Dispensa di Microbiologia Medica (PDF)

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Università Vita-Salute San Raffaele

Luca Davani

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virology medical microbiology infectious diseases human health

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This document, titled "Dispensa di Microbiologia Medica," is a virology lecture summary. It discusses various aspects of viral infections, transmission, and the host-virus relationship, including zoonotic diseases like measles, and different types of viral infections. The author, Luca Davani, provides insights into the complex interactions between viruses and human populations.

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Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 9 _______________________________________________________________________________________________ VIROLOGIA INTRODUZIONE ALLA VIROLOGIA Un...

Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 9 _______________________________________________________________________________________________ VIROLOGIA INTRODUZIONE ALLA VIROLOGIA Un virus particolare è il virus del morbillo, è passato dal bovino all’uomo, è avvenuto uno spillover (cosa successa per tutti i virus umani) → virus animale che è passato nell’uomo. Queste zoonosi (uomo che si infetta dall’animale) sono malattie che non vengono trasmesse facilmente. Nell’uomo il virus comincia a replicarsi, però non riesce a passare da una persona all’altra, ma quando si replica nell’uomo può mutare, e questa mutazione può favorire la trasmissione nell’uomo, e diventare virus umano. Per avvenire uno spillover è necessaria la vicinanza tra uomo e animali (per esempio allevamento di bovini per il morbillo). Il contatto dell’uomo con gli animali selvatici è molto rischioso (per esempio è pericoloso il pipistrello, perché un virus innocuo per il pipistrello può essere mortale per noi, es rabbia). Il morbillo entra quindi nell’uomo, è un virus molto contagioso, rende contagioso il paziente già un paio di giorni prima dell’insorgenza dei sintomi; quindi, l’età di infezione è molto bassa (si contrae all’asilo o alle elementari, in un mondo senza vaccini, quindi, è impossibile arrivare all’età adulta senza aver contratto il morbillo). Una volta che circola, infetta i bambini (tutti), conferisce un’immunità molto solida che dura tutta la vita, mantengono quindi un titolo di anticorpi molto elevato fino alla morte. I più vulnerabili sono i neonati e gli anziani. La difesa del neonato veniva messa in atto attraverso una condivisione di anticorpi e immunità dalla madre, questi vanno a scendere (si dimezzano circa ogni mese), però nei primi mesi di vita il neonato è immune. Gli anziani sono protetti perché hanno preso il morbillo da piccoli, tutti gli anziani hanno l’immunità → è una malattia pediatrica. Questo fa sì che la mortalità sia 1 su 1000, è bassa ma pericolosa, su milioni di nascite si contavano centinaia/migliaia di morti. Se il morbillo arriva in una popolazione che non l’ha mai visto, il morbillo si diffonde, e non essendoci immunità, le conseguenze sono gravi (soprattutto per anziani e neonati). L’arrivo in una popolazione vergine crea una diffusione del virus diversa, con conseguenze diverse (per esempio nelle isole Hawaii o Fiji) Ci sono quattro coronavirus contagiosissimi, che contagiano tutti e causano malattie respiratorie, danno un’immunità lunga contro la malattia grave (dà solo un raffreddore), ma immunità breve contro l’infezione; quindi, il virus può continuare a circolare. Quando è arrivato il Covid, è stato come il morbillo per le Hawaii, nessuno era immune. Oggi l’infezione ha immunizzato tutti e ucciso alcuni. È arrivato poi il vaccino che ha consentito di avere immunità non grazie all’infezione, ma grazie al vaccino. Vaccinare significa mettere il vaccinato nella condizione di chi ha avuto la malattia ed è guarito, senza dover andare incontro alla malattia. Ci sono 3 livelli: - La prima è il virus contro la cellula - Poi il virus deve trasmettersi ad altre persone, quindi entra in gioco il tossire, l’avere rapporti sessuali, usare siringhe ecc. - Infine, c’è il virus contro la popolazione (nelle popolazioni parzialmente vaccinate, il morbillo non è più una malattia pediatrica, ma diventa una malattia dell’adulto non vaccinato e anche del neonato nato da madre non vaccinata, con conseguenze gravi) Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 10 _______________________________________________________________________________________________ Una parziale vaccinazione aumenta quindi l’età della malattia, perché il virus circola poco; a volte può essere peggiore rispetto all’assenza di vaccinazione. La vaccinazione non tocca il singolo individuo, ma l’intera popolazione. Il virus trasforma la persona infettata in una macchina per diffondere il virus. Il virus della rabbia interessa l’uomo solo come ospite terminale, l’uomo lo prende e non lo trasmette. È il virus più letale che si conosce, c’è solo una persona che senza cure è sopravvissuta alla rabbia. È un virus diffuso tra gli animali selvatici. Se il virus infetta un cane, qui fa mutazioni a caso, una lo fa finire nelle feci, una nelle urine, una nella saliva. Il più problematico è l’ultimo caso perché, se il cane morde trasmette il virus, quindi quel virus mutato ha un vantaggio selettivo. Però i cani di base non mordono, quindi il virus deve mutare ancora fino a che una mutazione non riesce ad arrivare nell’ippocampo dove viene regolata l’aggressività, quindi il cane rabbioso diventa cattivo, questo virus che l’ha fatto diventare più aggressivo ha un vantaggio e questa mutazione si è diffusa ancora di più. Però il virus deve fare un ultimo passaggio, il cane deve salivare di più. Allora il virus ha generato una mutazione che blocca il centro nervoso che regola il meccanismo complesso della deglutizione, accumulando la saliva nella bocca. Il cane rabbioso viene anche definito cane idrofobo, in realtà il cane ha sete, ma quando prova a bere ha spasmi perché non riesce a deglutire, in realtà non ha paura dell’acqua. Quindi il virus cambia il comportamento dell’ospite. La stessa cosa la possiamo vedere nei virus che aumentano gli starnuti, oppure quando si ha dissenteria ecc. R(0) è un parametro che mi indica l’infettività del virus, se è 1 significa che 1 persona infetta 1 persona. Il morbillo ha R(0)=18 (come la variante omicron di Sars-Cov2). Se il morbillo o altri virus così contagiosi, contagiassero tutta la popolazione, tutti sarebbero immuni, il virus sparirebbe, quindi deve abbassare la sua infettività. Se infettiamo una persona con il virus dell’influenza, il picco di diffusione del virus è tra il primo e il secondo giorno, perché ci sono 5 giorni di malattia (primo giorno non sto benissimo, non sto ancora a casa, quindi è il momento migliore per la diffusione del virus, il secondo giorno sto molto male, il terzo giorno sto ancora male e chiamo il medico che dice di prendere tachipirina e stare ad aspettare, perché nel 99% passa da sola, però bisogna stare attento perché in poche persone può avere complicanze. Il quinto giorno generalmente si guarisce). Il picco virale viene raggiunto prestissimo, si trasmette nel primo giorno, dove ancora non si sta troppo male. Il morbillo ha un sistema ancora più raffinato, non dà la malattia subito dopo l’infezione, tra infezione e malattia passano 10-11 giorni, e due giorni prima che arriva la malattia il paziente è già contagioso; il bambino questi due giorni è a scuola. Il covid si è diffuso, perché inizialmente si pensava fosse come le infezioni respiratorie, in realtà ha un’incubazione di 5-6 giorni e il paziente era già contagioso prima dell’insorgenza dei sintomi, e allora è molto difficile bloccarne la diffusione, l’unica cosa che bisogna fare è chiudersi (lockdown). Anche l’HIV si trasmette da persone asintomatiche per anni. RAPPORTO VIRUS-OSPITE 1. INFEZIONE VIRALE LOCALIZZATA Il virus arriva in una mucosa, qui si replica e causa problemi su quella mucosa. Per esempio, il Rhinovirus (del raffreddore) ha meccanismi di replicazione che non funzionano bene sopra i 35 gradi, quindi l’unico luogo dove ci sono temperature basse è il naso (infatti c’è molto sangue per riscaldare l’aria, ma quindi raffredda la mucosa). Il rinovirus quindi fa tutto lì, a livello della mucosa. Anche la verruca (papilloma) arriva nell’epidermide e resta lì. L’influenza arriva nell’apparato respiratorio, si replica lì e in generale ha effetti a livello respiratorio. In questi casi l’incubazione è brevissima, il virus è già dove deve fare il danno; quindi, i sintomi si manifestano subito (poche ore/giorni dopo). Il paziente Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 11 _______________________________________________________________________________________________ può avere però anche effetti generali come spossatezza, dolori muscolari ecc, questo perché il virus fa produrre l’interferone che è un messaggio d’allarme di infezione virale, è un elemento dell’immunità innata non specifica. Se la malattia dura 5 giorni, non possiamo aspettarci un ruolo del sistema immunitario specifico, perché ci impiega almeno 8/10 giorni per la formazione di anticorpi, quindi non ha un ruolo importante nella prima infezione. Gli anticorpi che si trovano nelle mucose sono le IgA; quindi, sono gli anticorpi coinvolti nell’infezione locale. Passando dal covid delta all’omicron l’infezione si è localizzata, è diminuito il tempo di incubazione, le IgA non vengono stimolate dal vaccino a mRNA (solo IgG), quindi il vaccino ha funzionato meno. 2. INFEZIONE VIRALE GENERALIZZATA Il virus arriva nelle mucose, si replica generalmente nella parte superiore delle vie aeree, ma non dà la malattia, ma entra in circolo: si ha una viremia (diffusione del virus in tutti gli organi). La malattia causata dal virus dipende dal tropismo (quali organi sono preferenzialmente infettati dal virus). Dal momento dell’infezione al momento della malattia c’è un tempo notevole (settimane) e questo momento privo di sintomi che intercorre tra infezione e malattia si chiama periodo di incubazione. La parte finale di questo periodo è quella dove il paziente è infettivo. Nel periodo di incubazione si può fare qualcosa, come vaccino o anticorpi per esempio. L’incubazione è intorno alle 2 settimane (con eccezioni). In queste malattie, il sistema immunitario ha un ruolo importante, si attiva e combatte l’infezione, in alcuni casi causa la malattia stessa (per esempio rush cutanei o altri segni). Il virus è nel sangue dove ci sono le IgG (quindi un vaccino che suscita le IgG è utile, in questo caso il virus entra nel sangue, ma non riesce a diffondersi, perché ci sono molte IgG che lo eliminano subito). Incubazioni: La rabbia ha incubazione molto lunga perché il virus entra nei nervi periferici e arriva al SNC attraverso flusso assonale retrogrado, quindi ci mette molto (30-100 giorni) e in questi giorni si può intervenire (per esempio con vaccini o anticorpi). Anche il papilloma ha un’incubazione lunga. Infine, l’AIDS ha incubazione di diversi anni (fino a 10) e questo è il motivo per cui non abbiamo ad oggi un vaccino (abbiamo solo farmaci). Quando l’organismo incontra l’antigene, i primi anticorpi generati sono le IgM (infezione acuta), poi si generano le IgG (immunità dovuta a infezione passata). Se un virus è poco infettivo (contagioso) può o scomparire, o mutare e diventare più contagioso, oppure può aumentare il periodo di contagiosità asintomatica. Il virus dell’HIV si trasmette pochissimo (per via verticale da madre a figlio, attraverso le trasfusioni, per via sessuale in maniera poco efficiente), quindi stabilisce una latenza clinica di anni, nella quale il paziente è in apparente buona salute, il virus si replica all’interno dell’organismo, il paziente non ha segni/sintomi (così difficilmente si capisce che è stato infettato). Il rapporto del virus del morbillo con la risposta immune del paziente non è presente, perché la risposta immunitaria è molto più lenta, il morbillo si è già diffuso ad un altro paziente e in quel paziente non tornerà, dà un’immunità per sempre. Nel caso dell’HIV è diverso perché, se il virus sta 8-10 anni, in questo periodo il sistema immune tenta di eliminarlo. Il virus deve trovare un modo per non farsi attaccare dal sistema immunitario (deve evaderlo); la stessa cosa vale per il virus dell’epatite C (20% di persone guarisce, ma può prenderla di nuovo, l’80% dei pazienti non guarisce, rimane infettato, non ha sintomi, c’è risposta immunitaria). Entrambi questi due virus riescono a convivere con il sistema immunitario. Un’infezione latente (herpes per esempio) è una situazione in cui abbiamo un’ infezione acuta, questa termina, il virus rimane lì senza replicare, e quando il virus slatentizza, il virus ricomincia a replicare e dà di nuovo i sintomi, ma nel periodo di latenza il paziente non è contagioso. Nell’infezione persistente, dopo l’infezione acuta si ha guarigione, ma il virus si replica e il paziente continua ad essere infettivo (anche quando il paziente è in apparente buona salute). Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 12 _______________________________________________________________________________________________ 3. INFEZIONE VIRALE PERSISTENTE Virus come HCV e HIV devono evadere il sistema immunitario e resistere in un organismo che li sta attaccando: usano delle mutazioni (il genoma cambia). Il morbillo fa errori, ma da quegli errori non trae vantaggio, arriva in un paziente, si replica, esce e va a infettare altri pazienti, non ha alcun vantaggio nel fare mutazioni per evadere il sistema immunitario. Il virus dell’HIV parte e comincia a replicarsi, il sistema immunitario comincia ad attaccarlo; quindi, il virus usa molte mutazioni per rimanere resistente all’attacco del sistema immunitario, troviamo quindi una moltitudine di virus uno diverso dagli altri, questi virus non sono della stessa specie, sono chiamati quasispecie. Il virus dell’HCV muta come il morbillo, ma quello che li differenzia è il sistema immunitario, perché nel morbillo abbiamo solo un virus che essendo molto infettivo esce e infetta altri organismi; invece, quello dell’HCV è sotto attacco del sistema immunitario e quindi crea una nuvola di virus diversi per resistere al sistema immunitario. La forma di un virus all’interno del paziente è diversa a seconda della pressione del sistema immunitario dell’ospite (i sistemi immunitari sono tutti diversi), quindi la nuvola di virus in ogni paziente sarà diversa e sarà determinata dall’interazione del sistema immunitario con il virus e le sue mutazioni. Il problema è che per il vaccino contro il morbillo basta che blocchi il virus del morbillo (1), invece un vaccino per l’HIV deve essere contro tutta la nuvola di virus. Quando qualcosa ha una funzione, non può variare; un virus che vive sotto il bombardamento del sistema immunitario ha questo problema, il virus ha qualcosa che non può cambiare, per esempio il meccanismo di ingresso nelle cellule. Quindi il virus deve sviluppare delle strategie che gli consentano di sfuggire all’attacco del sistema immunitario senza perdere in capacità proliferativa. Una di queste strategie è far vedere al sistema immunitario bersagli di falso valore (cose che possono essere modificate), questi falsi bersagli sono zone immunogeniche che il virus può cambiare con facilità senza perdere in capacità proliferativa; oppure può nascondere le zone importanti, oppure ancora usare molto la glicosilazione (glicoproteine). Il peccato originale del nostro sistema immunitario il sistema immunitario se vede un antigene in un certo modo, se lo vede in seguito in altro modo (modificato) tende a produrre anticorpi contro gli epitopi che ha già visto. HIV usa una strategia scaltra, la sua chiave che usa per entrare nei linfociti e presente quando la proteina di superficie è un trimero)))) Una caratteristica di questi virus è quella di evolvere a stretto contatto con il sistema immunitario dell’ospite, una conseguenza è che questi virus infettano e danno la malattia solo nell’uomo (sono virus umani), non possono infettare animali e renderli contagiosi, perché sono evoluti insieme al nostro sistema immunitario. Chi guarisce da epatite C può essere infettato di nuovo perché il virus si è mutato ed evoluto per evadere il sistema immunitario. Se induciamo un’immunità identica a quel virus, non serve, perché il virus muta ed evade il sistema immunitario, quindi spesso molti vaccini non riusciamo a farli. Excursus sulla storia dell’HIV: L’HIV arriva all’uomo in Africa nel 1920 dove gli indigeni, morendo di fame nelle foreste, si sono messi a mangiare le scimmie; questo virus è arrivato così all’uomo. Si trasmette per via verticale (madre-figlio), attraverso le trasfusioni, e in maniera meno efficace per via sessuale (un po’ di più con sesso anale). C’è un virus detto JC virus che non provoca malattia, è stato isolato ma è orfano (non fa nulla); è diventato rilevante quando a causa dell’AIDS si avevano delle importanti immunodepressioni. Sparito l’AIDS non si avevano più problemi del JC virus. In seguito, è stata trovata una terapia (anticorpo monoclonale) per la sclerosi multipla che bloccava un pezzettino di sistema immunitario, ma questo era quel pezzettino che bloccava JC; quindi, questi pazienti sviluppavano encefalite mortale (malattia iatrogena, causata da un nostro farmaco che blocca una parte del sistema immunitario che blocca il virus). Per l’HIV è successa la stessa cosa, ha sfruttato cambiamenti sociali. Negli anni 70 la persecuzione degli omosessuali cambiò, cominciarono ad essere Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 13 _______________________________________________________________________________________________ accettati e il virus si diffuse negli USA. Agli inizi degli anni 80 due medici si accorsero che il sarcoma di Kaposi si manifestava solo in un gruppo di pazienti omosessuali; stessa cosa per una polmonite da linfociti. Venne chiamata Gay-related immunodeficiency, si diffuse molto attraverso trasfusioni ed emoderivati. Nel 1984 Montagnier scopre l’HIV. Professor Ferdinando Aiuti era un grande immunologo che baciò una siero-positiva. Perché abbiamo sconfitto l’AIDS con farmaci e non con vaccino? Perché non è scappato dai farmaci? Il virus durante la sua evoluzione (primati e poi uomo), è evoluto aspettandosi un attacco sulle sue proteine esterne (alla cellula), quelle interne non sono mai state attaccate dal sistema immunitario, quindi non è mai mutato, perché dentro la cellula il sistema immunitario non c’arriva. Quando abbiamo somministrato i farmaci, questi hanno avuto come target le proteine interne del virus (quelle dentro la cellula, per la sua replicazione), qualche mutazione è apparsa solo quando abbiamo dato il farmaco, ma poiché il virus non è in grado di mutare senza perdere fitness, ha perso capacità replicativa. Quando abbiamo usato due farmaci insieme le cose sono migliorate e quando ne abbiamo usati tre abbiamo vinto. Il virus ora è poco efficace, è difficile che riuscirà a superare i farmaci. Perché questo virus ci può ricordare l’oncologia? Nel 1992 sono stati sviluppati i primi farmaci contro l’HIV contro parti del virus che si portava dentro perché la cellula non le aveva. In un tumore la targeted chemotherapy spesso combina più terapie per colpire il tumore e ridurne la proliferazione. REPLICAZIONE VIRALE STRUTTURA DI UN VIRUS Un virus nudo è un acido nucleico (DNA o RNA) contenuto in una scatola di proteine dette capsomeri, la scatola si chiama capside. La scatola serve per due cose: proteggere l’acido nucleico e a far sì che l’acido nucleico possa infettare la cellula (entrare nella cellula). L’acido nucleico quando entra nella cellula, ne prende il comando. Ci sono anche virus con un’altra struttura, dentro hanno acido nucleico e capside ma all’esterno hanno un envelope (pericapside), ossia una struttura che deriva dalla membrana cellulare che è stata infettata dal virus. È molto più delicato l’envelope (perché è una membrana lipidica), quindi in generale un virus con envelope è molto più delicato di uno che non ha l’envelope. Un agente patogeno fragile ha bisogno di un contatto ravvicinato; quindi, la sorgente e l’infettando devono essere nello stesso luogo. Un virus con envelope è il morbillo (contagioso ma bisogna essere in contatto), anche l’HIV (meno contagioso ma serve un contatto direttissimo), anche epatite C. I virus nudi sono più resistenti e possono trasmettersi attraverso la via oro-fecale, ossia dagli escrementi arrivano per esempio nell’acqua potabile, in generale sono percorsi che richiedono tempo. Questo è vero anche per i batteri, quelli resistenti sono quelli nudi e possono trasmettersi con contatti meno ravvicinati (es. difterite). FASI DELLA REPLICAZIONE I passaggi di base di un ciclo replicativo virale (entra un virus e ne escono migliaia) sono: - Adsorbimento: il virus si attacca alla superficie della cellula - Penetrazione: entra nella cellula - Uncoating: toglie il capside e le strutture che ha, e rende disponibile alle macchine cellulari il suo genoma Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 14 _______________________________________________________________________________________________ - Sintesi degli acidi nucleici e delle proteine virali: il virus entrato è fatto da scatola e acido nucleico, quelli che escono devono essere uguali; quindi, dovremo replicare acidi nucleici e proteine - Assemblaggio: le scatole e i genomi si devono associare per dare luogo a nuovi virus - Rilascio: virus formati escono dalla cellula e vanno a infettare altre cellule 1. ADSORBIMENTO Per esserci adsorbimento dobbiamo avere una proteina virale (detta VAP, ossia proteina di attacco virale) che deve legare qualcosa sulla membrana della cellula, questa proteina si deve trovare o sul capside o sull’envelope; il legame con il recettore è simile a quello antigene-anticorpo o recettore- ligando. Questa proteina riconosciuta dal virus viene a volte definito recettore virale, ma al prof non piace molto perché in realtà non è la cellula che crea un recettore per il virus, ma i vari virus usano recettori e proteine già presenti sulla membrana della cellula che servono ad altro. Ci sono diverse implicazioni; innanzitutto se nella cellula non c’è il bersaglio molecolare, il virus non può entrare. Inoltre, la proteina virale deve trovarsi all’esterno, e ha una funzione molto importante, è un elemento critico per il virus perché una risposta immunitaria rivolta contro quella proteina impedisce l’infezione virale. Infatti, anticorpi diretti verso queste proteine sono quelli usati nelle terapie antivirali, e le stesse proteine del virus sono usate nei vaccini. Se non c’è la proteina il virus non riesce ad infettare (è necessaria la proteina del virus e il bersaglio molecolare sulla cellula), però in molti casi la proteina virale per interagire con la cellula deve essere tagliata da una proteasi dell’ospite, quindi umana. Alcuni virus hanno uno spettro di organi infettati che non dipende solo dal bersaglio molecolare, ma anche dalla presenza della proteasi che taglia la proteina virale e le permette di interagire con la cellula ospite. Questa interazione determina non solo gli organi infettati (tropismo), ma anche la specie infettata dal virus. HIV entra sfruttando CD4, Eipstein-Barr infetta linfociti B perché usa il recettore del complemento ecc. 2. PENETRAZIONE Il virus, dopo essersi attaccato alla cellula ospite, deve far entrare il suo genoma nella cellula. La maggiorparte dei virus nudi quando sono attaccati alla cellula, fanno un buco nella membrana e iniettano il loro genoma