Economia Politica (Parte 2) - PDF
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These notes cover the concept of monopolistic competition, a type of imperfect competition. They discuss the characteristics of the market, including product differentiation and brand management. The notes also analyze the relationship between advertising, product differentiation, and consumer behavior.
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ECONOMIA POLITICA (parte 2) LA CONCORRENZA MONOPOLISTICA Concorrenza monopolistica: esempio di concorrenza imperfetta che descrive il mercato in questo modo: Molteplicità di venditori e compratori: stesso gruppo di consumatori per cui competono Differenziazione del prodotto: i prod...
ECONOMIA POLITICA (parte 2) LA CONCORRENZA MONOPOLISTICA Concorrenza monopolistica: esempio di concorrenza imperfetta che descrive il mercato in questo modo: Molteplicità di venditori e compratori: stesso gruppo di consumatori per cui competono Differenziazione del prodotto: i prodotti delle imprese sono im-perfettamente sostituti, ovvero sono ciascuno leggermente differenti l'uno dall'altro (per caratteristiche fisiche e per come viene percepito dai consumatori). Ogni impresa offre prodotti differenziati o percepiti come differenti attraverso ad esempio: o Differenze nella qualità del prodotto o nel prezzo o Branding: cioè gestione dell'identità e delle caratteristiche distintive del marchio, affinché sia riconosciuto dai consumatori: la marca è un "informatore" ex ante della qualità del prodotto (ove non percepibile) e la capacità della marca di comunicare la qualità del prodotto dipende dalla reputazione. Invece di subire il prezzo l'impresa in concorrenza monopolistica si confronta con una curva di domanda con pendenza negativa. Libertà di entrata e uscita: il numero di imprese presenti nel mercato si aggiusta in modo da far tendere il profitto economico a zero. La concorrenza con prodotti differenziati L'impresa in concorrenza monopolistica nel breve periodo Il suo prodotto è diverso dalle imprese attive nel suo stesso mercato quindi la sua curva di domanda ha pendenza negativa. Per massimizzare quindi il profitto l'impresa sceglie la quantità da produrre in modo che R' = C' poi, facendo riferimento alla curva di domanda sceglie il prezzo corrispondente a quella quantità. In entrambi i casi la quantità che massimizza il profitto viene individuata nell'intersezione della curva di costo marginale (C') con quella di ricavo marginale (R'), ma: A. P > CMT -> profitto B. P < CMT -> minimizzazione delle perdite L'equilibrio di lungo periodo Se le imprese realizzano profitti (a), le nuove imprese sono incentivate a entrare nel mercato; l'ingresso di nuove imprese determina un aumento del numero di prodotti i vendita nel settore. L'aumento dell'offerta provoca una diminuzione del prezzo incassato da ogni impresa per unità di prodotto. Se un'impresa desidera vendere di più è costretta a ridurre il prezzo. Poiché il numero di sostituti disponibili nel mercato è aumentato l’effetto per la singola impresa è uno spostamento verso sinistra della curva di domanda, quindi il numero dei prodotti tra i quali il consumatore può scegliere aumenta e la domanda con la quale si confrontano le imprese diminuisce. Quindi… Il profitto stimola l'ingresso dei nuovi concorrenti -> spostamento verso sinistra della curva di domanda Al diminuire della domanda dei prodotti delle imprese esistenti i profitti subiscono una contrazione. Quando le imprese realizzano una perdita (b) le imprese presenti nel mercato sono incentivate a uscirne. Quindi l’offerta diminuisce e il prezzo aumenta. Il numero dei beni sostituti disponibili nel mercato diminuisce e anche il numero dei prodotti tra i quali i consumatori possono scegliere. La domanda con cui si confrontano le singole imprese rimaste nel mercato si espande. Quindi… Le perdite stimolano anche imprese a uscire dal mercato La loro uscita sposta verso destra la curva di domanda delle imprese che rimangono in attività e che quindi vanno incontro a un aumento dei profitti (o diminuzione delle perdite) Il processo di entrata e di uscita continua finché le imprese attive nel mercato non realizzano un profitto economico nullo. Equilibrio di mercato nel lungo periodo Raggiunto il punto di equilibrio le nuove imprese non hanno alcun incentivo a entrare nel mercato, mentre le imprese presenti non sono incentivate a uscirne. La curva di domanda tocca la curva di costo medio totale in un solo punto: le due curve sono tangenti: Entrata e uscita delle imprese dal mercato ha reso il profitto nullo P unitario = P - CMT -> massimo profitto è nullo solo se le due curve si toccano ma non si intersecano. Caratteristiche di equilibrio di lungo periodo di un mercato in concorrenza monopolistica: 1. P > C’ -> la massimizzazione del profitto è data da C’=R’ e siccome la curva di domanda ha pendenza negativa R’ < P. 2. P = CMT -> libertà di entrata e uscita: P = 0 Le imprese in concorrenza monopolistica possono entrare e uscire dal mercato liberamente quindi nel lungo periodo il profitto economico dell'impresa tende a 0. Concorrenza monopolistica e concorrenza perfetta a confronto Tra le due ci sono due differenze: 1. La capacità produttiva in eccesso: la condizione di libertà di entrata e uscita porta tutte le imprese attive nel mercato di concorrenza monopolistica a collocarsi nel punto di tangenza tra la curva di domanda e la curva di CMT. Figura a mostra che in questo punto la quantità prodotta è minore di quella che minimizza il costo medio totale -> l'impresa si colloca nella porzione decrescente della curva di CMT. Figura b: la libertà di entrata e uscita porta l'impresa in concorrenza perfetta a produrre la quantità corrispondente al costo medio minimo. Nel lungo periodo le imprese in concorrenza monopolistica producono quantità inferiori e quindi hanno capacità produttiva in eccesso. L’impresa che la concorrenza monopolistica diversamente dalla minore da perfettamente concorrenziale potrebbe ridurre il proprio costo medio totale aumentando la produzione. 2. Il mark-up sul costo marginale: relazione tra prezzo e costo marginale Figura b: Impresa in concorrenza perfetta -> P = C' Figura a: impresa in concorrenza monopolistica -> P > C' Perché l’esistenza del mark-up? La condizione di prodotti nullo impone soltanto che P = CMT, non che il prezzo debba essere uguale al costo marginale. Nel lungo periodo, infatti, l'impresa in concorrenza monopolistica opera nella porzione decrescente della curva di costo medio totale, così che C' < CMT, quindi se P = CMT deve essere maggiore di C'. o Impresa perfettamente concorrenziale -> P = C' -> il profitto che ricava dalla vendita di un'unità aggiuntiva è nullo o Impresa in concorrenza monopolistica -> P > C' -> la vendita di un'unità aggiuntiva accresce il suo profitto. Concorrenza monopolistica e benessere sociale Mark-up del prezzo sul costo marginale = fonte di inefficienza -> alcuni consumatori attribuiscono al bene un valore superiore al costo di produzione, ma inferiore al prezzo e quindi rinunciano ad acquistarlo: si genera una perdita secca di benessere associata al prezzo di monopolio. Lo Stato non dispone di strumenti adatti per correggerlo facilmente, inoltre la regolamentazione in concorrenza perfetta causerebbe gli stessi problemi che causerebbe in monopolio. In particolare, poiché le imprese in concorrenza monopolistica realizzano un profitto nullo, imporre un prezzo più basso significherebbe costringerle a subire una perdita e quindi uscire dal mercato. Si potrebbe associare alla regolamentazione del prezzo un sussidio di copertura della perdita, ma lo Stato potrebbe decidere che, invece di prelevare imposte per sussidiare la perdita sia meglio convivere con l'inefficienza. Un'altra possibile inefficienza è legata al numero delle imprese che operano nel mercato che potrebbe essere diverso da quello socialmente ottimo. Per inquadrare il problema bisogna considerare le esternalità associate all'entrata nel mercato. L'entrata dell'impresa del mercato provoca due effetti esterni: L'esternalità della varietà del prodotto -> esternalità positiva per i consumatori Sorge perché la nuova impresa offre un prodotto diverso. L'esternalità della sottrazione di mercato -> esternalità negativa per le imprese. Si verifica perché il nuovo entrante ha un prezzo maggiore del costo marginale e quindi è sempre disposto a vedere unità aggiuntive di prodotto. In funzione di queste nel mercato può essere presente un numero eccessivo o insufficiente di prodotti. La pubblicità e il branding La pubblicità in un mercato di concorrenza monopolistica è essenziale per le imprese perché permette loro di differenziare il prodotto e aumentare la propria quota di mercato. La pubblicità, quindi, non è solo uno strumento informativo, ma anche un mezzo per comunicare il valore unico del marchio e le caratteristiche del prodotto. Questo rafforza il branding e aiuta le aziende a distinguersi dai concorrenti. La differenziazione e la pubblicità Differenziare (rendendo il proprio prodotto unico e diverso) è importante ma può non bastare all'impresa, interessata a… 1. Difendere le differenze (brevetti?) 2. Comunicare le differenze (il consumatore deve percepire, conoscere apprezzare…) Una delle principali funzioni della pubblicità è comunicare la differenziazione, convincere il consumatore che il proprio prodotto è diverso Attraverso la pubblicità le differenze possono essere “artificialmente create” (bombardamento), “costruita” (fedeltà, abitudine), enfatizzate (ricordate ed esaltate), giustamente valorizzate… Le motivazioni principali per la pubblicità sono: Lanciare nuovo prodotto Fornire info su prezzi e qualità Accrescere o proteggere quota di mercato Costruire immagine di marca e garantirsi fedeltà Creare barriere all’entrata: minaccia per entranti, costi per entranti, reputazione, economie di scala La pubblicità: modelli e mondo reale Concorrenza perfetta: in concorrenza perfetta la pubblicità non ha un ruolo. Ogni impresa ha di fronte una domanda perfettamente elastica e può vendere quanti prodotti vuole al prezzo corrente, che è determinato in maniera univoca dall’interazione tra domanda e offerta nell’intero mercato. Si assume comunque che tutti i prodotti siano uguali e che gli attori del mercato abbiano informazione perfetta e quindi non sembrerebbe avere senso investire in pubblicità. Monopolio: in un monopolio sembrerebbe che la pubblicità serva poco. Il monopolista ha di fronte una funzione di domanda rigida (anelastica) ed è isolato dalla concorrenza grazie alle barriere all’entrata e per questo può scegliere il prezzo del prodotto. La pubblicità potrebbe servire - non per sottrarre consumatori ai concorrenti che non esistono - ma per aumentare la domanda totale del mercato. Concorrenza monopolistica (e oligopolio): le imprese riconoscono e percepiscono la loro reciproca interdipendenza ed è probabile che si impegnino in forme di concorrenza non di prezzo tramite la pubblicità. In queste forme di mercato le imprese hanno forte interesse ad utilizzare la pubblicità sia per aumentare la domanda totale del mercato sia per sottrarre clienti ai concorrenti. Il dibattito sulla pubblicità La pubblicità è uno spreco di risorse o una funzione socialmente utile? Accusa: secondo cui le imprese investono in pubblicità per manipolare le preferenze dei consumatori e che la maggior parte degli annunci pubblicitari ha carattere psicologico più che informativo. Inoltre, i critici affermano che la pubblicità è un ostacolo alla concorrenza in quanto tenta di convincere il pubblico che tra i prodotti c'è una