Organizzazione Aziendale PDF
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This document explains Business Model Canvas, defining it as a framework that explains the economic sustainability of a business. The document further describes customer segments, value propositions, and business channels, using several examples to illustrate its applications. It emphasizes their interplay, including how segments can be interconnected through interdependencies, such as data usage by Google or Amazon's multiple segments.
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I Business Model Canvas 1.1 Modello di business Il modello di business (affari) rappresenta la logica che abilita la sostenibilità economica (e non solo, anche sociale, ambientale, sanitaria, ecc.) di un’impresa (e non solo, anche di un’organizzazione, di una singola persona, di un progetto, ecc.)....
I Business Model Canvas 1.1 Modello di business Il modello di business (affari) rappresenta la logica che abilita la sostenibilità economica (e non solo, anche sociale, ambientale, sanitaria, ecc.) di un’impresa (e non solo, anche di un’organizzazione, di una singola persona, di un progetto, ecc.). Dovrebbe essere rivisto costantemente (almeno una volta l’anno). Sostenibilità economica per un’impresa vuol dire essere in grado di sostenere il business in un arco temporale ampio, non nel breve termine. Saper descrivere il modello di business di un’impresa significa essere in grado di rispondere alla domanda: “come fa quell’impresa a stare in piedi economicamente?” Il modello di business fornisce strumenti concettuali estremamente utili per affrontare vari aspetti chiave del business, come l’imprenditorialità, l’innovazione, il marketing, la gestione, e l’organizzazione aziendale. L’espressione “modello di business” è molto usata nella pratica e nel mondo aziendale. A volte, è utilizzata per indicare la logica che abilita la capacità di stare in piedi economicamente di entità diverse dall’impresa, quali ad esempio: Un progetto Un’organizzazione non-profit Un’azienda pubblica Un team Una singola persona (il cosiddetto “business model me”) 1.1.1 Proposizione di valore e segmenti di clientela Quando un’azienda cerca di definire il proprio modello di business, deve prima di tutto rispondere a due domande chiave tra loro interconnesse: 1. A chi voglio essere utile? → Segmenti di clientela (customer segments) 2. Come voglio essere utile? → Proposizione di valore (value proposition) Ad esempio, il bar dell’università è utile a una parte degli studenti, che decidono di andarci, non tutti, però, lo scelgono. Farsi queste due domande è indispensabile, perché sono alla base del business model. Un altro esempio è Amazon: offre velocità, quindi consegna rapida, comodità, convenienza in termini di costo, disponibilità di prodotti, quindi varietà, sicurezza dell’acquisto, resi rapidi ecc.; infatti, negli Stati Uniti molti centri commerciali stanno chiudendo, proprio perché Amazon sta rompendo il mercato. Un esempio di dove manca questa interconnessione tra customer segments e value proposition è lo Stato: anche se spesso il servizio non è adeguato alle richieste, si è comunque clienti (ad esempio, per la sanità). Un altro esempio sono gli Autogrill, in cui i prodotti sono venduti ad alti prezzi pur non avendo spesso una qualità eccellente, ma spesso si è “obbligati” a fermarsi durante un viaggio e usufruire di questi prodotti. Quando si compila il business model di un’azienda, bisogna sempre farsi queste domande: Quali bisogni o problemi cercate di risolvere? Come? Offrite un bene o un servizio? O entrambi? A chi? Aziende, enti pubblici, consumatori…? Quali sono le principali caratteristiche del prodotto (bene e/o servizio)? Queste caratteristiche sono difficili da imitare? Sono legittimate? Chi sono i clienti? Quanti segmenti di clientela si possono identificare? Come si differenziano? Condividono la stessa value proposition? Si prende di nuovo come esempio Amazon: il suo primario obiettivo, cioè la sua proposta di valore, è quello di raccogliere dati provenienti dai comportamenti dei consumatori, quindi avere più utenti possibili. Questi dati vengono utilizzati da Amazon per la pubblicità, infatti offre agli inserzionisti milioni di clienti. Per questo rappresenta il suo secondo ricavo maggiore. 1 Segmenti di clientela Nel contesto del modello di business, la parola “clientela” ha un’accezione molto ampia: indica tutte le categorie di soggetti i cui bisogni sono (potenzialmente) soddisfatti grazie al lavoro dell’impresa. Pertanto, anche gli utenti non paganti sono considerati segmenti di clientela: per esempio, chiunque usi il motore di ricerca Google è un cliente di Google ai fini del modello di business. Occorre distinguere con attenzione eventuali segmenti di clientela B2C (business to consumer) dagli eventuali segmenti B2B (business to business). Occorre distinguere i segmenti di mass market o largo consumo dai segmenti di nicchia. I segmenti di clientela possono essere distinti in base a un gran numero di criteri: ad esempio, potere d’acquisto, livello di formazione, età, esigenze specifiche, gruppi culturali, linguistici, etnici, religiosi, ecc. Proposizione di valore La proposizione di valore (value proposition) elenca le ragioni per cui un certo segmento di clientela attribuisce valore a un certo bene o servizio proposto dall’impresa. Pertanto, nella proposizione di valore non è corretto inserire un semplice elenco di prodotti. Ad esempio, la proposizione di valore di un panettiere non è “grissini, panini all’olio e pane pugliese” ma, ad esempio, “pane sempre fresco, ingredienti di qualità, orari estesi, cortesia, prodotti su ricette regionali introvabili altrove”. Se vi sono diversi segmenti di clientela, tipicamente vi sono diverse proposizioni di valore (una per ogni specifico segmento di clientela). La proposizione di valore si comprende appieno assumendo il punto di vista del cliente, non quello del produttore. La value proposition esprime il valore generato dall’impresa in termini di come l’impresa stessa risponde ai problemi, ai bisogni e ai desideri dei clienti. Elementi che tipicamente contribuiscono a creare valore per il cliente (e che quindi vengono esplicitati nella proposizione di valore) sono: Newness: soddisfa nuovi bisogni Performance: miglioramento di prodotti e servizi Customization: possibilità di personalizzare il prodotto “Getting the job done”: aiutare/supportare il cliente a portare a termine un compito Design: offrire un design superiore Brand/status: valore nel mostrare un brand Price: offrire un valore simile (rispetto alla concorrenza) ma ad un prezzo inferiore Cost reduction/Risk reduction: aiutare il cliente a ridurre i costi e/o i rischi a cui va incontro Accessibilità: offrire accesso a un servizio che altrimenti sarebbe inaccessibile Convenience/usability: usabilità, facilità, rendere le cose più semplici Però, non è detto che tutti questi elementi siano presenti e rilevanti nell’ambito di una singola proposizione di valore. 1.1.2 Modelli di business multi-sided Alcune aziende sono focalizzate su un singolo segmento di clientela, a cui sono dedicati tutti gli aspetti della proposizione di valore (ad esempio, un importatore di mobili etnici di pregio). Altre aziende servono due o più segmenti di clientela tra loro ben distinti, a ciascuno dei quali è dedicata una specifica proposta di valore. In alcuni casi, i due o più segmenti di clientela e le rispettive proposte di valore sono tra loro del tutto indipendenti (ad esempio, la divisione auto e la divisione trattori di un gruppo automobilistico) e rispondono a una logica di diversificazione e/o economie di scopo (anche dette economie di raggio d’azione). In altri casi, però, le due (o più) diverse proposte di valore per due (o più) segmenti di clientela sono tra loro interdipendenti; questo significa che: È necessario servire con efficacia un segmento di clientela per poter servire bene un altro segmento di clientela Un segmento di clientela fornisce risorse non monetarie che sono indispensabili per la proposizione di valore dedicata a un altro segmento di clientela. In questi casi, siamo di fronte a modelli di business multi-sided. 2 Esempio: televisione commerciale Le televisioni commerciali hanno due tipologie di segmenti di clientela: i telespettatori (a loro volta classificabili in sotto-segmenti, per esempio casalinghe, pensionati, professionisti, ecc.) e le aziende che desiderano spazi per gli spot pubblicitari (a loro volta classificabili in inserzionisti che desiderano raggiungere le casalinghe, i pensionati ecc.). L’interdipendenza consiste nell’attenzione dei telespettatori. Value proposition Customer segments Possibilità di godere a casa propria di intrattenimento e Telespettatori news piacevoli e gratuiti Possibilità di far arrivare i propri messaggi pubblicitari a Inserzionisti vaste fasce di pubblico con caratteristiche segmentabili Esempio: Google Google ha (tra le altre) due tipologie di segmenti di clientela: le persone che cercano informazioni, contenuti e servizi sul web, e le organizzazioni (imprese, partiti politici ecc.) che desiderano avere accesso a grandi quantità di dati sui comportamenti, le scelte, i desideri, i pensieri delle persone. L’interdipendenza consiste nei dati. Value proposition Customer segments Motore di ricerca con prestazioni di eccellenza e Utenti web completamente gratuito Informazioni su scala globale e in aggiornamento Organizzazioni il cui continuo sui comportamenti, le scelte, i desideri e i successo dipende pensieri delle persone dall’accesso ai dati Esempio: Amazon Amazon ha (tra le altre) tre tipologie di segmenti di clientela: i soggetti che desiderano acquistare beni online, i soggetti che desiderano vendere beni online, e le organizzazioni che desiderano avere accesso a servizi di machine learning e intelligenza artificiale. Value proposition Customer segments Piattaforma e servizi per vendere online con costi Soggetti che vendono online competitivi e sterminata platea di acquirenti Piattaforma e servizi per comprare online con costi Soggetti che comprano online competitivi, servizi di eccellenza e sterminata scelta di prodotti Organizzazioni il cui Eccellenti capacità di data analytics (grazie a successo dipende dallo intelligenze artificiali “nutrite” dai big data della sviluppo di capacità di data piattaforma) analytics e machine learning In questo caso, si parla di interdipendenze incrociate: i segmenti di clientela forniscono Attenzione (per pubblicità) Popolamento della piattaforma commerciale (per compravendite) Dati (anche per sviluppare e rivendere competenze avanzate di intelligenza artificiale e analytics) La quota maggiore dei profitti di Amazon arriva proprio dal segmento di clientela delle organizzazioni. 