Docimologia - PDF
Document Details
Uploaded by Deleted User
Tags
Summary
Le note spiegano le attività del portfolio. Le riflessioni e i discorsi affrontano argomenti sulla valutazione scolastica, l'autovalutazione e la costruzione di prove oggettive. Si analizzano elementi come la quantificazione del punto di partenza, la riflessione su competenze e autovalutazione, così come la correzione di temi e la relativa problematizzazione.
Full Transcript
Docimologia 13/11/2024 Le attività del portfolio le carichiamo poi tutte insieme alla fine in un PDF unico. Abbiamo detto ieri che una delle cose che potrebbe aiutare di più il processo di valutazione a conservare le caratteristiche positive e costruttive (fornire elementi utili a migliorare il p...
Docimologia 13/11/2024 Le attività del portfolio le carichiamo poi tutte insieme alla fine in un PDF unico. Abbiamo detto ieri che una delle cose che potrebbe aiutare di più il processo di valutazione a conservare le caratteristiche positive e costruttive (fornire elementi utili a migliorare il proprio percorso per gli alunni ma anche la propria attività didattica per gli insegnanti), sta principalmente nel costruire sistematicità in questo percorso e nel saper padroneggiare gli strumenti più adatti nella maniera più corretta. Una delle cose che aiuta di più è quella di cercare di capire qual è il punto di partenza. Ieri abbiamo provato a fissare su carte il nostro punto di partenza dal punto di vista qualitativo, attraverso le nostre riflessioni, racconti di esperienza ecc. Oggi come prima attività, proviamo a quantificare quello che secondo noi è il nostro punto di partenza rispetto alla valutazione scolastica. SECONDA ATTIVITÀ PORTFOLIO Troviamo, come seconda attività, un link ad un google form in cui c’è una serie di competenze. Dobbiamo mettere un nickname qualunque perché non è detto che ci arrivi la risposta via mail; in questo modo poi lei ci produce la matrie dei dati e noi risaliamo a quello che abbiamo risposto. Alla fine del corso ci chiede di ricompilarlo per vedere le differenze. Questa è una delle cose sulle quali possiamo fare una riflessione, adesso o alla fine, secondo la prof è più utile farlo alla fine dell’insegnamento. https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSdw4ulzr6fYSOKoqeLml9G4AfwKQ4p4J 65pFyPobHNsE-URZg/viewform Questo documento che abbiamo compilato era un’autovalutazione. Che problemi ci dà l’autovalutazione? È troppo soggettiva ma spesso manca di allenamento. Le persone non sono abituate ad autovalutarsi, peggio ancora quando facciamo valutazione tra pari. Quando uno si auto valuta fa fatica perché non è abituato e il secondo problema è che spesso non si sa su che cosa ci si stia autovalutando, soprattutto quando l’autovalutazione è in ingresso. Se è una roba che non ho mai fatto nè mai visto, come faccio ad autovalutarmi? È soggettiva nella misura in cui entra in gioco molto la mia autostima. Se la mia autostima è bassa tendo a valutarmi un po’ meno. Quando la rifaremo alla fine sarà più semplice perché avremo chiarito certi aspetti e ci saremo anche sperimentati. Magari su una cosa su cui ci siamo valutati in maniera alta, forse capiremo che avremo delle difficoltà. Domande: 1 1) Ci siamo tenuti molto prudenti, dal 5 in giù. Perché? Qualcuno magari avrà detto “perché? Devo valutarlo all’inizio dell’anno?” e poi perché manca esperienza. 2) Siamo stati onesti, probabilmente mai viste. 3) Qui immaginiamo che le valutazioni più alte siano state fatte da chi magari ha già fatto qualche esperienza a scuola o ha fatto riferimento alla sua esperienza personale. Questo implicitamente ci dice che per valutare possiamo usare più strumenti. 2 5) ci siamo esposti di più, con i traguardi che io formulo all’inizio e che formulo cercando di renderli validi e cercando di costruire un iter coerente, poi li devo usare nella valutazione. Più li ho formulati bene più è facile valutarne il raggiungimento. 6) ci sentiamo abbastanza pronti su questo. 7) qui qualcuno si sarà chiesto “ma che cos’è un prova oggettiva?”. Anche in questo caso abbiamo qualcuno che non è così sicuro di saper costruire una prova oggettiva. Tra le cose che vedremo ci sono anche quelli che sono i criteri tramite cui costruire una prova oggettiva e che sia adeguata a valutare i traguardi per i quali la sto usando. Il rischio delle prove oggettive (quelle che il senso comune chiama erroneamente test) è quello di focalizzarsi solo su certi tipi di apprendimento che sono principalmente quelli mnemonici. Costruita bene ci dà modo di andare più in profondità. 9) qualcuno ha pensato alle prove invalsi di italiano. Qui siamo nella stessa direzione della prova oggettivo-strutturata, per costruire bene una prova di lettura che ci dia delle informazioni utili a capire dov’è l’inciampo nella comprensione, è importnate seguire determinati criteri. 11) ci distribuiamo un po’ 12) siamo più in difficoltà 18) si in tantissimi. Ma cos’è la riflessione parlata? 3 Qua troviamo quello che faremo nel corso delle nostre lezioni. Potremmo vedere salire l’auto valutazione, potremmo veder scendere un pochino su quelle che sono le cose su cui non avevamo tanto le idee chiare e si chiariscono strada facendo. Quando facciamo ricerca ci piacerebbe vedere crescere i punteggi nelle prove finale. Quando usiamo l’auto valutazione però a volte scendono, proprio perché c’è stato un lavoro di sperimentazione di sé e di consapevolezza maggiore che fa sì che l’autovalutazione che ho dato all’ingresso la ricalibro rispetto a quello che ho capito che sono veramente le cose. TERZA ATTIVITÀ DEL PORTFOLIO Partiamo con il fare un’attività che è quella che troviamo al punto 3 del portfolio: partiamo da alcune riflessioni che in realtà hanno guidato chi si è occupato di docimologia all’inizio delle riflessioni su questa disciplina, per evidenziare i punti forti e deboli della valutazione così come è tradizionalmente intesa. Ci distribuisce tre temi brevi da correggere, ci prega di farlo individualmente. Ci chiede di dare un voto e scrivere un giudizio descrittivo. Cose che ci hanno messi in difficoltà: non sappiamo niente dei bambini, non sappiamo il momento dell’anno in cui è stato dato, non sappiamo come considerare l’impegno, non sappiamo come dare il voto, non sappiamo come dare il giudizio, chi era il destinatario del giudizio, su quali elementi focalizzarci, non abbiamo capito la traccia. Per il tema uno: il range è da 4 a 9, per lo stesso tema. Una ventina di noi danno un’insufficienza sul primo tema, quasi la metà di noi. Se questa bambina capitasse con la maestra X le dà tra il 7 e il 9 pensando “com’è creativa questa bambina, produce tantissimo non parla tanto ma il resto va bene”, se capitasse in un’altra classe con un’altra maestra prenderebbe 5, facendo una vita d’inferno. Entra forse in gioco la storia della bambina. Per il tema due: un po’ più omogeneo, nessuno di noi ha messo in discussione che si sia raggiunto un traguardo/obiettivo. Qua ci sta di più il “in che periodo dell’anno siamo” ciascuno di noi, si è focalizzato su alcuni elementi piuttosto che altri. Per il tema tre: il range è 7.5-10. Abbiamo un testo che aveva elementi di qualità più condivisibili. Queste cose qua le hanno scoperte i primi docimologi. È bello vedere come queste cose si ripetono. La prof chiede come abbiamo proceduto nella correzione di questi temi: c’è chi ha trovato modalità grafiche diverse per segnalare elementi morfositattici ed elementi di contenuto; qualcuno prima li ha letti tutti e ha segnato tutto e poi dato il voto. La prof chiede se poi abbiamo dato lo stesso peso agli stessi elementi per tutti i temi. La risposta è no. Ci sono differenze tra i tre temi 4 Che cosa mi devo aspettare da un testo di un bambino di una classe terza? È importante pensare che non stiamo correggendo il testo di un ragazzo di quinta superiore ed è importante sapere quello che posso attendermi da un ragazzino di classe terza della scuola primaria all’inizio e alla fine dell’anno. È importante pensare a quale momento dell’anno scolastico ci troviamo. Un altro problema che è emerso tra di noi riguarda la consegna di questo tema. Quando io insegnante do un tema e perché? Per fargli fare esercizio di produzione scritta. Come scelgo che tema dare? Deve essere qualcosa su cui possono scrivere qualcosa, in cui loro possono sperimentarsi nel modo in cui stanno imparando a sperimentarsi. Se io sto lavorando sul testo descrittivo, ha senso che io dia un tema legato al testo descrittivo. La traccia in questo caso è data molto male: non sappiamo dire se uno di questi bimbi è andato fuori tema. Quando io do un testo mi aspetto che chi lo produce, organizzi il suo discorso secondo i suoi criteri. In questi suoi criteri, come è fatta la sua amica fisicamente potrebbe non rientrare minimamente, perché quello che gli interessa di più è come lei sta con quella bambina. Per questo motivo lei non mi farà la descrizione fisica della sua migliore amica; il fatto che non lo scriva non vuol dire che non sappia farlo, significa che io non gli ho chiesto di farlo e quindi lui/lei non lo scrive. Se voglio rilevare degli elementi è necessario che io li chieda. Avrei dovuto riformulare quella traccia in maniera da fare in modo che i bambini siano obbligati a dirmi tutto, avrei dovuto scrivere “il mio migliore amico/la mia migliore amica descrivilo fisicamente, descrivi quello che fai con lui, descrivi la vostra amicizia”. Se lo avessi inserito, se non ci fosse stato uno di quei tre elementi, allora avrei potuto dire che un bambino piuttosto che un altro non avevano seguito le indicazioni. La prof ha dato ai nostri 3 compagni gli stessi 3 temi ma il nostro primo testo, lo scorso anno era posizionato come secondo. È possibile che avendolo letto per primo siamo stati un pochino più bravi, lo scorso anno i 7,8 e 9 non si vedevano su questo tema. Probabilmente c’è stato un effetto di “successione” per cui leggendo prima un tema rispetto ad un altro, potrebbe aver fatto guadagnare al terzo tema un 10 avendo dato un voto alto al primo. Avendo messo il primo su una scala un po’ più alta, fa sì che l’ultimo abbia ottenuto una valutazione più elevata. Quello che traiamo da questa cosa è che una prova di valutazione deve essere connessa al percorso didattico che stiamo facendo, che deve essere formulata e costruita con uno stimolo, una consegna comprensibile e che espliciti tutto quello che ci attendiamo di vedere dopo; dobbiamo, nel definire i criteri, tenere conto complessivamente sulla classe nel momento del percorso su cui siamo e individualmente sul singolo alunno del suo percorso specifico, soprattutto quando è parecchio in difficoltà. 