nella cellula. I virus che hanno l’envelope possono usare due strategie: la fusione e l’entrata attraverso endosoma. - Nella fusione il virus si adsorbe alla membrana, le membrane del virus e della cellula si fondono grazie a una proteina dell’envelope che viene definita fusogena. Queste proteine di fusione sono fatte da gruppi di amminoacidi idrofobici che funzionano come un cavatappi fino a fondere le due membrane. La proteina fusogena è molto importante per il virus, ha una funzione (non può essere cambiata facilmente), e può essere usata dagli anticorpi per bloccare l’infettività virale (terapie). Il virus deve avere sulla superficie la proteina fusogena, e il virus ha diverse alternative, la prima è la strategia morbillo, ossia dato che non deve tornare mai più nel paziente infettato, la fa vedere senza problemi; se un virus, invece, vuole infettarci più volte, deve nascondere questa proteina e non renderla troppo evidente al sistema immunitario. La strategia della mutazione è difficile da usare perché una proteina del genere ha una funzione importante, non può mutare. Quindi molti di questi virus o rendono la proteina poco immunogenica, oppure fanno vedere solo la forma che non funziona, oppure altri hanno la proteina fusogena in un coltello a serramanico che scatta solo quando la proteina virale che riconosce il bersaglio lega effettivamente il bersaglio, quindi, rimane nascosta fino alla fine ed appare solo alla fine. - Altri virus con envelope entrano attraverso gli endosomi. Nel processo di endocitosi, la cellula mangia qualcosa che è fuori; la cellula lega quello che è fuori, si crea un coated-pit di clatrina che si chiude e si forma l’endosoma all’interno del quale si verificano fenomeni litici. Come fa la cellula Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 15 _______________________________________________________________________________________________ a distruggere quello che c’è dentro l’endosoma senza distruggere il citosol? Dentro l’endosoma la cellula fa scendere il pH, gli enzimi litici funzionano solo a pH acido. Il virus fa la stessa cosa, si attacca alla cellula e la cellula lo “mangia” attraverso endocitosi mediata da clatrina. Dentro l’endosoma la cellula abbassa il pH, ma questo provoca modifica di conformazione di alcune proteine che tirano fuori la parte fusogena e la membrana dell’envelope riesce a fondersi con la membrana dell’endosoma e il virus viene rilasciato nella cellula. Questo è uno stratagemma scaltro per non far vedere la proteina fusogena, questa viene fuori solo dentro l’endosoma. Inoltre, la cellula aiuta il virus perché a pH acido la cellula attiva le proteine virali. Qualunque meccanismo che interferisce con l’aumento di acidità dell’endosoma ostacola l’infezione virale, ma anche la fisiologia cellulare; quindi, un farmaco del genere dà fastidio anche alla cellula. Anche i virus nudi fanno una cosa simile, ma invece di fondere la membrana con l’endosoma, fanno scoppiare l’endosoma, avendo lo stesso risultato. 3. UNCOATING O ECLISSE Il virus prima si attacca alla cellula (e qui il virus c’è), poi entra nella cellula (e ancora c’è), c’è però uno spazio di tempo definito eclisse in cui il virus non c’è dentro la cellula (si sono separate le proteine e il genoma virale), riapparirà in seguito per infettare altre cellule. 4. SINTESI DI PROTEINE E GENOMA Il virus deve sintetizzare nuovi acidi nucleici e nuove scatole (proteine), quindi avviene duplicazione del genoma uguale a quello che è entrato, e traduce proteine uguali a quelle del virus originale. Per fare proteine deve sintetizzare un acido nucleico (che è l’mRNA della proteina). Ci sono proteine iniziali che servono per generare mRNA e nuovi acidi nucleici e servono all’inizio, poi ci sono le proteine del capside (funzione strutturale) che servono alla fine. Una cosa rilevante è che, quando ci sono le proteine e gli acidi nucleici, queste si assemblano spontaneamente senza uso di energia, questo è importante perché il virus sfrutta la cellula intensamente; quindi, alla fine del ciclo spesso la cellula non ha più energia e se il virus dipendesse da questa energia sarebbe in difficoltà. Capsidi e genomi sono autoassemblanti, e grazie all’autoassemblaggio si sono generati dei vaccini per virus che non si replicano in vitro (come il papilloma), attraverso virus-like particles (sono particelle che mimano il capside del virus, senza effettivamente contenere il suo acido nucleico). Il virus per completare con successo il suo ciclo replicativo ha bisogno di replicare i genomi e poi di costruire le scatole per impacchettarli. Deve alterare a proprio vantaggio la struttura e la funzione della cellula ospite per fa sì che la cellula ospite smetta di fare quello che fa stava facendo e faccia quello che il virus vuole che faccia. I virus hanno genoma a DNA o a RNA: VIRUS A DNA Se hanno il genoma a DNA devono sintetizzare un mRNA sullo stampo di DNA. La cellula ha un RNA-polimerasi DNA dipendente continuamente attiva per costruire le sue proteine. L’RNA- polimerasi DNA dipendente riconosce segnali che arrivano da promoter ed enhancer; quindi, il virus mette davanti ai suoi geni dei promotori ed enhancers molto forti, così questi attraggono velocemente l’RNA-polimerasi. L’mRNA viene così tradotto in proteine. Invece come replicano il genoma a DNA da inserire dentro le nuove particelle virali? Per replicare il genoma a DNA le cellule eucariotiche hanno degli enzimi che costruiscono DNA su stampo di DNA (le DNA polimerasi DNA dipendenti necessarie alla cellula eucariotica per la replicazione della cellula), quindi il virus potrebbe usare questi enzimi, ma non può farlo perché mentre la sintesi di RNA Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 16 _______________________________________________________________________________________________ è attiva in tutte le cellule, la sintesi di DNA è molto regolata, perché la cellula deve replicare il suo DNA solo in precisi momenti (deregolazione porta a cancro). Se il virus facesse conto solo su questi enzimi della cellula, non potrebbe per esempio replicarsi nelle cellule nervose (che non replicano). Un virus quindi ha 3 possibilità: - Si replica solo nelle cellule che si replicano sempre. - Si porta dietro tutta la macchina necessaria per replicare il DNA (DNA polimerasi, ligasi ecc); il problema è che i geni che codificano per tutte queste proteine prendono un sacco di spazio; quindi, usano questa strategia solo i virus con genomi grandi come i virus herpetici. Un’implicazione importante è che ognuno di questi attrezzi che si porta dietro il virus è un bersaglio farmacologico (mediante inibizione), quindi possono essere inibiti. Al contrario non possiamo inibire la RNA- polimerasi perché non verrebbero prodotte proteine nelle nostre cellule. Il primo antivirale efficace scoperto è l’aciclovir (blocca questa macchina) usato per l’Herpes. - Spingono la cellula a replicarsi; infettano la cellula e mandano il comando che si deve replicare. A questo punto quando si replica, replica anche il genoma del virus. Un’implicazione medica è che il virus induce iperplasia (per esempio la verruca, causata dal papilloma che infetta la cellula basale dell’epidermide, ossia quella che si replica. Infatti, la verruca nonostante sia un’infezione localizzata ha un periodo di incubazione lungo perché deve indurre replicazione e iperplasia). Il problema di indurre aumento della replicazione è che alcuni virus perdono il meccanismo che gli consente di regolare quanto replicare e possono causare tumori. Il papilloma virus, per esempio, inibisce p53 (blocca il ciclo cellulare) spingendo la cellula a iniziare a replicare, ma quando la inibisce troppo, viene fuori il cancro (non è un vantaggio né per l’ospite, né per il virus, perché nelle cellule tumorali il virus non riesce più a replicarsi). VIRUS A RNA Il primo problema che incontra il virus a RNA è che nella cellula un enzima in grado di sintetizzare RNA sullo stampo di RNA non c’è. Per poter replicare il suo genoma, deve portarsi dietro una RNA polimerasi RNA dipendente, altrimenti non potrebbe replicare il genoma. Tutti i virus a RNA hanno un gene che codifica per RNA polimerasi RNA dipendente (questo è importante come target farmacologico, dato che nella cellula non c’è e quindi non la danneggerebbe). Il DNA è costituito da due filamenti che non sono uguali ma complementari (A con T, C con G) e antiparalleli (il DNA ha una direzione 5→3, al fosfato 5 in un filamento corrisponde il fosfato 3 nell’altro filamento, quindi hanno direzione opposta). Come si distinguono i due filamenti? Usiamo una convenzione, secondo la quale il filamento di RNA messaggero è quello positivo; quindi, se l’RNA polimerasi si attacca al filamento di DNA negativo dà luogo ad un filamento positivo di RNA; invece, il filamento di DNA negativo non viene usato per sintetizzare l’mRNA ma ha la stessa sequenza dell’ RNA (sostituendo T con U). Nell’mRNA da una parte c’è il CAP, dall’altra il poliA. L’RNA positivo è quello che può fungere da mRNA, quello negativo non può funzionare da mRNA. Dobbiamo quindi distinguere i virus a RNA positivo da quelli a RNA negativo. I Virus a RNA positivo hanno un genoma che può funzionare da RNA messaggero; quindi, può entrare e arrivare ai ribosomi, ha nel suo trascritto un Ribosome Entry Site, i ribosomi si agganciano e si producono le proteine (una di queste sarà la RNA polimerasi RNA dipendente per la replicazione del genoma). Con un vaccino a mRNA, iniettiamo l’mRNA e questo viene tradotto, il nostro sistema immunitario fa una risposta immunitaria contro la cellula che produce le proteine virali. Come abbiamo saputo sintetizzare l’RNA artificiale che codifica per la proteina Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 17 _______________________________________________________________________________________________ spike del coronavirus, sappiamo sintetizzare tutti gli mRNA; se prendo un virus a RNA positivo, creo il suo RNA e lo inietto, da quella cellula escono particelle virali infettive. Quindi conoscendo la sequenza del virus posso creare il suo RNA e iniettarlo (non ho bisogno del virus). I virus a RNA negativo non possono fare la stessa cosa, il loro genoma non può funzionare come messaggero; quindi, la prima cosa da fare è utilizzare l’RNA negativo come stampo per sintetizzare RNA positivo che possa essere usato come mRNA. La cellula non ha l’enzima (RNA polimerasi RNA dipendente), la conseguenza è che tutti i virus a RNA negativo devono portarsi dietro fisicamente nel virione una RNA polimerasi non solo come gene, ma anche come proteina già sintetizzata (cosicché possa convertire l’RNA negativo in RNA positivo che può funzionare come mRNA). Alcuni virus hanno un RNA a doppio filamento negativo, ma il concetto è lo stesso, anche qui c’è un RNA polimerasi nel virione. Tutti i virus a RNA devono avere nel genoma una RNA polimerasi RNA dipendente, i virus a RNA negativo devono avere nel virione anche la RNA polimerasi RNA dipendente. Un’eccezione è data dai retrovirus, sono particolari perché hanno un RNA positivo, ma questo non funziona come mRNA ma viene retrotrascritto come DNA a doppia catena e integrato nel genoma cellulare. Nella nostra cellula non c’è l’enzima, quindi questi virus devono avere la trascrittasi inversa nel genoma e nel virione (essendo la trascrittasi inversa un enzima solo virale, viene usato come target terapeutico). Se abbiamo un virus a RNA positivo, abbiamo un virus che entra e ne devono uscire migliaia identici, quindi devono avere un genoma positivo. Come lo generiamo se non abbiamo lo stampo negativo su cui sintetizzarlo? Manca quello che permette di passare da un genoma positivo a migliaia di genomi positivi. Nelle cellule infettate troviamo l’intermedio replicativo che è un RNA complementare che serve da stampo per la sintesi di nuovi genomi (nei virus a RNA negativo è un RNA positivo, in quelli a RNA positivo è un RNA negativo). Quando vedo l’intermedio replicativo significa che l’infezione è partita. Una caratterista dell’RNA polimerasi RNA dipendente è quella di non essere molto accurata nel controllo della replicazione, non ha attività di proof-reading, quindi vengono inserite mutazioni. Perché allora dei virus sono sempre uguali e altri sono una nuvola di virus diverse? Perché alcune regioni sono mutevoli e altre sono conservate? Non sempre le mutazioni vengono conservate. Tutti i virus a RNA mutano e mutano in tutto il loro genoma, ma le mutazioni persistono solo se danno un vantaggio al virus. Il virus al morbillo è molto conservato perché non ha bisogno di cambiare, non interagendo con il sistema immunitario dell’ospite; invece, nell’epatite C abbiamo molta variabilità perché la pressione immunologica è sulle proteine esterne e quelle interne non mutano. Una mutazione è importante se introduce un cambiamento in una proteina, altrimenti abbiamo mutazioni silenti. Le mutazioni in terza base possono non cambiare l’amminoacido (per il fenomeno di wobbling); quindi, mutazioni in terza base (sinonime) non sono utili per il virus. Contando quelle mutazioni posso contare il tasso di mutazione dell’RNA polimerasi, stessa cosa per le mutazioni nella regione silente (sono mutazioni che non interferiscono con l’infezione virale). Le mutazioni persistono solo se danno un vantaggio al virus, dove non ci sono, non sono state conservate (non è vero che non sono mai avvenute). 