Citologia: Dispensa PDF
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Questa dispensa presenta un'introduzione alla citologia, descrivendo le cellule come unità base della materia vivente, i tessuti, gli organismi unicellulari e pluricellulari. Vengono poi analizzati i costituenti cellulari, come il citoplasma, la membrana plasmatica e il nucleo, con particolare attenzione agli organuli e alle funzioni cellulari. I concetti e le definizioni sono spiegati in modo chiaro e accessibile.
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CITOLOGIA INTRODUZIONE Introduciamo l’argomento dando alcune definizioni: la cellula è l’unità di base della materia vivente. Un tessuto è un’aggregazione di cellule (anche diverse tra loro) coordinate e organizzate in modo da svolgere determinate funzioni u...
CITOLOGIA INTRODUZIONE Introduciamo l’argomento dando alcune definizioni: la cellula è l’unità di base della materia vivente. Un tessuto è un’aggregazione di cellule (anche diverse tra loro) coordinate e organizzate in modo da svolgere determinate funzioni unite ai loro prodotti extracellulari. Un organo è un insieme di tessuti e l’apparato è un insieme di organi. La teoria cellulare: tale teoria dice che la cellula rappresenta l’unità di base della materia vivente. Virus, batteriofagi, fagi, viroidi (non hanno il capside) e prioni (molecole proteiche che trasferiscono anomalie a delle molecole sane, come ad esempio la mucca pazza è un prione) sono delle eccezioni, in quanto sono esservi viventi nonostante non siano capaci di una vita autonoma poiché dipendono da altre cellule (teoria cellulare ricordiamo diceva che la cellula è l’elemento minimo della vita autonoma). Questi, infatti, non si riproducono per divisione ma per assemblaggio delle parti utilizzando componenti della cellula ospite. Quali sono quindi le caratteristiche di una vera cellula? Questa deve essere delimitata da una membrana esterna, devono essere capaci di vita autonoma (autosufficienti), ed inoltre si riproducono per divisione (mitosi). I procarioti: i batteri per esempio sono cellule procarioti, sono privi di nucleo e di compartimenti interni, possono svolgere infatti solo una funzione biologica alla volta all’interno del citoplasma e sono poco efficienti. Gli eucarioti: il citoplasma degli eucarioti presenta un sistema membranoso interno che delimita una serie di organuli (unità indipendenti tra loro) e quindi possono svolgere a differenza dei procarioti più attività contemporaneamente. Organismi unicellulari e pluricellulari: gli organismi unicellulari sono ad esempio le alghe, i funghi e i protozoi. I pluricellulari sono ad esempio i metafiti e i metazoi. Le cellule hanno forme e dimensioni molto differenti e il loro rapporto volume superficie deve essere vantaggioso: 1 cm = 6 !"! = 1 !"" Secondo la legge di Dreisch: le dimensioni degli organismi dipendono dal numero di cellule non dal loro volume, per questo le dimensioni delle cellule dello stesso tipo sono costanti nelle diverse specie. La forma cellulare è l’espressione plastica della funzione. I tessuti: abbiamo circa 200 tipi cellulari raggruppati in 4 categorie con delle caratteristiche comuni (e quindi 4 tipi di tessuti ciascuno composto da cellule + matrice extracellulare): - Tessuto epiteliale: cellule strettamente adese tra loro. - Tessuto connettivo: cellule separate da matrice extracellulare. - Tessuto muscolare: cellule allungate specializzate nella contrazione. - Tessuto nervoso: cellule più o meno ramificate specializzate nella risposta agli stimoli. Qual è la ragione per cui riusciamo avere tante cellule specializzate a partire da poche? È il codice epigenetico. Quest’ultimo viene influenzato anche dall’ambiente che ci circonda e la fase della riproduzione è una fase altamente sensibile per la cellula in quanto vengono trasmetti i caratteri epigenetici. I COSTITUENTI CELLULARI IL CITOPLASMA Negli eucarioti presenta un sistema membranoso interno che delimita una serie di organuli in modo che possano svolgere più attività contemporaneamente. Questi organuli comunicano però molto facilmente tra loro e sono: il reticolo endoplasmatico, l’involucro nucleare, l’apparato di Golgi, i lisosomi e i perossisomi. Le membrane