5 Vedremo come sono stati messi a punto degli strumenti che ci aiutano a correggere il tema in maniera “oggettiva”, che ci consentono di raccogliere dal tema degli elementi allo stesso modo per tutti. Ci aiutano a capire se è in tema o fuori tema, se vengono trattati tutti gli argomenti o meno, se ci sono errori grammaticali ortografici ecc. questo ci consente di tenere più o meno lo stesso sguardo su tutti i temi andando a considerare tutti gli elementi. Domande guida per la riflessione soprattutto per chi non c’è. Quale processo hai seguito per armare a definire il vota e il giudizio? Su qual elementi ti sei focalizzato/a principalmente? Ti sei focalizzato/a sugli stessi elementi per tutti e tre l temi? Quali elementi di contesto tra quelli esplicitati hai considerato? Ce ne sono altri che ti sarebbero stati utili? Che cosa hai potuto osservare nel confronto con l/le colleghi/e7 I voti sono stat omogenei? Per tutti i temi? I giudizi sono stati omogenei? Per tutti i temi? Per quanto riguarda il giudizio ovviamente è da scrivere per il bambino, non per il genitore. Ci sono una serie di strumenti che ci aiutano a tenere sotto controllo gli elementi. Le ricerche docimologiche hanno dimostrato come spesso uno stesso voto di due persone diverse sullo stesso compito, corrispondono a giudizi descrittivi diversi “hai fatto un sacco di errori, ma il contenuto è bellissimo” oppure “il contenuto non mi piace un granché ma hai messo tutte le maiuscole dopo i punti”, sono due pesi diversi che portano lo stesso voto sullo stesso compito. Uno stesso compito può avere lo stesso esito per due persone differenti ma avere due motivazioni opposte. Guardiamo un pezzo del film “Il club degli imperatori”. https://youtu.be/pMwnnSNs-Mo?si=SL1s1iOSluhcyPuD Si tratta di una classica scuola tipo “attimo fuggente”, in cui arriva questo prof nuovo che insegna storia romana. La storia di questo collage prevede che i migliori del corso di storia romana possano accedere ad una sfida dalla quale uscirà vincitore il cesare di quell’anno che avrà come esito o una borsa di studio o un’esperienza aiutano a far sì che la carriera scolastica sia valorizzata. I tre migliori potranno partecipare a questa competizione. Arriva il ragazzino in difficoltà di cui questo prof si farà carico al punto da prestargli il libro su cui studiava lui. In questa scena siamo all’ultima verifica dell’anno al termine della quale si determineranno i 3 finalisti. Breve riassunto fatto da me: consegnano tutti il compito, in classe rimane solo questo ragazzino che viene obbligato ad una certa a consegnare. Il prof a casa corregge i testi, corregge il suo e gli da un A-; segna la classifica e questo ragazzino risulta quarto. Allora lui cambia quell’A- in A+ ed è così terzo. Pubblica i risultati nella bacheca di scuola e il ragazzino che inizialmente era terzo ma che ora risulta quarto è triste, era stato più bravo ma per premiare l’altro ragazzino, ha perso la sua possibilità. Ci troviamo di fronte ad un dilemma non da poco, perché finché ragioniamo su percorsi lineari non fa una piega: io parto da un certo punto e tu da un altro, mi interessa vedere il 6 percorso che fai tu tenendo conto delle tue difficoltà, delle tue risorse, il tuo impegno ecc; nel momento in cui la valutazione viene usata anche per qualcosa altro (accesso a borsa di studio, accesso a esperienza formativa) allora ci troviamo di fronte ad un problema che non risolviamo né oggi né domani. Nelle fasi più certificate l’oggettività ci viene in aiuto. Il prof ha fatto tanta fatica a portare avanti il ragazzino, che ha fatto il suo, si è impegnato. C’è un elemento relazionale che entra in gioco fortemente in questa relazione, non stiamo dicendo se sia giusto o sbagliato, che in questo caso gioca in maniera positiva per il ragazzino, che spesso pero’ gioca in negativo. C’è un elemento legato alla prova che permette a questo elemento relazionale di esplodere; per dare questa valutazione ciò che succede è che un meno che diventa più, che sposta il voto di mezzo punto. Ciò che fa si che questo meno diventi un più è il prof e il tipo di prova. Se avesse avuto una prova a scelta multipla non avrebbe potuto fare quel lavoro lì. Era una prova aperta che ha potuto correggere così perché non aveva uno strumento o dei criteri per correggerla, ha fatto quello che voleva. È un elemento che può giocare tanto nella valutazione e che dal punto di vista della valutazione scolastica può creare dei problemi interni e che quando si gioca sulla pelle di qualcuno può creare altrettanti problemi. Quando valutiamo, per tutta una serie di ragioni, entrano in gioco quelli che la ricerca docimologica ha chiamato i soggettivismi della valutazione. Soggettivismi che sono legati a diversi elementi, che in particolare riguardano il modo con cui si crea nell’insegnante l’immagine del singolo studente, e anche reciprocamente del docente da parte degli studenti, che in qualche misura vanno a rendere più complicato capire le caratteristiche del singolo allievo. Si tende a procedere per meccanismi di semplificazione e di categorizzazione sociale. Sono dei meccanismi che regolano qualsiasi nostra forma di percezione. Sappiamo che la conoscenza che ci sta intorno è regolata da una serie di meccanismi che ci consentono di focalizzarci sugli stimoli che in quel momento ci interessano. Questo è un meccanismo che in qualche modo deriva da una serie di cose, tra cui che siamo animali e abbiamo dovuto sopravvivere nel mondo. Entrano in gioco nel momento in cui dobbiamo percepire e dobbiamo adattarci a quelli che sono gli stimoli che arrivano dall’ambiente. Se guardiamo queste due immagini vediamo un triangolo e un cerchio: a nessuno di noi viene in mente che possa essere un triangolo con una torta con una fetta tagliata. Viceversa, sotto quel cerchio nero potrebbe non esserci la prosecuzione di quel triangolo. Siamo abituati a pensare con un triangolo è fatto in un certo modo e il cerchio in un altro. Quando vediamo una figura che ci ricorda quei due elementi siamo portati a pensare che si tratti di quei due elementi. Abbiamo dovuto imparare a ragionare in fretta sugli stimoli ci venivano da fuori per poter capire se dovessimo scappare o no. È su questo che si giocano tanto meccanismi del modo in cui percepiamo l’ambiente consentendoci di facilitare la nostra percezione da un lato, risparmiando energie dall’altro. meccanismo di percezione che ci permette di focalizzarci (a volte però non sugli stimoli giusti). 7 Sono sempre quei meccanismi che ci sconce tono di leggere questa frase, nonostante le lettere siano più o meno spostate. Facciamo ad esempio più fatica a leggere questa perché c’è una parola che indica un colore che è pero’ rappresentata da un altro. Qua qualcuno vede lo spigolo esterno sopra o sotto La vediamo come una cosa con 3 rebbi ma in realtà quello centrare non è collegato all’oggetto. La nostra esperienza è che si cono 3 aste, devono essere collegati alla stessa cosa e quindi tendiamo a vederla. Siamo convinti di vedere l’elegante con 4 zampe ma in realtà ne ha molte di più o molte di meno. 8 Siamo portati a pensare che il segmento di sopra sia più lungo di quello di sotto. Sono invece della stesa lunghezza. Siamo portati a pensare che i quadrati centrali abbiano una tonalità di grigio differente. I pallini sembrano di dimensioni diverse a seconda del cerchio che li circonda. Il pallino centrale sembra più grosso nel primo caso e più piccolo nel secondo. In questo caso il primo segmento sembra più corto del secondo. 9 Qua qualcuno legge ABC e poi 12 13 14 e chi il contrario. E quindi o diamo 4 o diamo 10, a seconda di cosa vediamo. Questi stessi meccanismi giocano quando ci facciamo un’idea sulle persone. Non usiamo più la figura sfondo, usiamo stereotipi pregiudizi eccetera. Questo è un signore anziano carino e simpatico, poi un vecchio contadino. Queste tre signore donne in carriera antipatiche. Questa prima immagine che ci costruiamo di una persona spesso costruita a partire da una 10 serie di elementi sociali che noi andiamo a leggere, quello che quella persona può rappresentare, tende a rimanere. Se uno entra nella scuola secondaria di primo grado con un bel voto dalla scuola primaria e le maestre mi raccontano quanto sia stato bravo, allora ha la strada spianata per tutti e tre gli anni. Se invece le maestre dicono “ah questo ci ha fatto danzare per 5 anni”, rischiamo di essere coinvolti malamente. Questi stessi meccanismi entrano in gioco anche quando ci troviamo a farci un’idea degli alunni di fronte ai quali ci troviamo, seguendo certi criteri che sono connessi alla storia delle persone e alcune delle categorie per cui ci sono dei ragazzini che sono interessati, che non disturbano, quelli o spariscono completamente dalla nostra vista o sono quelli che avranno delle valutazioni migliori. Se uno arriva con le copertine rovinate, arriva sempre in ritardo, inzia a darci più fastidio e rischia che questo suo comportamento influenzi la valutazione che do. C’è un film vecchio che si chiama “la scuola” in cui c’è un problema di categorizzazione, ci sono una serie di stereotipi che influenzano l’immagine dei nostri alunni e che in qualche modo influenzano la valutazione che gli diamo e le possibilità che gli diamo. Quanti ragazzini con background migratorio vengono mandati ad istituti professionali invece che a licei o istituti tecnici, e non perché non siano bravi a studiare ma per una serie di pregiudizi che condizionano le persone e la valutazione è un ottimo alibi. Ci sono una serie di aspetti di cui non ci rendiamo spesso conto e che sono stati studiati dalla ricerca docimologica che sono i cosiddetti soggettivismi della valutazione. - Effetto alone Si estende come la macchia sulla camicia che ci siamo appena messi. L’effetto di alone è la tendenza a interpretare le caratteristiche di una persona o di un prodotto alla luce di una caratteristica che diventa eccessivamente influente, pur essendo poco o per nulla pertinente rispetto all’oggetto della valutazione Tali caratteristiche diventano pervasive sull’intero giudizio. “Alle medie il professore di storia non dava tregua agli studenti che provenivano da famiglie svantaggiate e così il primo errore o al prmo uso del dialetto penalizzava e considerava insufficiente l’interrogazinoe a prescindere dalle cose dette. Invece agli studenti con genitori laureti veniva concesso tutto il tempo per riprendersi e sviluppare meglio il discorso (Corsini, 2023, p,. 41)” in questo caso abbiamo il background familiare e su questo si focalizza tutta la relazione. - Effetto stereotipia (o fissità valutativa) Il docente si rappresenta gli studenti come entità costanti, invariabili («ottimo studente»; «studente disimpegnato»…). Noi tendiamo a farci un’idea di un ragazzino che pero’ non facciamo cambiare nel tempo, rischiamo di non concedere alla persona di dimostrarmi che è cambiata. Questo va molto bene a chi viene considerato in senso positivo; va male a chi viene considerato in senso negativo perché se mi fa ad esempio un buon tema il mio pensiero è “ah gli è andata bene, o ha copiato”. Il rischio è che l’idea che noi abbiamo di quell’alunno poi gli venga continuamente proposta. Quello che può succedere è che l’alunno si adegui a questa immagine che io gli rimando. Questo accade non solo quando diamo rimandi negativi, ma anche quando diamo rimandi eccessivamente positivi in situazioni di 11 grande difficoltà, se ho un bambino che non riesce a fare le cose a cui dico continuamente “ma no ma sei bravo”, gli do dei bei voti per non umiliarlo senza motivarli, leggerà in questo mio comportamento che io da lui non mi aspetto nulla. Quello che dobbiamo imparare a fare è dare le informazioni giuste nel modo migliore. Tende quindi ad attribuire agli studenti caratteristiche strutturali stabili e a non percepire le modificazioni dei comportamenti o a non considerare quelli non coerenti con la rappresentazione Costruita. L’immagine che mi creo non da la possibilità alla persona di dimostrarmi che è cambiata. “Un professore di lingua fa regolarmente dettati. Ben presto egli conosce gli alunni che abitualmente riescono meglio e quelli che riescono meno bene in questo esercizio. Se si determina la frequenza degli errori «dimenticati», non colti dal correttore, constatiamo che le dimenticanze in favore degli alunni bravi sono significativamente più elevate che quelle verso gli alunni meno preparati. Nel primo caso, l’insegnante si aspetta di non trovare errori, nel secondo li aspetta al varco (De Landesheere, 1971, in Corsini, 2023, p,. 