Economia Aziendale 2024 PDF
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This document provides a summary of the first chapter of a 2024 textbook on business economics. It explores fundamental economic concepts such as the nature of economic activity, different types of needs and goods, and the roles of organizations in economic processes. It covers different approaches to the idea of rational decision-making with an emphasis on the concept of limited rationality and the garbage can model. The text delves into the importance of knowledge and combines this with various factors of production, as part of the wider discussion on the idea of economic activity and its complexities.
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ECONOMIA AZIENDALE 2024 CAPITOLO 1 ECONOMIA AZIENDALE= scienza che elabora le conoscenze e le teorie utili per il governo economico di organizzazioni e sistemi sociali all’interno dei quali si svolge un’attività economica. Capitolo 1.1 Quasi tutte le decisioni...
ECONOMIA AZIENDALE 2024 CAPITOLO 1 ECONOMIA AZIENDALE= scienza che elabora le conoscenze e le teorie utili per il governo economico di organizzazioni e sistemi sociali all’interno dei quali si svolge un’attività economica. Capitolo 1.1 Quasi tutte le decisioni che prendiamo hanno un riflesso economico, è infatti consueto collegare al termine “economia” il termine “valore”. I fenomeni rappresentati sotto un profilo economico, sono normalmente associati ad un valore espresso in moneta di conto. Possiamo affermare che l’economia ha per oggetto lo studio dei fenomeni e delle risorse a cui è possibile associare un determinato valore (economico). Le condizioni che portano una determinata risorsa ad assumere valore sono l’utilità e la facilità di reperirla (è dunque un canone soggettivo). Capitolo 1.1.1 La vita dell’uomo è da sempre caratterizzata dal sorgere di bisogni e dalla ricerca del loro appagamento, in altre parole un bisogno può essere definito come uno stato di insoddisfazione che si desidera eliminare. Le imprese si basano sulla continua ricerca di nuove e più affinate modalità con le quali soddisfare i bisogni dell’uomo. Addirittura molte di esse sono orientate a far emergere bisogni latenti attraverso l’introduzione di nuovi prodotti volti a soddisfarli. Le seguenti classi di bisogni sono: -bisogni naturali e sociali: suscitati dalla componente biologica dell’uomo\connessi alla sfera psicologica -bisogni primari e secondari:essenziali al fine di garantire un’esistenza dignitosa\influenzati da processi imitativi e di tendenza -bisogni individuali e bisogni pubblici:avvertiti da una singola persona\bisogni avvertiti all’interno di una collettività La realizzazione di qualsiasi attività economica richiede la presenza di un attento studio dei bisogni, per questo ogni teoria economica ha alla base una teoria dei bisogni, le quali si fondano su una serie di ipotesi: -presenza di una gerarchia di bisogni (secondo un ordine di priorità determinato dal reddito, dal gusto e dalla preferenza) -dinamicità dei bisogni (le preferenze tendono a cambiare nel tempo, modificando le caratteristiche dei bisogni, alla base di un apprendimento sviluppato nel tempo) -impiego di un livello di razionalità nella scelta: 1. razionalità assoluta 2. razionalità limitata Capitolo 1.1.2 Per “bene” intendiamo qualsiasi risorsa o servizio destinato al soddisfacimento di un bisogno. Classificazione dei beni: -primari -secondari -beni complementari (matita e gomma) -beni fungibili (penna blu e penna nera) -beni non differenziabili (realizzato con le stesse caratteristiche da parte di tutte le imprese) -beni differenziabili (diversi modelli offerti da diverse imprese) -beni di consumo -beni strumentali -beni durevoli (macchinari nelle fabbriche) -beni non durevoli -beni privati (soddisfano bisogni individuali) -beni pubblici (soddisfano bisogni della collettività) -beni economici (presenti in misura scarsa) -beni non economici (non soggetti al limite di scarsità) Capitolo 1.1.3 RAZIONALITA’ ASSOLUTA: la persona ha chiaro l'obiettivo da ottimizzare, ha a disposizione tutte le informazioni relative alle possibili scelte alternative, tutte le alternative sono confrontabili, la persona è l’unica a decidere e sceglie in maniera isolata, la persona sceglie sempre l'alternativa migliore RAZIONALITA’ LIMITATA: conoscenza di solo alcune delle alternative perseguibili, capacità di trattamento delle alternative solo più rilevanti, la persona si accontenta dell’alternativa più soddisfacente. Fa riferimento alla scelta di una singola persona ma riconosce che una parte importante degli elementi che influiscono sulla decisione individuale sia determinata dalle organizzazioni di appartenenza. Queste ultime sono caratterizzate da un elevato livello di complessità, quali: - STAKEHOLDER: molteplicità di portatori di interesse - Ogni unità operativa risolve i problemi che si trova ad affrontare in termini indipendenti dalle altre unità - Ogni unità si adatta all’ambiente piuttosto che tentare di prevederne l’evoluzione - ROUTINE ORGANIZZATIVE: regole di decisione che vengono prese in base alle esperienze passate, se abbiano portato successo. Per quelle non programmate, l’azienda deve contare sulle proprie capacità di agire in modo intelligente, di adattamento al contesto specifico in cui agire e sviluppare le soluzioni più adatte per il problema da affrontare. Processo decisionale: 1. definizione delle attese iniziali (avvertimento del bisogno) 2. ricerca( si individuano le potenziali alternative) 3. aggiustamento delle aspettative 4. nuova fase di ricerca 5. valutazione sequenziale 6. decisione finale L’individuazioni delle preferenze risente in misura significativa delle esperienze personali (capitale personale), dei comportamenti e dei valori GARBAGE CAN MODEL: modello che si pone l'obiettivo di descrivere gli aspetti qualificanti dei processi decisionali collettivi: all’interno delle organizzazioni spesso non si è in grado di affrontare e risolvere tutti i problemi, questo per due ragioni (numero troppo elevato di problemi da risolvere e attendere una risposta dall’alto della gerarchia che spesso non viene data). Ciò comporta che le decisioni da prendere sono in concorrenza reciproca ( per risolvere il problema A non ho tempo di risolvere il B) perchè magari si occupano troppe persone e troppo tempo, perciò decidere costa; inoltre le applicazioni delle decisioni richiedono l’impiego di risorse. Per scegliere dunque deve crearsi “l’occasione di decisione” che richiede 3 elementi: il problema, le soluzioni, le persone tenute a decidere. Il problema viene affrontato solo quando ritenuto prioritario ed è importante che si sviluppino due aspetti: far convergere il problema verso l’occasione di decisione e far in modo che la soluzione venga adottata. Capitolo 1.2 L’economia aziendale è una scienza sociale che elabora le conoscenze e le teorie utili per il governo economico di enti, organizzazioni e sistemi sociali all’interno delle quali si svolge un’attività economica. L’economia aziendale si pone come obiettivo principale quello di supportare e indirizzare il comportamento umano nelle scelte caratterizzate dalla scarsità dei beni rispetto ai bisogni che le stesse persone intendono soddisfare. E’ svolta dalle persone per le persone e il suo mezzo è l’eventuale creazione di valore e di ricchezza. L’uomo per soddisfare le proprie esigenze non agisce in modo isolato ma insieme ad altri esseri umani con i quali forma dei gruppi sociali e dunque in collaborazione: L‘ AZIENDA. Capitolo 1.2.1 L’attività economica è definita come l’attività in cui si producono e si consumano beni non disponibili liberamente in natura. - PRODUZIONE: ottenere beni anche attraverso il lavoro - CONSUMO: impiego dei beni per soddisfare i bisogni Per comprendere l’attività economica bisogna far presente che: i beni economici servono a soddisfare i bisogni umani, sia l’attività di consumo che di produzione viene svolta in ambito delle organizzazioni (società umane). E’ dunque dal lavoro che dipende la possibilità di soddisfare i bisogni umani ed è conveniente svolgere una determinata attività economica se il valore dei risultati conseguiti (output) è superiore al corrispondente valore dei fattori impiegati (input). Anche l’attività di distribuzione è un elemento costitutivo dell’attività economica. Capitolo 1.2.2 Le società umane, quando assumono regole e strutture di comportamento stabili prendono il nome di ORGANIZZAZIONI E ISTITUTI. L’ attività svolta da un’organizzazione è caratterizzata dalla realizzazione di attività economica a favore dei soggetti che l’hanno costituita o che sono entrati a farne parte successivamente. L’attività di un’organizzazione viene analizzata secondo un profilo: - sociologico (relazioni che si creano tra soggetti) - politico\etico\religioso - giuridico (in relazioni alle norme dell’ordinamento statale - culturale\antropologico (valori e abitudini) - ecologico - tecnologico In qualsiasi organizzazione si svolge un’attività economica, anche se non tutte sono state create per le stesse finalità di natura economica. Le organizzazioni che interessano l’economia aziendale possono essere distinte in due insiemi: le famiglie (società umane) e le organizzazioni (imprese, istituti e organizzazioni del terzo settore (non profit)). Esse si identificano in quattro classi di aziende: 1. aziende famigliari di consumo e di gestione patrimoniale 2. aziende di produzione 3. aziende composte pubbliche 4. aziende del terzo settore Le aziende per aver motivo d’esistere devono rispettare il criterio di durabilità e di autonomia con le risorse che essa stessa riesce a procurarsi. Capitolo 1.2.3 Per PRODUZIONE ECONOMICA intendiamo qualunque attività considerata necessaria per la produzione dei beni economici, non solo fisica e materiale, bensì tutte le attività a lei correlate. Questa produzione richiede disponibilità e impiego di molti fattori: FATTORI PRODUTTIVI. Tra tutti i fattori necessari, i principali sono il lavoro e il capitale perchè è proprio dal lavoro che avviene la creazione del bene ( CONDIZIONI PRIMARIE DI PRODUZIONI). Le imprese sono dunque l’attività di produzione economica per lo svolgimento di beni e servizi destinati ad essere scambiati nel mercato. Il lavoro è dunque il mezzo la produzione di rimunerazione, che ne costituisce il fine. Capitolo 1.3.1 Conoscenza come status, capacità e sapere codificato. Per “stato di conoscenza" si intende il conoscere fatti, metodi e principi… La “capacità di azione” intende la conoscenza come comprensione dei fatti, metodi, principi e tecniche per poi applicarli nel processo di realizzazione delle cose. Gli studiosi Bender e Fish intendono conoscenza come un processo che ha origine nella testa di un individuo e si basa su informazioni trasformate e arricchite da esperienze personali, credenze e valori con significato decisionale e rivolto all’azione. Analizzando la “Piramide della conoscenza” i dati rappresentano l’elemento base e costituiscono una rappresentazione originaria della realtà; l’elaborazione di più dati da origine alle informazioni (acquisizione dati, elaborazione dati, emissione dell’informazione): la capacità di poter utilizzare le informazioni raccolte rappresentano la conoscenza che è quindi data dalla messa in pratica di quanto è in nostro possesso a livello di informazioni. Essa è un bisogno naturale ma anche collettivo, è un bene economico in quanto non è rivale (chiunque può usarla nello stesso momento), non è escludibile (non ne si può impedire l’uso) ed è cumulativo.Non si consuma, non è scarsa, non è strumentale ed è relazionale. Si possono evidenziare quattro dimensioni del concetto: 1. KNOW WHAT 2. KNOW WHY 3. KNOW HOW 4. KNOW WHO E’ dunque diventata un fattore produttivo che si incorpora nel lavoro. Infatti secondo la KNOWLEDGE le risorse economiche non sono più solo il capitale finanziario o le risorse naturali