degli organuli sono fatte esattamente come la membrana citoplasmatica. Alle membrane sono associati complessi enzimatici insolubili ed i loro substrati sono sciolti nella matrice che le membrane delimitano. Il citoplasma in generale è composto da una matrice amorfa nel quale sono disciolti i substrati ed i prodotti intermedi delle funzioni biosintetiche; è inoltre un sistema colloidale polifasico formato dall’85% di acqua. Nel restante 15% troviamo: DNA, RNA, Carboidrati, Amminoacidi, fosfatidi, nucleosidi, nucleotidi, Sali inorganici, enzimi solubili e proteine (in base alla loro quantità possiamo distinguere un citoplasma plasmasol più liquido e un citoplasma plasmagel più denso). All’interno del citoplasma come già detto troviamo: nucleo, organuli, citoscheletro e inclusioni (come ad esempio organuli di glicogeno, lipidi, pigmenti ecc). LA MEMBRANA PLASMATICA È composta dal 40% di lipidi, 50-55% di proteine globulari, 5-10% di glucidi sempre legati a proteine (componenti variabili e si trovano in proporzioni e composizioni diverse nelle diverse cellule). I lipidi: le catene fosfolipidiche sono anfipatiche in quanto presentano delle teste idrofile polari (provviste di carica, attraggono l’acqua) e delle code (catene acidi grassi) idrofobi apolari. I fosfolipidi hanno massima stabilità quando si organizzano in un duplice foglietto in cui le code sono dirette verso il centro e le teste verso l’esterno. Vi è una composizione asimmetrica dei due strati lipidici della membrana a causa di elementi aggiuntivi come: - Nello strato esterno vi sono glicosfingolipidi (hanno catene oligosaccaridiche che si estendono sulla superficie di membrana e formano un delicato rivestimento di superficie detto glicocalice), sfingomieline e fosfatidilcolina. - Nello strato interno abbiamo fosfatidilserina, fosfatidiletanolamina, fosfatidilinositolo. La membrana, inoltre, grazie ai lipidi è dotata di plasticità di membrana che consente a quest’ultima di adattarsi alla forma della cellula e regolare la distribuzione delle proteine. Da cosa è data la plasticità della membrana? È dettata dal fatto che le catene di acidi grassi presentano al loro interno legami doppi (lipidi insaturi) o no (lipidi saturi). La fluidità è controllata anche dalla presenza di colesterolo (insieme ai lipidi saturi limitano la fluidità di membrana). Le proteine di membrana: proteina estrinseca esterna (1) e interna (4) fanno parte delle proteine periferiche che sono associate lassamente ad una delle due superfici della membrana. La proteina intrinseca esterna (2) ed esterna (3) fanno parte delle proteine integrali cioè direttamente incorporate nel doppio foglietto fosfolipidico. Le proteine transmembrana invece sono proteine che hanno una forma più filamentosa e allungata e attraversano la membrana da un lato all’altro anche più volte, sono inoltre proteine canale che regolano il passaggio degli elementi. A queste sono associate i residui oligosaccaridici (6) delle proteine sporgono sulla superficie esterna contribuendo alla formazione del glicocalice. Il trasporto delle proteine transmembrana: avviene rispettando il gradiente di concentrazione (trasporto contro o verso gradiente). Le proteine transmembrana sono in grado di legare piccole molecole che traslocano attraverso la membrana andando in contro a modificazioni conformazionali: vi sono delle vere e proprie pompe composte da enzimi coinvolti nel trasporto attivo (consumano ATP per muovere ioni e soluti contro gradiente di concentrazione) e vengono chiamate ATPasi; può avvenire un uniporto, un simporto (accoppiato per evitare spreco ATP) o antiporto (trasporto accoppiato). Il trasporto può avvenire attraverso la membrana ma senza l’utilizzo di proteine transmembrana: per diffusione (trasporto di piccole molecole non polari direttamente attraverso il doppio strato fosfolipidico) e per canali (proteine multipasso che creano pori attraverso cui possono passare alcuni ioni o piccole molecole selezionate. Un esempio sono i canali per Na+, K+, Ca2+. Recettori: sono delle molecole attive che riconoscono un organo bersaglio grazie alla corrispondenza elettrostatica/sterica tra ligando e recettore. Sono composte prevalentemente dalle sporgenze che formano