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University of Brescia

Davide Bazzana

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politica monetaria central banking economia finanza

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Questi appunti trattano la politica monetaria, gli obiettivi, le strategie e le teorie sul central banking. L'autore, Davide Bazzana, esplora argomenti come l'indipendenza delle banche centrali, le posizioni teoriche e le strategie di politica monetaria, inclusi il monetary targeting e l'inflation targeting.

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La politica monetaria: obiettivi, strategie e teorie sul central banking Politica Economica Davide Bazzana [email protected] L’indipendenza delle banche centrali Le banche centrali (BC) nel mondo hanno acquisito un’autonomia progressiva dagli anni ’80: central...

La politica monetaria: obiettivi, strategie e teorie sul central banking Politica Economica Davide Bazzana [email protected] L’indipendenza delle banche centrali Le banche centrali (BC) nel mondo hanno acquisito un’autonomia progressiva dagli anni ’80: central bank dominance. L’indipendenza può riguardare i seguenti aspetti: l’indipendenza politica, ovvero riguardo alle procedure di nomina del Governatore e del Consiglio direttivo, la loro durata in carica, ecc. l’autonomia nella fissazione degli obiettivi della politica monetaria (tasso d’inflazione, obiettivi reali), l’autonomia nella scelta degli strumenti (in tema di poteri d'indirizzo sui tassi d'interesse e sulla liquidità). L’indipendenza delle banche centrali Posizioni teoriche sull’autonomia delle BC: Friedman proponeva un "costituzionalismo monetario" ed auspicava uno stretto controllo sulla BC da parte del Parlamento o attraverso il rispetto delle regole monetarie, al fine di minimizzare i comportamenti di tipo discrezionale; i keynesiani auspicano un coordinamento tra politica monetaria e fiscale; secondo le teorie della Nuova Macroeconomia Classica, una chiara autonomia è richiesta al fine di condurre una più efficace e credibile lotta all'inflazione. L’autonomia delle BC è importante perché garantisce meglio la stabilità dei prezzi, anche grazie al rafforzamento della credibilità di una politica monetaria di bassa inflazione Autonomia delle BC e inflazione: evidenza empirica Diversi studi empirici hanno mostrato che i paesi con BC più indipendenti hanno potuto godere di una maggiore stabilità dei prezzi (bassa e poco volatile inflazione), senza rilevanti effetti reali (ad es. su crescita, disoccupazione, tassi d'interesse reali, ecc.) (vedi grafico) E ciò indipendentemente sia dal livello del disavanzo e del debito, sia dai regimi politico-isitituzionali (la disciplina monetaria sembra non essere correlata con quella fiscale). Secondo i critici, il basso tasso d'inflazione può essere spiegato da altri fattori: regime di cambio, istituzioni del mercato del lavoro, ecc. L’indipendenza delle BC in Europa Le BC tradizionalmente più indipendenti erano di solito considerate (oltre alla FED), la Bundesbank e la Banca centrale svizzera, mentre quella inglese (ed in passato quelle dei paesi europei mediterranei) erano maggiormente subordinate ai governi. La Banca d’Italia acquisì una progressiva autonomia nel corso degli anni ’80. Essa cominciò a divenire più autonoma dal Governo con il cd. “divorzio” del 1981, per cui non proseguì più con la pratica di acquistare i titoli del Tesoro invenduti alle aste (potendo così rifiutarsi di finanziare con moneta i disavanzi). L’indipendenza aumentò nel 1992-93, quando la manovra del tasso ufficiale di sconto fu formalmente assegnata alla stessa Banca d’Italia (invece che al Ministero del Tesoro), assieme alla riforma della riserva obbligatoria e del conto corrente di Tesoreria. L’indipendenza delle BC in Europa Il Trattato di Maastricht del 1992 imponeva ai paesi che intendevano partecipare all’UME il requisito di banche centrali indipendenti, nonché il divieto di finanziamenti monetari dei disavanzi pubblici. L’indipendenza politica è vista come condizione necessaria per assicurare la stabilità dei