differenza maggiore di quella reale, rafforzando la differenziazione dei prodotti e stimolando la fedeltà alla marca. o Curva di domanda < E = mark-up maggiore su C' Difesa: secondo cui le imprese ricorrono alla pubblicità per diffondere presso i consumatori informazioni relative al prodotto: comunica il prezzo, le qualità, le caratteristiche… permettendo al consumatore di formulare decisioni di acquisto migliori e accrescendo la capacità del mercato di allocare risorse in maniera efficiente. Affermano inoltre che stimola la concorrenza, permettendo ai consumatori di essere più informati sulle imprese che operano nel mercato e sui prodotti che offrono; favorisce anche l'ingresso di nuove imprese nel mercato, dando ai nuovi entranti la possibilità di sottrarre clienti alle imprese. La pubblicità come segnale di qualità Molti messaggi pubblicitari contengono poche informazioni esplicite sul prodotto. I difensori della pubblicità affermano che la volontà di un'impresa di spendere tanto denaro nella pubblicità può essere un segnale per il consumatore sulla qualità del prodotto offerto. In realtà non è sempre così, in realtà il contenuto dell'annuncio pubblicitario è irrilevante. In molti mercati, la pubblicità serve anche come indicatore di qualità, perché le imprese investono ingenti risorse per promuovere solo prodotti validi. Un’azienda che spende molto in pubblicità segnala implicitamente ai consumatori la qualità e la serietà del proprio prodotto, rafforzando così la sua immagine. Questa teoria spiega perché molte aziende siano disposte a pagare grandi attori o personaggi celebri per campagne pubblicitarie che sembrano non offrire alcuna informazione sul prodotto. L'informazione rilevante non è il contenuto del messaggio pubblicitario, ma semplicemente la sua esistenza e l'investimento che comporta. Marchi e branding La pubblicità è strettamente legata al concetto di branding ovvero alla differenziazione de marchio. Sono presenti 2 tipi di imprese: 1. Quelle che vendono prodotti con un marchio diffusamente conosciuto 2. Quelle che vendono sostituti generici Molto spesso l'impresa che vende prodotti di marca spende in pubblicità più delle concorrenti che offrono prodotti generici, e praticano un prezzo più elevato. I critici affermano che il branding tende a far percepire al consumatore differenze che in realtà non esistono: in molti casi il bene sostituto ha le medesime caratteristiche del prodotto di marca e la maggiore disponibilità a pagare del consumatore dimostra nei confronti dei prodotti di marca una forma di irrazionalità favorita dalla pubblicità. E.Chamberlin: i marchi rappresentano il male per l'economia e formulò una proposta affinché lo Stato ne scoraggiasse la creazione. Recentemente gli economisti hanno cominciato a difendere il ruolo dei marchi come un modo per garantire al consumatore la qualità di ciò che acquista sulla base di: 1. Il marchio fornisce al consumatore informazioni sulla qualità, ove la qualità non sia percepibile in anticipo rispetto all'acquisto. 2. Il marchio crea un incentivo a continuare a produrre beni di qualità, poiché l'imprese ha un interesse economico a difendere la reputazione del proprio marchio Il branding è principalmente un mezzo attraverso il quale un'impresa genera nel consumatore un'associazione e quando questo gli diventa familiare il consumatore sarà più fedele al marchio e ripeta quindi l'acquisto. Alcune imprese dichiarano di produrre beni senza pretese, ma l'associazione fondamentale che generano nel consumatore è di un buon rapporto qualità prezzo. Il dibattito sui marchi riguarda l'applicabilità dell'ipotesi di razionalità al consumatore che sceglie un prodotto di marca preferendolo a un sostituto generico. Pubblicità informativa (buona?): vuole informare i consumatori delle (reali) caratteristiche del prodotto che altrimenti il consumatore non conoscerebbe Pubblicità persuasiva (cattiva?): cerca di far apparire un prodotto speciale (anche se non lo è) per modificare le preferenze dei consumatori. Conclusione La concorrenza monopolistica, pur essendo un compromesso tra concorrenza perfetta e monopolio, non raggiunge l’efficienza ottimale del mercato perfetto. Tuttavia, offre una varietà di prodotti e stimola l’innovazione, aspetti che possono migliorare il benessere dei consumatori in modo indiretto. L'OLIGOPOLIO Oligopolio: letteralmente concorrenza tra pochi -> struttura di mercato nella quale sono presenti pochi venditori, che offrono prodotti molto simili tra loro o identici, dominando il mercato. Possono essere presenti migliaia di imprese, ma le vendite sono dominate da un numero ristretto di venditori: il mercato è concentrato nelle mani di poche imprese. Il rapporto di concentrazione esprime la quota di mercato totale che fa capo a un determinato numero di imprese. Es: rapporto di concentrazione calcolato tra le prime due imprese è = 90%, esse vantano complessivamente di una quota di mercato del 90%. È raro, essendo presenti poche imprese, che si facciano guerra, le loro interazioni strategiche assumono un'importanza cruciale. Le azioni del singolo venditore possono avere conseguenze sul profitto degli altri venditori: sono interdipendenti tra di loro. Le caratteristiche dell'oligopolio 1. Presenza di un numero relativamente ridotto di imprese dominanti, ognuna delle quali può offrire un prodotto identico o simile a quello degli altri produttori. 2. esistono pochi venditori con rilevanti quote di mercato (=> alta concentrazione di mercato) 3. i beni possono essere sia perfettamente sia imperfettamente sostituti 4. ci sono barriere all’entrata o all’uscita dal mercato (non assolute) 5. potrebbe non esserci perfetta informazione La differenziazione Nei mercati oligopolistici le imprese offrono prodotti simili, ma potrebbero tentare di differenziarsi in qualche modo. La Procter & Gamble ad esempio mira a differenziare i propri prodotti per soddisfare le diverse esigenze di molteplici consumatori e segmenti di mercato, e allo stesso tempo per sottrarre quote di mercato ai concorrenti. Segmentazione del mercato: si intende il modo in cui le imprese suddividono i consumatori in gruppo con abitudini di acquisto simili o accomunati da caratteristiche quali: età, cultura, genere, reddito, localizzazione grafica, ambizioni, interessi, estrazione sociale… La quota di mercato Quota di mercato = qi/Q Esempio: l’impresa X vende 5.000 auto all’anno e la quantità complessiva di auto vendute nel mercato è 500.000, allora la quota di mercato dell’impresa X è: 5.000/500.000 = 0,01 = 1% La concentrazione di mercato Ci dice se la produzione è "nelle mani" di pochi o molti produttori: non conta solo la numerosità delle imprese ma anche la distribuzione per dimensione (attenzione: numero di marche ≠ numero di produttori, cioè gruppi industriali). Può essere misurata attraverso il rapporto di concentrazione prime n imprese: 𝐪𝐮𝐨𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐦𝐞𝐫𝐜𝐚𝐭𝐨 (𝐢𝐧 𝐭𝐞𝐫𝐦𝐢𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐯𝐞𝐧𝐝𝐢𝐭𝐞 𝐨 𝐨𝐜𝐜𝐮𝐩𝐚𝐧𝐭𝐢 RCn = 𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐭𝐨𝐭𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥′𝐢𝐧𝐝𝐮𝐬𝐭𝐫𝐢𝐚 (𝐢𝐧 𝐭𝐞𝐫𝐦𝐢𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐯𝐞𝐧𝐝𝐢𝐭𝐞 𝐨 𝐨𝐜𝐜𝐮𝐩𝐚𝐧𝐭𝐢) L'interdipendenza Nei mercati oligopolistici le imprese sono legate da un rapporto di interdipendenza: ogni impresa influisce su tutte le altre attraverso le proprie azioni e può reagire alle decisioni prese dalle altre. L'interdipendenza può creare un conflitto tra cooperazione e interesse privato. Gli oligopolisti hanno tutto l'interesse a cooperare e ad agire come un monopolista, producendo basse quantità e applicando un prezzo maggiore del costo marginale. Tuttavia, dato che l'obiettivo di ogni oligopolista e massimizzare il proprio profitto, vi sono forti incentivi che impediscono agli oligopolisti di mantenere nel tempo il risultato di monopolio. L'esempio del duopolio. Scheda di domanda: Duopolio: mercato in cui operano due sole imprese. Immaginiamo una città nella quale Giacomo e Giuliana siano proprietari degli unici due pozzi dai quali si pompa acqua potabile. Ipotizziamo che il costo marginale dell'acqua sia nullo Da un grafico ne risulterebbe una curva di domanda tradizionale con pendenza negativa. Dato che C' è nullo il ricavo totale corrisponde al profitto. Concorrenza, monopolio e cartello Considerando la scheda di domanda precedente la massimizzazione del profitto si otterrebbe alla quantità di 60 litri e al prezzo di 60 euro al litro. P > C' -> mercato inefficiente perché la quantità di acqua prodotta è inferiore a 120 litri, la quantità socialmente efficiente. Cosa ci dobbiamo aspettare dai duopolisti? Il rapporto di interdipendenza crea un conflitto tra interesse individuale e cooperazione. 1. Collusione: accordo tra imprese che operano nel medesimo mercato volto a determinare le quantità da produrre o il prezzo da applicare Comportamento collusivo: insieme di azioni volte a stabilire accordi di cooperazione tra imprese (una precisa linea di comportamento), finalizzati a promuovere l’interesse collettivo dei membri del gruppo (azione collettiva). L’accordo può essere finalizzato a stabilire congiuntamente strategie di prezzo/riduzione delle quantità, investimenti in capacità produttiva (ricerca di potere monopolistico per profitti o autoproduzione, cartelli) ma anche ad esempio attività di ricerca e sviluppo congiunta, pubblicità, studi di settore e informazione sui clienti… (joint venture e associazioni di categoria). Cartello: numero di imprese che agisce in maniera coordinata I cartelli sono associazioni di imprese indipendenti appartenenti allo stesso settore con obiettivi monopolistici. Impongono limiti alla concorrenza tra le imprese aderenti al cartello, non solo per accresce i profitti tramite accordi sulla fissazione del prezzo (riduzione della quantità prodotta nel mercato => maggiore prezzo), ma spesso anche per ragioni di auto-protezione. Elemento principale è la riduzione della concorrenza tra le imprese aderenti al cartello (cioè l’esercizio del potere di mercato: “prezzo > costo marginale” => no concorrenza). Diversi tipi di cartello (sui prezzi, sulla capacità produttiva totale del settore, sull’attribuzione di aree territoriali o tipo di clienti, sulle condizioni di vendita, ecc). Es: Giacomo e Giuliana si accorderebbero a produrre complessivamente 60 litri di acqua, vendendoli a 60 euro al litro -> P > C' e il risultato è socialmente inefficiente. Un cartello deve accordarsi non soltanto sulla quantità totale da produrre, ma anche sulla quantità prodotta da ciascun membro. Es: Giacomo e Giuliana dovrebbero spartirsela à metà -> 3 litri d'acqua al prezzo di 60 euro, totalizzando un profitto di 1800 euro. Le associazioni di categoria Le associazioni di categoria migliorano la posizione dei membri che vi aderiscono non necessariamente attraverso la riduzione della concorrenza tra le imprese: offrono alle imprese dati settoriali (relativi a vendite, solvibilità dei clienti, qualità dei prodotti, innovazione), favoriscono le relazioni con clienti, sindacati e governo (attività di lobby). A questi scopi: pubblicano riviste di settore, stimolano programmi di ricerca cooperativi, ispirano indagini di mercato, definiscono condizioni commerciali, reclutano lobbisti. Esempi: Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, CNA, Coldiretti, Confagricoltura, Confindustria, Federmeccanica, … La linea di confine tra cooperazione legale e collusiva è spesso soggetta ad interpretazione. Le Joint Venture È un’associazione tra due o più imprese altrimenti in concorrenza tra loro. Le joint venture