ma soprattutto la creatività, la conoscenza e le relazioni. Capitolo 1.3.2 L’attività economica chiave consiste soprattutto nella ricombinazione della conoscenza per produrne di nuova attraverso un processo di innovazione composto da: intuizione (idea), interpretazione (spiegazione dell’idea), integrazione (generare significato condiviso dai membri dell’organizzazione con dialogo e azione),istituzionalizzazione (sviluppo di pratiche che rendono possibile la continua produzione e consumo delle conoscenze). Al fine di produrre, rinnovare, ricombinare nel tempo la conoscenza, le aziende devono possedere un set di tre capacità: 1. la capacità di assorbimento (“absorptive capacity”), cioè la capacità di riconoscere e assorbire nuova conoscenza; 2. le capacità di combinazione (“combinative capabilities”), cioè le capacità di combinare blocchi di conoscenza per produrne di nuova; 3. le capacità dinamiche (“dynamic capabilities”), cioè le capacità di integrare, costruire e riconfigurare competenze interne per far fronte a contesti in rapido cambiamento. Questo processo si fortifica attraverso le interazioni tra aziende. Capitolo 1.3.3 L’economia della conoscenza è un sistema complesso che contempla nuovi fattori produttivi, sfruttando a pieno le opportunità offerte dal progresso tecnologico. Con la Knowledge economy nascono nuovi servizi (sharing) dove la parte fondamentale del servizio si collega allo scambio di informazioni che permettono l’utilizzo del bene. COLLABORATIVE ECONOMY Un’economia basata su reti distribuite di individui e comunità interconnessi, in contrapposizione ad istituzioni centralizzate, che trasforma il modo in cui produciamo, consumiamo, finanziamo e impariamo. -design (reti di persone che collaborano nella progettazione di prodotti e servizi) -finanza (servizi offerti al di fuori delle istituzioni tradizionali) -educazione (con la tecnologia l’istruzione diventa più democratica) COLLABORATIVE CONSUMPTION La reinvenzione dei comportamenti tradizionali del mercato quali affitto, prestito, scambio, baratto e dono, attraverso la tecnologia, che si svolgono in modi e su una scala non possibili prima di Internet. -Product Service Systems (vendita dell’uso e non del prodotto) -Redistribution Markets (creazioni di mercati di redistribuzione per beni inutilizzabili) -Collaborative Lifestyles (scambio tra persone di risorse intangibili) SHARING ECONOMY Sottoinsieme specifico dell’economia collaborativa, viene definita come “un modello economico basato sulla condivisione di risorse sottoutilizzate, che vanno dagli spazi fisici fino alle competenze professionali e che vengono condivise da alcuni utenti per un beneficio monetario o non monetario” (esempio gli Airb&b) PEER ECONOMY Economia tra pari fa riferimento ai mercati person-to person che facilitano la condivisione e lo scambio diretto di beni e servizi, basandosi sulla fiducia reciproca. Le forme della condivisione possono dunque assumere forme diverse e si possono condividere dai beni fisici agli spazi, al tempo e al denaro. Ci sono però tre comuni denominatori nelle forme di condivisione: -potere distribuito -disruptive drivers (tutti i fattori che compongono l’innovazione) -utilizzo delle risorse efficiente e innovativo per ottimizzare le “idle capacities” CAPITOLO 2 L’AZIENDA Si parla di azienda quando l’organizzazione diventa oggetto di studio per la dimensione economica che la qualifica. Capitolo 2.1 Possiamo classificare quattro classi di aziende: 1. aziende familiari di consumo e di gestione patrimoniale 2. aziende di produzione 3. aziende composte pubbliche 4. aziende del terzo settore (non profit) Diverse tipologie di aziende in base a: 1. finalità istituzionali: quelle primarie per cui l’azienda è stata costituita e ne giustifica l’esistenza. A volte sono economiche, a volte sono non economiche. 2. portatori di interesse coinvolti: coloro che hanno interesse nei confronti dell’azienda. Anche i cittadini possono esserlo perchè magari lo sviluppo dell’azienda può portare benessere sociale, posti di lavoro ecc… Possono essere istituzionali e non. 3. attività economiche prevalenti: sempre pensata come produzione, consumo o di distribuzione di valore. L’azienda-famiglia produce bene per utilizzarlo internamente in passato (AUTOCONSUMO) perché non esisteva lo scambio. Con lo sviluppo nascono le imprese. In tutte le organizzazioni coesistono finalità economiche e non in diversa misura; nelle imprese prevalgono quelle economiche, negli altri istituti invece prevalgono le non economiche Capitolo 2.1.1 Anche nella famiglia si svolge qualche forma di attività economica, più rilevante nell’antichità in quanto vigeva il modello di autoconsumo (i beni che si ottenevano erano destinati al consumo interno del nucleo familiare. Nel tempo l’attività di produzione ha perso importanza. Oggi la famiglia rappresenta un istituto fondamentale perché a essa spettano finalità come la procreazione, la crescita, l’educazione e l’assistenza. Si può dunque affermare che i membri di una famiglia sono portatori di interessi istituzionali non economici. Il fine è l’appagamento dei bisogni economici dei suoi membri. L'attività prevalente, oltre al consumo, è quella di gestione patrimoniale. Capitolo 2.1.2 L’attività di produzione ha subito un progressivo spostamento all’esterno della famiglia dando vita ad una serie di altre organizzazioni. La crescita e lo sviluppo delle società umane nel tempo sono stati favoriti dalla specializzazione economica che riguarda: la progressiva focalizzazione dell’attività economica realizzata dall’uomo in fasi sempre più parziali e circoscritte e il conseguente affinamento delle tecniche produttive e delle modalità di svolgimento dei singoli compiti. 1)Ma per quale motivo non si è continuato a mantenere l’attività economica, ed in particolare, lo svolgimento dei principali processi produttivi all’interno delle società umane naturali, ovvero le famiglie? In primo luogo, l’uomo si rende conto che si può rispondere in maniera ottimale alle numerose e sempre più differenziate tipologie di bisogni che nascevano all’interno del nucleo familiare mediante la produzione specializzata e specializzandosi nella produzione di pochi beni e scambiandoli all’esterno per ottenere quelli mancanti si può soddisfare i bisogni avvertiti dai diversi membri della famiglia più facilmente. La produzione specializzata infatti ha comportato due conseguenze immediate: 1. i volumi di beni ottenuti a seguito del processo di specializzazione erano superiori a quelli necessari a soddisfare i fabbisogni del nucleo familiare à destinati allo scambio con altre unità economiche 2. concentrare la produzione su poche tipologie di beni risultava molto più conveniente anziché disperdere energie per realizzare direttamente tutti i beni necessari al sostentamento della famiglia Ciò ha portato negli anni a un progressivo incremento del numero e della qualità dei bisogni soddisfatti. Alla base delle decisioni di specializzazione troviamo due motivazioni principali: -i vantaggi di costo riconducibili all’effetto esperienza (ad ogni incremento significativo del volume di produzione cumulata, il totale dei costi di produzione e di vendita diminuisce in misura costante e prevedibile) -lo sfruttamento delle cosiddette economie di scala (si è in presenza di economie di scala se al crescere della dimensione della capacità produttiva installata decrescono i costi unitari dei beni prodotti). L’economia di specializzazione con i suoi pro e contro: -Maggiore specializzazione delle persone -Maggiore efficienza tecnica degli impianti -Elevato potere contrattuale delle imprese di maggiori dimensioni -un aumento dei costi di coordinamento -un aumento dei costi per la rigidità dei processi produttivi e per la presenza di investimenti specifici -una demotivazione da eccessiva specializzazione del lavoro Che cosa ha comportato tutto ciò? -La dimensione conveniente per la produzione dei beni sia molto superiore alla dimensione corrispondente ai consumi della famiglia -La possibilità di ottenere beni in maniera più efficiente grazie alla specializzazione economica ha determinato lo spostamento dell’attività produttiva dalla famiglia verso altre aziende, in primis le imprese - ha costretto produttori e consumatori a ricorrere a scambi sempre più numerosi e frequenti dando origine alla nascita dei “mercati” -aumento dei costi di coordinamento (richiede elevati investimenti per coordinare le singole fasi) -demotivazione da eccessiva specializzazione del lavoro 2)Come mai le singole persone specializzate nello svolgimento di piccole sezioni di attività economica tendono ad aggregarsi in organizzazioni (imprese, istituti della Pubblica Amministrazione, organizzazioni nonprofit) anziché operare indipendentemente scambiandosi prestazioni secondo le regole del mercato? La risposta trova fondamento nella “TEORIA DEI COSTI DI TRANSIZIONE”, secondo cui lo svolgersi dell’attività economica attraverso scambi di mercato genera costi in capo ai soggetti coinvolti nella transazione, ovvero i “COSTI DI TRANSAZIONE”. Sono quelli che sorgono quando nasce l’ipotesi di scambio e comprendono lo sforzo dei contraenti e i costi che insorgono per far rispettare quanto stabilito. Nascono per tre ragioni: 1. il costo in tempo e denaro per definire un accordo 2. il costo in tempo e denaro della ricerca dei contraenti per un dato contratto 3. i costi di ricerca di informazioni riguardanti il mercato ed i suoi agenti Le determinanti dei costi di transazione sono quattro: 1. le persone agiscono in condizioni di razionalità limitata 2. la presenza di un’asimmetria informativa tra gli operatori coinvolti nella transazione 3. comportamenti opportunistici 4. investimenti specifici La crescita delle imprese può essere caratterizzata, oltre che dalle economie di transazione, anche dalle ECONOMIE DI SCOPO. Le economie di scopo o di raggio di azione si presentano tutte le volte in cui la produzione o la vendita di due beni differenti all’interno di una determinata impresa consente di ottenere una riduzione dei costi rispetto alla situazione in cui tali beni siano prodotti da due imprese distinte. Dipendono dalla possibilità di condividere risorse o attività da parte di due o più prodotti. Il presupposto delle economie di scopo è che le diverse attività produttive possano condividere delle risorse, siano esse materiali (il vantaggio economico deriva dalla possibilità di meglio saturare la capacità produttiva) o immateriali (importanti per la loro caratteristica di essere riutilizzabili potenzialmente in modo illimitato a costi marginali nulli o molto contenuti). 