prezzi. Riguarda la scelta di obiettivi e strumenti di politica monetaria; è rafforzata con le norme esplicite relative al divieto dei finanziamenti monetari dei disavanzi pubblici degli Stati, degli enti regionali e locali, e di tutti gli altri enti pubblici. Obiettivi finali di politica monetaria Gli obiettivi finali della politica monetaria riguardano di solito la stabilità monetaria (ovvero del livello dei prezzi) e dell’attività economica in generale (produzione, occupazione, investimenti, ed altre variabili reali). Per molte BC, la stabilità dei prezzi è l’obiettivo primario e comunque è la BC assegnataria dell’obiettivo di stabilità dei prezzi. Obiettivi finali di politica monetaria Estensione delle BC dopo la crisi: Confini funzionali: ora diversi obiettivi, inclusa la stabilità finanziaria (regolamentazione, monitoraggio, supervisione) o Devono essere “prestatori di ultima istanza” anche per gli Stati? Confini operativi: molteplici strumenti, non solo fissazione dei tassi d’interesse e liquidity management (controllo di Ms); operazioni non convenzionali; Confini dimensionali: operazioni più ampie (infatti i bilanci delle BC sono cresciuti) e con numerose controparti; Confini geografici: operano ora in un contesto globale, oltre i confini nazionali o A causa dei rischi sistemici, ora più importanti i meccanismi di trasmissione internazionale della politica monetaria (ma il coordinamento delle politiche monetarie non è facile). Il conservatorismo delle BC Per la credibilità della politica monetaria conta, oltre alla indipendenza, anche il grado di conservatorismo della stessa BC, di cui si hanno due accezioni (Rogoff, 1985): 1. weight-conservative, 2. target-conservative. Il conservatorismo delle BC BC più o meno weight-conservative danno più o meno importanza all’inflazione rispetto alle variabili reali (nella funzione di perdita, i pesi relativi: 𝜆𝜋 e 𝜆𝑌 ). Alcuni statuti di banche centrali, come la FED (ossia Federal Reserve System negli Usa), sembrano porre sullo stesso piano i due tipi di variabili, citando tra le variabili reali anche l’occupazione. Invece la BCE considera come obiettivo primario quello della stabilità dei prezzi. Il conservatorismo delle BC BC target-conservative fisserebbero 𝜋^ = 0 e 𝑢^ = 𝑢𝑛 , ossia il bliss point coinciderebbe col punto iniziale: così verrebbe meno ogni incentivo a deviare. Vi è un trade-off tra credibilità – che richiederebbe regole fisse di politica economica o BC molto conservatrici – e flessibilità nella gestione della stessa politica monetaria (discrezionalità), che è invece importante soprattutto in un contesto d’incertezza e del possibile verificarsi di shock. Una regola assolutamente rigida o la nomina di un banchiere centrale molto conservatore sono quindi sconsigliabili. Obiettivi intermedi della politica monetaria Dopo aver trattato gli obiettivi finali, ricordiamo che nel dibattito iniziale tra keynesiani e monetaristi due erano gli obiettivi intermedi considerati: i tassi d'interesse e lo stock di moneta. Secondo il teorema di Poole, la scelta ottimale di politica monetaria – stock di moneta oppure livello dei tassi d’interesse – dipende dall’incertezza, che può riguardare il mercato dei beni oppure quello finanziario. Obiettivi intermedi della politica monetaria Infatti gli shock possono colpire: (i) domanda di beni, in tal caso fanno spostare la curva IS (ii) domanda di moneta, che fanno invece spostare la curva LM. Obiettivi intermedi della politica monetaria Supponiamo inoltre che: la funzione di perdita sia data da: 𝐿 = 𝑦𝑡 – 𝑦^𝑡 2 , ossia l’unico obiettivo finale è la stabilizzazione del reddito; lo stato iniziale del sistema ed anche il reddito desiderato coincidano con il reddito di piena occupazione, ossia 𝑦𝑡 = 𝑦^𝑡 = 𝑦𝑛 ; le autorità possano scegliere tra due strategie di politica monetaria, incentrate su due diversi obiettivi intermedi: o offerta di moneta costante (e quindi il tasso d’interesse i può oscillare a seguito di shock), o tasso d’interesse costante (e quindi l’offerta di moneta si aggiusta al verificarsi di shock). Incertezza e obiettivi intermedi Diverse politiche ottimali a seconda