5. ASSEMBLAGGIO Capsidi e genomi si assemblano spontaneamente. 6. RILASCIO Abbiamo due modi: Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 18 _______________________________________________________________________________________________ - Il primo è il rilascio tramite lisi; la cellula viene sfruttata, accumula ioni e acqua e scoppia e scoppiando rilascia il virus. Quando questo avviene, la malattia è data principalmente dalla morte delle cellule. Questo metodo di rilascio è tipico dei virus nudi. Il virus del raffreddore (nudo) fa scoppiare e uccide le cellule della mucosa nasale, ma il danno è limitato perché queste si riproducono velocemente. Se, però, muoiono i motoneuroni (che non si possono replicare) il fascio di muscoli innervato da quel motoneurone va incontro a paralisi flaccida. Un esempio è la poliomielite (nel 98% dei casi dava sindrome molto lieve, nel 2% arrivava al SNC e paralizzava i muscoli facendo morire i motoneuroni). - Rilascio tramite gemmazione: il virus esce attraverso un’estroflessione della membrana cellulare, la caratteristica di questa strategia è che, mentre la lisi ammazza la cellula irreversibilmente, la gemmazione può ammazzare la cellula, ma anche no. Quindi alcuni virus uccidono lo stesso la cellula, altri virus non disturbano troppo la cellula. Il virus della rosolia causa una sindrome che è molto lieve, ma diventa un pericolo grandissimo quando infetta una donna che sta aspettando un bambino che è in fase di embriogenesi (in cui le cellule decidono quale cellula diventare). Il virus arriva nelle cellule del feto e disturba le luxury functions (le più delicate), e quindi il bambino nasce molto deformato. Altre malattie possono essere molto gravi, perché per esempio il ruolo del SNC può essere molto più complesso. Una cellula infettata ha un virus che gemma, ossia si appoggia alla membrana cellulare, le proteine del capside interagiscono con la membrana e il virus viene emesso con un envelope dato dall’estroflessione della membrana. La cellula è ricoperta da proteine virali, quindi o le proteine virali hanno stabilito tolleranza nei confronti del sistema immunitario, oppure sono presenti e non nascoste e il sistema immunitario attacca la cellula e la uccide (perché vuole spegnere l’infezione). Il sistema immunitario in questo caso ha una doppia funzione (proteggere il paziente dall’infezione, farlo guarire, e uccide anche cellule), quindi in questo caso causa la malattia. Nel caso dell’epatite B il virus infetta le cellule del fegato e non le disturba molto, i danni arrivano a distanza di tempo (cirrosi o tumore). Quando un paziente adulto incontra l’epatite B si verificano 3 situazioni: risposta immunitaria giusta (paziente sta male ma l’azione del sistema immunitario è giusta e il paziente guarisce), risposta immunitaria troppo debole (il virus stabilisce una tolleranza nei confronti del sistema immunitario, il paziente rimane infettato per tutta la vita, e sarà contagioso per tutta la vita), risposta eccessiva (determina epatite fulminante, la risposta distrugge il fegato, entra in insufficienza epatica e senza trapianto il paziente muore). Quindi il sistema immunitario ha sempre una funzione importante nell’infezione virale e nella malattia, a volte è la stessa risposta immunitaria che determina la malattia. Nel covid nella prima fase il sistema immunitario aveva azione protettiva, poi aggravante (quindi sono stati usati cortisonici e immunosoppressori). C’è il sospetto che alcune malattie autoimmuni possano derivare da virus (per esempio il diabete di tipo 1, alcuni pensano che derivi da un virus che infetti le cellule che producono l’insulina; oppure la sclerosi multipla, si è visto che l’infezione da Eipstein Barr della mononucleosi è un fattore aggravante per la sclerosi multipla). La cellula è ricoperta dalle proteine virali che andranno a formare l’envelope; quindi, possiamo considerare la cellula come un grosso virione, quindi il sistema immunitario può attaccarla. Alcuni virus entrano per fusione, la proteina fusogena è sulla membrana; quindi, la cellula è dotata di proteina fusogena. Quando abbiamo una cellula con proteina fusogena e un’altra cellula non infettata, la cellula infettata potrà attaccarsi all’altra cellula e fondere le due membrane, ottenendo una cellula derivata dalla fusione delle due cellule che sarà infettata. Questo meccanismo è alla base di alcune caratteristiche patologiche. Per esempio, il morbillo, quando causa polmonite, causa una polmonite a cellule giganti (una grossa cellula infettata che deriva dalla fusione di più cellule). Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 19 _______________________________________________________________________________________________ DIAGNOSTICA VIROLOGICA L’HIV fino a quando non c’era un modo per diagnosticarlo, ogni trasfusione era un rischio di diffondere il virus; stessa cosa con il virus dell’epatite C, dopo aver trovato e diagnosticato il virus si è limitata la diffusione. La diagnostica virologica richiede la conoscenza del rapporto tra ospite e virus. L’influenza è una malattia quasi immediata, quando c’è la malattia c’è il virus, e non ci sono anticorpi (se ci sono, è data dall’ incontro con virus in passato). È un’infezione localizzata, e una malattia che si può prendere più volte. Al contrario, nel morbillo abbiamo un periodo di incubazione senza malattia, e la malattia si prende solo una volta (quindi se trovo anticorpi il morbillo non tornerà più). Con l’epatite C la situazione è ancora diversa. Ci sono due metodi di diagnostica: - Metodi diretti: il virus c’è e lo vedo direttamente - Metodi indiretti: vedo un segno inequivocabile della presenza del virus (senza vederlo direttamente) DIAGNOSTICA DIRETTA I metodi diretti sono 4, ma quelli che si usano nella diagnostica clinica sono la ricerca degli antigeni e la ricerca del genoma virale, ma è importante conoscere anche gli altri due. 1. MICROSCOPIA ELETTRONICA I virus non si vedono con il microscopio ottico, quello elettronico vede i virus, ma solo la loro forma, non ci dice quale virus è. Questa tecnica si rivela importante quando si è di fronte ad una patologia sconosciuta che potrebbe essere di origine virale. Nel 2022 c’è stata una nuova epatite e non si sapeva da cosa fosse causata. Per capirlo si è preso il fegato di questi bambini e visto se in preparati istologici si vedeva il virus con il microscopio elettronico. 2. ISOLAMENTO VIRALE Era l’unico modo per dimostrare la presenza di un virus fino agli anni 90 quando arrivò la PCR. Si prende un campione clinico e si tenta di far crescere quel virus in una linea cellulare (cellule fatte crescere su una superficie apposita, ossia una fiaschetta in fondo alla quale ci sono cellule, terreno di coltura e tappo con filtro, messo in incubatore a CO2 dove il virus può crescere). I virus si replicano in cellule che crescono e si chiamano linee cellulari: - Primarie: da un frammento di pelle, per esempio, si prendono i fibroblasti e si fanno crescere fino a che non si contattano e smettono di crescere (per inibizione da contatto) e poi si staccano con enzimi (come la tripsina). Ma il numero di divisioni è limitato, quindi dopo un certo numero di divisioni la cellula muore. - Continue: sono linee cellulari che crescono all’infinito, vengono da tumori (HeLa) e avendo la telomerasi si replicano all’infinito. Il vantaggio è che sono facili da maneggiare. Per vedere se il virus è cresciuto si cerca l’effetto citopatico, ossia l’effetto dannoso del virus sulla cellula e lo si vede con un microscopio a ottica invertita (si guarda da sotto, con la luce che viene da sopra). Questo sistema è molto poco utile principalmente per il tempo necessario, l’effetto citopatico richiede giorni o settimane; quindi, è una diagnosi fatta a posteriori. Inoltre, non è molto sensibile, perché per avere l’effetto citopatico ci devono essere dei virus in grado di infettare, ma non tutti i virus riescono a infettare; inoltre, perché il virus dia un effetto citopatico è necessario che Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 20 _______________________________________________________________________________________________ arrivi vivo (integro), e spesso capitava che nel tempo che intercorre tra il prelievo dal paziente e l’arrivo in laboratorio il virus moriva. In più, facendo un tampone faringeo (per l’influenza, per esempio), questo contiene non solo il virus, ma anche batteri (che crescerebbero bene nel terreno); quindi, il terreno di coltura deve contenere antibiotici, ma se si tratta di batteri resistenti, il terreno si contamina. E infine, alcuni virus non crescono in vitro (papilloma, HCV, HBV). Queste metodiche sono state abbandonate per la diagnostica clinica, ma sono importanti perché questa metodica è quella che permette di isolare il virus (avere una provetta con il virus e analizzarlo in laboratorio, caratterizzarlo ecc). La cosa fondamentale che possiamo fare quando abbiamo il virus in provetta è saggiare quanto un siero di un paziente, un anticorpo monoclonale o un farmaco possa inibirne la crescita. La prova più importante è la neutralizzazione virale attraverso la tecnica della riduzione delle placche: prendo un siero o un anticorpo, lo metto in contatto con il virus e vedo se il virus viene bloccato dall’anticorpo/farmaco. Come si misura la neutralizzazione? Inoculiamo il virus in modalità controllata; prendiamo il siero del paziente e lo diluiamo 1:100 e ci mettiamo il virus, dopo qualche minuto lo mettiamo sulle piastre. Poi la stessa cosa per 1:1000, 1:10000 ecc. In seguito, facciamo una coltura senza metterci il siero. Sopra le piastre metto dell’agar (gel) e poi un colorante che colora solo le cellule vive, in modo tale che, essendoci il gel, il virus infettante non è libero di andare in giro, ma infetta solo le cellule vicine; dove il virus infetta le cellule ha effetto citopatico e si crea un buco nella coltura non colorato (detto placca). Quindi contando il numero di placche vedo quanti virus vivi ci sono. Per misurare la potenza di un siero nei confronti di un virus uso la diluizione di siero che ha neutralizzato la metà dei virus (titolo di neutralizzazione). Essendo una diluizione, più il siero è diluito (a parità di neutralizzazione), più il siero è potente. È importante perché, quando arriverà il virus dell’influenza nuovo, posso isolare il virus e vedere quant’è la capacità neutralizzante del siero delle persone; se è un titolo di neutralizzazione alta significa che nella comunità c’è un’immunità alta, e capisco che la situazione andrà bene. Con questa tecnica si può anche testare l’efficacia dei vaccini (cosa fatta per il vaccino di omicron, vedere grafico su slides). In caso di nuovi anticorpi monoclonali (farmaci) si studia la IC50, ossia la concentrazione necessaria per neutralizzare il 50% delle placche (in questo caso è una concentrazione, quindi più è bassa, più è potente). Gli anticorpi monoclonali risultarono inefficaci per il covid. Dato che lavorare in laboratorio con virus infettanti è molto pericoloso, sono stati inventati gli pseudovirus, sono virus prodotti in laboratorio, all’esterno sono identici al virus che si vuole studiare, ma all’interno non hanno il genoma del virus, ma un genoma che dentro la cellula fa produrre una proteina che è la luciferasi che rende luminosa la cellula infettata. Quindi se il virus infetta la cellula, vedo la luce, non l’effetto citopatico. Per produrli basta sapere la sequenza del virus, non è necessario che questo sia stato isolato, sono anche virus sicuri (in quanto non possono replicare). Il limite è che questo sistema studia solo le parti iniziali del ciclo replicativo del virus (adsorbimento e penetrazione), quindi gli effetti degli anticorpi sulle fasi finali dell’infezione non vengono visti. 