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Davide Mannina

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Gli appunti trattano l'economia delle gestioni bancarie, focalizzandosi sulle aree strategiche d'affari (ASA) come Retail, Private Banking e Corporate Banking. Descrivono obiettivi, modalità di verifica, programma e bibliografia relativi al corso. Vengono analizzati i modelli di business, le strategie e le politiche aziendali, la gestione del portafoglio crediti, e il bilancio delle banche.

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ECONOMIA DELLE GESTIONI BANCARIE | ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO Moduli Settore/i Tipo Ore Docente/i ECONOMIA DELLE GESTIONI BANCARIE SECS-P/11 LEZIONI 84 GIULIANA BIRINDELLI unimap ELENA BRUNO unimap Obiettivi...

ECONOMIA DELLE GESTIONI BANCARIE | ECONOMIA DELLE AZIENDE DI CREDITO Moduli Settore/i Tipo Ore Docente/i ECONOMIA DELLE GESTIONI BANCARIE SECS-P/11 LEZIONI 84 GIULIANA BIRINDELLI unimap ELENA BRUNO unimap Obiettivi di apprendimento Conoscenze Il corso si propone di approfondire le problematiche connesse alle tematiche gestionali, organizzative e di controlli interni delle banche, con riferimento agli aspetti regolamentari ed evolutivi delle aree strategiche e del rapporto banca/mercato. Modalità di verifica delle conoscenze L'esame consiste in una prova orale avente ad oggetto la conoscenza e la comprensione dei temi indicati nel programma Programma (contenuti dell'insegnamento) Analisi dei modelli di business delle banche; strategie e politiche aziendali nel presidio delle AsA; modalità di gestione del portafoglio crediti e di proprietà della clientela per la definizione rispettivamente di politiche di credito e di asset allocation differenziate in funzione della rischiosità delle imprese prenditrici e della propensione al rischio della clientela in surplus; valutazione dei sistemi governance e delle funzioni di controlli interni; gestione della tesoreria e della liquidità a presidio delle condizioni di equilibrio finanziario; il bilancio delle banche e la valutazione delle attività e delle passività finanziarie secondo il nuovo principio contabile IFRS 9. Analisi delle performance bancarie. Sustainabilty finance and green finance. Bibliografia e materiale didattico Materiale didattico disponibile online Modalità d'esame L'esame sarà svolto in forma scritta (domande multiple e domande aperte). Inoltre è previsto un orale integrativo qualora lo studente abbia interesse ad incrementare il voto. Davide Mannina | Pag. 1 a 104 PARTE BRUNO: ASA INTRODUZIONE ALLE AREE STRATEGICHE D’AFFARI 4 CAPITOLO 1 | AREA RETAIL 7 1. INTRODUZIONE 7 1.1. CARATTERISTICHE 8 1.2. OSSERVAZIONI SULL’ ASA RETAL (PERSONALIZZAZIONE/DIFFERENZIAZIONE) 10 1.3. EVOLUZIONE DELL’ATTIVITÀ DI RB: orientata alla personalizzazione 11 1. 4. TECNICHE DI SEGMENTAZIONE 14 1.5. PARAMETRI PER LA DEFINIZIONE DI PMI 18 1.6. PROCESSO DI SEGMENTAZIONE DELLA CLIENTELA: FASI E CARATTERI 20 1.7 DIFFERENZIAZIONE DEI SERVIZI E PRODOTTI (L’AREA RETAIL GIOCA SUL PREZZO) 22 1.8. PROFILI ORGANIZZATIVI DELL’ATTIVITA DI RETAIL BANKING 24 1.9. LA BANCA COME ORGANIZZA L’OFFERTA? 25 1.10. I CREDITI/PRODOTTI SPECIALI 26 1.10.1 IL CREDITO FONDIARIO (Art. 38 TUB) 26 1.10.2. IL CREDITO ALLE OPERE PUBBLICHE (art. 42 TUB) 30 1.10.3 IL CREDITO AGRARIO e ELEMENTI COMUNI CON IL CREDITO PESCHERECCIO 31 1.10.4. IL CREDITO PESCHERECCIO 39 1.10.5 IL CREDITO A MEDIO-LUNGO TERMINE ALLE IMPRESE 40 1.10.6 IL CREDITO SU PEGNO 42 1.11 I FATTORI DI SUCCESSO 44 1.12 FUTURO ASA RETAIL 48 1.13. FINTECH: L’EMERGERE DI UN NUOVO SCENARIO COMPETITIVO 49 CAPITOLO 2 | AREA PRIVATE 50 2.1. INTRODUZIONE 50 2.2 CARATTERISTICHE DEL PB E LA PIRAMIDE DELLA RICCHEZZA 50 2.3. CONFIGURAZIONE DELL’OFFERTA NEL PB: DIFFERENZE NEI MODELLI DI BUSINESS 53 2.4. IL RUOLO DEL PRIVATE BANKER: COSTRUZIONE DI PORTAFOGLI SU MISURA 54 2.5. EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA DEI MERCATI 55 2.6. EVOLUZIONE DEL PRIVATE BANKING 56 2.7. LA CATENA DEL VALORE DEL WEALTH MANAGEMENT (WM) 57 2.8. DIFFERENZA PRIVATE BANKING TRADIZIONALE (PB) E WEALTH MANAGEMENT (WM) 61 2.9. I PROFILI ORGANIZZATIVI DELL’ATTIVITA DI PRIVATE BANKING 62 2.9.1 BUSINESS UNIT ED ENTITA GIURIDICA AUTONOMA 63 2.10. OFFERTA DI PRODOTTI E SERVIZI DI WEALTH MANAGEMENT 65 2.10.1 HEDGE FUND 67 2.10.2. PRIVATE EQUITY 70 2.10.3 REAL ESTATE 78 2.10.4 ART ADVISORY 79 2.11 FATTORI CRITICI DI SUCCESSO 81 Davide Mannina | Pag. 2 a 104 CAPITOLO 3 | AREA CORPORATE 82 INTRODUZIONE 82 3.1. EVOLUZIONE DELL’OFFERTA 82 3.2. PASSAGGIO DA UN MODELLO DI BUSINESS “OTH” a “OTD” 83 3.3 COMMERCIAL BANKING E INVESTMENT BANKING 85 3.4.PROFILI ORGANIZZATIVI DELL’ATTIVITA DI CORPORATE BANKING 86 3.5. OFFERTA DEI PRODOTTI 87 3.5.1. PROJECT FINANCING (si finanzia il progetto che si realizza tramite la costituzione d’impresa) 87 3.6. ORGANIZZAZIONE DEL FINANZIAMENTO 98 3.6.1. IL PRESTITO MEZZANINO (forma di finanziamento near capital) 98 3.6.2. PRESTITO SINDACATO (lending) 100 3.7. Fattori critici di successo Area Corporate 104 Davide Mannina | Pag. 3 a 104 INTRODUZIONE ALLE AREE STRATEGICHE D’AFFARI 1. Introduzione alle Aree Strategiche d’Affari Le Aree Strategiche d'Affari (ASA) rappresentano una componente fondamentale nell'ambito dei servizi bancari. Queste costituiscono divisioni specializzate all'interno delle istituzioni finanziarie, focalizzate su specifici settori o competenze finanziarie. Le ASA sono nate per affrontare le diverse e complesse sfide finanziarie che le imprese e i clienti istituzionali devono affrontare quotidianamente. → “Le ASA sono area strategiche d’affari in cui è perfettamente organizzabile/rappresentabile l’attività della banca. Si potrebbe dire che sono aree in cui è possibile strutturare e rappresentare un peculiare aspetto dell’attività bancaria. Ruolo delle ASA nell’Attività Bancaria. Secondo quanto stabilito dall'articolo 10 del Testo Unico Bancario (TUB), oltre all'attività bancaria di base, che consiste nell'operare come intermediario congiuntamente nella raccolta del risparmio e nell'erogazione di credito, le banche possono svolgere ogni altra attività finanziaria, ognuna disciplinata secondo le normative specifiche, nonché attività connesse e accessorie. Approccio Multiprodotto delle Banche. Le banche operano in un contesto multiprodotto, cioè offrono una vasta gamma di servizi finanziari. Questo implica che esse si impegnano in diversi campi finanziari, ognuno con proprie peculiarità e regolamentazioni. Le ASA nascono come risposta a questa diversificazione, fungendo da strutture specializzate che concentrandosi su determinati settori, forniscono consulenza mirata e soluzioni finanziarie personalizzate. Ciò permette alle banche di offrire servizi altamente specializzati e di alta qualità, in grado di rispondere in modo ottimale alle esigenze specifiche di ogni cliente. Necessità di segmentazione. La complessità dell'attività bancaria moderna richiede una suddivisione chiara e strategica degli sforzi. Le banche, essendo entità multi-prodotto, multi-prezzo, multi-business e multi-client, necessitano di effettuare segmentazioni. Queste possono riguardare il mercato, la clientela o altri fattori pertinenti. In questo contesto, le ASA emergono come uno strumento chiave per organizzare e rappresentare in modo efficace l'attività bancaria. Perché si ragiona per ASA? Perché oramai, come definito dal TUB, la banca è un multi-prodotto, multi-pricing, multi-business, multi-client e quindi ha la necessità di effettuare delle segmentazioni (di mercato, di clientela, …). Da qui la necessità di ragionare per ASA. Le quattro principali ASA. Sulla base di queste considerazioni, se ne individuano 4: 1. Retail: area focalizzata sulla clientela individuale e sulle piccole imprese (small business). L’elemento dimensionale “piccoli operatori/ imprese” è riferito al patrimonio detenuto. 2. Private Banking (PB); 3. Corporate Banking; 4. Institutional Banking. Queste quattro ASA costituiscono pilastri fondamentali nell'organizzazione e nell'erogazione di servizi bancari, garantendo una risposta mirata alle esigenze specifiche di ciascun segmento di clientela e di mercato. Davide Mannina | Pag. 4 a 104 1. RETAIL L'Area Strategica d'Affari Retail è dedicata alla clientela individuale e alle piccole imprese, offrendo servizi finanziari di base come conti correnti, carte di credito, prestiti personali e mutui. Questa area è orientata alle strategie nel settore retail, coinvolgendo operatori di piccole dimensioni, dove le dimensioni si riferiscono al patrimonio detenuto. È l'unica area in cui la banca deve gestire strategicamente le unità in surplus (risparmiatori) e in deficit (piccole imprese) che si avvicinano con l'obiettivo di investire le proprie risorse e ottenere un profitto. Queste “unità” vengono gestite da parte della banca mediante un approccio relazionale Nell'ambito retail, l'offerta di prodotti non è personalizzata ma è altamente standardizzata, indipendentemente se la richiesta proviene da operatori in surplus o in deficit. Questo perché il mercato retail ha un patrimonio limitato, e serve sia le unità in surplus che in deficit. La clientela in questa area non ha esigenze finanziarie sofisticate, detenendo un patrimonio ≤ 1 milione di euro. Ricapitolando. L’ASA Retail comprende l’offerta di prodotti che rispondono a bisogni basilari della clientela. È un’area non omogenea. La banca deve essere pronta a gestire un’offerta che soddisfi le esigenze di investimento sia della clientela in surplus che in deficit. 2. PRIVATE BANKING L’ASA del Private Banking si focalizza sulla gestione del patrimonio di clienti ad alto valore netto, offrendo servizi personalizzati di investimento e consulenza finanziaria avanzata. Quest’area si rivolge a soggetti in surplus che possiedono un patrimonio finanziario/economico superiore a 1 milione di euro. Nella lettura della piramide della ricchezza, gli autori tendono a far rientrare nell’ambito del PB (> 1 mln) tutti i soggetti che ruotano nel WEALTH MANAGEMENT. L’offerta in questa area è altamente personalizzata, mirata a soddisfare le esigenze di investimento di una clientela con un patrimonio significativo. La banca deve offrire prodotti e servizi più sofisticati, in grado di gestire un maggiore rischio-rendimento, per soddisfare le necessità di una clientela con una propensione al rischio elevata volta a realizzare elevati rendimento del portafoglio investimenti con prodotti di maggior complessità. L’elemento qualificante è l’elemento fiduciario 3. CORPORATE BANKING Quest’area si rivolge alle aziende, fornendo servizi di finanziamento, gestione del capitale circolante, consulenza per fusioni e acquisizioni, e altri servizi finanziari rilevanti per il mondo aziendale. Il Corporate Banking è orientato alle aziende di grandi dimensioni (imprese corporate). Qui l’offerta è costruita su misura per rispondere alle esigenze specifiche della clientela aziendale. È un’area che si caratterizza per la sua omogeneità, offrendo servizi alle imprese corporate, ossia quelle con un fatturato superiore a 2,5 milioni di euro. Queste sono aziende di grandi dimensioni che presentano esigenze di finanziamento complesse, spesso legate alla necessità di sfruttare appieno l’intera catena del valore dell’azienda. La consulenza finanziaria è il servizio principale offerto in questa area, che si distingue per essere più che una semplice attività promozionale, ma una consulenza di alto livello. La banca agisce come consulente, fornendo un supporto prezioso nell’ambito finanziario. 