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Università degli Studi del Piemonte Orientale 'Amedeo Avogadro'

Francesco Dondero

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ecology notes ecological notes biological notes environmental science

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These ecological notes provide an overview of energy transfers in ecosystems, discussing primary and secondary productivity. Specific examples illustrating the relationships between these factors in various terrestrial and aquatic environments are also presented.

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Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 5d: trasferimenti energetici Nelle due lezioni precedenti si è definito quali sono i fattori e le condizioni che influenzano la produttività primaria e la produttività primaria netta (quantità di energia nel tempo che è a...

Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 5d: trasferimenti energetici Nelle due lezioni precedenti si è definito quali sono i fattori e le condizioni che influenzano la produttività primaria e la produttività primaria netta (quantità di energia nel tempo che è a disposizione per gli organismi eterotrofi ovvero per la fascia bruna dell’ecosistema). Esiste, però, un altro tipo di produttività ovvero la produttività secondaria anche essa importante perché gli ecosistemi si basano su delle funzioni→ due funzioni fondamentali sono il consumo e la degradazione della sostanza organica o del detrito sono fondamentalmente sostenute dalla comunità dei consumatori (ricorda: della funzione della degradazione della sostanza organica è intrinsecamente considerato il processo di mineralizzazione dei macronutrienti che tornano a essere disponibili per i produttori primari). Anche la produttività secondaria è una velocità ed è la velocità con cui si ha la formazione di massa vivente da parte degli organismi eterotrofi, può essere espressa in g (di sostanza oganica o peso secco) * unità di superficie * unità di tempo. La produttività secondaria è correlata con il tasso di natalità e il tasso di crescita delle popolazioni di eterotrofi. Essa può essere considerata come la velocità con cui si accrescono gli individui di una popolazione e allo stesso modo integrata alla velocità con cui nuovi nati vengono immessi all’interno della popolazione. Nelle immagini sopra è mostrata una metanalisi su 69 differenti ecosistemi diversi tra loro, dalla tundra artica fino alle foreste tropicali. Sono rappresentati tre grafici che corrispondono a tre proprietà energetiche della comunità degli erbivori→ nella figura (a) è rappresentata la produttività secondaria; nella figura (b) il tasso di consumo; nella figura (c) è rappresentata la biomassa. Nota bene: la scala delle ordinate è logaritmica quindi l’unica relazione lineare identificata in questo studio è tra produttività primaria e produttività secondaria. Il principale driver che influenza la produttività secondaria è, quindi, la produttività primaria; nonostante ciò tutte le tre variabili mostrate nelle figure precedenti hanno comunque una relazione di tipo positivo (all’aumentare della produttività primaria aumenta anche il consumo e la biomassa→ aumentano persino con una dipendenza superiore a quella della produttività secondaria stessa). Ciò che abbiamo appena affermato sugli ecosistemi terrestri vale anche per gli ambienti acquatici. Nel grafico sottostante sono presi in considerazione ambienti continentale ovvero 43 laghi e 12 bacini artificiali in cui è stata messa in relazione la produttività primaria (intesa come produzione del fitoplancton) con la produttività del livello trofico superiore (produzione di zooplancton). 60 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Anche in questo caso la relazione è lineare. Il ciclo vitale del fitoplancton è molto differente in termini di tempo con quello dello zooplancton. Il ciclo vitale del fitoplancton è molto più breve dell’altro quindi questo tipo di misurazione deve tenere conto di questo sfalsamento che altrimenti porterebbe a misurazioni sbagliate. Ciò è importante sia dal punto di vista sperimentale che per la rappresentazione delle piramidi delle biomasse. Quest’ultima è una rappresentazione grafica che riguarda le standing crop ovvero le biomasse di organismi appartenenti a una catena alimentare. Abbiamo visto con dati scientifici che la produttività secondaria è influenzata dalla produttività primaria quindi si può affermare che gli ecosistemi sono organizzati in maniera complessa, infatti, non esiste una sola relazione trofica tra produttori primari e la comunità dei consumatori→ esiste un complesso meccanismo di regolazione che deve essere considerato nella sua totalità (con approccio olistico/globale). Finora abbiamo parlato e preso in considerazione un controllo della comunità biologica di tipo bottom-up cioè la quantità di energia che viene immessa dagli strati basali (dei produttori primari) influenza la produttività secondaria (la biomassa della comunità eterotrofa che dipende dalla quantità di energia che è alla base del sistema energetico di un ecosistema). Questo approccio è definito bottom-up perché il controllo viene dagli strati inferiori del sistema verso gli strati superiori che ricevono energia sotto forma di produttività primaria. È presente però un secondo livello di regolazione dei flussi energetici che consiste in un’azione dall’alto verso il basso, per cui alcuni livelli trofici comportano la regolazione degli strati più bassi→quindi alcuni organismi eterotrofi che sono presenti più in alto lungo la catena trofica di relazioni energetiche di un ecosistema possono influenzare la produttività primaria. Possiamo pensare che un organismo attui una predazione su un livello intermedio consentendo una minore pressione verso il pascolo; ad esempio un predatore diminuisce la pressione di un erbivoro sul produttore primario→ quindi prende la produttività primaria maggiore rispetto ad un ecosistema in cui manca questo predatore apicale che non effettua il controllo sull’erbivoro pascolatore. Se dovessimo valutare la produttività netta di un ecosistema terrestre o ad esempio di alcune macrofite acquatiche, il tasso di consumo (ovvero la biomassa pascolata nell’unità di tempo) andrebbe considerato. Consideriamo una tempistica sufficientemente lunga per cui un erbivoro possa portare quasi ad un azzeramento della comunità dei produttori primari pertanto a una consistente riduzione della biomassa (del numero di piante) si avrà una conseguente diminuzione della produttività primaria netta per unità di area. Un esempio è quello delle paludi salate delle coste orientali degli Stati Uniti presenti nello stato di Virginia ad esempio (a nord della Florida nel lato orientale)→ sono ambienti dominati dalla Spartina (produttori primari) ovvero una pianta acquatica responsabile per il 90% della produttività primaria di questi ecosistemi. Il livello trofico successivo ovvero quello degli erbivori (consumatori) è dato principalmente da un mollusco gasteropode del genere Littoraria che apparentemente pascola la Spartina ma in realtà compie, con la propria radula (apparato masticatore), delle incisioni lungo la foglia provocandone la morte. Contemporaneamente favorisce l’insediamento di un fungo che produce ife. Il mollusco si nutrirà poi delle ife che cresceranno sulle foglie morte e in via di decomposizione (non è quindi un erbivoria diretta sul produttore primario ma è un 61 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 erbivoria associata). Durante il passaggio compie una vera e propria propagazione del fungo in quanto le feci che vengono deposte contengono le spore e in questo modo permette la dispersione del fungo. Sopra vengono mostrati due grafici che corrispondono alla frequenza/estensione della radulazione (a) e la biomassa di Spartina in g di peso secco * m-2 (b). La radulazione