3 1.1.3 Canali, relazioni con la clientela e struttura dei ricavi Il Business Model Canvas include 9 blocchi, in posizioni che hanno un significato preciso. La Value Proposition è la colonna centrale attorno alla quale ruota tutto il modello di business. L’errore principale che si fa quando si costruisce un modello di business è inserire nella proposta di valore una lista di prodotti e servizi, bisogna dare delle caratteristiche alla proposta di valore stessa. I Customer Segments, che rappresentano i destinatari della Value Proposition, sono collocati sul lato destro. La metà destra del Canvas rappresenta la logica con cui l’organizzazione distribuisce valore ai clienti e in cambio cattura valore in termini di ricavi. Channels = sono i canali di promozione, vendita e consegna attraverso cui la Value proposition viene concretamente veicolata ai Customer segments. Un’impresa può avere uno o più canali di promozione, vendita e consegna; ciascun canale potrà essere classificato a seconda che sia un canale proprietario o partner, e a seconda che sia un canale fisico o virtuale. Essendo che il mondo cambia rapidamente e l’innovazione tecnologica è molto rapida, molte informazioni vengono disattese anno per anno o addirittura mese per mese, soprattutto le informazioni in ambito tecnologico. Poi, a seconda del settore d’appartenenza dell’azienda, esistono delle strategie di medio-lungo termine che variano a seconda degli anni: ad esempio, in un’azienda che è nei social media, la strategia di lungo periodo è probabilmente di 2-3 anni, mentre normalmente una strategia di un’azienda manufatturiera magari può durare anche 7-10 anni; quindi, cambia compiutamente l’orizzonte temporale. Canale proprietario: processi di promozione/vendita/consegna effettuati direttamente dall’impresa presso la sede, o presso spazi fisici/virtuali gestiti direttamente dall’impresa, o presso il cliente (ad esempio, consegna a domicilio). Il rischio di usare solo un canale proprietario, ad esempio il caso di un negozio unico che vende direttamente solo al dettaglio, è che limita le possibilità di vendita dei suoi prodotti o servizi e limita il suo commercio nel caso in cui debba tenere chiuso il negozio ad esempio per guasti tecnici, ferie, lutti, ecc.; infatti, molti punti vendita, che si basavano solo su negozi fisici, stanno iniziando ad aprire il proprio store online, utilizzando degli intermediari per vendere (ad esempio, Zalando, Amazon, ebay, ecc.). Canale partner: processi di promozione/vendita/consegna effettuati da distributori esterni all’azienda (che acquistano il prodotto e poi lo rivendono) o da agenti/broker (che promuovono e/o vendono il prodotto senza preventivamente acquistarlo). Il rischio di utilizzare i canali partner è che potrebbe esserci un disservizio nel processo della logistica (la merce si rovina nella spedizione); inoltre, la concorrenza interna tra i vari player è molto più marcata e gli intermediari potrebbero aumentare i costi, limitare il servizio, andare in fallimento, ecc.; succede molto nella ristorazione (JustEat). Sarebbe meglio, quindi, scegliere entrambi i canali per suddividere il rischio, riuscire a controllare il mercato in modi diversi e soddisfare due segmenti di clientela diversi. Canale fisico: o Prodotti fisici: feedback della clientela lungo; possono richiedere ampi capitali per l’incremento (bar). o Prodotti virtuali: canali di vendita tradizionali, possono richiedere un’installazione (Vodafone) Canale virtuale (web): o Prodotti fisici: rapido sviluppo della clientela; logistica, trasporto e produzione critica; servizio assistenza (Amazon, JustEat). o Prodotti virtuali: rapido e agile sviluppo della clientela; veloce ad acquisire clienti e incrementarli (Google, Facebook). 4 Customer Relationships = descrivono le principali strategie per acquisire, trattenere e rendere più profittevoli i segmenti di clientela, nonché le principali modalità di interazione tra l’impresa e i segmenti di clientela. Esempi di strategie per acquisire i clienti: passaparola, volantinaggio, social media marketing, partecipazione a fiere commerciali, pubblicità (ad esempio, in radio), campagne sconti, sito web, ecc. Esempi di strategie per trattenere i clienti: piacevolezza dell’esperienza di acquisto e consumo (ad esempio, atmosfera del negozio, cortesia dei venditori, ecc.), sconti fedeltà, personalizzazione dell’offerta, ecc. Esempi di strategie per rendere più profittevoli i clienti: up-selling (proporre al cliente versioni più aggiornate o complete del prodotto, cross-selling (proporre al cliente prodotti diversi/complementari a quello già acquistato), proporre acquisti periodici a cadenza regolare, incentivare i comportamenti in cui i clienti diventano promotori del prodotto (ad esempio, bonus Satispay), ecc. È difficile rendere più profittevoli i clienti, ad esempio, per i mercati immobiliari. Le principali modalità di interazione che un’impresa può attivare con i propri segmenti di clientela per attuare le diverse strategie sono: Passaparola Assistenza personale (commessa di negozio) Assistenza personale dedicata (consulente per investimenti) Assistenza virtuale Self-service (supermarket) Servizi automatici (piattaforme di home banking) Sito web Newsletter Community (piattaforme di condivisione di esperienze dei consumatori) Social media Co-creazione (piattaforme che permettono ai clienti di produrre contenuti e idee: cfr. recensioni di Amazon) Revenue Streams = tipologie di transazione attraverso cui l’azienda riceve i suoi flussi di ricavi (sostenibilità aziendale). Queste tipologie di transazione possono essere classificate in transazioni “tradizionali”, nate nei modelli di business precedenti all’era di Internet, e transazioni virtuali. Inoltre, si possono distinguere le transazioni commerciali (che in vario modo possono essere ricondotte a una vendita) e le transazioni non commerciali, che pure possono portare flussi finanziari in entrata alle organizzazioni. Molte attività adesso prediligono l’acquisto online, perché vogliono raccogliere i dati del cliente per rendere più profittevole il cliente stesso (newsletter, ecc.). Modello fisico: o Vendite di beni: vendita del diritto di proprietà di un prodotto fisico (Fiat, Ferrero) o Canone d’uso: fee (tassa) proporzionale all’utilizzo del servizio (FedEx) o Quote di iscrizione: pagamento di una quota per l’accesso continuativa a un servizio (20Hours) o Canone di noleggio: fee per l’accesso temporaneo a un bene (Hertz, parcheggio) o Commissioni di intermediazione: fee per fare incontrare due o più pari coinvolte in una transazione (Visa) o Pubblicità (Corriere della Sera) Modello virtuale (flussi di denaro + flussi di dati = canale multidirezionale): o Vendite: prodotti, app o servizi (App Store) o Sottoscrizioni: SAAS, giochi, sottoscrizioni mensili (Norton) o Freemium: servizio base gratuito e servizi premium a pagamento (Linkedin) o Pay-per-use: i ricavi dipendono dall’utilizzo del servizio (Wind) o Vendita inserzioni pubblicitarie: pubblico unico/particolarmente vasto (Google) Esempi di flussi finanziari non commerciali sono sussidi, grants, donazioni, crowd funding, campagne di raccolta fondi, campagne di cause-related marketing, finanziamenti pubblici. 5 1.1.4 Partner chiave e risorse chiave La metà sinistra del Canvas rappresenta la logica con cui l’organizzazione crea valore per i clienti, sopportandone i costi. Key Partnerships = sono i soggetti esterni all’azienda (fornitori e altri partner chiave) che hanno un ruolo chiave perché aiutano l’azienda stessa a costruire e veicolare la propria value proposition. Esempio: i possibili key partner di un bar davanti all’università sono fornitori di caffè, di latte, ecc., può esserlo l’università, attraverso ad esempio sconti per gli studenti, ditte dell’energia, dell’acqua, ecc., compagnie per le consegne, assicuratori per limitare i rischi critici (ad esempio, la chiusura durante il Covid), altri bar (concorrenti) con cui dividere il carico di lavoro se c’è bisogno per le feste di laurea, banche. Le più comuni categorie di key partner sono: Fornitori di beni chiave per la value proposition (materie prime, componenti ecc.) Fornitori di servizi chiave (ad esempio, consulenza, IT, progettazione ecc.) Fornitori che consentono di gestire i rischi critici (ad esempio, assicurazioni, ecc.) Concorrenti con i quali si fanno accordi win-win (ad esempio, R&S congiunta) Soggetti con i quali si collabora per progetti importanti Partner istituzionali (ad esempio, fondazioni, associazioni, banche, pubbliche amministrazioni) Spesso un rapporto collaborativo e leale con i key partner è un fattore critico di successo per le aziende. Alcuni partner non vengono compensati (solo) in denaro, ma in termini di compliance e/o con servizi o benefici indiretti (analogamente a quanto accade nei modelli multi-sided per alcuni segmenti di clientela, che “pagano” concedendo i propri dati o la propria attenzione). Esempio: Google Books + reCAPTCHA = milioni di libri sono stati digitalizzati con correzione umana degli errori del software di riconoscimento caratteri (OCR: riconoscimento ottico dei caratteri). Le aziende si affidano a partnership anziché sviluppare le attività “in casa” per: Ridurre i costi (specialmente i costi fissi) Concentrarsi sul core business Esternalizzare, ridurre o mitigare i rischi Sviluppare nuove capacità (es. entrare in nuovi mercati) Migliorare la qualità dei prodotti/servizi Condividere conoscenze, apprendere, innovare Accelerare il time to market (cioè, l’ingresso del prodotto o servizio sul mercato) Aumentare la legittimazione e la credibilità Key Resources = sono tutte quelle risorse che l’azienda deve sviluppare e/o proteggere per rimanere capace di creare valore; quindi, rappresentano ciò di cui l’azienda non può fare a meno (oltre alle key partnership) per essere utile ai suoi clienti, cioè, sono essenziali per veicolare la value proposition. Esempio: le possibili key resources di un bar davanti all’università sono gli immobili, dipendenti, clienti perché portano liquidità e un feedback; le possibili key resources di Amazon sono i processi, cioè la capacità di rispondere in tempo rapido alle esigenze dei clienti; le capacità intrinseche intangibili rappresentano l’85% di valore di un’azienda. Risorse finanziarie (liquidità, linee di credito, ecc.) Risorse tangibili non finanziarie (stabilimenti, negozi, uffici, macchinari, attrezzature, hardware, infrastrutture, flotta di camion, ecc.) Risorse umane (competenze e capacità dei dipendenti, dei manager, degli imprenditori) Capitale relazionale (relazioni, fiducia e reputazione nel proprio ambiente di business) Capitale intellettuale (marchi, brevetti, contratti, segreti industriali) Capitale organizzativo (modelli di management, sistemi informativi, capacità di coordinamento, cultura organizzativa, clima organizzativo) Dati Tutte queste categorie di risorse non rappresentano delle risorse chiave per tutte le aziende; in alcune aziende, infatti, alcune di queste risorse non giocano un ruolo fondamentale. 