4. INSTITUTIONAL BANKING ASA dedicata a istituzioni finanziarie e grandi investitori, offrendo servizi specializzati come trading, gestione degli investimenti e consulenza per transazioni complesse. Quest'area segue una logica simile a Private e Corporate Banking, ma si differenzia per il tipo di soggetto presidiato, che può essere sia privato che pubblico. → Cambia la natura dei soggetti (che può essere pubblica o privata) ma non la strategia della banca. L’offerta non ha differenze rispetto alle tre aree precedenti, questa è differente a seconda del tipo di soggetto che deve essere presidiato. Davide Mannina | Pag. 5 a 104 ANALISI DELLA SCELTA STRATEGICA DELLE BANCHE Da cosa si può evincere il tipo di business adottato dalla Banca? La comprensione del tipo di business adottato da una banca può essere desunta dall'analisi del suo bilancio, in particolare dalle voci e dall'importanza economica e finanziaria che vi sono riportate. Questo permette di determinare se la banca è orientata principalmente verso la clientela retail, private o corporate. In questo contesto, è importante sottolineare che le scelte strategiche adottate sono principalmente di natura economica e non sono dettate da prescrizioni legali ("ope legis"). La banca ha la facoltà di decidere autonomamente quale direzione intraprendere e come farlo, con l'unico vincolo di operare in modo tale da garantire la copertura delle eventuali perdite legate all'esposizione al rischio. In passato, la specializzazione rappresentava un vincolo più stringente, ma oggi questa può essere imposta solo volontariamente. Questo costituisce un elemento di differenziazione rispetto al passato, evidenziando come le banche siano diventate operatori altamente diversificati. Esse hanno la capacità di combinare diversi elementi come mercati, prodotti e tecnologia, adattandosi in modo flessibile alle esigenze del mercato. Le banche non sono vincolate a una particolare specializzazione, ma possono scegliere autonomamente in quali aree concentrare la loro attività. La scelta di specializzarsi o diversificare risponde a obiettivi strategici ben definiti: cosa la banca intende fare e come intende farlo. Gli interessi che guidano questa decisione possono derivare dalla predisposizione, dalle idee e dagli obiettivi strategici del top-management, oltre che dalla normativa vigente. Questi fattori sono determinanti nell'indirizzare la banca verso la diversificazione dei prodotti o, al contrario, verso una forma di specializzazione, orientandola verso l'approccio ad una specifica area, come ad esempio l'ASA Retail. Quando la banca si focalizza su operatori con risorse significative o progetti di rilevanza economica da finanziare, è necessario presidiare questi soggetti in modo autonomo. Ciò richiede lo studio e l'implementazione di strategie specifiche, adatte a gestire in modo mirato queste "fette di mercato". La banca si adopera quindi in modo attento e puntuale, fornendo un supporto ad hoc per ciascun operatore, tenendo conto delle specifiche esigenze e caratteristiche di ciascun cliente. Davide Mannina | Pag. 6 a 104 CAPITOLO 1 | AREA RETAIL 1. INTRODUZIONE L'ASA retail è quella che si rivolge alla clientela individuale, sia con un patrimonio elevato (private banking) che con un patrimonio inferiore (retail banking tradizionale) Come ci approcciamo allo studio delle ASA? Nell'analisi delle Aree Strategiche d'Affari, è fondamentale considerare: 1. Caratteristiche ASA che contribuiscono a stabilire e valutare le scelte strategiche adottate; 2. Evoluzione delle ASA: Da Massa a Differenziazione: Nell'arco di questi ultimi 10 anni, l'ASA Retail ha attraversato una significativa evoluzione. Inizialmente orientata verso una visione di mercato di massa, si è poi progressivamente spostata verso un approccio più focalizzato sulla differenziazione. È interessante interrogarsi su quali sviluppi e cambiamenti l'ASA Retail abbia concretamente implementato durante questo periodo di trasformazione. 3. Profili organizzativi dell’attività: È cruciale comprendere come viene organizzata l'offerta all'interno dell'ASA Retail. Questo aspetto rivela la struttura interna e la modalità con cui vengono gestite le operazioni e i servizi destinati alla clientela retail. 4. Offerta di prodotti e servizi: oltre ai servizi tradizionali, è essenziale considerare anche quelli innovativi che integrano componenti tecnologiche avanzate. L'adozione di soluzioni come la digital innovation o la blockchain rappresenta un elemento chiave nella definizione dell'offerta dell'ASA Retail. Questa componente innovativa non solo amplia il ventaglio di servizi offerti, ma può anche influenzare positivamente l'esperienza del cliente e la competitività della banca. 5. Fattori critici di successo: un elemento cruciale per il successo dell'ASA Retail è rappresentato dal progresso tecnologico. L'adozione e l'implementazione di tecnologie avanzate come la digital innovation e la blockchain possono determinare significativamente il volume d'affari della banca. Si pone quindi la domanda: quali strategie possono essere adottate per massimizzare il rendimento derivante da queste innovazioni? Attraverso l'analisi di queste caratteristiche, è possibile ottenere una visione completa e dettagliata dell'ASA Retail. Ciò permette di valutare in modo critico le scelte strategiche adottate e di identificare possibili opportunità di miglioramento e crescita per la banca in questo settore. Davide Mannina | Pag. 7 a 104 1.1. CARATTERISTICHE L'ASA Retail Banking rappresenta un segmento cruciale per le banche, focalizzato sull'offerta di prodotti finanziari che soddisfano esigenze di base della clientela. Quest'area si caratterizza per alcune peculiarità fondamentali che ne determinano la specificità e influenzano la sua gestione strategica. Le caratteristiche principali dell’ASA Retail sono: 1) Basso livello di sofisticazione delle esigenze finanziarie 2) Offerta di prodotti e servizi di natura non complessa 3) Scarsa mobilità della clientela 4) Dimensione Locale dei mercati 5) Rete distributiva capillare 1) Basso livello di sofisticazione delle esigenze finanziarie della clientela Premessa: Questa sofisticazione attiene alla richiesta di skills del personale della banca e quindi che abbraccia tutti quegli aspetti che andremo a definire valore aggiunto del prodotto finanziario (ricollegabile tecnicamente all’attività di consulenza che la banca offre al cliente) → prodotti che si concretizzano nell’esistenza di una forma tecnica specifica. La peculiarità fondamentale dell’ASA Retail risiede nel basso grado di complessità (sofisticazione) delle richieste finanziarie provenienti dalla clientela, data la limitata disponibilità finanziaria di quest’ultima. Ciò si traduce nell’assenza di necessità, per la banca, di offrire prodotti e servizi finanziari che richiedono un elevato livello di competenza tecnica da parte del personale bancario. 2) Offerta di prodotti e servizi di natura non complessa Si è detto che la clientela retail non presenta esigenze particolarmente complesse in termini di investimento o finanziamento. particolarmente complessi. Questo significa che la clientela non necessita di prodotti e servizi complessi o di consulenza finanziaria specializzata. Pertanto, la banca è chiamata ad offrire prodotti e servizi “elementari” (cioè, di natura non complessa), così come definiti nel gergo bancario. Per cogliere le peculiarità di un prodotto complesso e, di conseguenza, definire in via residuale cosa si intende per prodotto elementare, è necessario, se non essenziale, fare riferimento alle disposizioni emanate dalla Consob nel 2014, basate sugli orientamenti dell'EMA, l'autorità di vigilanza sovranazionale nel settore mobiliare. L’obiettivo di questa disciplina è la tutela della clientela, in particolare quella che rientra nella categoria della clientela al dettaglio. Questa tutela è cruciale poiché spesso, a causa delle dimensioni economiche dei loro fabbisogni finanziari o della loro limitata conoscenza finanziaria, i clienti non sono in grado di comprendere appieno le caratteristiche dei prodotti finanziari né di valutare il rischio ad essi associato. La Consob, recependo gli orientamenti dell'ESMA, secondo la normativa del 2014 definisce "prodotti complessi" quei prodotti finanziari che presentano i seguenti elementi: ✓ Rendimento non facilmente determinabile: Questa difficoltà nella determinazione del rendimento è spesso correlata alla complessità dell'effetto leva o alla presenza di clausole contrattuali tipiche dei prodotti opzionali, come ad esempio nei derivati. ✓ Negoziazione su Mercati Non Regolamentati: Si tratta di mercati che non sono regolamentati, a differenza della Borsa che è l'unico mercato regolamentato in Italia. Questi mercati non offrono le stesse garanzie e trasparenza nella formazione dei prezzi, rendendo quindi più complesso valutare il rischio associato a un'operazione. ✓ Difficoltà nella Valorizzazione Certa del Prodotto Finanziario Tutti questi fattori concorrono a definire un prodotto finanziario complesso, che solitamente non rientra nell'offerta destinata al segmento retail. Ricapitolando, in relazione alla definizione di prodotti complessi fornita dalla Consob, è possibile dire che i prodotti complessi sono generalmente caratterizzati da una elevata complessità strutturale, di rischio (profilo di rischio elevato o non lineare) e di negoziazione (prodotto difficile da negoziare o liquidare). Davide Mannina | Pag. 8 a 104 3) Scarsa mobilità della clientela Premessa: Per clientela mobile, si intende quella che ha la facilità di cambiare intermediario non solo in termini geografici, ma anche in base alle preferenze o alle offerte proposte. L’ASA Retail si si caratterizza per una clientela che è generalmente poco mobile: per richiedere un finanziamento o per investire il proprio risparmio (comunque limitato quantitativamente) si rivolge alla banca più vicina, non ha interesse a spostarsi per il miglior finanziamento / rendimento del portafoglio su cui investire → Cosa vuole il cliente? il cliente vuole lo sportello nel luogo in cui abita o lavora. In definitiva, la clientela retail non è principalmente interessata a prodotti che competono in termini di prezzo e quantità sul mercato. Piuttosto, considerando le loro risorse finanziarie limitate e nonostante l’evoluzione tecnologica, preferisce mantenere una forte connessione/attaccamento con il territorio di riferimento. 