il glicocalice. Quando il ligando si avvicina al recettore questo si modifica e attiva una reazione biochimica della cellula stessa che risponde al ligando. Il ligando può consistere anche in un ormone che può agire come attivatore delle proteine canale. Come avviene la trasduzione del segnale e quindi l’attivazione dei geni per una certa produzione proteica in risposta? Possono esserci dei segnali lipidici attraverso membrana che arrivano al nucleo dove si legano a molecole specifiche le quali a loro volta si legano a fattori di trascrizione producendo così la proteina. Può invece anche esserci un segnale proteico, il quale si attiva proprio grazie al recettore che una volta legatosi al ligando attiva meccanismi interni che producono fattori di trascrizione che inducono un’attivazione del gene e quindi una produzione proteica. I recettori hanno anche un ruolo fondamentale in relazione all’ambiente: l’attivazione di un recettore può determinare la fase in cui la cellula si trova (quiescente o in divisione) facendo si che le proteine di membrana possano essere legate ad altre strutture cellulare e mediano la risposta della cellula all’ambiente. Il glicocalice: è presente soltanto nelle cellule animali e può essere più o meno evidente, costituisce invece la parete cellulare nelle cellule vegetali. Le funzioni del glicocalice sono diverse. Può avere funzione di riconoscimento di altre cellule simili, catalisi enzimatica, assorbimento, adesione, carica elettrica e filtro barriera. IL NUCLEO Il numero, la forma e la dimensione dei nuclei variano nei diversi tipi cellulari e sono caratteristici di ciascun tipo (ad esempio l’osteoclasto è una cellula polinucleata, o l’epitelio intestinale ha nuclei allungati e spostati verso la base). L’involucro nucleare: è formato da due membrane concentriche interrotte da pori separate da uno spazio ristretto che viene detto cisterna perinucleare. Quest’ultima e la membrana esterna dell’involucro sono in continuità col reticolo endoplasmatico (RE) tanto che sulla sua superficie vi possono essere dei ribosomi. Associato alla membrana interna vi è una struttura proteica fibrosa altamente organizzata che viene detta lamina nucleare (o fibrosa) che concorre a stabilizzare l’involucro stesso. La lamina nucleare è composta dalla polimerizzazione delle lamine che si associano a proteine e si interrompono a livello dei pori. I pori: sono dei complessi poro nucleare formatisi dalla fusione della membrana interna ed esterna; sono formati da un complesso di circa 100 proteine dette nucleoporine le quali catalizzano il trasporto per specifiche macromolecole in una o nell’altra direzione. La diffusione semplice di ioni e piccole molecole avviene invece nel lume del poro. Tra le macromolecole che possono essere trasportate dalle nucleoporine abbiamo per esempio delle subunità di ribosomi o di RNA, proteine della cromatica dei ribosomi, fattori di trascrizione ed enzimi. I pori sono inoltre un meccanismo utilizzato anche per impedire l’esportazione di prodotti non maturi come ad esempio degli introni: riconoscono sugli elementi delle specifiche sequenze di esportazione nucleare che permettono la loro fuoriuscita/entrata. Il nucleo interfasico: detto così poiché lo analizziamo tra una divisione cellulare e un’altra. Al suo interno possiamo trovare la cromatina, la quale è composta da DNA insieme agli istoni (proteine a basso peso molecolare). L’unità strutturale formata da DNA e istoni viene detta nucleosoma (8 istoni + DNA con 150 paia di basi). La cromatina ed i nucleoli sono contenuti all’interno del nucleoplasma o detta anche matrice nucleare. La cromatina è divisibile in: - Eterocromatina: è tendenzialmente trascrizionalmente inattiva e associata prevalentemente alla lamina nucleare e al nucleolo. Si presenta sempre più compatta dell’eucromatina e può essere costitutiva (corrisponde alle regioni telomeriche e centromeriche dei cromosomi) e facoltativa (trascrizione inattiva grazie a meccanismi epigenetici, la conformazione può anche variabile diventando trascrizionalmente attiva). - Eucromatina attiva: corrisponde al 10% del totale ed è responsabile della sintesi delle 50.000 proteine che formano un mammifero. - Eucromatina inattiva: è a condensazione intermedia tra le due precedenti. Il DNA in una cellula umana è lungo circa 180 cm ed il cromosoma più rande 7,4 cm. I cromosomi mantengono la loro individualità e integrità anche durante l’interfase. Le modificazioni epigenetiche: sono delle modificazioni della struttura della cromatina che non riguardano la sequenza di DNA, ma servono a mantenere costante i geni espressi da un determinato tipo cellulare che rappresentano l’1% circa del genoma. Maggiore è la compattazione del DNA, minore è la sua attività trascrizionale. All’interno dell’eterocromatina avviene infatti una ipermetilazione del DNA e la deacetilazione degli istoni. Nell’eucromatina avviene l’inverso. La matrice nucleare: è l’equivalente nucleare del citoscheletro ed è costituita da una lamina nucleare (1), un reticolo fibrogranulare interno (2) e da dei residui nucleolari (3). È formato da una serie di proteine resistenti ai detergenti e alcune proteine della matrice si legano a sequenze specifiche di DNA. La disposizione della cromatina nel nucleo durante l’interfase non è infatti casuale, ma regolata dalla matrice, la quale contribuisce così al funzionamento del genoma. Il nucleolo: è solitamente una struttura sferica e basofila presente nei nuclei delle cellule attive nella sintesi proteica. Il nucleolo non è circondato da membrana e possono essere anche da 1 a 6 per cellula e occupare dal 3% al 25% del volume nucleare. Il numero e volume del nucleolo riflettono infatti l’intensità della sintesi proteica. Sono delle strutture basofile poiché al loro interno vi sono delle sequenze di rRNA densamente concentrate che vengono trascritte e processate per formare le unità ribosomiali. Le funzioni sono infatti: sede di riproduzione degli rRNA e sede di assemblaggio delle subunità ribosomiali. Al suo interno possiamo riconoscere un organizzatore nucleolare (NOR) che contiene numerose copie di geni codificanti per la sintesi di rRNA, della cromatina associata al nucleolo, degli rRNA nascenti con i loro prodotti di degradazione, delle proteine componenti dei ribosomi, ed infine anche degli enzimi coinvolti nelle relative reazioni. IL RETICOLO ENDOPLASMATICO È una rete tridimensionale di membrane con cavità chiuse, in parte intercomunicanti che si sviluppano a partire dal nucleo (forma una vera e propria cisterna attorno al nucleo detta involucro nucleare). Queste cavità chiuse prendono il nome di cisterne, ma anche tubuli e vescicole. Il RE non è quindi in comunicazione diretta con la membrana citoplasmatica ed è possibile vederlo solo al microscopio elettronico. Possiamo individuare due tipi di reticolo, ma solitamente solo uno dei due prevale in ogni cellula in base alla loro specializzazione produttiva: Reticolo endoplasmatico rugoso (RER): è ben sviluppato nelle cellule con specializzazione nella produzione di proteine e quindi di epiteli ghiandolari (es fibroblasti che producono collagene o acini pancreatici che producono enzimi digestivi), infatti la sua funzione è quella proprio si sintetizzare proteine destinate all’esterno della cellula e ai lisosomi e organuli intrinseci di membrana. È formato dalle cisterne e dai ribosomi posti sulla loro superficie esterna. Il RER venne scoperto negli anni ‘5° grazie alla microscopia elettronica Reticolo endoplasmatico liscio (REL): ha una forma prevalentemente tubulare (tubuli e sacculi comunicanti tra loro a differenza delle cisterne affiancate del RER) e la sua superficie esterna non è associata ai ribosomi. È in continuità con il RER ma meno sviluppato di quest’ultimo e costituisce solitamente le vescicole di transizione tra il RER e l’apparato di Golgi ed inoltre non è visibile a microscopio ottico. Il REL ha diverse funzioni: - Contiene enzimi implicati nella sintesi di steroidi e fosfolipidi in collaborazione coi mitocondri, che costituiscono le componenti principali delle membrane cellulari. - Enzimi responsabili della detossificazione dei composti organici potenzialmente tossici come etanolo, barbiturici ecc. (nel fegato questi enzimi impiegati per produrre componenti bile) - Sequestro e rilascio in maniera controllata di ioni Ca2+ che si verifica nella risposta rapida della cellula a vari stimoli esterni (funzione molto