile da un corpo sico. In caso contrario, nella nostra dimensione culturale, lo spazio non esiste. Le pratiche di usive basate sul concetto di ubiquo identi cano il modus operandi della comunicazione attraverso la Web-cultura: il Web è ubiquo e l’ubiquità caratterizza le identità uttuanti nelle esperienze del soggetto». POLIMEDIALE —> Il termine "polimediale" si riferisce a un ambiente comunicativo in cui coesistono e interagiscono molteplici media, ciascuno con caratteristiche tecniche, sociali e simboliche speci che. Miller sottolinea che gli individui non usano i media in modo generico o uniforme, ma attribuiscono loro signi cati distinti, a seconda del contesto, dello scopo e delle relazioni che vogliono esprimere. FAKE DIGITALE —> E’ possibilità indisciplinata di tracciare dei percorsi biogra ci delle merci, che sono ovunque, dappertutto e da nessuna parte. Il nostro rapporto con la merce digitale non è a ettivo come con la merce materiale. Si tratta di un rapporto e mero e quasi super ciale. L'interpretazione è molto soggettiva, in quanto si rifà alle nostre biogra e personali. MEDIA —> I media sono strumenti e tecnologie che mediano le interazioni umane, facilitando la comunicazione, la trasmissione di signi cati e la creazione di culture condivise. Essi non sono solo mezzi tecnici, ma anche artefatti culturali profondamente intrecciati ai contesti sociali, politici ed economici in cui vengono prodotti e utilizzati. "I media sono forme di comunicazione, cioè insieme di regole, convenzioni e forme organizzative - culturalmente, socialmente e storicamente determinate - che le persone seguono quando comunicano usando le tecnologie". Si tratta di una forma di comunicazione che ci permette di “esserci". (Giovanna Cosenza) DIGITAL DIVIDE —> Il digital divide riguarda la disuguaglianza nell'accesso a internet e alle tecnologie digitali, come computer, smartphone o connessioni a banda larga. NETWORK DIVIDE —> Il network divide si concentra sulle disuguaglianze nella capacità di costruire, mantenere e sfruttare reti sociali online attraverso piattaforme come i social media. COMUNICAZIONE —> è un insieme di pratiche di produzione di signi cazione volte allo scambio, alla negoziazione, alla condivisione e alla costruzione di valori e identità. Antropologia della comunicazione 3 Serena Troisi fi ff fi fi fi fi fi ffi fl fi fi fi fi fi fl fi fi ff fi Termini Persone Parole chiave FRAMMENTAZIONE DEL CONCETTO DI CULTURA Nel corso della storia dell’antropologia abbiamo avuto modo di assistere ad una frammentazione del concetto «complesso» di cultura. Questa frammentazione porta a ripensare le culture non più come cose in sé, degli insiemi di valori, costumi o signi cati già costituiti all’interno dei quali gli uomini restano impigliati, ma come un processo di produzione di signi cazione. In quest’ottica anche il concetto di società si frammenta e viene a rappresentare non un gruppo di individui legati da speci che condizioni geopolitiche (come i concetti di etnia, razza e cultura nel senso tradizionale lasciano intendere), ma un gruppo di persone i cui membri condividono una serie di pratiche, attraverso le quali trasmettono e comunicano i valori in cui si identi cano. CULTURA —> Col termine "cultura" si intendono tutti quegli aspetti che riguardano il modo in cui i gruppi sociali producono signi cazione e strutturano il loro vivere quotidiano. 1. Edward B. Tylor (1871): E’ la prima de nizione di cultura: L'autore, nel testo «Primitive Culture», scrive: "La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnogra co, è quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società”. 2. Bronislaw Malinowski: La cultura è un’entità organica in cui ogni parte dipende dall’altra: è compito dell’antropologo comprendere la relazione tra le diverse parti. La cultura è "Il tutto integrale consistente degli strumenti e dei beni di consumo, delle carte costituzionali per i vari raggruppamenti sociali, delle idee e delle arti, delle credenze e dei costumi”. Si tratta di "un vasto apparato, in parte materiale, in parte umano e in parte spirituale con cui l’uomo può venire a capo dei concreti, speci ci problemi che gli stanno di fronte". 3. Alfred Kroeber e Clyde Kluckhohn (1952): "La cultura consiste in schemi, espliciti e impliciti, di e per il comportamento, acquisiti e trasmessi con la mediazione di simboli: essi costituiscono il rendimento distintivo dei gruppi umani, incluse le loro manifestazioni in artefatti: il nucleo della cultura è costituito da idee tradizionali (cioè storicamente derivate e selezionate) e specialmente dai valori ad esse connessi. I sistemi culturali possono essere considerati da una parte prodotti dell’azione e dell’altra elementi condizionanti per un’azione futura". (A. Kroeber e C. Kluckhohn, Culture: A Critical Review of Concepts and De nitions, 1952) All'interno di questo manoscritto, sono state recuperate tutte le de nizioni e i concetti di "cultura" dal 1871 al 1952. La cultura come cosa in sé (noumeno) è inconoscibile. E' possibile conoscerla solo se la considera come fenomeno (Kant). 4. Claude Lévi-Strauss (1958): Secondo Lévi-Strauss la cultura deve essere trattata come il linguaggio ovvero noi impariamo a parlare perché disponiamo di un meccanismo generativo dato a priori, è una sorta di matrice di tutti i linguaggi possibili già presenti nella mente umana prima di imparare un linguaggio speci co (siamo potenzialmente in grado di parlare qualsiasi lingua). "La cultura è ogni insieme etnogra co che, dal punto di vista dell’inchiesta, presenti scarti signi cativi rispetto ad altri”. Lévi-Strauss la interpreta come una funzione che dà ordine e signi cato all’esperienza. 5. Cli ord Geertz (1963, 1973): "Un modello di signi cati trasmesso storicamente, signi cati incarnati in simboli, un sistema di concezioni ereditate espresse in forme simboliche per mezzo di cui gli uomini comunicano, perpetuano e sviluppano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti verso la vita". "La cultura consiste in queste reti di signi cati che l’uomo stesso ha tessuto". Antropologia della comunicazione 4 Serena Troisi ff fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Termini Persone Parole chiave 6. Arjun Appadurai: Critica la concezione della cultura come "sostanza", preferendo vederla come un processo dinamico e contestuale. Propone l'uso dell'aggettivo "culturale" per sottolineare le di erenze che costruiscono identità collettive. "Mi trovo spesso a disagio con il sostantivo cultura, mentre sono assolutamente a ezionato alla forma aggettivale del sostantivo, e cioè culturale. Se penso alla ragione di ciò, mi rendo conto che gran parte del disagio dovuto al sostantivo ha a che fare con il preconcetto che la cultura sia un qualche oggetto, una cosa, o una sostanza, sica o meta sica. Questa sostanzializzazione sembra riportare la cultura nello spazio discorsivo della razza, e cioè proprio entro quell’idea per contrastare la quale (la cultura) era stata in origine concepita”. 