6 Proprietà intellettuali (spesso rappresentano le risorse fondamentali di un’azienda): Trademark = marchio registrato (Nike, Inter, ecc.) Copyright = diritto d’autore Trade secrets = segreti industriali (coca-cola, nutella, ecc.) Contract = contratto Patent = brevetto Esempio: i key partner di un albergo in montagna possono essere società di trasporti, società sciistiche, siti per la pubblicità della struttura, lavanderie e pulizia delle camere, istruttori di scii, associazioni sciistiche (FIS), pubbliche amministrazioni per promuovere il territorio; le sue possibili key resources, invece, possono essere dipendenti che parlano molte lingue, il sistema informativo (gestione delle camere e degli ordini), la struttura stessa, soprattutto se è molto all’avanguardia, 1.1.5 Struttura dei costi Cost Structures = include le principali condizioni strutturali di generazione e gestione dei flussi di costo del modello di business. Per compilare la sezione Cost Structures, occorre valutare in maniera sintetica come il modello di business, per la natura delle attività e delle interazioni che comporta, influenza in modo “strutturale” i possibili flussi di costi. Per l’analisi della struttura dei costi, si possono prendere in considerazione due aspetti chiave: Analisi dei costi fissi e dei costi variabili (e della eventuale prevalenza dell’una o dell’altra categoria di costi). o Costi variabili: sono direttamente proporzionali al volume delle vendite (materie prime, provvigioni). o Costi fissi: non dipendono dal volume delle vendite (affitto, ammortamento, stipendi, costi amministrativi, assicurazioni, telefono, marketing). Analisi dei miglioramenti di efficienza che sono possibili nella cornice del modello di business (economie di scala, di saturazione, di raggio d’azione, di apprendimento). Economie di… Fonte dei vantaggi Esempi Scala Con l’incremento dimensionale diminuisce Biscotti, auto, abbigliamento il costo dell’unità di prodotto. Assorbimento Massimo sfruttamento della capacità Hotel e compagnie aeree (che in realtà (saturazione) produttiva (non lasciare risorse inutilizzate). lo applicano solo parzialmente), imprese edili Raggio d’azione Diversificazione dei prodotti laddove le Industria alimentare, hotel, compagnie (scopo) economie di assorbimento non siano aeree (pagamento della valigia, scelta del sufficienti. posto, bar sull’aereo, lounge in aeroporto) Apprendimento Con l’incremento dell’esperienza e l’analisi Consulenza, imprese edili di dati, si ottimizzano i processi e aumenta il rapporto tra qualità e costo. Esempio di economia d’apprendimento: uno studio legale, migliorando la conoscenza su determinate pratiche, riesce a ottimizzare qualità e costo. Esempio: per ridurre i costi di una banca, ad esempio, si diminuiscono le filiali (costi fissi), offerte di servizi e prodotti sull’app per diversificare i prodotti (economie di assorbimento). 1.1.6 Attività chiave Key Activities = include le principali categorie di attività che l’azienda deve svolgere per essere utile ai suoi clienti. Per compilare la sezione Key Activities, occorre creare una mappatura sistematica delle categorie di attività dell’azienda, e poi individuare quelle “chiave”, cioè quelle che “fanno la differenza” nella capacità dell’azienda di essere utile ai suoi clienti, quindi che sono legate alla value proposition. Le diverse categorie di attività nelle aziende si chiamano processi o macro-processi. I processi devono seguire 4 fasi: identificazione, mappatura, standardizzazione e informatizzazione. 7 Esempio bar: non si può delegare l’erogazione del caffè, se è legata alla consegna della value proposition. Attività, pratiche e processi sono concetti diversi. Attività = raccolta dati all’interno di un processo. Pratiche = “best practice” è il miglior modo di svolgere un’attività, “bad practice” è il modo peggiore. 1.1.7 Riassunto del business model canvas (Ri)generare la value proposition Processi Gestire le key partnership produttivi Gestire la cost structure Processi primari Gestire le key relationships Processi Processi di supporto Gestire i channels commerciali Gestire i revenue flows Gestire le key resources Processi primari = raggruppano tutte quelle sequenze di attività che traducono la value proposition in realtà. Processi di supporto = raggruppano tutte quelle sequenze di attività necessarie a gestire le risorse che rendono possibili i processi primari. Esempio: panettiere di quartiere. (Ri)generare la value proposition: produrre pane, grissini e brioche a regola d’arte e negli orari richiesti. Gestire le key partnership: gestire i fornitori di materie prime (farina ecc.); gestire interazione con charity che distribuisce invenduto a bisognosi. Gestire le key resources: Gestire la liquidità Gestire la cost structure: Gestire il negozio e le attrezzature ottimizzare le economie di scopo Gestire le risorse umane (pieno utilizzo di personale e Gestire i “segreti del mestiere” attrezzature); ottimizzare i costi Gestire la reputazione del negozio variabili (magazzino…). Gestire le modalità di coordinamento e il clima Gestire le key relationships: organizzativo curare la piacevolezza Gestire il sistema informativo dell’esperienza di acquisto e la relazione face-to-face con i clienti. Gestire i channels: curare e rinnovare la vetrina e il bancone. Gestire i revenue flows: gestire la cassa. 8 II Progettazione organizzativa 2.1 Unità organizzative e specializzazione per input e output Una volta mappate le attività da svolgere, occorre organizzarle, cioè, creare e governare l’organismo sociale in grado di abilitare il sistema di attività. Una possibile soluzione è fare ogni cosa tutti insieme, ma se il tempo a disposizione non è molto, questo può risultare dispersivo. L’alternativa è la divisione del lavoro. Per questo, alla base dell’organizzazione aziendale, vi è la creazione di unità organizzative. Unità organizzativa = insieme di attori che contribuiscono al raggiungimento di un “obiettivo parziale” (sotto- obiettivo) dell’organizzazione, coerente con i suoi obiettivi generali. Ad esempio, l’unità organizzativa che svolge il ruolo della produzione ha l’obiettivo, ad esempio, di produrre di un numero di pezzi in un determinato tempo; questo obiettivo permette al vertice strategico di raggiungere un ulteriore obiettivo. Il grande problema di tutte le aziende è il disallineamento tra le unità organizzative e le volontà strategiche del vertice. Gli attori all’interno di una unità organizzativa: Interagiscono tra loro con maggiore intensità e frequenza Condividono risorse Concorrono ad un risultato comune Sono assoggettate a comuni indicatori di performance Condividono gli stessi meccanismi di coordinamento Esempio PartyTeam: sei amici vogliono partecipare a una grande festa in campagna per la quale ogni “party team” deve portare due dolci e due pietanze salate. I sei amici ci tengono a fare bella figura come “party team” e a non spendere più di un certo budget. Si suppone che l’analisi del modello di business (mappatura: fase necessaria prima di poter organizzare le attività) del PartyTeam riveli la presenza di due customer segments principali: le persone con esigenze dietetiche speciali (es. allergici) e i buongustai che mangiano di tutto, purché sia di alta qualità. (Ri)generare la value proposition: cucinare Processi di supporto Gestire le key partnership: Processi fare la spesa produttivi Gestire le key resources: Gestire la cost structure: mettere a disposizione un’auto con ottimizzare acquisti, gestire budget Processi benzina; mettere a disposizione una primari cucina con tutta l’attrezzatura Gestire i channels: occorrente; pulire. far arrivare i piatti cucinati alla festa Gestire le key relationships: Processi informarsi su esigenze allergici e commerciali aspettative buongustai; controllare che i piatti realizzati siano conformi e graditi Soluzione 1: le principali unità sono organizzate sulla base del criterio un’unità per ogni (gruppo di) capacità; si parla, quindi, di specializzazione per input: - Viene creato il gruppo di cuochi costituito dalle due persone più brave a cucinare (A). - Una persona socievole e precisa si prende l’incarico di raccogliere le informazioni sulle esigenze e aspettative di allergici e buongustai tra i partecipanti alla festa e di controllare che queste esigenze e aspettative vengano rispettate (B). - Una persona automunita si prende l’incarico di fare la spesa, gestendo anche il relativo budget, e di portare poi tutti i piatti cucinati alla festa (C). - Una persona che possiede una cucina molto attrezzata provvede a far trovare quanto necessario e alla fine pulisce (D). 9 - Una persona del cui giudizio tutti si fidano e che conosce bene gli organizzatori del party decide cosa preparare, sentiti tutti gli altri (E). Le unità organizzative specializzate per input di solito vengono chiamate funzioni. Soluzione 2: le principali unità sono organizzate sulla base del criterio un’unità per ogni (categoria di) risultato; si parla, quindi, di specializzazione per output. - Viene creato un gruppo di 3 persone che dovranno preparare un dolce e una pietanza salata per i buongustai (F). - Viene creato un gruppo di 3 persone che dovranno preparare un dolce e una pietanza salata per gli allergici (G). - Una persona del cui giudizio tutti si fidano e che conosce bene gli organizzatori del party supervisiona le scelte di ciascuno dei due gruppi su cosa preparare e controlla che queste scelte siano coerenti con il budget complessivo (H). Le unità organizzative specializzate per output di solito vengono chiamate divisioni (in alcuni casi, sono meglio descritte come team di processo, team di prodotto, team di progetto). A seconda dei casi, le aziende possono essere organizzate per input, per output, o con soluzioni ibride/flessibili che combinano le caratteristiche di queste due scelte. Specializzazione per input: Vantaggi: orientamento all’efficienza; più facile sviluppare economie di scala e di apprendimento. Svantaggi: orientamenti e obiettivi parziali, difficoltà di integrazione. Specializzazione per output: Vantaggi: orientamento all’efficacia; miglior controllo dei risultati complessivi, relativi a un prodotto o a un mercato. Svantaggi: minori possibilità di realizzare economie di scala e di apprendimento; duplicazione di risorse. 10 2.2 Il modello di Mintzberg Le aziende hanno tipicamente diverse unità organizzative (es. ricerca e sviluppo, marketing, produzione, logistica, finanza, risorse umane, ecc.)., collegate tra loro attraverso relazioni gerarchiche (chi risponde a chi) e relazioni di coordinamento di processo. Le relazioni gerarchiche tra le unità organizzative sono tipicamente rappresentate tramite gli organigrammi. Gli organigrammi tendono ad avere una loro sintassi tipica (sigle a destra). Per comprendere la sintassi degli organigrammi aziendali e la logica con cui diverse classi di unità organizzative interagiscono tra loro, un approccio classico e ancora molto efficace è il modello di Mintzberg. Mintzberg individua cinque macro-componenti di base delle organizzazioni; le aziende più complesse possono presentare tutte e cinque le componenti, due componenti, però, sono presenti in tutte le aziende: il vertice strategico e il nucleo operativo. 