4) Dimensione locale dei mercati Le banche che operano in questo settore devono avere una forte presenza sul territorio. Per dirlo in altro modo, nell’ambito delle operatività retail il “localismo” (approccio localista) è estremamente premiante. Vista la scarsa mobilità della clientela, l’area retail copre/presidia il territorio circostante, quindi, c’è una forte spinta al localismo e alla territorialità. Questo supporta l'operatività delle banche di minori dimensioni. → Le Banche che spingono al presidio territoriale sono le BCC e le BP. Approfondimento: La presenza diffusa di piccole banche nel nostro Paese, spesso specializzate nel servizio a micro e piccole imprese (MPI), è giustificata dal fatto che il nostro sistema produttivo è prevalentemente, se non totalmente, costituito da tali realtà. Un tempo, il rapporto tra le MPI e le banche poteva essere contraddistinto da conflitti di interessi. Tuttavia, oggi si è assistito a una trasformazione fondamentale. La banca non è più vista come un antagonista dell'impresa, ma come un partner che contribuisce al suo sviluppo. Nonostante l'importanza della tecnologia, il cambiamento più significativo è avvenuto nella natura della relazione tra banche, clienti e imprese. Da notare che anche la Banca d'Italia ha promosso politiche di aggregazione, sottolineando l'importanza dell'approccio locale. La presenza capillare di MPI ha ulteriormente rafforzato questa tendenza verso una dimensione bancaria ancorata al territorio. 5) Rete distributiva capillare La presenza diffusa sul territorio è sempre più cruciale nel settore RETAIL bancario. Ciò implica che per raggiungere la clientela retail, che è generalmente poco mobile, è necessario disporre di una rete distributiva capillare. Pertanto, affinché questa attività possa essere presidiata nel migliore dei modi e localmente si richiede una rete capillare, ad esempio di sportelli leggeri o sportelli front- office. La necessità per le banche di garantire un presidio efficace del territorio, ossia una rete capillare, permette ai loro clienti di accedere facilmente ai servizi bancari senza dover compiere lunghi spostamenti. Questo è un modo con cui le banche mostrano ai propri clienti la propria presenza e il loro supporto→ Alle banche si richiede una rete distributiva estesa/fitta. Il presidio del territorio, quindi, diventa una strategia per lo sviluppo dell’area retail; quindi, a fronte di una scarsa mobilità della clientela e a fronte della dimensione locale del mercato, vi è la necessità di presidiare il territorio in maniera capillare. È importante sottolineare che questo principio di “capillarità” può sembrare in contrasto con alcune normative di vigilanza, che ad esempio spingono la Banca d'Italia a favorire la chiusura e la razionalizzazione degli sportelli (incentivando le banche a concentrarsi e quindi a ridurre la diffusione capillare della loro rete distributiva). Davide Mannina | Pag. 9 a 104 C'è quindi un trade-off valutativo tra aggregazione/concentrazione/contenimento dei presidi distributivi e la necessità di servire in maniera capillare il territorio. Perché la BI incoraggia la chiusura degli sportelli e promuove una razionalizzazione? La Banca d'Italia cerca di evitare che le banche si disperdano eccessivamente, promuovendo la concentrazione e quindi una rete distributiva più efficiente. Questo apparente contrasto tra la necessità di una rete distributiva capillare e le regole di vigilanza si risolve se consideriamo che la corretta interpretazione di queste regole è la seguente: "Se non riesci a mantenere una filiale attiva, devi chiuderla o comunque dimostrarmi il contrario, ossia che la filiale è produttiva". - Un aspetto cruciale, in tal senso, è il controllo dei costi operativi, che costituiscono la voce di spesa più rilevante nel conto economico. Questi includono i costi del personale e i costi amministrativi, tra cui quelli strutturali. Se la filiale della banca genera costi operativi che sono sostenibili dalle entrate, allora va bene. Questa è la logica sottostante alla necessità di condividere con le banche una rete distributiva capillare. Gli sportelli leggeri non comportano costi operativi (costi di struttura e costi del personale) elevati, dato che non hanno back office; quindi, è stata una soluzione abbastanza funzionale per la banca per il presidio dell’area retail. 1.2. OSSERVAZIONI SULL’ ASA RETAL (PERSONALIZZAZIONE/DIFFERENZIAZIONE) L’ASA Retail:  Non è un business omogeneo e unitario: Quest'area si rivolge a un target di clientela diversificata/variegata (pertanto, eterogenea), con esigenze finanziarie differenti, richiedendo pertanto una politica di offerta, da parte delle banche, altrettanto diversificata.  Richiede politiche di differenziazione: L'eterogeneità della clientela implica la necessità di politiche che differenzino l'offerta, adattandola alle specifiche esigenze dei vari segmenti. La PERSONALIZZAZIONE DELL’OFFERTA può essere realizzata in due modi: 1. Personalizzazione della relazione con il cliente: ci si concentra sulla relazione di fiducia con il cliente, che può essere realizzata attraverso la consulenza finanziaria personalizzata. 2. Differenziazione dell’offerta: prodotti/servizi aggiuntivi per differenziarsi dalla concorrenza Differenza tra personalizzazione e differenziazione dell’offerta: Mentre la Differenziazione dell’offerta riguarda l’offerta di un prodotto finanziario base con l’aggancio più o meno spinto di varie componenti di servizio finanziari →“con una componente di servizio differenzi l’offerta, ma il prodotto di base rimane invariato)”. La Personalizzazione dell’offerta si focalizza sulla relazione tra la banca e la clientela (o meglio, sulla sua qualità), ponendo l’accento sulle competenze del personale bancario e sulla consulenza offerta. In questo caso, si crea un prodotto su misura che si adatta sulla specifica interazione tra cliente e banca. Quindi, come si personalizza l’offerta? L’offerta si personalizza quando il cambiamento riguarda non il prodotto offerto ma il tipo di relazione che la banca instaura col cliente. Questa relazione è l’aspetto che attenua i potenziali fattori concorrenziali tra le banche e si concretizza nel servizio di consulenza. Ed è proprio questo il servizio che può considerarsi l’unica fonte di guadagno “vera” nella banca. In sintesi: Le banche traggono profitto principalmente dalle commissioni, non tanto dai tassi di interesse. L'elemento chiave è la consulenza, che rappresenta un valore aggiunto significativo. Il cliente deve percepire l'importanza della relazione e non solo il costo associato.” La consulenza funge da leva competitiva e correttiva per le banche, mitigando i fattori concorrenziali tra di esse; Davide Mannina | Pag. 10 a 104 E per Diversificazione dei Prodotti cosa si intende? La diversificazione dei prodotti riguarda le caratteristiche intrinseche degli stessi. EXTRA: La personalizzazione del prodotto e dell’offerta ricopre un ruolo chiave nell’area private dove la fiducia tra banca e cliente gioca un ruolo fondamentale nella definizione della relazione: l’elemento fiduciario è l’elemento che qualifica il rapporto, l’elemento che rileva è il trustee. 1.3. EVOLUZIONE DELL’ATTIVITÀ DI RB: orientata alla personalizzazione L'attività retail è cambiata radicalmente negli ultimi decenni, passando da un approccio (visione di mercato) di massa a uno orientato alla personalizzazione. Vediamo come questo cambiamento si è concretizzato, analizzando la trasformazione del Retail Banking nel corso degli anni. FINO AGLI ANNI ’90: Retail segmento indifferenziato (trade-off tra efficienza operativa e differenziazione dell’offerta) Offerte produttive differenziate solo per il private e il corporate Prezzo variabile principale del MKGT Commento: Fino agli anni '90, le banche offrivano un'offerta indifferenziata a una clientela eterogenea. Questo approccio era basato sull'efficienza operativa, ovvero sulla capacità di ridurre i costi per unità di prodotto. Le banche concentravano i loro sforzi sulla riduzione dei costi di produzione e distribuzione, offrendo prodotti standardizzati a prezzi competitivi ANNI ‘80: TRANSIZIONE DA UN SISTEMA PROTETTO A UN SISTEMA APERTO Negli anni '80 si è assistito a profondi cambiamenti strutturali del sistema bancario, passando da un modello protetto ad uno aperto. In questo contesto, l'offerta bancaria era caratterizzata da una mancanza di differenziazione, poiché il mercato era indifferenziato. Le banche erano incentivate a perseguire obiettivi di efficienza operativa, fornendo prodotti di base per soddisfare le esigenze di una clientela con richieste finanziarie essenziali. FINO AGLI ANNI ’90: SEGMENTO RETAIL CON PRODOTTI INDIFFERENZIATI Fino agli anni '90, il segmento Retail era caratterizzato da prodotti indifferenziati, rivolti al cosiddetto "mass market". Questa strategia permetteva alle banche di ottenere economie di scala, riducendo i costi operativi (relativi ai prodotti) e garantendo prezzi competitivi ai clienti. L'obiettivo primario delle banche era la riduzione dei costi operativi, conseguendo un'efficienza operativa che si traduceva in minori costi e in una tariffa adeguata alla clientela. La logica sottostante a questa strategia era la concentrazione sull'incremento della quantità di offerta (riducendo i costi) omogenea e rivolta a un pubblico sempre più vasto. Questo approccio consentiva alle banche di realizzare economie di scala, aumentando la redditività complessiva dell'attività retail. Quali costi OP. venivano ridotti? I costi operativi oggetto di riduzione comprendevano quelli relativi al personale e alla rete distributiva. Poiché tutte le banche facevano uso degli stessi canali distributivi per contattare la clientela, la condivisione di tali risorse portava a una significativa diminuzione dell'incidenza dei costi operativi sui risultati finanziari di periodo. Questo scenario generava margini di profitto che giustificavano le elevate performance economiche ottenute, consolidando la posizione competitiva delle banche nel mercato. Davide Mannina | Pag. 11 a 104 DIFFERENZIAZIONE FOCALIZZATA SU AREA PRIVATE E CORPORATE In questo periodo, fino agli anni ’90, la differenziazione era principalmente concentrata nelle aree private e l’area corporate. Nel segmento Retail il PREZZO rappresenta la variabile chiave. Le banche, non perseguendo scopo di lucro, cercavano di offrire condizioni economiche vantaggiose per attirare la clientela, in quanto l'offerta di base era pressoché omogenea tra gli intermediari. → Di fronte a un'offerta pressoché omogenea, i clienti tendevano a rivolgersi all'intermediario che garantiva le condizioni economiche più favorevoli. Ciò implica che, a parità di risorse investite, il cliente optava per l'intermediario che offriva il rendimento più elevato o il prezzo più vantaggioso. In risposta a questa dinamica, le banche elaboravano strategie di risparmio e contenimento dei costi, attraverso l'adozione di politiche sia per l'impiego che per la raccolta fondi. A partire dagli anni '90, si verificarono svolte significative nel settore bancario, con la privatizzazione delle banche e l'adozione della seconda direttiva