7. Émile Durkheim: Ritiene che la cultura sia un qualcosa che prende forma a partire dalla complessità dei sistemi sociali, i quali sono "più della somma degli individui che li compongono". Secondo Durkheim i processi sociali sono «oggettivi» e gli attori, molto spesso, non sono consapevoli di tali meccanismi. Solo un occhio esterno e scienti co può riconoscerli e analizzarli. ORIGINE DELL’ANTROPOLOGIA - POSITIVISMO XIX Secolo L’antropologia è una disciplina recente. Possiamo dire che l’antropologia in quanto disciplina nasce nella seconda metà dell’ 800 all’interno degli ambienti loso ci, motivo che per il quale il rapporto tra le due discipline è costante e molto stretto. Nascita del metodo scienti co applicato alle società umane: Se dovessimo inquadrare storicamente l’antropologia, dobbiamo, prima di tutto, pensare che questa disciplina nasce a partire dalle ri essioni loso che occidentali legate al pensiero positivista nell’epoca vittoriana (1837-1901). Quindi possiamo ritenere Auguste Comte (1798-1857) come uno dei primi autori a cui far riferimento quando si cerca di ripercorrere le tappe storiche che hanno dato vita all’antropologia in quanto disciplina a vocazione scienti ca che si occupa dello studio delle società umane. Oltre a Comte dobbiamo prendere in considerazione tutti quegli autori che nella ne dell’Ottocento hanno preso parte al dibattito sul Positivismo come Charles Darwin e Herbert Spencer. Auguste Comte: Possiamo dire che l’antropologia, così come la sociologia moderna, prende le mosse da una proposta di Comte, riportata nel testo "Corso di loso a positiva". Egli intendeva creare una " sica sociale" in grado di studiare i fenomeni sociali in maniera oggettiva e scienti ca. A tale scopo egli ha ricercato le leggi universali che strutturano i fenomeni sociali. "Intendo per sica sociale la scienza che ha per proprio oggetto lo studio dei fenomeni sociali, considerati nello stesso spirito in cui sono considerati i fenomeni astronomici, sici, chimici e siologici, cioè assoggettati a leggi naturali invariabili, la scoperta delle quali è lo scopo essenziale delle sue ricerche". (Opuscoli di loso a sociale, IV, 335) Hyppolite Taine: L’uomo è il risultato di tre elementi: race, milieu e moment (fattore ereditario, ambiente sociale, momento storico) che “lo determinano nei suoi tratti psicologici e ne generano il comportamento, sicché anche la virtù e il vizio non sono che corpi compositi, scindibili, come lo zucchero e il vetriolo, negli elementi semplici che li costituiscono”. La letteratura, per Taine, ha il compito di svolgere un’inchiesta sull’uomo e i suoi comportamenti e di descrivere la società e i comportamenti, come qualsiasi altro fenomeno naturale. L’uomo ha bisogno di raccontare e rappresentare la realtà per quella che è. Durkheim: L’assunto centrale di Durkheim è che la società è qualcosa di più della somma degli individui che la compongono. Essa funziona secondo meccanismi oggettivi di cui non necessariamente gli attori sociali sono consapevoli e che invece possono essere colti dallo sguardo scienti co. Molto importante fu il suo studio sul suicidio (1897): una pratica che sembra dipendere dalla psicologia individuale si rivela in realtà legata a precise regole e a particolari situazioni sociali, al di là dei punti di vista e della coscienza delle singole persone. Antropologia della comunicazione 5 Serena Troisi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fl fi fi fi fi fi fi fi fi ff fi ff fi fi Termini Persone Parole chiave A mediare tra società e individuo ci sono i concetti di coscienza collettiva e rappresentazioni collettive. Si tratta di credenze o modi di sentire che sono comuni ai membri di una società o di una cultura. Per Durkheim e Mauss sono di questo tipo le rappresentazioni basilari della magia e della religione, come la credenza nell’anima, in entità sovrannaturali o in forze e poteri sovrannaturali. Attraverso le rappresentazioni collettive la società in uenza ai suoi livelli più profondi il pensiero individuale. Molto importante è l’opera Le forme elementari della vita religiosa in cui Durkheim analizza la religione a partire dalla contrapposizione tra sacro e profano. Ciò che noi consideriamo sacro ha lo stesso potere che la società esercita nei confronti dell’individuo. Le forze magico-religiose e le divinità sono onnipresenti, onnipotenti e immortali. E’ dunque la sovra-individualità del collettivo il tema portante dell’esperienza religiosa e delle relative dottrine pratiche. Durkheim si interessa soprattutto alle religioni totemiche degli aborigeni australiani. Il culto si indirizza verso un totem nel quale viene riconosciuto l’antenato originario di un clan o di un gruppo sociale (personi cazione della collettività). Per Durkheim non è nella credenza che va ricercato il radicamento dell’esperienza religiosa (evoluzionisti), ma è la performance rituale che rappresenta l’interfaccia tra individuo e società. Il rito è il momento centrale in cui la collettività si impone alla coscienza individuale e ne diventa parte integrante sotto forma di sentimenti morali. Secondo Durkheim nei riti vi è una sorta di e ervescenza collettiva nel quale gli individui esprimono l’appartenenza al gruppo attraverso il corpo e le emozioni prima che sul piano intellettuale. EVOLUZIONISMO (visione poligenetica) XIX Secolo Visione lineare dello sviluppo umano verso il modello occidentale: L’evoluzionismo antropologico ha l’obiettivo di risalire indietro nel tempo alla scoperta dell’origine delle forme viventi e culturali che sono oggi osservabili. In continuità con la scienza biologica, tale movimento di pensiero proponeva di analizzare scienti camente gli aspetti esterni al corpo umano, quindi anche la sfera detta della «cultura». Secondo gli studiosi evoluzionisti le società primitive sono società che devono ancora raggiungere la massima evoluzione umana, rappresentata dalla società Occidentale, post-industriale. Tutti i popoli della terra sono in cammino verso l'evoluzione, attraverso percorsi diversi e verso un punto d'arrivo = Inghilterra Vittoriana. (Etnocentrismo) Metodo comparativo: dati provenienti dai più diversi contesti geogra ci e temporali possono essere accostati e gettar luce gli uni sugli altri, integrarsi a vicenda come parti di un unico disegno. La soluzione comparativa implica un fondamentale presupposto, noto come principio uniformista: l’evoluzione si dispiega in modo graduale continuativo e costante seguendo alcune leggi che restano invariate nel tempo e nello spazio. Inoltre, si articola in fasi e stadi che hanno ovunque la stessa sequenza. Anche se l’evoluzione è uniforme, non procede alla stessa velocità nelle diverse parti del mondo. La teoria darwiniana poggiava sull’osservazione di specie arcaiche che mostravano nel presente storico i tratti di precedenti fasi evolutive. Anche per la cultura è così. Ma non solo esistono i “primitivi d’oggi”, nel presente possiamo notare un’in nità di simboli cifrati del passato, tratti culturali il cui signi cato si chiarisce solo in riferimento a stadi arcaici. Gli antropologi parlano di sopravvivenze. (Es. coprirsi la bocca con la mano quando sbadigliamo segno di educazione relazione con la credenza antica che l’anima potesse scappare dagli ori zi del corpo lo sbadiglio è un momento in cui interno ed esterno vengono a contatto e quindi c’è bisogno di una protezione). Tutti gli usi e i costumi recenti della nostra cultura a ondano le radici in sacri ci, in credenze e valori passati. Un esempio di evoluzionismo antropologico è la teoria di Tylor sulla religione. La religione è presente in tutte le culture e in forme diverse: come ricostruire l’origine? Si possono a ancare tutte le religioni dalla più semplice alla più complessa e cercare cosa hanno in comune: la credenza nell’anima. Dunque all’origine di ogni