sviluppata nelle cellule muscolari in cui il REL è presente in una forma specializzata detta reticolo sarcoplasmatico). - È infine sede del metabolismo del glicogeno (sempre più sviluppata nel fegato). RIBOSOMI Sono gli organuli deputati alla sintesi proteica: sono infatti in grado di assemblare le catene polipeptidiche la cui sequenza è specificata dall’mRNA a partire dai singoli amminoacidi utilizzando molecole di tRNA. Un ribosoma è costituito da due subunità di diversa dimensione legati da un filamento di mRNA, il cui centro della subunità minore (detto ‘core’) contiene un filamento di rRNA altamente ripiegati e associato a più di 30 proteine specifiche. L’rRNA permettono un sostegno strutturale al tRNA e anche il loro posizionamento durante la sintesi della catena polipeptidica in quando il tRNA porta con sé ogni singolo amminoacido. Le proteine ribosomiali sono sintetizzate dai ribosomi nel citoplasma. I ribosomi possono trovarsi liberi nel citoplasma oppure associati al RER: i ribosomi liberi sintetizzano proteine strutturali ed enzimatiche destinate a restare nella cellula, mentre i ribosomi associati sintetizzano proteine di secrezione, di membrana e lisosomiali (passano per il RE e per l’apparato di Golgi). Quando i ribosomi sono attivi possono organizzarsi in poliribosomi o detti anche polisomi, composti da unità da 3 a 30 ribosomi. APPARATO DI GOLGI L’apparato di Golgi è un organulo dinamico che completa le modificazioni posttraduzionali delle proteine sintetizzate dal RER, le confeziona e le indirizza alla corretta destinazione, è una cosiddetta stazione intermedia nel trasporto dei prodotti di secrezione. È formato da una pila di 5 o 6 cisterne incurvate con una faccia prossimale (o nucleare o cis) convessa, una faccia mediale e una faccia distale (o periferica o trans) concava associate a vescicole e vacuoli contenenti gli enzimi e le proteine che devono essere processate. Le vescicole rappresentano infatti un vero e proprio sistema di trasporto attraverso cui i prodotti vengono trasportati all’interno delle cisterne. I prodotti arrivano quindi alla faccia prossimale avvolti da vescicole (per non entrare in contatto con il citoplasma) che provengono dal RE, vengono poi ulteriormente elaborati all’interno delle cisterne e condensati, per poi lasciare la faccia distale avvolti da altre vescicole. Funzioni dell’apparato di Golgi: - Completamento della glicosilazione - Sintesi di polisaccaridi (come glicoaminoglicani e mucina), di lipidi (sfingomielina) e glicolipidi (mediatori del riconoscimento cellulare). - Eventuale aggiunta di gruppi fosfato, solfato e acidi grassi alle proteine neosintetizzate. - Corretto smistamento delle proteine attraverso i diversi tipi di vescicole. - Selezione degli enzimi lisosomiali e loro separazione dalle proteine di secrezione. Endocitosi: assunzione di sostanze da parte della cellula attraverso la membrana, che prevede l’invaginazione e la successiva fusione della membrana con formazione di vescicole che racchiudono il materiale trasportato. Abbiamo tre tipi diversi di endocitosi: 1. Fagocitosi: ingestione di batteri e detriti cellulari (alcune cellule sono specializzate in fagocitosi come i macrofagi e neutrofili, due leucociti del sangue). Vengono compiute all’interno della cellula delle trasformazioni del citoscheletro che finiscono per circondare il batterio; i margini di questi processi si fondono a formare un vacuolo intercellulare detto fagosoma che si fonde con un lisosoma in modo che il suo contenuto venga degradato da degli enzimi litici. 2. Pinocitosi: invaginazioni della membrana più piccole che si chiudono intrappolando un modesto volume di liquido extracellulare. Si formano così delle vescicole pinocitotiche che si distaccano dalla superficie cellulare e si portano all’interno della cellula. Possono o fondersi con dei lisosomi o possono raggiungere la superficie interna della membrana opposta fondendosi con essa e riversandosi verso l’esterno (transcitosi). 