possono prendere la forma di un consorzio, costituiti solitamente quando investimenti in attività ad alto rischio scoraggiano l’iniziativa individuale. Oltre al fatto che possono ostacolare la concorrenza (diventando in tutto simili a cartelli), le joint venture possono costituirsi al fine di sviluppare programmi congiunti di ricerca e sviluppo (stimolando l’innovazione, in questo caso sono promosse anche dai governi e dalla Comunità Europea) Oppure possono consentire ad un gruppo di nuove imprese di allearsi per superare le barriere all’entrata di un mercato (es. promozione di campioni nazionali) o migliorare l’efficienza condividendo le risorse. L'equilibrio in regime di oligopolio Non sempre gli oligopolisti riescono a formare cartelli. Cosa accadrebbe se Giacomo e Giuliana decidessero separatamente quanto acqua produrre? Si potrebbe aspettare che Giacomo e Giuliana raggiungano l'equilibrio di monopolio perché è quello che massimizza il profitto, ma in assenza di un accordo vincolante questo accordo è improbabile. Se entrambi perseguissero il proprio interesse nel decidere la quantità da produrre finirebbero per produrre una quantità maggiore di quella che massimizza il profitto vendendola a un prezzo inferiore a quello di monopolio e realizzando un profitto più basso di quella del monopolista; senza spingerli fino all’equilibrio di concorrenza perfetta. Equilibrio di Nash: se entrambi producessero 40 litri di acqua si troverebbero in una sorta di situazione di equilibrio. Si tratta di una situazione nella quale i soggetti economici, attraverso l’interazione reciproca, determinano la propria strategia ottimale, date le strategie scelte da altri soggetti. Una volta raggiunto l’equilibrio di Nash ne Giacomo ne Giuliana hanno un incentivo a cambiare la propria decisione. Gli oligopolisti trarrebbero vantaggio dalla cooperazione perché ciò permetterebbe loro di realizzare un profitto di monopolio, ma siccome perseguono lo stesso interesse non riescono a raggiungere l’equilibrio di monopolio e a massimizzare il profitto congiunto. Se le imprese oligopolistiche decidono di individuare la quantità da produrre in funzione della massimizzazione del profitto individuale finiscono per produrre una quantità superiore a quella di monopolio, ma inferiore a quella prodotta in concorrenza perfetta. Il prezzo di oligopolio è inferiore a quello di monopolio, ma superiore a quello concorrenziale (= C’). Gli effetti delle dimensioni dell’oligopolio sul risultato del mercato Come variano quantità e prezzo all’aumentare del numero delle imprese? Possono formare un cartello cercando di massimizzare il profitto totale producendo la quantità di monopolio e applicando il prezzo di monopolio; tuttavia con aumento dei partecipanti la possibilità di costruire un cartello stabile è più labile (più persone più difficile far rispettare un accordo). Senza il cartello quindi, ciascuno deve decidere autonomamente la quantità da produrre. Per capire se aumentare la quantità prodotto l’oligopolista deve tenere conto di 2 effetti: 1. Effetto quantità: P > C’ -> vendere un litro di acqua in più accresce il profitto. 2. Effetto prezzo: all’aumentare della produzione aumenta la quantità totale venduta e il prezzo dell’acqua diminuisce, riducendo il profitto. Se: E.Q > E.P -> il proprietario decide di aumentare la produzione E.P > E.Q -> il proprietario non l'aumenta, anzi la diminuisce Ogni oligopolista continua ad aumentare la produzione finché questi due effetti marginali si compensano. Quanto è maggiore il numero dei venditori, tanto è minore l'effetto che il singolo prova sul prezzo di mercato -> quanto è maggiore il numero delle imprese, tanto minore è l'effetto prezzo. Nei casi in cui l'oligopolio fosse ampio l'effetto del prezzo scomparirebbe lasciando solo la quantità -> ogni impresa continua ad aumentare la produzione finché P > C'. All'aumentare dei partecipanti in un mercato oligopolistico esso tende a somigliare sempre di più a un mercato concorrenziale. Gli effetti degli scambi internazionali In presenza di scambi internazionali un mercato diventa mondiale -> il libero scambio accresce il numero dei produttori, tra i quali il consumatore può scegliere e la maggiore concorrenza conduce i prezzi a un livello più prossimo a quello marginale. La teoria dell'oligopolio fornisce una ragione del perché tutti i paesi possono trarre vantaggio dal libero scambio. La teoria dei giochi e l'economia della cooperazione Teoria dei giochi: studio del comportamento individuale in situazioni strategiche. "Strategico": situazioni nelle quali ciascun individuo, nel decidere quali azioni intraprendere, deve tenere conto di come reagiranno gli altri individui. Siccome in un mercato oligopolistico in numero delle imprese è ridotto, ogni impresa deve tenere un comportamento strategico -> il profitto non dipende solo dalla quantità che produce l'impresa, essa deve tenere anche conto della quantità prodotta dalle altre imprese e delle implicazioni della propria linea di condotta sulle decisioni degli oligopolisti. 2 o più giocatori -> strategie -> risultati o payoff Ciascun giocatore deve mettersi nei panni dell'altro prima di scegliere la propria strategia. Le scelte sono rappresentate sotto forma di una matrice payoff: una tabella che mostra le possibili combinazioni di risultati (payoff) a seconda della strategia prescelta da ciascun giocatore. Payoff = profitto realizzato successivamente all'accordo Entrambe le imprese X e Y possono decidere di rispettare l'accordo o di infrangerlo. Es: X decide di rispettare l'accordo mentre Y no -> quadrante in alto a destra: profitto X = 50, profitto Y = 200 Il diagramma del prigioniero Gioco che evidenzia le difficoltà della cooperazione. Molto speso gli individui decidono di non cooperare tra di loro anche se essa potrebbe essere vantaggiosa per tutti. Tra due criminali sospettati di aver commesso un crimine la condanna che ciascuno deve scontare dipende sia dalla sua decisione e confessare o meno, sia dalla decisione presa dal complice. Strategia dominante: se rappresenta la migliore scelta possibile per un giocatore, indipendentemente dalle strategie prescelte dagli altri (es: confessare è la strategia dominante per Bonnie: se confessa la condanna è minore indipendentemente dalla scelta di Clyde). Entrambi decidono di confessare e si fanno 8 anni, se entrambi avessero taciuto si sarebbero beccati solo un anno -> ragionare secondo il proprio interesse li ha rovinati. La cooperazione è difficile da mantenere perché è irrazionale dal punto di vista individuale. Gli oligopoli come dilemmi del prigioniero Il profitto dei due paesi dipende dalla strategia da loro scelta. Entrambi otterrebbero un profitto minore rispetto a quello che avrebbero realizzato rispettando l'accordo. Il perseguimento dell'interesse personale rende difficile per l'oligopolio mantenere un accordo cooperativo per limitare la produzione, mantenere elevati i prezzi e realizzare un profitto di monopolio. Altri esempi (leggere pag 262-263) Il dilemma del prigioniero e il benessere sociale In alcuni casi l'equilibrio non cooperativo può essere dannoso sia per la società, sia per le parti in causa -> esempio figura 16.5 Perché a volte si riesce a cooperare Molto spesso la regione per la quale i giocatori possono risolvere il dilemma del prigioniero è che non giocano una sola volta, ma ripetutamente. Produrre 40 litri è la strategia dominante per entrambi. Ipotizziamo che cerchino di costruire un cartello: per massimizzare il profitto totale devono accordare su un risultato cooperativo e produrre ciascuno 30 litri, ma se giocano una volta sola nessuno dei due ha incentivo a tener fede all'accordo siccome il proprio interesse spinge a tradirlo e a produrre 40 litri. Ipotizziamo che essi sappiano di poter giocare lo stesso gioco ogni settimana; nello stilare l'accordo iniziale possono anche decidere cosa accadrà in caso di mancato accordo. La ritorsione potrebbe essere sufficiente a mantenere la cooperazione. La collusione tacita: quando il comportamento delle imprese conduce a un risultato di mercato che appare anticoncorrenziale, ma deriva da tale consapevolezza di interdipendenza. Es: il prezzo de televisori in un centro commerciale è quasi lo stesso in tutti i negozi o quasi perché l'impresa perderebbe i suoi clienti se praticasse il prezzo più alto. I giochi sequenziali. Albero di gioco: Gioco del prigioniero = gioco simultaneo Nel formulare le proprie decisioni di produzione e prezzo è possibile che una delle imprese compia una scelta prima delle altre: la prima mossa. A quel punto le altre imprese hanno il vantaggio di compiere la propria scelta sapendo già la mossa di una delle altre. Le scelte strategiche sono compiute nel contesto di un gioco sequenziale. I giochi sequenziali aiutano ad analizzare le scelte strategiche che le imprese hanno a disposizione. In questo gioco tra l'impresa X e l'impresa Y, l'impresa X effettua la prima mossa, in cui sceglie se praticare un prezzo elevato oppure basso. L'impresa Y può osservare la scelta dell'impresa X e decidere se entrare nel mercato oppure no. Dati i payoff, l'impresa X dovrebbe scegliere la strategia di prezzo basso, anche se non le conferisce il payoff di profitto più elevato. La natura della credibilità Le imprese oligopolistiche valutano le proprie mosse strategiche a seconda delle reazioni che si aspettano dai rivali. In alcune circostanze le azioni che un giocatore compie possono porre un vincolo a quelle di un altro; quindi, il giocatore che effettua la prima mossa ha un vantaggio. È anche probabile però che qualsiasi mossa compiuta da un giocatore solleciti la reazione del rivale; quindi, l'impresa che prende la decisione iniziale deve valutare quale sarà la reazione delle altre imprese. Le imprese in oligopolio possono farsi concorrenza secondo 3 modalità: 1. Concorrenza sul prezzo 2. Differenziazione del prodotto 3. Scelta del livello di produzione In questo gioco l'impresa X sta contemplando il lancio di due versioni di un nuovo detersivo per la biancheria, una in forma liquida e l'altra in polvere. Anche se l'impresa Y è in grado di produrre un detersivo simile nelle due versioni. I prodotti saranno redditizi soltanto se ciascuna impresa ne produce una sola versione. Minacce e credibilità Non basta che un'impresa minacci di perseguire il corso di azione, la minaccia deve godere di una certa credibilità verso l'impresa rivale. Se il rivale dispone di informazioni sulle strutture di costo dell'impresa esistente secondo le quali questa non sarebbe in grado di mantenere la parità di prezzi e delle offerte nel lungo periodo, la minaccia dell'impresa esistente non è credibile -> minaccia vuota Le barriere all'entrata Le imprese oligopolistiche possono trarre vantaggio anche dalla presenza di barriere all'entrata nel settore che ostacolano l'ingresso di nuovi concorrenti nel mercato. Quando le imprese in un oligopolio sono di grandi dimensioni possono beneficiare di economie di scala e operare in un punto più basso lungo la curva di costo medio di lungo periodo. Altre imprese che desiderano entrare nel mercato incontrano difficoltà perché non presentano le stesse economie di scala e di conseguenza hanno costi unitari superiori, che le costringono a praticare prezzi più elevati. È anche probabile che i nuovi entranti si debbano confrontare con alti costi di avviamento per fare il loro ingresso nel settore; questo implica che dovranno passare anni prima che un nuovo entrante comincia a realizzare profitti. I costi di avviamento possono anche essere sommersi e quindi non recuperabili nel caso in cui l’impresa esca dal