2.2.1 Vertice strategico Il vertice strategico ha la responsabilità dell’intera azienda, attraverso lo svolgimento dei cosiddetti processi strategici: Consolidare o innovare il modello di business Gestire le relazioni di alto livello con i principali stakeholder (es. policy-maker, stampa) Scegliere/confermare/sostituire i top manager Prendere decisioni di alto livello di natura finanziaria e strategica Decidere quante risorse allocare per raggiungere gli obiettivi Valutare i risultati della gestione Fanno normalmente parte del vertice strategico: - La proprietà o chi la rappresenta (organi di governance). - Il vertice esecutivo (amministratore delegato e/o direttore generale, eventualmente coadiuvati dai rispettivi staff). Organi di governance Nella maggior parte dei casi, gli interessi dei proprietari/azionisti (shareholders) sono rappresentati da un Consiglio di Amministrazione (CdA) (Board of Directors, nel mondo anglosassone; NB «Director» nella maggior parte dei casi non si traduce con «direttore» ma «membro del consiglio di amministrazione, amministratore»). In alcune aziende con una forte cultura partecipativa (ad esempio in Germania), anche alcuni rappresentanti dei dipendenti vengono chiamati a far parte del CdA. Molte aziende di piccole dimensioni hanno un Amministratore Unico che svolge le funzioni del CdA. Esistono anche altri sistemi di governo di impresa (Corporate Governance): ad esempio, il sistema dualistico (molto diffuso in Germania) prevede la presenza di due organi di governo: il Consiglio di Gestione e il Consiglio di Sorveglianza (Supervisory board). I principali compiti del CdA sono: 1. Approva il bilancio e le comunicazioni sociali. 2. Esamina ed approva i piani strategici, industriali, finanziari della Società/Gruppo. 3. Valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della Società e delle controllate aventi rilevanza strategica. 4. Attribuisce e revoca le deleghe al Presidente e all’AD. 5. Valuta il generale andamento della gestione, confrontando periodicamente i risultati conseguiti con quelli programmati. 6. Esamina ed approva preventivamente le operazioni di maggior rilievo. 7. Redige ed adotta le regole di corporate governance aziendale. 8. Provvede alla predisposizione ed attuazione di piani di incentivazione azionaria. 11 È essenziale monitorare le informazioni per mantenere e comunicare il valore dell’azienda agli shareholders. La presenza di membri del board con ruolo di amministratori non esecutivi è necessaria per assicurare un efficace controllo sul management, visto che gli amministratori esecutivi (i manager executive) si possono trovare in conflitto d'interesse. L'efficacia del controllo è in particolare assicurata dalla presenza, tra gli amministratori non esecutivi, di amministratori indipendenti (indipendent directors), che operino nell'esclusivo interesse della società e non del management o di singoli azionisti. Per lo stesso motivo è considerata best practice la separazione tra il ruolo di Presidente del consiglio di amministrazione (Chairman, in inglese), che dovrebbe essere affidato ad un amministratore non esecutivo, e quello di vertice del management (il cosiddetto capo azienda, variamente denominato: amministratore delegato, chief executive officer, direttore generale, ecc.). Tuttavia, in molti casi (specie per le piccole imprese e le imprese familiari) tale separazione tra ruoli esecutivi e ruoli di controllo non si riscontra. Amministratore delegato (CEO) e Direttore generale (General Manager) A capo degli Officer e di tutta la struttura aziendale troviamo di solito il Chief Executive Officer (CEO), o Amministratore Delegato (Managing Director). Il CEO fa parte del Consiglio di Amministrazione, ma a differenza degli altri membri dello stesso (detti Amministratori, o Directors), ha anche un ruolo da executive in azienda. Il CEO è dunque la figura di collegamento tra i proprietari dell’azienda (di cui deve curare gli interessi) e l’azienda stessa. Il Direttore Generale ha il compito di coordinare tutta la prima linea dei manager. A differenza dell’Amministratore Delegato – CEO, il Direttore Generale di solito non è membro del CdA (a meno che i due ruoli di Amministratore Delegato e Direttore Generale non vengano attribuiti alla stessa persona, cosa piuttosto frequente). Se in un’azienda esiste sia un AD che un DG, il direttore generale riporta all’amministratore delegato. Negli organigrammi aziendali, di solito gli organi di governance non vengono rappresentati, in quanto il più delle volte gli organigrammi mirano a rappresentare la struttura esecutiva di un’azienda. 2.2.2 Nucleo operativo Nell’ambito del modello di Mintzberg, il nucleo operativo di un’azienda include le unità organizzative che svolgono i processi primari di approvvigionamento, produzione di beni/servizi, e vendita (ad esempio, magazzinieri, operai, operatori di telemarketing, ecc.). Nucleo operativo a bassa autonomia decisionale Le eccezioni sono risolte coinvolgendo il livello gerarchico superiore; hanno bassa autonomia e specializzazione. La stabilità del comportamento prevale sulla ricerca di soluzioni ad hoc: o Procedure standard o programmi di azione o Supervisione diretta Esempi: impresa di pulizie, stabilimento di produzione auto, call center. Nucleo operativo ad alta autonomia decisionale Le eccezioni sono risolte autonomamente dalle persone coinvolte nei processi di produzione o erogazione: ci si rivolge al superiore gerarchico solo a fronte di eccezioni particolari. La capacità di trovare soluzioni ad hoc è più importante della stabilità del comportamento. Esempi: ospedale (in particolare i medici, che seguono delle linee guida internazionali delle loro categorie professionali), università (è molto difficile il controllo sui docenti strutturati, perché è una nicchia all’interno di un panorama internazionale), officina di riparazioni di auto d’epoca. 12 2.2.3 Linea intermedia Nelle aziende che presentano solo il vertice strategico e il nucleo operativo, le persone del nucleo operativo riportano direttamente al vertice strategico. Di solito, si tratta di piccole aziende. La linea intermedia nasce per il crescere delle dimensioni dell’organizzazione: aumenta di volume, aumentano i dipendenti, e viene il bisogno di inserire, ad esempio, dei responsabili di produzione e dei responsabili delle vendite. La linea intermedia, quindi, collega il vertice strategico alla linea operativa, “traducendo” le indicazioni del vertice stesso: Trasmette e raccoglie informazioni (verso l’alto e verso il basso) Interviene nel flusso delle decisioni (dettaglia e precisa gli ordini “incentrandoli” sul flusso di lavori) Ne fanno parte i manager “di linea” (così chiamati per distinguerli dai manager “di staff”) di tutti i livelli, cioè tutti i manager delle aree operations e commerciale. La configurazione della linea intermedia determina lo sviluppo verticale dell’organizzazione. Più è basso il numero dei livelli della linea intermedia, più la struttura organizzativa è “piatta”. La struttura “tall” è definita burocratica, i responsabili hanno il controllo su poche persone, ma l’informazione è molto lenta; un classico esempio è l’ente locale (controllo forte sulle operations, ma il lavoro è molto rallentato). Nella struttura “flat”, invece, la distanza di controllo è molto ampia, poche persone controllano tante persone (velocità di decisione). A parità di numero di persone, un aumento dei livelli gerarchici diminuisce l’ampiezza di controllo (“span of control”) dei manager, cioè il numero di persone a diretto riporto dei manager. Un esempio di azienda “flat” sono le aziende sanitarie, perché devono essere molto veloci nelle decisioni strategiche (come si è visto durante il Covid). In generale, una struttura con troppi livelli gerarchici diventa lenta e l’efficacia dei flussi informativi e delle decisioni può diminuire. Tuttavia, non esiste una regola fissa per determinare il numero ideale di livelli gerarchici. Caso per caso, occorre considerare diversi fattori, tra cui: Complessità delle attività da svolgere Disponibilità di sistemi informativi per processare le informazioni e supportare le decisioni Complessità e dinamismo dell’ambiente esterno Competenze degli attori Grado di autonomia decisionale 13 2.2.4 Staff di tecnostruttura Le aziende complesse hanno spesso bisogno di standardizzare e controllare i processi e i risultati. Per fare ciò, alcune aziende creano degli staff specializzati, che non svolgono processi primari ma li supportano guidandoli e controllandoli. La tecnostruttura contribuisce all’attività organizzativa standardizzando i flussi di attività, le procedure, le modalità operative e gli output. Ne fanno parte le unità organizzative dedicate a: - Pianificazione della produzione - Controllo di gestione - Definizione dei criteri di qualità di prodotto e di processo - Standardizzazione delle procedure - Sistemi informativi (se comportano una standardizzazione dei processi) - Risorse umane (se si occupano anche di misurazione delle performance del personale, programmi di incentivazione, controllo dei comportamenti, ecc.) A capo di queste unità organizzative si trovano dei manager di staff (riportano direttamente al vertice senza passare per la linea intermedia). 2.2.5 Staff di supporto Gli staff di supporto includono tutte quelle unità organizzative che non fanno parte del vertice strategico, non svolgono processi primari e non sono focalizzati sulla standardizzazione di procedure e/o degli output del nucleo operativo, ma svolgono attività utili a consentire il funzionamento delle altre componenti. Contribuiscono all’attività organizzativa gestendo le risorse chiave dell’azienda. Ne fanno parte le unità organizzative dedicate a: - Amministrazione, contabilità, finanze (la funzione di controllo di gestione, invece, è spesso considerata parte della tecnostruttura) - Affari legali - Protezione della proprietà intellettuale - Pubbliche relazioni e comunicazione - Sistemi informativi (nella misura in cui forniscono hardware e software) - Risorse umane (nella misura in cui si occupano di amministrare il personale) - Facility management, mensa, ecc. (per ospedali, hotel, ecc. questo è un processo primario) - Analisi dei dati per marketing, previsioni, prezzi, supporto alle decisioni, ecc. - Ricerca e sviluppo (R&D), nella misura in cui viene considerata più un’attività strategica che un’attività al servizio delle operations. A capo di queste unità organizzative si trovano dei manager di staff (riportano direttamente al vertice senza passare per la linea intermedia). Mintzberg fornisce una linea guida per disegnare un organigramma in formato “standard”. Oggi, molti organigrammi prodotti dal mondo della practice non distinguono più tra tecnostruttura e staff di supporto, ma la distinzione tra linea e staff è ancora molto diffusa. 