3) Come mai le aziende si sono differenziate, a loro volta, in classi quali le imprese, gli istituti della Pubblica Amministrazione e le organizzazioni non profit? Se si trattava di “affinare” le modalità di svolgimento dell’attività produttiva, perché non affidarsi completamente alle imprese? Il mezzo mediante il quale perseguire tale fine è la produzione di beni destinati ad essere scambiati attraverso il mercato. La competizione è infatti un importante incentivo per il miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi produttivi. Tuttavia però le finalità istituzionali e i limiti che connotano il loro agire nel mercato, hanno portato alla nascita di altre classi di aziende (Stato e organizzazioni) ma quando anche queste ultime non sono in grado di rispondere efficacemente a particolari bisogni, nascono le organizzazioni del terzo settore. La vendita dei prodotti realizzati dall’impresa è attuabile in modo duraturo e autonomo solamente se il valore riconosciuto a tali prodotti dal mercato è superiore al valore dei fattori produttivi impiegati per realizzarli. Il valore così generato verrà successivamente distribuito, attraverso remunerazioni, tra i vari soggetti che appartengono all’istituto e che hanno contribuito alla creazione di tale ricchezza. LE IMPRESE La finalità primaria dell’impresa è di natura economica e consiste nella produzione di remunerazioni monetarie o di altro genere nei confronti delle persone per le quali è istituita (apportatori di capitale e di lavoro). La vendita dei prodotti realizzati dall’impresa è attuabile in modo duraturo e autonomo solamente se il valore riconosciuto a tali prodotti dal mercato è superiore al valore dei fattori produttivi impiegati per realizzarli. Il valore così generato verrà successivamente distribuito, attraverso remunerazioni, tra i vari soggetti che appartengono all’istituto e che hanno contribuito alla creazione di tale ricchezza. Le finalità istituzionali non economiche, seppur presenti, sono minoritarie in questa classe di aziende. Si riferiscono, prevalentemente, ai bisogni di socialità e di crescita personale e professionale delle persone che vi appartengono oltre che (talvolta) di sviluppo sociale e culturale del territorio in cui opera la stessa impresa. Le ricadute dell’attività di un’impresa sull’ambiente in cui è inserita non sono solo economiche e contribuiscono al progresso sociale ed umano di una determinata collettività. Il controllo sul ruolo sociale dell’impresa è effettuato dalla competizione di mercato, dall’intervento pubblico nell'economia e dai valori di cui sono portatori la classe imprenditoriale e manageriale. I sistemi basati sulle economie di mercato possono entrare in crisi quando l’impresa assegna una preminenza alle valutazioni di convenienza economica privilegiando in maniera accentuata gli interessi di una parte dei soggetti che la compongono, a scapito della collettività. Accanto ai portatori di interessi istituzionali troviamo un numero elevato di portatori di interessi non istituzionali: soggetti esterni all’impresa che ripongono una nutrita serie di aspettative nei suoi confronti. Capitolo 2.2 Lo Stato va interpretato come l’ordinamento politico, sociale, giuridico ed economico avente la funzione, nel settore pubblico, di: -perseguire il bene comune -favorire il progresso morale e sociale della comunità nazionale -intraprendere i rapporti con le altre comunità a livello internazionale nell’ambito di uno spazio specifico, denominato. Per comprendere il settore pubblico e il ruolo dello Stato, occorre esaminare: 1. le ragioni dell’intervento dello Stato ed i meccanismi decisionali pubblici 2. le modalità organizzative e gestionali 1)Vengono considerate 3 branche economiche per individuare compiti del settore pubblico 1. stabilizzazione: lo stato deve garantire dei prezzi coerenti con il potere d’acquisto 2. allocazione delle risorse: assegnazione delle risorse ai vari ambiti (salute, cultura, trasporti…). Può avvenire in maniera diretta garantendo servizi come la sicurezza, oppure in maniera indiretta attraverso per esempio le imposte. 3. distribuzione: come i beni prodotti possono essere distribuiti tra i membri della collettività Quali sono le ragioni per cui lo stato interviene? 1. insufficiente concorrenza per poter costituire un mercato 2. esistono dei beni che per loro natura sono pubblici (illuminazione pubblica) PROPRIETA’ DEI BENI PUBBLICI puri -proprietà della non rivalità: più persone ne possono usufruire -proprietà della non esclusività: non si può escludere qualcuno dal beneficio di questi beni i beni che godono di tutte le proprietà sono beni pubblici puri, altrimenti si parla di beni pubblici impuri 3. esternalità: possono essere considerate come gli effetti sull’attività di produzione e/o di consumo di una persona o di un’impresa provocati dall’attività economica di un’altra persona o di un’altra impresa, e non si riflettono nei prezzi 4. esistenza dei mercati incompleti: ogni qualvolta i mercati privati non consentono l’offerta di un bene o un servizio, pur essendo il suo costo di produzione inferiore al prezzo che i consumatori sarebbero disposti a pagare, si ha un’insufficienza del mercato che prende il nome di mercato incompleto 5. asimmetria informativa: molteplici attività svolte all’interno del settore pubblico sono giustificate da un’informazione imperfetta a disposizione dei consumatori (per esempio quelle attività che accompagnano i prodotti bancari, i prodotti farmaceutici, i beni alimentari etc.). In assenza di uno specifico intervento pubblico, il risultato è la produzione di un’inefficienza economica diffusa che genera la necessita dell’intervento dello Stato Beni meritori sono quelli ritenuti meritevoli di tutela pubblica al di fuori della domanda degli utenti potenziali. Sebbene abbiano in comune con i beni pubblici la caratteristica di produrre effetti esterni sulla collettività, si differenziano per gli aspetti della rivalità nel consumo e dell’escludibilità dal beneficio, tipici dei beni privati. Al fine di evidenziare le differenze rispetto a questi ultimi, sono utilizzate le esternalità positive che caratterizzano i beni meritori stessi, spingendo il settore pubblico a favorire la loro produzione e il loro consumo per potere raggiungere un livello ottimale. Le modalità organizzative: lo stato diviso in istituzioni territoriali che collaborano con uno stato di sussidiarietà al fine di perseguire l’interesse pubblico e per rispondere ai bisogni dei cittadini. Le decisioni prese in ambito pubblico non sono l’esito decisionale di un unico soggetto ma è il risultato di diversi istituti e di organi pubblici. 2) Lo Stato è strutturato in varie istituzioni territoriali che collaborano in uno spirito di sussidiarietà per dare attuazione ai diversi livelli di decentramento istituzionale al fine del perseguimento dell’interesse pubblico e per rispondere ai bisogni dei cittadini. L’azione di ciascun istituto pubblico è solitamente condizionata da quella di altri istituti e, in molti casi, le decisioni che vengono prese in ambito pubblico non sono l’esito decisionale di un unico soggetto, ma sono il risultato di un’azione di concertazione tra diversi istituti ed organismi pubblici Capitolo 2.2.1 Il concetto di azienda composta è utilizzato per indicare quelle organizzazioni in cui i processi di produzione si alternano a quelli di consumo. Tra le aziende composte si annoverano principalmente quelle che, in base alla titolarità da parte di un soggetto giuridico pubblico, sono dette pubbliche. Nelle aziende composte pubbliche si svolgono processi economici di produzione di beni pubblici e di consumo degli stessi da parte dei cittadini che costituiscono i membri dell’istituto pubblico, poiché, di fatto, lo sostengono, versando tributi sotto forma di imposte, tasse e contributi, e pagando tariffe per specifici servizi erogati. Nel caso delle aziende composte pubbliche, tanto le finalità primarie quanto quelle secondarie assumono caratteristiche economiche e non economiche. 1. Le finalità primarie economiche riguardano la remunerazione dei prestatori di lavoro e l’appagamento dei bisogni pubblici dei membri della collettività, mediante la produzione di beni e il loro consumo. 2. Le finalità primarie non economiche attengono al perseguimento del bene comune e del progresso civile, sociale ed economico della collettività nonché di un progressivo miglioramento nella qualità della vita. 3. Le finalità secondarie di tipo economico pertengono alla produzione di remunerazioni dirette o indirette nello svolgimento di attività economica privata da parte delle aziende pubbliche che, in alcuni casi, possono agire come veri e propri attori del mercato. 4. Le finalità secondarie di tipo non economico riguarderanno il miglioramento dei rapporti con gli altri stati e con gli organismi internazionali di riferimento, ma anche l’impegno nel soddisfacimento di bisogni di stima e socialità negli ambienti di lavoro. Rientrano a pieno titolo tra i portatori di interessi istituzionali della Pubblica Amministrazione: -tutti i membri (persone fisiche) di una determinata collettività che usufruiscono dei beni e servizi erogati da un istituto pubblico -i prestatori di lavoro che operano all’interno di tale istituto. Accanto a tali soggetti troviamo anche portatori di interessi non istituzionali, imprese e organizzazioni nonprofit. Tali interessi trovano origine nei rapporti che si instaurano tra lo Stato e questi soggetti, In particolare: lo Stato è destinatario dei tributi raccolti a vario titolo dalle imprese e dalle organizzazioni nonprofit, alcune imprese (e organizzazioni nonprofit) svolgono in tutto o in parte la propria attività economica a favore della Pubblica Amministrazione, altre imprese (e organizzazioni nonprofit) ricevono dallo Stato contributi e sussidi a vario titolo. Capitolo 2.2.2 Tradizionalmente l’organizzazione degli istituti della pubblica amministrazione si è basata sul modello burocratico weberiano. A partire dagli anni ’80 la riforma del settore pubblico è stata un’esperienza condivisa in tutto il mondo in uno stesso movimento che ha preso il nome di New Public Management(NPM): 1. Gestione professionale; 2. Standard espliciti e misure di performance; 3. Maggiore enfasi sui controlli dei risultati; 4. Decentramento delle unità organizzative nel settore pubblico; 5. Maggiore concorrenza nel settore pubblico; 6. Importazione di stili del settore privato nella pratica gestionale; 7. Maggior disciplina ed efficienza nell’uso delle risorse. In questo ampio processo di modernizzazione, ha assunto rilevanza l’uso del termine aziendalizzazione che, nella cultura italiana, ha voluto sostanzialmente significare una nuova interpretazione delle istituzioni del settore pubblico. L’espressione aziendalizzazione delle amministrazioni pubbliche è stata utilizzata per definire il processo di riforma che, nella prospettiva del NPM, ha accostato le modalità di gestione delle amministrazioni pubbliche a quelle delle organizzazioni private. L’aziendalizzazione ha richiamato una serie di importanti azioni concernenti: 1) l’introduzione di modelli di quasi-mercato; 2) l’adozione e l’importazione di strumenti manageriali tipici dell’impresa privata; 3) l’applicazione di un prezzo come corrispettivo delle prestazioni e dei servizi erogati. Si sono sviluppate poi altre teorie di modelli: 1. Il New Public Service si è concentrato sul tema della cittadinanza democratica, della comunità, della società civile e dell’organizzazione. Ha enfatizzato il ruolo primario del dipendente pubblico nel supportare i cittadini ad articolare e soddisfare interessi condivisi piuttosto che tentare di controllare o guidare la società 2. La New Public Governance si aggancia alle teorie di sociologia organizzativa ed alle teorie dei network ed è orientato a comprendere e analizzare i processi gestionali di produzione del servizio pubblico, enfatizzando il significato di outcome 3. Il Public Value Management, infine, sorto sul modello del public value proposto da Moore (1995) 30 offre un ulteriore paradigma e una diversa narrativa di riforma. La sua forza risiede nella sua ridefinizione di come affrontare le sfide di efficienza, responsabilità e equità Capitolo 2.2.3 L’espressione terzo settore inizia a diffondersi negli anni ’70 del secolo scorso, per indicare qualcosa che non è governato né dalla logica del mercato né dall’organizzazione dello Stato con le sue molteplici declinazioni. Si diffonde il concetto di nonprofit e soprattutto comincia a costituire l’oggetto di teorizzazioni economiche e di successive interpretazioni. Rispetto allo Stato — considerato il primo settore —, e al mercato — considerato il secondo settore — costituisce una parte autonoma del sistema economico in cui si collocano aziende, con tratti caratteristici propri, che non perseguono scopo di lucro. E’ caratterizzato da un’azione orientata al valore e dall’impegno delle persone che operano al suo interno. Esse dedicano le proprie attività alla produzione di beni che assumono rilevanza per la collettività, alla stessa stregua dei beni pubblici, ma che lo Stato comunque non è in grado di garantire. Le aziende del terzo settore: 1. dispongono di un’organizzazione