aumenta in base alla densità delle chiocciole e allo stesso modo la biomassa di Spartina è molto sensibile alla presenza del pascolatore (quando la densità è bassa si ha una biomassa di Spartina molto abbondante). Nel grafico (b) si ha una pressione molto forte in quanto si può notare che con una densità media si ha una caduta di decine di volte la biomassa di partenza mentre in presenza di alta densità si ha la completa estinzione locale di Spartina. In questo studio si creavano dei confinamenti in modo che si potesse influenzare la densità delle chiocce; venivano utilizzate delle gabbie di acciaio poste in prossimità della pianta con una densità regolata (in caso di alta densità fino a 500-1000 esemplari di chiocce per m2). Siccome le paludi salate delle coste continentali degli Stati Uniti sono altamente produttive (si hanno valori superiori a 2500 g*m2*anno) gli studiosi dell’università Duke pensarono che dovesse esserci un controllo del pascolatore perché le paludi salate non diventassero delle paludi melmose in cui la produttività primaria fosse completamente decimata. Effettuarono quindi degli esperimenti in cui invece di confinare le chiocce all’interno della gabbia confinarono i potenziali predatori della chiocciola ovvero organismi di un livello trofico superiore collegato energeticamente con la chiocciola in un rapporto predatore-preda. La Littoraria ha alcuni predatori tra cui il granchio blu Callinectess (molto presente tempo fa in questo ambiente che ora si è adattato in ambienti totalmente diversi come ad esempio nel mar Mediterraneo). Gli esperimenti, confinando i predatori, dimostrarono in maniera inequivocabile che il controllo sulla produttiva primaria è essenzialmente operata dai predatori di Littoraria e il declino osservato di Spartina fossero regrediti per il calo del granchio blu che veniva pescato. Questo tipo di regolazione per cui un livello della catena energetica più basso viene regolato e influenzato fortemente da un livello più alto è definito processo di regolazione top-down (contrario del bottom-up in cui la regolazione degli strati superiori avviene solo per la quantità di energia che viene messa a disposizione dai produttori primari e quindi dalle condizioni ambientali come la presenza di macronutrienti, di luce e fattori chimico-fisici). Questo processo viene anche definito trophic cascade (cascata trofica) perché il processo di regolazione viene imposto da uno strato di consumatori che è superiore quindi si ha una cascata di regolazione verso il basso. Il processo top-down o trophic cascade spiega anche perché non avviene un sovra-pascolo di tutti gli ambienti ed ecosistemi a discapito dei produttori primari. Se non esistesse questo tipo di regolazione potrebbe succedere che i livelli di consumatori immediatamente successivi (erbivori) si accrescano mediante un processo di pascolo ad libitum. Ad esempio, se isolassimo una popolazione di alci in un’isola dove prima non era presente, non si avrebbe un predatore apicale (i predatori in grado di attaccarli sono solo uomini o lupi)→ gli alci non avendo un predatore 62 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 pascolerebbero in maniera totale le praterie messe loro a disposizione fino a provocare la completa estinzione locale del produttore primario provocando quindi alla morte degli erbivori stessi. Esso è un esempio di mancato controllo della rete trofica per una catena di relazioni trofiche alimentari corta e non naturale. In un ecosistema autoregolante le reti trofiche sono ridondanti permettendo un livello di regolazione e un livello di resistenza e resilienza nel caso della rimozione di anello importante per garantire questi scambi energetici→ si avrà quindi riadattamento del flusso dei processi di regolazione. Bisogna analizzare da un punto di vista meccanicistico il flusso di energia identificando quali sono i processi e da un punto di vista quantitativo quali sono le efficienze dal punto di vista energetico lungo la catena alimentare (attraverso la comunità biologica dell’ecosistema). Nell’immagine sono presentati due diagrammi dove sono rappresentati i processi (a) e gli esempi numerici (b) del passaggio e della trasformazione dell’energia da un livello trofico inferiore (quantitativo di produzione primaria messa a disposizione della comunità autotrofica dell’ecosistema ad una comunità di erbivori). I valori sono espressi in kcal per unità di superficie. La prima cosa da notare è che una parte della produzione primaria non entra nell’ecosistema e consiste in quella porzione di produttività non consumata che rimane all’esterno e non viene ingerita dalla comunità erbivora→ rimarrà quindi a sostenere la catena alimentare del detrito (decomposizione della sostanza organica). La frazione che entra all’interno della comunità erbivora è la frazione ingerita identificata come I e nell’esempio numerico delle 1000 kcal giornaliere solo 200 kcal vengono ingerite (quantità inferiore alla porzione che rimane per il detrito che è pari a 800 kcal). La frazione ingerita ha due destini in quanto una parte viene espulsa (attraverso feci) e una parte assimilata; in un erbivoro la quantità espulsa è maggiore rispetto a quella assimilata. In un erbivoro 130 kcal vengono espulse (espulsione=W=waste) mentre 70 kcal vengono assimilate (A). queste ultime devono sostenere due processi. Uno di questi è presente in ogni processo metabolico di base come il trasporto ionico, il funzionamento del livello cellulare di base, in individui omeotermi anche la regolazione della temperatura corporea e infine il movimento per approvvigionamento di cibo o la ricerca di siti di nidificazione per scacciare i predatori→questo utilizzo energetico viene racchiuso nel processo di respirazione ovvero tutta l’energia assimilata non può essere messa a disposizione della riproduzione e quindi di nuovi individui. L’energia utilizzata per la respirazione è indicata con R ed è pari a 56 kcal nell’esempio numerico. L’energia assimilata, esclusa quella respirata che è necessaria al sostentamento dell’individuo, è la frazione di energia prodotta come produzione secondaria e nell’esempio numerico solo 14 kcal equivalgono alla 63 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 produzione secondaria. Solo 14 kcal dalle 1000 kcal giornaliere iniziali dello strato basale quindi facendo il rapporto tra le energie si avrà 14/1000 = 1,4%. Il valore 1,4% essendo un rapporto fra energie può essere descritto come efficienza energetica; questa efficienza energetica è definita efficienza trofica in quanto consiste nel rapporto tra il livello n e il livello n-1 → efficienza trofica = Pn/Pn-1. Quest’ultima è un importante fattore perché definisce quanta energia viene messa a disposizione per il livello superiore; si arriverà ad un momento in cui l’energia a disposizione non basterà per un ulteriore salto di livello quindi si esaurirà il flusso energetico e la complessità della rete trofica (rete di relazioni energetiche di un ecosistema. L’ultimo anello della catena consiste nel top-predator (predatore apicale); esso non potrà contare su un numero di biomassa molto elevato→ esiste una regola generale che stratifica le biomasse secondo una piramide in cui si ha un livello basale ampio (in quanto consiste nell’energia messa a disposizione per tutti) che alimenta i livelli successivi con una perdita energetica che in questo caso è notevole (efficienza trofica pari a 1,4%) in quanto si ha sempre una perdita energetica dovuta alla respirazione, al processo di eliminazione degli scarti e al fatto che una porzione di energia non entri nel sistema. Questa perdita di energia equivale anche a una perdita delle biomasse di ogni livello trofico considerato. A sinistra si ha la rappresentazione delle piramidi delle biomasse. Nella figura (a) si ha una piramide delle biomasse in una zona paludosa della Florida (situazione descritta in precedenza) in