42)”. - Effetto della somiglianza presunta Questa tendenza comporta negli insegnanti la propensione a attribuire tratti positivi agli allievi percepiti simili a se stessi. Questi sono effetti che incidono sulla valutazione nel momento in cui usiamo degli strumenti che ci concedono di farlo come nel caso di un film o di un’interrogazione, o in quelle prove in cui noi insegnanti abbiamo un margine di discrezionalità importante, anche nel condurre la prova stessa. - Effetto Pigmalione (o delle attese) Tendenza dell’alunno ad adeguarsi alle attese (positive o negative) che percepisce su di sé. Rosenthal e Jacobson (1965) sottoposero un gruppo di alunni di una scuola primaria californiana ad un test di intelligenza. Successivamente selezionarono, in modo casuale e senza rispettare l'esito e la graduatoria del test, un numero ristretto di bambini e informarono gli insegnanti che si trattava di alunni molto intelligenti e con ampie possibilità di successo. Dopo un anno, tali alunni avevano migliorato notevolmente il proprio rendimento scolastico fino a divenire i migliori della classe. I miglioramenti più marcati furono rilevati negli alunni appartenenti a minoranze svantaggiate Soggettivismi legati alle prove (scritte e orali) - Effetto ancoraggio: tendenza a fare affidamento su un'informazione iniziale (l’ancora) per formulare giudizi o decisioni successivi. Come abbiamo fatto noi con il tema, in cui li abbiamo letti tutti prima di dare voto e giudizio, il mio giudizio sugli altri viene ad essere legato ad una serie di informazioni che mi hanno colpito del primo. - Effetto successione: il giudizio su una prova è condizionato dalle prove precedenti, per contrasto: sovrastima o sottostima. Riguarda la globalità della prova. 12 - Effetto distribuzione forzata: tendenza a distribuire i voti secondo la Gaussiana. Deve avere tanti voti centrali e poi pochi ai due estremi, tende a distribuire i voti seconda quella linea lì. - Effetto esiti contestuali: i risultati vengono condizionati dagli esiti globali conseguiti in una determinata prova - Effetto contagio: il giudizio è condizionato da giudizi precedenti o contestuali di altri valutatori. Questo è tanto più vero se ci attrezziamo di strumenti e criteri o meno per la correzione di determinate prove. Docimologia 19/11/24 COMUNICAZIONI di servizio La docente ci dice che inserirebbe una lezione l’11/12, evitandoci quella del 18/12 (essendoci l’esonero di pedagogia sperimentale). Le lezioni dell’11/12 e del 17/12 sono di 3 ore. Ci dice che se dovesse accadere qualsiasi cosa per cui ci treoveremo a saltare qualche lezione, si cercherà di recuperare entro Natale. RIASSUMENDO La docente ci dice che nel giro delle 6 ore che avremo tra oggi (2 ore) e domani (4 ore) dovremo parlare di un po’ di cose. Oggi dovremmo finire questa parte di approfondimento sulle implicazioni della valutazione e sulle sue problematiche, mentre poi domani arriveremo ad una sistematizzazione: riprenderemo man mano queste cose per andare a vedere come la ricerca docimologica nel tempo ha cercato di dare delle risposte (potremmo anche dirci, già solo sulla base di quanto abbiamo già visto fino ad ora, che queste non sono tutte risposte efficaci). Provando a correggere dei temi, la scorsa settimana abbiamo visto e toccato con mano quanto valutare delle prove molto aperte (senza una serie di strumenti e criteri disponibili), provochi una serie di problemi: abbiamo visto come ciascuno di noi, nei diversi temi corretti, abbia dato valutazioni differenti; invertito l’errore nella scala; la graduatoria dei temi e così via. Abbiamo anche visto come questo dipenda da una serie di fattori che abbiamo chiamato soggettivismi della valutazione. Questi riguardano specificatamente due ambiti: - da una parte l’ambito relazionale, ossia il tipo di dinamica che si instaura tra chi sta valutando e chi viene valutato. All’interno di essa entrano di gioco una serie di fattori che abbiamo chiamato “effetto alone”, “effetto stereotipia”, … che vanno in qualche modo a interferire con il tipo di giudizio che i valutatori esprimono nei confronti di colui che sta in quel momento ad essere valutato. Abbiamo visto come tra essi vi sia anche un altro effetto molto importante, che abbiamo chiamato effetto pigmalione o della profezia che si autoavvera. Questa provoca che la persona vada a rispondere alle attese che vengono proiettate su di essa, finendo così per adeguarcisi (in senso negativo o positivo). Dall’altra abbiamo anche visto che ci sono una serie di soggettivismi che riguardano non tanto la dinamica che si instaura tra due persone, quanto le prove e le valutazioni pregresse della persona. Quindi, abbiamo anche visto come vi possano essere dei soggettivismi che vadano a riguardare la sequenza con cui vengono valutate le prove delle diverse persone: se c’è 13 una persona molto brillante/una prova molto brillante prima, quella successiva verrà probabilmente percepita in maniera differente e sottovalutata rispetto alle sue caratteristiche effettive e viceversa. Abbiamo visto come il far riferimento a valutazioni precedenti della persona possa interferire rispetto alla valutazione da darsi in quel momento; o come far riferimento a valutazioni che quella persona ha ricevuto da altri insegnanti possa ulteriormente andare a interferire con la valutazione in questione. VEDIAMO QUATTRO VIDEO (sono caricati su moodle sotto la lezione di oggi) Abbiamo detto che avremmo provato a vedere degli esempi di come questi effetti si giochino. La docente ci dice che ora vedremo quindi 4 brevi video che sono stati costruiti apposta dalla docente (insieme ad altri professionisti) quando sono stati strutturati e avviati una serie di percorsi di formazione da somministrare ai colleghi insegnanti sulla valutazione. Sono contestualizzati in ambito accademico, quindi questo potrebbe addirittura consentirci di ritrovarci in essi. Sono tutte situazioni che potrebbero essere trasferite anche negli altri ordini scolastici, con la differenza che a volte alcuni effetti potrebbero giocarsi di più o di meno a seconda delle dinamiche (ad esempio, di più verso una studentessa che viene a sostenere l’esame, ma che si incontra per la prima volta perché non ha mai frequentato il corso; viceversa, di meno verso una persona che ha frequentato e di cui l’insegnante ha già un’idea in testa). Ora li vedremo, poi annoteremo qualche appunto su quello che osserviamo e magari anche su cosa si possa fare per correggerli, dopo ne discuteremo un attimo tutti insieme → questa sarà un’ATTIVITÀ da inserire nel PORTFOLIO, quindi, è necessario farla per bene!! [NOTA BENE: non inserisco appunti miei, ma passo direttamente alla discussione collettiva emersa dopo la visione e agli interventi fatti dai colleghi, oltre che ai commenti della docente]. VIDEO 1 – “Cosa ne pensa la collega” La docente chiede: quindi, cosa è successo? Cosa e quante cose avete osservato? Interviene un collega: “sicuramente l’idea che un professore faccia certe domande mentre l’altro no; quindi, parto già dal presupposto che il docente mi farà quelle domande, pertanto se so di passare con quel docente, negli ultimi minuti riguarderò unicamente gli argomenti che suppongo che mi chiederà, anche se in realtà questo non è vero. Come abbiamo visto nel video, il docente è passato dal fare domande generiche al farne una specifica, lasciando stupito lo studente”. La docente, quindi, risponde che quindi, noi ci facciamo delle idee - tipo che un docente si affezioni a certi argomenti - di conseguenza le strategie (se calcolando ci rendiamo conto di passare con lui) sono ripassarsi quelle domande o andare direttamente in bagno”. Continua affermando che questo sia un primo problema, poi ve ne è un altro correlato a quella che è la dicrasia tra quello che è il programma e quello che viene chiesto di fatto, poiché succede anche quello. Chiede a questo punto a noi studenti se ci sia altro. Una collega afferma che lo studente non è disposto a mettere in dubbio di stare sbagliando, nel senso che prova a inseguire la propria causa in qualche modo, però il professore non gli pone le domande che si aspettava. La docente ci fa una domanda per precisare: “nel video quello che viene inquadrato è il professore che ha tenuto il corso o è un altro? O è un altro che è venuto a interrogare?” > la risposta degli studenti è che è un altro. Un'altra ragazza interviene dicendo che l’alunno è stato bocciato per aver risposto male a una domanda sola, quando magari questo era molto più preparato di così su altri argomenti, ma non gli è stato nemmeno data l’opportunità di dimostrarlo facendogli altre 14 domande. La docente prosegue sottolineando la dinamica in cui a lui è stata fatta una domanda che non era stata spiegata a lezione, ma che il professore dice che “era nel programma”. Questo denota che probabilmente non vi fosse un elevato campionamento delle domande: il professore si basa su una risposta andata male a un argomento a cui lui è particolarmente affezionato; decide che la prova non è superata a partire da questo. Non sappiamo se quello fosse un elemento fondamentale, dovremmo chiederlo alla Cerrato: noi non sappiamo quanto grave fosse non sapere questo presupposto di base, potrebbe essere un degli argomenti che, se non lo si conosce bene, compromette la preparazione anche degli altri. Sarebbe come se all’esame di docimologia non sapessimo definire il concetto di “affidabilità” (che non conosciamo ancora, ma che ovviamente vedremo). Un'altra collega trova singolare il fatto che lo studente insistesse sul sentire il parere della professoressa in merito ai contenuti rispetto a cui è stato interrogato: la professoressa Torre dice che questo sicuramente indisponga un po’ di più il professore, pertanto potremmo chiederci se la bocciatura dipenda dal fatto che lui non abbia risposto alla domanda, se l’argomento fosse molto caro al docente (che quindi pretendeva un altro tipo di risposta) o se quest’ultimo sia rimasto semplicemente contrariato dalla reazione dello studente. In gioco potrebbero esserci molte ragioni, che tuttavia non dovrebbero entrare nella valutazione. La docente dice poi che vi era ancora una cosa da potersi osservare, ovvero cosa dicono i ragazzi all’inizio, poiché uno dei due dice di “essere fortunato perché l’altro docente è di manica larga”. Noi ovviamente non possiamo sapere se sia vero o meno, però questa potrebbe certamente essere una percezione degli studenti. Noi stessi, in quanto studenti, ci portiamo dietro da vari esami quello che ci è stato detto dai colleghi degli anni precedenti (es. cerca di passare da quello, non da quell’altro, …). Nel video c’è quindi una percezione da parte degli studenti che un professore/ssa sia più di manica larga; più legato/a ad alcuni contenuti rispetto che ad altri: qui, nuovamente, questo ci dice qualcosa su due aspetti, nonché che una della due è probabilmente una mancata trasparenza dei criteri di valutazione (anche perché se io ti boccio perché non hai saputo rispondere a una domanda, devo spiegarti che questa è la motivazione perché quello è un elemento fondamentale per la disciplina > attenzione però, perché gli elementi fondamentali della disciplina sono sicuramente tanti, quindi uno a priori non basta per bocciare), dovrei dirti quali