propria; 2. hanno natura privata ed istituzionalmente sono separate dallo Stato e dalle aziende pubbliche; 3. non possono distribuire i profitti conseguiti come invece possono fare le imprese tradizionali; 4. possiedono la capacità di governo, essendo in grado di controllare le proprie attività; 5. richiedono almeno in parte un grado significativo di partecipazione volontaria, sia nella conduzione effettiva delle attività sia nella gestione dei loro affari. Le finalità primarie assumono caratteristiche economiche e non economiche, mentre quelle secondarie sono soltanto non economiche. -Le finalità primarie economiche riguardano la remunerazione dei prestatori di lavoro appartenenti all’ATS -Le finalità primarie non economiche consisteranno in finalità sociali, morali e culturali associate all’attività dell’ATS a favore dei propri associati o di persone terze -Le finalità secondarie non economiche pertengono al perseguimento del bene comune e alla diffusione dei valori dell’altruismo, della solidarietà e della socialità nel contesto territoriale in cui opera l’ATS. Capitolo 2.3.1 La Platform Firm sono imprese intese come sistemi complessi digitali. La piattaforma fornisce un’infrastruttura fatta di mezzi e regole che rendono lo scambio di informazioni, beni o servizi e moneta, semplice e reciprocamente conveniente. Rappresenta un codice espandibile di un sistema software, che fornisce funzioni core condivise con altri moduli, e utilizza interfacce per l’interazione con diversi moduli, funzioni e (differenti) piattaforme. I moduli sono costruiti indipendenti l’uno dall’altro ma operano come ununicumintegrato. I progettisti realizzano la modularità suddividendo le informazioni secondo regole di progettazione chiare e visibili. Quali caratteristiche possono avere? - Sono esterne e aperte - Sono dotate di complement, ovvero i prodotti e servizi complementari che permettono alla piattaforma di aumentare il suo valore creando un vantaggio cumulativo. - La platform architecture è un framework concettuale che descrive la divisione in piattaforme stabili e un insieme complementare di moduli che variano nel tempo, con l’inclusione delle regole di progettazione. La finalità principale di una piattaforma è mettere in contatto produttore e consumatore, che scambiano un valore. Gli elementi oggetto dello scambio sono tre: 1. Informazioni 2. Beni o servizi 3. Varie forme di moneta Le piattaforme devono svolgere tre funzioni chiave: - Attrarre - Facilitare - Unire/combinare Attrarre La piattaforma deve attrarre produttori e consumatori, rendendo possibile la loro interazione. Esiste però un paradosso delle piattaforme: gli utilizzatori non sono attratti da una piattaforma che sembra non avere un valore per loro e la piattaforma non possiede un valore se non utilizzata dai consumatori. Come si supera questo paradosso? Il mantenimento dell’interesse da parte del consumatore è fondamentale per la sopravvivenza della piattaforma: il feedback loop è un processo che mira a creare un flusso costante di valore per stimolare una risposta dell’utilizzatore e rafforzare così la piattaforma stessa Facilitare La piattaforma deve facilitare l’incontro e gli scambi tra produttore e consumatore. Come? 1. Crea un'infrastruttura nella quale il valore può essere creato e scambiato e ne delinea i principi che governano tali interazioni. 2. Utilizzando informazioni che riguardano produ ore e consumatore, è in grado di associarli in maniera reciprocamente valida 3. Maggiore è la quantità di da con la quale la pia aforma può lavorare, migliore sarà l’algoritmo utilizzato La Core Interaction è il primo passo nella progettazione di una piattaforma (Partecipanti+Valore+Filtro=Core Interaction). Il consumatore può decidere se acquistare il valore creato o meno; il produttore crea il valore. Secondo elemento fondamentale della progettazione è il principio dell’end-to-end. Tale principio stabilisce che nuove caratteristiche della piattaforma dovrebbero essere poste in zone periferiche piuttosto che al centro della stessa, poiché, se non utilizzate, tutta la struttura risulterà lenta e inefficiente. Elementi chiave nella definizione degli approcci strategici della platform sono il coring ed il tipping: - CORING Insieme delle attività che un’azienda utilizza per identificare o disegnare una tecnologia, un prodotto, e renderlo fondamentale per le altre piattaforme e per il mercato. Esempio: Google - TIPPING: Insieme delle attività che le aziende realizzano per acquisire una posizione di vantaggio rispetto ai competitor del mercato considerato. Esempio: Linux Differenza tra prodotto e piattaforma: PRODOTTO è di proprietà della singola azienda e resta sotto il suo controllo. I prodotti possono diventare piattaforme se soddisfano due condizioni: 1. Devono svolgere una funzione essenziale in ciò che si definisce sistema di utilizzo 2. Devono risolvere un cruciale problema tecnologico PIATTAFORMA è una tecnologia fondante o servizio essenziale a un ecosistema di business interdipendente LE NUOVE ESIGENZE DELLE AZIENDE Le aziende sono alla ricerca di conoscenze e tecnologie al di fuori delle proprie competenze, per accelerare il processo di innovazione interno; Necessitano di mercati per commercializzare e monetizzare le proprie conoscenze e tecnologie; Si crea l’esigenza di nuove modalità di collaborazione e partnership e un nuovo approccio alla scoperta e la platform firm è intermediaria in questi processi. La platform firm fornisce una struttura dove le aziende convergono allo scopo di creare e fornire valore ai propri clienti. Innesca un processo di creazione di valore per aziende e clienti, in termini di economie di scala e innovazione. Può prevedere diversi gradi di apertura ed è attraverso questa apertura che la piattaforma fornisce opportunità agli imprenditori. Offre accesso a merca stru ura , reputazione, operabilità garantita se l’innovazione risponde a specifiche della pia aforma. Si basa su meccanismi che tendono a contenere la concorrenza e l’equa contrattazione tra le parti. Il network effect è il processo “per cui il valore di una piattaforma cresce di pari passo con il numero di partecipanti ”. Possiede due aspetti chiave: 1. Creazione del valore = i network creano valore per i partecipanti a seconda delle loro dimensioni e struttura 2. Acquisizione del valore = processi di appropriazione del valore nei quali i membri dei network ottengono e conservano valore Open innovation è un meccanismo di riduzione dei costi, condivisione dei rischi e di commercializzazione sempre più rapida. Open innovation e piattaforme insieme hanno creato numerose e diverse opportunità per gli imprenditori modificando il concetto di imprenditorialità: anche le piccole imprese di realizzare nuovi progetti e guadagnare sia sul mercato domestico sia su quello globale. Occorrono norme nuove per fornire una struttura sostenibile e non conflittuale alla concorrenza e ai rapporti di lavoro, che certifichino i livelli di servizio, qualità, copertura e sicurezza. L’apertura delle platform firm assicura molti vantaggi ma comporta anche l’esposizione a diversi rischi, tra i quali i principali sono: - Perdita del vantaggio competitivo, dovuta alla scarsa protezione della conoscenza - Rischio che un partner si trasformi in concorrente - Rischio di acquisizione da parte di un’altra azienda della piattaforma. CAPITOLO 3 L’ASSETTO ISTITUZIONALE Capitolo 3.1 L’assetto istituzionale considera i soggetti, i contributi che offrono all’azienda e i contributi da loro attesi. Stabilendo così l’insieme di regole su cui si fonda il funzionamento dell’azienda stessa. Le regole alla base dell’asse o is tuzionale si pongono tre finalità principali: 1. identificare i soggetti coinvolti ; 2. stabilire il contributo (onere) apportato; 3. valutare la ricompensa (beneficio) spettante a ciascun soggetto, definendo così la strategia e i sistemi di governo aziendali. Capitolo 3.1.1 I soggetti coinvolti nel contesto aziendale, che sono chiamati ad apportare un contributo (onere) e sviluppano così l’attesa di ricevere una ricompensa (beneficio), configurano nel loro insieme i portatori di interessi (come suggerito dal termine inglese composto da stake, cioè interesse, e holder, cioè portatore). Le principali categorie di stakeholder i conferenti capitali di rischio (apportano i mezzi e auspicano una remunerazione del capitale proprio investito) i prestatori di lavoro (forniscono tempo e competenze) i fornitori (cedono i materiali e servizi utili per la produzione del prodotto) i conferenti capitali di prestito (finanziatori) i clienti; i concorrenti; lo Stato(emana norme giuridiche, concede incentivi e in cambio vuole i soldi) Una o poche categorie di portatori di interessi formano il soggetto economico e controllano direttamente l’azienda, assumendo il diritto-dovere di governare l’azienda (i.e. esercitare le prerogative di governo economico e prendere le decisioni ultime) e di godere dei suoi risultati residuali (sia positivi sia negativi). Le attese primarie delle persone che compongono il soggetto economico rappresentano gli interessi istituzionali. Capitolo 3.1.2 Per realizzare un efficace governo aziendale occorre operare almeno tre scelte fondamentali: 1. individuare soggetto economico 2. determinare finalità e obiettivi del soggetto economico 3. definire la struttura di governo, definendo organi e meccanismi I meccanismi di corporate governance definiscono le regole di funzionamento generale di un’azienda, delineano i ruoli, le funzioni e le responsabilità all’interno dell’azienda, evidenziando le relazioni tra proprietà e management. Nel caso di azionariato diffuso, il potere di gestione è generalmente attribuito al management, il cui lavoro risulta difficilmente controllabile dal soggetto proprietario. Questo può causare effetti negativi con riferimento agli interessi degli investitori e allo sviluppo dei mercati finanziari che devono essere adeguatamente tutelati, sostenendo i costi originati dal rapporto di “agenzia”. (AGENCY THEORY) I sistemi di governo aziendali variano nel tempo e sono influenzati da tre fonti principali: 1. le disposizioni normative (di seguito approfondite con riferimento all’ordinamento giuridico italiano); 2. i codici di autodisciplina, che rappresentano fonti normative aventi natura volontaria. Si pongono l’obiettivo di raccogliere best practice in tema di corporate governance, integrando le disposizioni normative e fornendo utili suggerimenti, soprattutto alle società quotate; 3. le particolari esigenze e le specifiche soluzioni adottate dalle aziende. Nel nostro ordinamento giuridico le disposizioni normative forniscono precisazioni utili per la classificazione delle imprese. Nelle imprese individuali l’imprenditore coincide con il titolare dell’attività che conferisce i mezzi patrimoniali e le prestazioni lavorative, rendendo agevole e univoca l’identificazione del soggetto economico e giuridico. Nelle imprese gestite in forma associata i due soggetti possono non coincidere a seconda della prescelta forma giuridica che può corrispondere a: o una società di persone; o una società di capitali; o una società cooperativa. Nell’ordinamento giuridico italiano sono a ugualmente previsti tre sistemi alternativi di governance per le società per azioni, denominati : 1. tradizionale (gestione dell’impresa affidata ad un amministratore unico o ad un consiglio di amministrazione) 2. monistico (amministrazione affidata ad un consiglio di amministrazione (assemblea dei soci) mentre il controllo sulla gestione è di competenza del comitato per il controllo sulla gestione= organo controllato e organo controllore) 3. dualistico (due organi collegiali al posto del consiglio di amministrazione ovvero consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione, e consiglio di sorveglianza) Capitolo 3.1.3 Le aggregazioni aziendali rappresentano unioni tra più imprese. Sono caratterizzate