mercato; la situazione può peggiorare ricorrendo alla pubblicità che non viene usata solo per informare i consumatori, ma anche come mezzo per erigere barriere. -> l’elevato costo della pubblicità fa aumentare i costi di avviamento e agisce da deterrente all’entrata. Brevetti: mezzo per recuperare i costi di sviluppo dei nuovi prodotti, in quanto permettono di applicare prezzi più elevati durante un periodo in cui la concorrenza viene limitata, dando all’impresa il tempo per investire in ricerca e sviluppo per introdurre nuovi prodotti sul mercato. Proliferazione dei marchi di mercato: strategia d'impresa che consiste nell'offrire più beni all'interno della stessa linea di prodotti per cercare di impedire l'entrata di altre imprese nel settore. Essa può costituire una strategia efficace per gli oligopolisti, che possono adottarla come mezzo per impedire l'entrata di nuove imprese nel settore. Politica economica e oligopolio La collusione, dal punto di vista della società è indesiderabile in quanto genera un livello di produzione troppo basso e uno troppo elevato. Per evitarlo si può cercare di indurre le imprese oligopolistiche a competere anziché colludere. Restrizioni agli scambi e leggi sulla concorrenza La politica scoraggia la collusione con il diritto civile. Imprese e individui ricorrono ai contratti per disciplinare rapporto di scambio reciprocamente vantaggiosi, affidandosi implicitamente al sistema giudiziario che ne garantisce il rispetto. La Direzione generale (DG) della Concorrenza della Commissione europea svolge il ruolo, attraverso il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sulla base di questi principi: 1. Gli accordi tra due o più imprese tesi a limitare la concorrenza sono vietati, salve alcune eccezioni. (es: cartello tra concorrenti) 2. È vietato alle imprese in posizione dominante di abusare della propria posizione. La commissione può anche imporre sanzioni alle imprese che violano la normativa dell'UE sulla concorrenza. Le polemiche sulla politica antitrust Imposizione del prezzo al dettaglio: esempio di prassi aziendale controversa. Alcune prassi possono ridurre la concorrenza ma in realtà sono assolutamente legittime. (esempio Blu- ray pag 271) I prezzi predatori: strategia d'impresa che consiste nel mantenere per un certo periodo i prezzi al di sotto del costo medio per estromettere i concorrenti dal mercato o impedire a nuove imprese di entrarvi. Le imprese utilizzano il potere di mercato di cui dispongono per aumentare il prezzo al di sopra del livello concorrenziale. Per fare in modo che una guerra dei prezzi costringa l'avversario a uscire dal mercato, i prezzi devono scendere a un livello inferiore del costo (P < C) (esempio compagnia aerea pag 272) Le vendite a pacchetto: si può insinuare che i produttori possano usare le vendite a pacchetto per esercitare un maggiore potere di mercato, ma secondo alcuni economisti costringere le persone ad accettare un bene o un servizio privo di valore o di utilità come parte dello scambio non accresce la disponibilità a pagare dei consumatori e l'impresa non è in grado di accrescere il proprio potere di mercato semplicemente offrendo la vendita dei due film in un pacchetto. (esempio film pag 273) Conclusione Gli oligopolisti vorrebbero comportarsi come monopolisti, ma il perseguimento del proprio interesse li induce a comportarsi in maniera più simile alle imprese concorrenziali. Il dilemma del prigioniero dimostra che il perseguimento del proprio interesse può impedire agli individui di cooperare, anche se la cooperazione è nel loro interesse reciproco. Il legislatore utilizza la normativa antitrust per impedire agli oligopolisti di colludere al fine di limitare la concorrenza. L'applicazione di tali norme può essere controversa perché alcuni comportamenti riducono la concorrenza solo in apparenza, ma in effetti sono perfettamente legittimi. MISURARE IL REDDITO DI UNA NAZIONE Microeconomia e macroeconomia Microeconomia: studia il comportamento e le scelte degli individui delle imprese e i mercati Macroeconomia: studia i sistemi economici nel loro complesse (es. Italia) Obiettivo: dare una spiegazione dei cambiamenti economici che condizionano simultaneamente famiglie, imprese e mercati. Le tematiche che riguardano il funzionamento dell'intero sistema economico sono quindi oggetto della macroeconomia. Il reddito e la spesa del sistema economico Per stabilire se un sistema economico sta andando bene o male si prendono in considerazione la somma dei redditi guadagnati da tutti i componenti della società ovvero: il prodotto interno lordo (PIL). Il PIL misura: 1. Reddito totale dei componenti della società 2. Spesa totale per l'acquisto di tutto ciò che nella società stessa è prodotto e venduto Riesce a misurare le due cose insieme perché le due variabili sono identiche: reddito = spesa. Questo è perché ogni transazione coinvolge un compratore e un venditore: ogni euro speso dal compratore è un euro incassato dal venditore. Si può misurare l'uguaglianza tra reddito e spesa anche con un diagramma di flusso circolare: descrive le transazioni tra individui e imprese in un sistema economico semplificato. In questa economia semplificata il denaro continua a fluire dagli individui alle imprese e dalle imprese agli individui. Il PIL può misurare questo flusso di denaro in due modi: 1. Sommando la spesa totale dei singoli individui 2. Sommando i redditi totali (salari, profitti e rendite) In realtà, ovviamente, gli individui non spendono tutto il proprio reddito: ne corrispondono una parte allo stato sottoforma di imposte e ne risparmiano un'altra per destinarla a consumi futuri. La misurazione del PIL Prodotto interno lordo (PIL): valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un paese in un determinato periodo di tempo. A. "il PIL è il valore di mercato…" Il PIL somma diversi generi di prodotti in un unico indicatore del valore dell'attività economica e per poterlo fare deve ricorrere al prezzo di mercato: misurando quanto gli individui sono disposti a pagare per l'acquisto di beni o servizi, i prezzi di mercato riflettono il valore monetario attribuito a tali beni. B. "…di tutti…" Il PIL deve essere onnicomprensivo: deve cioè includere tutti i beni e i servizi prodotti nell'economia e venduti legalmente. Esso comprende anche il valore di mercato dei servizi forniti dal patrimonio immobiliare dell'economia: Per gli immobili in affitto = canone di locazione (spesa dell'inquilino e reddito del proprietario) Molti però hanno una casa di proprietà, per questo il PIL include il valore dei servizi abitativi di cui usufruisce chi è proprietario della casa in cui abita -> canone figurativo: è incluso nella spesa, nel reddito del proprietario e quindi influenza il PIL. Alcuni prodotti vengono esclusi dal computo del PIL perché è difficile misurarne il valore: beni e servizi venduti e prodotti illegittimamente (sostanze stupefacenti, beni prodotti per l'autoconsumo…). C. "…beni e servizi…" Comprende beni tangibili e servizi intangibili. D. "…finali…" Nel computo del PIL vengono inclusi solo i beni finali, siccome il valore del bene intermedio è incorporato in quello del valore finale. Un'eccezione a questo principio viene fatta quando un bene intermedio non viene immediatamente utilizzato per la produzione di un altro bene, ma messo in un magazzino e rivenduto in un secondo momento: il suo valore costituisce un investimento in scorte e viene computato nel PIL. Quando le scorte di beni intermedi vengono utilizzate le imprese compiono un investimento negativo in scorte e il PIL del periodo relativo si riduce in misura equivalente. E. "…prodotti…" Comprende beni e servizi prodotti nel periodo corrente non quelli prodotti nel passato. D. "…in un paese…" Misura il valore della produzione nell'ambito dei confini geografici di un paese. E. "…in un dato periodo" Misura il valore della produzione generata in uno specifico intervallo di tempo. Di solito esso corrisponde all'anno solare o al trimestre. Le rilevazioni trimestrali del PIL vengono presentate "al tasso annuale": le cifre trimestrali del PIL corrispondono all'ammontare di reddito e spesa rilevanti nei 3 mesi x 4 -> rende più facilmente confrontabili i dati trimestrali e annuali. Esse sono anche soggette a una manipolazione che viene compiuta attraverso una procedura statistica: destagionalizzazione (depurazione dei dati dai fattori stagionali). Ogni euro speso da chi acquista un bene o un servizio è anche un euro incassato da chi vende quello stesso bene, per questo il governo procede anche a sommare tutti i redditi prodotti nell'economia per calcolare il reddito interno lordo (RIL). Le fonti dei dati non sono perfette: PIL - RIL = discrepanza statistica. PIL: valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un Paese in un dato periodo di tempo (indipendentemente dalla nazionalità dell’individuo/impresa) PNL: valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti dai cittadini di un Paese in un dato periodo di tempo (anche se prodotti all’estero) Le componenti del PIL In un sistema economico la spesa assume molteplici forme. Per comprendere come l'economia utilizza le proprie risorse scarse gli economisti sono spesso interessati a studiare la ripartizione del PIL (Y) tra le diverse voci di spesa: Consumo (C) Investimento (I) Spesa pubblica (G) Esportazioni nette (NX) Y = C + I + G + NX -> identità 1. Consumo Spesa degli individui per l'acquisto di beni, inclusi beni durevoli e non durevoli, e servizi, inclusi anche quelli immateriali. Nella voce consumo è inclusa anche la spesa per l'istruzione. 2. Investimento Spesa per l'acquisto di beni (detti beni capitali) che saranno utilizzati in futuro per produrre altri beni e servizi. Investimento = acquisti beni capitali + scorte + strutture Investimento beni capitali: strutture produttive, attrezzature e prodotti di proprietà intellettuale Investimento strutture: immobili di nuova costruzione, anche a uso abitativo Investimento scorte: se un'imprese mette in magazzino un bene che ha prodotto è come se essa avesse comprato il proprio bene. Questo perché uno degli obiettivi del PIL è la misurazione del valore della produzione dell'economia in un dato periodo e i beni aggiunti alle scorte sono parte della produzione del periodo. Investimento = acquisto di beni di investimento, cioè beni capitali, scorte e strutture destinati alla produzione futura. 3. La spesa pubblica Comprende gli acquisti di beni e servizi da parte dello Stato e delle amministrazioni locali. Sono inclusi: salari dei dipendenti pubblici e la spesa per le opere pubbliche. Trasferimenti: spese non fatte in contropartita della cessione di un bene o di un servizio prodotti nel periodo in oggetto. Dal punto di vista economico macroeconomico i trasferimenti equivalgono a un'imposta negativa: dato che il PIL misura il reddito che deriva la produzione corrente di beni e servizi, i trasferimenti non possono entrare nel computo della spesa pubblica. 