cui si ha uno strato di biomassa molto sostenuto per i produttori primari ma man mano che si sale ad altri livelli di produzione e consumo questo strato diventa più piccolo. In questa figura sono rappresentati tre livelli di consumo che sono tipici per gli ambienti terrestri in cui non c’è uno sviluppo eccessivo della rete trofica come può avvenire invece in sistemi acquatici. Nella figura (b) è mostrata la peculiarità della piramide invertita. Nel caso degli ambienti acquatici (che sono molto diversi dal punto di vista energetico rispetto a quelli terrestri) paradossalmente la piramide è invertita. Essa si assottiglia la biomassa totale dei produttori primari rispetto ai livelli di consumo→ nella figura (b) è mostrato solo il primo livello di consumo degli zooplancton ma in realtà negli ambienti acquatici come in quelli oceanici si hanno consumatori quaternari o di ordini superiori (sono presenti pesci di diverso ordine e ciò amplifica e biomagnifica la complessità di una catena trofica). Si possono avere vari valori di efficienze energetiche, ed è importante attuare una discriminazione tra di esse; alcune sono fondamentali per determinare il tipo di trofismo che esiste in un ecosistema e per identificare il tipo di catena alimentare. Essi sono: Efficienza del consumo = I/Pn-1→ fondamentale per definire il trofismo di un ecosistema, il tipo di catena alimentare (possono essere di due tipi: la catena dell’erbivoria; la catena del detrito che va verso la decomposizione della sostanza organica). “I” corrisponde al tasso di ingestione mentre “Pn- 1” corrisponde alla produttività primaria netta. Questo valore è molto importante perché se I/Pn-1 è 64 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 molto bassa significa che non molta energia viene consumata e che quindi è a disposizione della comunità biologica che si basa sul detrito. Questo valore definisce in maniera chiara e corretta se si è in un ecosistema dominato dall’erbivoria diretta (trasferimento della produttività primaria tramite fagotrofia ovvero inglobamento di sostanza organica vivente) rispetto a un sistema dove si ha una catena del detrito (la produttività primaria non consumata conclude il proprio ciclo vitale e l’energia contenuta in questa produzione primaria ormai morta viene messa a disposizione per la comunità biologica del detrito). Per studiare il trofismo per capire se un ecosistema è minacciato da un’involuzione energetica che lo porterà all’estinzione/al deperimento/alla riduzione delle biomasse bisogna compiere un bilancio energetico e bilancio di massa e quindi bisogna capire in che tipo di ecosistema è presente: è importante per questo l’efficienza del consumo. I nostri ecosistemi terrestri sono dominati dalla catena del detrito (in una prateria naturale non si osserva molta biomassa pascolante); l’efficienza del consumo diventa quindi un indicatore del tipo di catena alimentare instaurata nel sistema. L’efficienza del consumo è bassa se si aggira al 20% mentre è alta se si aggira all’80%; in un valore intermedio pari al 50% si ha l’assenza di una catena dominante e quindi è un indice di maggiore biodiversità (si ha una comunità mista) ma ciò non significa che un ecosistema naturale funzionante si ha solo in quest’ultimo caso. L’efficienza di assimilazione = A/I→ è la capacità di assimilare in funzione della quantità di energia ingerita quindi è importante per sottolineare quanto scarto produciamo; generalmente gli erbivori hanno un tasso di waste maggiore rispetto ai carnivori per l’incompatibilità della sostanza organica. L’efficienza di produzione = P/A→ è la capacità di convertire l’energia assimilata in produzione secondaria. Questo rapporto indica sostanzialmente quanta respirazione si ha nella comunità di consumatori. Il tasso di respirazione può variare molto in base a vari aspetti come: o l’omeotermia e l’ectotermia: mantenere la temperatura per individui omeotermi è molto dispendioso dal punto di vista energetico e quindi si avrà un tasso di respirazione elevato. o la dimensione dell’organismo: aspetto importante perché organismi più piccoli hanno un rapporto superficie/volume superiore ovvero che a parità di peso hanno una superficie maggiore quindi si configurano come organismi che disperdono maggiormente (solo all’equatore si hanno animali di piccola taglia, man mano che aumenta la latitudine si hanno organismi con taglie maggiori). Animali più grandi disperdono di meno e quindi fanno un lavoro metabolico minore rispetto ad animali più piccoli. Questo effetto è stato studiato con la legge di Bergmann e con la regola di Allen. La regola di Allen afferma che più ci si avvicina ai poli (si va a nord di latitudine) minore è il rapporto S/V. La regola di Bergmann è un principio ecologico che afferma che la massa corporea aumenta a temperature più fredde ovvero verso i poli. L’efficienza trofica = P/Pn-1→ equivale al rapporto tra la produzione del livello trofico superiore e quello del livello trofico inferiore (in questo caso produttività secondaria e produttività primaria netta). Indica quanta energia il sistema riesce a trasmettere da un anello all’altro della catena di relazioni trofiche della comunità biologica. Esiste una regola generale chiamata “salto del dieci”: nella figura sottostante a sinistra è mostrato come passando dal primo livello trofico ad altri tre livelli di consumo, confrontando la scala logaritmica, si ha una caduta di 10 volte ad ogni passaggio energetico. 65 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Ciò è mediamente vero infatti nello studio che si può vedere nell’immagine sopra a destra vengono rappresentati 48 ecosistemi acquatici e 140 tipologie di trasferimento con una metanalisi. Dal grafico a sinistra si può notare che il dato più rappresentato è quello con l’efficienza di trasferimento al 10%. Nei sistemi terrestri e nei sistemi acquatici che assomigliano per trofismo a quelli terrestri (ovvero quelli dominati da macrofite come alghe macroscopiche o alghe acquatiche ma non fitoplancton) si hanno efficienze basse corrispondenti al 2%. Si hanno anche efficienze più alte pari al 20% con una frequenza bassa e 14-16% con una buona frequenza anche se non pari a quella del 10%. ATTENZIONE! Il livello del 10% in un ecosistema terrestre non verrà mai raggiunto→ l’efficienza trofica, di un trasferimento energetico tra un erbivoro e la produzione primaria, è più vicina all’1-2% che al 10%. Il 10% corrisponde solo genericamente. Se considerassimo i fitoplancton come produttori primari e zooplacton come erbivori si avrebbe avuto un’efficienza di ingestione più alta (di circa 80-90%) e quindi un’efficienza trofica maggiore rispetto al 10% (fino al 20-25%). Le due componenti funzionali di ogni ecosistema, ovvero la catena del pascolo e quella del detrito sono interconnesse come possiamo notare nella figura a lato sinistro. Nella porzione a sinistra nella figura è rappresentata la catena del pascolo si ha il primo livello di trasferimento diretto ovvero il produttore primario erbivoro, si ha un trasferimento di produzione, energia sotto forma di sostanza organica vivente (fagotrofia). L’erbivoria si ha quando la principale fonte di energia a disposizione della comunità biologica è fornita direttamente dai produttori primari come sostanza organica vivente. Nella porzione a destra nella figura è rappresentata la catena del detrito che corrisponde alla sostanza 66 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 organica non ingerita ovvero la produzione non consumata e quindi morta che va in decomposizione→ va a costituire il detrito organico ovvero la base energetica che andrà ad alimentare la catena del detrito. Il primo livello della catena del detrito corrisponde ai decompositori che corrispondono a: invertebrati, insetti, miriapodi, artropodi, lombrichi, funghi e batteri. Il successivo livello trofico della catena del detrito è quello carnivoro o dei