3. RICERCA DEGLI ANTIGENI È una tecnica che consiste nel vedere se c’è l’antigene, e quindi bisogna scegliere un antigene molto abbondante. Se si dovesse diagnosticare il covid, non si prederebbe la proteina spike perché è molto variabile, si prende una proteina di quelle interne o quelle strutturali. La tecnica consiste nel classico tampone del virus (quello rapido), test nel quale se appare una linea è negativo, se appaiono due linee è positivo. Ma come fa ad apparire la seconda linea? È un test ad antigene e si basa oltre che sulla proprietà degli anticorpi di riconoscere un antigene, sul fatto che, se io lo Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 21 _______________________________________________________________________________________________ coniugo ad una molecola di oro colloidale, questa si lega al tampone (alla nitrocellulosa) e si rende visibile, quindi colora la piastra. Si frulla il tampone in una soluzione che frulla tutti i virus, elimina anche l’infettività del campione. Mettiamo 5 gocce di campione nel cerchietto, dove c’è della carta assorbente, e per capillarità da qui il liquido si sposta verso la striscia. Sotto la scatoletta c’è il conjugate pad, ossia ci sono anticorpi che legano una proteina del virus (N): se il virus è presente, la proteina (antigene) comincia a spostarsi e incontra l’anticorpo con l’oro colloidale nel conjugate pad al quale si lega. Quando spostandosi (il complesso proteina virale-anticorpo coniugato con oro colloidale) arriva alla prima linea (linea di test), ci sono altri anticorpi che si legano alla proteina N; quindi, quando l’anticorpo con proteina N e oro colloidale arriva lì si ferma. Se nel campione non c’è il virus, e quindi neanche l’antigene virale, prosegue avanti. La seconda linea è una linea di controllo, contiene degli anticorpi che legano anticorpi di pollo coniugati con oro colloidale (presenti nel conjugate pad e che salgono fino alla linea di controllo in ogni test); quindi, quando gli anticorpi di pollo coniugati con oro colloidale salgono fino alla linea di controllo si fermano perché legano gli anticorpi, e colorano la linea di controllo. Se vediamo una linea sola il test è negativo (la linea di controllo è messa sopra), se vediamo due linee il test è positivo. Il difetto è che è un test poco sensibile. Questo test si basa sulla presenza dell’oro colloidale che è visibile. Non c’è in ballo una reazione enzimatica, quindi non c’è amplificazione del segnale. Un vantaggio è che se lo vediamo dopo più tempo (per esempio 15 min al posto di 5) non cambia molto (non c’è amplificazione). Se la linea di test è molto debole, il test è comunque positivo. Non è un test quantitativo, dice solo se il virus c’è. 4. RICERCA DEL GENOMA (METODI MOLECOLARI) Il metodo molecolare è la PCR, consiste nell’amplificazione del DNA. Se partiamo con una molecola, ne avremo poi 2, poi 4, poi 8. Se partiamo con 1000 ne avremo 2000, 4000 e 8000. Anche se partiamo da una molecola sola, arriviamo ad un numero elevatissimo di molecole, ma chiaramente se abbiamo più molecole in partenza, ci arriviamo prima. In laboratorio c’è la real-time PCR, che ci permette di sapere esattamente quante molecole abbiamo nella provetta attraverso un laser. Questa macchina la tariamo in modo tale che, quando le molecole sono sopra un certo numero (soglia), il test è positivo, quindi il virus c’è. A seconda di quanti cicli ci vogliono per raggiungere la soglia che abbiamo deciso, possiamo determinare se all’inizio c’erano molte o poche molecole di genoma virale. Nei pazienti negativi non si amplifica niente, ma nei pazienti positivi, c’è chi diventa positivo al 15° ciclo, altri al 23° ciclo: quindi, questo mi fa capire quanto virus c’era. Non è solo un esame qualitativo (c’è o non c’è il genoma virale) ma anche quantitativo (quanto ce n’è). Per il covid era importante perché a seconda della quantità di virus cambiava la prognosi, oppure per il virus dell’HIV per capire la terapia. La PCR funziona solo con DNA, come facciamo per virus a RNA? Usiamo la trascrittasi inversa e trasformiamo l’RNA in DNA. Per la diagnostica diretta è importante conoscere il rapporto virus-ospite, perché bisogna sapere dove e quando andarlo a cercare. È utile per i virus che ci infettano più volte, perché quella indiretta è meno utile. DIAGNOSTICA INDIRETTA (SIEROLOGICA) Con la diagnostica indiretta viene ricercato una traccia specifica che il virus lascia sul sistema immune, ossia la presenza di anticorpi diretti contro l’antigene virale, perché l’anticorpo che riconosce gli antigeni del virus del morbillo, non riconosce antigeni del virus della rosolia ecc. Nella diagnostica diretta la situazione era semplice, con gli anticorpi la presenza di un anticorpo contro un dato virus ha Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 22 _______________________________________________________________________________________________ un significato diverso a seconda del rapporto virus-ospite. La presenza di anticorpi significa che il paziente è stato infettato dal virus. Morbillo: il virus arriva, infetta l’ospite, non cronicizza mai (non dà infezione persistente), o guarisce o muore. Lascia al paziente un’immunità che dura tutta la vita. Se il paziente è positivo per le IgG contro il virus del morbillo, significa che il paziente è stato infettato dal virus del morbillo, e se sta bene significa che è guarito, ed è anche protetto per il futuro; oppure che è stato vaccinato. Stessa cosa per epatite A. HIV: il paziente non guarisce mai, infezione diventa persistente nel 100% dei casi, il paziente è infettivo e se non si cura muore. Se trovo le IgG positive per l’HIV significa che il paziente è stato infettato dal virus, ma le conseguenze sono diverse. In questo caso il paziente non è guarito, è ancora infettato, è infettivo, sta male e può morire. HCV: 80% dei pazienti non guarisce, rimane infettato per tutta la vita e deve curarsi, 20% guarisce ma non è protetto. Trovo un paziente positivo per le IgG, significa che è stato infettato dal virus, ma non posso sapere se è guarito o no. Se è nell’80% sfortunato è ancora malato e infettivo. Quindi in questo caso il fatto di essere stato infettato dal virus non mi dà un’informazione significativa. Allora faccio diagnostica diretta, se trovo il genoma è di quelli cronicizzati, se non lo trovo è guarito. Se io ho un paziente con febbre e trovo IgG per il virus dell’influenza, significa che è stato infettato dal virus, ma non è un’informazione utile perché non so se in quel momento è infetto, può essere un’infezione passata. Tutti sono positivi alle IgG per l’influenza, non è un test che ci dice qualcosa di utile. In alcuni casi la diagnostica indiretta è irrilevante, per l’influenza si fa il tampone faringeo (diagnostica diretta). Come capire se ci sono gli anticorpi? Si usa un sistema immuno-enzimatico: si prendono anticorpi umani purificati e si iniettano in un animale, si prendono poi anticorpi che riconoscono gli anticorpi umani e si attacca un enzima. A questi ultimi anticorpi si fa un ELISA. Si attacca l’antigene che ci interessa in fondo al pozzetto, mettiamo nel pozzetto il siero del paziente; può succedere o che gli anticorpi ci sono o che non ci sono. Se ci sono, questi si attaccano all’antigene, e quando laviamo rimangono attaccati al fondo del pozzetto, se non ci sono, non rimane niente attaccato. Aggiungiamo gli anticorpi anti-anticorpo umano coniugati con enzima. Dove c’è l’anticorpo umano, questi rimangono attaccati. Quindi se ci sono gli anticorpi umani, nel pozzetto c’è l’enzima, al contrario non c’è l’enzima. A questo punto si mette un substrato che viene processato dall’enzima e lo rende colorato. Così si vede se c’erano gli anticorpi. In maniera semplice si può dimostrare se nel sangue ci sono anticorpi o no. Inoltre, è un esame anche quantitativo perché, se costruisco una curva standard con un siero di riferimento con una data quantità di anticorpi, posso paragonare il colore e capire quanti anticorpi ci sono. Questo sistema vede se ci sono gli anticorpi e anche quanti ce ne sono. Molti anticorpi significa molto enzima e molto colore, pochi anticorpi poco colore. Una modifica del sistema permette di vedere gli antigeni, viene definito ELISA SANDWICH, ossia c’è un anticorpo fissato sul pozzetto, l’anticorpo lega l’antigene e c’è un altro anticorpo per l’antigene che lega un enzima. Questo sistema quantifica l’antigene (è un meccanismo analogo al tampone classico per il covid che usava l’oro colloidale, ma qui quantifico grazie all’enzima che colora il pozzetto). Ci sono però diversi isotipi di anticorpi, ci sono le IgG che arrivano tardi e le IgM che arrivano prima. Le IgM arrivano circa 10 giorni dopo l’esposizione all’antigene, quindi se trovo le IgG significa che l’infezione era lontana nel tempo, se invece si sospetta un’infezione acuta di morbillo è meglio cercare le IgM (che permangono fino a 6 settimane), che indicano un’infezione più recente. Come si dimostrano le IgM? Si fa la stessa cosa per le IgG, ossia un ELISA per IgM. Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 23 _______________________________________________________________________________________________ In un ELISA per IgM ci può essere la possibilità di un falso negativo perché, se ho sia IgM sia IgG nel sangue, può succedere che tutte le IgG si leghino all’antigene, e il risultato che mi viene fuori dall’ELISA per IgM è negativo (ma non per l’assenza effettiva di IgM, ma solo perché le IgG mi hanno falsato il risultato, impedendo alle IgM di legarsi all’antigene), quindi si usa un metodo a cattura in cui sul pozzetto metto un anticorpo che lega le IgM; successivamente inserisco il siero contenente le IgM (che si attaccano all’anticorpo anti-IgM e poi l’antigene virale che verrà legato dalle IgM e infine un anticorpo coniugato ad enzima che lega l’antigene. Così scongiuro il problema del legame delle IgG all’antigene. Quindi, gli anticorpi li possiamo usare anche per tentare di datare l’infezione e diagnosticare l’infezione acuta. Le IgM sono la prima barriera contro la malattia, sono immediate e meno specifiche. Lo pneumococco dà polmoniti gravi, mortali senza antibiotici; ha una capsula che lo rende non fagocitabile. Una volta il paziente stava malissimo e pi guariva di colpo, esattamente quando apparivano le IgM, che si attaccavano alla capsula e distruggevano il batterio (mortalità 30% perché alcuni morivano prima dell’arrivo delle IgM). Se troviamo IgM abbiamo infezione acuta, se troviamo solo le IgG allora si tratta di un’infezione passata. C’è la prima esposizione all’antigene (prima volta che il paziente è infettato), le IgM vengono prodotte per prime, poi le IgG che rimangono per sempre. Se il paziente viene reinfettato dal virus (per esempio rosolia), clinicamente non succede niente (non ha sintomi, non è infettiva), ma il suo sistema immunitario viene stimolato, quindi si ha una risposta secondaria, le IgG salgono molto e anche le IgM salgono. Come distinguiamo prima da seconda infezione (in entrambi i casi si è positivi per IgM e IgG)? Dobbiamo vedere le caratteristiche molecolari della risposta immunitaria. Tra la risposta primaria e quella secondaria c’è una differenza anche qualitativa tra isotipi, perché quando incontra una seconda volta l’antigene gli anticorpi aumentano di affinità. Se ogni singolo anticorpo aumenta l’affinità, aumenta anche l’avidità (la forza della reazione tra un singolo determinante antigenico e un singolo sito legante dell’anticorpo), ossia la capacità complessiva del siero del paziente di stare attaccato all’antigene. Se abbiamo alta avidità abbiamo infezione lontana nel tempo, se invece abbiamo bassa avidità l’infezione è recente. Avendo a disposizione singoli antigeni, possiamo distinguere anche chi è vaccinato da chi non lo è. Nel caso del covid, dato che vacciniamo con proteina S (spike) come si capisce se è stata vaccinata o ha avuto la malattia? Cerchiamo gli anticorpi per una proteina che nel vaccino non c’è (come la proteina M), se ci sono la persona ha avuto la malattia. Il modo più appropriato per diagnosticare un’infezione da virus influenzale, parainfluenzale, RSV (respiratorio sinciziale), coronavirus, rinovirus (tutte sono infezioni respiratorie localizzate che infettano più volte) è cercare il genoma virale in un campione respiratorio. Per il virus del Morbillo, Parotite, Epatite A, Rosolia il metodo più appropriato per diagnosticare un’infezione acuta è ricercare le IgM specifiche nel sangue. Per questi stessi virus, per determinare, invece, se il paziente è protetto (per capire se è stato infettato in passato) bisogna ricercare le IgG specifiche. VIRUS DELL’INFLUENZA Di ciascun virus bisogna sempre sapere: - Quale malattia dà - Quali sono le caratteristiche importanti (virus nudo o envelope, virus a DNA o RNA, batterio Gram + o Gram -) - Rapporto con ospite - Come si diagnostica Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 24 _______________________________________________________________________________________________ - Come si cura - Come si può prevenire GENERALITÀ Il termine influenza in italiano significa virosi contagiosa, ma anche influsso, capacità di influire sugli altri ecc; perché la caratteristica principale è quella di arrivare a metà gennaio, infuriare per 7/8 settimane e poi sparire. Gli antichi pensavano fosse l’influenza negativa delle stelle (Influenza Stellarum). Non si sa ancora perché il virus arrivi in quel momento. Influenza è un termine usato comunemente in maniera impropria (sinonimo di malattia non grave), invece l’influenza è la malattia causata dal virus influenzale (tutte le altre sono sindromi simil-influenzali). È una malattia virale pericolosa (la più grave è quella causata dal virus A). Si tratta di un’infezione localizzata (breve incubazione, replicazione locale, risposta IgA mediata, vaccini utili devono suscitare le IgA). Il virus fa parte della famiglia Orthomyxoviridae e ci sono 3 tipi (A, B e C). Il virus ha una struttura importante: virus a RNA a singolo filamento negativo, ma il suo genoma è fatto da 8 pezzi separati, ognuno dei quali codifica per una proteina. Ogni RNA negativo dà luogo ad un RNA positivo che codifica per una proteina. All’esterno ci sono due proteine che sono la neuraminidasi e l’emagglutinina. Le altre sono la proteina che sta attaccata all’RNA (nucleoproteina) e la matrice (M) che è la più abbondante: - Emagglutinina (HA) ha un punto dove deve essere tagliata da una proteasi, e la presenza della proteasi è quello che determina se il virus infetta o no. Il recettore è l’acido sialico che è praticamente ovunque (in ogni cellula). Lo spettro d’azione è deciso dalla proteasi che riesce ad attivarla. La proteina H è un trimero, ha il gambo con il sito di clivaggio della proteasi, il fusion peptide (componente fusogena), e in cima una grossa testa con i siti di riconoscimento antigenico (quella che suscita una risposta immunitaria). - Neuraminidasi (NA) è un tetramero con gambo e testa, serve per eliminare l’acido sialico e staccare il virus dalle cellule. CICLO REPLICATIVO Il virus si attacca all’acido sialico ed entra attraverso l’endocitosi, nella vescicola si abbassa il pH e come un coltello a serramanico esce la parte fusogena che è in grado di fondere l’envelope con la vescicola. Anticorpi contro questa regione sono importanti ma difficili da fare. Viene liberato così l’RNA negativo e deve così entrare in gioco l’RNA polimerasi RNA dipendente (fatta da 3 segmenti). Il virus ha una caratteristica particolare per essere un virus a RNA, ossia il fatto che si replica nel nucleo; ha un genoma negativo, quindi sullo stampo di questo, la RNA polimerasi genera un RNA positivo, e lo fa degradando gli mRNA cellulari; quindi, taglia il CAP degli mRNA cellulari (cap-snatching) e lo usa come primer per fare i suoi mRNA (RNA positivi). In questo modo inibisce la sintesi proteica cellulare e produce i suoi mRNA. L’mRNA però deve essere poliadenilato: sull’RNA virale ci sono delle basi di uracile (a cui corrispondono delle adenine), l’RNA polimerasi quando lo replica si inceppa (polymerase stuttering) e scivolando sull’uracile, incorpora delle adenine più volte, facendo una poliadenilazione. Se il virus ha un sistema autonomo per adenilare, può inibire la poliadenilazione cellulare, quindi inibisce la sintesi proteica; inoltre, siccome la replicazione avviene nel nucleo, un RNA non poliadenilato non esce dal nucleo e diventa preda dell’RNA polimerasi che può farci degli mRNA virali. Per sintetizzare gli RNA virali negativi (replicazione del genoma), viene generato un RNA complementare positivo usando come stampo l’RNA virale negativo (si genera un intermedio replicativo) e successivamente l’RNA polimerasi utilizza questo intermedio replicativo per replicare gli RNA negativi virali da inserire nelle particelle virali neoformate. Quindi avremo sia l’mRNA (RNA positivo deputato alla sintesi proteica delle proteine virali), sia gli intermedi replicativi (sono entrambi RNA positivi ma sono Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 25 _______________________________________________________________________________________________ diversi e hanno utilizzi diversi). A questo punto il virus è riuscito a fare proteine e genomi, l’ultima cosa che deve fare è uscire, e per farlo sfrutterà l’azione della Neuraminidasi che elimina l’acido sialico impedendo che il virus rimanga attaccato alla cellula. Ci sono 3 tipi di influenza: - Tipo A: causa epidemie e pandemie - Tipo B: sintomatologia meno grave, non ha la stagionalità spaventosa dell’influenza A - Tipo C: casi sporadici e più lievi Trasmissione: il virus si trasmette per aerosol (goccioline) e l’infezione non è mai persistente. Viene trasmessa molto anche grazie alle mani sporche perché il virus resiste abbastanza sulle superfici. Nelle superfici non porose (lisce) dura 24 ore. Una modalità efficace per prevenire l’infezione è lavarsi le mani. SINTOMI E COMPLICANZE Sintomi: - Febbre - Tosse - Sintomi oculari - Rinite - Mal di testa - Mialgia Per distinguere un’influenza dalla polmonite bisogna ricordare che nell’influenza ci sono sintomi anche nelle altre mucose (sintomi oculari per esempio), e poi anche mialgia e mal di testa. Ha dei sintomi più gravi di quelli che dovrebbe avere, questo perché vengono prodotti molti interferoni. Può dare complicanze polmonari: - Polmonite virale (rara e grave): segue immediatamente l’instaurarsi del sintomo, il paziente ha insufficienza respiratoria, il virus è arrivato alla parte più profonda del polmone (molto grave, si finisce nell’ECMO) - Polmonite batterica secondaria: molto più frequente, il virus influenzale infetta il paziente e diminuisce molto le difese locali dell’albero respiratorio; quindi, il paziente guarisce dall’influenza e 5/10 giorni dopo sviluppa di nuovo sindrome febbrile (questo ci segnala che potrebbe essere polmonite batterica secondaria). La difesa del nostro apparato respiratorio è data dalla presenza del moto del muco che intrappola i batteri. Il virus influenzale degrada le ciglia, quindi il muco non può essere spostato; quindi, i batteri si fermano e proliferano, causando una polmonite che deve essere curata con antibiotici. Può essere pericolosa in anziani e bambini. Complicazioni extrapolmonari sono rare: - Miositi - Miocarditi IMMUNITÀ E PANDEMIE Quando il paziente guarisce, gli rimane una risposta immunitaria in grado di proteggerlo dall’infezione del virus, fatta da anticorpi neutralizzanti (IgA nelle mucose e anche IgG nel siero) e sono principalmente quelli contro l’emagglutinina. Allora perché l’influenza torna ogni anno? Perché ogni anno il virus dell’influenza cambia, non si sa bene dove stia, ma ogni anno torna mutato. Il virus dell’influenza A è Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 26 _______________________________________________________________________________________________ quello che dà l’epidemia annuale/stagionale. Il picco è nella quinta settimana dell’anno (prima settimana di febbraio). Rimane un’immunità, le IgA contro l’emagglutinina sono le più rilevanti. Ogni anno quindi il virus cambia e il meccanismo molecolare si chiama antigenic drift (deriva antigenica); questa è causata dal fatto che l’RNA polimerasi RNA-dipendente del virus influenzale sbaglia e introduce mutazioni puntiformi nell’emagglutinina, e con l’accumularsi delle mutazioni, l’anno dopo il virus è diverso da quello dell’anno precedente (non completamente diverso, ma un po’ rimaneggiato, ma anche se viene riconosciuto, molti pazienti non lo neutralizzano). Se il virus dà l’epidemia significa che riesce a sfuggire agli anticorpi presenti nella popolazione, ma non sempre la capacità di sfuggire la risposa immunitaria è uguale, degli anni lo fa meglio, degli anni peggio. Quando è più bravo a sfuggire, il virus si replica meglio, dà sintomatologia importante, ci sono più casi; altrimenti il contrario. È impossibile prevedere la gravità di un’epidemia annuale. L’immunità della comunità è costituita dalla risposta immunitaria di ogni singolo individuo, ma la capacità di proteggersi è diversa da persona a persona; quindi, ci sono persone che lo bloccano e altri che non lo bloccano e si ammalano. Il virus che circola nell’epidemia annuale trova una popolazione parzialmente immune (non completamente, ma immune, degli anni di più, degli anni di meno). Ogni tanto, però, si verifica una pandemia influenzale, in questo caso non appare un virus rimaneggiato, ma un virus nuovo o quasi. Non parliamo di antigenic drift, ma antigenic shift (cambio antigenico). Come fa ad apparire un virus nuovo? Il genoma del virus influenzale è fatto da 8 pezzi di RNA, ognuno dei quali codifica per una proteina, può succedere che una cellula venga infettata contemporaneamente da due virus, e quindi è come avere due mazzi di 8 carte che entrano, si mescolano e poi escono a caso. Se un virus che circola si ricombina con un virus nuovo, esce un virus influenzale nuovo. Il virus nuovo (che si rimescola con virus che circola) viene dagli animali, in particolare suini o volatili. Da questo evento viene fuori un virus nuovo che può causare pandemie, ma è un evento raro, perché deve venire fuori un virus