del tipo di incertezza Esaminiamo prima il caso di instabilità della curva IS (parte sinistra del grafico precedente); ebbene la produzione oscilla: poco (tra 𝑌𝐿 e 𝑌𝐻 ) se si tiene fissa l’offerta di moneta (curva 𝐿𝑀1 ), tanto (tra 𝑌𝐶 e 𝑌𝐽 ) se si tiene fisso il tasso d’interesse (𝑖0 ). Incertezza e obiettivi intermedi Diverse politiche ottimali a seconda del tipo di incertezza Se invece l’instabilità riguarda la curva LM (parte destra del grafico) la produzione oscilla: tanto (tra 𝑌𝐴 e 𝑌𝐵 ) se si tiene fissa l’offerta di moneta (la curva LM si sposta solo a causa dello shock sulla domanda di moneta), per niente (rimane fissa a 𝑌𝑛 ) se si tiene fisso il tasso d’interesse (𝑖0 ) o nel secondo caso l’offerta di moneta deve ovviamente aggiustarsi per compensare le oscillazioni della domanda di moneta, riportando la curva LM nella posizione iniziale. Diverse politiche ottimali a seconda del tipo di incertezza In conclusione: I. se l’instabilità riguarda il mercato dei beni, è meglio un obiettivo intermedio in termini di offerta di moneta costante; II. se invece l’instabilità è prevalente nei mercati finanziari, è preferibile una politica di stabilizzazione dei tassi d’interesse. Strategie di politica monetaria: il monetary targeting Esso discende dall’analisi monetarista secondo cui “l’inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario” (M. Friedman); Si annuncia un tasso di crescita per lo stock di moneta (𝑔𝑚 ) all’interno di un sentiero e si attuano correzioni in caso di scostamenti; Approccio seguito in passato dalla Bundesbank, seppure in modo flessibile (ossia stabilendo intervalli di variazione per 𝑔𝑚 e consentendo frequenti scostamenti rispetto agli obiettivi annunciati) Vi è il problema di scegliere l’aggregato monetario più appropriato: M1, M2, M3, ecc.; Questo approccio può essere ottimale se la funzione di domanda di moneta è stabile. Relazione tra crescita monetaria e inflazione: evidenza empirica Crescita monetaria, inflazione e signoraggio Gli studi empirici mostrano che il legame tra moneta e inflazione è robusto se: (i) si considerano analisi time-series di lungo periodo oppure (ii) cross-section con molti paesi; (iii) se si esaminano solo paesi avanzati con bassa inflazione la relazione scompare. Crescita monetaria, inflazione e signoraggio Un forte aumento della quantità di moneta genera un’elevata inflazione. Negli episodi di iperinflazione, ciò succede perché la banca centrale – non essendo indipendente dal governo – acconsente al finanziamento monetario dei disavanzi pubblici. Moneta, inflazione e signoraggio Il signoraggio – derivante dal finanziamento monetario dei disavanzi – determina una specie di prelievo sui saldi monetari reali, al punto che viene a coincidere con la cd. imposta da inflazione (𝑇𝜋 ), secondo una aliquota d’imposta che è data proprio dal tasso d’inflazione: 𝑀 𝑀 Δ𝑀 𝑀 Δ𝑀 𝑇𝜋 = 𝜋 = 𝑔𝑚 = = =signoraggio 𝑃 𝑃 𝑀 𝑃 𝑃 se lo Stato, per finanziare la spesa pubblica, “stampa” moneta, aumentandone lo stock del 10%, invece che introdurre nuove imposte sui redditi, vi è indifferenza (in termini di "copertura") tra finanziare la spesa pubblica (G) con moneta (Δ𝑀) oppure con imposte (T); i privati cittadini subiranno una decurtazione dei redditi reali netti dello stesso importo (10%). Signoraggio e crescita monetaria All’inizio il governo può ricavare un elevato signoraggio aumentando 𝑔𝑚 = Δ𝑀/𝑀 in quanto può fare affidamento su saldi monetari reali (M/P) grosso modo costanti. In seguito però, a causa degli effetti (in parte ritardati): 𝑒 𝑀 ↑ 𝑔𝑚 →↑ 𝜋 →↑ 𝜋 → , 𝑃 i saldi monetari reali cominciano a diminuire. Quindi l’andamento del signoraggio rispetto alla crescita monetaria (𝑔𝑚 ) è prima crescente e, dopo un punto di massimo (𝑔°𝑚 ), comincia a decrescere. L’inflation targeting Una strategia alternativa al monetary targeting è l’inflation targeting muove dalla constatazione che i dati sull’offerta di moneta sono indicatori inaffidabili dell’inflazione futura, soprattutto in un contesto di bassa inflazione e di continue innovazioni finanziarie, in cui lo stock di moneta è soggetto a shock che provengono più dal lato della domanda; il valore