comunitaria, che costituì il fondamento per la definizione del Testo Unico Bancario (TUB). Questi cambiamenti portarono a un'evoluzione dell'operatività bancaria, con l'introduzione dell'intermediazione finanziaria accanto a quella tradizionale. Le banche si aprono al mercato internazionale. DAGLI INIZI DEL NUOVO SECOLO Passaggio da logiche di transactional banking a logiche di relationship banking SEGMENTAZIONE della domanda di prodotti e di servizi retail DIFFERENZIAZIONE dell’offerta - Strategia di segmento → politica di prodotto Commento: A partire dagli anni 2000 il mercato retail è diventato più competitivo e la clientela è diventato più esigente. Le banche hanno iniziato a riconoscere che la personalizzazione dell’offerta è un elemento chiave per competere in questo contesto. ANNI 2000: TRANSIZIONE DA TRANSACTIONAL BANKING E RELATIONSHIP BANKING A partire dagli anni 2000, si è assistito a un cambiamento significativo nel modo in cui le banche strutturano le loro offerte, in risposta alle mutate esigenze della clientela retail. Se prima degli anni Novanta l’atteggiamento della banca era aspettare il cambiamento della domanda per predisporre l’offerta, oggi l’approccio adottato da questo non è più passivo ma proattivo, spingendo i clienti verso prodotti finanziari sempre più innovativi. Questo segna il passaggio da una logica di "transactional banking" a una di "relationship banking", dove l'accento viene posto sullo stabilire relazioni durature con i clienti → le banche decidono di qualificare la relazione col cliente perché a quel cliente che già conosce la banca si può offrire un prodotto nuovo con un valore aggiunto più elevato nel tempo man mano che le risorse venissero qualificate. Qual è la differenza tra i due approcci? TRANSACTIONAL BANKING Nel transactional banking la banca gestisce operazioni finanziarie come eventi separati, valutando la qualità del cliente in base a ciascuna di queste singole operazioni, senza considerare sinergie tra di esse. Ciò implica che la banca eroga il prodotto indipendentemente dalle logiche di costruzione di un rapporto duraturo con il cliente: “costruisco il prodotto solo se richiesto”. In sostanza, viene valutata la redditività di ciascuna operazione finanziaria, mirando a massimizzare l'utile di ognuna di esse. Davide Mannina | Pag. 12 a 104 In definitiva, nel transactional banking la banca non considera le operazioni nel complesso ma isolatamente e quindi il cliente viene valutato in relazione ad ogni singola operazione. Ogni operazioni finanziaria ( sia essa di raccolta, servizio o raccolta) viene gestita come un rapporto a sé stante, separata dalle altre operazioni. L’obiettivo della banca è quello di massimizzare l’utile della singola operazione, rinunciando completamente a tutte quelle operazioni finanziarie che da sole, di per sé non redditizie, possano in qualche modo evidenziare livelli di redditività non confacenti all’obiettivo di rendimento della banca, ovvero inserite in un portafoglio potrebbero creare delle sinergie che possano aiutare la banca a conseguire elevati livelli di performance. RELATIONSHIP BANKING Nel relationship banking, invece si va a privilegiare il rapporto con il cliente, valutandolo elle sue diverse dimensioni spazio-temporali. L’obiettivo è stabilire un rapporto a lungo termine col cliente. Questo approccio consente alla banca di conoscere più approfonditamente il cliente e rappresenta l’approccio più corretto per valutare l’effettiva rischiosità del prodotto in relazione agli obiettivi del cliente e permette di valutare l’effettiva tolleranza al rischio dell’investitore (la reale rischiosità del prodotto in relazione agli obiettivi del cliente). In questo contesto, non si valutano singole operazioni, ma la relazione con il cliente, cercando di renderla il più durevole possibile. Soltanto rapporti di clientela duraturi possono garantire alla banca profitti adeguati, sia dal lato degli impieghi, in quanto il profilo di rischio viene valutato in modo più accurato, sia dal lato della raccolta, perché la banca conosce l’investitore e soprattutto la sua propensione al rischio, offrendo prodotti di investimento che corrispondono a tale tolleranza (al rischio sopportato). Questo cambiamento di prospettiva rappresenta una svolta significativa nell'approccio del settore bancario alla clientela retail, mettendo in evidenza l'importanza di costruire e mantenere relazioni di lungo termine con i clienti. Concludendo: La personalizzazione dell'offerta retail è una tendenza in atto che è destinata a continuare a crescere in futuro. Le banche che sapranno adottare un approccio personalizzato saranno in grado di offrire valore aggiunto ai clienti e di competere efficacemente in un mercato sempre più competitivo Davide Mannina | Pag. 13 a 104 1. 4. TECNICHE DI SEGMENTAZIONE → “non puoi differenziare l’offerta se non segmenti il mercato”. La segmentazione è il presupposto per la definizione di politiche di prodotto sempre più mirante. Si è detto che gli inizi del nuovo secolo, si è assistito a un profondo mutamento nelle dinamiche del mercato retail. Le banche hanno abbandonato le logiche del transactional banking, incentrate su singole operazioni finanziarie, per abbracciare un approccio basato sul relationship banking. Questo significa che si è passati dal considerare le operazioni singolarmente, a valutare il cliente nel suo insieme, con un'attenzione particolare alla costruzione di relazioni solide e durature. In questo contesto più competitivo e con una clientela sempre più esigente, è emersa l'importanza cruciale della personalizzazione dell'offerta. Le banche hanno compreso che per rimanere competitive, è fondamentale differenziare l'offerta e indirizzarla in modo mirato alle diverse tipologie di clienti. Per realizzare questa differenziazione, le banche hanno dovuto adottare TECNICHE DI SEGMENTAZIONE della clientela. Queste tecniche permettono di identificare e definire classi omogenee di clienti, cioè gruppi che presentano simili comportamenti ed esigenze di mercato. Segmentando la clientela, è possibile offrire un servizio su misura , rispondendo in modo specifico alle necessità di ciascun gruppo (offerta mirata). Perché queste segmentazioni? Segmentiamo la clientela per individuare tra la clientela retail quella che richiederà alla banca un rapporto di clientela personalizzato e non indifferenziato. La segmentazione della domanda di prodotti e servizi retail rappresenta una strategia fondamentale (e competitiva) per distinguere l'offerta della banca da quella di un mercato di massa, dove i prodotti rischiano di diventare standardizzati e omogenei. Quest’approccio è cruciale per mantenere una posizione competitiva nel mercato retail, evitando che i prodotti diventino delle commodities. Questa strategia è imprescindibile (e di fatto è un presupposto) per garantire una differenziazione dell'offerta nel settore retail e rappresenta l'unica strada possibile per la banca per rimanere competitiva nel lungo periodo. In un contesto di mercato di massa, i prodotti rischiano di essere considerati come beni omogenei, pertanto è essenziale distinguersi attraverso offerte personalizzate e mirate. In questo senso, la banca può focalizzarsi su specifiche aree dove i prodotti rischiano di omogeneizzarsi e riuscire così a differenziare la propria offerta. La segmentazione nel settore retail si basa principalmente sulla variabile finanziaria- patrimoniale, sebbene possa avvenire anche considerando altri fattori come le caratteristiche demografiche e anagrafiche dei clienti. Tuttavia, attualmente, la tendenza prevalente è quella di segmentare il mercato retail principalmente in base al patrimonio finanziario. A volte, si può persino procedere con una suddivisione ulteriore, utilizzando altre variabili, al fine di creare un'offerta ancora più mirata e personalizzata; dunque, cercare di costruirsi un’informativa adeguata sulla clientela realizzando così un prodotto ad hoc. In questo modo si può incrementare non solo il soddisfacimento temporaneo del bisogno ma anche in termini di stimolare la nascita del nuovo bisogno. Davide Mannina | Pag. 14 a 104 In sintesi, negli ultimi anni, il mercato retail ha subito una profonda evoluzione, portando le banche a rivedere le loro strategie e offerte per adattarsi alle mutate esigenze della clientela. La segmentazione della clientela e la personalizzazione dell'offerta sono diventate pratiche cruciali in questo contesto. Questi approcci consentono alle banche di adeguarsi alle mutevoli esigenze dei clienti, mantenendo un vantaggio competitivo nel mercato. COME SI SEGMENTA IL MERCATO RETAIL? La segmentazione si basa principalmente sulla variabile patrimoniale, suddividendo la clientela in due principali categorie: le UNITÀ IN SUPRLUS e le UNITÀ IN DEFICIT Per quanto riguarda le UNITÀ IN SUPRLUS si hanno i cosiddetti: I MASS MARKET sono rappresentati da tutti quei soggetti che dispongono di un patrimonio inferiore a 100.000 euro. Questa fascia di clientela (meno abbiente) solitamente presenta esigenze elementari (di base), richiedendo prodotti standardizzati con un basso grado di complessità, come obbligazione bancaria o depositi in conto corrente, e non prevedendo particolari politiche di differenziazione dell’offerta. Questo si giustifica perché avendo poche disponibilità finanziarie hanno esigenze di investimento limitate. La banca, riguardo a questo segmento di clientela, tendono ad applicare politiche di contenimento dei costi sia nella produzione che nella distribuzione, sfruttando economie di scala per mantenere prezzi competitivi: il prezzo unitario si ripartisce su un numero elevati di prodotti, il costo sul singolo prodotto impatta meno. In questo contesto, il prezzo è il principale fattore di decisione per il cliente (variabile di marketing), che sceglierà l'intermediario che offre lo stesso prodotto al costo più conveniente. Le banche “giocano” su questo (prezzo = leva competitiva). Il canale distributivo è quello tradizionale di tipo standardizzato. Davide Mannina | Pag. 15 a 104 Al di sopra dei mass market, si ha la categoria superiore degli AFFLUENT che comprende tutti quei clienti con un patrimonio superiore a 100.000€, ma inferiore a 1 mln € Questa clientela presenta esigenze più articolate, richiedendo alla banca una gamma di prodotti che vanno da profili a basso rischio-rendimento (rappresentando portafoglio core) a prodotti che offrono profili rischio-rendimento più elevati (rappresentando il portafoglio sapiente). Questa scelta dipende dalla propensione al rischio del cliente. Nell’ambito dell’Afluent è possibile definire un’ulteriore sotto-segmento, noto come Upper Affluent identificativo di tutta quella clientela che ha un patrimonio vicino alla soglia dell’1mln ma inferiore a questo. Per questo gruppo, è particolarmente indicata un'offerta di Wealth Management, comunemente noto come Private Banking. Qui si tratta di gestire complessità finanziarie, garantendo al tempo stesso un basso livello di rischio. In breve, le differenze tra queste categorie