religione deve esserci stata una fase animistica dalla quale poi si sono sviluppate forme più complesse no al giorno d’oggi. Ci si può chiedere come nasce la credenza nell’anima. Secondo Tylor l’idea di anima nasce dal losofo selvaggio che ri ette sul mondo, sulle esperienze di morte e di sogno che sembrano suggerire un’esistenza di un’essenza vitale separabile dal corpo. Antropologia della comunicazione 6 Serena Troisi fi fi fl fi ff fi ff fi fi fi fi fi fl ffi Termini Persone Parole chiave Edward B. Taylor: La prima de nizione di cultura la dobbiamo a Taylor e risale al 1871. L'autore, nel testo «Primitive Culture», scrive: "La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnogra co, è quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società”. Egli rappresenta un vero punto di contatto tra la storia del design e la storia dell’antropologia. Taylor proviene da una famiglia di imprenditori inglesi. L’azienda di famiglia, la J. Tylor and Sons, una fonderia di metalli specializzata nella costruzione di sanitari, pompe idrauliche e successivamente motori, partecipò alla Great Exhibition del 1851 e il fratello Alfred fu addirittura tra i giurati dell’evento. Lo scopo della Great Exhibition di Londra era quello di mostrare, venire a conoscenza e mettere a confronto gli oggetti di uso comune provenienti da tutto il mondo. Fu visitato da sei milioni di persone. Parteciparono 35 paesi provenienti da Africa, Asia ed Europa. (allargamento della conoscenza culturale e delle tecnologie) Stadi evolutivi secondo Tylor: James George Frazer: "Dio me ne guardi!" (The Golden Book, studio sulla mitologia e sulla religione) - Il Ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione - Le tappe dell’evoluzione umana: "magia" (primitivi), "religione" (barbari) e "scienza" (evoluti) - Comparativismo enciclopedico e "sopravvivenze" (spiegazione degli eventi) A suo parere l'umanità primitiva è dominata da un pensiero magico, basato sule due grandi leggi dell’associazione delle idee, la similarità e il contatto (le cose che si assomigliano o sono state in contatto si in uenzano a vicenda). Frazer faceva parte di coloro che venivano chiamati "antropologi da tavolino". Essi, infatti, raccoglievano i dati attraverso documenti e dispacci mandati da missionari ed esploratori, senza mai lasciare la loro scrivania. FASE CLASSICA DELL’ANTROPOLOGIA Nella fase classica della disciplina, gli antropologi si sono concentrati esclusivamente sulle popolazioni ritenute «primitive», «esotiche», «semplici». I loro metodo prevedeva lo studio olistico della cultura di un determinato popolo. Per motivi pratici, però, era molto frequente che i primi antropologi si specializzassero su speci ci ambiti della vita socio-culturale. Alcuni degli ambiti principali erano: - Sistema di parentela, forme del matrimonio e della vita familiare. - Sistemi economici, con particolare riferimento alle attività produttive e ai sistemi di scambio nelle società di caccia e raccolta, di pastorizia, di agricoltura stanziale, e alle relative pratiche alimentari. Antropologia della comunicazione 7 Serena Troisi fi fl fi fi Termini Persone Parole chiave - Strati cazione sociale, istituzioni della politica e tipologie del potere. - Linguaggio e forme della comunicazione non verbale. - Religione e magia, riti, miti e pratiche simboliche, talvolta raccolti sotto la categoria del «pensiro primitivo». - Etnoscienza, vale a dire i sistemi indigeni di saperi naturalistici e cosmologici, e i processi cognitivi che ad essi si accompagnano. - Espressione estetica, con riferimento sia all’artigianato e all’arte cosiddetta primitiva, sia ai repertori musicali, oggetto della speci ca disciplina dell’etnomusicologia. Lewis Henry Morgan: ha studiato la popolazione degli Irochesi. Concentrandosi prevalentemente sui sistemi di parentela e sull’organizzazione sociale, a partire dalle linee di discendenza. In questo caso le di erenze delle popolazioni assumevano un'accezione negativa. 1851: La lega degli Irochesi 1857: Leggi di discendenza tra gli Irochesi 1871: Sistemi di consanguineità e di a nità nella famiglia umana ETNOCENTRISMO VS RELATIVISMO CULTURALE Negli anni successivi alla ne del secondo con itto mondiale, gli antropologi della American Anthropological Association, in particolare Melville Herskovits, proposero alle Nazioni Unite un documento per contribuire alla scrittura della Dichiarazione dei diritti umani. Questo documento dal nome Statement on Human Right a erma che l’uomo realizza la propria identità all’interno di contesti cultuali speci ci, pertanto il rispetto per i diritti umani deve tener conto delle diversità culturali. QUAL E' L'OGGETTO DI STUDIO DELL'ANTROPOLOGIA OGGI? L’antropologia studia l’alterità ovvero, la diversità culturale. L'antropologia, in quanto disciplina critica, nel suo percorso teorico ha più volte messo in discussione il proprio oggetto di studio. Possiamo dire, in senso generale, che l'antropologia studia la "cultura" di un determinato gruppo. Col termine "cultura" si intendono tutti quegli aspetti che riguardano il modo in cui i gruppi sociali producono signi cazione e strutturano il loro vivere quotidiano. "In rapporto alla caratterizzazione abituale della disciplina, che ne è, per esempio, di un’antropologia delle modernità che assume come oggetto non più le tribù esotiche lontane, ma spazi appartenenti alla nostra vita quotidiana più banale, ai nostri comportamenti sociali più correnti o al nostro immaginario simbolico più nascosto? Che ne è di un’antropologia che concentra ormai l’attenzione sull’analisi delle istituzioni amministrative e burocratiche, sui rapporti di lavoro in fabbrica, sulle grandi concentrazioni urbane, o ancora sulle nuove forme di religiosità e di violenza. Dov’è ormai quella distanza-spaesamento che ha caratterizzato nora il rapporto dell’antropologo con il proprio oggetto di studio?" (Mondher Kilani, Antropologia. Dal locale al globale, Dedalo, 2011, p. 12) "Il mio punto di vista è che, se mai l’antropologia ha un oggetto speci co, tale oggetto sono le relazioni sociali – ovvero le relazioni tra coloro che partecipano a sistemi sociali di vario tipo. Riconosco che molti antropologi sulla scia di Franz Boas e Alfred Kroeber ritengono che l’oggetto principale dell’antropologia sia la «cultura». Il problema di questa concezione è che si può arrivare a scoprire in cosa consista la cultura di qualcuno solo osservandone e registrandone il comportamento culturale in un contesto speci co […]. La cultura non esiste indipendentemente dalle sue manifestazioni nelle interazioni sociali; questo vale anche nel caso in cui qualcuno prenda a intervistare qualcun altro e gli chieda: «Parlaci della tua cultura»; in questo caso l’interazione in questione è quella tra l’antropologo che pone le domande e una persona informata dei fatti (probabilmente piuttosto divertita)".