consumatori assimilabile a quello della catena del pascolo e quindi a questo livello le due catene sono fortemente interconnesse (tramite le frecce arancioni). Si hanno ulteriori interconnessioni in quanto sia la catena del pascolo che la catena del detrito stesso vanno ad alimentare la catena del detrito in quanto tutti gli organismi producono dello scarto→ gli organismi hanno un ciclo vitale e alla fine di esso vanno a sostenere la catena del detrito quindi l’energia non viene totalmente dispersa ma viene recuperata attraverso questo sistema. Un organismo carnivoro può nutrirsi di un decompositore ma può anche nutrirsi di un erbivoro che fa parte della catena del pascolo ed è per questo che bisogna fare molta attenzione alle interconnessioni tra le due catene→ la volpe (Canis vulpis) si ciba principalmente di lombrichi per cui preda un decompositore ma potrebbe anche cibarsi di un organismo erbivoro quale ad esempio un gasteropode quindi la volpe ha una relazione con lo stesso livello di due catene alimentari differenti. Ogni ecosistema ha un suo trofismo quindi ha una tipologia di energia che alimenta la comunità biologica che va ricercata o nella catena del pascolo o in quella del detrito→ è importante perché ci consente di studiare l’ecosistema nei suoi meccanismi e di proteggere gli ecosistemi per evitare che questi vanno incontro a un bilancio energetico negativo in cui la produttività netta della comunità è inferiore a zero (la produttività netta è pari a zero in ecosistemi in involuzione e quindi in estinzione). Gli ecosistemi acquatici sono di diverso tipo, possono essere illuminati di oceano aperto sono poco produttivi per unità di superficie in quanto producono 100-120g di materia secca al m2*anno ma la superficie degli oceani è tale da diventare il cardine della produttività globale (l’oceano aperto è l’ecosistema più produttivo rispetto a tutti gli altri biomi terrestri o acquatici). Gli ecosistemi acquatici di oceano aperto hanno un’elevata erbivoria diretta, la quasi totalità del fitoplancton viene pascolato dallo zooplancton (ciò spiega il diagramma delle piramidi delle biomasse invertito) che è dovuto anche ai tassi di erbivoria molto rapida. L’ecosistema maggiormente indicatore della catena del pascolo è infatti l’oceano aperto in cui il produttore primario (il fitoplancton) viene pascolato quasi interamente. 67 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Nel diagramma (c) dell’immagine precedente si può notare la comunità planctonica in cui la produttività primaria netta è molto elevata, mentre nel diagramma (a) foresta la produzione primaria netta è molto poca. Basti pensate ad una foresta di latifoglie: alla fine del periodo vegetativo si forma un substrato in decomposizione molto fitto che dipende dalla temperatura e dalla piovosità del periodo vegetativo (alcune misurazioni “record” arrivano a 70cm di substrato in decomposizione in una foresta sempreverde di Lecceta che dipendevano da una piovosità e una temperatura maggiore a quella della norma). Nella foresta a un piccolo flusso energetico del sistema degli erbivori corrisponde un flusso verso il detrito estremamente allargato per indicare che la produzione primaria non viene fagocitata ma va in decomposizione e alimenta la catena del detrito del sistema dei decompositori. Questo passaggio energetico non sussiste tra produttività primaria netta e materia organica morta per quanto riguarda la comunità planctonica. Gli ecosistemi acquatici marini illuminati sono diversi da quelli non illuminati→ si ha un ecosistema di mare aperto illuminato ed ecosistema non illuminato di fondo. Per l’ecosistema illuminato si ha come input l’aria mentre per quello non illuminato l’input corrisponde alla fascia di compensazione e la profondità di compensazione (dove finita la produttività primaria netta iniziano i processi eterotrofi). I fondali oceanici sono pertanto fondali fangosi dove non si ha produttività primaria; solo alcuni casi come le spicole delle spugne fotosintetiche possono richiamare alcuni raggi ma superata ampiamente la profondità di compensazione non c’è attività di produzione per l’attività eterotrofa ma si ha un altro ecosistema che viene alimentato da fecal-pellets (da parte soprattutto dello zooplancton e dai pesci) e carcasse di animali (pesci e cetacei). Esistono delle peculiarità come larve di zooplancton che sono detritive per cui in una zona illuminata si ha anche una quantità di detrito nella colonna d’acqua che può essere captata e utilizzata in un contesto ecosistemico più globale. La comunità dell’oceano aperto con l’ecosistema illuminato e l’ecosistema di fondo ci permettono di vedere più chiaramente di fare una distinzione tra la catena dell’erbivoria e la catena del detrito→ ciò può valere anche nel Mar Mediterraneo, in laghi molto profondi dove esiste uno esiste un input di sedimento che può oscurare prima dei 100m (la torbidità nel lago è fondamentale per stabilire i processi trofici). Importante nei laghi e nel Mar Mediterraneo è anche il termoclino ovvero lo strato di transizione tra lo strato rimescolato di superficie e lo strato di acqua profonda in corpi idrici; esso ha anche implicazioni di controllo sulla produttività primaria da parte dei nutrienti e controllo della comunità eterotrofa per quanto riguarda le concentrazioni di ossigeno. Nel diagramma (d) è rappresentato il fiume che è formato da vari ecosistemi e i diversi habitat che lo compongono hanno bilanci energetici di input basali che sono molto diversi fra di loro. Il fiume deve essere collocato in un bacino idrografico in cui una serie di linee di impluvio (linee che vanno verso valle) confluiscono/fanno confluire acqua e detriti verso un braccio più importante che raccoglie gli affluenti. Quindi i fiumi raccolgono acqua ma anche detriti e infatti viene indicato nel diagramma la presenza di un bacino di drenaggio. A seconda della pendenza e dall’altitudine in cui è presente il tratto di fiume si hanno habitat molto diversi: Le sorgenti costituiscono flussi laminari lungo i versanti di bacini di drenaggio che portano acqua verso delle linee di impluvio che vanno a confluire all’interno di bracci sempre più importanti e alimentano grandi fiumi (come ad esempio il Po). Il riffle (piccole rapide) caratterizzato da una corrente sostenuta ad un’altezza e profondità molto bassa (correnti superiori a 3m/s e altitudine o profondità dal pelo d’acqua fino a massimo 50cm) Le pools (piscine) sono profonde almeno 50cm ma con correnti molto basse Le correnti run sono tratti intermedi tra riffle e pools ovvero tratti profondi (di almeno 50cm) con una corrente sostenuta (di almeno 3m/s) 68 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Queste differenze di habitat determinano delle condizioni per cui si possano instaurare o meno i produttori primari. I produttori primari possono essere alghe, batteri fotosintetizzanti o macrofite e in minima parte il perifiton (comunità mista eterotrofa-autotrofa costituita da organismi di dimensioni molto piccole con un’efficienza abbastanza contenuta). In ambienti dove si ha corrente elevata è difficile avere le condizioni per cui possono stabilirsi produttori primari di qualsiasi tipo; alghe e batteri microscopici verrebbero trasportati anche a correnti basse per cui nelle pool possono svilupparsi ad esempio fanerogame o perifiton. Questa produttività primaria nelle pools è molto bassa e insufficiente a garantire la biomassa e i livelli di biodiversità che si trova generalmente in un fiume. Soltanto nei tratti in cui la corrente diminuisce molto (come i tratti di bassa pianura) si hanno le condizioni per cui delle macrofite o delle piante acquatiche si possono instaurare. Esistono delle anse ovvero dei tratti dove la corrente si ferma quasi completamente. Ci sono anche i meandri in cui la velocità è molto diversa del canale dell’acqua; quando il fiume scorre a meandri non scorre tutto alla