da legami duraturi e finalità generalmente economiche che possono essere sia interne (come il miglioramento della gestione aziendale o lo sviluppo della sua attività) sia esterne (o extra-aziendali, come un maggior controllo del mercato di riferimento). Molteplicità di finalità Forme diverse. Possono essere distinte tra: o formali, basate su un accordo formale che sancisce i termini del legame aggregativo (e.g. consorzi, joint ventures, cartelli per limitare la concorrenza in un mercato), o informali, derivanti, ad esempio, da rapporti produttivi (e.g. gentlemen’s agreements) o finanziari. I gruppi aziendali rientrano nella prima tipologia perché sono caratterizzati da precisi vincoli per cui le imprese appartenenti al gruppo rimangono autonome sul piano giuridico, ma risultano legate ad un unico soggetto economico. Due caratteristiche che compresenti : 1. la pluralità dei sogge giuridici (i.e. la presenza di più aziende formalmente indipendente , avente una forma giuridica che consenta su di esse l’esercizio del controllo), 2. l’unicità del soggetto economico che, disponendo di una visione complessiva e perseguendo gli obiettivi del gruppo, agisce e influenza la gestione delle singole partecipate. L’esercizio del controllo viene generalmente distinto in tre tipi: controllo di diritto (più della metà del capitale sociale, in termini di voti esercitabili nell’assemblea ordinaria); controllo di fatto (voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria). La possibilità di esercitare questo tipo di controllo dipende dal grado di frazionamento dell’assetto proprietario nello specifico contesto societario (→ public company); controllo contrattuale (sussistenza di particolari rapporti contrattuali tra controllante e controllata). L’identità aziendale è un concetto multidisciplinare, che possiede diverse sfumature di significato. Altresì, la definizione dell’identità aziendale è il frutto di un duplice processo messo in luce dalle scienze sociali: un processo di identificazione secondo un principio di appartenenza a organizzazioni simili un processo di differenziazione dalle altre organizzazioni che pone in luce le caratteristiche peculiari dell’organizzazione stessa. Capitolo 3.2.1 La missione aziendale esprime a parole l’identità aziendale per poterla comunicare efficacemente. Spesso si usa uno slogan, attraverso la mission statement. “La missione aziendale è l’identità profonda e immutabile dell’impresa, l’obiettivo complessivo della sua strategia, e rappresenta quindi lo scopo che informa il modello di business”. La missione aziendale è “un motore di senso” per il top management che fa riferimento a quattro elementi: 1. i valori 2. lo scopo 3. il focus 4. le credenze Più sono coerenti tra loro questi elementi, tanto più efficace sarà la missione aziendale nell’assolvere le sue funzioni di direzione per condurre l’organizzazione verso la direzione desiderata e avrà la motivazione per ispirare i membri dell’organizzazione a lavorare insieme in un determinato modo. Capitolo 3.2.2 La visione aziendale esprime dove l’impresa vuole arrivare nel futuro, identificando un obiettivo altamente sfidante che ambisce a raggiungere. I leader d’azienda devono avere perciò la capacità di vedere. Capitolo 3.2.3 La cultura organizzativa, l'identità e l’immagine aziendale definiscono tre macro contesti attraverso i quali è possibile acquisire una descrizione olistica dell’impresa. Capitolo 3.3.1 Shareholder Theory: Lo scopo dell’impresa è di massimizzare il ritorno economico a favore degli azionisti. Uno dei maggiori sostenitori di questa teoria è Milton Friedman. Tuttavia l’impresa non dovrebbe sostituirsi al governo democraticamente eletto e creare nuove norme comportamentali. Il rischio è quello di generare confusione tra i ruoli di impresa e governo\democrazia. Stati Uniti dove non c’è un azionista di riferimento e il modello tradizionale è la public company. Stakeholder Theory: Lo scopo dell’impresa è di soddisfare le aspettative non solo degli azionisti ma di tutti portatori di interessi dell’azienda. Può essere letta secondo due diverse prospettive: 1. etiche 2. manageriali (relazione con la performance finanziaria) Fa parte di questa teoria la Responsabilità Sociale dell’Impresa (CSR), per la quale le aziende integrano questioni sociali ed ambientali nella loro attività e nella loro interazione con gli stakeholder. Italia dove management e azionato spesso coincidono e il modello tradizionale è quello della famiglia Spesso le due teorie vengono viste come contrapposte ma possono in realtà essere sinergiche; vi può essere una vera contrapposizione solamente nel caso in cui la shareholder theory sia tesa a perseguire gli interessi solo degli azionisti nel breve termine. Se invece viene proiettata a lungo termine, le differenze con l’approccio stakeholder sfumano. Capitolo 3.3.2 Alcune variabili da considerare: L’impresa è orientata al lungo/breve termine? L’impresa identifica i propri stakeholder? L’impresa pone in essere iniziative di stakeholder engagement? L’impresa misura la performance nei confronti dei propri stakeholder? L’impresa comunica la propria performance ai mercati esterni? L’impresa u lizza la performance di sostenibilità nel proprio piano di incentivazione manageriale? La corporate governance prevede una serie di organi e di processi che permettono la valorizzazione della sostenibilità? La cultura aziendale valorizza la dimensione di sostenibilità? LE SOCIETA’ BENEFIT:Una società benefit è una società di capitali “tradizionale” (S.r.l. o S.p.a.) che ha come obiettivo la generazione di profitto e, allo stesso tempo, il perseguimento di uno o più scopi sociali o di pubblica utilità. LE SOCIAL BUSINESS: Un social business è un’impresa sostenibile il cui obiettivo principale non è la generazione di profitto, bensì la risoluzione di un problema sociale. L’IMPRESA SOCIALE: Una delle fa specie rientranti nel più ampio contesto degli enti del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017). Tutti gli enti privati , incluse le società di persone e di capitali, che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, ado ando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività. Capitolo 3.3.3 Lo shared value è l'approccio strategico che accresce la competitività di un’azienda e che allo stesso tempo migliora le condizioni economiche e sociali all’interno delle comunità in cui l’azienda opera. Porter e Kramer identificano tre modalità attraverso le quali le aziende possono creare valore per gli azionisti e per la comunità: 1. Riconcepire prodotti e mercati 2. Ridefinire la produttività nella catena del valore (logistica e consumo energetico) 3. Promuovere lo sviluppo delle comunità locali. CAPITOLO 4 L’AMBIENTE ESTERNO Capitolo 4.1 L’ambiente è costituito da un insieme di condizioni economiche e non, che influenzano l’economia dell’azienda. L’ambiente può essere: Economico, cioè costituito da fenomeni quali: I mercati di approvvigionamento e di vendita I settori Le politiche economiche, monetarie e finanziarie Non Economico, come per esempio: il sistema di valori caratterizzante la società nella quale l’azienda opera l’istruzione della popolazione la normativa giuridica l’avanzamento della scienza e della tecnologia Le infrastrutture la configurazione fisica e climatica del territorio Capitolo 4.1.1 Per indagare le caratteristiche dell’ambiente economico si può ricorrere all’analisi PESTEL, il quale prende in considerazione sei insiemi: - Ambiente Politico (l’azione del governo del paese influenza le aziende) - Ambiente Economico (è spesso influenzato da fenomeni economici locali, nazionali o internazionali) - Ambiente Sociale (attiene ad un variegato insieme di fenomeni che plasmano le relazioni tra le persone) - Ambiente Tecnologico (costituito dalle scoperte e applicazioni scientifico-tecnologiche) - Ambiente Ecologico (riguarda aspetti quali le condizioni climatiche, configurazione geofisica del territorio, disponibilità di risorse naturali - Ambiente Legale (libertà e autonomia \ sicurezza e rispetto per l’ambiente) Capitolo 4.1.3 Un metodo per affrontare le decisioni aziendali quando l’ambiente è caratterizzato da incertezza è quello degli scenari, i quali non sono previsioni e non è rilevante quantificare la probabilità che si realizzino. La costruzione degli scenari può essere articolata in alcune fasi: Definire l’orizzonte temporale di riferimento Identificare i principali driver del cambiamento (usando l’analisi PESTEL) Descrivere gli scenari (delineando quelli estremi in positivo e in negativo) Identificare gli impatti (interrogarsi su quali implicazioni comporteranno le decisioni prese) Sorvegliare gli sviluppi Capitolo 4.2 L’ambiente competitivo è la porzione più limitata di ambiente che le aziende scelgono di occupare, instaurando relazioni dirette con gli altri soggetti che vi si ritrovano: clienti, fornitori, concorrenti. Per l’analisi dell’ambiente competitivo è utile introdurre i concetti di mercato (dove vengono realizzati gli scambi di servizi e di prodotti) e di settore (l’insieme delle aziende che realizzano attività economiche di carattere comune); sono due concetti collegati tra loro ma non sovrapponibili. Capitolo 4.2.1 Si ha un mercato quando molte negoziazioni di beni con caratteristiche omogenee avvengono con frequenza elevata Sono strutture la cui utilità è legata alla omogeneizzazione delle condizioni e alla disponibilità di informazioni per i contraenti L’informazione principale che l’esistenza di un mercato offre agli operatori è il prezzo corrente per i beni in esso negoziati Non esiste un mercato quando non si possono osservare condizioni di scambio omogenee L’esistenza dei mercati è una conseguenza della specializzazione delle aziende nello svolgimento dell'attività economica e le caratteristiche assunte dai mercati possono essere spiegate dalla struttura e dalla dinamica delle attività aziendali delle aziende. la configurazione dei mercati dipende anche dagli interventi di regolamentazione compiuti dai pubblici poteri Le tradizionali categorie di analisi dei mercati sono la “domanda” e “l’offerta” L’incontro della domanda e dell’offerta determina le quantità e i prezzi scambiati La domanda e l’offerta sono qualificate da tre fattori: - La concentrazione (si riferisce alla numerosità degli acquirenti. La domanda sarà concentrata se gli acquirenti sono pochi. Se l’acquirente è un solo (e i venditori molteplici) il mercato prende il nome di monopsonio) - L’elasticità (esprime la sensibilità delle quantità domandate alle variazioni di prezzo. Un’elasticità elevata comporta grandi modificazioni nelle quantità domandate in conseguenza di variazioni relativamente ridotte nei prezzi. Per contro, una domanda rigida (o anelastica) comporta modeste variazioni nelle quantità indotte da cambiamenti dei prezzi) - La differenziazione (collegata alla presenza di segmenti di mercato caratterizzate da specificità nelle caratteristiche dei beni domandati) I fattori qualificanti dell’offerta sono: Concentrazione dell’offerta: consente di identificare diversi tipi di mercato in base alla numerosità di offerenti - Monopolio: un venditore - Duopolio: due venditori - Oligopolio: pochi venditori e in grado di modificare i prezzi di vendita - Concorrenza perfetta: molti venditori e il mercato indifferenziato Elasticità dell’offerta: esprime la variabilità delle quantità offerte nel mercato rispetto ai prezzi e dipende dalla capacità e disponibilità dei venditori a reagire a variazioni nel mercato. Risente delle caratteristiche della tecnologia impiegata e delle possibilità che questa permette di variare le quantità prodotte preservando le condizioni di efficienza. Differenziazione dell’offerta: collegata alla presenza di aspetti specifici nei prodotti offerti. La capacità di differenziare l’offerta dai concorrenti, attribuendo attributi unici ai propri prodotti capaci di costituire elementi