14 2.3 Il Top Management Team Ogni (macro)unità organizzativa ha solitamente una persona che ne risponde al livello gerarchico superiore. Le persone che sono alla guida delle principali (macro) unità organizzative di linea e di staff e che rispondono direttamente all’AD/DG (prima linea di riporto) costituiscono il Top Management Team. I manager che fanno parte del TMT non sono propriamente parte del vertice strategico di Mintzberg, che a rigore di definizione include solo AD e/o DG (oltre agli organi di governo non esecutivi); tuttavia, i top manager contribuiscono significativamente allo svolgimento dei processi strategici e costituiscono l’anello di congiunzione tra il vertice strategico e le diverse altre parti della struttura organizzativa esecutiva. I ruoli executive apicali nelle aziende (specie se medio/grandi o internazionali) sono spesso indicati con la terminologia anglosassone di “Officer”. A capo degli Officer e di tutta la struttura aziendale troviamo di solito il Chief Executive Officer (CEO), o Amministratore Delegato (Managing Director). Il CEO fa parte del Consiglio di Amministrazione, ma a differenza degli altri membri dello stesso (detti Amministratori, o Directors), ha anche un ruolo da executive in azienda. Il CEO è dunque la figura di collegamento tra i proprietari dell’azienda (di cui deve curare gli interessi) e l’azienda stessa. Naturalmente fanno parte del Top Management Team anche il Direttore Generale (ove presente come funzione distinta da quella di Amministratore Delegato) e i Direttori di Divisione (ove presenti, cioè nelle strutture divisionali). I Direttori di Divisione, infatti, hanno nell’ambito della loro divisione delle responsabilità analoghe a quelle tipiche della Direzione Generale. Tipicamente, riportano direttamente al CEO e fanno parte del TMT: CFO – Chief Financial Officer (Direttore Finanziario, oppure Direttore Amministrazione, Finanza e Controllo). È il manager responsabile della pianificazione e gestione generale delle attività e dei rischi finanziari della società. È altresì responsabile delle attività di reporting alla Direzione ed è il portavoce finanziario per l’organizzazione. CMO – Chief Marketing Officer (Direttore Commerciale). È il manager che solitamente coordina la direzione Marketing e la direzione Vendite. COO – Chief Operating Officer (Direttore Operativo). È il manager che sovrintende a tutte le attività produttive; tipicamente, coordina i direttori delle unità produttive (ad es. gli stabilimenti, o le unità di sviluppo dei servizi), i manager di prodotto, e spesso anche il dipartimento R&S “Ricerca e Sviluppo” (Research & Development – R&D), se presente. Altri ruoli chiave ed emergenti (non sempre inclusi in TMT) includono: CIO – Chief Information Officer (Direttore dei Sistemi Informativi o direttore IT, Information Technology). È il manager che sovrintende alla digitalizzazione e alla gestione delle informazioni a livello di azienda e di value chain. CPO (Chief People Officer) o CHRO (Chief Human Resources Officer). Si occupa di gestire in modo strategico le risorse umane, in tutte le sfaccettature del problema, inclusa la formazione, la motivazione, la selezione e le relazioni industriali. CCO (Chief Compliance Officer, o Direttore Compliance). Si preoccupa che le attività aziendali rispettino i regolamenti interni e tutte le normative. CRO (Chief Risk Officer, o Risk Manager). Si occupa di mitigare e gestire i rischi finanziari e/o operativi legati alle attività dell’azienda. CSO (Chief Sustainability Officer). Coordina tutte le iniziative per migliorare e documentare la sostenibilità ambientale e sociale dell’azienda, comprese le azioni di CSR (Corporate Social Responsibility). CDO (Chief Data Officer). È il responsabile dell’unità organizzativa che si occupa di analisi dei dati, di solito con finalità di marketing e di supporto alle decisioni strategiche. 2.4 La macrostruttura operativa La macrostruttura organizzativa è un modello sintetico della logica di divisione del lavoro e coordinamento gerarchico di un’organizzazione: non rappresenta nel dettaglio tutte le unità e sotto-unità fino ai singoli individui del nucleo operativo e degli staff, ma si ferma tipicamente a due-tre livelli gerarchici sotto all’AD/DG. 15 Pertanto, un modello di macrostruttura evidenzierà il Top Management Team, mentre le altre unità organizzative chiave verranno rappresentate in forma sintetica per comprendere la logica organizzativa. La maggior parte degli organigrammi pubblicati dalle aziende sono modelli di macrostruttura (dunque, non mostrano nel dettaglio la struttura fino a singoli reparti di nucleo operativo e staff). In figura è rappresentato un modello di macrostruttura (organigramma) con alcune sigle internazionali che individuano i ruoli manageriali e le relative unità organizzative I riquadri in arancio identificano ruoli che fanno tipicamente parte del TMT in quasi tutte le aziende, mentre i riquadri in verde indicano ruoli emergenti che esistono e/o entrano a far parte del top management team solo nelle aziende più innovative. 2.5 I sistemi operativi delle organizzazioni Uno studio di Harvard evidenzia che nei prossimi anni si avranno fino a 10 generazioni nella stessa azienda; ogni generazione ha caratteristiche diverse: propensione alla tecnologia, propensione ai rapporti umani, diversa visione della terapia, ecc. Questo conduce a una visione diversa dei sistemi informativi e, soprattutto, dei sistemi informatici. I sistemi operativi di un’organizzazione sono una classe di strumenti di coordinamento ad ampio spettro e con impatto sull’intera organizzazione, che contribuiscono ad allineare il comportamento delle unità organizzative agli obiettivi comuni: Collegando la struttura nel suo complesso ai singoli attori Fornendo procedure e soluzioni standard e modelli di comportamento condivisi, messi capillarmente a disposizione nel posto e nel momento in cui gli attori devono agire Incorporando routine che automatizzano o facilitano le decisioni Orchestrando gli obiettivi e le modalità di azione Questo ruolo, di organizzare i sistemi operativi, è svolto dallo staff di tecnostruttura. I principali sistemi operativi sono: 1. Il sistema di comunicazione 2. Il sistema di pianificazione, incentivazione e controllo 3. Il sistema informativo Un tempo, questi tre sistemi erano sostanzialmente indipendenti gli uni dagli altri; oggi, invece, il sistema informativo si sovrappone in misura significativa gli altri due sistemi operativi. Questi tre sistemi devono agire in sinergia per evitare che le singole unità organizzative siano “chiuse in se stesse” e assumano decisioni e comportamenti in ordine sparso, non coordinandosi tra loro e sganciandosi dagli obiettivi comuni dell’organizzazione. Spess il sistema di comunicazione legato ai sistemi informatici, in realtà la progettazione del sistema di comunicazione va bene oltre il sistema informatico. I sistemi operativi permettono di risparmiare energia direzionale, in quanto forniscono: - Al nucleo operativo, uno strumento per orientare e coordinare le attività. - Alla linea manageriale intermedia e al vertice strategico, un modello per raccogliere, organizzare e interpretare le informazioni relative allo svolgimento delle attività operative. 1- Sistema di comunicazione Definisce gli strumenti, i metodi e le regole che gli attori organizzativi adottano per gestire flussi informativi e di comunicazione dentro l’organizzazione; l’interazione con il sistema informativo è molto forte. Il sistema informatico non deve diventare la linea guida dell’azienda, ma è l’azienda che deve dare le linee guida al sistema informativo, e successivamente al sistema informatico, per lavorare. Molte aziende hanno l’obbligo di seguire un work flow impostato nel sistema informatico (proprietario del sistema informatico è 16 un’azienda esterna all’organizzazione), ma questo non deve avvenire: all’interno dell’azienda deve esserci sempre qualcuno in grado di definire work flow e cambiarlo all’interno dei sistemi informatici, perché altrimenti l’azienda informatica diventa padrona del processo all’interno dell’azienda. Tante volte, il sistema informatico è l’attività chiave per erogare la proposta di valore: in quel modo lì, si dà un’attività chiave al di fuori dell’azienda, questo non deve avvenire assolutamente. In un’organizzazione caratterizzata da forte burocratizzazione e rigidità, il flusso di comunicazione sarà conforme a molte regole di forma e di contenuto, soprattutto verticale (rispetto della gerarchia) e altamente formalizzato (ad esempio, gli enti locali). In un’organizzazione flessibile e dinamica, il flusso di comunicazione sarà spesso informale, con frequenti interazioni orizzontali (ad esempio, tra operatori vendite e operatori produzione o tra linea e staff) e con una maggiore dialettica. 2- Sistema di pianificazione, incentivazione e controllo Definisce i meccanismi e i processi con cui l’organizzazione fissa i propri obiettivi in termini misurabili, li scompone in sotto obiettivi per le diverse unità, cerca di incentivare gli attori a comportarsi in linea con gli obiettivi assegnati, misura i risultati delle unità e/o dei singoli confrontandoli con le attese, e restituisce feedback (inclusi premi/punizioni). Il secondo obiettivo è gestire l’informazione; dopodiché, si può avere un’incentivazione (premio in denaro). Esempio: budget della funzione commerciale: si traduce in obiettivi minimi di vendita per ogni venditore, con relativi incentivi e premi. Oppure, la certificazione delle competenze in base alle ore erogate di formazione. 3- Sistema informativo Il sistema informativo di un’organizzazione è l’insieme interconnesso di persone, hardware, software e procedure che consente all’organizzazione di avere a disposizione le informazioni di cui ha bisogno, quando e dove ne ha bisogno. È molto difficile integrare tutti gli elementi. I sistemi informativi seguono sempre di più un approccio integrato. L’esempio probabilmente più importante di sistemi informativi integrati sono i sistemi gestionali (più semplici) o ERP (Enterprise Resource Planning, software con funzionalità più importanti, può valere milioni di euro). Le caratteristiche degli ERP sono: Modularità nell’applicazione Progettazione del sistema informativo rispetto a un modello di business unitario, che descrive e integra i processi Unicità del database centralizzato Facilità di aggiornamento e unicità del dato Configurabilità del sistema Il vantaggio di gestire un’azienda attraverso un ERP è velocità e precisione dell’informazione, accesso ai dati, uniformità delle fonti; il principale svantaggio, invece, è il poco controllo e l’altissimo costo. Esempio: un supermercato è gestito da un unico software, che si occupa degli acquisti, del post-vendita, della logistica, dei clienti, dei fornitori, ecc. Il rischio è che, in caso di mal funzionamento del software, l’azienda si blocca. 