consentono alle banche di adattare i loro servizi e le loro strategie per soddisfare al meglio le esigenze finanziarie e le aspettative dei diversi segmenti di clientela con patrimonio elevato. Nell’ambito delle UNITÀ IN DEFICIT si distinguono: I PICCOLI OPERATORI ECONOMICI (POE) sono realtà economiche che generano un fatturato fino a un milione di euro, come studi professionali, consulenti, piccoli imprenditori, commercianti e artigiani. Questa categoria non richiede prodotti sofisticati e si accontenta di offerte standardizzate → prodotti con un livello di complessità piuttosto contenuto. Gli SMALL BUSINESS, invece, rappresentano imprese di dimensioni ridotte con un fatturato fino a 2,5 milioni di euro Questo gruppo richiede una gamma di prodotti e servizi più articolata, sia in termini di qualità che di relazione con la banca, rispetto ai POE. Le small business non si limitano a chiedere prodotti di finanziamento, ma richiedono anche consulenza per l'ottenimento (reperimento) di capitale e altri servizi per sostenere la loro crescita. In questo contesto, l'offerta bancaria si arricchisce ed emerge la centralità della costruzione di relazioni a lungo termine con la clientela. Nella parte alta delle Small Business, l'offerta può essere simile a quella proposta nel Corporate Banking. Tuttavia, è importante notare che dal punto di vista patrimoniale, la dimensione si ferma a un massimo di 2,5 milioni di euro. Per chi detiene un patrimonio superiore a questa soglia si parla di Private Banking. In questo caso, la banca offre un servizio consulenziale di alto valore aggiunto. Il focus è sulla gestione completa del patrimonio finanziario del cliente. Davide Mannina | Pag. 16 a 104 Queste suddivisioni consentono alle banche di fornire servizi su misura per ciascun segmento di Sintesi dell’Evoluzione clientela, garantendo che le offerte siano in linea con le diverse esigenze finanziarie e i profili di Evoluzione rischio. Inoltre,del Retail Banking. è importante notare che, nell'ottica dell'Unione Europea, le piccole e medie imprese (PMI) beneficiano di risorse finanziarie agevolate per promuovere lo sviluppo economico, con Nella transizione dagli anni '90 al nuovo millennio, si è verificata una svolta epocale nel settore parametri definiti per la classificazione di queste realtà. bancario. In questo periodo, non solo il Retail, ma anche il Private e il Corporate Banking hanno subito radicali trasformazioni. Questo cambiamento ha visto le banche aprirsi al mercato internazionale. In precedenza, il settore Retail era caratterizzato da una mancanza di differenziazione, con tutte le banche che offrivano prodotti simili e non perseguivano fini di lucro, ma si concentravano esclusivamente sul supporto alla clientela. Questo approccio ha limitato la sensibilità verso la creazione di offerte competitive e non concorrenziali. Il principio guida era l'efficienza operativa, che indicava alle banche di massimizzare la produzione al fine di ammortizzare i costi unitari e influire meno sul prezzo finale. Le offerte differenziate erano riservate principalmente al Private e al Corporate Banking, mentre le banche locali più piccole, protette dallo Stato, ne avevano benefici minimi. Segmentazione del Mercato e Offerta Personalizzata. Dal nuovo secolo in poi, le banche sono state chiamate ad adattarsi a nuove informative e normative, con l'obiettivo di armonizzarsi con le direttive comunitarie. Questo ha portato a un cambiamento nella definizione dell'offerta, passando da logiche di Transactional Banking a logiche di Relationship Banking. Il Transactional Banking valuta ogni operazione finanziaria come un rapporto a sé stante, analizzando la qualità del cliente per ciascuna operazione singolarmente. D'altro canto, il Relationship Banking privilegia la relazione banca-cliente nel tempo, valutando come le operazioni contribuiscono alla realizzazione di un utile nel lungo periodo. Questo nuovo approccio consente di valutare il portafoglio del cliente nel suo insieme, anziché focalizzarsi su operazioni singole. Segmentazione dell'Offerta La segmentazione del mercato, basata su variabili come demografiche, comportamentali, geografiche e patrimoniali, è fondamentale per la differenziazione dell'offerta. La segmentazione permette di ritagliare una fetta di mercato da servire in modo mirato, adattando le politiche di prodotto alle esigenze specifiche della clientela. Nel Retail Banking, la segmentazione si articola in diverse categorie, tra cui Mass Market e Affluent per le unità in suplus; POE e Small Business per le unità in deficit. Ciascuna di queste categorie con esigenze e caratteristiche diverse. Conclusione In conclusione, la segmentazione del mercato e l'offerta personalizzata sono i pilastri su cui si basa l'evoluzione del Retail Banking verso un approccio più orientato alla relazione con la clientela e alla differenziazione dell'offerta. Davide Mannina | Pag. 17 a 104 LEZIONE 3 del 12/10/2023 1.5. PARAMETRI PER LA DEFINIZIONE DI PMI Si è visto come nel contesto dell'ASA Retail, è cruciale distinguere tra diverse tipologie di clientela in base a parametri chiave, come il patrimonio detenuto e il fatturato dei soggetti. Questa distinzione porta a una suddivisione in unità in deficit (quali POE e small business) e in unità in surplus (come mass market e Affluent). Nel dettaglio, si è detto che, quando gli appartenenti alla classe delle small business si avvicinano alla soglia di patrimonio di circa 2.500.000 euro, le loro esigenze possono diventare simili a quelle delle piccole e medie imprese, da ora in poi definite con il termine di PMI. Per quanto riguarda le unità in surplus, le operazioni sono principalmente di natura tradizionale. Tuttavia, per le unità di deficit, sono previsti dei prodotti di finanziamento speciali e operazioni di credito specifiche rivolte a tutte le aziende, con una particolare attenzione al segmento medio- piccolo (PMI) → in questo contesto, la questione centrale riguarda l’individuazione dei parametri di una PMI. Tra questi parametri, il fatturato emerge come un elemento cruciale, richiedendo una particolare attenzione da parte delle autorità regolamentari e del legislatore comunitario. Pertanto, è di fondamentale importanza definire con precisione questa classe dimensionale di imprese. A tale riguardo, la comunità europea ha adottato una posizione severa/rigorosa nell’allocazione delle risorse alle PMI. Le risorse finanziarie erogate dalla comunità europea sono spesso canalizzate verso imprese di queste dimensioni, offrendo tali risorse anche sotto forma di finanziamenti agevolati, precludendo alle imprese di grandi dimensioni di usufruirne. Questo impegno della comunità europea a sostenere lo sviluppo delle PMI (obiettivo) ha reso necessaria, a livello comunitario, la predisposizione di una definizione precisa di PMI che rispecchi i tratti distintivi delle imprese di questa categoria (secondo i caratteri comunitari). Ciò è stato fatto al fine di evitare ambiguità o potenziali comportamenti scorretti da parte di imprese che, pur presentandosi come piccole, potrebbero in realtà avere legami partecipativi con imprese di dimensioni maggiori, sollevando così questioni riguardo all’assegnazione di fondi comunitari → si utilizzerà questa definizione per evitare che non ci sia un’interpretazione diversa di PMI e per non confondere i destinatari di queste risorse. Nel 2005, con l’entrata in vigore della nuova definizione (sebbene fosse stata concettualizzata già con la raccomandazione comunitaria del 6/5/2003 n. 1422), è stata precisata la classificazione dimensionale delle imprese in modo più dettagliato (rispetto la disciplina precedente). In particolare, è stata introdotta e definita la micro-impresa, identificato così una classe dimensionale ancora più ristretta (prima non contemplata). RICAPITOLANDO: L’UE ha un interesse marcato nel sostenere PMI e microimprese. Questo impegno è giustificato dal fatto che ben il 95% delle imprese che operano sul territorio europeo appartengono a questa categoria. Le PMI, in particolare, sono attive nei settori prioritari sottoposti alla tutela dell'UE, come l'agricoltura e la pesca. Di conseguenza, è fondamentale sostenere politiche a vantaggio di queste realtà, garantendo che le imprese destinatarie siano effettivamente di piccole dimensioni. Affinché un’impresa possa essere definita micro, piccola o media impresa, deve soddisfare determinati parametri oggettivi che vanno oltre il mero fatturato. Questi requisiti includono non solo il fatturato, ma nel caso delle small business, anche altri parametri: il numero dei dipendenti espressi in unità lavorative annue, il fatturato annuo o il totale del bilancio annuo e la partecipazione di imprese di dimensioni maggiori (novità rispetto alla disciplina precedente). Davide Mannina | Pag. 18 a 104 Tutti questi parametri, definiti nella definizione del 2005, devono essere soddisfatti (ed essere presenti) in maniera perentoria e contemporanea; l'assenza di uno di essi esclude l'impresa dalla classificazione. È importante sottolineare che il numero di dipendenti è espresso in Unità Lavorative Annue (U.L.A.), il che vuol dire che si considera un numero di soggetti assunti full time: un dipendente full time rappresenta 1 ULA, se part-time 1/2 ULA. Se si hanno dei dipendenti che lavorano part-time, il numero può essere superiore rispetto alla soglia L'ultimo parametro, la partecipazione di imprese di maggiori dimensioni, è stato introdotto nell'ultima definizione dei parametri per l'individuazione delle classi dimensionali di imprese. Questo terzo requisito è cruciale per evitare che imprese di dimensioni maggiori accedano, eludendo e manipolando la normativa (adottando l’escamotage della partecipazione in imprese più piccole) ai benefici, in termini di risorse finanziarie, riservati alle PMI, garantendo e preservando così la parità concorrenziale sul mercato → L’obiettivo dell’UE è di promuovere la creazione di un mercato concorrenziale e ciò è possibile solo se tutti gli operatori economici dispongono degli stessi strumenti per confrontarsi sul mercato. L’intento, in questo caso, è stato quello di destinare le risorse verso quelle imprese che effettivamente rispettano le soglie dimensionali. - Concretamente, se un'impresa di dimensioni diverse o di maggiori dimensioni detiene una partecipazione ≥ al 25% del capitale della partecipata, tale requisito non viene soddisfatto. Questo si traduce in una ridefinizione della categoria dimensionale dell'impresa coinvolta: ad esempio, se una media impresa è partecipata al 26% da un'impresa di dimensioni maggiori, essa non può più essere considerata una media impresa, ma viene classificata come grande impresa e ciò comporta il non poter più usufruire dei finanziamenti agevolati. - Questo criterio ha impatto diretto sugli obiettivi di erogazione delle risorse da parte dell'UE. La nuova normativa ha introdotto anche una definizione più precisa della micro impresa, che non era considerata nella normativa precedente Nell'ambito dell'ASA Retail, le