siano tutti i criteri che mi hanno portato a definire che secondo me (che sono l’insegnante in questo caso) non hai raggiunto un livello tale da consentirmi di farti passare l’esame. C’è poi appunto l’idea che vi siano “docenti più di manica larga” e “docenti meno di manica larga”… e il che è vero! Lo abbiamo visto anche noi, quando la volta scorsa abbiamo dato anche dei 9 alla ragazzina del testo che abbiamo corretto; alcuni nei tre temi hanno usato una gamma di voti che va da 5 a 7, mentre altri l’hanno utilizzata tra i 6 e il 10. Vi è un utilizzo differente dei voti e che può far pensare che un certo docente possa essere più magnanimo di un altro. ATTENZIONE al fatto che questa potrebbe anche essere una nostra percezione, dovuta magari alla relazione che costruiamo con un certo docente. Ad esempio, se un docente spiega le cose con calma, magari boccerà anche più persone, ma questo si noterà meno; quindi, anche chi viene bocciato riconosce magari qualche elemento in più per riuscire a riprepararsi. Lo stesso discorso si può fare alla rovescia. Tutto questi è un problema, perché stiamo parlando di distorsioni che entrano nella 15 valutazione quando essa non è condotta nella maniera adeguata. Qui, insieme a tutti i fattori visti la volta scorso, entra poi in gioco un altro fattore, nonché quello della validità delle prove. Se chiedo solo un certo argomento di tanti che si sono dovuti studiare, rischio di incorrere in un problema di validità di contenuto, ovvero in una prova di valutazione che viene costruita e sottoposta per rilevare quello che si è acquisito al termine di un certo percorso di apprendimento → non essendo sempre possibile chiedere tutto a tutti, questa dovrebbe essere in grado di campionare adeguatamente le cose che sono state studiate. Si cercano i macro-temi del corso, che dovrebbero essere chiesti a tutti: questo dovrebbe eliminare quel problema per cui uno riesca a uscire da un esame dicendo che gli è stato chiesto proprio quello che non sapeva o viceversa, proprio quello che sapeva al meglio. Questo è un elemento che noi riusciamo a tenere in considerazione facendo una prova scritta (in quanto tale ci consente di costruire con calma uno schema per cui più o meno tutti gli elementi possono essere toccati), ma che riusciremo a controllare meno in una prova orale (il tempo a disposizione è limitato; le persone sono tante; ecc). QUINDI, IMPO: Occorre cercare di capire quali siano i nuclei fondamentali di una specifica unità di apprendimento, in maniera che, all’interno di ciascuno, ogni bambino riceva una domanda. VIDEO 2 – “Per me 27 è un bellissimo voto” La docente riparte chiedendo: quindi, cosa successo in questo video? Cosa e quante cose avete osservato? In questo c'è un esame orale, ci sono due che interrogano insieme. Questo potrebbe essere il primo/secondo appello dopo la fine del corso, dove sono tutti quanti preparati. Hanno già dato tre 30 e a questa ragazza dicono che è andata molto bene e le danno 27. La docente ci chiede: perché? Una studentessa risponde che sono influenzati dal fatto che hanno aggirato dei voti precedenti; quindi, se lei fosse passata probabilmente per prima, magari le avrebbero dato un voto più alto. La docente ribatte dicendo di sì, ma dice che qui non c'è il tema dell'influenza della professione degli altri, perché (ascoltando con attenzione, vedremmo che) loro dicono che lei è stata molto brava, ma che hanno già dato quei tot voti troppo alti. Una collega a questo punto interviene dicendo: “Il discorso è quello che dicevamo della distribuzione gaussiana, ovvero che noi docenti dovremmo essere soddisfatti se tanti studenti si collocano nella fascia alta, perché vuol dire che hanno raggiunto quasi tutti gli obiettivi a cui si tende, però in realtà c'è anche la tendenza a far collocare in più nella parte media”. Un’altra studentessa interviene dicendo che secondo lei la professoressa non voglia essere reputata alta con i voti, anche perché esordisce dicendo che difficilmente dà voti così alti (dopo che lei commenta il voto ricevuto). La professoressa dice che c'è un evidente problema di come stanno andando gli esami, però afferma anche che (come abbiamo detto) è vero che lei sia passata dopo persone molto brave, ma è brava anche lei e questo non viene assolutamente messi in dubbio. Questa è probabilmente una cosa che in questo caso fa ancora più arrabbiare, poichè se ci fosse l'effetto successione (= il fatto che, per esempio, io ho sostenuto l’esame dopo tre persone molto brave, quindi la mia preparazione viene sottostimata), ci starebbe, ma in questo caso viene addirittura riconosciuto il valore di quello che lei riesce a fare. Il motivo che viene esplicitato è che sono già stati dati troppi voti alti; quindi, rientriamo di più nel problema della distribuzione forzata dei risultati. 16 Nel video un docente dice sostanzialmente “no, secondo me in un esame/in una prova, i miei studenti non possono avere tutti voti alti, quindi non posso più darne”. Pensandoci, ci potrebbe stare quella riflessione che ha fatto qualcuno sul fatto che lei non voglia essere vista come troppo di manica larga. Questo a volte può succedere ed è verosimile: la docente ci dice che alle volte sente dei suoi colleghi che si lamentano del fatto che gli studenti non siano più studiando sui libri, ma sulle slide, quindi per intervenire in questa direzione, in un appello si fanno domande solo sui libri in modo da farli ricominciare a studiare da lì. Questo è dato dal fatto che ogni tanto vi sia la percezione che si studi solo più sulle slide, che ovviamente non possono riportare tutto: alcune cose sarebbero da integrare con i libri, ma siccome gli studenti non lo fanno, certe cose inevitabilmente non le sapranno. Tornando a questo caso specifico, è assolutamente folle che una persona non dia dei voti alti a uno studente ben preparato, perché vado proprio contro a tutti i traguardi di apprendimento che sono stati previsti e va contro il docente stesso. Come dicevamo l'altra volta, il mio compito come docente non è punire gli studenti: come docente il compito è fare in modo (il più possibile) che tutti gli studenti riescano a raggiungere tutti i traguardi che ho previsto nel modo migliore possibile, ma ovviamente sempre in rapporto alle risorse di ciascuno. Il fatto che io decida che più di un tot studenti non può avere un certo voto, va contro il MIO interesse di insegnante! La motivazione che sta dietro a quello è che, in una distribuzione casuale delle cose, i voti dovrebbero distribuirsi secondo la gaussiana, il problema è che se io insegno e gli studenti studiano non è più una distribuzione casuale delle cose: io ho fatto qualcosa che, se è stato esposto bene da me e recepito adeguatamente dagli studenti, dovrebbe portare a uno spostamento che va contro la distribuzione normale delle prestazioni. La docente continua dicendoci che è un po’ come quando confrontiamo il gruppo sperimentale e il gruppo di controllo di un esperimento: se si introducesse una variabile che funziona bene, quella dovrebbe produrre PER TUTTI un avvicinamento al massimo dei risultati. Nota bene Il modo con cui il docente fa gli esami, dà delle indicazioni allo studente su come deve studiare per quegli esami! Quindi, se io faccio storia nel migliore dei modi (inserendo video, facendo fare drammatizzazioni, costruire robe, fare giochi), ma poi valuto l'apprendimento con una prova in cui chiedo le date specifiche, i nomi nel particolarissimo e così via, verrà a generarsi una discrasia. Inoltre, tutta la fatica che io faccio per costruire nell'unità l'apprendimento ricca e coinvolgente viene sprecata, perché poi i miei alunni studieranno a memoria. Gestire la valutazione è importante anche per indirizzare come mi aspetto che gli studenti studieranno. Deve esserci coesione tra come insegno e come valuto. Digressione della docente I primi anni che si sono introdotte le prove invalsi, è stato un disastro, perché? Gli studenti non erano abituati a rispondere a queste prove. C'era una costituzione della didattica in un certo modo, c'erano delle modalità valutative che erano ovviamente diverse dalle invalsi: gli studenti non erano abituati a questo genere di domande e risposte. Se io non sono abituato a quel tipo di prova, probabilmente avrò più difficoltà a farla; viceversa, più sono abituato e allenato, più riuscirò meglio. Quindi, gli insegnanti come hanno risolto questa situazione invalsi? Facendo fare esercizi, ma questo ovviamente non funziona molto bene. 17 Questo video ci insegna tutte queste cose. VIDEO 3 – “la domanda che ho fatto al collega” La docente inizia: - Quindi, vediamo uno studente, a cui fanno una domanda. - E poi? Cosa gli fanno? Gli danno 19. - Perchè? Ha saputo tutto tranne la domanda più importante → la professoressa si focalizza su questo: l'ha motivato, dicendo che è stato perché l'argomento più importante era insufficiente. - E lui cosa dice? “Sì, ma del resto ha saputo tutto, solo che non sono stato frequentante”. Ricordiamoci il video di prima. Lì era stato detto che, anche se non era stato fatto a lezione, era sul libro. - Qui invece cosa viene detto? Che non era sul programma, ma che comunque era stata fatta a lezione. La professoressa, quindi, procede partendo da questo: una volta viene detta una cosa, mentre la successiva il suo opposto. Il problema è che non strutturare la valutazione in modo adeguato ci porta a disparità di questo tipo (poi sono ovviamente sono due brani diversi). In questo video, oltre alla valutazione, deve farci riflettere anche il problema di chi frequenta e chi non frequenta, perché all’università è particolarmente importante da tenere presente, mentre nella scuola forse lo è un po’ meno. Riflettendoci in un ambito universitario, forse non c’era davvero l’informazione che l’alunno stava cercando. In quel caso, bisogna mettere a disposizione tutte le informazioni perché sia possibile raggiungere i traguardi e ottenere le indicazioni sul compito (però in questa fase ci interessa un po' meno). - Cosa succede dopo? Ha detto che avrebbe fatto la stessa domanda che è stata fatta al collega, tra l’altro è una cosa già successa anche a noi. La docente a questo punto ci chiede se questo sia un bene o un male che rifaccio la stessa domanda. Cosa succede se io rifaccio la stessa domanda? Ci risponde lei: è possibile che non tutti gli studenti arrivino perfettamente preparati ad un esame, ma soprattutto l’effetto successione gioca moltissimo, soprattutto quando tu rifai quella domanda dopo che quello prima, non ha risposto bene… e lo espliciti anche mentre stai facendo la domanda all'altro! Quindi, abbiamo un effetto successione che gioca in un modo enorme e più in generale lui non c'entra niente: in alcun modo deve “entrare nell’orale” dell'altra collega. Lì gioca tantissimo l’effetto successione e non se ne può uscire, perché se appunto l’individuo non ha risposto in maniera adeguata con l’aspettativa del docente (e quest’ultimo se ne ricorda perché non è stato distratto) e viene fatta la medesima domanda anche a chi viene dopo, metto in enorme difficoltà la persona che arriva, a prescindere che la sappia o non la sappia → se la sai, ti va benissimo, ma se anche tu sei traballante, sei finito. Questo perché inizierebbe a subentrare il “questi non hanno studiato niente”. Allora, probabilmente se tanti studenti non sanno rispondere come tu pensi che debbano rispondere a una certa domanda, il problema non è solo degli studenti. Probabilmente risiede in qualche