4. Le esportazioni nette Valore dei beni di produzione interna acquistati da soggetti esterni (esportazioni) - valore dei beni di produzione estera acquistati all'interno del paese (importazioni). L'aggettivo "nette" che si associa a esportazioni sta a significare che il valore delle importazioni viene sottratto a quello delle esportazioni: la ragione è che i beni e i servizi importati vengono automaticamente inclusi nelle 3 componenti del PIL. Le esportazioni nette attribuiscono un segno negativo ai beni e ai servizi prodotti all'estero e acquistati dai residenti interni, perché questi beni sono già compresi sotto le voci di consumo, investimento o spesa pubblica con segno positivo. Dunque se un consumatore o un'impresa lo Stato acquista un bene prodotto all'estero, il valore delle esportazioni nette diminuisce, tuttavia, dal momento che il consumo, l'investimento o la spesa pubblica aumentano, tale acquisto non ha alcun effetto sul valore del PIL. Il PIL reale e il PIL nominale Se da un anno all'altro la spesa aumenta, le ragioni possono essere 2: 1. È aumentata la produzione di beni e servizi 2. Sono aumentati i prezzi Per analizzare l'andamento dell'economia nel tempo è necessario separare i due effetti, in particolare è necessario depurare i dati dagli effetti dell'aumento dei prezzi. Per farlo gli economisti usano il PIL reale il quale risponde alla domanda: quale sarebbe il valore dei beni e servizi prodotti quest'anno se li valutassimo ai prezzi prevalenti in un determinato anno passato? Il PIL reale mostra come varia effettivamente nel tempo la produzione totale di beni e servizi del sistema economico. Un esempio numerico Spesa totale = Q x P -> quindi moltiplicare la quantità delle pizzette e dei panini per i loro rispettivi prezzi. PIL nominale: valore corrispondente alla produzione di beni e servizi valutata a prezzi correnti Il PIL negli anni cresce e parte di questa crescita è attribuibile all'aumento della quantità prodotta e venduta di pizzette e di panini, e parte all'aumento dei prezzi. Per ottenere una misura del valore della produzione depurata dall'effetto dell'aumento dei prezzi si calcola il PIL reale. PIL reale: il valore della produzione a prezzi costanti Per calcolare il PIL reale bisogna scegliere un anno base e utilizzare i prezzi delle pizzette e dei panini in quell'anno per valutare la produzione dei due beni in tutti gli anni. Vedendo come aumenta il PIL possiamo essere certi che tali aumenti siano da attribuire esclusivamente a un'espansione della produzione, dal momento che i prezzi sono costanti. Quindi… Il PIL nominale utilizza i prezzi correnti per attribuire un valore ai beni e servizi prodotti dall'economia; il PIL reale valuta la produzione utilizzando prezzi costanti relativi a un anno base. Il valore del PIL reale è indipendente dalla dinamica dei prezzi; quindi, le sue variazioni riflettono esclusivamente le variazioni della produzione; quindi, esso è una misura della produzione di beni e servizi in un sistema economico. L'obiettivo del calcolo del PIL è valutare le prestazioni dell'economia nel suo complesso. Il PIL reale riflette la capacità dell'economia di soddisfare i bisogni e i desideri degli individui e costituisce quindi un indice del benessere economico migliore del PIL nominale. Il deflatore del PIL PIL nominale: riflette prezzi e quantità dei beni e dei servizi prodotti in un sistema economico PIL reale: riflette solo le quantità prodotte 𝑷𝑰𝑳 𝒏𝒐𝒎𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 Deflatore del PIL = misura del livello dei prezzi che si calcola: 𝑷𝑰𝑳 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒆 𝒙 𝟏𝟎𝟎 Il deflatore degli anni successivi misura la parte delle variazioni del PIL nominale che non può essere attribuita a variazioni del PIL reale. Il deflatore del PIL misura il livello corrente dei prezzi in relazione al livello dei prezzi dell'anno base. 2 esempi: Nel tempo la produzione del sistema economico aumenta, mentre il livello dei prezzi rimane inalterato -> PIL reale e nominale aumentano nella stessa misura e il deflatore del PIL è costante. I prezzi aumentano nel tempo, ma la produzione rimane costante -> il PIL reale resta inalterato, mentre il PIL nominale aumenta e il deflatore del PIL aumenta nella stessa misura in cui aumenta il PIL nominale, in quanto riflette l'andamento dei prezzi e non della quantità. Inflazione = descrive un aumento del livello dei prezzi tra due periodi consecutivi Tasso di inflazione = variazione percentuale del livello dei prezzi tra due periodi consecutivi 𝒅𝒆𝒇𝒍𝒂𝒕𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝑷𝑰𝑳 𝒏𝒆𝒍𝒍′𝒂𝒏𝒏𝒐 𝟐 −𝒅𝒆𝒇𝒍𝒂𝒕𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝑷𝑰𝑳 𝒏𝒆𝒍𝒍′𝒂𝒏𝒏𝒐 𝟏 e si calcola 𝒙 𝟏𝟎𝟎 𝒅𝒆𝒇𝒍𝒂𝒕𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝑷𝑰𝑳 𝒏𝒆𝒍𝒍′𝒂𝒏𝒏𝒐 𝟏 Il deflatore del PIL è uno degli indicatori che gli economisti utilizzano per seguire l'andamento del livello medio dei prezzi nel sistema economico, e quindi anche del tasso di inflazione. Il deflatore del PIL è così denominato perché può essere usato per depurare il PIL nominale dell'inflazione. Il PIL è un buon indicatore del benessere economico? Dal momento che la maggior parte degli individui preferisce avere redditi più elevati e una maggiore capacità di spesa, il PIL pro capite sembra un indicatore naturale del benessere economico individuale. Alcuni però contestano la validità del PIL come indicatore di benessere. (Kennedy: "misura tutto fuorché ciò che rende la vita degna di essere vissuta") Il PIL elevato aiuta a innalzare la qualità della vita: i paesi con il reddito più elevato possono permettersi di offrire, ad esempio, una migliore assistenza sanitaria ai bambini, un sistema scolastico più efficiente… Il PIL non è un indicatore diretto di ciò che contribuisce alla qualità della vita, ma misura la possibilità di ottenere i mezzi per vivere una vita dignitosa. Esso non è un indicatore perfetto del benessere economico e non comprende alcune cose che contribuiscono alla qualità della vita: una di queste è il tempo libero. Il PIL utilizza i prezzi di mercato per valutare beni e servizi, quindi non include il valore di tutte le attività e gli scambi che avvengono al di fuori del mercato, in particolare non computa tutti i beni e servizi prodotti in casa per l'autoconsumo. Esso non prende in considerazione nemmeno la qualità dell'ambiente e non ci dice nulla sulla distribuzione del reddito. Possiamo concludere che il PIL è un buon indicatore del benessere economico per molti aspetti, ma non per tutti. Conclusione L'importanza di misurare il PIL è il primo passo per comprendere l'andamento dell'economia e sviluppare la teoria macroeconomica. Pur essendo una misura iniziale, il PIL aiuta a porre le basi per analizzare le variabili che influenzano la crescita economica nel lungo e breve termine. Viene sottolineata la necessità di dati certi per analisi e politiche economiche solide, affrontando questioni come le differenze di reddito tra paesi e le fluttuazioni economiche. MISURARE IL COSTO DELLA VITA Indice dei prezzi al consumo (IDP): indicatore del costo complessivo dei beni e servizi acquistati dal consumatore tipo che permette di stabilire come varia il costo della vita nel tempo. (in Italia calcolato ogni mese dall'Istat) Inflazione: situazione nella quale il livello generale dei prezzi tende ad aumentare. Il tasso di inflazione: variazione percentuale del livello dei prezzi rispetto al periodo precedente. Indice dei prezzi al consumo IPC: indicatore del costo complessivo dei beni e dei servizi acquistati dal consumatore tipo. Come si calcola l'indice dei prezzi al consumo Per calcolare l'indice dei prezzi al consumo e il tasso di inflazione, le agenzie preposte rilevano i prezzi di mercato di migliaia di beni e servizi. 5 fasi del processo di calcolo eseguito dal Bureau of Labor Statistics (BLS) 1. Determinazione del paniere: stabilire quali siano i prezzi importanti per il consumatore tipo. Se un costo è più importante di un altro bisogna attribuirgli un peso maggiore nella determinazione del costo della vita. Il BLS determina questi prezzi analizzando il comportamento dei consumatori e definendo un paniere di beni e servizi acquistati da consumatore medio. 2. Rilevazione del prezzo: rilevare il prezzo di vendita di ogni bene o servizio del paniere nei diversi momenti in cui viene venduto 3. Calcolo del costo del paniere: attraverso i dati rilevati per calcolare il prezzo del paniere di beni e servizi in ciascuno dei 3 anni. Nel calcolo cambiano solo i prezzi: tenendo costante il paniere isoliamo gli effetti del cambiamento delle preferenze del consumatore che si possono verificare nel medesimo intervallo di tempo. 4. Individuazione dell'anno base e calcolo dell'indice: si individua un anno da utilizzare come base di calcolo rispetto al quale seguire i confronti con gli altri anni. (la scelta dell'anno base è arbitraria -> le variazioni sono le stesse a prescindere dall'anno base selezionato) Scelto l'anno base -> 𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒆 𝒅𝒆𝒊 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒊 𝒂𝒍 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎𝒐(𝑰𝑷𝑪) = 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒂𝒏𝒊𝒆𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒃𝒆𝒏𝒊 𝒏𝒆𝒍𝒍′ 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒙 𝟏𝟎𝟎 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒂𝒏𝒊𝒆𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒃𝒆𝒏𝒊 𝒏𝒆𝒍𝒍′ 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒃𝒂𝒔𝒆 5. Calcolo del tasso di inflazione: ovvero la variazione percentuale dell'indice dei prezzi da un periodo all'altro. 𝑰𝑷𝑪 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝟐 −𝑰𝑷𝑪 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝟏 Tasso di inflazione anno 2 = 𝒙 𝟏𝟎𝟎 𝑰𝑷𝑪 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝟏 I 3 indici di prezzi al consumo: 1. NIC: IPC per l’intera collettività 2. FOI: IPC per le famiglie di operai e impiegati -> è il più antico (l’Istat ha ricostruito i dati dal 1861), ha gli stessi prodotti del NIC ma con pesi diversi, oggi prende in considerazione le famiglie di lavoratori dipendenti 3. IPCA: IPC armonizzato a livello europeo -> anche per questo l’anno base è il 2015, ha panieri diversi che variano in base alla regolamentazione dei diversi Paesi, tiene conto dei prezzi effettivamente pagati dai consumatori (saldi, farmaci…) Il BLS calcola anche altri indici: IPC di fondo: indicatore che misura il costo complessivo dei beni e dei servizi acquistati dal consumatore tipo, escludendo la spesa per i generi alimentari e l'energia IPP (indice dei prezzi alla produzione): indicatore che misura il costo di un paniere di servizi acquistati dalle imprese, invece che dai consumatori. Le variazioni del IPP sono utili per prevedere le variazioni future dell'indice dei prezzi al consumo. I problemi nella misurazione del costo della vita L'indice dei prezzi al consumo cerca di stabilire di quanto debbano aumentare i redditi per poter mantenere inalterato il tenore di vita; esso però non è una misura perfetta del costo della vitta essendo inficiato da 3 problemi: 1. Distorsione da sostituzione: i prezzi di alcuni beni possono aumentare più di quelli di altri. Il consumatore tende a sostituire i beni relativamente più costosi con quelli più a buon mercato. L'indice del costo della vita però viene calcolato ipotizzando che il paniere sia costante, senza tenere conto dei cambiamenti delle abitudini di acquisti indotti dalle variazioni dei prezzi; quindi, l'indice tende a sovrastimare l'aumento del costo della vita da un anno all'altro. 2. Introduzione di nuovi beni: il consumatore si trova davanti a una gamma di scelte più ampie. Il consumatore ha bisogno di meno denaro per mantenere inalterato il proprio tenore di vita, ma essendo fondato su un paniere di beni e servizi fisso l'indice dei prezzi al consumo non riflette questo cambiamento del potere di acquisto della moneta. 