2.6 I meccanismi di coordinamento Per organizzare il lavoro, bisogna suddividerlo, tipicamente attraverso la creazione di unità e sotto-unità organizzative. Per garantire l’integrazione e il coordinamento all’interno delle unità organizzative e tra le stesse, le organizzazioni attivano varie strategie e soluzioni. I “mattoni di base” di queste strategie e soluzioni per coordinare le persone e integrare le unità sono i meccanismi di coordinamento. Meccanismi di coordinamento = categorie di soluzioni tipiche di coordinamento che descrivono le modalità base per coordinare il lavoro nelle organizzazioni. Agiscono sia dentro che tra le unità organizzative. Possono essere potenziati e allineati tramite i sistemi operativi. Si distinguono in due categorie: attraverso feedback e attraverso standardizzazione. 17 Supervisione diretta Coordinamento attraverso feedback Mutuo adattamento Meccanismi di coordinamento Standardizzazione delle routine Coordinamento attraverso Standardizzazione dei risultati standardizzazione Standardizzazione delle conoscenze Supervisione diretta – coordinamento attraverso feedback La supervisione diretta è una forma di coordinamento che agisce “in verticale” lungo la catena gerarchica e sfrutta l’esistenza di rapporti di potere all’interno dell’organizzazione. Attraverso la supervisione diretta, chi ha il potere di farlo emette ordini e direttive, dopo di che controlla direttamente le attività che ne conseguono. Esempi: Il caposquadra che supervisiona il lavoro degli operai Lo chef che governa direttamente tutte le attività della cucina Mutuo adattamento – coordinamento attraverso feedback Il mutuo adattamento è una forma di coordinamento che agisce “in orizzontale” tra attori che operano allo stesso livello gerarchico o senza specifiche relazioni gerarchiche gli uni con gli altri. Il mutuo adattamento fa leva sulla interazione diretta e l’ascolto reciproco tra gli attori per risolvere in modo collaborativo i problemi e perseguire gli obiettivi comuni attraverso la condivisione di idee, risorse e capacità. Quindi, l’informazione è un po’ più elevata e il nucleo operativo è più specializzato. Esempi: Una squadra di meccanici che lavora a riparare un motore Un team di consulenti che collaborano su un progetto Standardizzazione delle routine – coordinamento attraverso standardizzazione La standardizzazione delle routine consiste nel fornire un sistema prestabilito di regole di decisione e di azione, da applicare automaticamente al verificarsi di circostanze prestabilite. La standardizzazione delle routine di solito emerge attraverso la sperimentazione di nuove soluzioni e la selezione di quelle che funzionano meglio, che vengono quindi incorporate in procedure riproducibili. Esempi: Le regole di espletamento delle pratiche burocratiche nella Pubblica Amministrazione Le routine di lavoro alla catena di montaggio Programmazione: i moduli sono sempre gli stessi. Standardizzazione dei risultati – coordinamento attraverso standardizzazione La standardizzazione dei risultati consiste nel prestabilire in forma reciprocamente compatibile i risultati (minimi) attesi di ogni processo o unità organizzativa. La standardizzazione dei risultati di solito definisce gli standard in termini di tempi, costi e/o qualità del risultato atteso, lasciando gli attori liberi di scegliere il modo di arrivare al risultato. Esempi: Ai team di sviluppo prodotto viene richiesto di consegnare i progetti entro una certa data, con certe specifiche tecniche Ai venditori di un’azienda B2B viene richiesto di raggiungere un certo budget di vendita entro la fine dell’anno Fondo di investimento private 18 Standardizzazione delle conoscenze – coordinamento attraverso standardizzazione La standardizzazione delle conoscenze definisce il set minimo di conoscenze e competenze che gli attori devono possedere per svolgere determinate attività. La standardizzazione delle conoscenze è necessaria per coordinare processi ad alta complessità, incertezza e variabilità, quando è impossibile prestabilire il risultato atteso e la routine ottimale per ogni situazione. Si ottiene tramite un percorso di apprendimento certificato e/o anni di esperienza sul campo. Esempi: Il team di medici in pronto soccorso possiede lo stesso linguaggio e un bagaglio comune di conoscenze che consentono il rapido coordinamento anche in caso di situazioni complesse e imprevedibili I designer di lunga esperienza di un’azienda orafa sono in grado di disegnare gioielli che gli artigiani possono effettivamente realizzare a costi sostenibili Professori universitari L’utilizzo dei diversi meccanismi di coordinamento è spesso associato al diverso grado di accentramento/decentramento decisionale dell’organizzazione. L’accentramento è il grado di concentrazione dei processi decisionali al vertice della struttura organizzativa. - Una struttura molto accentrata lascia poca autonomia decisionale ai manager che non fanno parte del TMT e pochissima autonomia decisionale al nucleo operativo; le decisioni sono prese quasi tutte dal vertice strategico. - Una struttura decentrata articola i processi decisionali lungo tutta la struttura senza concentrarli al vertice; quindi, le azioni sono derogate a vari attori. Meccanismi di coordinamento che Supervisione diretta consentono di minimizzare le Strutture decisioni al di fuori del controllo del accentrate Standardizzazione delle routine vertice. Molte organizzazioni si collocano in vari punti intermedi tra Mutuo adattamento Meccanismi di coordinamento che questi due estremi. consentono di aumentare la capacità di prendere decisioni coordinate Strutture Standardizzazione dei risultati anche al di fuori del controllo del decentrate vertice. Standardizzazione delle conoscenze 19 III Le forme semplici e auto-organizzate 3.1 La forma semplice Una forma organizzativa è una modalità consolidata e riconosciuta di risolvere il problema organizzativo attraverso una certa combinazione tipica di scelte riguardo a fattori quali: Presenza/importanza delle 5 componenti di Mintzberg e soluzioni di macrostruttura Specializzazione per input/output Differenziazione, decentramento Sistemi operativi e meccanismi di coordinamento Cultura organizzativa (non approfondita) Le forme organizzative possono essere classificate in: 1. Forme semplici 2. Forme gerarchico-funzionali 3. Forme divisionali e a matrice 4. Forme per processi 5. Forme a progetto 6. Forme a rete La forma organizzativa semplice si caratterizza per essere poco sviluppata: Dal punto di vista della divisione del lavoro e della specializzazione tra unità organizzative Dal punto di vista dell’adozione di meccanismi di coordinamento sia verticali che orizzontali Presenta solo due delle componenti del modello di Mintzberg: vertice strategico e nucleo operativo. La presenza del ruolo imprenditoriale è una dimensione che caratterizza le forme organizzative semplici. La forma semplice è quasi onnipresente nelle piccole e nelle microimprese. È quindi una forma organizzativa molto importante: le imprese con meno di 10 addetti hanno creato il 58,1% della nuova occupazione complessiva in Europa; si tratta, in media, di 631 mila nuovi posti di lavoro all’anno creati dalle microimprese nel periodo 2002-2010. Le forme semplici hanno tre tipologie base: forma imprenditoriale, forma artigiana e gruppo di pari. 3.1.1 Forma imprenditoriale Più che nelle altre forme semplici, il ruolo del vertice strategico è centrale, quindi l’imprenditore si occupa di tutto (linee strategiche, gestione quotidiana, scelta dei collaboratori, ecc.). È caratterizzata da: Poco differenziata Strumenti poco sofisticati Forte accentramento decisionale Sistemi operativi poco sviluppati/informali La modalità di coordinamento prevalente è a feedback: o Supervisione diretta o Mutuo adattamento Vantaggi Potenziali rischi Correttivi Vicinanza al cliente De-focalizzazione del leader Routine (standardizzazione) Rapidità processi decisionali Dipendenza dalla figura del leader Codificazione della conoscenza I vantaggi possono essere la mancanza di conflitti di interesse e la velocità decisionale, ma c’è lo svantaggio di una forte dipendenza dal vertice strategico, quindi, in caso di malanno o di altri problemi, l’azienda dipende da una singola persona. In Italia ci sono molte aziende di questa tipologia (ad esempio, guidate da due fratelli, da padre e figlio, ecc.); quando c’è un problema, viene assorbito da tutta l’azienda, anche se ci sono stratagemmi (correttivi) per diminuire questo rischio. Un ristorante a gestione familiare è un esempio di forma imprenditoriale, a differenza di un supermercato, che ha una gestione troppo complessa. 20 3.1.2 Forma artigiana Il ruolo del vertice strategico è sempre rilevante ma il nucleo operativo ha una professionalità mediamente più complessa e sofisticata che nella forma imprenditoriale. Articolazione della struttura: o Limitata e senza funzioni specialistiche Meccanismi di integrazione: o Standardizzazione know-how e capacità; mutuo adattamento e controllo sociale “orizzontale” Sistemi operativi: o Limitati e informali Decentramento: o Scelte operative autonome; coordinamento centrale Le condizioni: o Tecnologie non completamente standardizzabili o Servizi tradizionali o Pressione competitiva non elevata o Professionalità mediamente complessa e sofisticata Per supportare i punti di forza della forma artigiana e contrastare i rischi di tradizionalismo e scarsa integrazione: Coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni Codificazione della conoscenza Interventi organizzativi per standardizzare alcuni processi Sistemi informativi diffusi e capillari Supporto al processo di apprendimento (miglioramento continuo e innovazioni radicali) Esempio: un serramentista, cioè un falegname, una volta era abituato a lavorare con strumenti manuali, mentre ora ha dei macchinari molto sofisticati; quindi, da un serramento è passato a 30 serramenti al giorno. La forma si modifica, passando da artigiana a imprenditoriale, solo se gli strumenti che hanno permesso l’incremento di produzione provocano una produzione in serie e standardizzata dei serramenti, mentre rimane una forma artigiana se i nuovi strumenti velocizzano solo il processo di produzione. Spesso, le realtà aziendali sono tra una forma e un’altra e non si riesce a identificare una forma precisa. Il problema di questo tipo di aziende è che spesso non tramandano i propri segreti di produzione e c’è il rischio che, in caso di malattia o infortunio o altri tipi di problemi, si perda questa conoscenza, e dunque l’azienda. 3.1.3 Gruppo di pari Nel gruppo di pari non c’è un unico imprenditore accentratore (focus su vertice strategico), ma l’imprenditorialità è diffusa fra tutti i partner. Articolazione della struttura: o Molto limitata; imprenditorialità diffusa; partner Meccanismi di integrazione o Mutuo adattamento (confronto, decisioni di gruppo, negoziazione), standardizzazione delle conoscenze Sistemi operativi: o A volte presenti, a seconda della natura del business, ma solitamente «leggeri» Decentramento: o Tutti i partner decidono 21 Le condizioni: o Forte dinamica competitiva o Processi produttivi (prevalentemente di servizi) complessi o Brain intensive o Imprenditorialità diffusa Tipicamente, il capitale intellettuale riveste una grande importanza: Capitale umano Capitale relazionale Capitale strutturale Competenze delle persone, nelle Valore generato dal complesso Infrastruttura tecnica e loro diverse componenti e delle relazioni che organizzativa, che ha un effetto articolazioni. l’organizzazione dinamicamente leva sul capitale umano e attiva al proprio interno e con gli relazionale. Esempi: brevetti di attori esterni. proprietà, le architetture informatiche e i contenuti informativi (software, databases, manuali), le routine organizzative e le pratiche manageriali. Esempio: una società di professionisti, ad esempio commercialisti, avvocati, architetti, o una startup. 