3. Endocitosi selettiva: vi sono sottoforma di proteine integrali di membrana dei recettori (lipoproteine o ormoni) che sono in grado di riconoscere il ligando (molecola con affinità per il recettore) e legarlo. Quando avviene ciò i recettori dispersi si aggregano intorno al ligando e invaginandosi danno origine a delle vescicole che si distaccano all’interno della cellula. I recettori si associano a specifiche proteine sul lato citoplasmatico della membrana per formare delle fossette rivestite che diventeranno vescicole rivestite e sono formate prevalentemente da clatrina (polipeptide) attraverso l’interazione col citoscheletro. La vescicola trasporta così i ligandi e i recettori all’interno della cellula, fino ad arrivare a fondersi col CURL (compartimento endosomiale formato da vescicole e tubuli) all’interno del quale vi è un traffico di vescicole gestito dalle proteine Rab (non vanno quindi ai lisosomi come i fagosomi o le vescicole pinocitotiche). All’interno del CURL vi può essere un distacco dei ligandi dai recettori (che vengono riutilizzati e riportati alla superficie cellulare) attraverso un abbassamento del PH a 5. Il ligando può anche essere rilasciato per transcitosi o degradato da un lisosoma. PEROSSISOMI I perossisomi sono degli organuli sferici delimitati da una singola membrana, presenti in tutte le cellule eucariotiche. Il loro nome deriva dal fatto che contengono degli enzimi in grado di produrre o degradare il perossido di idrogeno (H2O2, comunemente chiamato acqua ossigenata). Gli enzimi detti catalasi sono quelli responsabili della neutralizzazione dell’H2O2 e di altri prodotti nocivi dell’ossigeno proteggendo la cellula nelle perossidazioni. La neutralizzazione avviene infatti perché l’ossigeno è indispensabile per la creazione di energia ma la sua ossidazione crea appunto prodotti come il perossido di idrogeno che hanno effetti negativi sulla parete cellulare. Abbiamo inoltre un altro tipo di enzimi detti ossidasi che ossidano acidi grassi in acetil coenzima A che poi entreranno nei mitocondri per partecipare al ciclo di Krebs, rimuovendo atomi di idrogeno che sono trasferiti all’ossigeno molecolare (O2) portando alla produzione di H202 che poi verrà degradata appunto dalle catalasi. I perossisomi so formano per gemmazione dal RE e importano gli enzimi necessari alle loro attività direttamente dai ribosomi liberi. MITOCONDRI I mitocondri sono delle strutture allungate dotate di plasticità (possono cambiare la propria forma fondendosi con altri mitocondri e dividendosi, spostandosi lungo i microtubuli citoplasmatici). Sono visibili al microscopio ottico. Ciascun mitocondrio possiede due membrane distinte e molto diverse tra loro, che creano due compartimenti: una camera interna e una camera esterna intermembranosa. La membrana esterna è una sorta di setaccio e contiene delle proteine transmembrana che vengono dette porine (formano canali attraverso cui transitano facilmente le piccole molecole come ad esempio il piruvato). La membrana interna si solleva in una serie di creste dette creste mitocondriali che si proiettano nella matrice ed aumentano la superficie, è una membrana altamente selettiva, tanto che necessita di energia per il funzionamento del trasporto attivo. I mitocondri sono la sede della produzione di energia sottoforma di ATP attraverso la fosforilazione ossidativa (rappresenta la respirazione cellulare) attraverso degli enzimi specifici, tanto che il loro numero all’interno della cellula, come il numero di creste mitocondriali è in funzione delle esigenze energetiche del tessuto (media di 1000-2000 mitocondri per cellula, un’eccezione è la cellula uovo dove ce ne sono fino a 100.000 poiché i mitocondri vengono tutti ereditati dalla parte femminile). All’interno del mitocondrio avvengono anche altri processi: nella matrice avviene il ciclo dell’acido citrico (o ciclo di Krebs), tra la camera interna e la camera esterna intermembranosa avviene invece la catena di trasporto degli elettroni (trasforma l’energia sottoforma di elettroni in ATP). Nel ciclo dell’acido citrico confluiscono i prodotti di degradazione del glucosio e degli acidi grassi che entrano nel ciclo sottoforma di Acetil CoA. DNA mitocondriale: i mitocondri si replicano in maniera indipendente dal ciclo cellulare e si originano sempre da un altro mitocondrio (mai ex novo), questo perché la matrice mitocondriale contiene un piccolo cromosoma di DNA circolare di circa 16,6 kb senza introni, dei