nuovo in grado di replicarsi nell’uomo. I polli vengono sterminanti dall’influenza aviaria, vengono invece infettati gli uccelli migratori che non si ammalano, e diffondono il virus per via fecale, quindi diffondono moltissimo il virus. Il virus influenzale fa spillover in continuazione, ma l’elemento raro è che il virus nuovo sia in grado di replicarsi nell’uomo. L’evento che può aumentare questa possibilità è sicuramente la vicinanza uomo-animale (quindi si devono vaccinare per l’influenza le persone che stanno vicini al maiale). Ogni volta che il virus prova a entrare nell’uomo è un evento a rischio, generalmente se entra nell’uomo fa fatica a trasmettersi ad altri, ma nell’uomo fa mutazioni e prova ad aumentare l’infettività nell’uomo (muta per entrare meglio nelle cellule umane). Con l’antigenic shift abbiamo situazione diversa, l’N e l’H sono nuove, gli anticorpi preesistenti non proteggono; quindi, il virus arriva in una popolazione priva di immunità, quindi abbiamo pandemia influenzale (evento raro). - 1918, virus della spagnola (H1N1), si diffuse in tutto il mondo a partire dagli USA, ma in Spagna si ammalò Re Alfonso e venne chiamato così. Nei giovani causava molte polmoniti virali. Il virus arriva, trova una popolazione non immune, causa probabilmente 60 milioni di morti. Il virus immunizza tutta la popolazione, e a quel punto o muta o sparisce, e questo virus è mutato, diventa un virus stagionale e comincia a dare epidemie annuali, mutando sempre. Questa cosa va avanti fino al 1957 - 1957, virus dell’influenza asiatica (H2N2), il virus che circolava si ricombina con un virus aviario, si prende la N e l’H di un virus aviario, così appare un nuovo virus e avviene una pandemia, e fortunatamente il virus è un po’ meno grave. Ci sono stati 4 milioni di morti. Lascia tutti immunizzati e muta - 1968, virus dell’influenza cinese (H3N2). Avviene una cosa un po’ diversa, il virus prende l’H nuova ma mantiene la vecchia N; quindi, la gente un po’ di immunità ce l’ha, ha anticorpi contro N (che sono secondari, però un po’ di immunità c’è). Questa pandemia è meno grave Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 27 _______________________________________________________________________________________________ - 2008, virus dell’influenza suina (H1N1). È successa una cosa particolare, è venuto fuori un virus con H e N nuova, ma erano come il virus che aveva circolato fino al 1957, quindi erano già immuni gli anziani, ossia chi era nato prima del 57. Il virus era buono, quindi non ha dato grandi problemi. Nel 2008, però, l’ondata epidemica è avvenuta alla 46° settimana, ossia a novembre. La stagionalità può essere sconvolta quando arriva un virus nuovo. La pandemia influenzale viene preannunciata dalla Herald wave (verso fine estate dei casi preannunciano l’arrivo di una pandemia a novembre). DIAGNOSI, FARMACI E VACCINO - DIAGNOSI: si fa diagnosi diretta, si cercano gli antigeni o genoma virale. La sierologia non è molto utile (lo si può fare con due prelievi, per vedere se il titolo anticorpale è aumentato). - FARMACI: Relenza (Zanamivir) e Tamiflu (Oseltamivir). Inibiscono la neuraminidasi che è però poco importante per la replicazione del virus. Quando il virus viene rilasciato, se ci fosse ancora tutto l’acido sialico, il virus rimarrebbe attaccato alla cellula, la N toglie l’acido sialico, consentendo al virus di uscire. L’effetto non è fondamentale (in vitro un virus senza N replica lo stesso). Non è un farmaco molto utile - VACCINO: è un vaccino a virus inattivato, da quest’anno è un vaccino trivalente (fino all’anno scorso era quadrivalente), due virus A e un virus B. È un vaccino utile senza effetti collaterali, ma non funziona molto bene, perché non produce una risposta IgA. A febbraio di ogni anno si generano i nuovi vaccini, degli anni riescono, degli anni no, e il virus continua a mutare, bastano 1 o 2 mutazioni per farlo evadere dal sistema immunitario. Il vaccino permette di non prendere la malattia, se la si prende si sta meno male e si è meno infettivi. L’emagglutinina ha la testa immunodominante (determinanti antigenici), e il gambo non immunodominante. Ci sono anticorpi che possono neutralizzare tutti i virus influenzali. Il vaccino si potrebbe fare ma è difficile suscitare quella risposta immunitaria. In Italia esiste anche un vaccino a virus attenuato, si usa nei bambini, non si sa quanto sia efficace. Ogni anno il virus sta arrivando sempre più in anticipo; quindi, il vaccino va fatto a ottobre/novembre. Nel 2021 a causa delle restrizioni per il Covid, l’influenza non c’è stata (primo anno nella storia in cui non c’è stata un’epidemia annuale). L’anno dopo la stagione influenzale è stata importante, ma il picco è stato molto prima del previsto (fine novembre), forse significa che la stagionalità dell’influenza è data anche dal decadere dell’immunità nei confronti del virus precedente. Nel 2023 è arrivata ancora in anticipo ma di meno. Bisogna vaccinare ad ottobre. Le classi di età più colpite sono 0-4 anni, perché non hanno ancora l’immunità e in un asilo si trasmette molto bene. Chi deve essere vaccinato? Secondo Burioni tutti i pazienti sopra i 6 mesi che non hanno una specifica contro indicazione (grave reazione al vaccino sistemica). PARAMYXOVIRIDAE GENERALITÀ I paramyxovirus sono virus a RNA a singolo filamento negativo, hanno delle analogie con il virus dell’influenza ma ci sono anche alcune differenze; una delle differenze è che l’influenza ha un genoma spezzato (8 segmenti di RNA), i paramyxovirus hanno un genoma unito (un frammento unico). Sono virus che hanno envelope e infettano l’apparato respiratorio, alcuni si fermano qui, altri arrivano in altri organi. Il virus ci ricorda quello influenzale, all’interno abbiamo un singolo filamento negativo, e quindi vengono portate dietro le polimerasi (proteina L). C’è una proteina importate che è la proteina N o NP ( nucleocapside) strettamente associata all’RNA. All’esterno (nell’envelope) abbiamo due proteine, una interagisce con il recettore (proteina HN, H o G a seconda del virus), l’altra è quella che media la fusione (proteina F) ed è la più importante per l’immunità. Tutti questi virus entrano per fusione. Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 28 _______________________________________________________________________________________________ Appartengono ai paramyxovirus: - virus della parotite - Virus parainfluenzale - Virus del morbillo - Virus respiratorio sinciziale. La glicoproteina che lega il bersaglio cellulare è diversa, ma la proteina fusogena è la stessa. Tutti questi virus hanno 6 geni e l’ordine è sempre lo stesso, quindi non è casuale, ha un senso. Come nel virus influenzale, le proteine esterne sono le più importanti (soprattutto quella fusogena, che per poter essere attiva deve essere tagliata dalla proteasi dell’ospite e i due segmenti stanno insieme con un legame disolfuro). CICLO REPLICATIVO La proteina di fusione (F) ha un residuo idrofobico (fusion peptide) molto conservato tra i vari virus (parotite, morbillo ecc), non solo è conservata la sequenza ma anche la struttura terziaria della proteina; è conservato non solo nei paramyxovirus ma anche in altri virus che entrano per fusione (ebola, HIV ecc), la proteina è fatta da un trimero a cavatappi che fa fondere le membrane. Quando il virus è entrato nella cellula viene liberato il genoma. Abbiamo un problema perché abbiamo un singolo filamento di RNA, e le cellule eucariotiche sono monocistroniche (ossia un RNA una proteina), qui invece abbiamo un singolo filamento negativo; quindi, come fa a fare 6 proteine da un singolo filamento negativo? Potrebbe fare una sola poliproteina che viene poi tagliata dalle proteasi virali, ma non fa così. Il virus sfrutta un suo malfunzionamento, grazie al quale non solo riesce a produrre RNA monocistronici da un solo filamento negativo ma anche a regolare la quantità delle proteine. La replicazione del virus avviene nel citoplasma (come quasi tutti i virus a RNA, ad eccezione del virus influenzale), ma è importante ricordare che in questo caso l’RNA genomico rimane strettamente associato alla nucleoproteina, e per la sintesi dell’mRNA non sfrutta primer derivanti dagli mRNA cellulari. Come si replica? L’ordine dei geni non è casuale, all’inizio abbiamo proteine strutturali (N) e alla fine la proteina L (RNA-polimerasi). L’RNA negativo del virus contiene 6 geni che codificano per 6 proteine. L’RNA polimerasi riconosce all’inizio del gene che codifica per NP una sequenza di start, ci si attacca e comincia a produrre un RNA positivo che funzionerà da mRNA, ma quando arriva alla fine di questo primo gene, incontra una serie di poli-U, e l’enzima si inceppa, quindi sintetizza un poliA, si stacca, rilascia il primo mRNA positivo legato alla nucleoproteina. Dopo incontra una nuova sequenza di start, e ricomincia la stessa cosa per i geni successivi. Con questo meccanismo di stacco/attacco, da una singola molecola di RNA negativo il virus riesce (grazie a sequenze conservate di inizio e fine) a sintetizzare 6 molecole di mRNA positivo. Il virus, inoltre, regola anche la quantità di proteine prodotte; infatti, quando si arriva alla fine del gene, la polimerasi si stacca ma non tutte le polimerasi si riattaccano nella sequenza di start successiva; quindi, le prime proteine vengono prodotte di più e invece quelle finali vengono prodotte di meno. Come fa il virus a fare i nuovi genomi? Il virus usa un sistema raffinato. L’RNA polimerasi si inceppa, e la nucleoproteina è associata al genoma virale. A un certo punto, quando la nucleoproteina è abbondante, il genoma virale sarà tutto associato alla nucleoproteina e l’associazione dell’RNA negativo alla nucleoproteina stabilizza l’azione dell’RNA polimerasi; quindi, quando c’è molta nucleoproteina l’RNA polimerasi non si inceppa più, parte e sintetizza tutto l’RNA positivo ossia un intermedio replicativo usato per la sintesi dell’RNA negativo (nuovi genomi). Ma questi nuovi genomi sono associati alla nucleoproteina, quindi la sequestrano, il pool di nucleoproteina libero diminuisce e questo sposta l’attività della polimerasi dalla sintesi dell’intermedio replicativo a quella delle proteine (inceppando sul poli-U). La sintesi dei genomi promuove la sintesi delle proteine, e quella delle proteine promuove la sintesi dei genomi (si chiama sistema a feedback); con questo sistema il virus si assicura Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 29 _______________________________________________________________________________________________ di non fare troppi genomi e non fare troppe proteine. Il virus è così entrato e si è replicato, genomi e proteine si assemblano e viene rilasciato per gemmazione. MALATTIE 1. VIRUS PARAINFLUENZALE Il virus parainfluenzale dà una malattia simile all’influenza, sintomatologia meno grave, stagionalità diversa da quella influenzale (tipicamente prima dell’influenza). Questi virus inducono una risposta immunitaria debole e breve, protegge contro la malattia grave per il resto della vita, ma non protegge per l’infezione (quindi il paziente si può reinfettare). La sintomatologia è simile all’influenza ma molto meno grave. Non abbiamo vaccini e farmaci contro questa malattia. La diagnosi si fa con ricerca dell’antigene o del genoma (non sierologica); è importante fare diagnosi perché la certezza di un virus parainfluenzale esclude la possibilità che la sindrome respiratoria sia causata da patogeni più gravi. 