elemento della spiegazione che non ha funzionato correttamente (che sia stato tu docente a non essere chiaro, il fatto che gli alunni non avessero capito ma non si osassero chiedertelo, ecc), a prescindere da quale esso sia. QUINDI, prima - durante il percorso, non in sede d’esame - sono entrati in gioco una serie 18 di elementi che evidentemente non hanno funzionato, per cui non sarebbe opportuno punire poi tutti perché non sanno una determinata cosa. In un contesto universitario è molto più difficile, perché se non tratti un argomento a lezione, non puoi rimediare sul momento, al massimo puoi fare un cambiamento in vista dell’anno successivo, mentre a scuola c’è più flessibilità in questo senso. La docente ci racconta di un avvenimento che ricorda di quando era più giovane. Vi era un esame di psicologia dinamica per cui giravano delle dispense. All’interno del programma d’esame si parlava ovviamente anche di Jung, che tra le varie cose è noto per gli “archetipi”. In queste dispense però gli “archetipi” erano diventati “prototipi”, quindi tutti gli studenti arrivavano agli esami parlando di “prototipi”. Si è capito solo dopo quale fosse stato il problema, tuttavia molto probabilmente i primi ad aver sostenuto l’esame commettendo questo errore ne avranno pagato un po’ le spese. - Tornando al video, cosa succede poi alla studentessa? Una collega risponde che dopo che la ragazza esaminata nel video ha risposto alla domanda, il docente si è distratto (e anche questa è una cosa che può capitare, come sottolinea la Torre). Un’altra compagna aggiunge l’ipotesi che ciò sia accaduto proprio perché probabilmente per il professore la prima domanda era la più importante, mentre le altre erano più di contorno, per fare durare di più l’esame. Subentra una terza collega che afferma che secondo lei si è distratto, non tanto perché lei è partita a rispondere bene, ma perché il docente forse l’aveva già previsto: la nostra collega dice infatti di avere notato che, quando la ragazza nel video si è seduta, il professore ha accennato un sorriso e l’ha salutata con un tono differente da quello che viene usato con una persona mai vista prima, quindi che probabilmente l’ha riconosciuta in quanto frequentante. La Torre quindi prosegue, dicendo che quindi la studentessa partisse già con l'effetto alone, magari dato dal fatto che lei avesse frequentato tutte le lezioni in prima fila, oppure al contrario fosse sempre distratta ad usare Instagram (anche perché un’altra grande verità è che i professori universitari si ricordano di noi) → potrebbe essere un’alternativa. Ci sta anche, poi, che in una prova orale come quella del video (che richiede tempo, vede passare una grande quantità di persone in sequenza che ripetono sempre le stesse cose che vengono dette da te a lezione) il docente ogni tanto possa deconcentrarsi per un attimo, ma sta di fatto che comunque si sia perso e che di conseguenza forse non sia così lucido nella valutazione. Attenzione però: questo entra in gioco, ma non è tutto. - La docente ci chiede cos’altro entri in gioco nella valutazione, aggiungendo che tra l’altro entrino in gioco due elementi contraddittori. Prima il docente ha detto che è andata bene, poi le ha chiesto la media (commentando che fosse un po’ bassa) e infine le ha dato un voto più alto dell’altro studente maschio. Ragioniamo su questo: lei avrebbe potuto avere un voto altissimo, ma aveva la media bassa e questo ha tirato giù il voto. Interviene una collega, che dice che comunque doveva mantenere un certo distacco con quello di prima e che probabilmente, essendo comunque andata bene, voleva darle un voto che in qualche modo le alzasse la media. L’idea, quindi, è che vi siano sicuramente l’effetto successione e l’effetto alone (legato ai pregiudizi per cui le donne studiano di più e così via). Quindi, il docente va a definire il proprio voto in relazione alle valutazioni date e ricevute dagli altri professori. 19 VIDEO 4 – “speriamo sia la volta buona” Torre: Come cominciamo? Cosa vi siete appuntati? Una collega afferma che viene fatto un commento sull'aspetto fisico e sul modo di vestire. Questo può già aver determinato una questione legata alla poco importanza verso quello che stai facendo. La professoressa dice che quello è il classico effetto alone (= vedo come ti sei vestito e lo commento, in modo da farti capire che me ne sono accorto). Sicuramente questo è un effetto che gioca, per questo motivo agli esami è consigliato vestirsi bene. Un’altra studentessa dice che potrebbe trattarsi di quello che lei chiamerebbe “effetto contagio/effetto fantasma”, nel senso che si rifà alla prova precedente, ma questa volta in riferimento allo stesso ragazzo. Nonostante lui fosse andato molto bene, infatti, gli viene offerto solo 24 perché è come se stesse facendo una media con il voto precedente (tipo: questa volta 30, la volta scorsa 17 > oggi ti offro 24). Forse anche legato a questo (aggiunge una compagna), l'insegnante nel video gli dice che “lo hanno aiutato, perché sono state fatte le stesse domande dell’altra volta”, però questo non è stato chiesto dallo studente, è stata una scelta dell’insegnante che poi si è proposta come una penalità. In un certo senso, è come se l’insegnante stesso avesse già deciso in partenza che più di 24 non avrebbe dato, anche se lo studente avesse alla perfezione, perché avrebbe saputo saputo rispondere solo a queste domande. La professoressa Torre aggiunge che un effetto alone gioca nel fatto che sia vestito un po' estivo e che al seminario gli hanno detto che non era stato tanto attento. C’è quindi poi anche quello di cui abbiamo appena parlato: mi ricordo di te, mi ancoro a quello e ti faccio la stessa domanda per aiutarti… però so che ti sto aiutando, quindi non ti posso dare un voto troppo alto. Inoltre, è importante quello che è stato detto dalla collega poco fa: è come se avesse fatto la media tra il voto prima e dopo (e questa è una cosa che si fa, basta pensare alle verifiche di recupero). Viene fatto un intervento da una studentessa, questa dice che alle superiori da lei i docenti reputavano che, nel momento in cui un’insufficienza veniva recuperata, la valutazione precedente andava cancellata. Quell’insufficienza, infatti, potrebbe essere stata data da qualunque motivazione (non hai capito l’argomento, giornata storta, svista) e di conseguenza nel momento in cui recuperi, hai effettivamente raggiunto quel traguardo (l’insufficienza, infatti, ne è il mancato raggiungimento). A questo punto, la docente interviene chiedendo se, secondo noi, nel momento in cui io raggiungo quel traguardo, posso dire che l'ho raggiunto un po' meno perché prima non l'avevo raggiunto. Fa poi un esempio e dice: “Quello che vince il record mondiale di 100 metri di corsa, quante volte non avrà fatto un punteggio da record mondiale di 100 metri? Oppure, se io faccio un percorso in tre ore e vinco il record del mondo, quante volte prima l’avrò fatto in quattro? E allora non vinco più il record del mondo perché prima l'ho fatto in quattro? Forse no”. Un’altra collega sottolinea però la necessità, per lei, di penalizzare in qualche modo il fatto che l’individuo non fosse pronto nel momento in cui la prova è stata somministrata. La professoressa risponde che quello però riguarda un altro aspetto, che si può tenere in considerazione, ma prima precisa che il termine “penalizzare” non sia esattamente adeguato a suo avviso. Continua, poi, dicendo che se si vuole registrare il fatto che una delle cose che viene 20 chiesta all’alunno è di essere pronto nel momento in cui deve esserlo, allora devo essere certo che questo gli sia chiaro. Non posso però dirgli: ”Non ti do 10 perché prima sapevi 4”. Se ci riferiamo al raggiungimento dei traguardi, questo ad un certo punto viene raggiunto a un livello diverso, ma non dovrebbe esserci un avanzamento legato unicamente alla teoria. Io devo verificare il raggiungimento del traguardo in un certo percorso. Questo, quindi il fatto di non essere pronto perché magari ce l’ho messa tutta ma non ho capito, è giusto che venga penalizzato? No. Se poi la valutazione insufficiente è data da un disinteresse, allora forse quella è una valutazione che entrerà anche nel comportamento magari, ma non ci sarà un solo fattore a farmelo capire. Una collega aggiunge che dipende anche dalla frequenza con cui capita: se si prende un’insufficienza una volta che deve essere recuperata è un conto, ma se capita ad ogni verifica o se in quell’occasione si sta assenti, è un altro. Tutti questo incide sulla valutazione, però noi dovremmo riuscire a tenere sotto controllo il più possibile tutti questi fattori che entrano in gioco e che vanno sicuramente a interferire con quello che è il percorso scolastico di una persona, anche quando ciò accade in senso in senso buono. Bisogna cercare di essere quantomeno consapevoli che tutte queste cose entrano in gioco. Può capitare di distrarsi quando si interroga, per esempio, ma “può capitare” significa che lo metto in gioco e cerco di attuare delle strategie perchè capiti il meno possibile. In questo l'impatto importantissimo è poter costruire un processo valutabile affidabile. CONTRASTARE I SOGGETTIVISMI NELLA VALUTAZIONE - cenni Domani andremo a riflettere sul concetto di affidabilità. Oggi cominciamo a dire che costruire un processo di valutazione affidabile significa controllare tutti i momenti che fanno parte, che compongono un processo valutativo, perché la valutazione non solo correggere la verifica. PROCESSO VALUTATIVO AFFIDABILE Scelta degli obiettivi da valutare (da scrivere) → La valutazione intanto è capire chiari quelli che sono i traguardi e gli obiettivi che vogliamo valutare e questo significa che devo avere scritti per bene. Per farlo, ovviamente devo aver strutturato l'azione di didattica in maniera coerente e tale da consentire il raggiungimento di questi traguardi. 21 Stimolo: domanda o compito che esige da parte del soggetto una risposta in relazione agli obiettivi → dovrò anche costruire una prova che mi consenta di capire se sono stati raggiunti o no. Dovrò curare molto bene lo stimolo (sia la domanda che il tipo di prova) in maniera che questo metta l'alunno o l'alunna nelle condizioni di rispondermi e di dimostrargli quanto ha raggiunto proprio quegli obiettivi. Vi ricordate il tema della volta scorsa? “Il mio migliore amico”. Che obiettivi va a far rilevare? Voglio rilevare la capacità del bambino di descrivere, di costruire un testo di descrittivo o vuole andare magari a rilevare la capacità di produzione scritta come una capacità di articolare delle frasi, o entrambi? O mi interessa di più che il bambino esprima degli aspetti emotivi? A seconda degli obiettivi, lo stimolo deve essere chiaro, altrimenti sarebbe come misurare la temperatura esterna con un barometro. Risposta: reazione del soggetto allo stimolo → Deve essere tenuta sotto controllo modo coerente con ciò da cui è stata preceduta, quindi per osservare la risposta non posso proporre una cosa estemporanea. Per esempio, se devo valutare la comprensione di un certo argomento facendo costruire una mappa concettuale, non posso farlo senza prima aver insegnato ai miei studenti come creare le mappe concettuali, perché altrimenti la risposta che osserverò sarà data da ansia e agitazione. Rilevazione: operazione di osservazione o raccolta delle risposte → devo gestire anche la modalità di osservazione delle risposte, quindi urge chiedersi: “come faccio a capire quali sono le risposte che mi sono date?”