3. Impossibilità di misurare le variazioni qualitative: o Se la qualità di una categoria di beni si deteriora da un anno all'altro, il valore del denaro diminuisce anche se i prezzi rimangono invariati. o Se la qualità del denaro aumenta, invece, anche il valore del denaro aumenta Il BLS cerca anche di individuare le variazioni della qualità dei beni: se la qualità di un bene compreso nel paniere aumenta il BLS aggiusta il prezzo del bene in funzione della differenza qualitativa, cercando di calcolare il costo di un paniere in condizioni di qualità costante. (difficile da misurare) Il deflatore del PIL e l'indice dei prezzi di consumo Deflatore del PIL: descrive il livello corrente dei prezzi rispetto a quello rilevato nell'anno base. Per valutare il tasso di crescita dei prezzi si prendono in considerazione sia il deflatore del PIL, sia l'indice dei prezzi al consumo. Di solito hanno valori analoghi, ma due differenze possono portarli a divergere: 1. Il deflatore del PIL riflette i prezzi di tutti i beni e i servizi prodotti internamente, l'indice dei prezzi al consumo riflette i prezzi di tutti i beni e servizi acquistati dai consumatori. 2. L'indice dei prezzi al consumo si fonda su un paniere costante di beni e servizi, la cui composizione viene modificata solo occasionalmente dal BLS; il deflatore del PIL mette a confronto il prezzo dei beni e servizi di produzione corrente con quello che questi stessi beni avrebbero avuto nell'anno base, quindi il paniere su cui si fonda cambia automaticamente nel tempo -> rilevante se i prezzi dei beni diversi variano a velocità diversa, le modalità di pesatura dei vari prezzi acquisiscono grande importanza. Nei punti in cui i due valori divergono considerevolmente è possibile andare al di là dei numeri e spiegare la divergenza attraverso le due differenze. Es: 1979 - 1980 l'inflazione calcolata dall'IPC ha avuto un picco rispetto al deflatore del PIL a causa principalmente del raddoppio del prezzo del petrolio in quel periodo. Depurare i valori delle variabili economiche dagli effetti dell'inflazione Somme diversi in periodi diversi La formula che si usa per trasformare i valori monetari dell'anno T in valori monetari attuali è: 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒎𝒐𝒏𝒆𝒕𝒂𝒓𝒊𝒐 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆 = 𝒍𝒊𝒗𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒅𝒆𝒊 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒊 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒎𝒐𝒏𝒆𝒕𝒂𝒓𝒊𝒐 𝒏𝒆𝒍𝒍′ 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝑻 𝒙 𝒍𝒊𝒗𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒅𝒆𝒊 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒊 𝒏𝒆𝒍𝒍′𝒂𝒏𝒏𝒐 𝑻 Per misurare il livello generale dei prezzi e, quindi, determinare la correzione necessaria per depurare gli effetti dell'inflazione possiamo ricorrere a un indice dei prezzi come l'IPC. L'indicizzazione Indici: usati per depurare i valori monetari dagli effetti dell'inflazione -> quando un valore monetario viene automaticamente (per legge o contratto) corretto per l'inflazione si dice indicizzato. Indicizzazione: correzione automatica per legge o per contratto degli effetti dell'inflazione sul valore della moneta. Es: molti contratti a lungo termine tra imprese e sindacati includono l'indicizzazione totale o parziale del salario e fanno riferimento all'indice dei prezzi al consumo. Questo espediente è chiamato scala mobile e fa variare automaticamente le retribuzioni in funzione del corso della vita, misurato dall'indice dei prezzi al consumo o da un altro indice dei prezzi. Tassi di interesse reali e nominali La correzione delle variabili economiche per gli effetti dell'inflazione è particolarmente importante quando si considerano i tassi di interesse. Il concetto stesso di tasso di interesse implica necessariamente il confronto di somme di denaro in diversi momenti nel tempo. Se ad esempio si conferiscono i risparmi alla banca, essa li restituirà in futuro maggiorati dagli interessi. Es: Rita deposita 1000 euro in banca a un interesse annuo del 10% -> dopo un anno ritira il proprio deposito sul quale si sono accumulati 100 euro di interessi. A Rita però interessa ciò che può comprare con il denaro, non il denaro in sé: se mentre il suo denaro era depositato in banca i prezzi sono aumentati, ogni euri oggi acquisita una quantità minore di beni rispetto a un anno fa. In questo caso il suo potere di acquisto (la quantità di beni e servizi che può acquistare) è aumentato in misura inferiore al 10%. Esempio biglietti del cinema: costo biglietto 10 € 1000 € = 100 biglietti Dopo un anno con 1100€ quanti biglietti può acquistare? Dipende da cosa e accaduto nel frattempo al prezzo dei biglietti del cinema: Inflazione nulla: il prezzo rimane invariato -> la quantità aumenta da 100 a 110 (aumento del potere di acquisto del 10%) Inflazione al 6%: biglietto a 10,60€ -> la quantità aumenta da 100 a 104 (aumento del potere di acquisto del 4%) Inflazione al 10%: biglietto a 11€ -> la quantità rimane invariata a 100 unità (potere di acquisto =) Inflazione al 12%: biglietto 11,20 -> la quantità diminuisce da 100 a 98 (potere di acquisto diminuito del 2%) Deflazione: diminuzione del livello generale dei prezzi Deflazione al 2%: da 10€ a 9,80€ -> la quantità aumenta da 100 a 112 -> il potere di acquisto aumenta del 12% All'aumentare del tasso di inflazione, l'aumento del potere di acquisto di Rita viene eroso progressivamente, se il tasso di inflazione è maggiore del tasso di interesse, il potere d'acquisto di Rita diminuisce e in presenza di deflazione il potere di acquisto di Rita aumenta più del tasso di interesse. Per capire quanto un individuo guadagni da un deposito a risparmio dobbiamo quindi prendere in considerazione sia il tasso di interesse, sua la variazione del livello generale dei prezzi. Tasso di interesse nominale: misura la variazione assoluta della quantità di denaro -> quanto aumenta nel tempo l'ammontare di denaro depositato in banca. Tasso di interesse reale: tasso di interesse depurato dagli effetti dell'inflazione -> di quanto aumenta nel tempo il potere di acquisto di una somma depositata. Tasso di interesse reale = tasso di interesse nominale - tasso di inflazione PRODUZIONE E CRESCITA Produttività: quantità di beni e servizi prodotti da un lavoratore nell'unità di tempo, nel determinare il tenore di vita di una nazione. PIL: valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un paese in un dato periodo di tempo PIL pro-capite: PIL reale/numero abitanti La crescita economica nel mondo PIL reale pro capite in 13 paesi Tasso di crescita medio annuo: misura la velocità alla quale il PIL reale pro-capite aumenta nell'anno tipo. Es: USA -> il PIL reale pro capite era pari a 4443 dollari nel 1870 e a 59532 dollari nel 2017, con un tasso di crescita medio annuo dell'1,78%; ovviamente non è aumentato esattamente dell'1,78% ogni anno, in alcuni anni è aumentato di più, in altri di meno e in altri ancora è diminuito. L'1,78% ignorare le deviazioni di breve periodo rispetto alla tendenza e rappresenta un tasso medio di crescita del PIL reale pro capite nell'arco di molti anni Questa tabella dimostra che i paesi più ricchi al mondo non hanno alcuna certezza di rimanere ricchi e che i paesi poveri non sono condannati a rimanere poveri. Ma come si spiegano questi cambiamenti? La funzione di produzione: relazione fra la quantità di fattori utilizzati e la quantità di prodotti che se ne ricavano. Y = AF(L, K,H, N) Y= quantità di prodotto K= capitale fisico A= tecnologia disponibile H= capitale umano L= lavoro N= risorse naturali F= funzione di In caso di rendimenti di scala costanti: xY=AF (xL, xK, xH, xN) Supponendo che x=1/L, allora: Y/L= AF (1, K/L, H/L, N/L) Il ruolo della produttività e le sue determinanti Perché la produttività e importante Robinson Crusoe: le sue attività di produzione e consumo di pesce, verdure e vestiario possono essere considerate un sistema economico semplificato dal quale trarre conclusioni applicabili anche a sistemi più complessi e realistici. Cosa determina il suo tenore di vita? La produttività: la quantità di beni o servizi prodotti con un'unità di lavoro. Dato che consuma ciò che produce la sua capacità produttiva è determinante del suo tenore di vita -> + produttività = + benessere Una nazione, quindi, può godere di un tenore di vita solo se riesce a produrre grandi quantità di beni e servizi. Il tenore di vita di una nazione dipende dalla sua capacità di produrre beni e servizi. Perché alcune economie sono più capaci di altre nella produzione di beni e servizi? Le determinanti della produttività La produttività di Robinson Crusoe è l'unica determinante del suo tenore di vita, ma ci sono fattori a loro volta che determinano la produttività: Capitale fisico (per occupato): capitale fisico = dotazione di utensili e strutture utilizzate per la produzione di beni e servizi -> i lavoratori sono più produttivi se dispongono degli strumenti con cui lavorare. Il capitale tratta di un fattore di produzione che è a sua volta un prodotto -> il capitale è un fattore di produzione che nel passato è stato il risultato di un processo produttivo. Il capitale è quindi un fattore di produzione utilizzato per produrre ogni genere di beni, incluso altro capitale. Capitale umano (per occupato): capitale umano = conoscenze e capacità accumulate dai lavoratori attraverso l'istruzione, la formazione e l'esperienza. Esso comprende le conoscenze e le competenze maturate durante l'età scolare, all'università o in età adulta grazie all'esperienza acquisita direttamente sul lavoro. Come il capitale fisico accresce la capacità di una nazione di produrre beni e servizi ed è un fattore di produzione che a sua volta è prodotto. La produzione di capitale umano richiede l'uso di fattori quali: insegnanti, biblioteche e tempo degli studenti. Risorse naturali (per occupato): risorse naturali = fattori di produzione forniti dalla natura, quali la terra, i fiumi e i giacimenti minerari. Esse possono assumere 2 forme: rinnovabili e non rinnovabili. La diversa disponibilità di risorse naturali è una delle cause della diversità del tenore di vita tra i paesi del mondo. Le risorse naturali non sono una condizione necessaria per attingere a un elevato livello di produttività. Conoscenze tecnologiche: conoscenze tecnologiche = conoscenza dei modi più efficaci di produrre beni e servizi. Essa può assumere molte forme: una parte della tecnologia entra a far parte del bagaglio di conoscenze condivise; altre sono difendibili dalle concorrenze e diventano parte del patrimonio dell'impresa che le ha sviluppate; altre sono difendibili dalla concorrenza e diventano parte del patrimonio dell'impresa che le ha sviluppate; altre forme di tecnologia sono difendibili solo per un limitato periodo di tempo. Qualsiasi forma assumano, le conoscenze tecnologiche sono importanti per la produzione di beni e servizi dell'economia. Distinzione tra conoscenze tecnologiche e capitale umano: i due fattori sono strettamente correlati, ma presentano un'importante differenza. Le conoscenze tecnologiche si riferiscono alle conoscenze sul funzionamento del mondo diffuse nella società, il capitale umano si riferisce alle risorse spese per diffondere questa conoscenza tra la forza lavoro. Crescita economica e politiche economiche Il tenore di vita di un sistema economico dipende dalla sua capacità di produrre beni e servizi e la produttività dipende dal capitale fisico per lavoratore, dal capitale umano per lavoratore, dalle risorse naturali per lavorare e dalle conoscenze tecnologiche. Cosa può fare un governo per aumentare la produttività e il tenore di vita? L'importanza del risparmio e dell'investimento La quantità di capitale disponibile in un dato sistema economico può variare nel tempo. Un modo per incrementare la produttività futura è investire una quota maggiore delle risorse attuali nella produzione di capitale. Siccome le risorse