di vantaggio per i clienti è una delle strategie competitive di base. Un settore è inteso come un insieme omogeneo di aziende (spesso di produzione) legate da relazioni di concorrenza. Gli ambiti di impiego del concetto di settore sono: Definizione degli interventi di politica industriale Analisi delle interdipendenze settoriali Analisi strategica La struttura del settore è analizzata principalmente attraverso tre variabili: 1. Il grado di concentrazione ( elevato se un piccolo numero di aziende realizza gran parte dell’offerta complessiva, basso se al contrario il se9ore è composto da numerose aziende ciascuna responsabile di una piccola quota dell’offerta) 2. La struttura dei costi (esprime il comportamento dei costi medi unitari (ossia costi totali fra il numero totale di unità prodotte) rispetto ai volumi di produzione e nel tempo. In particolare si intende valutare se i cos2 medi unitari diminuiscano per effetto delle scelte di dimensionamento della scala produttIva e per effetto dell’apprendimento) 3. Le barriere all’entrata (sono gli ostacoli che devono essere superati da una azienda esterna al settore per potervi entrare e possono essere ad esempio dovute alle norme in vigore, all’entità degli investimenti necessari, alla rilevanza della notorietà e dell’esperienza. Esprimono la “protezione” delle imprese parte del settore dall’ingresso di nuovi concorrenti) Capitolo 4.2.2 Il modello della concorrenza allargata o modello delle 5 forze competitive analizza l’attrattività del settore in base all’operare di cinque forze competitive esercitate da altrettante classi di soggetti, chiamate anche le 5 forze di Porter corrispondono a: 1. intensità della rivalità tra i concorrenti presenti 2. minaccia in entrata di nuovi concorrenti 3. minaccia portata da prodotti sostitutivi 4. potere contrattuale dei clienti 5. potere contrattuale dei fornitori Tanto maggiori saranno queste forze, tanto minore sarà l’attrattività del contesto competitivo e tanto più difficile sarà per le singole imprese ottenere un rendimento degli investimenti superiori al costo medio del capitale. Capitolo 4.2.3 Segmentazione del mercato: Focalizzazione su clienti con bisogni e aspettative omogenee Segmentazione e ciclo di vita del settore Variabili per la segmentazione: Demografiche (età, genere, reddito,…) Psicografiche (interessi, valori, stili di vita,…) Comportamentali (conoscenza del prodotto, utilizzo, occasioni d’acquisto, …) Aree strategiche d’affari: Chi sono i clienti cui è indirizzata l’offerta? Che cosa viene offerto loro? Come sono ottenuti i prodotti e servizi offerti? Capitolo 4.3.1 Con “digital disruption” si indica il momento di cambiamento storico, sociale ed economico in atto. DEMATERIALIZZAZIONE=digitalizzazione + servitizzazione (consiste nella fornitura di digitale di servizi integrati in un prodotto fisico. È un fenomeno correlato a una traiettoria di innovazione market-pull svolta in un mercato di consumatori sempre più orientato servizi che al consumo del prodotto. Casi di successo: Netflix, AirBnb) Esistono tre livelli di dematerializzazione: 1. Servizi di omogeneizzazione: facilitano la vendita del prodotto o l'utilizzo senza alterarne la funzionalità. Sono liberamente collegati al prodotto e possono essere offerti dall’azienda o da un partner 2. Servizi di adattamento: sono integrati al prodotto ed espandono le sue funzionalità allargandone le possibilità d’utilizzo. Richiedono un maggiore scambio di conoscenze tra l’azienda produttrice e i suoi clienti 3. Servizi sostitutivi: sostituiscono l’acquisto del prodotto e i clienti pagano principalmente per il suo utilizzo. I vantaggi sono: Crescita delle entrate e dei profitti, miglioramento delle risposte alle esigenze del cliente, miglioramento dell’innovazione di prodotto, aumento della lealtà dei clienti Creazione di nuove barriere alla competizione. Gli svantaggi invece sono: I servizi digitali spesso sostituiscono (o cannibalizzano) i prodotti tradizionali, il costo marginale della creazione di nuove unità di servizi digitali si riduce quasi a zero. La dematerializzazione provoca inoltre maggiore potere contrattuale (in ambiente ipercompetitivo con una maggiore comprensione delle reali prestazioni del prodotto, il consumatore può “giocare” con un produttore o con un altro in maniera molto più libera rispetto a modelli precedenti) e miglioramento della relazione con il produttore (il collegamento dei servizi al mondo dei big data consente alle imprese di avere accesso a informazioni circa giuste, fabbisogni e modalità di utilizzo dei prodotti del consumatore, permettendogli di arricchire esponenzialmente l’offerta di prodotti personalizzati). Capitolo 4.3.2 Prima rivoluzione industriale (metà del XVIII secolo): introduzione della macchina a vapore per lo sviluppo del settore tessile e metallurgico Seconda rivoluzione industriale (1870): introduzione dell’elettricità e dei prodotti chimici Terza rivoluzione industriale (seconda metà Novecento): conosciuta come “rivoluzione digitale”, ovvero il passaggio effettuato dai processi meccanici alle tecnologie elettriche e computerizzate Quarta rivoluzione industriale (2011 circa) : anche denominata Industria 4.0, ha visto l’avvento di Internet, utilizzo di sensori, software, processori, aumento di connettività e di potenza di calcolo. 4 dinamiche trasformative dell’industria manifatturiera: 1. La messa in rete verticale di sistemi di produzione intelligenti: l’interconnessione tra prodotti, sistemi produttivi, logistici e marketing, forte orientamento al bisogno individuale del cliente 2. Integrazione orizzontale: creazione di reti di creazione del valore globali interconnesse e nuove forme di cooperazione tra modelli di diversi paesi 3. Ingegneria diffusa in tutto il ciclo di vita del prodotto 4. Accelerazione dei cicli di produzione e commercializzazione Nuove opportunità per le aziende: - Competitività: nuovi modelli di business nascono dalla giusta intersezione fra le opportunità di miglioramento del prodotto e del servizio, la costruzione di catene del valore globali efficienti e veloci e la riduzione dei costi di produzione e distribuzione nel medio lungo periodo. - Efficientamento e riduzione del rischio: le aziende possono costruire risposte ai bisogni e alle preferenze del cliente perfettamente integrate, rapide ed efficienti La gestione daC sulla catena del valore permette di migliorare la qualità dei processi riducendo gli errori mentre i nuovi strumenti di cyber-sicurezza migliorano la gestione del rischio. - Riconfigurazione del capitale intellettuale dell’azienda: è necessaria una riflessione sugli investimenti infrastrutturali per l'utilizzo delle nuove tecnologie, e sull’urgenza di sviluppare o attirare persone con competenze nuove e molto diversificate. Capitolo 4.3.3 Le imprese che operano in un contesto di digital disruption sono sottoposte a due forze ambientali che ne influenzano l’attività: - Accelerazione esponenziale - Ipercompetitività Bharadwaj et al (2013), nel ridefinire la strategia di business in collegamento con quella digitale, hanno proposto quattro dimensioni di velocità e di accelerazione necessarie: 1. Velocità di lancio del prodotto 2. Velocità del decision-making 3. Velocità di orchestrazione della supply chain 4. Velocità di formazione e adattamento delle reti SUPPLY CHAIN: Nei settori caratterizzati, da rapidi cambiamenti, nelle funzionalità della tecnologia, il vantaggio competitivo non si trova solamente nell’annunciare nuovi prodotti, ma anche nell’assicurare la disponibilità degli stessi su base globale catturando i vantaggi del fast mover. LANCIO DEL PRODOTTO: E’ necessario differenziare tra prodotto interamente digitale e prodotto dematerializzato: - Aziende digitali pure: lavorano sullo sviluppo e lancio di una serie di prodotti il cui vantaggio risiede nei miglioramenti in termini di hardware, software e connettività, caratterizzati di un’alta velocità di lancio di nuovi prodotti - Aziende “tradizionali”: in una fase ibrida tra digitale e fisica, sono costrette ad accelerare i cambiamenti nei propri prodoK secondo il ritmo dettato dalle prime L’alta velocità di lancio di nuovi prodotti costringe le imprese a sviluppare una “visione strabica” ovvero una pianificazione di lungo termine di prodotti per mantenere il proprio vantaggio competitivo e una metodologia agile, che segua i principi della flessibilità e dell'accelerazione dell’errore. Tale approccio consente di creare un’interazione continua con i propri consumatori. In un contesto di gestione dati in crescita esponenziale, la vera differenza è data dalla capacità di prendere decisioni manageriali più efficaci e con maggiore capacità di previsione. Si passa da una logica di "Getting It Right” a “Failing Fast”, ovvero, è fondamentale ridurre tempi e costi di verifica delle ipotesi di progetto, aprendosi alla possibilità dell’errore e l’adeguamento in corsa delle strategie. L’accelerazione del decision-making fa riferimento anche alla relazione con il cliente: i servizi post-vendita stanno evolvendosi per essere sempre più efficaci e vicini alle esigenze del cliente. Per fare ciò, è sempre più comune che le richieste dei clienti vengano accolte in tempo reale grazie a: Social media (Twitter, Facebook e altri) Whatsapp Applicazioni legate all’intelligenza artificiale come i Chatbot. CAPITOLO 5 LA STRATEGIA AZIENDALE La strategia è l’orientamento di lungo periodo dell’azienda La strategia è un conce o mul forme che include tanto la definizione di un piano che anticipa e guida l’azione, quanto l’insieme dei comportamenti concretamente a ua , siano essi allinea o no con il piano, consapevoli o inconsapevoli La strategia è influenzata dall’iden tà aziendale (missione e visione) che a sua volta contribuisce a plasmare Esprime il modello di ricerca del successo che l’impresa adotta o intende adottare La definizione della strategia di un’impresa implica l’effettuazione di alcune scelte fondamentali: Quali sono gli obiettivi a lungo termine? Dove si vuole competere? Come si vuole competere? Ogni azienda possiede una strategia: è sempre possibile riconoscere una serie di direttrici di fondo nello svolgimento delle attività dell’azienda. Capitolo 5.1 La strategia di business definisce la formula di ricerca del successo di un’azienda in uno spazio competitivo specifico. Per le aziende piccole e monobusiness di fatto assorbe l’intero problema strategico Per le aziende diversificate (es. i gruppi aziendali) riguarda ciascuna business unit Si riferisce a una specifica combinazione prodotto mercato, quindi a una specifica ASA Capitolo 5.1.1 Il raggiungimento degli obbiettivi strategici dipende da un’opportuna collocazione dell’azienda nel mercato e dallo sviluppo di un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. Esistono due prospettive a tal proposito: - prospettiva di posizionamento: La definizione della strategia consiste nella scelta di una posizione di mercato favorevole e nella attuazione degli adattamenti alla struttura interna necessari per raggiungere e mantenere tale posizione. Viene criticata per trascurare la natura necessariamente incrementale dei processi di apprendimento e per sottovalutare la resistenze cambiamento delle persone e delle organizzazioni. - prospettiva delle risorse: la strategia consiste nello sviluppo e nello sfruttamento ottimale delle risorse e competenze dell’impresa. Viene criticata per non stimolare l'individuazione della meta cui indirizzare gli sforzi e per dare per scontato un approccio incrementale non sempre sostenibile, soprattutto in condizioni di elevato dinamismo ambientale Capitolo 5.1.2 SWOT è l’acronimo di quattro parole inglesi Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats (Forze, debolezze, opportunità, minacce), indica la metodologia più diffusa per la formulazione della strategia e consente di esaminare la posizione competitiva dell’impresa e valutare le opzioni