(A. Gell, Arte e Agency, 1998) Antropologia della comunicazione 8 Serena Troisi ff fl fi ff fi fi fi fi fi fi ffi fi Termini Persone Parole chiave Possiamo a ermare che l’antropologia studia i fenomeni socio-culturali che prendono forma all'interno di speci ci contesti. Lo scopo della disciplina è far emergere le "diversità culturali" che si formano all’interno dei nostri contesti sociali. QUAL E' IL SUO METODO DI STUDIO? Il sapere dell’antropologia si basa sulla metodologia etnogra ca. Non c’è antropologia senza etnogra a. L’etnogra a è la metodologia utilizzata dagli antropologi per fare ricerca. Questo metodo di indagine è anche detto ricerca sul campo. L’antropologia deve fare ricerca con (insieme a…) le persone e le comunità che decide di studiare. L’etnogra a è un confronto diretto con le diversità. A di erenza di altre scienze umane, quindi, l’antropologia assume uno sguardo da vicino, vivendo direttamente i fenomeni che studia e dando molto valore ai signi cati, alle emozioni, ai valori prodotti dalle persone con cui decide di fare ricerca. L’etnogra a si basa su due fasi principali: l’osservazione delle pratiche e l’analisi dei dati. Aristotele cercò di dare una de nizione di "etnos" attraverso l'utilizzo di categorie che si oppongo tra loro e che mettono in atto una di erenziazione (interpretazione relazionale di etnia). Tale de nizione venne poi ripresa da Maurizio Moggi come relazione che si viene a creare se si mettono vicine due categorie opposte (principio di distinzione). METODO COMPARATIVO INDIRETTO Notes and Queries on Anthropology = Alcuni tra i principali studiosi erano in contatto con reti di informatori sul campo, ai quali chiedevano resoconti su temi speci ci. A tal ne erano pubblicati opuscoli di guida e questionari per osservatori etnogra ci dilettanti. Dati incompleti provenienti dai più diversi contesti geogra ci e temporali possono essere accostati e gettar luce gli uni sugli altri, integrarsi a vicenda come parti di un unico grande disegno. La soluzione comparativa implica un fondamentale presupposto, noto come principio «uniformista»: l'evoluzione si dispiega in modo graduale, continuativo e costante, seguendo alcune grandi leggi che restano invariate nel tempo e nello spazio. Gli antropologi ottocenteschi non erano dunque insensibili all'importanza di una ricerca in grado di produrre fonti di prima mano. Ma in generale ritenevano quello del ricercatore sul campo e quello del teorico comparativista due ruoli e compiti completamente diversi, che erano e dovevano restare separati. Il primo raccoglieva «fatti» puri attraverso viaggi e lunghe permanenze in luoghi lontani, nei quali non poteva svolgere lavoro teorico. Anzi, la teoria era pericolosa perché portatrice di «pregiudizi» che potevano in ciare l'oggettività del lavoro di rilevazione. L'etnologia descrittiva e quella comparativa «devono essere tenute rigidamente separate: tentare di combinarle vuol dire rovinarle entrambe». DIFFUSIONISMO (visione monogetica) ne XIX Secolo Studio delle migrazioni, commercio e guerre come vettori di di usione culturale: Alla ne dell’Ottocento parallelamente all’espandersi delle teorie evoluzioniste prese forma il di usionismo. Questo movimento si pose n da subito in contrasto con l’evoluzionismo. La sostanziale di erenza tra i due movimenti consisteva nel fatto che i di usionisti non credevano alla teorie dei tre stadi dell’evoluzione umana, ma sostenevano, con una certa convinzione, dovuta anche all’utilizzo del metodo comparativo, che tratti comuni tra culture localizzate in diversi luoghi del mondo sono in realtà originati da un’unica civiltà. Grazie al commercio, alle guerre e alle migrazioni queste civiltà hanno di uso i propri tratti in diverse regioni del mondo ("la struttura cappuccetto rosso", il canovaccio delle storie era lo stesso). PRODOTTI FRUTTO DI UN PROCESSO STORICO CHE HA PORTATO DA UN CENTRO NEVRALGICO ALLA DIFFUSIONE GLOBALE. Ad esempio, il rapporto tra totem e clan, ovvero l’associazione tra un gruppo di consanguinei e un simbolo di natura animale o vegetale, è stato analizzato dagli evoluzionisti come un tratto comune e universale delle società «primitive» e ritenevano i clan come una riunione di gruppi precedentemente separati. Per i di usionisti, invece, le ragioni erano da ricercare nella tendenza inversa, ovvero nella scissione di tribù più numerose. Antropologia della comunicazione 9 Serena Troisi ff fi fi fi ff ff ff ff fi fi fi fi ff fi fi fi fi fi fi ff ff ff fi fi fi fi Termini Persone Parole chiave PARTICOLARISMO STORICO (critica all’evoluzionismo) inizio XX Secolo Metodo idiogra co / ricostruzione storica e raccolta sul campo: Nel XX secolo si comincia a capire che i fatti non possono essere raccolti da uno sguardo ingenuo e neutrale. Per cogliere gli aspetti importanti di un’altra cultura è necessario avere una preparazione teorica e metodologica adeguata. Si delinea allora una nuova gura di antropologo che è al tempo stesso ricercatore e teorico. Nel mondo anglofono questa nuova gura trova diversi interpreti e uno dei più importanti fu Franz Boas. Franz Boas: Nel testo "I limiti del metodo comparativo dell’etnogra a" del 1896, Franz Boas pone le basi per i futuri studi antropologici post-evoluzionisti. Nel testo Boas si oppone "allo sforzo di costruire una storia sistematica uniforme dell’evoluzione della cultura" e alla visione, molto di usa all’epoca sia in ambiente americano che inglese, secondo la quale tratti simili osservabili presso popoli distanti siano apparsi indipendentemente dalle condizioni storiche. All'approccio nomotetico (volto appunto ala ricerca di leggi) ne preferisce uno idiogra co, cioè individuante, concentrato su casi speci ci, e storico, volto a ricostruire i processi di formazione di determinati costumi o tratti culturali. Per Boas l’obiettivo dell’ "etnologia" era quello di ricostruire le cause storiche che avevano determinato la formazione di speci ci tratti culturali propri di una certa popolazione. Metodo genealogico = raccolta di dati attraverso le interviste agli informatori locali. Nel 1883 Franz Boas si reca nell’isola di Ba n con una spedizione di ricercatori. In questa zona, per un anno, vive a stretto contatto con le popolazioni Inuit (eschimesi). Qui, svolgerà una vera e propria ricerca di campo. Vive con loro, studia la loro lingua, il loro rapporto con l’ambiente e le loro tecniche di caccia. Trasferitosi negli Stati Uniti alla ne dell’800 iniziò a lavorare come assistente del reparto di antropologia per l’esposizione mondiale Colombiana. Successivamente divenne direttore del museo etnogra co di New York. Grazie a questo incarico riuscì a continuare le sue ricerche e decise di studiare le popolazioni indiane della costa nord occidentale, le quali stavano scomparendo. Il lavoro di Boas intendeva recuperare quante più informazioni possibili per cercare di non far sparire del tutto quelle culture. Riuscì ad insegnare a scrivere ad un indigeno del posto, George Hunt, che aiutò Boas a raccogliere informazioni sui costumi, i riti e la vita dei gruppi che abitavano la zona. Boas tra il 1894 e il 1895 condusse la sua ricerca etnogra ca presso i Kwakiutl. In particolare studiò una serie di rituali denominati "Potlatch", che in lingua Chinook vuol dire "dono". Si trattava di rituali che prevedevano la distruzione di beni di "prestigio". Il senso di questo rituale era legato all’organizzazione della società. Ogni persone che partecipava al Potlatch manteneva o recuperava il suo status sociale, ostentando le proprie ricchezze. L’errore di Boas fu parlare del Potlach con la terminologia dell’economia occidentale, andando così a screditare il reale valore economico-sociale del rituale rispetto al contesto di appartenenza. IL SAGGIO SUL DONO Gli esseri umani si scambiano beni per ragioni che vanno oltre la semplice logica utilitaristica o di mercato. Le scienze economiche del Novecento, sia neoclassiche che marxiste, tendono a spiegare lo scambio attraverso la