sono scarse destinare una quota maggiore alla produzione di capitale significa ridurre la quota dedicata alla produzione per il consumo attuale. Quindi… Per investire di più in capitale, la società deve consumare meno e risparmiare una parte più consistente del proprio reddito attuale (il saggio di risparmio deve aumentare). La crescita che si genera attraverso l'accumulazione di capitale non è esente dai costi: richiede di sacrificare il consumo attuale di beni e servizi a favore di consumi più elevati nel futuro. L'incentivazione del risparmio e dell'investimento è uno dei modi in cui lo Stato può stimolare la crescita economica e accrescere nel lungo periodo il tenore di vita della società. Rendimenti decrescenti ed effetto catch-up Nell'interpretazione tradizionale del processo di produzione, il capitale è soggetto a rendimenti decrescenti: all'aumentare dello stock di capitale, il prodotto addizionale che si può ottenere grazie all'apporto di una unità aggiuntiva di capitale diminuisce. Quindi… Se i lavoratori già dispongono di una grande quantità di capitale per produrre beni e servizi, fornirgliene un'unità addizionale fa aumentare solo limitatamente la loro produttività. La quantità di capitale per occupato determina la quantità prodotta per occupato, tenendo costanti tutte le altre determinanti della produzione (risorse naturali, tecnologia…). Il rendimento decrescente del capitale è detto a volte prodotto marginale decrescente del capitale. A causa dei rendimenti decrescenti, un aumento della propensione al risparmio favorisce un'accelerazione della crescita solo per il periodo limitato: sebbene un saggio di risparmio più elevato permetta l'accumulazione di capitale, i benefici dell'unità aggiuntiva di capitale si riducono nel tempo, e la crescita rallenta. Nel lungo periodo una maggiore propensione al risparmio conduce a livelli di produttività e di reddito più elevati, ma non a una crescita più sostenuta di queste variabili. Il lungo periodo può essere abbastanza lontano: secondo le analisi dei dati internazionali sulla crescita economica, un aumento della propensione al risparmio comporta una crescita sostanzialmente più elevata per alcuni decenni. Inoltre, i rendimenti decrescenti del capitale hanno un'altra implicazione: a parità di altre condizioni, per un paese povero è relativamente più facile raggiungere tassi di crescita elevati. Effetto catch-up (recupero del divario): proprietà in forza della quale i paesi più poveri tendono a crescere più velocemente dei paesi che partono da una posizione di vantaggio relativo. A parità di altre condizioni, come la percentuale del PIL dedicata all'investimento, i paesi poveri tendono a crescere più rapidamente di quelli ricchi. L'investimento estero Investimento estero: investimento posseduto e gestito da un soggetto di un altro paese. Investimento estero di portafoglio: investimento finanziato con denaro di origine estera, ma gestito da residenti. Un investitore estero è mosso dalla convinzione di poterne trarre un beneficio economico. L'investimento estero non condiziona allo stesso modo tutti gli indicatori del benessere economico. PIL: reddito realizzato all'interno di un paese da residenti e no. PNL: reddito realizzato dai residenti di un paese anche al di fuori dei confini nazionali Attrarre l'investimento estero è uno degli strumenti che un paese può usare per stimolare la crescita economica; sebbene una parte dei benefici che ne derivano escano dal paese per remunerare gli investitori, l'investimento estero accresce il capitale fisico disponibile nell'economia, spingendo verso una maggiore produttività e salari più elevati. Inoltre, l'investimento estero è uno degli strumenti con cui i paesi in via di sviluppo possono procurarsi tecnologie avanzate, sviluppate e utilizzate nei paesi più ricchi. Per questo molti economisti consigliano ai governi dei paesi meno sviluppati di perseguire politiche volte a incoraggiare l'afflusso di capitali dall'estero, rimuovendo se necessario le restrizioni che spesso vengono imposte alla possibilità degli stranieri di possedere beni capitali. Banca mondiale: finanzia con fondi devoluti dai paesi ricchi e li utilizza per concedere ai paesi in via di sviluppo prestiti finalizzai alla dotazione di strutture, offrendo anche consulenza relativamente all'uso dei fondi conferiti. L'istruzione Lo Stato può migliorare il tenore di vita del paese fornendo un sistema scolastico e universitario ben funzionante e incoraggiando la popolazione a utilizzarlo proficuamente. L'investimento del capitale umano ha un costo-opportunità: frequentando la scuola gli studenti rinunciano a lavorare e quindi a guadagnare. L'importanza del capitale umano discende anche dalle esternalità positive che genera. Uno dei problemi che i paesi poveri devono affrontare è la cosiddetta fuga dei cervelli, ovvero l'emigrazione dei lavoratori più istruiti verso paesi più ricchi, dove possono godere di una migliore qualità della vita. Il capitale umano genera esternalità positive, quindi la fuga dei cervelli impoverisce doppiamente la nazione, privandola anche delle scarse possibilità di miglioramento di cui dispone. Questo genera un dilemma: I paesi ricchi, da una parte, dispongono del migliore sistema di istruzione universitaria e sembrerebbe quindi naturale che i paesi poveri mandino i migliori studenti ad acquisire conoscenze Gli studenti, dall'altra parte, che hanno soggiornato all'estero potrebbero decidere di non tornare in patria e la conseguente fuga di cervello diminuirebbe ancora di più il capitale umano del paese. Salute e alimentazione A parità di altre condizioni, un lavoratore più sano è anche il più produttivo: con i giusti investimenti nella salute della popolazione è possibile aumentare la produttività e elevare il tenore di vita di un paese. R.Fogel suggerisce che un fattore importante per la crescita economica di lungo periodo sia il miglioramento della salute della popolazione portato da un'alimentazione più corretta, tenendo in considerazione anche la statura della popolazione che può essere un indicatore di malnutrizione. Alcuni studi hanno anche dimostrato che la statura è un indicatore della produttività: i più alti tendono a guadagnare di più. Fogel ha voluto porre in risalto la relazione tra salute e crescita economica, sottolineando come al miglioramento dell'alimentazione è attribuibile una buona parte del reddito pro capite. Il nesso casuale tra salute e benessere è a doppio senso: I paesi poveri sono poveri anche perché la loro popolazione non è sana. La popolazione non è sana anche perché è povera e non si può permettere assistenza sanitaria e alimentare. Questo potrebbe trasformarsi in un circolo virtuoso: provvedimenti che incentivano una crescita economica più rapida migliorano naturalmente lo stato di salute della popolazione e questo a sua volta aumenta la crescita economica. Diritti di proprietà e stabilità economica Fattori fondamentali per il corretto funzionamento di un'economia di mercato. Nelle economie di mercato la produzione dipende dall'interazione delle decisioni di imprese e individui; perché questa interazione sia efficiente il risultato del sistema economico deve coordinare le transazioni tra tutte le imprese coinvolte nella produzione e tra queste e i consumatori. Nelle economie di mercato questa funzione di coordinamento è svolta dai prezzi che riescono a equilibrare domanda e offerta. Un requisito per il corretto funzionamento del sistema dei prezzi e la tutela dei diritti di proprietà. I diritti di proprietà si riferiscono alla capacità di esercitare la potestà sulle risorse che ci appartengono. Il sistema giudiziario ha un ruolo cruciale nell'economia di mercato: quello di far rispettare i diritti della proprietà. L'incertezza dei diritti di proprietà può essere la fonte di molti problemi; nei casi estremi lo Stato non solo non riesce a garantire i diritti di proprietà, ma è il primo a violarli: le imprese corrompono i pubblici funzionari e la corruzione impedisce che i mercati esplichino la propria funzione di coordinamento e scoraggia il risparmio interno e l'investimento estero. Una comune minaccia ai diritti di proprietà è l'instabilità politica: se esiste il rischio che un governo autoritario confischi il capitale delle imprese gli incentivi a risparmiare, investire e avviare nuove attività imprenditoriali vengono a meno (es. comunismo); e gli investitori esteri hanno un minor incentivo a investire nel paese -> prosperità economica = prosperità politica Il libero scambio Alcuni paesi poveri cercano di ottenere una crescita economica perseguendo politiche isolazioniste, orientate al raggiungimento di una produttività e di un tenore di vita migliori attraverso la diminuzione dell'interazione con il resto del mondo. Questo approccio trova spesso il favore delle imprese nazionali, le quali reclamano la necessità di essere protette dalla concorrenza estera, in modo da avere lo spazio per poter crescere. La maggior parte degli economisti è convinta che i paesi poveri non possano che beneficiare di politiche orientate alle esportazioni che li integrino nell'economia mondiale. Il commercio internazionale può migliorare il benessere economico della popolazione di un paese. Gli effetti negativi dell'isolazionismo diventano più evidenti se si prende in considerazione anche la modesta dimensione dei sistemi economici dei paesi sottosviluppati. Il volume degli scambi che una nazione intrattiene con il resto del mondo non è determinato solo dalla politica, ma anche dalla geografia: paesi affacciati sul mare e dotati di porti naturali sono, in questo, facilitati rispetto a paesi che confinano solo con la terra ferma. Ricerca e sviluppo Una delle ragioni più importanti per cui il tenore di vita è migliore oggi rispetto a un secolo fa è il progresso tecnologico. La maggior parte delle innovazioni tecnologiche è frutto delle ricerche di singoli e imprese, ma promuovere questi sforzi è di interesse pubblico. La conoscenza è un bene pubblico: una volta che un individuo scopre una nuova idea, questa entra nel patrimonio culturale della società. Uno degli strumenti fondamentali per lo Stato per incentivare l'attività di ricerca è la tutela dei brevetti: l'individuo o l'impresa che inventa un nuovo prodotto può richiedere il brevetto; se il prodotto viene considerato originale, l'inventore ottiene il diritto esclusivo di sfruttamento per un dato numero di anni. Brevetto: forma di diritto di proprietà che trasforma le opere dell'ingegno da beni pubblici a beni privati -> permettendo agli inventori di trarre il profitto dalla propria attività di ricerca il brevetto aumenta gli incentivi alla ricerca per individui e imprese. La crescita della popolazione L'effetto più diretto si riscontra sulla dimensione della forza lavoro: una vasta popolazione significa un maggior numero di lavoratori dediti alla produzione di beni e servizi; ma una vasta popolazione significa anche un maggior numero di individui che consumano beni e servizi, questo vuol dire che a un maggior volume di produzione di beni e servizi non corrisponde necessariamente un tenore di vita più elevato per il cittadino medio. La crescita della popolazione interagisce con gli altri fattori di produzione secondo modalità meno dirette e più controverse: Sfruttamento delle risorse naturali: T. R. Malthus è convinto che la crescita della popolazione avrebbe messo in discussione la capacità della società di mantenere se stessa e quindi avrebbe inevitabilmente gettato l'umanità nella povertà. Fortunatamente le sue affermazioni si sono rivelate errate: il tenore di vita di tutto il mondo