strategiche disponibili. Se correttamente applicata, mantiene sullo stesso piano la prospettiva esterna che mette in luce le opportunità e le minacce e la prospettiva interna che consente di individuare i punti di forza e di debolezza. Non consente di per sé di identificare e sviluppare strategie efficaci, non sono possibili ricette generali o soluzioni predefinite. Ha il grande pregio di costringere la dirigenza aziendale a riconoscere l’influenza reciproca che esiste tra l’ambiente e l’impresa e, quindi, a considerare entrambi questi elementi nello sviluppo della strategia. Porta a ragionare su quali siano gli elementi della prospettiva interna che possono essere valorizzati e quali le opportunità che la prospettiva esterna può presentare. Può offrire l’occasione per una riflessione in profondità, per l’esplicitazione di tutte le variabili in campo. La relazione tra aspetti interni ed esterni nell’analisi SWOT, sono alla base della concorrenza strategica; si tratta di un momento di riflessione. Le variabili della concorrenza strategica sono tre. La prima si può analizzare secondo i seguenti criteri: 1. identità aziendale 2. obiettivi 3. ambito\vantaggio competitivo La seconda variabile riguarda la struttura interna, l’insieme delle risorse e delle capacità che l’azienda possiede o che è in grado di mobilitare nel perseguimento della sua strategia e in risposta agli stimoli ambientali. La terza variabile è la struttura esterna (ambiente generale, fenomeni politici, economici, legali ecologici…) Capitolo 5.1.3 Le strategie competitive generiche sono due: 1. la prima si fonda sul cercare di offrire un prodotto standard a un prezzo più basso dei concorrenti. In questo caso si persegue un vantaggio di costo e in caso di successo, si otterrà una posizione nel mercato di leadership di costo. Le strategie basate sulla leadership di costo mirano a ottenere una posizione di vantaggio nel mercato grazie alla capacità di contenere i costi totali. Sono orientate alla produzione e presuppongono l’adozione delle tecnologie e delle soluzioni organizzative capaci di massimizzare l’efficienza. Le strategie basate sulla leadership di costo tendono a prevalere nei settori “di volume” e in riferimento a prodotti indifferenziati. Per ottenere un vantaggio competitivo basato sulla leadership di costo occorre essere in grado di sostenere costi inferiori alla concorrenza o ottenendo dei prodo analoghi, vendibili a un prezzo pari o inferiore. Per conseguire un vantaggio di costo occorre analizzare le determinanti dei costi (cost driver) delle attività della catena del valore e individuarne una o più che possono essere ridotte senza sacrificare il risultato per il cliente. Le variabili attraverso le quali ottenere una riduzione dei costi sono: - La configurazione del prodotto e dei servizi - La progettazione del prodotto - La saturazione della capacità produttiva - Le economie di scala - Le economie di apprendimento - La riconfigurazione dei processi aziendali - L’integrazione con i clienti e i fornitori - Economie di diversificazione 2. la seconda sul tentativo di offrire al cliente un prodotto o un servizio con qualità particolari, in modo che questo sia disponibile a pagare un prezzo maggiore. In questo caso si persegue un vantaggio di differenziazione. Esso mira a conseguire un vantaggio competitivo attraverso la capacità di offrire ai clienti soluzioni caratterizzate da unicità e capaci di soddisfare in modo migliore della concorrenza i suoi bisogni Sono orientate principalmente alle esigenze del compratore e presuppongono un’attenzione costante ai cambiamenti nelle esigenze e nelle aspettative dei clienti e la capacità di rispondere in modo innovativo. Per ottenere un vantaggio competitivo di differenziazione un’impresa deve individuare alcune variabili rilevanti per i propri clienti e costruire attorno ad esse un sistema prodotto percepito come unico. Una strategia di differenziazione sarà sostenibile solo se il premio di prezzo o i maggiori ricavi ottenuti grazie alla unicità percepita del proprio sistema prodotto non sono inferiori ai maggiori costi sostenuti per crearla e il costo delle a vità che non generano differenziazione non è superiore a quello dei concorrenti non differenziati. Per ottenere un vantaggio di differenziazione le imprese devono analizzare con attenzione la propria catena del valore e individuare al suo interno le attività generatrici di valore attraverso le quali creare un vantaggio per il cliente che non sia rappresentato dal basso prezzo. Le variabili attraverso le quali ottenere la differenziazione sono: - Configurazione delle a vità - Collegamenti con soggetti a monte o a valle - Fattore tempo - Localizzazione - Condivisione risorse e competenze - Capacità produttiva - Fattori istituzionali Capitolo 5.2.1 La strategia corporate si occupa di scegliere il business su cui operare e la allocazione delle risorse tra essi. Le ragioni per entrare in un nuovo business sono diverse: - economie di scopo ( Costo (A) + Costo (B) > Costo (A + B)) - strutturamento risorse e competenze («Riuso» di competenze progettuali o di marketing, valorizzazione del brand in altro mercato) - aumento potere del mercato (Le dimensioni pesano nella competizione, negli approvvigionamenti , nell'attrazione delle risorse umane) - riduzione del rischio (Compensazione dei risultati ottenuti in business diversi) - ambizioni del management (Le dimensioni aziendali influiscono positivamente su remunerazione e benefit) Capitolo 5.2.2 Esiste un’altra possibile strategia di crescita che, invece di essere orizzontale, è verticale. Essa permette la riduzione dei costi di transazione e la massimizzazione della qualità. L’integrazione verticale può avvenire in due direzioni: - a valle: espansione a vità verso utilizzatori finali - a monte: realizzazione interna dei fattori di input Nelle decisioni strategiche sul livello di integrazione verticale occorre considerare: Convenienza relativa (scelte di produzione interna o acquisto esterno), Costi di coordinamento (costi di transazione), Qualità e Rischi. Capitolo 5.2.3 La gestione delle aziende multi-business Compiti del vertice: - Selezionare i business e allocare le risorse - Coordinare i singoli business - Assegnare ai business gli obiettivi strategici Rischi: - Peggioramento dell’efficienza - Burocratizzazione - Opacità sui risultati Il processo di costruzione: - Per vie interne - Acquisizioni - Alleanze strategiche Capitolo 5.3 La strategy innovation è l’applicazione commerciale di un'innovazione. Le innovazioni possono essere distinte in base a: - l’oggetto dell’innovazione: innovazione di prodotto (introducono migliori o nuovi beni e servizi) vs. processo (introducono migliori o nuovi modi produttivi o distributivi);- - l’intensità degli effetti: innovazioni incrementali (migliorano soluzioni esistenti) vs. radicali (creano soluzioni nuove); - l’effetto sulle competenze: innovazioni competence enhancing (rivalutano le competenze esistenti) vs. competence destroying (svalutano le competenze esistenti); - le modalità di sviluppo: innovazioni modulari (modificano i componenti del sistema) vs architetturali (modificano la 25 configurazione delle relazioni tra i componenti del sistema). Capitolo 5.3.1 L’innovazione strategica ambisce a creare un nuovo mercato, attraverso lo sviluppo di una nuova proposta di valore e, quindi, di un nuovo modello di business. L’ultimo può realizzarsi tramite lo sviluppo di: prodotti (beni e/o servizi) innovativi, presentati o combinati in maniera nuova, così da creare un’esperienza radicalmente diversa, anche trasformativa, nei clienti, coinvolgendoli anche sul piano emotivo, intellettuale e/o spirituale; processi innovativi per la produzione e/o la distribuzione di prodotti esistenti o nuovi che possano portare ad acquisire nuove fasce di clientela; catene del valore innovative, così da creare un nuovo spazio di mercato che, rendendo irrilevante la concorrenza, permetta un incremento di valore sia per l’impresa sia per il cliente. Il primo step per avviare un’innovazione strategica è rispondere ai seguenti quesiti: Chi sono i nostri clienti? Che cosa dobbiamo offrire loro? Come possiamo offrirglielo con efficienza ed efficacia? Questi quesiti si collegano rispettivamente alle dimensioni strategiche della: Intimità con i clienti perseguita rispondendo velocemente ed esattamente, attraverso un’offerta personalizzata, alle specifiche richieste da una nicchia di clienti identificata tramite un’approfondita segmentazione del mercato; Leadership di prodotto perseguita soddisfacendo i bisogni dei clienti attraverso un’offerta sempre innovativa di prodotti aventi funzionalità nuove e/o performance più elevate; Eccellenza operativa perseguita soddisfacendo i bisogni dei clienti attraverso un’offerta a basso costo di prodotti standardizzati e senza “fronzoli” distribuiti in modo da minimizzare le difficoltà di accesso agli stessi. Si possono distinguere tre diverse fonti di innovazione strategica: 1. Market pull che originano dal riconoscimento dei bisogni espliciti dei clienti rilevati intervistando un campione di utilizzatori “medi” 2. Design driven che originano dal riconoscimento dei bisogni latenti dei clienti rilevati esplorando i trend socio-culturali emergenti 3. Technology push che originano dallo sfruttamento a livello commerciale dei risultati della ricerca scientifica che porta a sviluppare prodotti nuovi per soddisfare bisogni fino a quel momento inesistenti nei clienti (Nuovi Bisogni). Ma chi interviene in questi processi? - FORNITORI (occasionali, a lungo termine o partnership. Essi sono i soggetti o le organizzazioni con le quali l’impresa instaura relazioni per l’approvvigionamento delle risorse che sono necessarie ad alimentare i processi aziendali e che non ha a disposizione) - CANALI DI APPROVVIGIONAMENTO (possono spaziare dalla forza vendita diretta del fornitore, ai punti vendita con le risorse oggetto di fornitura, ai distributori industriali fino ad arrivare a canali di approvvigionamento digitali) - RISORSE (Capitale umano: costituito dalle skills, istruzione, esperienza, valori e abilità sociali dei membri dell’organizzazione; Capitale organizzativo: costituito dalle procedure organizzative, routine, sistemi direzionali, ICT, proprietà intellettuale dell’organizzazione; Capitale relazionale: costituito dalle relazioni con clienti e fornitori, marchi, reputazione e immagine dell’organizzazione) - PROCESSI ( processi gestionali operativi: fornitura, produzione, processi di gestione della clientela: selezione, acquisizione, promozione delle vendite, vendita personale, fidelizzazione, crescita, ecc. processi di innovazione del prodotto: identificazione delle opportunità, gestione del portafoglio della ricerca e dello sviluppo, progettazione/sviluppo, lancio, ecc.; processi di regolazione e sociali: ambiente, sicurezza, salute, sostenibilità, assunzioni e gestione dei rapporti di lavoro, comunità, ecc..) - PRODOTTI ( Destinazione finale: prodotti destinati al consumo o alla produzione Ruolo nell’offerta: prodotti cardine, civetta, accessori o di completamento, ecc. Differenziazione: Commodity (fungibile e indifferenziato), bene (tangibile e differenziato in termini funzionali), servizio (intangibile e customizzato), esperienza (memorabile e differenziata in termini sensoriali, affettivi, intellettuali, fisici o sociali) - CANALI DI DISTRIBUZIONE (hanno lo scopo di facilitare l’acquisto e ricevimento del prodotto e l’eventuale assistenza post-vendita) - CANALI DI COMUNICAZIONE (hanno lo scopo di aumentare la consapevolezza e capacità di valutazione del prodotto) - CLIENTI (di massa (non segmentato), di nicchia (un solo segmento), segmentato (più segmen correla ), diversificato (più segmen non correla ), mul-sided (pia aforma) - SOCIETA’ CAPITOLO 7 IL MODELLO ORGANIZZATIVO Capitolo 7.1 La struttura organizzativa è l’insieme delle modalità in cui è possibile