ricerca dell’utilità massima e l’applicazione di modelli universali, come la legge della domanda e o erta. Tuttavia, l’antropologia mette in discussione questi assunti, sottolineando come lo scambio non sia una dimensione autonoma, ma intrecciata con altre sfere sociali, culturali e morali. Marcel Mauss, nel suo Saggio sul dono (1923-24), analizza pratiche di scambio nelle società arcaiche de nite “prestazioni sociali totali”. Queste forme di scambio non seguono logiche di mercato e si caratterizzano per essere pubbliche, ritualizzate e intrise di obblighi reciproci. Lo scambio si articola in tre fasi: dare, ricevere e ricambiare. Più che il valore intrinseco del bene, conta il rapporto sociale che si instaura tra le parti. Il dono è spesso agonistico: i partecipanti competono per donare di più, cercando prestigio e rango sociale. Mauss approfondisce esempi etnogra ci come: 1. Il Kula (isole Trobriand): uno scambio rituale di gioielli preziosi con una forte componente simbolica, dove il contro-dono deve essere ancora più prestigioso. Antropologia della comunicazione 10 Serena Troisi ff fi fi ff fi fi fi ffi fi fi fi fi fi fi fi Termini Persone Parole chiave 2. Il Potlach (nativi del Nord America): cerimonie in cui le famiglie più ricche distribuiscono o distruggono beni per ottenere prestigio, enfatizzando il dispendio piuttosto che il possesso. 3. Lo Hau (Maori della Nuova Zelanda): un’essenza spirituale associata agli oggetti cerimoniali che obbliga il destinatario a ricambiare il dono. Queste pratiche, de nite fatti sociali “totali”, intrecciano dimensioni economiche, religiose e morali. Per Mauss, lo scambio non è mai solo economico: il dono porta con sé una parte dell’anima del donatore, creando obblighi relazionali. «Ciò che obbliga, nel regalo ricevuto e scambiato, è che la cosa ricevuta non è inerte. Anche se abbandonata dal donatore, è ancora qualcosa di lui. Per mezzo di essa, egli ha presa sul bene ciario.» Ciò signi ca che il vincolo che si stabilisce attraverso le cose «è un legame di anime, perché la cosa stessa ha un'anima, appartiene all'anima. Da ciò deriva che regalare qualcosa a qualcuno equivale a regalare qualcosa di se stessi». L’ obbligo del ricambiare è dunque una sorta di fondazione del legame sociale: è necessario «rendere altrui ciò che è in realtà una particella della sua natura e della sua sostanza; accettare, infatti, qualcosa da qualcuno equivale ad accettare qualcosa della sua anima, della sua essenza spirituale». Anche i Maori, popolazione indigena della Nuova Zelanda, o rono un esempio signi cativo per comprendere il concetto di dono. Mauss analizza una pratica maori legata agli oggetti cerimoniali, noti come taonga, che circolano all'interno delle comunità attraverso scambi rituali. Questi oggetti non sono semplici beni materiali: sono dotati di un'essenza spirituale, chiamata hau, che obbliga chi riceve un dono a ricambiare. La modernità, con la logica del mercato, ha subordinato lo scambio all’equivalenza di valore, eliminando il legame morale. Tuttavia, Mauss vede nelle riforme sociali del suo tempo, come il welfare, un ritorno a una dimensione morale dello scambio, una rinascita moderna del dono che reintegra la solidarietà nella sfera economica. FUNZIONALISMO XX Secolo Osservazione partecipante e immersione nelle società studiate: Nell’antropologia dei primi decenni del Novecento l’in uenza di Durkheim si combina con lo sviluppo della ricerca sul campo. Studiare una cultura come un tutto sincronico conduce a sottolineare i nessi funzionali tra i suoi diversi elementi mettendo in risalto la centralità delle diverse forme di organizzazione sociale. Per questo l’orientamento teorico che si va a ermando prende il nome di funzionalismo. Di fronte a un tratto culturale non ci si chiede più da cosa abbia avuto origine ma a cosa serve in relazione di tutti gli altri tratti e all’equilibrio del sistema che li comprende. È soprattutto l'antropologia britannica a intraprendere questa strada, rompendo in modo radicale con i precursori evoluzionisti e ride nendosi in termini di antropologia sociale. La società è studiata come un sistema complesso in cui ogni parte svolge una precisa funzione nei confronti del tutto. Il funzionalismo studia, appunto, il funzionamento delle società. Secondo tale movimento, le persone si uniscono in gruppo per soddisfare tre bisogni primari (basic needs): cibo, soldi e casa. Malinowski sviluppa queste idee all’interno di una “teoria scienti ca della cultura” mostrando la funzionalità della cultura, legandola a una serie di bisogni umani: ad esempio la magia e la religione fungono da controllo dell’ansia e da rassicurazione. Se i trobriandesi compiono riti magici sul campo non è perché non hanno tecniche di agricoltura anzi le loro tecniche sono molto e caci e complesse, Antropologia della comunicazione 11 Serena Troisi fi fi fi ff fl ff fi ffi fi fi Termini Persone Parole chiave ma quando la tecnica non basta più come ad esempio di fronte ad un temporale, si ricorre al “ottimismo cristallizzato” della magia, che consente di procedere come se il rischio non esistesse. ANTROPOLOGO COME TEORICO E RICERCATORE Nel XX secolo si sviluppa una diversa sensibilità, che problematizza il momento della raccolta dei fatti e della produzione delle fonti. Osservazione e interpretazione scienti ca non sono separabili (antropologo come teorico e ricercatore). Qui l’osservazione e descrizione cominciano ad apparire come operazioni complesse; i fatti non si «raccolgono» per mezzo di uno sguardo ingenuo e neutrale. Per cogliere ciò che vi è di importante in un'altra cultura occorre invece una speci ca preparazione teorica e metodologica. L'etnografo sul campo non riesce a descrivere adeguatamente se non possiede una seria preparazione scienti ca; e il teorico non capirà mai no in fondo una cultura senza averla conosciuta in modo diretto e ravvicinato. Bronislaw Malinowski: è considerato come il padre dell’antropologia moderna (FIELDWORK). Egli sviluppa la “teoria scienti ca della cultura”: passando dal piano etnogra co a quello di presunte leggi generali, mostra la natura funzionale della cultura legandola a una teoria dei bisogni umani. Nasce nel 1884 a Cracovia. Nel 1910, dopo essersi appassionato agli studi antropologici durante il suo percorso di studi a Lipsia, si trasferisce a Londra per seguire i corsi di antropologia alla London School of Economics and Political Sciences. Nel 1914 parte per la sua prima di ricerca in Papua Nuova Guinea, dove condusse una breve ricerca a Mailu. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale (28 luglio 1914), Malinowski, cittadino Austro-ungarico, si trovava in Australia. Quest’ultima n da subito entrò in guerra al anco della Gran Bretagna. Malinowski, pertanto, si trovò a essere cittadino nemico, proveniente da una nazione alleata. Per questo fu «internato» sulle Isole Trobriand potendo viaggiare e ricevendo anche un nanziamento. Qui condusse (dal 1915 al 1918) una ricerca etnogra ca intensiva e solitaria, vivendo all’interno di villaggi e documentando tutti gli aspetti della cultura e della vita quotidiana dei nativi. Al ritorno in Europa pubblicò nel 1922, Argonauti del paci co occidentale. Argonauti del paci co occidentale è il paradigma di un nuovo genere di testo antropologico: la monogra a etnogra ca. La monogra a è un testo incentrato sul rapporto esclusivo tra un ricercatore e una cultura speci ca, che si cerca di rappresentare in tutti i suoi aspetti, cogliendo lo stile peculiare di un modo di vita. In Argonauti la cultura trobriandese è descritta a partire da una sua particolare istituzione: la pratica del kula che si basa sullo scambio di oggetti: I partecipanti compivano viaggi anche di centinaia di chilometri, in canoa, per scambiarsi doni che consistono in collane di conchiglie rosse (soulava) scambiate in direzione nord (il viaggio è in cerchio e segue il movimento delle lancette dell'orologio), e braccialetti di conchiglia bianca (mwali) scambiati in direzione sud. Dunque lo scambio può avvenire solo tra oggetti diversi: braccialetti per collane e viceversa. Gli oggetti dovevano circolare in continuazione, restando nelle mani del possessore solo per un periodo limitato di tempo e venivano poi barattati nel corso di visite che gli abitanti delle isole si scambiavano periodicamente. I preparativi per la partenza e gli scambi erano fortemente e rigidamente ritualizzati ma durante il viaggio avveniva anche un commercio meno simbolico con il quale venivano scambiati oggetti e alimenti di uso comune. Lo scambio rituale ha il compito di instaurare un rapporto di ducia (base necessaria dello scambio materiale) e di mantenere e creare rapporti sociali. Malinowski critica l’approccio utilitarista dell’Homo economicus, ritenendolo inadatto a spiegare pratiche come il Kula. Per lui, l’obbligo di ricambiare non può essere spiegato con una singola credenza culturale, come lo hau proposto da Mauss. Piuttosto, individua nella reciprocità il principio fondamentale che regola gli scambi e garantisce la coesione sociale in società prive di istituzioni governative formali. La reciprocità, infatti, non si limita a uno scambio materiale, ma è un meccanismo che promuove solidarietà e legami sociali. Questa idea diventa centrale anche per altri studiosi. Polanyi, ad esempio, la identi ca come una delle tre forme principali di integrazione dell’economia nella società, accanto alla redistribuzione e al mercato. Anche per lui, come per Mauss, la reciprocità è fondamentale per costruire relazioni sociali, più che per il valore dei beni scambiati. Antropologia della comunicazione 12 Serena Troisi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Termini Persone Parole chiave Lévi-Strauss, invece, interpreta la reciprocità in modo diverso. La considera una struttura che preesiste agli atti di dare, ricevere e ricambiare. Per lui, lo scambio non ha una dimensione etica o spirituale, come sostenuto da Mauss, ma è un fenomeno strutturale che gli attori sociali seguono inconsapevolmente. Egli mette, quindi, in secondo piano gli aspetti emotivi e simbolici dello scambio. Negli anni ’50 e ’70, Marshall Sahlins rivaluta la nozione di hau in un’ottica marxiana. Sahlins vede nello hau una forma di alienazione mistica simile al feticismo delle merci di Marx. In entrambi i casi, gli oggetti non sono solo beni materiali, ma portano con sé signi cati sociali e simbolici. Per Sahlins, sia lo scambio di dono che il mercato ri ettono modi particolari di relazionarsi agli oggetti, conferendo loro un valore che va oltre l’utilità. Quindi Sahlins evidenzia come sfugge che nelle prestazioni totali “Le cose sono correlate in qualche misura come persone, e le persone in qualche misura come cose” e come la moderna antropologia economica eviti l’animismo e ritenga che la reciprocità sia una sorta di contratto secolarizzato guidato dal calcolo e dall’interesse utilitario. Gli aspetti caratterizzanti del metodo di Malinowski sono innanzitutto il decentramento e il coinvolgimento personale. Secondo Malinowski le condizioni appropriate per il lavoro etnogra co consistono principalmente nel tagliarsi fuori dalla compagnia degli uomini bianchi e stare il più possibile a contatto con gli indigeni. Si tratta di entrare in empatia con loro e con la loro vita sociale. "I principi metodologici possono essere riuniti in tre categorie principali: innanzitutto, naturalmente, lo studioso deve possedere reali obiettivi scienti ci e conoscere i valori e i criteri della moderna etnogra a; in secondo luogo, deve mettersi in condizioni buone per lavorare, cioè, soprattutto, vivere senza altri uomini bianchi, proprio in mezzo agli indigeni. In ne, deve applicare un certo numero di metodi particolari per raccogliere, elaborare e de nire le proprie testimonianze”. “Le condizioni appropriate per il lavoro etnogra co [...] consistono principalmente nel tagliarsi fuori dalla compagnia di altri uomini bianchi e nel restare in contatto il più stretto possibile con gli indigeni, ciò che può veramente ottenersi solo stabilendosi nei loro villaggi. E molto piacevole avere la base nella casa di un uomo bianco per le provviste e sapere che è un rifugio nei momenti in cui degli indigeni se ne ha abbastanza. Ma deve essere su cientemente lontana da non divenire l'ambiente sso in cui vivi [...]. Non dovrebbe essere nemmeno tanto vicina da correrci ogni momento per rinfrancarti.” (Malinowski 1922, 34) “Immagina di trovarti all’improvviso circondato dalle tue cose, solo su una spiaggia tropicale, vicino un villaggio indigeno mentre la lancia che ti ha portato si allontana no a scomparire. Immagina poi di essere un principiante, senza alcuna esperienza con nulla che possa guidarti e nessun che possa aiutarti, perché non ci sono bianchi. Questo descrive esattamente la mia iniziazione al lavoro sul campo”. Questa sintonia è per Malinowski una dimensione fondamentale del sapere antropologico che gli studiosi da tavolino (es. Frazer) non potranno mai avere. Senza l’osservazione partecipante non si potrà mai cogliere la routine degli indigeni e tutti i fattori che caratterizzano una cultura. Malinowski sostiene che: l’etnografo che lavora sul terreno deve, con serietà ed equilibrio, percorrere l’intera estensione dei fenomeni in ogni aspetto della cultura tribale studiata, senza distinzione fra ciò che è banale, incolore o comune e ciò che lo colpisce come straordinario e fuori dal consueto. Nello stesso tempo si deve analizzare l’intero campo della cultura tribale in tutti i suoi aspetti. Un etnografo che si concentra sullo studio della sola religione o della sola organizzazione sociale, ritaglia un campo d’indagine arti ciale e incontrerà seri ostacoli nel suo lavoro. La cultura è un’entità organica in cui ogni parte dipende dall’altra: è compito dell’antropologo comprendere la relazione tra le diverse parti. La cultura è "il tutto integrale consistente degli strumenti e dei beni di consumo, delle carte costituzionali per i vari raggruppamenti sociali, delle idee e delle arti, delle credenze e dei costumi" è anche "un vasto apparato, in parte materiale, in parte umano e in parte spirituale con cui l’uomo può venire a capo dei concreti, speci ci problemi che gli stanno di fronte” (Malinowski, 1962). La ricerca di campo come pratica scienti ca Tre pilastri del lavoro sul campo: - L’etnografo deve conoscere i principi e le nalità della ricerca scienti ca; Antropologia della comunicazione 13 Serena Troisi fi ffi fi fi fi fi fi fi fl fi fi fi fi fi fi fi Termini Persone Parole chiave - L’etnografo deve vivere con la popolazione che intende studiare (osservazione partecipante); - Applicare un certo numero di metodi per raccogliere, elaborare e de nire le proprie testimonianze; OSSERVAZIONE PARTECIPANTE (decentramento e coinvolgimento personale): "Va ricordato che gli indigeni, a