è, ultimamente, più elevato rispetto ad allora. La diluizione dello stock di capitale: gli effetti della crescita demografica sull'accumulazione del capitale. Secondo le teorie degli economisti una forte crescita della popolazione ridurrebbe il PIL per occupato, perché all'aumentare del numero di lavoratori la quantità all'aumentare del numero di lavoratori la quantità di capitale per occupato diminuisce. Se la crescita della popolazione è rapida, i lavoratori hanno una dotazione sempre più ridotta di capitale che porta a una diminuzione della produttività e del PIL per occupato -> evidente se si considera il capitale umano. Alcuni analisti ritengono che una diminuzione della crescita demografica in paesi meno sviluppati potrebbe contribuire a elevarne il tenore di vita. In questi paesi tale obiettivo è perseguito direttamente con leggi che regolano il numero di figli che ogni coppia può avere oppure, in paesi più liberi è perseguito attraverso campagne di controllo e diffusione di metodi contraccettivi. Un altro modo per ottenere una riduzione del tasso di crescita demografica è considerare il costo-opportunità che un figlio comporta. -> parità = riduzione tasso di crescita La promozione del progresso tecnologico: secondo alcuni economisti la crescita della popolazione può aver dato impulso al progresso tecnologico e alla prosperità economica - > + persone = + scienziati = + inventori e tecnici i quali contribuiscono al progresso tecnologico e da cui tutti traggono benefici. M.Kremer: secondo cui una vasta popolazione è un prerequisito per il progresso tecnologico. Un modo indiretto per aumentare la produttività: il price-cap Price-cap: lo Stato pone un limite agli aumenti di prezzo delle imprese pari alla differenza tra il tasso di inflazione e il tasso di crescita della produttività attesa. In Italia è usato nell’industria, nei settori delle telecomunicazioni e nell’energia (gas) Conclusione: l'importanza della crescita di lungo periodo Il tenore di vita di un paese dipende dalla sua capacità di produrre beni e servizi. Se si vuole migliorare il tenore di vita del proprio paese bisogna puntare ad accrescere la capacità produttiva, stimolando l'accumulazione dei fattori di produzione e garantendo che tali fattori siano impiegati con la massima efficienza. RISPARMIO, INVESTIMENTO E SISTEMA FINANZIARIO Ci sono molti modi per finanziare gli investimenti in capitale fisico: prestito dalla banca, da un amico, da un parente; in tal caso nel tempo si restituirà non solo la somma che avete ricevuto, ma anche gli interessi per l'uso del denaro. In alternativa si può convincere qualcuno a fornire le somme necessarie per avviare l'attività in cambio di una quota dei diritti futuri. Sistema finanziario: istituzioni che operano nell'economia al fine di incanalare il risparmio verso l'investimento. Risparmio + investimento = crescita economica -> risparmiando una quota rilevante del PIL il paese rende disponibili più risorse per l'investimento in beni capitali, l'aumento del capitale fa aumentare la produttività e il tenore di vita. Istituzioni finanziarie nell'economia Sistema finanziario: insieme delle istituzioni che operano nell’economia per incanalare il risparmio verso l’investimento e trasferisce le risorse scarse dell'economia dai risparmiatori (coloro che spendono meno di quanto guadagnano) ai prenditori (che spendono più di quanto guadagnano) Risparmiatori: offrono denaro aspettandosi di vederselo restituire con interessi Prenditori: domandano denaro Il sistema finanziario è costituito da una molteplicità di istituzioni finanziarie, raggruppabili in 2 gruppi: Mercati finanziari Intermediari finanziari I mercati finanziari Istituzioni attraverso le quali un soggetto che risparmia può finanziare direttamente un soggetto che si vuole indebitare. I più importanti sono 2: 1. Mercato obbligazionario Obbligazione: noto titolo rappresentativo di un debito che specifica gli obblighi del debitore verso il creditore -> titolo di debito che stabilisce il momento nel quale il prestito verrà rimborsato (data di scadenza) e il tasso di interesse che verrà periodicamente corrisposto prima della scadenza. Chi acquista un'obbligazione presta il proprio denaro all'emittente in cambio della promessa degli interessi e della restituzione della somma prestata (capitale o principale). L'acquirente o il sottoscrittore può tenere l'obbligazione fino alla scadenza o venderla a una data precedente. I tipi di obbligazioni presentano 4 caratteristiche fondamentali: a. Durata: tempo che intercorre tra emissione e scadenza dell'obbligazione. Possono essere brevi (qualche mese) o durare anche diversi anni (rendite perpetue: interessi annuali senza mai prevedere il rimborso del capitale). Il tasso di interesse composto da un'obbligazione dipende in parte dalla durata: quelle di lungo termine sono più rischiose di quelle a breve scadenza, siccome i sottoscrittori devono attendere più a lungo per vedersi restituire il capitale. Per evitare che se il titolare si trovasse nella necessità di ritirare i soldi in anticipo rispetto alla scadenza e sia costretto a vendere il titolo, le obbligazioni di lunga durata corrispondono a tassi di interesse più elevati di quelle a breve termine. b. Rischio di credito: probabilità che il debitore non onori gli impegni presi. Insolvenza = default: i prenditori possono andare in default dichiarando fallimento. Se gli acquirenti percepiscono un elevato rischio di insolvenza, gli acquirenti di obbligazioni esigono un tasso di interesse più elevato per compensare il maggior rischio. Le imprese in condizione finanziarie precarie possono indebitarsi emettendo i junk bond, "obbligazioni spazzatura", che corrispondono tassi di interessi molti elevati. Gli investitori possono valutare il rischio di credito ricorrendo a diverse agenzie di rating le quali valutano il rischio di credito di molti titoli obbligazionari assegnando a loro un voto da AAA a D. c. Trattamento fiscale: modo in cui la normativa fiscale considera il reddito da interessi generato dal possesso di obbligazioni. L'interesse maturato sulle obbligazioni emesse da privati è considerato reddito imponibile, e il sottoscrittore dell'obbligazione deve pagare una porzione degli interessi guadagnati al fisco. Negli USA i municipal bond, invece sono esenti da imposte; per questo le obbligazioni emesse dalle amministrazioni statali e locali corrispondono interessi più bassi rispetto a quelle delle obbligazioni emessa dai privati o dal governo federale degli USA. d. Indicizzate all'inflazione: la maggior parte delle obbligazioni è definita in termini nominali; la promessa di restituire interessi e principale è indicata in una quantità monetaria specifica. Se i prezzi aumentano ciò costituisce uno svantaggio per gli obbligazionisti, perché il potere di acquisto della moneta diminuisce, altre obbligazioni indicizzano interessi e capitale a una misura dell'inflazione in modo che all'aumentare dei prezzi anche i pagamenti aumentano in proporzione. 2. Mercato azionario Azioni: titoli di proprietà dell'impresa e perciò costituiscono un diritto sui profitti che essa realizza. o Finanziamento di capitale con rischio: vendita di azioni per raccogliere fondi o Finanziamento di capitale con debito: emissione di obbligazioni Entrambi gli strumenti vengono utilizzate per finanziare i nuovi investimenti, ma azioni e obbligazioni sono diverse tra loro: il titolare di un'azione è proprietario di una parte dell'impresa, il sottoscrittore di un'obbligazione è creditore. Rispetto alle obbligazioni le azioni offrono a chi le sottoscrive tanto un rischio quanto un potenziale rendimento più elevati. Le azioni emesse e vendute da una società possono essere scambiate in un mercato organizzato, ma la società emittente non trae alcun beneficio diretto dalla compravendita dei propri titoli. I prezzi ai quali le azioni vengono scambiate nel mercato sono determinanti dall'interazione di domanda e offerta, dato che l'azione rappresenta un titolo di proprietà dell'impresa, la sua domanda dipende dalle aspettative di redditività futura dell'impresa che ha emesso: se prevale l'ottimismo aumenta la domanda delle sue azioni e il prezzo lievita, al contrario diminuiscono. Per tenere sotto controllo l'andamento dei mercati azionari si hanno a disposizione diversi indici azionari: calcolati come valore medio delle quotazioni di un gruppo di titoli: o Dow Jones Industrial Average: basato sulla quotazione delle azioni di 30 grandi imprese: Disney, Microsoft, Coca-Cola, Apple… o Standard & Poor's 500 che rileva il prezzo delle azioni delle 500 più grandi imprese quotate. Capital gain o plusvalenza: differenza positiva tra il prezzo di vendita di un prodotto finanziario (es. azione) e quello di acquisto Minusvalenza: differenza negativa tra il prezzo di vendita di un prodotto finanziario (es. azione) e quello di acquisto Esempio numerico: Un investitore compra azioni per € 10.000 e le rivende a € 15.000, la sua plusvalenza (capital gain) è di € 5.000 e sarà tassata al 26%, ossia per € 1.300. Il suo guadagno, al netto delle imposte e delle commissioni di negoziazione e/o tenuta conto, sarà quindi di € 3.700. Se invece l’investitore fa l’operazione opposta, quindi registra una minusvalenza, di € 5.000, potrà mettere questa perdita in un cassetto fiscale utilizzabile entro 4 anni. Se quindi l’investitore col cassetto fiscale di 5.000 euro, in seguito, fa un’operazione azionaria un cui guadagna 13.000 mila euro potrà pagare le tasse solo su 8.000 euro. Quindi sottraendo il 26% di 8.000 euro, ossia 2.080 euro, significa che guadagnerà € 10.920 (ossia 13.000-2.080), grazie al recupero delle minusvalenze pregresse. Gli intermediari finanziari Istituzioni finanziarie attraverso cui risparmiatori possono fornire fondi ai prenditori indirettamente. Ci sono diverse tipologie di intermediari finanziari, tra cui: Banche: intermediario finanziario con il quale gli individui hanno maggiore familiarità: una delle funzioni primarie della banca e raccogliere il risparmio di chi spende meno di quanto guadagna e impiegarlo per fare prestiti a chi ha necessita di indebitarsi. Esse corrispondono un interesse al depositante e fanno pagare ai debitori un interesse più elevato sui prestiti erogati. La differenza tra i due tassi di interesse copre i costi della banca e garantisce un profitto ai suoi proprietari. Le banche hanno anche la funzione di facilitare lo scambio di beni e servizi, permettendo agli individui di emettere assegni a fronte dei propri depositi o di usare una carta di credito per trasferire denaro dal proprio conto a quello dell'impresa. Banca = contribuisce alla creazione di strumenti che possono essere usati come mezzi di pagamento per saldare il corrispettivo di qualsiasi transazione. Le azioni e le obbligazioni possono costituite depositi di ricchezza accumulata con il risparmio, ma l'accesso di ricchezza accumulata non è facile, immediato o privo di costi. Fondi comuni di investimento: istituzione che vende proprie quote di partecipazione al pubblico e con il ricavato acquista una selezione (portafoglio) di titoli azionari, obbligazionari o di entrambi i tipi. Il sottoscrittore della quota di fondo comune accetta implicitamente un rischio e il rendimento associati al portafoglio scelto, se il suo valore aumenta il sottoscrittore ne trae beneficio, se diminuisce subisce una perdita. Vantaggi: o l'accesso alla diversificazione di portafoglio anche disponendo di risorse minime o I gestori di fondi comuni tengono sotto stretto controllo le tendenze e gli andamenti finanziari nei quali sono presenti e acquistano i titoli delle imprese che consider