small business comprendono sia le micro che le piccole imprese. D'altra parte, il corporate banking si focalizza principalmente sulla consulenza piuttosto che sull'attività di lending. Questa differenza di approccio riflette un cambio di paradigma nel modello di business, passando da un approccio tradizionale a uno più innovativo. Attualmente, il modello di business è un elemento cruciale nella supervisione delle attività bancarie. Le banche devono dichiarare esplicitamente il modello di business adottato, indicando se si tratta di intermediazione creditizia e/o finanziaria, e qual è l'orientamento predominante tra queste due forme di intermediazione. Questo rafforzamento del controllo sul modello di business riflette la crescente importanza di un'operatività bancaria trasparente e ben definita. Davide Mannina | Pag. 19 a 104 1.6. PROCESSO DI SEGMENTAZIONE DELLA CLIENTELA: FASI E CARATTERI Nel contesto dell’ASA Retail, i parametri indicati per la qualificazione delle PMI, sono le discriminanti per intraprendere un primo processo di segmentazione della clientela retail. L’obiettivo principale della banca in questo processo è quello di suddividere la clientela in segmenti omogenei, ovvero individuare i clienti che rispondono in modo simile alle azioni di mercato. Ciò è fondamentale per offrire prodotti e servii adeguati e confacenti alle specifiche esigenze dei vari segmenti di clientela serviti. Tuttavia, è importante notare che la segmentazione non implica che la banca debba coprire tutti i segmenti con la stessa intensità e quindi dedicare le stesse risorse a tutti i segmenti. Al contrario, dovrà concentrarsi maggiormente su quelli in cui può ottenere profitti più consistenti. Come detto in precedenza… la segmentazione non è una scelta, ma un obbligo per le banche. Senza una corretta segmentazione e la conseguente conoscenza approfondita dei diversi segmenti di clientela (specialmente, quella di riferimento), la banca non può differenziare la propria offerta. Pertanto, la segmentazione costituisce il fondamento su cui si basano le politiche di differenziazione dell'offerta nel settore retail. Questa differenziazione (leva competitiva) rappresenta l'unica via praticabile dalle banche per rimanere competitive in un mercato di massa, quale il Retail, caratterizzato da prodotti indistinguibili (perfettamente interscambiabili) Pertanto, la segmentazione è essenziale come presupposto per la differenziazione. Il processo di segmentazione si articola in 4 fasi: 1. SONDAGGIO (e elaborazione delle informazioni): Questa fase non deve essere intesa come una fase in cui la banca cerca di reperire informazioni dalla clientela relativamente all’interesse che questa ha nei confronti di determinati prodotti finanziari. In questo contesto, il sondaggio indica l’attività, interna alla banca, di raccolta delle informazioni della clientela, con l’importante distinzione che il momento strategico risiede nell’elaborazione di queste informazioni (“fattore soggettivo qualificante che differenzia il risultato di una banca da un’altra”). La fase di sondaggio implica la raccolta di informazioni qualitative sul comportamento finanziario e sulle preferenze del cliente, sottoponendo al gradimento di questo un prodotto finanziario innovativo. Queste informazioni vengono successivamente valutate e tradotte in un formato utile per la creazione e l'aggiornamento di un database di customer relationship management (relazioni con la clientela). La costruzione di questo database rappresenta il primo passo verso lo sviluppo di relazioni solide con i clienti. La banca fornisce alla clientela documenti informativi da compilare. Attraverso l'analisi di questi documenti, la banca identifica le informazioni rilevanti che caratterizzano il profilo del cliente. Una volta che queste informazioni sono state correttamente inserite nel database, solitamente organizzato in forma matriciale, la banca può valutare le caratteristiche del mercato e procedere con la suddivisione della clientela in gruppi omogenei, ossia il partizionamento. 2. PARTIZIONAMENTO: vuol dire suddividere il mercato di sbocco per fasce di clientela, consentendo così una visione più dettagliata e mirata. In questa fase, la clientela viene suddivisa in segmenti omogenei in modo da poter identificare i punti di forza e di debolezza di ciascun segmento. È importante sottolineare che la clientela viene suddivisa non soltanto in relazione alla variabile patrimoniale (questa rappresenta il primo passo) ma viene successivamente affinata (sotto-segmentata) prendendo in considerazione altre variabili quali anagrafiche, comportamentali, geografiche, territoriali… → In sostanza la banca cosa fa? Una volta che le info sono inserite nel database (fase sondaggio), la banca valuta le caratteristiche del mercato di sbocco e classifica la clientela in fasce omogenee. Davide Mannina | Pag. 20 a 104 Dopo aver suddiviso la clientela in gruppi in base al comportamento finanziario, come ad esempio l'utilizzo di canali distributivi tradizionali o tecnologici, la banca procede con la selezione dei segmenti di clientela che intende servire 3. SELEZIONE (del Mercato di Sbocco): Selezionare non implica solamente il presidiare un segmento a discapito degli altri, ma piuttosto scegliere i segmenti su cui concentrarsi e su cui canalizzare in modo mirato più risorse. Questa fase della segmentazione si configura come una fase strettamente discrezionale della banca, in cui quest’ultima è chiamata a decidere e conseguentemente selezionare i segmenti in cui intravede la possibilità di conseguire/ottenere adeguati profili di profitto. Tale scelta è di fondamentale importanza e ha un impatto significativo sul successo della banca, poiché la competenza professionale dei dipendenti svolge un ruolo determinante. Particolarmente in questa fase, ma anche in quelle successive, emerge la necessità di identificare gli obiettivi strategici della banca. Questi rappresentano ciò che il management è in grado di percepire e tradurre in incrementi di profittabilità. Nel contesto del Retail, la banca si orienta vero i segmenti che presentano un eccesso o una carenza di risorse, in linea con le strategie delineate nel proprio portafoglio. La scelta di quali segmenti privilegiare costituisce un chiaro segnale dell’intenzione della banca di specializzarsi in modo mirato 4. POSIZIONAMENTO (Strategico): riflette l’impegno della banca nel seguire le proprie policy interne e strategiche, contribuendo a delineare chiaramente la sua posizione nel mercato. Questa fase prevede scelte strategiche atte ad acquisire una posizione di rilievo e successo nel segmento selezionato in precedenza. In altre parole, questa fase rappresenta il momento in cui la banca decide come e dove posizionarsi all’interno dei segmenti. Si tratta di decisioni di natura strategica, con alto grado di soggettività, le quali possono variare da banca a banca. CARATTERI DELLA SEGMENTAZIONE. Il processo di segmentazione, che avviene attraverso diverse fasi, presenta determinate caratteri: ✓ Soggettività: la segmentazione è un processo intrinsecamente soggettivo in quanto riflette la visione di mercato specifica della banca. Durante questo processo, ciascuna banca effettua una valutazione soggettiva. Non esiste una regola predefinita o un criterio universalmente applicabile. Le banche basano la loro segmentazione su valutazioni proprie e specifiche; ✓ Relatività: la segmentazione è un processo relativo che si basa sulla selezione di determinati variabili. È chiaro che non tutte le variabili possono essere scelte, ma si parte tipicamente da una variabile patrimoniale per poi concentrare l’attenzione su quelle rilevanti per il suo contesto operativo e strategico: a seconda delle variabili utilizzate, emerge un segmento di clientela-mercato diverso, consentendo alla banca di adottare un approccio mirato e differenziato per comprendere in modo immediato le esigenze della clientela. ✓ Dinamicità: Il processo di segmentazione è dinamico poiché sia la clientela che il mercato di riferimento sono soggetti a continui cambiamenti ed evoluzioni. Le condizioni e le situazioni congiunturali del mercato di sbocco possono mutare nel tempo, influenzando direttamente le esigenze finanziarie della clientela. Pertanto, la banca deve essere in grado di adattarsi a tali cambiamenti e rivedere periodicamente le sue strategie di segmentazione (addirittura, si parla di revisioni infra-annuali) Questi sono gli elementi fondamentali che caratterizzano il processo di segmentazione. Davide Mannina | Pag. 21 a 104 1.7 DIFFERENZIAZIONE DEI SERVIZI E PRODOTTI (L’AREA RETAIL GIOCA SUL PREZZO) Differenziare l’offerta implica distinguere i propri prodotti e servizi da quelli di altri venditori, con l'obiettivo di rendere i propri prodotti non confrontabili o difficilmente confrontabili con quelli delle altre banche. L'obiettivo primario è raggiungere una differenziazione nell'offerta che riguardi sia il prodotto stesso che la personalizzazione della relazione con il cliente, in modo da contrastare la concorrenza. I principali fattori di differenziazione sono identificati attraverso le logiche di marketing, e si fa riferimento al: servizio, il marchio, la qualità; l’ampiezza dell’offerta, l’efficienza, la tecnologia e l’abilità nell’introdurre nuovi canali distributivi. → NB: il prezzo non vi rientra. logica di non- concorrenza sul prezzo, si enfatizzano invece i fattori di differenziazione tangibili e intangibili come strumenti primari per creare valore e attrattiva per la clientela. Una nota innovativa che impatta notevolmente le politiche di differenziazione è l'aspetto tecnologico, con il riferimento alle banche tecnologiche e alla tendenza delle banche a orientarsi verso la digitalizzazione. Questo orientamento si traduce nella creazione di prodotti più sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale, e nella ridefinizione della governance per accogliere le indicazioni della vigilanza La spinta verso la sostenibilità è imposta alle banche e si riflette nei fattori di differenziazione, che combinati in modi diversi portano a prodotti di intermediazione creditizia/finanziaria con varie sfaccettature. La differenziazione conduce alla (ri)specializzazione delle banche, identificando tre livelli di specializzazione nella catena distributiva. Mentre in passato la normativa obbligava le banche a specializzarsi (le aziende di credito bancario dovevano fare credito a breve), oggi la specializzazione è una scelta strategica in funzione degli obiettivi della banca. La banca adotta un grado di differenziazione più marcato nella catena distributiva rispetto a quella produttiva. Lettura Tabella: Azioni che qualificano un obiettivo di bassa/media/alta specializzazione → La banca si dice che ha una propensione a una bassa/media/alta specializzazione quando: BASSA MEDIA ALTA - Presenza dei gestori focalizzati - Presenza di Gestori focalizzati - L’intera filiera commerciale è su distinti segmenti di clientela su distinti segmenti di clientela strutturata per segmento