3.2 L’auto-organizzazione L’ auto-organizzazione è un processo privo di controllo centralizzato, per cui un sistema raggiunge l’ordine attraverso l’interazione locale tra gli elementi che lo compongono. L’auto-organizzazione entra in gioco in tutte quelle forme organizzative in cui bisogna risolvere dei problemi senza un diretto controllo centrale, come ad esempio le forme artigiane o i gruppi di pari. L’auto-organizzazione richiede alcune capacità di base, tra cui rivestono particolare importanza la capacità di co-evoluzione e la capacità di fare emergere le soluzioni dal basso tramite l’interazione. Co-evoluzione Soluzioni emergenti I vari elementi del sistema e del suo ambiente si I comportamenti e le scelte degli attori del sistema adattano vicendevolmente in una trasformazione (individui, team, ecc.) non rispondono a una dinamica che non ha mai fine: una modifica ad un pianificazione dall’alto, ma piuttosto emergono sulla livello (ad esempio, l’adozione di un nuovo sistema base delle interazioni contingenti. Ogni informativo da parte di un’azienda partner di rete) comportamento e ogni scelta a sua volta cambia porta ad un adattamento ad un altro livello (ad non solo le condizioni oggettive, ma anche il modo esempio, altre aziende partner adottano lo stesso in cui le persone percepiscono il mondo (e sanno sistema informativo per meglio gestire i flussi di reagire ad esso) da quel momento in poi. Perciò, il dati) che retroagiscono sul livello originario (ad ventaglio dei comportamenti possibili cambia esempio, una delle aziende partner grazie continuamente e le traiettorie di sviluppo del all’innovazione introdotta si internazionalizza, sistema non sono prevedibili a priori. aprendo nuove opzioni anche per tutti gli altri). La flessibilità e capacità di risposta adattiva dei sistemi auto organizzati ne fanno dei jolly di grande utilità, con particolare riguardo alle organizzazioni artigiane e ai gruppi di pari. Inoltre, l’auto-organizzazione caratterizza altre due forme organizzative che sorgono spontaneamente nei momenti di grave crisi: - Organizzazione estrema - Organizzazione effimera 3.2.1 Organizzazione estrema L’organizzazione estrema è una modalità inedita e largamente spontanea di divisione del lavoro e integrazione dei ruoli che si sviluppa quando un’organizzazione tradizionale (ad esempio, una forma gerarchica e burocratica) è travolta da una situazione di grave emergenza. Di fronte alla grave emergenza e alla perdita di controllo sulla situazione, le persone sono le stesse all’interno dei confini organizzativi, ma i ruoli possono cambiare velocemente nel giro di pochi istanti. Le leadership 22 vengono riconosciute o addirittura riconfigurate dal basso sulla base della credibilità e della fiducia; le azioni convergono su processi di improvvisazione e bricolage a volte frenetici; la comunicazione perde le sovrastrutture formali e diventa diretta a consolidare la collaborazione e eliminare le azioni percepite come non prioritarie o dannose. Se riesce a contenere e superare l’emergenza, l’organizzazione torna alla sua forma originaria, ma le leadership, le relazioni interpersonali e la reputazione delle persone possono essere profondamente cambiate. 3.2.2 Organizzazione effimera L’organizzazione effimera è un organismo sociale che viene creato dal nulla a seguito di un’azione collettiva di risposta a un’emergenza. L’organizzazione effimera raccoglie membri su base spesso volontaria, non ha confini netti (le persone entrano ed escono in modo imprevedibile, spontaneo e informale) e la leadership emerge in capo alle persone che si assumono responsabilità di coordinamento, senza che questo porti a una gerarchia formale. Il flusso di lavoro viene auto-organizzato e modificato nella prassi, senza procedure né forme ad hoc di coordinamento e ottimizzazione. Nella gestione della crisi, tipicamente l’organizzazione effimera entra in contatto con istituzioni organizzate (come la Protezione Civile o la Croce Rossa) con possibili conflitti e problemi di coordinamento. L’esistenza dell’organizzazione effimera viene legittimata dall’emergenza; solitamente, al termine dell’emergenza, l’organizzazione effimera si scioglie, ma mantiene una forte memoria collettiva della crisi e può essere in grado di tornare in azione se la crisi si dovesse ripresentare. 23 IV Le forme gerarchico-funzionali 4.1 Dalla forma semplice alla forma gerarchico-funzionale A differenza della forma semplice, prende in considerazione tutte e 5 le componenti di Mintzberg. La forma gerarchico-funzionale solitamente nasce per evoluzione dalla forma semplice al crescere della dimensione aziendale e del business. Introduzione di organi per Sviluppo dimensione orizzontale Sviluppo dimensione verticale standardizzare processi, metodi di lavoro e processi decisionali Maggiore divisione del lavoro e Introduzione livelli gerarchici e Coordinamento attraverso specializzazione per input. delega decisionale. standardizzazione. Nascono le funzioni aziendali Si sviluppa la linea manageriale Si sviluppa la tecnostruttura. (esempio: produzione, logistica, intermedia. marketing, ecc.). Le funzioni aziendali sono vere e proprie scuole che portano a: Sviluppo competenze specialistiche Economie di specializzazione Diffusione di comportamenti standard e comuni orientamenti culturali e cognitivi (priorità a routine e standardizzazione = conoscenza tacita) Effetti positivi su comunicazione e coordinamento Le conseguenze che derivano dall’organizzazione per funzioni sono: Da un lato la focalizzazione facilita economie di specializzazione Dall’altro la forte spinta alla specializzazione può: - Scontrarsi con esigenze di flessibilità - Generare costi di coordinamento - Essere poco coerente con le esigenze dei lavoratori Linea manageriale intermedia = collega il vertice alla linea operativa e traduce le indicazioni del vertice stesso. Trasmette e raccoglie informazioni (verso l’alto e verso il basso) Interviene nel flusso delle decisioni (dettaglia e precisa gli ordini “incentrandoli” sul flusso di lavoro) Concetto di burocrazia: Apparato amministrativo per l’esercizio del potere legale Divisione del lavoro dettata da regole Gerarchia di uffici Ricorso a regole generali Enfasi su uniformità di comportamenti (poca iniziativa) Impersonalità delle relazioni Lavoro come professione e carriera Fedeltà all’ufficio Remunerazione fissa Unità di comando = gli ordini impartiti provengono solo dal diretto superiore. Principio scalare = precisa catena di comando, definisce il flusso di comunicazione verso il basso e verso l’alto. Centralizzazione = processi decisionali concentrati in un unico punto dell’organizzazione. Direzione generale Include tutti gli attori che partecipano alle decisioni strategiche. Direzioni di funzione Includono i manager della linea manageriale intermedia - Presidio delle aree di specifica responsabilità - Coordinamento orizzontale con le altre direzioni di funzione - Decisioni tattiche e operative Nucleo operativo Operazioni elementari relative alla specializzazione della propria funzione. 24 4.2 Burocrazie meccaniche e burocrazie professionali Tra le forme gerarchico-funzionali si possono distinguere due tipologie tipiche. Burocrazie meccaniche (forme gerarchico-funzionali meccaniche) Nucleo operativo che lavora rispondendo principalmente a direttive interne Forte importanza della tecnostruttura (standardizzazione dell’attività) Sviluppo importante della linea intermedia Burocrazie professionali (forme gerarchico-funzionali professionali) Nucleo operativo professionale che lavora rispondendo (anche) a best practice riconosciute a livello sovra-organizzativo; la reputazione degli operativi si costruisce (anche) a livello di comunità professionale sovraorganizzativa (insieme di nozioni e competenze acquisite nel tempo) Forte importanza degli staff di supporto (che permettono al nucleo operativo di concentrarsi sulle sue attività primarie) Sviluppo moderato della linea intermedia (meno importanza rispetto alla burocrazia meccanica; più autonomia) 4.2.1 Burocrazia meccanica Il nucleo operativo lavora secondo standard e routine predisposte dalla tecnostruttura e sotto il controllo gerarchico della linea intermedia. Contesto: medie e grandi imprese industriali e imprese di servizi con attività ripetitive (esempio: azienda manifatturiera che decide di ampliarsi). Obiettivo: efficienza in ambienti stabili, attraverso: La specializzazione per input delle unità di primo livello La specializzazione accentuata dei compiti operativi Il coordinamento delle attività operative tramite standardizzazione di azioni e comportamenti L’importanza della gerarchia come controllo Sistemi operativi di comunicazione ad alto grado di formalizzazione L’accentramento delle decisioni e dei flussi di comunicazione Si vede un organigramma tipico di una burocrazia meccanica: Si vede che c’è una forte gerarchia e verticalizzazione: ci sono capi squadra, capi reparto, direttore e, sopra tutti, il direttore generale. Nella stesura di un organigramma aziendale, quando si vogliono sottolineare dei rapporti gerarchici, di solito la struttura si estende verticalmente (direttore generale, verso le varie direzioni, verso i capireparto, ecc.); quando la linea è orizzontale il livello gerarchico è lo stesso (direzione logistica, direzione produzione, direzione commerciale). Quando sono disegnati “a pettine” verticalmente (capo reparto A, capo reparto B), il livello gerarchico è lo stesso (esigenze di spazio). 25 4.2.2 Burocrazia professionale La capacità di implementare il modello di business si basa su un nucleo operativo ad alta professionalità che lavora secondo standard e routine che derivano prevalentemente dalla comunità professionale (es. ospedale, università); perciò la tecnostruttura ha poca influenza sul nucleo operativo professionale, mentre gli staff di supporto liberano il nucleo operativo professionale dalle incombenze non collegate alle sue professionalità specialistiche. Il più delle volte, però, la capacità di implementare il modello di business si basa anche su un nucleo operativo di natura amministrativa (es. accettazione in ospedale; segreteria studenti in università). Vi è dunque una doppia struttura, quella professionale e quella del nucleo operativo amministrativo. Quest’ultimo è spesso coordinato da una linea intermedia più sviluppata rispetto a quella professionale, e funziona sulla base di regole dettate dalla tecnostruttura. Contesto: grandi imprese di servizi professionali e “knowledge intensive” (livello di conoscenza elevato), università, ospedali. Obiettivo: erogazione di prestazioni che richiedono competenze complesse, ma relativamente stabili nel tempo. Membri del nucleo operativo professionale raggruppati in unità omogenee dal punto di vista delle competenze Elevata qualificazione e autonomia dei membri del nucleo operativo professionale Standardizzazione delle conoscenze (specie nelle aree professionali), non delle routine Linea intermedia poco articolata (soprattutto nelle aree professionali) Staff di supporto sviluppati Si vede un organigramma tipico di una burocrazia professionale: A differenza della burocrazia meccanica, ci sono due direzioni: la direzione della linea dell’area professionale e della linea dell’area operativa. 