forza di vedermi tutti i giorni, smisero di essere interessati, allarmati o anche imbarazzati dalla mia presenza, e io smisi di essere un elemento di disturbo nella vita tribale che dovevo studiare, che la alterava per il fatto stesso di accostarvisi, come accade sempre con un nuovo arrivato in qualunque comunità di selvaggi. Infatti, quando si resero conto che volevo ccare il naso dappertutto, anche dove un indigeno ben educato non si sarebbe mai sognato, essi nirono per considerarmi come parte e porzione della loro vita, un male necessario o una seccatura, mitigata dalle elargizioni di tabacco”. "Questo obiettivo è, in breve, quello di a errare il punto di vista dell’indigeno, il suo rapporto con la vita, di rendersi conto della sua visione del suo mondo[…]. Studiare le istituzioni, i costumi e i codici o studiare il comportamento e la mentalità senza il desiderio soggettivo di provare di che cosa vive questa gente, di rendersi conto della sostanza della loro felicità, è, a mio avviso, perdere la più grande ricompensa che possiamo sperare di ottenere dallo studio dell’uomo". (B. Malinowski, 1922) Senza l'osservazione partecipante, non' si possono cogliere quelli che Malinowski chiama «gli imponderabili della vita reale», vale a dire i fenomeni che costituiscono la tta trama delle relazioni sociali — la materia prima della realtà etnogra ca: “Cose quali la routine nella giornata lavorativa di un uomo, i particolari nella cura del corpo, del modo di prendere il cibo e di prepararlo, il tono che assume la vita sociale quando si conversa intorno ai fuochi del villaggio, l'esistenza di forti amicizie o di ostilità e di passeggere simpatie e antipatie tra la gente, l'elusivo ma inequivocabile modo in cui le vanità personali e le ambizioni si ri ettono nel comportamento dell'individuo e nelle relazioni emotive di coloro che lo circondano. Tutti questi fatti possono e devono essere formulati e registrati scienti camente, ma è necessario che ciò sia fatto non mediante un'annotazione super ciale di particolari, come fanno di solito gli osservatori non preparati, ma sforzandosi di penetrare l'atteggiamento mentale che vi si esprime” (ibidem, 44). «a errare il punto di vista dell'indigeno, il suo rapporto con al vita, [...] la sua visione del mondo». "Malinowski ha vissuto per parecchi mesi come un indigeno fra gli indigeni, osservandoli nel lavoro quotidiano e nel gioco, conversando con loro nella stessa lingua, e traendo tutte le sue informazioni dalle fonti più sicure: l’osservazione di persona e i racconti fatti a lui direttamente dagli indigeni nella loro lingua, senza l’intervento di interpreti". (Frazer, 1922) "Si potrebbe agevolmente a ermare che le vaste ricerche sul campo dell’antropologia moderna derivino direttamente o indirettamente dal suo insegnamento, poiché egli non cessava di ripetere che la vita sociale di un popolo primitivo può essere compresa soltanto se studiata in modo approfondito e prolungato, e che nella preparazione di un antropologo sociale non deve mancare la realizzazione di almeno una di tali ricerche approfondite e prolungate". (Evans-Pritchard, 1940) “L'etnografo che lavora sul terreno deve, con serietà ed equilibrio, percorrere l'intera estensione dei fenomeni in ogni aspetto della cultura tribale studiata, senza distinzione fra ciò che è banale, incolore o comune e ciò che lo colpisce come straordinario e fuori del consueto. Nello stesso tempo, si deve analizzare l'intero campo della cultura tribale in tutti i suoi aspetti [...]. Un etnografo che si concentri sullo studio della sola religione o della sola organizzazione sociale ritaglia un campo d'indagine arti ciale e incontrerà seri ostacoli nel suo lavoro” (ibidem, 38) Il tipo di ricerca proposto da Malinowski diventa lo standard per le maggiori scuole antropologiche per circa mezzo secolo, dagli anni ‘20 agli anni ‘70. Per tutto questo tempo diventare antropologi ha signi cato partire per posti lontani e vivere in un villaggio primitivo. Ha signi cato costruire carriere accademiche intorno a una sola speci ca cultura o al massimo tre ripetendo ogni volta l’esperienza del eldwork. Questa impostazione della ricerca incoraggiava i giovani a cercarsi i gruppi etnici “vergini”, non studiati prima da altri. Di conseguenza erano scoraggiati doppioni, i cosiddetti restudies ovvero la possibilità di compiere eldwork sul terreno già battuto da altri. Nei rari casi in cui ciò è accaduto i risultati hanno mostrato rappresentazioni molto distanti della medesima cultura. In questa fase classica Antropologia della comunicazione 14 Serena Troisi fi ff fi fi fi ff fi fi ff fi fi fi fi fl fi fi fi Termini Persone Parole chiave l’antropologia crede fermamente di poter creare una mappatura universale delle culture sommando tutte le indagini partecipanti e monogra che no a creare una sorta di banca dati universale. Negli anni ‘60 viene pubblicato il Diario di campo di Malinowski che sconvolse lo scenario antropologico del tempo. Il Malinowski del diario vive un profondo senso di spaesamento culturale, è ossessionato dalla solitudine, dall’ipocondria, dalla privazione sessuale, attraversa frequenti crisi di collera e di isteria e si lascia andare per no all’inso erenza e al disprezzo razziale verso gli indigeni. Il dibattito aperto dal Diario di Malinowski mette a fuoco proprio il carattere di nzione dei testi etnogra ci, nzione non nel senso di falsità ma di costruzione letteraria. Quando un antropologo fa ricerca e dopo ne scrive un resoconto, la ricerca viene ricostruita e inscritta all’interno del testo. Nel testo l’antropologo diviene un “autore” che cerca di a ermare la propria autorità di fronte ai lettori e lo fa con i mezzi speci ci della scrittura: gure retoriche, accorgimenti stilistici, strutture narrative, ecc. "Lo shock principale sembra aver avuto origine dalla scoperta che Malinowski non era, per dirla educatamente, un tipo mite e controllato. Egli aveva da dire cose rudi sui nativi e usava parole volgari per dirlo. Passò gran parte del suo tempo desiderando di essere altrove. Ed egli ci dà un’immagine di se stesso poco amabile". (C. Geertz, 1983) METODO ETNOGRAFICO La linea teorica di ricerca di cui M. Douglas, grande studiosa inglese, e D. Miller, altro studioso britannico, sono rappresentativi si concentra soprattutto sul consumo di beni materiali; tuttavia molte delle loro acquisizioni si potrebbero estendere anche al campo dei “consumi intangibili”, come i generi espressivi dell’industria culturale. Vediamo in breve le loro acquisizioni: Per quanto prodotti in modo seriale e distribuiti attraverso il mercato, i beni di consumo rappresentano un ricco sistema semantico o “cosmologico”, strutturato attorno alle principali categorie culturali delle società contemporanee; I comportamenti di consumo, lontano dal risultare “alienati”, utilitari e individualisti, rappresentano un campo morale e hanno natura in ultima analisi rituale: sono pratiche che costituiscono i legami sociali, sia quelli primari (ad esempio fare la spesa per la famiglia, scegliendo i prodotti e piani cando i consumi in base ai gusti, alle necessità, al benessere dei proprio familiare “consumo” lontano dall’individualismo utilitarista), sia quelli gerarchici e di classe; I consumatori utilizzano in modo attivo e spesso creativo i beni e non sono solo le vittime passive delle strategie di marketing. L’atto del consumo consiste nel sottrarre al mercato