di all’interno di Filiali all’interno di Filiali clientela “indifferenziate” differenziate per segmento - Massima specializzazione del - Responsabile di Filiale - Presenza di Filiali specializzate canale distributivo sia a livello responsabile sui risultati in particolari zone ad alta di Filiali (Gestori, responsabile) commerciali di tutti i segmenti densità di business (“Centri che a livello di Aree Territoriali (Presenza al Centro di un Imprese” o “Filiali Privarte”) Direttore Commerciale) - Creazione a livello Centrale di - Presenza nelle Aree Territoriali Business Unit (BU) di segmento - Responsabile dei risultati di di figure responsabili del (costi, ricavi e capitali allocati) tutti i segmenti e le attività di coordinamento commerciale e con possibile allocazione di Marketing del Segmento di marketing di segmento funzioni infrastrutturali - Presenza di un Direttore - In alcuni casi le B.U. di Commerciale responsabile del segmento sono sostituisce da Budget “spaccato” per Banche specializzate per segmento di clientela segmento di altissimo grado di specializzazione Davide Mannina | Pag. 22 a 104 Caratteristiche Principali dei Livelli di Specializzazione delle Banche Nell'ambito dell'ASA Retail, è cruciale comprendere i diversi livelli di specializzazione che le banche possono adottare. Questi livelli delineano la strategia di segmentazione e la distribuzione dei servizi bancari. Ecco una panoramica dei tre principali livelli di specializzazione (non si riporta ciò che è stato scritto sulla tabella precedente): 1. Bassa specializzazione: in questo contesto, la segmentazione della clientela avviene ma l’attività bancaria non è differenziata in modo significativo. Non vi sono filiali dedicate a specifici segmenti di clientela (ad es. non esiste una filiale dedicata alle piccole imprese, ma un'unica filiale provvede a servire tutte le fasce di clientela). L’attenzione è focalizzata sulla filiale nel suo complesso e i risultati sono valutati globalmente. Il bilancio annuale o semestrale è presentato dalla filiale nel suo insieme, dimostrando il rispetto degli obiettivi stabiliti dal Consiglio di Amministrazione. 2. Media specializzazione: A questo livello, la segmentazione si traduce in una maggiore differenziazione dei servizi offerti. I gestori si concentrano su segmenti specifici di clientela, e sono presenti filiali dedicate a ciascun segmento. Ogni reparto della filiale ha un budget e un responsabile del risultato per il proprio segmento. Sebbene la direzione sia centralizzata, ogni direttore di filiale è responsabile del budget specifico del segmento presidiato. L'insieme dei segmenti contribuisce ai risultati della filiale, guidati da un direttore commerciale responsabile del risultato complessivo. 3. Alta specializzazione: A questo livello, si assiste a una trasformazione significativa nel modo in cui le banche operano. Non esistono più filiali generiche, ma invece ci sono società specializzate, ciascuna focalizzata su un segmento specifico di clientela. Si fa riferimento ai gruppi bancari. Ogni banca specializzata ha la propria area di competenza e responsabilità. I dati finanziari di ciascuna banca confluiscono in un bilancio consolidato, in cui tutte le banche contribuiscono ai profitti del gruppo. Orientamento verso una media specializzazione. L'evoluzione verso l'alta specializzazione è un passo importante che coinvolge la creazione di società specializzate all'interno di un gruppo bancario più ampio. Questa strategia richiede un'attenta gestione delle normative europee e delle linee guida operative. Attualmente, il settore bancario sta tendendo verso una media specializzazione per affrontare al meglio le sfide della digitalizzazione e dell'adeguamento normativo. Davide Mannina | Pag. 23 a 104 1.8. PROFILI ORGANIZZATIVI DELL’ATTIVITA DI RETAIL BANKING L'organizzazione dell'attività retail ha subito una trasformazione significativa nel passaggio dall'approccio tradizionale a quello innovativo. Nel modello tradizionale, l'attenzione era principalmente rivolta alle operazioni di sportello (front office), mentre il back office, che comprende anche la consulenza commerciale, aveva un ruolo marginale. La clientela veniva presidiata attraverso una rete distributiva estremamente capillare. Tuttavia, grazie all'evoluzione tecnologica, oggi la maggior parte delle operazioni di sportello sono state automatizzate e spostate al back office, riducendo l'importanza delle operazioni manuali sugli sportelli. Al contempo, l'aspetto della consulenza commerciale p diventato sempre più predominante nella definizione dell’offerta di prodotti bancari, specialmente per i segmenti di clientela come le piccole imprese e quelli prossimi a richiedere servizi di wealth management. Questo è supportato dall’automatizzazione dei processi, mentre le operazioni manuali, previste ad esempio per lo sportello, stanno gradualmente scomparendo. La stessa Banca d'Italia spinge verso la razionalizzazione degli sportelli e l'adozione di una rete distributiva condivisa per contenere i costi operativi. Le banche si stanno quindi orientando verso l'implementazione di soluzioni tecnologiche, dando vita a sportelli digitalizzati leggeri (favorendo le operazioni automatizzate) Questo approccio innovativo implica una maggiore specializzazione nell’attività di retail, che si traduce in una differenziazione sia nella distribuzione che nella progettazione dei prodotti. L’obiettivo è creare prodotti innovativi con un elevato valore aggiunto, che offrano servizi bancari consulenziali di qualità superiore. Questi servizi sono di natura fiduciaria e premiamo la costruzione di una solida relazione con cliente. Nell'area retail, la distinzione principale rispetto alle aree corporate e private risiede nella minore enfasi sulla consulenza. Mentre quest'ultima è cruciale nella scelta dei clienti in queste due ultime, nel retail prevale l'automazione delle operazioni e una minore espansione del banking corporate. Le filiali sono sempre più focalizzate sullo sviluppo commerciale piuttosto che sull'attività di cassa. Nel retail, mettiamo l'accento sulla differenziazione del prodotto, mentre nel private e nel corporate, la componente personale e il ruolo di consulente sono molto più pronunciati. Davide Mannina | Pag. 24 a 104 1.9. LA BANCA COME ORGANIZZA L’OFFERTA? Per differenziare l’offerta le banche devono segmentare e determinare quali segmenti di clientela intendono servire. A questo scopo, l’offerta retail viene configurata in un database che si basa sul customer relationship management, evidenziando le preferenze dei clienti e la loro possibile evoluzione nel tempo. Questa offerta è strutturata in una matrice prodotti/mercati a doppia entrata che presenta delle variabili sia sulle righe che sulle colonne: dove le righe rappresentano i tipi di prodotti offerti, mentre le colonne indicano i segmenti di clientela che contribuiscono a differenziare l'offerta. Questa matrice guida le banche nell'articolare l'offerta in base alle informazioni rilevanti. Le banche inseriscono le informazioni e come output restituisce il prodotto da offrire. È bene sottolineare che la matrice può essere ulteriormente suddivisa. OSSERVAZIONI: È importante notare che la banca deve costruire una matrice sia per le unità in surplus che per quelle in deficit. Questo richiede un'operatività completa nell'ambito dell'intermediazione creditizia Si propongono attività di asset management, che si articolano in tre macroaree di investimenti: (seguendo un ordine di complessità crescente insito nello strumento) Con riferimento alle 1. GPM (Gestioni di Patrimonio Mobiliari) UNITA IN SURPLUS 2. FCI (Fondi comuni di Investimento) e LE SICAV (Mass market e Affluent) 3. FONDI ALTERNATIVI Questi costituiscono il portafoglio core del cliente Private, mentre il portafoglio satellite include hedge fund e prodotti complessi Vengono analizzati nuovi prodotti, c.d. PRODOTTI SPECIALI rientranti, tra i c.d. finanziamenti di scopo e che sono disciplinati Con riferimento alle nel TUB. Questi rappresentano operazioni di credito particolari, UNITÀ IN DEFICIT erogate dalle banche in conformità al principio di (POE e Small Business) despecializzazione operativa e istituzionale (prima che il TUB incorporasse la nuova denominazione di “particolari operazioni di credito”, questi erano crediti che venivano svolti dagli istituti di credito speciale). Davide Mannina | Pag. 25 a 104 1.10. I CREDITI/PRODOTTI SPECIALI All'interno della matrice dei prodotti e servizi nel settore del Retail Banking, focalizziamo ora l'attenzione sui "Prodotti Speciali". Di norma, queste operazioni sono destinate alle piccole e medie imprese, anche se talune di esse possono essere accessibili anche alle grandi imprese. Sono denominate "speciali" in quanto, in passato, erano prerogativa degli istituti di credito speciale. Oggi, invece, con l’introduzione del TUB e la conseguente caduta della distinzione tra banche e istituti di credito speciale (despecializzazione istituzionale, operativa e temporale), le banche hanno ottenuto la facoltà di svolgere queste operazioni. Questi prodotti speciali sono inclusi nel Titolo II del TUB, che riguarda l'attività bancaria, specificamente nel Capo Sesto che si intitola "Particolari operazioni di credito" agli art. 38 e ss. → Sono considerati crediti speciali perché presentano caratteristiche uniche che li differenziano dalle operazioni creditizie tradizionali. Il carattere di specialità di questi crediti ancora oggi permane, tant’è che godono di una disciplina specifica nel TUB. Quali sono questi crediti speciali? Credito fondiario e alle opere pubbliche (art.38) Credito agrario e peschereccio (art.43) Credito a medio lungo termine (art.46) Credito su pegno (art.48) Iniziamo l'analisi dei crediti speciali, con il Credito Fondiario 1.10.1 IL CREDITO FONDIARIO (Art. 38 TUB) 1. Il credito fondiario ha per oggetto la concessione da parte di banche di finanziamenti a medio lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado sull’immobile… 2. «… La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti.» Commento comma 1: Il primo comma ci dice che il credito fondiario è un tipo di credito che si distingue per 2 caratteristiche: 1. Natura a medio/lungo termine: il Credito Fondiario è destinato a finanziare investimenti a lungo termine, concentrandosi sul capitale fisso anziché sul capitale circolante. 2. Garanzia Ipotecaria di primo grado: questo tipo di credito richiede l’ipoteca di primo grado su un immobile come condizione essenziale. Si ricorda che l’ipoteca è una garanzia reale che richiede l’iscrizione in specifici registri, determinando il diritto di prelazione del creditore nel caso di vendita dell’immobile. In linea generale, può essere paragonato al finanziamento (mutuo) per l'acquisto di una casa, ma la sua caratteristica speciale risiede nel regime della garanzia ipotecaria, che presenta alcune deroghe rispetto al diritto civile comune. Commento comma 2: Da questo secondo comma emergono i caratteri speciali della disciplina del credito fondiario. È opportuno notare che in quest’articolo il TUB ha integrato la regolamentazione del credito fondiario e del credito edilizio, prima gestite separatamente. Davide Mannina | Pag. 26 a 104 La differenza principale sta nel modo in cui viene calcolato l’importo del credito da erogare:  Per il credito fondiario il finanziamento massimo è limitato all'80% del valore dei beni ipotecati → la base di calcolo rimane il valore dell’immobile ipotecato. È fondamentale che l'ipoteca sia di 1° grado: la banca deve avere priorità nel soddisfacimento rispetto gli altri.  