suddividere il lavoro in specifici compiti e le rispettive modalità di coordinamento tra gli stessi. Essa identifica: - ORGANI tra cui è suddiviso il lavoro - FUNZIONI assegnate ai vari organi - RELAZIONI tra organi stessi Gli elementi costitutivi sono: 1. la formalizzazione (è il grado in cui le decisioni e i rapporti di lavoro sono governati da regole formali al fine della definizione delle autorità, del controllo e del coordinamento tra i vari organi) 2. la centralizzazione (il grado in cui il top management detiene l’autorità decisionale) 3. la specializzazione (il grado in cui i compiti e le attività sono suddivise nell’organizzazione) 4. l’integrazione (il grado di integrazione dei meccanismi, come task force create ai fini di un migliore coordinamento orizzontale tra le unità/sub-unità) Capitolo 7.1.1 STRUTTURA ELEMENTARE Caratteristiche generali: struttura tipica delle piccole imprese governate da un unico amministratore delegato, spesso coincidente con la figura del proprietario; bassa specializzazione; bassa burocratizzazione; bassa formalizzazione. STRUTTURA FUNZIONALE struttura di piccole imprese che hanno superato la fase imprenditoriale e nelle grandi imprese che producono una varietà limitata di prodotti o di servizi; progettata per suddividere il lavoro direttivo secondo il criterio della specializzazione funzionale; differenziazione orizzontale. Es: Tesla STRUTTURA DIVISIONALE suddivisione del lavoro direttivo sulla base della specializzazione del business, del prodotto, di geografia o del mercato; maggiore livello di diversificazione; elevata formalizzazione. Si definisce struttura multi-divisionale una struttura in cui divisioni autonome dispongono di proprie funzioni di supporto. Es: Mc Donald’s corporation STRUTTURA MATRICIALE suddivisione del lavoro e delle risorse è progettata simultaneamente secondo due dimensioni organizzative: funzione e prodotto; Struttura adatta ad imprese con attività legata a progetti complessi (es. commesse di durata pluriennale). Es: Facebook Capitolo 7.1.2 Esistono due filoni di pensiero: 1. La ”struttura segue la strategia”: Alfred Chandler (1962) dimostrò che cambiamenti nella strategia, e in particolare riguardanti la diversificazione di mercato e/o prodotto, richiedessero successive modifiche nella struttura, che diveniva divisionale. 2. La “strategia segue la struttura”: i manager che già lavorano all'interno di una particolare struttura organizzativa danno per scontata la stessa e considerano solo le strategie che meglio si adattano alla struttura esistente. Complessivamente gli studi sul tema mostrano, tuttavia, che “la strategia ha un’influenza ben superiore sulla struttura, che non il contrario”. Capitolo 7.1.3 Nuove condizioni di mercato richiedono che la struttura si faccia meno gerarchica, più fluida e persino virtuale. La nascita del modello boundaryless (o virtuale) = un'organizzazione che elimina le tradizionali barriere: - barriere verticali tra livelli e categorie di persone all’interno dell’impresa; - barriere orizzontali tra funzioni e dipartimenti; - barriere esterne tra l’organizzazione e i suoi fornitori, clienti e regolatori; - barriere geografiche tra sedi, culture e merca. All’interno del macro-modello relativo alle strutture virtuali vi sono diversi tipi di organizzazioni senza confini: 1. I team (L'intera organizzazione può funzionare come una squadra o può essere una combinazione di poche squadre che si coordinano tra loro) 2. I network (o reti) (La struttura a rete consiste in un gruppo di diverse organizzazioni le cui azioni sono coordinate da contratti e accordi piuttosto che attraverso una gerarchia formale di autorità. Il successo dipende dal coordinamento e dal controllo delle relazioni esterne) 3. Partnership o alleanze (a causa della competizione globale le aziende instaurano partnership e alleanze con altre aziende per diversificare il rischio delle loro attività) 4. Comunità/Team autogestiti ( tipica delle tecnologie Web 2.0 permettono il livellamento della gerarchia e la rimozione della burocratizzazione dei processi, con conseguente maggiore soddisfazione dei dipendenti e risulta più solidi. I team assumono la vera proprietà e responsabilità di un prodotto o servizio) 5. Teal organization (stadio più avanzato di struttura organizzativa evoluta caratterizzata dalla piena valorizzazione delle potenzialità umane. Si compongono di tre elementi: 1. L’adozione di forme avanzate di autogestione e auto-organizzazione; 2. La valorizzazione della persona nella sua interezza (wholeness); 3. La presenza di uno scopo aziendale evolutivo condiviso.) Odierna volontà di superamento della gerarchia grazie all’adozione di quella che viene definita “holacracy”. I diversi archetipi – Teal organization: - Self Management rappresenta la consapevolezza del valore del fare insieme, che cresce al crescere della capacità delle persone di autogestirsi e di divenire un sistema fluido d’autorità distribuita, che si ricombina continuamente per creare una nuova intelligenza collettiva. In questo modo le persone imparano ogni giorno di più a fidarsi, a confrontarsi e a prendere le decisioni insieme, facendo crescere l’intera organizzazione. - Pienezza un insieme coerente di pratiche che invitano all’integrità interiore e alla autenticità, consentono alle persone di essere riconosciute nella loro interezza e non solo nel loro ruolo. - Proposito evolutivo È un atteggiamento di perenne ascolto generativo di ciò che l’organizzazione vuole diventare, di quale cambiamento positivo si sente chiamata a produrre nel mondo e perché. Di quale è il nostro personale scopo all’interno dell’organizzazione e di come, responsabilmente, possiamo contribuire a realizzarlo Capitolo 7.2.1 I meccanismi (o sistemi) operativi rappresentano i sistemi che governano il comportamento delle persone che operano nelle aziende e contribuiscono allo svolgimento delle combinazioni economiche; sono costituiti da insiemi di processi e si avvalgono di insiemi di regole, di procedure e di programmi. Esprimono l’elemento dinamico del modello organizzativo guidando. Rispondono a due principali ordini di esigenze: - quelle connesse alla strategia aziendale e alle combinazioni produttive nell’ambiente di riferimento - quelle delle persone che operano all’interno dell’azienda con le loro caratteristiche individuali. Capitolo 7.2.2 Possono essere suddivisi in due grandi classi: 1) sistemi di gestione del personale (o delle risorse umane); 2) sistemi di gestione degli obiettivi e delle informazioni. Finalità generali: definire, congiuntamente alla struttura organizzativa, i comportamenti attesi, e specificare, per ciascuna unità organizzativa, gli obiettivi da raggiungere e le risorse disponibili; soddisfare il fabbisogno informativo e conoscitivo che consente a manager e dipendenti di formulare giudizi e prendere decisioni; determinare la composizione, la dimensione e le dinamiche dell’organismo personale, compresi lo sviluppo delle competenze dei prestatori di lavoro e l’assegnazione delle rimunerazioni. Nella sua accezione tradizionale, il controllo assume il significato di attività di guida da parte dei manager per conseguire gli obiettivi economici stabiliti in sede di pianificazione e programmazione. Si realizza attraverso la comparazione tra la performance programmata e i risultati conseguiti. Secondo un’accezione molto più ampia, il controllo di gestione include l’insieme degli strumenti e dei sistemi utilizzati dai manager per indurre comportamenti individuali e organizzativi coerenti con il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Molti controlli di uso corrente non appaiono focalizzati sui risultati e sulla misurazione delle performance, quanto sulla finalità di incoraggiare, aiutare e talora obbligare i collaboratori ad agire nel miglior interesse dell’azienda. Object-of-control framework Problemi comportamentali osservabili in azienda: assenza di direttive, problemi motivazionali, e limiti personali. Tipi di controllo esercitabili: - controlli sui risulta ; - controlli sulle azioni; - controlli sul personale e controlli culturali. Modello delle leve del controllo MCS package Include cinque tipi di sistemi di controllo: pianificazione, controlli cibernetici, sistemi di ricompense e incentivi, controlli amministrativi (struttura organizzativa, sistemi di corporate governance, policy e procedure aziendali), controlli culturali. I diversi modelli di controllo presentati : - integrano esplicitamente controlli a carattere formale,con controlli informali come i controlli culturali; - condividono un’impostazione secondo la quale l’efficacia dei diversi tipi o sistemi di controllo deriva da un uso combinato e bilanciato, che spetta ai manager delle funzioni aziendali identificare in base alle esigenze; - sottendono l’idea che non esista una configurazione di controlli universalmente valida per ogni azienda in ogni circostanza, ma che la scelta e l’uso degli strumenti di controllo dipenda da una serie di fattori interni ed esterni che spesso sono specifici di ciascuna azienda. Capitolo 7.2.3 La cultura organizzativa è costituita dall’insieme di valori, norme, opinioni e conoscenze condivisi dalle persone che operano nell’azienda e trasmessi ai nuovi membri come il modo corretto di pensare e comportarsi. Produce un effetto sui comportamenti non direttamente accostabile alla struttura organizzativa, né al livello di responsabilità attribuito ai collaboratori, o alla presenza e all’azione dei meccanismi operativi. Ogni organizzazione ha una propria cultura. La cultura operativa si manifesta su tre livelli: 1. ARTEFATTI (processi e strutture organizzative visibili) 2. VALORI DICHIARATI (strategie, obiettivi, filosofie aziendali) 3. ASSUNTI TACITI CONDIVISI (convinzioni inconsce e spesso implicite, percezioni, pensieri e sentimenti delle persone) La cultura organizzativa svolge due funzioni fondamentali nelle aziende - Integrazione interna: la cultura organizzativa favorisce lo sviluppo e il rafforzamento di un’identità collettiva, attraverso la creazione di legami sociali che informano le relazioni reciproche tra persone, permettendo a queste di lavorare insieme in modo proficuo - Adattamento esterno: riguarda il modo in cui l’azienda si relaziona all’ambiente per raggiungere gli obiettivi, consolidare la strategia e competere efficacemente. Tra i valori che connotano la cultura organizzativa, di recente hanno assunto crescente rilievo quelli legati allo svolgimento dell’attività economica secondo sostenibilità. Sostenibilità: attitudine dell’azienda alla creazione di valore condiviso nel lungo periodo. L’agire economicamente secondo logiche di sostenibilità implica la ricerca di un equilibrio dinamico tra le tre forme della sostenibilità stessa - ambientale, economica e sociale - in ottica duratura. Capitolo 7.3.1 L’apprendimento continuo, garantito dalla capacità di gestire la conoscenza sia a livello individuale che di organizzazione, è emerso negli anni come elemento sempre più cruciale per valutare la capacità delle aziende di produrre risultati attraverso. La creazione di conoscenza si realizza attraverso una continua relazione tra Socializzazione (condivisione), Esternalizzazione (trasmissione), Combinazione, Internalizzazione (conversione) (SECI). La letteratura distingue tra Conoscenza tacita e Conoscenza esplicita. Tre tipologie di barriere allo scambio della conoscenza sono: 1. Barriere personali; 2. Barriere organizzative; 3. Barriere tecnologiche. Capitolo 7.3.2 La Learning Organization è caratterizzata da un insieme di strategie e di tecniche manageriali che pongono al centro della loro attenzione l’apprendimento. In questo caso l’apprendimento organizzativo è una funzione aziendale, che comprende il trasferimento di conoscenze e competenze, ma anche la diffusione di comportamenti normativi. L’apprendimento organizzativo è un processo, ma allo stesso tempo è anche un prodotto, i