stessa velocità ma la velocità massima di scorrimento è al pelo dell’acqua al centro all’alveo in quanto non c’è attrito con il fondo→ queste velocità determinano quindi il tipico meandramento (facilitato anche dalla geomorfologia della pianura). All’interno dello stesso alveo si formano dei canali di corrente che determinano il meandramento. La velocità minima del meandro si ha sul lato interno secondo la direzione dell’acqua e questo consente l’instaurarsi di comunità di macrofite dove la corrente è più bassa (in tratti ancora più lenti dove ad esempio si forma una lanca si possono avere comunità fitoplanctoniche trasportate facilmente attraverso l’aria). Si può affermare che in un fiume il detrito è l’input principale. Nell’immagine sopra possiamo notare una metanalisi di uno studio sistematico su differenti tipologie ecosistemiche: nell’istogramma (a) è rappresentato un ambiente dominato da fitoplancton, nell’istogramma (b) si ha un ambiente acquatico dominato da macrofite, nell’istogramma (c) si ha invece la rappresentazione di ambiente terrestri. Questi grafici mostrano la predominanza del tipo di erbivoria e di catena alimentare in queste specifiche tipologie di ecosistemi→ sono più numerosi gli ecosistemi dominati dall’erbivoria diretta 69 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 (catena del pascolo) nel caso di ambienti illuminati acquatici (come oceani, mari e laghi profondi) mentre ambienti acquatici popolati da macrofite e che ricordano gli ambienti terrestri (tra cui anche i fondali costieri illuminati che sono dominati dalle praterie di macrofite e di posidonia) ha un’erbivoria diretta minore e infine ambienti terrestri sono dominate dalla catena del detrito. Nell’immagine a sinistra è evidente che si possono analizzare le reti trofiche di un ecosistema con degli approcci schematici che mettono in evidenza le relazioni trofiche tra i vari strati della comunità biologica. Si parte dalle specie basali (produttori primari) per stabilire poi delle reti di comunicazione del passaggio energetico con le altre specie. Nel grafico A = autotrofi; H = eterotrofi; C = carnivoro; P = predatore apicale. Le reti alimentari trofiche sono ridondanti e complesse in quanto si possono avere casi di onnivoria, ad esempio nel grafico C1 è un carnivoro che si ciba anche di vegetali (A1). Un altro caso che si può osservare è che il predatore apicale P vada incontro anche a cannibalismo (si può notare la freccia che torna a sé stesso che simboleggia un possibile autoconsumo di energia sotto forma di cannibalismo→ succede spesso nei ragni, in alcuni pesci allevati o in condizioni di stress). Importante ricordare anche il sistema top-down, da parte del predatore apicale, che andando ad agire contro le specie intermedie va ad aumentare la produttività primaria (come nell’esempio del granchio blu e delle spartina). Nell’immagine a destra si ha un esempio di rete trofica terrestre con varie ridondanze; ad esempio il coyote che ha svariate linee di flusso energetico su differenti prede. Lo stesso può avvenire per un predatore terminale che può avere connessioni su prede che sono più in alto o più in basso della rete alimentare; il coyote ha, ad esempio, linee di connessione sia con il volatile Piro-piro codalunga sia con il topo della prateria. Non si ha una scala che parte da un livello e può andare solo al superiore ma si ha una diversità e un’articolazione dei processi auto-assemblanti ovvero dei processi complessi. Questa ridondanza e diversificazione dei flussi energetici serve a proteggere e salvare un ecosistema da un eventuale perturbazione che vada contro una determinata specie. Se però la specie eliminata è una specie chiave che ha molte relazioni con diversi livelli della catena trofica, l’eliminazione può portare a una regressione irreversibile dell’ecosistema (nel caso 70 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 venisse eliminata la stella marina, che è una specie chiave in quanto è un predatore apicale, dalle coste del Pacifico si andrebbe a perdere biomassa e biodiversità in una comunità biologica estremamente complessa→ si va a togliere una specie che regola i bilanci energetici di molte altre specie collocate a livelli intermedi della catena alimentare). Negli schemi a sinistra vengono mostrate reti alimentari o trofiche di ambienti acquatici. Nella rappresentazione B) è rappresentato ai vertici della catena alimentare il Rock crab. Si può affermare che quest’ultimo è una specie chiave perché ha relazioni trofiche con tutti gli altri livelli, tranne i produttori primari (perifiton, alghe incrostanti, alghe di tipo macroscopico e fitoplancton). Il primo livello è costituito da erbivori come gasteropodi (come la littorina). Si può notare, quindi, che il granchio comune del genere Carcinus ha molte relazioni trofiche; praticamente con tutti gli erbivori, con alcuni gamberi nuotatori (come Gammarus), con il riccio (Green sea urchin) che è un altro erbivoro e altre relazioni con molluschi (Blue mussel) e crostacei (Barnacle). Il granchio comune è quindi una specie chiave che può controllare il tasso di erbivoria perché ha relazioni trofiche con i livelli intermedi. Il Rock crab (granchio comune) non è predato da Dogwhelk, a meno che quest’ultimo non sia predatore del granchio nel suo stato giovanile (in tal caso sarebbe un controllatore di questa specie→ il granchio in tal caso sarebbe solo una specie chiave e non più una specie apicale). La specie chiave è quella che controlla le dinamiche energetiche di una comunità biologica e di un ecosistema. 71 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 APPROFONDIMENTO: circolazione oceanica e produzione primaria Effetti del clima→ stiamo parlando dell'effetto del riscaldamento della troposfera, ovvero la parte più bassa dell'atmosfera, e delle conseguenze relative alla circolazione negli oceani. La circolazione degli oceani è influenzata essenzialmente da due fattori: I venti troposferici; Differenze di densità che si sviluppano in particolare a livello del circolo polare artico. Questo comporta dei movimenti di masse più fredde e più dense verso il basso e lo scivolamento sulla scarpata oceanica comporta, insieme all'azione del vento e della rotazione terrestre, un effetto di circolazione. In particolare, stiamo parlando di un effetto che si riscontra ciclicamente con un periodo di circa 10 anni corrispondente a una differenza nell'intensità dell'attività solare. Si tratta di un fenomeno di riduzione della circolazione oceanica a livello dell'Oceano Pacifico equatoriale orientale, inteso come quella porzione di oceano che bagna le coste del Perù (appena sotto la fascia equatoriale e nei primi paralleli della fascia tropicale) e la porzione di oceano più occidentale che si va ad estendere fino al continente oceanico. In condizioni normali abbiamo una predominanza di venti da est verso ovest, cioè gli alisei di sud-est. Questi venti sono responsabili dell'innesco di un fenomeno di circolazione prima superficiale e poi profonda, di una corrente fredda che si innesca per concorrenza dei venti che portano e distribuiscono l'acqua calda dell'Oceano Pacifico orientale verso l'Oceania e richiamano acqua fredda dal continente antartico (nell'immagine sono le frecce blu spesse che interessano il quadrante sinistro inferiore). Questa corrente è una corrente di risalita (upwelling) che porta acqua fredda ossigenata e ricca di nutrienti: ferro, azoto e in misura minore fosforo (che è un fattore meno limitante ma non meno importante). Quindi, queste correnti di solito sono quelle che risalgono dal Polo Sud verso il Perù lungo il Cile, creando uno degli ambienti maggiormente biodiversi e maggiormente produttivi (si parla sempre di produttività primaria che poi innesca la produttività secondaria). In questa prospettiva, si può vedere un grafico che mostra la temperatura delle acque di questa regione specifica dell'oceano: le acque verdi sono più fresche di quelle gialle e rosse. Ciò significa che c'è un crescente di temperatura con l'allontanamento di calore da parte dei venti alisei che spingono le acque calde verso l'Indonesia e il continente dell’Oceania. Contemporaneamente questo movimento crea una corrente fredda di risalita descritta precedentemente. Questa è la situazione normale ma esiste un fenomeno oscillatorio chiamato El Nino Southern Oscillation che è regolato dal periodo di maggiore o minore attività solare che determina la situazione del pannello in basso. Il rallentamento degli alisei non comporta questa distribuzione del calore dell'acqua: c'è un picco di calore tra il continente sudamericano e l'Indonesia. Questo rompe la cella convettiva determinando molte piogge sia nel Pacifico centrale che anche sulle coste del Perù che sono più calde e c'è una maggior evaporazione di acqua e maggiori precipitazioni. Ma soprattutto, rompe la corrente di risalita che non risale lungo le coste del Cile fino ad arrivare in Perù, ma continua dritta e pertanto passa lungo lo Stretto di Magellano sino al capo di Buona Speranza. 