Per il credito edilizio l’ammontare del finanziamento è funzione del costo delle opere da realizzare (punto focale). Questo tipo di credito si ha quando si finanziano progetti edilizi e non è legato a un bene già costruito. Di conseguenza, l'ipoteca, fondamentale per l'erogazione del credito, viene stabilita progressivamente sulla base degli stati di avanzamento lavori (SAL): vale a dire che, man mano che l'opera progredisce e si creano le condizioni per l'istituzione dell'ipoteca, il finanziamento viene erogato e l'ipoteca viene stabilita di conseguenza. → Pertanto, L'erogazione del credito avviene in diverse tranche, in concomitanza con le fasi di avanzamento del progetto L'inclusione, nell’articolo, delle deliberazioni del CICR (Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio) rappresenta un'innovazione significativa rispetto alla disciplina precedente. Si prevede una situazione in cui preesistenti ipoteche possano precludere l’ottenimento del finanziamento. In questo contesto, si introduce la possibilità per la banca di offrire i cosiddetti finanziamenti integrativi (eccezione alla regola dell’ipoteca di 1° grado) per entrambi i tipi di credito, fondiario e edilizio. Ciò implica che è ora consentito aggiungere finanziamenti supplementari in determinate circostanze, offrendo una maggiore flessibilità nell'accesso al credito immobiliare → Questi sono concessi man mano che si liberano risorse grazie al corretto processo di rimborso del debito. Tali disposizioni conferiscono al credito un carattere di specialità, giustificando la sua erogazione in passato da parte di istituti specificamente dedicati. Oggi, sono le banche ad offrire questi finanziamenti, con una gestione più snella delle operazioni. L'intento del TUB è stato quello di semplificare la normativa, permettendo alle imprese di accedere a tali finanziamenti in modo più agevole. In passato, la complessità delle regole spesso ostacolava una corretta comprensione e, con la necessità di coinvolgere diversi enti per ottenere finanziamenti, molte imprese non erano al corrente del tipo di finanziamento adatto alle loro esigenze. Tra le CARATTERISTICHE distintive del Credito fondiario troviamo: CREDITO DI SCOPO: Nel contratto di finanziamento vi è l’obbligo di specificare la finalità del credito (l’uso e la destinazione dei fondi). Nel caso del credito fondiario, ciò è legato all’acquisizione di proprietà immobiliari, mentre per il credito edilizio è associato alla realizzazione di nuove opere pubbliche. FORMA TECNICA: In passato si vincolava l’erogazione al mutuo ipotecario, attualmente il TUB nulla si dice al riguardo, ciò significa che è possibile utilizzare diverse forme tecniche di medio- lungo periodo (leasing, apertura di credito…). Anche se la forma tecnica può variare, nella realtà operativa viene erogato principalmente sotto forma di mutuo ipotecario. ELEMENTO TEMPORALE: Essendo un finanziamento di medio-lungo periodo devono avere scadenza superiore a 18 mesi. In media, hanno una durata di 10 anni. Il rimborso del debito si realizza mediante un piano di ammortamento predefinito (ML-P) a rate progressive. GARANZIA IPOTECARIA (art. 2808 c.c.): Questo tipo di credito richiede una garanzia ipotecaria, che implica la costituzione di un bene reale come garanzia in caso di insolvenza del debitore. L'ipoteca (elemento determinante per l’assegnazione del credito fondiario) deve essere di primo grado, garantendo così la soddisfazione del creditore prima di altri. Davide Mannina | Pag. 27 a 104 La determinazione del grado dell'ipoteca (per il rilascio e validità della garanzia) segue/prevede una successione cronologica di iscrizioni nei registri immobiliari. Ciò richiede due tipi di perizie: una tecnica per valutare il valore del bene (verifica congruenza tra il valore del bene oggetto della transazione e il valore del finanziamento) e una legale, svolta dal notaio che sottoscrive la compravendita, volta a garantire l'assenza di precedenti ipoteche sull’immobile, in modo tale da poter costituire un’ipoteca di primo grado. Le peculiarità del Credito Fondiario si evidenziano in alcune deroghe alla disciplina dell'ipoteca del diritto civile comune, contenute nell'art. 39 del TUB. Queste deroghe permettono al credito Fondiario di presentare caratteristiche uniche rispetto alle operazioni creditizie tradizionali di ML-P creando un ambiente favorevole per le attività bancarie specializzate in questo settore. Le DEROGHE, valide per il credito fondiario, includono: 1. Modalità di iscrizione della garanzia ipotecaria nei registri immobiliari: l'iscrizione può essere effettuata in qualsiasi sede, inclusa la banca in cui viene sottoscritto il contratto di mutuo, anziché esclusivamente presso il tribunale della città in cui si trova l'immobile. 2. Annotazioni alle variazioni del credito e degli interessi: contrariamente al C.C., nel credito fondiario, in cui il contratto di compravendita e il contratto di credito risultano da atti separati, sulla base di una quietanza fornita dal beneficiario del finanziamento è possibile annotare ai margini dei registri qualsiasi variazione di credito e interessi, permettendo, dunque, l’aggiornamento del valore del credito in relazione all’ipoteca. 3. Adeguamento automatico della garanzia alle clausole di indicizzazione: La garanzia ipotecaria può essere adeguata automaticamente in base alle clausole di indicizzazione previste nel contratto, coinvolgendo sia il credito stesso che la garanzia. 4. Esonero dalla revocatoria fallimentare della garanzia ipotecaria: in caso di finanziamento concesso almeno 10 giorni prima della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento, il bene fuoriesce dalla revocatoria fallimentare → ciò assicura che la banca sia il primo e unico creditore dell'impresa all'interno dell'ipoteca costituita; 5. Riduzione proporzionale del finanziamento e del valore dell’ipoteca: Nel credito fondiario, il debitore può richiedere una riduzione proporzionale del valore dell'ipoteca ogni volta che rimborsa almeno un quinto del finanziamento. 6. Frazionabilità dell’ipoteca: Nel caso in cui il bene, oggetto dell’ipoteca, sia di proprietà di più soggetti coinvolti nel finanziamento, (edificio o complesso condominiale), anche se in corso di costruzione, è possibile intestare l'ipoteca pro-quota ai partecipanti, consentendo la suddivisione della responsabilità per il rimborso del debito; 7. Oneri notarili calcolati sempre su un solo atto: Nonostante il credito fondiario preveda la stipula di due contratti distinti (compravendita e credito), viene richiesto il pagamento di un solo onorario notarile (calcolato su un unico atto), contribuendo al contenimento del costo dell’operazione. Pertanto, gli oneri notarili sono ridotti della metà LEZIONE 4 del 17/10/2023 LIMITI DI FINANZIABILITA (art. 38): Nel credito fondiario, l'importo massimo finanziabile è stato fissato dal CICR all'80% del valore del bene ipotecato o delle opere da eseguire. Nel caso del credito edilizio, l'80% è calcolato in base al valore del bene costruito nei vari stadi di avanzamento lavori (SAL). Tuttavia, è possibile innalzare il limite di finanziabilità fino al 100% del valore nominale del bene ipotecato in presenza di garanzie accessorie. Davide Mannina | Pag. 28 a 104 GARANZIE ACCESSORIE (covenants e non, garanzia reali o personali): Nel contesto del credito fondiario, le garanzie accessorie richieste dalla banca includono: o Imposizione di aumento di capitale, sebbene poco diffusa in pratica per la sua complessità e impegno finanziario dato che può avere impatti negativi sulla gestione strategica dell’impresa → Nel concreto: la banca erogante ha la facoltà di richiedere all’impresa di pianificare un aumento del capitale sociale; o Inserimento di rappresentati degli enti finanziatori negli organi sociali d’impresa: questa è una pratica più diffusa da parte delle banche, poiché c’è un interesse nel far entrare un rappresentante dell'ente finanziatore nell'organo decisionale dell'impresa. Questo consente di monitorare le decisioni strategiche e di garantire che l'uso dei fondi sia in linea con gli obiettivi stabiliti → modo diverso delle imprese per farsi conoscere dalla banca, agevolando in modo trasparente la comunicazione. o Imposizione politiche di accantonamento degli utili per rafforzare la stabilità finanziaria dell’impresa → La banca ha la facoltà di richiedere all’impresa di rafforzare la sua base patrimoniale, chiedendo di accantonare una parte degli utili a titoli di riserve, permettendo così di ridefinire la politica di distribuzione dei dividendi. FINANZIAMENTI INTEGRATIVI: Dal '95 in poi, è consentito concedere finanziamenti su beni già gravati da ipoteca di I grado (c.d. finanziamenti integrativi). Questo avviene in proporzione alla liberazione del valore dell'ipoteca grazie ai rimborsi effettuati. Si tratta di una nuova forma di finanziamento che integra il debito rimborsato, permettendo di ricostruire l'operazione e quindi ampliare gradualmente il finanziamento iniziale. N.B. La legge consente questa pratica a condizione che il valore dell'ipoteca continui a coprire l'ammontare totale del finanziamento concesso. Il massimo finanziamento integrativo non può superare l'importo precedentemente concesso. Inoltre, ogni volta che l'impresa rimborsa almeno un quinto del debito residuo, il valore dell'ipoteca si riduce proporzionalmente. ESTINZIONE: Nel contesto del credito fondiario, l'art. 40 del TUB disciplina le modalità di estinzione del debito. A differenza del diritto comune, in cui il debito si estingue con il pagamento dell'ultima rata e l'estinzione dell'ipoteca a carico del debitore, nel caso del credito fondiario si applicano cause di estinzione specifiche: o Estinzione a scadenza: avviene mediante il regolare rimborso del finanziamento e la restituzione della garanzia ipotecaria. I costi legati alla cancellazione dell’ipoteca dai registri immobiliari sono a carico del soggetto debitore. o Estinzione Anticipata: si riferisce alla possibilità di estinguere in anticipo un finanziamento su richiesta del debitore. Contrariamente al diritto comune (c.c.) che prevede una penale di restituzione* in tali casi, nel contesto del credito fondiario questa penale non è contemplata. Pertanto, si richiede la previsione di un costo omnicomprensivo adeguato a coprire i costi derivanti dalla chiusura anticipata. In parole più semplici, il debitore ha la facoltà di estinguere

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