. Questo è molto semplice nel momento in cui io ho fatto, ad esempio, una prova strutturata (come un test a crocette) per cui le modalità di correzione possono prevedere ipoteticamente anche il lettore ottico per rilevare le risposte. Molto più complesso è il caso in cui io sostenga un’interrogazione orale. Valutazione: confronto del dato rilevato con un criterio → devo poi tenere sotto controllo il passaggio successivo, cioè la trasformazione di questi dati, di questi elementi che ho rilevato, in un indizio sulla prestazione del singolo alunno. quindi non aveva un vuoto per proprio. Viene fatta una domanda/intervento da una collega: quando abbiamo visto il video abbiamo notato che ci fossero due professori a interrogare, però poi nella valutazione non ha avuto nessun peso questa cosa; non c’è mai stato un momento di discussione e condivisione tra loro per decidere la valutazione da dare. Più che altro, la secondo figura sembrava essere lì in qualità di spettatore, non aveva un ruolo vero e proprio La professoressa risponde che domani, quando faremo la tappa della docimologia, vedremo che una delle soluzioni che la docimologia propone per limitare questi soggettivismi è la valutazione in commissione, ma alla fine anche questa valutazione lascia il tempo che trova. Questo perché intanto bisognerebbe che le persone si parlassero (come detto dalla studentessa), ma anche quando ciò avviene, essendo all'interno di una commissione, entrano in gioco una serie di dinamiche che fanno sì che uno a volte prevalga sull'altro oppure si verifichino altre dinamiche (es. decidono di dare un voto poi si fa la media) per cui non si esce sempre con una valutazione precisa, che rispecchi il pensiero di tutti in ugual modo. Si è studiato quanti commissari ci vorrebbero per rendere affidabile la valutazione in matematica o in filosofia o in lingua madre (eccetera) e siamo nell’ordine delle centinaia. 22 PER CONTRASTARE I SOGGETTIVISMI Qui abbiamo qualche piccolo accorgimento, che nei limiti del possibile, ci aiuta a rendere più affidabile il processo. Intanto una buona cooperazione degli obiettivi e dei traguardi si compie anche attraverso i comportamenti osservabili, quindi stiamo parlando di un buon lavoro di operazionalizzazione. → Qualità dei dati informativi: Ricchezza delle fonti di informazione → ampliare le fonti e quando è possibile, utilizzare più elementi diversi magari (una volta uso la scritta, una volta la prova orale, una volta faccio lavoro a gruppi). Non tutti hanno lo stesso rendimento rispetto alle fonti, alcuni vanno meglio nelle prove scritte, mentre altri nelle prove ora. Nella scuola possiamo fare molte prove non formali e sarebbe molto utile farle per raccogliere informazioni diverse. Riferimento a comportamenti osservabili… → Qualità dell’inferenza: Consapevolezza sulle PROPRIE DISTORSIONI frequenti e sulle condizioni in cui avvengono (es. orale più che scritto…) → dobbiamo avete un minimo di consapevolezza su come funzioniamo. La docente, per esempio, sa che quando si trova davanti una persona che lei definisce “aver studiato a memoria anche il copyright”, le sale il nervoso e la voglia di fare una domanda brutta per via del fastidio, QUINDI ha imparato a controllarlo. Serve conoscere bene gli svantaggi e le critichità, in modo da bilanciare. [aiuuut, menomale che è scritto] Uso di REGOLE di corrispondenza invarianti (es. criteri di correzione stabili). ANNOTAZIONE SISTEMATICA nella correzione scritta e nell’interrogazione orale per evitare effetti di memoria, alone… → SEMPRE annotare le cose! Anche quando fa un’interrogazione orale, la professoressa dice di segnarsi con dei segni grafici (che lo studente non può comprendere come reputa che sia andata la sua risposta in quella domanda. Questo aiuta a ricordare cosa è stato chiesto, cosa domandare agli altri e ad avere qualcosa di scritto su cui riflettere. In questo modo, cala il rischio di ricordare solo quello che non ci è piaciuto o ci ha dato fastidio. CONTROLLO DEI PROPRI STATI EMOZIONALI (simpatia, antipatia; identificazione, proiezione…) → Utilizzare un SISTEMA DI RILEVAZIONE EFFICACIE! Occorre costruirci un sistema che ci consenta di poter rendere sempre più affidabili le nostre rilevazioni, tenendo presente che la valutazione ha delle ripercussioni sul percorso scolastico degli studenti, facendoci sovrastimare o sottostimare tutta una serie di prestazioni. Questo ha evidentemente un peso notevole, soprattutto parlando di momenti valutativi che chiamiamo formativi o certificativi, ovvero quelli che avvengono alla fine di un percorso scolastico (quando si decide se bocciare una persona, se ammetterla agli esami di fine ciclo scolastico, ecc). La valutazione ha un peso e può creare dei problemi di identità, soprattutto perché a volte viene proprio valorizzata e presa come riferimento (in passato, il voto di maturità influiva al 23 20% nel test di ingresso di medicina). In questo caso sicuramente se ne è delle possibilità che possiamo offrire alle persone. Stessa cosa vale per l'università: una valutazione non corretta potrebbe giocare la voce di qualcuno. Bisogna starci attenti. È anche importante, al di là di questi momenti che possono essere problematici, l'effetto che la valutazione ha dal punto di vista affettivo le persone. Essere valutati non piace a nessuno. In qualche modo, quindi, la reiterazione di modalità valutative non affidabili, non trasparenti e non adeguate, può incidere su tutta una serie di elementi dell'atmosfera affettiva delle persone (questo lo accenniamo ora ma lo vedremo meglio domani. VALUTAZIONE e ASPETTI AFFETTIVI CASO FRANCESCO: “Francesco fa il quinto anno della scuola primaria, con gran fatica. Riesce però ad ottenere voti sufficienti pressoché in tutte le materie, grazie ad un supporto forte della mamma. L’insegnante di matematica gli restituisce la verifica finale del primo quadrimestre, dicendogli che ha preso 6- e che «per lui» è un bel voto, visto che lui fatica molto a capire la matematica e quindi ha premiato l’impegno, nonostante ci siano diversi errori nel compito.” → Che cosa pensate dell’atteggiamento docimologico di questo insegnante? → Che cosa avreste fatto voi? Una studentessa interviene dicendo che, siccome voleva premiarlo, avrebbe potuto dare la sufficienza intera. Un’altra ragazza dice che in quanto docenti si potrebbe (riconoscendo che ha delle difficoltà, ma che ha dimostrato di aver capito qualcosa perché ha fatto alcune cose corrette), cercare di puntare su quello anziché attribuirgli quello che è un bel voto. Questo lo fa sentire ancora più stupido. La professoressa chi chiede secondo noi come potrebbe sentirsi un ragazzino che si sente dire così e inizia lei dicendo potrebbe sentire di non valere niente, perché non è 6, ma 6- e il che significa che per quanto io mi impegni non riuscirò a prendere più di 6-, nemmeno arrivo alla sufficienza. Sentirebbe di valere poco, che potrebbe arrivare solo fino a lì. Una collega aggiunge che sicuramente questo non ti incentiva a provare a fare di più la volta dopo. Anche se magari per quella verifica si è messo il 100%, alla volta dopo (dopo una risposta del genere), anzi, in partenza potrei l'80%, perché tanto comunque, anche se faccio tutto alla perfezione, per quanto riesco io, non vado da nessuna parte. Perché mi dovrei impegnare così tanto in questa cosa, se tanto sappiamo già che a me non viene e loro non riconoscono nemmeno il mio impegno? La professoressa interviene dicendo che quindi una comunicazione del genere potrebbe quindi incidere anche sulla comunicazione, sull’autostima, ma non solo. Questa rischia di cristallizzare nel bambino l’idea di non valere niente e non poter mai arrivare a certi risultati. Domani ripartiamo da qui e vediamo come si può modificare questa situazione. DOCIMOLOGIA 20/11 ore 10:00-12:00 Riepiloghiamo cosa abbiamo fatto fino ad adesso. 24 Stiamo lavorando sulla valutazione scolastica, andando a mettere a fuoco alcuni aspetti di criticità che sono quelli che sono poi stati evidenziati dalla ricerca valutativa sul tema e che andremo ad esplorare nelle prossime lezioni. Abbiamo visto come valutare sia un processo complesso, che porta con sé ampie contraddizioni, che in qualche misura fa si che si rischi di attuare delle distorsioni che sono legate principalmente a come sono costruite e proposte le prove, e che sono dovute a tutta una serie di questioni che possono riguardare l’interro processo valutativo, perché sono in parte questioni di metodo. È quindi importante rendere affidabile il processo valutativo attraverso una chiara e adeguata formulazione dei traguardi che io voglio andare a rilevare, attraverso una adeguata identificazione degli stimoli, ossia delle domande delle prove che io vado a proporre agli alunni, perché questi possano dimostrare a che livello sono rispetto al raggiungimento dei traguardi. Riguardano anche il processo di rilevazione delle risposte, ovvero il modo con cui io riesco a interpretare e a raccogliere i dati che derivano dalle prove che do, che abbiamo visto essere intrisi di soggettivismi. Legato anche ad aspetti relazionali o alla struttura delle prove o alla storia scolastica della persona. VALUTAZIONE E ASPETTI AFFETTIVI (Slide 5) Ci siamo lasciati ieri riflettendo su un potenziale caso, quello di Francesco, andando a fare alcune riflessioni legate in particolare alle modalità che l’insegnante ha utilizzato per comunicare non solo la valutazione ma anche gli elementi su cui ha basato questa valutazione. Abbiamo iniziato a pensare a come in effetti alcune modalità di gestione della valutazione e di comunicazione del titolo formativo, di fatto possono andare ad incidere in modo importante su alcuni aspetti dello sviluppo affettivo dei bambini. Caso di francesco: “Francesco fa il quinto anno della scuola primaria, con gran fatica. Riesce però ad ottenere voti sufficienti pressoché in tutte le materie, grazie ad un supporto forte della mamma. L’insegnante di matematica gli restituisce la verifica finale del primo quadrimestre, dicendogli che ha preso 6- e che «per lui» è un bel voto, visto che lui fatica molto a capire la matematica e quindi ha premiato l’impegno, nonostante ci siano diversi errori nel compito.” Che cosa pensate dell’atteggiamento docimologico di questo insegnante? Che cosa avreste fatto voi? Ieri è venuto fuori che questo bambino riceverà come messaggio dall’insegnante il fatto che da lui non ci si attende che possa fare più di tanto, anche se si impegna, e questo farà si che probabilmente, il povero Francesco, non sarà tanto disponibile ad impegnarsi, perderà motivazione. Ma riceve anche il messaggio che, comunque, non può farcela, perché lui è proprio così, vale poco e quindi questo messaggio andrà ad incidere anche sulla sua autostima e così via. 25 Forse, a pensarci, potrebbe sembrare che questo fenomeno non sia così importante, ma in realtà andremo a vedere come il modo con cui noi conduciamo il processo valutativo, da come diamo le prove a come le restituiamo, incide in realtà in maniera importante su tutta una serie di aspetti affettivi. → Per farlo, vi propongo una piccola attività che forse ci aiuta a fare delle riflessioni su questo. Piccola attività per comprendere meglio: 5 volontari Immaginate di essere 5 amici che devono organizzare un breve viaggio per Capodanno, dovete decidere la meta, cosa fare, il budget… Ognuno ha una caratteristica che lui non conosce ma che gli altri conoscono (inutile, intelligente, aggressiva, simpatico, tonta) Tempo: 10 