2. VIRUS RESPIRATORIO SINCIZIALE (RSV) Virus molto grave, soprattutto per i bambini. Ha una stagionalità che va da novembre alla fine di marzo e aveva un picco precedente all’influenza. L’RSV e la pertosse sono molto pericolosi nei bambini molto piccoli perché sono patogeni che suscitano sia con infezione naturale, sia con vaccinazione (disponibile solo per la pertosse) un’immunità di breve durata; quindi, la madre con pertosse o RSV non ha anticorpi, e quindi il neonato non è protetto. Il calo dell’immunità corrisponde alla possibilità di avere una malattia molto più lieve (infezioni quasi asintomatiche) e quindi gli adulti possono non accorgersene e trasmetterlo. Nel bambino è molto grave e può morire. Per la pertosse abbiamo un vaccino, e vacciniamo le madri verso la fine della gravidanza così queste sviluppano gli anticorpi e li trasmettono al bambino, così viene protetto immediatamente dopo la nascita, poi verrà vaccinato il bambino. La pertosse è contagiosa come il morbillo. Si dovrebbe vaccinare non solo la madre, ma anche chi è in contatto con il bambino (per esempio il babbo ecc). La vaccinazione è trivalente (difterite, tetano e pertosse). Così come l’immunità suscitata dall’infezione della pertosse è di breve durata e non può essere trasmessa al neonato, la stessa cosa vale per il virus respiratorio sinciziale. È un’immunità che protegge dalla malattia grave, ma ci possiamo reinfettare; quindi, possiamo contagiare i bambini e per loro è molto pericoloso. Quando un bambino ha la febbre è una cosa normale (la prende all’asilo), se però si vede una febbre in un bambino con meno di 6-8 mesi potrebbe essere un problema; quindi, bisogna stare attenti e vedere se è stato vaccinato. Se la febbre non si accompagna a sintomi respiratori bisogna stare altrettanto attenti (potrebbe essere morbillo o altre infezioni complesse). L’RSV si trasmette come l’influenza tramite oggetti contaminati. La malattia è localizzata ma è strana perché ha un’incubazione e durata più lunga del solito, nei bambini può dare bronchiolite con compromissione della funzione respiratoria (spesso richiede ossigeno e terapia intensiva). Siamo di fronte ad un’entità patologica nella quale il sistema immunitario ha un ruolo bivalente, da un lato protegge, ma ha anche un ruolo negativo, ossia è parte della malattia. La stessa cosa vale anche per l’influenza spagnola (probabilmente un ruolo nello sviluppo della polmonite virale l’ha avuta il sistema immunitario). Il rischio quindi che si corre in una malattia del genere è che, se il sistema immunitario è parte della malattia, se lo vado a stimolare per esempio con i vaccini, rischio che, se non blocco l’infezione, questi possono potenziare la malattia. Questa cosa è successa negli anni 60, si fece un vaccino a virus inattivato Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 30 _______________________________________________________________________________________________ contro l’RSV e il risultato fu disastroso, non solo questo non proteggeva, ma in uno studio si vide che chi era stato vaccinato stava peggio; questa situazione è stata definita enhanced RSV disease, ossia una malattia peggiorata dal vaccino per l’RSV. C’è una malattia virale che è la dengue in cui la seconda infezione è più grave della prima e i vaccinati quindi stavano peggio di quelli non vaccinati. La diagnosi dell’RSV si fa con la diagnosi diretta, quella sierologica è inutile. Non abbiamo una terapia, se non strategie di supporto nel bambino. Lascia molte sequele come asma e broncospasmo. Ci sono strumenti di profilassi attraverso anticorpi monoclonali umani o umanizzati contro la proteina F somministrati nei bambini a rischio (il primo è il palivizumab, e quello nuovo è il nirsevimab). Contro questo virus si è riusciti finalmente a fare un vaccino che sarà a breve disponibile. Siamo riusciti a farlo quando abbiamo capito la struttura della proteina F, che è in due stati, uno è quello pre-fusione, uno quello post-fusione. Nell’organismo sono presenti entrambi, non abbiamo quindi solo la forma postfusione (immunodominante e più presente), ma esiste anche la forma prefusione che è instabile, non si riesce a riprodurre in vitro. La risposta immunitaria è più efficace contro la forma della proteina che il virus non fa vedere, quindi quella prefusione. Gli epitopi più potenti sono abbondanti nella forma di prefusione instabile, quelli che non servono a nulla sono abbondanti nella forma di postfusione stabile. Quindi è stata costruita una proteina F prefusione stabile, in modo tale che si sviluppi l’immunità nell’organismo. Nella vaccinazione con questo vaccino in donne gravide, i figli non prendono la malattia. Anche per gli anziani è un virus pericoloso, e anche negli anziani il vaccino sembra funzionare. È stato trovato anche un altro sistema ancora più raffinato per fare prevenzione. Con questo vaccino non si sa quanto duri la produzione di anticorpi; quindi, ci si è inventati una strategia diversa, ossia un anticorpo monoclonale potente modificato per avere emivita molto più lunga. Un anticorpo ha emivita di 3/4 settimane, questo anticorpo ha emivita molto più lunga e con una singola somministrazione si protegge il bambino per tutta la stagione dell’RSV (costa, ma costa sempre meno dei ricoveri). Questo farmaco è una svolta, che potrebbe essere replicata anche per l’influenza. 3. METAPNEUMOVIRUS (hMPV) È un virus molto meno contagioso e dà una sindrome meno grave. Il picco è tardivo. Tutti questi virus possono avere coinfezione con altri virus, quindi se ne possono trovare più di uno. Non ci sono né terapie né vaccini. 4. PAROTITE (MuV) Questo virus interessa la ghiandola parotide e le ghiandole salivari in generale. La ghiandola parotide è chiusa nella loggia parotidea che è rigida. La malattia viene anche chiamata orecchioni perché, quando si gonfia la parotide sembra di avere le orecchie gonfie. Il virus si replica nella parte superiore delle vie aeree e abbiamo poi una viremia (quindi si diffonde e diventa un’infezione generalizzata), lo troviamo nelle ghiandole salivari, nei reni, nel SNC ma è più raro. Una complicazione che questa malattia può dare è una pancreatite che può essere anche molto grave. C’è anche un’altra complicazione meno grave ma più frequente ossia un’orchite (molto dolorosa e può anche compromettere la fertilità). Questa complicazione è rara nei bambini e frequente negli adulti. La diagnosi si fa con le IgM e le IgG e si può cercare per conferma il virus. L’infezione dà un’immunità permanente ma non è totale del tutto (si può riprendere ma raramente). Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 31 _______________________________________________________________________________________________ C’è un vaccino a virus vivo attenuato (questi vaccini a virus attenuato sono vaccini per morbillo, rosolia, parotite, varicella nel quadrivalente, poi c’è il vaccino contro la febbre gialla). Un vaccino a virus attenuato è un vaccino che dando un’infezione vera e propria, la risposta immunitaria è molto efficace; con i vaccini a virus che non si replica dobbiamo invece dare più somministrazioni. È però un virus buono, ma è buono per chi sta bene; una donna gravida non può prenderlo perché potrebbe essere pericoloso per il feto. Questi vaccini a virus attenuato sono controindicati nelle donne gravide e nei pazienti immunodepressi, perché può essere molto pericoloso. Dato che danno l’infezione, gli effetti collaterali possono insorgere dopo l’incubazione, quindi un paio di settimane dopo, e può dare febbre, parotite lieve, morbillino (piccolo rush cutaneo), ma tutte cose innocue e non consentono la trasmissione ad altre persone (ad eccezione di quello della varicella). Oltre a questi soggetti non possiamo somministrarlo ai neonati perché hanno gli anticorpi della mamma, quindi il virus attenuato verrebbe neutralizzato. Vengono fatti quando gli anticorpi non ci sono più (circa a un anno e mezzo). Se ho un paziente che ha già avuto il morbillo e la parotite ma non la rosolia, io posso fare il vaccino (i primi due verranno neutralizzati, per il terzo si crea l’immunità). Il vaccino contro la parotite non è molto efficace, quindi per ottenere l’immunità di gregge bisogna farlo nel 98% della popolazione. Se il 50% di noi si vaccina contro, per esempio, il morbillo, questi sono protetti, il virus arriva e circola nel 50% non vaccinato e uno che non risponde al vaccino si infetta; quindi, quando c’è solo immunità individuale il virus circola. Quando invece un vaccino impedisce l’infezione del virus possiamo raggiungere l’immunità di gregge: se ci vacciniamo al 95% il virus è improbabile che riesca a circolare, perché attorno alla persone affetta è probabile che ci siano solo persone immunizzate; quindi, il virus non circola e siamo tutti protetti, anche chi non si è vaccinato, chi non può essere vaccinato o chi ha perso l’immunità. 5. MORBILLO (MV) La malattia arriva quando talvolta non c’è più il virus (è molto contagioso e dopo poco tempo passa già ad un altro paziente), arrivano le IgM e la risposta cellulo-mediata e i sintomi sono febbre, linfopenia e uno dei primi segni del morbillo sono le macchie di Koplik nella parte posteriore della bocca (dove ci dovrebbero essere i molari) e quando le si vedono sembrano dei granellini di sale grosso appoggiati sulla mucosa, se si vedono da entrambe le parti è sicuramente il morbillo. Il rush cutaneo è altrettanto tipico ma arriva tardi, quindi il paziente sta guarendo. Nel morbillo è importante la risposta delle cellule T; le immunoglobuline non sono importanti, ma pazienti con deficit congenito di cellule T o deficit indotto (da cortisonici) ci sono problemi molto gravi. La malattia è molto più grave nei neonati e negli adulti; in generale i neonati sono protetti dagli anticorpi della mamma e gli adulti non la prendevano perché l’avevano preso da bambino, oggi non è più così (perché c’è il vaccino). Il morbillo ha mortalità 1:1000 (non è poco). Le complicazioni sono polmonite ed encefalite: la polmonite tipicamente guarisce; invece, l’encefalite causa reliquati che possono essere anche gravissimi, è molto frequente la sordità o la cecità a causa del morbillo. L’encefalite post- infettiva non viene dopo il vaccino. Dopo il morbillo possono venire 3 tipi di encefaliti: - Encefalite post-infettiva: viene nei bambini normali, dopo il rush viene l’infezione all’encefalo - Encefalite rara che viene negli immunodepressi - Encefalite sclerosante subacuta: il bambino prende il morbillo e guarisce, ma guarisce apparentemente, perché il virus rimane nel SNC e scatena una risposta immunitaria. Il bambino sta bene per diversi anni, e prima che si scateni l’encefalite tipicamente comincia Dispensa di Microbiologia Medica di Luca Davani 32 _______________________________________________________________________________________________ ad andare male a scuola, e si sviluppa poi questa encefalite letale nel 100% dei casi, e l’incidenza è 1 su 2000/2500 ed è completamente evitata dal vaccino. Il morbillo causa un’immunosoppressione molto intensa temporanea delle cellule T, questo ha due conseguenze: - Alcune infezioni latenti controllate dalle cellule T possono slatentizzarsi come l’herpes e la tubercolosi - Tutti i test che misurano la risposta cellulare (t mediata) diventano inaffidabili dopo il morbillo per diversi mesi. Il tipico test che misura la reattività cellulare è il patch test e non sono affidabili dopo il morbillo (vengono tutti negativi). Si pensava che durasse un paio di mesi, in realtà questa immunosoppressione è molto più lunga e grave. Si è studiata la mortalità di altre malattie in bambini che avevano preso o non preso il morbillo, ed era molto più alta per quelli che avevano preso il morbillo. La diagnosi si basa sulla sierologia (o dimostrazione del genoma, ma a volte non c’è più il virus, quindi meglio usare le IgM). Non abbiamo terapia per il morbillo ma c’è il vaccino. La malattia non è quasi mai subclinica, è sempre evidente. L’infezione conferisce immunità permanente e non esiste serbatoio animale. Il vaccino è molto efficace, si fanno due dosi (la prima a 14 mesi e la seconda a 2 anni) e la seconda dose non è un ric

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