72 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 LEZIONE 6: ciclo idrogeologico Prima di affrontare i cicli biogeochimici, dobbiamo introdurre il ciclo idrogeologico. Viene considerato come un motore: è il volano energetico che garantisce l'attuazione di tutti i processi di movimentazione, non solo dell'acqua, ma anche dei nutrienti fondamentali (oggetto della trattazione dei cicli biogeochimici) che sono quegli elementi o composti che garantiscono la produttività primaria. Il ciclo idrogeologico rappresenta quella serie di processi attraverso i quali l'acqua viene trasportata attraverso i principali compartimenti che compongono l'ecosfera o la biosfera, che sono quelle frazioni di litosfera, idrosfera e atmosfera nelle quali sussistono condizioni perché la vita sia possibile. Il ciclo idrogeologico è stato definito come un processo a doppio flusso. Il primo flusso è quello che è trainato dall’energia solare, per cui torna l’energia solare come motore principale di una serie di processi fondamentali (riferimento alla produttività primaria dei sistemi illuminati). Nella prima fase del processo abbiamo l'evaporazione dell'acqua, principalmente dagli oceani e i mari, perché la superficie degli oceani è due terzi di tutto il globo terracqueo e la disponibilità d'acqua di mari è estremamente più elevata di tutti gli altri compartimenti continentali. La seconda parte del processo è il flusso verso il basso dell'acqua che ritorna verso la superficie della Terra. Si ha, quindi, un recupero parziale dell'energia di evaporazione attraverso energia cinetica, cioè un guadagno nella qualità dell'energia. Abbiamo una perdita netta nel quantitativo energetico, ma abbiamo un forte guadagno in termini di qualità dell'energia. L’energia cinetica a sua volta alimenta il ciclo biogeochimico perché permette, per esempio, la movimentazione del fosforo con l'azione di dilavamento e il suo trasporto dagli ambienti continentali tramite le grandi arterie dei fiumi terrestri verso il mare. Si può facilmente calcolare l’efficienza del recupero, utilizzando come riferimento la produzione idroelettrica su scala globale, che ammonta a 4200 TWh, trasformati in joule equivalgono a circa 1,5*1019 joule. Considerato che vengono evaporati circa 600.000 Km 3 d'acqua e che per evaporare 1 g d'acqua abbiamo bisogno di circa 2000-2500 joule, facendo tutti gli opportuni calcoli, arriviamo ad una richiesta di energia di evaporazione globale su base annua di circa 1,5*1024 joule. Se si fa il rapporto tra 1,5*1019 che è il quantitativo energetico su base annuale e 1,5*1024, il rapporto è 10-5 per cui recuperiamo un centomillesimo con le centrali idroelettriche. Poi c'è l'energia potenziale che non calcoliamo e che non viene recuperata ma che alimenta e movimenta altre centinaia di migliaia di m3 d'acqua, che sono quelli che drenano verso il mare all'interno dei fiumi superficiali e sotterranei. Un fattore importante da considerare del ciclo idrogeologico è che, se è vero che la superficie della Terra è ricoperta dal 70% e oltre di acqua e pertanto i processi di evaporazione sono maggiormente favoriti sull'oceano, sulla terraferma precipita più acqua di quella che evapora. Questo comporta che ci sia un flusso positivo di acqua che dalla terraferma deve tornare agli oceani per rendere il ciclo idrogeologico un ciclo che ha un bilancio di massa perfettamente neutro. Ciò avviene perché i processi dinamici che portano alla condensazione dell'acqua, che sostanzialmente dipendono dalla velocità con cui si scalda e si raffredda la cella climatica e questo dipende dalla temperatura di superficie della Terra, queste dinamiche sono più veloci sulla terraferma. Per cui c'è più probabilità che si formino le nubi, non in tutte le parti della Terraferma perché comunque la vicinanza del mare è importante per determinare il livello di precipitazione annue. Un esempio evidente sono i deserti che spesso tendono ad essere aree molto continentali, molto distanti dai mari, questo 73 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 lo sappiamo poiché la produttività globale di un ambiente tropicale è molto superiore a quello di un ambiente desertico, anzi agli estremi perché nell'ambiente desertico, a parità di latitudine, la distanza dal mare determina scarse o precipitazioni pressoché nulle. I sistemi terrestri si alimentano di acque oceaniche evaporata per cui diventata acqua dolce. L'esempio interessante è che il 90% dell'acqua meteorica della regione agricola del Mississippi ha origine marina. Qui, si potrebbe aprire una parentesi sul destino dell'acqua che precipita: non tutta si riversa all'interno di un fiume, molta acqua giunge nel sottosuolo, negli acquiferi che sono le riserve più importanti per l'acqua dolce, più importanti rispetto ai fiumi. Anche perché i suoli, attraverso cui si infiltra l'acqua che raggiunge la falda, costituiscono un servizio ecosistemico: purificano l'acqua attraverso vari processi di ritenzione, attraverso la componente argillosa che tende a legare sostanza organica, che è un rifiuto per l'acqua, e anche alcune componenti metalliche tossiche, funge da scambio ionico esattamente come le resine che si utilizzano per la purificazione dell'acqua dell’uso domestico. Adesso analizziamo i processi che rendono possibile il ciclo dell'acqua che è un ciclo bilanciato, neutro, cioè tanto si allontana da un compartimento (oceano) tanto ne torna attraverso le precipitazioni e una serie di meccanismi che andremo a considerare. I processi del ciclo idrogeologico che è un ciclo perfettamente bilanciato, cioè la movimentazione attraverso i vari compartimenti dell'idrosfera, dell'atmosfera, della litosfera sono bilanciati da flussi che si neutralizzano. Per cui tanto ne esce dal mare (principale serbatoio di accumulo e che fornisce la massa d'acqua per l'evaporazione) tanta ne torna attraverso una serie di processi. Una frazione d'acqua viene, però, intercettata dalle utenze che sono utenze domestiche, industriali, ma anche gli esseri viventi. Per cui c'è un consumo che prevede che l'acqua venga immessa sotto forma di vapore o utilizzata per delle reazioni chimiche, in cui abbiamo una trasformazione, basta pensare alla fotosintesi dove l'acqua viene utilizzata per la costruzione di molecole di glucosio. L'acqua poi permea nel terreno con un processo detto infiltrazione e riguarda gli strati superficiali che vanno a costituire quella che viene definita zona insatura, cioè una porzione di suolo che è imbibibile di acqua fino a un certo quantitativo, che è la capacità idrica potenziale del suolo, ed è un parametro che ci indica quanta acqua può essere assorbita da suolo prima di cederla, per cui prima di saturarsi. 