determinate merci, per portarle in un ambito di valore e di signi cato personalizzato, mentre la letteratura apocalittica pensa che oggetti tutti uguali facciano diventare uguali anche le persone che li consumano; Di conseguenza, l’attenzione del ricercatore passa dall’analisi semiotica dell’oggetto alla descrizione delle modalità di fruizione e consumo da parte di speci ci e concreti soggetti sociali; Una tale descrizione deve avere carattere etnogra co, cogliere cioè le pratiche della quotidianità attraverso il rapporto diretto con gli attori sociali - cioè i consumatori stessi - e con il loro punto di vista. Partendo dal presupposto che l’antropologia, alle sue origini, si pone come una scienza oggettiva dei fatti socio-culturali, per via del suo approccio empirico di derivazione evoluzionista, sviluppa al suo interno un rigido metodo di osservazione dei dati. L’etnogra a è la metodologia di raccolta dei dati. Alla ne dell’Ottocento la componente etnogra a della ricerca antropologica è stata delegata a viaggiatori, esploratori, missionari, amministratori coloniali, i quali avevano il compito di raccogliere dei dati seguendole indicazioni fornite in appositi questionari dalle maggiori istituzioni antropologiche, come ad esempio l’Ethnological Society, il Royal Anthropological Institute of London e la Société Ethnologique di Parigi. Notes and Queries on Anthropology (1874): redatti dalla British Association of the Advancement Science e dal Royal Anthropological Institute of Great Britain and Irlenland. Costituzione dell’uomo/biologia (antropologia sica), Cultura (75 voci, ognuna dedicata a un settore speci co: storia, religione, archeologia, leggi, parentela etc etc..), Miscellanea (altri dati non classi cabili nelle categorie precedenti). Antropologia della comunicazione 15 Serena Troisi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi ff fi ff fi fi fi fi fi Termini Persone Parole chiave "Lo scopo del lavoro è quello di promuovere un’accurata osservazione antropologica da parte dei viaggiatori, e di permettere a coloro che non sono antropologi di ottenere le informazioni necessarie allo studio scienti co dell’antropologia in patria" (BAAS, 1874) "L’antropologia può essere de nita come la storia naturale dell’uomo. Si compone di due visioni principali, nello speci co, l’antropogra a (studio culturale) e l’etnogra a (studio dell'uomo come animale). La prima tratta dell’uomo e delle varietà dalla famiglia umana dal punto di vista animale, cioè sotto l’aspetto strutturale e funzionale; la seconda, invece, se ne occupa in quanto essere sociale e intellettuale, e comprende le ricerche rivolte alle sue abitudini, costumi, istituzioni, storia, tradizioni, lingua, religione, attitudini intellettuali, attività, arti." (BAAS, 1892) Marcel Griaule: Marcel Griaule dedicò tutta la sua vita da antropologo allo studio della popolazione dei Dogon, dal 1931 al 1946. La gura di Griaule è di fondamentale importanza per l’etnogra a, al pari di Malinowski. Il maggiore contributo metodologico di Griaule consiste nel far emergere il ruolo fondamentale degli informatori e del rapporto di empatia e di ducia che si instaura con esso, anche attraverso una costante negoziazione tra ruolo dell’antropologo e popolo studiato. Griaule, infatti, ebbe accesso alla conoscenza Dogon tramite Ogotemmeli, uno dei saggi del villaggio Dogon. «Ma la casa non è che un elemento del villaggio, che forma un intrico di abitazioni circondate da granai e da edi ci annessi. In ogni senso corrono viuzze che separano i blocchi l’uno all’altro. Ogni agglomerato si divide in quartieri e in ogni quartiere si trova una famiglia, in senso lato, che possiede una grande casa. […] "Il villaggio" disse Ogotemmeli, "deve distendersi da nord a sud, come un corpo d’uomo che giaccia supino. […] La testa è la casa del consiglio, edi cata nella piazza principale che simboleggia il campo primordiale"». (M. Griaule, Dio d’acqua, 1966) "Il dio dell’universo Amma, aveva mandato sulla terra il Nommo, il primo essere da lui creato. Il Nommo atterrò nella valle della Volpe. Mentre la sua arca scendeva, un’enorme nuvola di polvere si alzò dal terreno. Il Nommo era rosso come il fuoco, ma quando atterrò, divenne bianco. Intanto, una stella era apparsa nel cielo, ma sparì quando il Nommo se ne andò". (cosmogonia molto complicata che smentisce la teoria evoluzionista) Griaule ebbe la fortuna di partecipare al rituale funebre Dama/ Sigui, che avviene ogni 60 anni. Tale rituale doveva rappresentare il cammino di un satellite intorno a una stella, impossibile da vedere a occhio nudo. Michel Leiris: Africa Fantasma è il diario di viaggio di Michel Leiris durante i suoi due anni (dal 1931 al 1933) trascorsi, insieme a Griaule e al suo gruppo di ricerca, in Africa per la spedizione Dakar-Gibuti. In questo resoconto di viaggio, Leiris, parla dell’Africa e dei problemi della colonizzazione, così come dei veri e propri «furti» che i francesi hanno commesso durante la spedizione per rilanciare i loro musei. Antropologia della comunicazione 16 Serena Troisi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Termini Persone Parole chiave METODO ETNOGRAFICO: LA DOMANDA DI RICERCA: "Le domande di ricerca non vengono dal nulla: la loro origine sta, spesso, nella biogra a intellettuale del ricercatore, nei suoi interessi pratici e nel suo coinvolgimento in certi contesti sociali e storici; nel corso del processo di ricerca, esse vengono progressivamente speci cate e delimitate. La domande di ricerca principali che il ricercatore qualitativo si pone mirano, generalmente, a descrivere cause, processi, conseguenze, strategie che conducono a determinati risultati". (F. Ronzon, Sul campo, p. 19) Orienta lo sguardo dell’etnografo circa il proprio oggetto di studio; Circoscrive il campo, ovvero il «luogo», reale o virtuale, all’interno del quale osservare le pratiche oggetto di indagine; Imposta i precetti teorici di riferimento; L'OGGETTO DI STUDIO: L’oggetto di studio dell’etnogra a può essere una pratica, un fenomeno socio-culturale, una situazione che implica una ri essione di tipo culturale. L’etnogra a, essendo una disciplina qualitativa, si concentra su tutti gli aspetti «soggettivi» che danno forma a valori, signi cati e rappresentazioni di speci che comunità o gruppi di persone. Ciò che interessa all’etnogra a è quindi l’analisi degli aspetti condivisi di un gruppo sociale. L’oggetto di studio dell’etnogra a è caratterizzato dalla sua unicità. Come scrive Francesco Ronzon del testo Sul campo: "L’attenzione per l’unicità spiega anche l’interesse dei ricercatori qualitativi per i casi e le situazioni locali, speci che e circoscritte, e la tendenza a salvaguardare e recuperare nell’analisi l’individualità dei partecipanti, che normalmente va perduta nella complessità della manipolazione statistica.” L’oggetto viene analizzato nella sua complessità, nel suo essere un sistema complesso inserito all’interno di un contesto preciso che lo porta ad essere pienamente signi cante. Es. Pensiamo al rituale Kula per i trobriandesi. È possibile comprendere il signi cato di questo complesso rituale solo all’interno del sistema sociale trobriandese e delle relazioni che i trobriandesi costruiscono con le altre isole che formano l’arcipelago che li ospita. Se provassimo a isolare il kula dal suo contesto avrebbe lo stesso signi cato? O megl

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