stimato dell’inflazione attesa prende il posto dello stock di moneta quale obiettivo intermedio; si annuncia un tasso d’inflazione (target) valido per il medio periodo (più 𝑒 precisamente un sentiero per 𝜋𝑡+1 futura, con azioni correttive se 𝑒 𝜋𝑡+1 ≠𝜋𝑡+1 ); Strategie di politica monetaria: l’ inflation targeting Una strategia alternativa al monetary targeting è l’inflation targeting La banca centrale deve render conto delle deviazioni del tasso d’inflazione effettivo da quello annunciato come target; Adottato in passato da paesi quali Nuova Zelanda, Canada, Regno Unito, Svezia, Israele, alcuni paesi latino-americani o est-europei; Ha il vantaggio della semplicità e della completezza nell’analisi delle cause dell’inflazione. Strumenti di politica monetaria Secondo la visione tradizionale, i tre strumenti “classici” di politica monetaria discendono direttamente dal concetto di moltiplicatore della moneta (o dei depositi): 𝑀 = 𝐻 1/[𝑐 + 𝜌(1 − 𝑐)] dove: M è l’offerta di moneta, H la base monetaria (somma di circolante e riserve bancarie), 𝜌 il rapporto riserve/depositi, c la proporzione della domanda di moneta tenuta come circolante. Le banche centrali controllano di solito lo stock di moneta (M) indirettamente attraverso gli strumenti: 1. vincoli sulle riserve: se la banca centrale impone una riserva minima obbligatoria, può influenzare il valore di 𝜌 e quindi dell’offerta di moneta (↑ 𝜌 →↓ 𝑀); Strumenti di politica monetaria Secondo la visione tradizionale, i tre strumenti “classici” di politica monetaria discendono direttamente dal concetto di moltiplicatore della moneta (o dei depositi): 𝑀 = 𝐻 1/[𝑐 + 𝜌(1 − 𝑐)] Le banche centrali controllano di solito lo stock di moneta (M) indirettamente attraverso gli strumenti: 2. prestiti alle banche, che non solo modificano H, ma il tasso d’interesse ad esse applicato – il tasso ufficiale di riferimento (o di sconto) – influenza 𝜌 (attraverso le riserve “libere”, ossia in eccesso rispetto a quelle obbligatorie) 3. operazioni di mercato aperto: consistono in compravendite di titoli di Stato esistenti sul𝑑 mercato ed influenzano il valore della 𝑠 base monetaria (con l’acquisto di titoli: ↑ 𝐵 →↑ 𝐻, con la vendita di titoli:↑ 𝐵 → ↓ 𝐻). La manovra dei tassi d’interesse Strumento tipico delle BC è la fissazione del tasso di riferimento (tasso ufficiale o di sconto o di policy): politica monetaria espansiva: ↓i (equivalente a ↑Ms) politica monetaria restrittiva: ↑i (equivalente a ↓ Ms). La manovra dei tassi d’interesse Una relazione utile per capire come le banche centrali fissano il tasso d’interesse è la regola di Taylor. Essa si basa sull’ipotesi che le banche centrali fissino i tassi d’interesse con l’obiettivo di stabilizzare sia i prezzi sia le variabili reali. Lo stesso Taylor ammetteva che tale regola non deve essere seguita in modo meccanicistico: la considerazione di altri obiettivi o la comparsa di nuovi eventi (crisi valutarie, necessità di rilanciare gli investimenti privati, ecc.) possono giustificare temporanee deviazioni. o Nella regola entra il tasso d’inflazione obiettivo, che deve essere numericamente specificato (ad es. 𝜋𝑡 ^= 2% nel caso della BCE); è pure incluso il prodotto y* potenziale. La regola di Taylor Equazione della regola di Taylor: 𝑖𝑡 = 𝑖^ + 𝑎 (𝜋𝑡 – 𝜋𝑡 ^) + 𝑏 (𝑦𝑡 – 𝑦 ∗ ) dove : 𝑖𝑡 è il tasso d’interesse nominale a breve, fissato dalla BC, 𝑖𝑡 ^ è il tasso d’interesse nominale obiettivo, o quest’ultimo può essere scomposto nella somma del tasso d’interesse reale naturale (𝑟𝑛 ) più il tasso d’inflazione obiettivo (𝜋𝑡 ^), (𝜋𝑡 – 𝜋𝑡 ^) sono le deviazioni del tasso d’inflazione (𝜋𝑡 ) dal suo target (𝜋𝑡 ^) o in alcune formulazioni 𝜋𝑡𝑒 prende il posto di 𝜋𝑡 (𝑦𝑡 – 𝑦 ∗ ) è l’output ∗ gap, ossia la differenza tra l’output effettivo (𝑦𝑡 ) e quello potenziale (𝑦 ) o in una formulazione alternativa si potrebbe mettere (𝑢𝑡 − 𝑢𝑛 ) (in questo caso ovviamente con il segno meno davanti al parametro b). I parametri a, b sono stimati econometricamente: quanto più a>b, tanto più la banca centrale attribuisce importanza all’inflazione piuttosto che alle variabili reali.

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