74 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Andando nel sottosuolo si raggiunge una zona satura, dove la frazione di suolo che potrebbe anche essere un accumulo di sabbia o di altri materiali non coesi come ghiaia, per cui questo substrato litosferico, geologico può trovarsi completamente imbevuto d'acqua. Abbiamo, quindi, la zona satura che idealmente non si trova eccessivamente in profondità, ad esempio incomincia già essere presente a 15 m nella Pianura Padana, e che costituisce già una zona di accumulo di riserva importante, perché gli acquiferi, cioè le zone sature sotterranee sono dei serbatoi di acqua molto generosi molto importanti. In tutta la Pianura Padana, tutta l'America orientale, in Egitto, in Italia nella zona di Ravenna, per citarne alcuni, si trovano degli importantissimi serbatoi sotterranei che vengono definiti acquiferi e che sono utilizzati per l'acqua potabile e per l'acqua a scopo agricolo e anche per l'acqua a differenti scopi, ad esempio industriali. Gli acquedotti utilizzano questo serbatoio importante. Allora, abbiamo la zona freatica che è questo acquifero saturo spesso costituito da un substrato non coeso di sabbia e ghiaia, e poi, più in profondità, possiamo avere invece la zona artesiana dove troviamo un acquifero confinato sotto pressione schiacciato da una roccia più solida e coesa, una roccia ligna o una roccia metamorfica al di sopra, e uno strato impermeabili importante al di sotto che ferma movimento ulteriore dell'acqua. Queste acque sotterranee, soprattutto quelle non confinate, si muovono secondo un gradiente dovuto all’orografia del territorio, dovuta alla conformazione, per cui seguono una pendenza. Queste acque sotterranee possono sfociare in superficie e alimentare dei fiumi oppure possono confluire direttamente all'interno dei fiumi o ancora, possono ruscellare (“run off” in anglosassone) e costituire una vera e propria sorgente. Infatti, questo che viene definito flusso superficiale, ruscellamento o deflusso superficiale, è il fenomeno per cui quando il suolo è saturo e dipende dalla composizione, non necessariamente tutta l'acqua deve raggiungere la zona satura, dipende dall'intensità delle precipitazioni, dalle tendenze, dalla conformazione del suolo e del substrato originario e della roccia madre. L'acqua che defluisce e che rimane in superficie quando abbiamo una saturazione rapida dello strato più superficiale, che può anche essere diverso da quello più profondo anche per l'azione dei macroinvertebrati e della quantità di sostanza organica presente, abbiamo un ruscellamento, cioè l'allontanamento dal superficiale, sempre seguendo una pendenza che è tipica dell’orografia del bacino idrografico che stiamo considerando. Anche il ruscellamento in superficie è stato oggetto di modifiche da parte dell'uomo: l'uomo tende ad aumentare questo run off perché tende a pavimentare anche il letto di fiumi stessi e tende ad effettuare un cambio di destinazione d'uso del suolo e del territorio in generale, lastricando, pavimentando, costruendo strade, si aumenta il ruscellamento, si inibisce anche l'infiltrazione per cui si perde acqua da un certo punto di vista, si perdono le proprietà purificatrici, depuratrici naturali del suolo e si sporca l'acqua. L'acqua che viene raccolta dai tombini durante gli eventi di pioggia in città è una un’acqua estremamente contaminata da tutta quella deposizione secca che viene veicolata dall'aria e dalle piogge stesse, cioè il particolato per esempio pm 10. Questi precipitano durante gli eventi di pioggia e vanno a creare quella che, in gergo, viene definita acqua grigia, che poi entra nei tombini e va a scombinare il funzionamento dei depuratori. Questo è un fenomeno presente ad Alessandria, sono fenomeni che nelle città della pianura padana solo estremamente importanti. L'acqua evapora e questo è un importante processo sia perché alimenta il ciclo idrogeologico sia perché è molto importante, per esempio nell'ambito della produttività primaria netta, per cui evapora dal suolo (ora si sta parlando principalmente di processi che interessano il suolo) e traspira dalla pianta. Questo processo combinato è il processo di evapotraspirazione, la velocità con cui avviene questo processo sommando suolo e pianta. In ecologia è importantissimo perché alla traspirazione associamo la produttività primaria perché l'azione della fotosintesi della pianta terrestre è sostenuta dall'evapotraspirazione che permette l'apertura degli stomi. Questo negli ambienti acquatici non avviene perché non c'è bisogno degli stomi per le alghe e 75 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 probabilmente, non c'è bisogno degli stomi neanche per le piante acquatiche perché un adattamento tipico degli ambienti terrestri. Abbiamo descritto i processi in maniera estremamente semplificata. Quello che è importante da conoscere sono i quantitativi che possono essere di due tipi: Budget, sono i quantitativi totali riferiti a determinati compartimenti, per esempio quanta acqua abbiamo nell'oceano, nelle calotte polari, negli acquiferi sotterranei... Questi vengono definiti budget e questi quantitativi globali che sono quelli che dovrebbero tornare grazie ai flussi a essere sempre uguali alla fine di un bilancio annuale; li abbiamo anche per i cicli biogeochimici, per cui i budget rappresentano i quantitativi totali relativi a specifici compartimenti. I flussi, viceversa, sono le movimentazioni da un compartimento all'altro che rendono questo bilancio globale possibilmente neutro. Ogni ciclo biogeochimico ha le sue unità di misura per esprimere i budget e i flussi: sono unità che hanno un valore di utilità, se devo esprimere quantitativi estremamente voluminosi devo usare la notazione scientifica o una terminologia che ci aiuti. Nel caso dell'acqua, per convenzione si utilizzano i Km3. 1 Km3 equivale a 109 kg, cioè un miliardo di kg o un milione di tonnellate. In ogni ciclo biogeochimico, e pertanto nel capostipite di tutti i cicli biogeochimici, quello idrogeologico, dobbiamo riconoscere un compartimento di riserva. Il compartimento di riserva è quello che detiene il quantitativo più ingente del materiale che stiamo considerando, nello specifico parliamo dell'acqua e degli oceani. Dobbiamo anche inquadrare un'unità di misura che è specifica di ogni ciclo biogeochimico, per cui questa varia, e in alcuni casi può essere la medesima. In questa immagine l'unità di misura dei budget dei quantitativi dei vari compartimenti è espresso in migliaia di km3. L'oceano è il compartimento di riserva con il suo budget di 1.37 che approssimiamo a 1,5*106 migliaia di Km3. Il secondo compartimento sono i ghiacci polari e i ghiacciai, l'acqua dei ghiacci polari e dei ghiacciai non è un acqua sempre utilizzabile, dobbiamo sperare che non lo sia, perché le conseguenze delle di scioglimento dei ghiacci sono drammatiche: innalzamento dei mari, aumento dello scioglimento, della temperatura media della troposfera degli oceani, aumento del volume specifico dell'acqua, allagamenti praticamente in tutti i continenti. Il terzo compartimento che è il principale per l'utilizzo a scopo umano sono le acque sotterranee con i suoi 4000 migliaia di km3: per questo gli acquiferi sono di fondamentale importanza e vanno protetti dalla contaminazione da macronutrienti (uno dei principali problemi è l’inquinamento da nitrati usati in agricoltura). La cosa abbastanza fastidiosa per quanto riguarda l'acqua è che indipendentemente da dove si inquina, si ha un rimescolamento e una diffusione di questi inquinanti. Per cui se, ad esempio, si inquina nella Pianura Padana, prima che i microrganismi riescano a degradare e a digerire le sostanze inquinanti arrivano 76 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 nell’acquifero dove non c'è un'attività degradativa particolarmente spiccata, perché sono ambienti poveri di materia organica e di biomassa, perciò hanno solo un ruolo strategico perché sono fondamentali per il ciclo idrogeologico, ma dal punto di vista