minuti Come vi siete sentiti in questi ruoli? Chi non aveva letto i cartellini aveva capito? Quali figure vi hanno colpito di più? Osservazioni: La persona “inutile” è stata sottoposta ad un vero e proprio distacco fisico (esclusa dalla discussione, le davano le spalle); Le risposte venivano date ad ognuno in base al cartellino indossato (tutto quello che diceva la persona “intelligente” era giusto, anche se assurdo); La persona “intelligente” si è sentita rinforzata → i 5 volontari si sono comportati anche loro in base alla caratteristica che immaginavano di avere: l’inutile si è chiusa, l’intelligente ha proposto molto... La persona “intelligente” sente il peso delle aspettative (es. primo della classe); La persona “inutile” e la persona “tonta” all’inizio hanno reagito… ma poi si sono adeguate!! Immaginate questa situazione se va avanti per un intero anno scolastico, entrano in gioco tutti quegli elementi che fanno si che una persona possa sentirsi valorizzata oppure svalorizzata. Quindi, tra tutti gli elementi che devono essere tenuti in considerazione nel momento in cui dobbiamo gestire la valutazione come insegnanti, entra in gioco moltissimo anche l’attenzione a quelle che sono le componenti affettive che entrano in gioco e che possiamo, essendone consapevoli, gestire in maniera positiva. Aspetti affettivi della personalità rilevanti nella valutazione Attraverso la valutazione, volontariamente o involontariamente, l'insegnante influisce sulla personalità dell'alunno. Sistematizzando, andiamo ad osservare che, nel momento in cui si gestisce il processo valutativo, in qualche misura andiamo ad incidere su alcuni aspetti che riguardano la sfera affettiva; questi aspetti sono tutti sempre e comunque coinvolti nel processo di 26 apprendimento, ma in particolare con la valutazione, proprio perché la valutazione ha in sé delle implicazioni emotive importanti (nel senso che a nessuno piace essere valutato questo è evidente). In particolare, abbiamo la possibilità che, soprattutto modalità reiterate di valutazione gestita in un certo modo, vadano ad incidere in senso positivo o negativo sui seguenti punti che ora andiamo a definire (per allinearci sul linguaggio comune). → AUTOSTIMA: valutazione che il soggetto dà di sé stesso, articolata nei diversi ambiti importanti per la specifica età (sé fisico, sé scolastico, sé relazionale). Si definisce come distanza presente (valutazione del confronto) tra sé percepito (quello che mi rimandano gli altri) e sé ideale (quello che io penso di dover essere). → AUTOEFFICACIA: percezione di poter conseguire esiti positivi con le proprie azioni (le proprie forze) in un determinato contesto. Evidentemente più è bassa la mia autostima più penserò di non essere in grado di fare. → ATTRIBUZIONE CAUSALE: l’abitudine ad attribuire le cause dei propri successi e insuccessi a fattori legati a sé o all’esterno, permanenti o modificabili. È un meccanismo fortemente connesso con i processi motivazionali, è apparentemente semplice su cui però si gioca moltissimo la nostra disponibilità ad impegnarci per fare qualcosa. Quanto più le carte sono assegnate a noi e quanto più sono modificabili, quanto più noi siamo disposti ad impegnarci per fare in modo che gli esiti siano positivi. Viceversa, sarò portato a pensare che tanto non ci sia nulla da fare. Es. Non sono riuscita bene nell’interrogazione di matematica perché… Attribuzione causale interna Attribuzione causale esterna (dipende da me) (non dipende da me) Attribuzione causale La professoressa ce l’ha con me (posso modificabile Ho studiato poco parlarle e provare ad esercitare un certo (posso controllo) modificarlo) Attribuzione causale Non sono mai stata portata Il professore aveva problemi suoi che lo permanente per la matematica (sono “fatta indisponevano, oppure perchè non segue (non posso così” dalla nascita) dei criteri fissi per la valutazione modificarlo) → ANSIA: stato psichico di un individuo caratterizzato da una sensazione di paura, più o meno intensa e duratura, che può essere connessa o meno ad uno stimolo specifico immediatamente individuabile (interno o esterno). Può incidere a vari livelli e con varie modalità. 27 Es. Ansia che proviamo nel momento della prova e che può portare ad un vero e proprio blocco; ansia che proviamo già quando stiamo studiando qualcosa e che può portare alla procrastinazione… → MOTIVAZIONE INTRINSECA: interesse spontaneo e coinvolgimento attivo nei confronti dell’apprendimento (es. mi interessano perché penso possano essere utili per me stesso, perché penso mi servano per portare avanti i miei obiettivi…). È evidente che sarò portato quindi a studiare più in profondità le cose e a costruire un apprendimento significativo e duraturo nel tempo. → MOTIVAZIONE ESTRINSECA: impegno nell’apprendimento determinato da fattori esterni ai contenuti di apprendimento (es. voti, lodi, regali…). La modalità di studio e apprendimento può essere un po’ più funzionale, che poi mi lascia poco. → Tutti questi fattori vengono in qualche modo toccati anche dalle modalità valutative nei loro vari momenti. Modalità valutative con effetti NEGATIVI sull’autostima e l’autoefficacia Prove che generano insuccessi ripetuti. Paragone del risultato individuale con la norma della classe (classifiche) o con uno standard esterno non realistico. → Ad esempio, quando faccio tante verifiche e vanno sempre male, nonostante il mio impegno, allora forse inizio a pensare che sono io che non valgo abbastanza, o che non sono in grado di fare le cose. Questo ripetersi di insuccessi potrebbe incidere sulla mia autostima e sulla mia autoefficacia, esattamente come quando il mio risultato viene costantemente paragonato a quello degli altri, o con qualcosa di esterno a cui non posso arrivare mai. Suddivisione della classe in gruppi di livello stabili. → Il fatto che magari la classe venga divisa in gruppi di livello stabili rispetto ad una determinata disciplina: in certi contesti potrebbe essere utile, ma restare in un determinato gruppo di livello senza avere la possibilità di uscirne mi fossilizza lì. Commenti svalutanti. Voti positivi o lodi evidentemente immeritate. Atteggiamenti che rivelano aspettative poco elevate. → Poi ci sono tutti gli aspetti che abbiamo visto ieri nel commentare la situazione di Francesco: i commenti svalutanti, gli atteggiamenti che mi aspetto (“per te è un bel voto”)... Sono tutti atteggiamenti che segnano tantissimi le persone, e che in qualche modo vanno ad incidere su aspetti della personalità, anche se sono fatti in positivo (ti valuto positivamente perché tanto più di quello non puoi fare). Modalità valutative con effetti POSITIVI sull’autostima e l’autoefficacia Possiamo andare a contrastare questi effetti negativi attraverso la valutazione, ad esempio: Costruire compiti di difficoltà adeguata; Costruire i compiti che comprano aree di competenza differenti, in grado di valorizzare le molteplici risorse dei ragazzi. 28 → Cercare di diversificare le prove, in modo da permettere a tutti di trovare il modo di esprimersi nella maniera che gli è più congeniale. Prevedere una vasta gamma di aspetti da valutare. → Ad esempio come abbiamo fatto nei temi andando a valorizzare l’aspetto morfo-sintattico, la creatività, l’aspetto comunicativo… Quindi valutare una serie di aspetti che permettano a ciascuno di emergere. Questo è importante perché non è frustrante, se io ho una prova che si fonda su aspetto e su quello non ce la faccio, diventa frustrantissimo. Se invece ci sono più aspetti, in qualche modo bilancio le cose. Utilizzare strumenti di valutazione che mettano in evidenza le risorse e i progressi (es. portfolio); Prove variate per favorire la conoscenza delle proprie possibilità e l'assunzione di un realistico livello di aspirazione; Favorire un criterio individuale nella valutazione (obiettivi personali), e il riconoscimento sociale dei progressi. → Cercare appunto di gestire la valutazione non tanto rispetto a standard o a norme come quella della classe, ma rispetto a traguardi individuali. La strada che devo fare nel mio percorso di apprendimento è una strada che mi porterà al livello di tutti gli altri, ma potrebbe avere delle “curve” diverse. Potrebbe essere un po’ più lenta all’inizio, un po’ più veloce dopo, cercare di tenere conto del percorso di ciascuno. Sottolineare il positivo (risorse, impegno, strategie). Indicare e descrivere dettagliatamente le strategie positive attivate. → Non diamo commenti svalutanti, non utilizziamo atteggiamenti che ci dicono che ci aspettiamo poco o troppo da una persona… teniamo conto di entrambi gli estremi (mantenere lo standard è faticosissimo). Dobbiamo cercare di costruire delle modalità comunicative che tolgano la parte di svalutazione e di aspettative e vadano a segnalare sia ciò che non funziona, sia ciò che funziona, in rapporto ad un percorso individuale, andando a cercare di sottolineare gli aspetti positivi (esiti, impegno, strategie…) dando anche dei consigli su come migliorare la parte che non funziona tanto. Modalità valutative con effetti NEGATIVI sull’ansia Compiti a sorpresa. → A cosa servono?? Se io ho una verifica programmata, e come insegnante voglio che le persone studino in modo regolare, posso programmare delle verifiche anche più brevi, su pochi argomenti, che poi magari non valuto neanche.... Dare poco tempo nei compiti scritti. → Bilanciare bene il tempo che potrebbe servire agli alunni per terminare una prova (es. pandemia…per evitare che gli studenti copino, diamo poco tempo…) Segnalare il passare del tempo e quanto manca alla fine nei compiti scritti. Sottolineare gli effetti negativi di una prestazione poco buona (anche graficamente). → Se io non segno gli errori è rischioso, ma se la prova è ricca di errori bisogna capire cosa è più importante che io evidenzi in quel momento. Contesto competitivo (il problema e quando è sempre così). Modalità valutative con effetti POSTIVI sull’ansia Come aiutare i bambini a gestire l’ansia nella valutazione: 29 Dare indicazioni precise sui contenuti su cui prepararsi, sui criteri che verranno utilizzati nella correzione (nulla crea più ansia di un salto nel buio). → Curare bene il momento precedente alla valutazione. Sottolineare l'importanza di fare del proprio meglio. Mettere a proprio agio gli studenti. Incoraggiare. Creare un clima positivo e una situazione serena prima e durante la valutazione. Creare aspettative positive nei confronti della propria prestazione. Modalità valutative con effetti NEGATIVI sull’attribuzione causale Valutazione del docente condizionata da pregiudizi e stereotipi. Cristallizzazione di un livello valutativo (prendere sempre lo stesso voto). Non esplicitare i motivi della valutazione o attribuirla a fattori non controllabili dallo studente. Generalizzazione dei motivi che hanno condotto ad un insuccesso. → Sono tutti elementi che in qualche modo vanno a rinforzare l’attribuzione causale esterna basata su elementi immodificabili. Modalità valutative con effetti POSITIVI sull’attribuzione causale Si può lavorare proprio sulla trasparenza del processo, andando a: Verbalizzare e rendere esplicite le strategie positive e/o funzionali utilizzate dall'allievo (osservazione attenta). Esemplificare le strategie di miglioramento. → Dare un feedback sottolinenando tutto ciò che l’alunno ha fatto di positivo, quindi tutto ciò che lui riesce a controllare, ma anche tutto quello che potrebbe essere considerato un elemento su cui lavorare, cercando di non far passare il messaggio che quella cosa lì non potrà mai recuperarla (rendendo l’aspetto non modificabile). Valutare il più possibile in modo oggettivo e attento ai progressi. Favorire l'autovalutazione. → In qualche modo riesco a condividere meglio i criteri di valutazione (perché sono gli stessi), e poi aiuto la persona a riflettere un po’ più attentamente su quello che sta facendo e su come ci sta arrivando e quindi a capire meglio che una serie di aspetti dipendono proprio da lui e da quello che lui può fare. Favorire il controllo dell'allievo sul suo apprendimento (autodeterminazione). Non valutare le difficoltà come limiti irrecuperabili (stimolare l’attivazione). Modalità valutative e DEMOTIVAZIONE La demotivazione è ciò che porta gli alunni a smettere di impegnarsi a non volersi impegnare. In termini di valutazione tutto questo rischia di pesare tanto quando: Situazioni valutative con evidenti soggettivismi (i bambini se ne accorgono!). Mancato riconoscimento del cambiamento. Confronto frustrante con standard irraggiungibili. Focalizzazione sull'errore. 