4.3 Gli organi di integrazione orizzontale Le diverse aree funzionali delle forme gerarchico-funzionali possono avere problemi di coordinamento (efficacia) dovuti a diversi linguaggi, diverse sub-culture, diversi interessi (reali o percepiti). La linea gerarchica può essere molto efficace nel far viaggiare informazioni e coordinare decisioni “in verticale” nella struttura, ma può ostacolare lo scambio di informazioni e il coordinamento a livello “orizzontale”. 26 Pertanto, le forme gerarchico-funzionali rischiano di perdere in termini di efficacia complessiva quello che guadagnano in termini di efficienza delle singole unità. Un conflitto tipico nelle forme gerarchico-funzionali è tra l’area produzione e l’area commerciale, perché hanno interessi diversi; ad esempio, l’area commerciale può essere molto più interessata ad avere i prodotti in un tempo breve con costi più bassi possibili e un livello qualitativo elevato, mentre l’area produttiva avrà un interesse a prendersi molto più tempo per la produzione. Gli organi di integrazione orizzontale con responsabilità di output (anche detti Esempi di manager organi di integrazione a orientamento di integrazione: commerciale) hanno l’obiettivo di Product manager garantire il coordinamento orizzontale tra Area manager le diverse aree funzionali, per mantenere Account manager l’efficacia dell’organizzazione verso un Market manager determinato segmento di clientela. Ad esempio, un’azienda automotive si posiziona sul mercato da un lato con macchine di lusso, con un prezzo elevato, e dall’altro lato con macchine utilitarie. In questo caso, è molto probabile che un’azienda selezioni due diversi product manager che vadano a seguire queste due linee produttive, perché le esigenze di un target di clienti sono totalmente diverse da quelle dell’altro target. Product manager: si occupano di coordinare specifici prodotti. Area manager: si occupano di coordinare specifiche aree geografiche. Account manager: si occupano di coordinare un grande cliente o un gruppo di clienti. Market manager: si occupano di coordinare determinati segmenti di clientela. Nella maggior parte dei casi, i manager di integrazione orizzontale riportano alla direzione marketing. In altri casi, i manager di integrazione orizzontale riportano direttamente alla direzione generale (si trova sullo stesso livello degli altri manager funzionali). I product manager e gli altri organi di integrazione orizzontale devono coordinare persone su cui non hanno autorità gerarchica. Per colmare la mancanza di autorità gerarchica ricorrono a: Abilità relazionali (skills che consentono di ridurre al minimo i conflitti che si possono creare) Sistemi operativi che facilitino la collaborazione con i responsabili funzionali - Facilitano il lavoro del product manager - Riducono il rischio di rigetto da parte dell’organizzazione 27 Il product manager fa leva sull’autorità basata sulla competenza: Possesso di informazioni, visione d’insieme Capacità di coordinamento Esperienza specifica sul prodotto e/o processo e/o segmento di clientela I principali rischi dell’adozione di forme gerarchico-funzionali modificate con organi di integrazione con responsabilità di output: Ambiguità di ruolo Conflitti tra product manager Orientamento al breve termine Può non essere ben definita la La struttura degli incentivi può Il focus sull’obiettivo di portare al responsabilità (tecnica e/o portare a “guerre fratricide” e rischio successo linee di prodotto o commerciale) del manager di di cannibalizzazione tra diverse linee segmenti di mercato esistenti può integrazione. di prodotto/ segmenti di clientela. inibire l’innovazione. Può non essere ben definito il compito (di governo strategico o di coordinamento operativo) del manager di integrazione. 4.4 Gli organi collegiali e i gruppi di lavoro Gli organi collegiali sono dei gruppi di persone che vengono investite di responsabilità su certi problemi, con modalità provvisoria e/o part-time (a differenza delle classiche unità organizzative che hanno natura permanente e sono attive full time). Gli organi collegiali sono molto utili per migliorare l’integrazione e la flessibilità delle forme gerarchico-funzionali, ma non sono presenti solo nelle burocrazie meccaniche e professionali: in realtà, sono presenti e rilevanti in tutte le forme organizzative. I principali organi collegiali con funzioni di integrazione sono: 1. Comitati 2. Task force 3. Gruppi di lavoro Comitati = sono organi collegiali permanenti (cioè, vengono istituiti per durare a tempo indeterminato) che operano in modo discontinuo (cioè, si riuniscono periodicamente per condurre valutazioni e/o prendere decisioni). Ad esempio, un’azienda può istituire dei comitati prodotto, con persone dell’area produzione, dell’area marketing, dell’area vendite e dell’area qualità, che si riunisce ogni due mesi per ascoltare i punti di vista di tutte le funzioni, focalizzare i problemi e valutare/proporre possibili soluzioni. Task force = sono organi collegiali provvisori che vengono creati per fare fronte a una situazione imprevista, inedita, critica e/o urgente e che sono destinati a sciogliersi una volta che la situazione venga superata. Normalmente le task force operano in modo continuo, cioè, portano avanti la loro azione di coordinamento in modalità full time fino al raggiungimento dell’obiettivo. Ad esempio, un’azienda può istituire una task force di tecnici e esperti di comunicazione per fare fronte a un attacco informatico con conseguente danno reputazionale. Gruppi di lavoro = sono organi collegiali provvisori che vengono creati per portare avanti un progetto o risolvere un problema (non emergenziale) di qualsiasi natura, e che sono destinati a sciogliersi una volta che il progetto sia stato completato o il problema risolto. I gruppi di lavoro possono operare in modo continuo, oppure, più spesso, in modalità part-time, con riunioni e attività individuali o dei sottogruppi distribuite in modo flessibile a seconda delle esigenze. Ad esempio, un’azienda può istituire un gruppo di lavoro con persone della produzione e degli staff di tecnostruttura per conseguire la certificazione di qualità. Le persone che partecipano a un gruppo di lavoro sono concesse “in prestito” per un certo numero di ore dalla loro area funzionale, e costituiscono una rete inter-funzionale che attraversa la piramide gerarchica. Forte ruolo dell’auto-organizzazione - Co-evoluzione - Soluzioni emergenti 28 Ruoli ampi e flessibili piuttosto che rigidi e specializzati - Responsabilità di gruppo piuttosto che individuale - Gestione collaborativa degli imprevisti e degli errori attraverso la molteplicità dei punti di vista Leadership inclusive - Decisioni che scaturiscono dal confronto e dalla riflessione collettiva - La leadership può emergere tra i pari per assenso anche implicito - I ruoli vengono assunti anche su base volontaria e riconosciuti per competenze e capacità - Grande importanza delle capacità di comunicazione e di gestione costruttiva dei conflitti Pro e contro dei gruppi di lavoro: Vantaggi Svantaggi o Migliore capacità di rispondere ad ambiente o Possibili tensioni tra i leader dei gruppi e i capi complesso e/o instabile. funzione che devono “prestare” risorse umane ai o Maggiore capacità di innovare e sperimentare. gruppi. o Maggiore capacità di collaborare con o Possibile sovraccarico di lavoro per i membri dei organizzazioni partner. gruppi che devono comunque portare avanti anche o Maggiore abitudine a collaborare tra diverse le loro mansioni funzionali. funzioni. o Il processo decisionale e produttivo nei gruppi di o Contaminazione di linguaggi e di conoscenze tra lavoro può essere molto time consuming, e il diverse funzioni. rischio di sprecare risorse è reale. o Possibilità di fare emergere talenti e leadership o La gestione degli opportunisti e/o dei conflitti all’interno dei gruppi può essere molto difficile 4.5 Il Knowledge Management Il capitale intellettuale di un’organizzazione è costituito da diversi fattori, tra i quali quelli che attengono alla conoscenza, sono spesso visti come il fattore chiave del vantaggio competitivo di molte aziende: Capitale umano Capitale relazionale Capitale organizzativo/strutturale Risorse che l’organizzazione rischia di Risorse che l’organizzazione rischia di Risorse che i dipendenti e i partner perdere se perde i dipendenti. perdere se perde le relazioni. perdono se lasciano l’organizzazione. Conoscenze Conoscenze, competenze e Database Competenze e capacità capacità degli altri soggetti con Archivi Etica del lavoro, correttezza cui è possibile interagire Procedure e pratiche Potenziale di aiuto reciproco e Software collaborazione, Brevetti, marchi ecc. complementarietà Regole e ruoli organizzativi Cultura organizzativa Le organizzazioni grandi e complesse hanno bisogno di gestire sistematicamente la conoscenza come asset chiave che risiede nelle persone, nelle relazioni e nell’infrastruttura tecnica e organizzativa, al fine di: 1. Sviluppare e/o mantenere un vantaggio competitivo - Sviluppare una value proposition basata su capacità rare - Sviluppare una value proposition molto difficile da imitare 2. Rendere l’organizzazione robusta rispetto al turnover delle persone - Manager e dipendenti che lasciano l’azienda (ad es. per andare a lavorare da concorrenti) - Manager e dipendenti che si assentano (vacanze, malattia) 3. Cogliere le opportunità di miglioramento e innovazione - Superare la scarsa conoscenza reciproca tra funzioni diverse («effetto silos») - Valorizzare le sinergie e le diversità - Evitare di dover «reinventare la ruota» ogni volta che si presenta un problema simile 4. Aumentare l’adattività e la resilienza - In caso di turbolenza di mercato o cambiamento di scenario, essere in grado di attivare tutte le risorse di conoscenza disponibili - Sviluppare un’attitudine all’apprendimento continuo da parte dell’organizzazione come sistema 29 Le strategie di knowledge management hanno l’obiettivo di trasformare l’organizzazione in una learning organization, capace di generare cicli efficaci di trasformazione della conoscenza tacita in conoscenza esplicita. Conoscenza tacita Conoscenza esplicita