della biodiversità, biomassa, della comunità ecologica, i quantitativi sono abbastanza contenuti, non sono trascurabili ma sono sicuramente contenuti rispetto ad altri ambienti. L'acquifero della Pianura Padana è il secondo più vasto in Europa per cui bisognerebbe riuscire a preservarlo il più possibile, soprattutto oggi che ci sono problematiche enormi che arrivano dall’agricoltura e industrie che rendono vulnerabile questi ambienti. L'acquifero di Ravenna che è un altro acquifero molto importante è inutilizzabile. L'acquifero del Mississippi è alimentato dalle vicine acque oceaniche delle coste orientali degli Stati Uniti, ha funzionato da riserva d'acqua dolce a scopo agricolo, perché la densità di popolazione non è vasta in questa parte degli USA, così tanto ampiamente che oggigiorno è prosciugato. L'acquifero è stato ridotto a circa il 80% del quantitativo originario e si pensa di dover deviare il corso del Mississippi per sopperire a queste problematiche. Altri compartimenti importanti sono i laghi con 229 migliaia di km 3, l'umidità del suolo con 67 migliaia di km3 e l'atmosfera con 13 migliaia di Km 3. L’atmosfera ha un quantitativo talmente basso che il tempo di turnover (la velocità con cui si rinnova il contenuto dell'acqua, del vapore atmosferico) è talmente rapido che ci permette di capire come sia facile e veloce la modalità con cui le sostanze che evaporano, che sono veicolate per deposizione secca o che vengono trasportate come particolato, siano eccezionalmente rapide. Le riserve idriche sono pertanto date dal 97% dagli oceani, il 2% dalle calotte polari e ghiacci perenni, lo 0,3% dalle acque sotterranee. Lo 0,3% rappresenta il 97% delle risorse di acqua dolce potabili e questo fa riflettere sulla vulnerabilità delle acque sotterranee. Nell'immagine è mostrato uno spaccato per far capire che quando si cammina sul marciapiede, pochi metri sotto potremmo avere dell'acqua che scorre. Si trova un suolo biologicamente attivo per 5-10 cm, poi c'è la zona insatura che può essere di varia natura (ghiaia) e più o meno coperto da acqua sotterranea, sotto ancora si trova il materiale impermeabile che blocca la discesa ulteriore dell'acqua. Questa è una tipica falda freatica. Si possono avere anche dei suoli molto diversi dove l'acqua si incunea in cunicoli fino a formare delle vere e proprie grotte, si sta quindi parlando delle rocce carsiche. I flussi di materia sono semplici perché possiamo considerare semplicemente la quantità evaporata dagli oceani 425.000 km3, la traspirazione con l'evaporazione in ambito terrestre 71.000 km3; si può vedere anche il flusso di ritorno, cioè le precipitazioni meteoriche a livello oceanico. Abbiamo quindi una differenza di 40.000 km3: quindi piove meno sugli oceani rispetto a quanto è stata evaporato. I flussi di ritorno in ambito terrestre corrispondono a 111.000 km3 rispetto ai 71.000 che sono traspirati: c'è un bilancio positivo di 40.000 km3. Il bilancio è pareggiato dei fiumi che trasportano circa 40.000 Km3 d'acqua annualmente verso l'oceano. Anche le acque sotterranee hanno un loro sfogo a livello oceanico, il bilancio degli acquiferi e sarà un ambiente fondamentale dei prossimi 10-20 anni per svariate ragioni, non ultimo il fatto che quando cesserà la pressione nell'interesse economico sul petrolio, allora ci sarà la fortissima pressione sull'acqua, già oggi è molto forte. L'Italia è un paese molto ricco d'acqua, numerosi paesi hanno fatto la loro ricchezza con l'acqua, ad esempio Egitto, Uganda, Angola. L'Etiopia sta portando aventi il progetto della Grand Ethiopian 77 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 Renaissance Dam, ovvero la costruzione della più grande diga artificiale al mondo e avrà una potenza regime capace di soddisfare interamente il fabbisogno elettrico del paese. Per riempirla ci sono diversi scenari e ancora non c'è un reale accordo internazionale tra l'Etiopia e l'Egitto che riceve dopo la confluenza in Sudan, Nilo azzurro e Nilo bianco, poi con il suo delta rischia di vedersi il quantitativo d'acqua disponibile come portata decimato o molto ridotto dalla diga etiope, soprattutto quando la diga si \riempirà. Ci sono degli scenari di riempimento della diga di scala decennale, ovvero se fosse riempita in 10 anni per l'Egitto significherebbe il prosciugamento del loro tratto di Nilo, se fosse riempito di 30 anni probabilmente, grazie anche un canale secondario che garantirebbe un certo afflusso all'Egitto, questa riduzione drastica della portata (in Egitto c'è anche la diga di Assuan che deve funzionare) e quindi lo scenario sarebbe possibile. Per la diga di Assuan c'è stato un accordo con il Sudan ma nessuno con l'Etiopia. L'enorme azienda che dovrà costruire questo Dam è italiana, il governo etiope ha conferito l'appalto direttamente senza gara all'azienda italiana per 5 miliardi di euro. In verità, i bilanci dei flussi delle acque sotterranee non si conoscono, però le acque sotterranee sono in contatto con i fiumi, con gli oceani ed esiste uno scambio di acqua da e verso l'oceano, quindi c'è un equilibrio. Purtroppo quando si alza il livello del mare e si abbassa il livello il water table (pelo dell'acqua a livello della zona satura sotterranea), l'acqua di mare introflette e penetra all’interno portando sali. Tutti gli acquiferi contengono Sali, anche quelli come ad esempio della pianura padana perché si stratifica e l'acqua salata tende collassare verso il fondo. Negli acquiferi egiziani, c'è una stratificazione in vari livelli dove l'acqua meno salata che comunque abbastanza salata per noi (2‰), che comunque per scopo agricolo sarebbe molto difficile da utilizzare, se non in alcune colture che sono poco sensibili al sale, gli strati più profondi arrivano sostanzialmente al limite di solubilità del cloruro di sodio, per cui abbondantemente sopra i 100-150 g/l (300 g/l è limite di solubilità). Non possiamo escludere che anche nel nostro acquifero molto profondo presente nell'alessandrino la realtà non sia tanto diversa, però siamo abbastanza lontani dal mare, per cui questo fenomeno di introgressione salina non è così facile come negli acquiferi che sono direttamente affacciati sulla costa. Il turnover è il tempo attraverso il quale si rinnova un comparto, si rinnova nel contenuto dell'acqua, quindi il turnover degli oceani è il tempo con cui abbiamo un ricambio completo della massa d'acqua. Si calcolano dividendo le dimensioni del comparto per il flusso. Se dividiamo la dimensione del comparto fratto le dimensioni del flusso che è il tasso di evaporazione (1,37*109 Km3 / 4,25*105 km3) otteniamo una misura in tempo: 3220 anni è il tempo con cui gli oceani ricambiano la propria massa. Per l'atmosfera il turnover 78 Dispense di Ecologia- Prof. Francesco Dondero -DISIT -Versione a0004 esageratamente piccolo, 9 giorni perché il comparto è esiguo, mentre il flusso è anche più grande di quello oceanico perché dobbiamo sommare la componente dell'evapotraspirazione. Si possono poi calcolare i turnover di altri comparti ma, essendo meno facili riconoscerne i flussi, ci limitiamo a questi due esempi. I valori stimati degli altri compartimenti infatti mostrano una forbice abbastanza ampia. Può essere importante o d'aiuto avere la conoscenza delle principali caratteristiche chimico-fisiche: legami idrogeno, il dipolo, l'effetto solvente, il calore specifico, la coesione, la tensione superficiale, la viscosità. In conclusione, abbiamo visto il ciclo idrogeologico come sistema doppio flusso e che esso rappresenta il volano degli altri cicli biogeochimici che vengono trainati da questo ciclo. È un ciclo perfetto con budget e flussi caratteristici che si neutralizzano in entrata e in uscita dai compartimenti. Abbiamo poi visto la riserva in oceano per le acque dolci e le calotte polari, vulnerabilità delle acque sotterranee e infine i tassi di turnover. 79

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