30 Estensione del giudizio negativo dalla prestazione alla persona. Utilizzo di espressioni umilianti. Aspettative negative. → Sono aspetti che riguardano la dimensione relazionale. Modalità valutative che incoraggiano la MOTIVAZIONE ESTRINSECA Sottolineare voti, giudizi, note... e non il progresso ottenuto. Comunicare i voti delle prestazioni tramite classifiche (rinforza l’attenzione sul voto più che su quello che è stato fatto). Utilizzare ricompense (punti, gettoni...). Utilizzare ricompense verbali in modo controllante. Modalità valutative che incoraggiano la MOTIVAZIONE INTRINSECA Sottolineare il valore dell'acquisizione di conoscenza dello studio per la crescita e il miglioramento della persona. Focalizzare l'attenzione sul progresso individuale e sul raggiungimento degli obiettivi personali. Favorire l'autovalutazione. Favorire la costruzione di un proprio progetto di apprendimento e crescita. Fasi del processo valutativo con attenzione agli aspetti affettivi → Elementi che potrebbero essere strutturati in modo da valorizzare in senso positivo gli aspetti affettivi: Stimolo: richiesta di uno studio nozionistico / valorizzazione della rielaborazione personale e criticaci interessi, approfondimenti... Somministrazione: accentuazione di compiti suddivisi per livello / invito a fare del proprio meglio. Rilevazione: condizionata da pregiudizi / valida, affidabile e trasparente. Modello: norma o standard / obiettivi individuali. Espressione: poco informativa, svalutante / ricca di informazioni, valorizzante, volta ad incrementare l'autovalutazione, attribuzione a fattori controllabili. Giudizio formativo Da qui (lo vedremo anche quando studieremo la storia della docimologia) nasce l’importanza di costruire dei giudizi formativi. Nel momento in cui noi andiamo a esplicitare e a restituire un feedback, cerchiamo di costruire il giudizio descrittivo (che in una fase in itinere potrebbe anche non avere il voto) evidenziando sicuramente le cose che non funzionano, perché è importante che ci sia consapevolezza, ma anche: Partendo dagli aspetti positivi, in modo dettagliato. Sottolinea le strategie positive utilizzate (richiede osservazione). Stimola l'autovalutazione rispetto agli obiettivi concordati. Viene lasciato uno spazio equilibrato nel giudizio valutativo al commento rispetto alle strategie, all’impegno e alle abilità dimostrate. Si sottolineano gli aspetti ancora da migliorare (non gli errori, è una prospettiva diversa!) e le modalità da adottare per migliorare. 31 → Anche dove diventa difficile, dobbiamo fare uno sforzo. Le persone con cui abbiamo a che fare hanno sicuramente sempre delle risorse, e queste risorse vanno valorizzate e rinforzate. Si negoziano insieme i nuovi obiettivi. TAPPE DELLA RICERCA DOCIMOLOGICA – Sintesi (Slide 6) A tutto questo la ricerca docimologica è arrivata in tanti anni di studio, attraverso un percorso che ha seguito un pochino le tappe che abbiamo fatto in queste ore. Queste sono le principali tappe della ricerca docimologica, che sono le stesse che trovate nella dispensa della professoressa Coggi. La ricerca docimologica attraversa diverse tappe che partono “dalla notte dei tempi” e si concentrano poi nel loro sviluppo principalmente dai primi anni del ‘900 in avanti, con momenti diversi nei diversi paesi (parte da Francia e Inghilterra, ci si sposta in America, in Italia arriviamo un po’ dopo, però con studiosi importanti anche nel nostro paese). Le tappe in generale → Come vedete la ricerca docimologica parte da una fase critica in cui vengono messe in discussione tutta una serie di modalità tradizionali e vengono proposte delle soluzioni. Queste prime soluzioni che vengono messe in gioco dalla docimologia non sembrano sempre così facilmente applicabili, o così organizzativamente applicabili, e quindi gli studiosi cercano di individuare alcune modalità per rendere la valutazione oggettiva, perché la prima cosa che viene fuori è che la valutazione non oggettiva. → Nasce quindi la corrente del measurment che è quella che cerca di individuare modalità valutative che garantiscano l’oggettività della valutazione. Trova in particolare la soluzione nelle prove strutturate, le prove oggettive, quelle che normalmente si chiamano test a crocette (e che non chiameremo mai più così). Poi succede che anche questa soluzione non è comunque la soluzione migliore, perché funziona in un certo momento storico e poi perde la sua possibilità di funzionare, perché cambiano le condizioni storiche. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la scuola si apre a tutti, e una modalità di valutazione oggettiva, riferita a standard ecc. non riesce più a sostenere 32 l'estrema varietà di persone e di storia che ci sono all'interno delle classi. Quindi bisogna cambiare le cose. → Nasce tutta la corrente delle evaluation che, con varie modalità, va a cercare di trovare delle modalità che consentano di tenere conto delle diversità. Trova soluzioni diverse che vanno dalla valutazione per obiettivi, all'utilizzo di strumenti vari per per poter valutare o rendere conto di tutte le differenze ecc. e che va a svilupparsi poi in diverse correnti, tra cui quella della valutazione formativa, che è quella che tiene in considerazione un po’ tutti gli aspetti di cui abbiamo discusso in questi giorni. Tiene conto del fatto che la valutazione debba seguire il processo di apprendimento, che non debba collocarsi solo nel suo termine, che debba tenere in considerazione gli aspetti cognitivi, ma in maniera attenta e tenendo in considerazione tutti quelli che sono gli elementi che sono coinvolti nel processo di apprendimento, che non sono solo quelli cognitivi, ma sono anche quelli motivazionali e sono anche quelli metacognitivi. E poi tutto il discorso sulla valutazione connessa con gli aspetti affettivi che abbiamo fatto questa mattina. → Ulteriore fase di sviluppo è quella della valutazione autentica che invece va ad ampliare il discorso valutativo, ma non solo, perché ricordiamoci sempre che ciò che succede nella valutazione è sempre necessariamente connesso a ciò che succede nella didattica. Nel momento in cui le richieste al mondo della scuola sono quelle di lavorare non più soltanto sull'apprendimento, inteso in senso tradizionale, ma sulla costruzione di competenze, anche la valutazione deve adattarsi. Non posso valutare semplicemente facendo una prova strutturata prettamente mnemonica. Quindi abbiamo tutto il discorso della valutazione autentica e delle competenze a cui più o meno siamo fermi adesso, pur nel dibattito tra voto e giudizi ecc. A questo si aggiunge il fatto che, sempre più spesso, diventa sempre più importante capire quanto le cose che si fanno funzionano o non funzionano. Ci si rende conto che, per capire se le cose a scuola funzionano, non basta basarsi solo sugli apprendimenti degli alunni, perché il processo della scuola è un processo complesso, che deve tener conto di tutta una serie di elementi che riguardano tutti gli attori coinvolti e tutti i processi messi in atto. → Quindi si inizia a parlare a riflettere sulla valutazione della scuola, su quali possono essere gli strumenti soggetti della valutazione della scuola, fino ad arrivare ai sistemi di autovalutazione. Quindi, il percorso di riflessione docimologica è un percorso lungo, ed è un percorso che va a toccare diversi aspetti, fino ad arrivare a quello della valutazione degli apprendimenti degli alunni e delle loro competenze all'interno di un sistema di valutazione più complesso, che tiene conto di tutti i processi presenti all'interno del sistema scuola. Quindi nelle prossime volte proveremo un po’ a vedere più analiticamente come si sono sviluppati tutti questi passaggi. 20 novembre 2024 TAPPE DELLA RICERCA DOCIMOLOGICA – RIPASSO Ci siamo lasciati con lo schema che ripercorre le tappe della ricerca docimologica e abbiamo 33 detto che su questo c’è l’attività 6 del portfolio, che è da fare da soli e serve per fissare questi argomenti quando si studia. Trovate un file in cui ci sono evidenziati i punti chiave su cui focalizzarla, ma potete scegliere la modalità di sintesi che preferite: mappa, power point,… Il riferimento principale per lo studio di questa parte è la dispensa che avete su Moodle. Partiamo dall’inizio, quindi dalla prima fase, che si è focalizzata su quelle che sono le problematiche della valutazione, che in parte abbiamo esplorato in queste prime ore di corso, per poi arrivare a cercare delle soluzioni. STORIA DELLA DOCIMOLOGIA – PARTE 1 CHE COS’È LA DOCIMOLOGIA? Qualche premessa può essere fatta però, nel senso che forse non ci siamo ancora detti che, con il termine docimologia, ci riferiamo proprio all’insieme degli studi che si occupano principalmente della valutazione scolastica. Poi c’è tutto un altro filone che è quello della valutazione dei progetti, dei processi e degli impatti, che è più ampia e che nasce però proprio dalle istanze mosse dalla docimologia. Ciò che la docimologia ha rilevato, le fasi che ha percorso, le ritroviamo più in grande in quella che è la storia metodologica della valutazione dei programmi e dei progetti scolastici educativi. Definizione di docimologia: La docimologia è la scienza, l’insieme degli studi che si occupano di VALUTAZIONE SCOLASTICA o, meglio, come definito da Henri Piéron, lo studio dei problemi posti dalla valutazione Il padre della docimologia è Henri Piéron, uno dei principali studiosi che è riuscito a sistematizzare e dimostrare, attraverso la ricerca, quelle che erano le criticità principali che l’utilizzo di quelle che adesso chiamiamo le ‘prove tradizionali’, ponevano alla valutazione, con tutte le conseguenze che questo poteva poi portare soprattutto sull’alunno/a, ma anche sul valore certificativo della valutazione. 34 H. Piéron ha proposto di chiamare, con il nome di docimologia (dal gr, dokimàzo, valuto, stimo, e lògos, discorso sistematico, scientifico) lo studio dei problemi posti dalla valutazione. Questa proposta ha avuto seguito in alcuni paesi; in genere si preferisce parlare di «studio della valutazione scolastica» o «metodi e tecniche della valutazione» (in inglese si usano termini come: «Measurement», «Assessment», «Evaluation»; in francese si usano termini come «Mesure», «Évaluation»). Qui trovate un po’ di termini di riferimento se doveste approfondire questo tema sulla letteratura scientifica; quindi, trovate tutte le varie possibili traduzioni. VALUTARE Ricordiamoci che, quando