ribosomi, un mRNA e un tRNA tutti somiglianti ai rispettivi componenti dei batteri. Nei mitocondri, infatti, oltre 100 geni controllano la sintesi delle proteine mitocondriali nei mammiferi (sono anche i geni necessari per la sintesi di un mitocondrio), dei quali solo 13 sono rimasti nei mitocondri mentre gli altri si sono spostati nel nucleo della cellula. Il DNA circolare riesce a codificare 13 proteine e 24 tRNA che cooperano con i corrispettivi nucleari. La sintesi proteica avviene grazie ai ribosomi mitocondriali presenti nella matrice che utilizzano molecole mitocondriali di tRNA e mRNA. Si ipotizza che i mitocondri per la teoria endosimbiontica derivino da una simbiosi tra batteri e cellule primitive capaci solo di respirazione anaerobia. CITOSCHELETRO È una rete complessa all’interno del citoplasma formata da microtubuli, filamenti intermedi e microfilamenti, associati a proteine accessorie per il collegamento tra di loro o con altre strutture cellulari. i microtubuli e i microfilamenti sono instabili, possono cambiare conformazione durante il corso della vita cellulare, mentre i filamenti intermedi sono fissi e mantengono lo stesso numero e la stessa struttura per tutto il ciclo cellulare. Queste strutture proteiche determinano la forma delle cellule (sono un vero e proprio scheletro cellulare), giocano un ruolo importante nel trasporto di organuli e di vescicole citoplasmatiche e consentono anche i movimenti di cellule intere. Microtubuli: sono delle strutture tubulari presenti in tutte le cellule eucariotiche e possono organizzarsi in strutture più grandi e complesse dette assonemi (sono contenuti in processi citoplasmatici detti ciglia e flagelli) composti da più microtubuli legati tra loro da ponti proteici. I microtubuli sono delle strutture cave con un diametro esterno di 25 nm. Sono dotati di una certa rigidità che gli permette di mantenere la forma cellulare e di essere una buona impalcatura per il posizionamento intracellulare degli organuli. I microtubuli sono degli eterodimeri polarizzati di alfa e beta tubulina, hanno un’organizzazione leggermente spiralizzata composta da 13 protofilamenti paralleli disposti in cerchio. Sono polimerizzati poiché presentano un polo + verso la membrana e un polo – verso il centrosoma (centro organizzatore dei microtubuli detto MTOC che dirige la polimerizzazione delle tubuline) che permette la presenza di una stabilità dinamica: i microtubuli possono autoassemblarsi nel citoplasma a partire proprio dai MTOC e quindi allungarsi, accorciarsi o scorrere sul posto (esempio i microtubuli si accorciano quando la loro depolimerizzazione dal lato negativo prevale sull’allungamento nel lato positivo). Grazie a tale dinamicità i microtubuli hanno un ruolo fondamentale nella direzione e orientamento del movimento delle vescicole secretorie, nonché un sistema microcircolatorio per il trasporto di organelli e molecole e una partecipazione al trasporto assonico dei neuroni (negli assoni microtubuli molto sviluppati perché devono trasportare vescicole per lunghe distanze). Il trasporto di elementi sui microtubuli avviene ad opera delle proteine motrici (intermedi tra microtubuli e vescicole): le chinesine trasportano in direzione dell’estremità plus (possono essere anche bipolari), le dineine citoplasmatiche invece muovono le vescicole nella direzione opposta (solitamente verso il nucleo). Le proteine motrici possono anche far scorrere due microtubuli tra di loro quando la cellula cambia di forma. Il centrosoma è il più importante centro organizzatore dei microtubuli ed è composto da materiale pericentriolare e due centrioli di forma cilindrica (sempre presenti durante tutto il ciclo cellulare) posti perpendicolarmente tra loro e ognuno dei quali è composto da 9 triplette di microtubuli (struttura identica ai corpi basali di ciglia e flagelli con i quali sono spessi intercambiabili, una cellula che ha sviluppato le ciglia, infatti, è una cellula post-mitotica, cioè non si divide più). I centrioli hanno un ruolo importante durante la divisione cellulare in quanto formano quello che viene detto apparato mitotico: durante la duplicazione del DNA ogni centrosoma viene duplicato (vi sono quindi una coppia di centrioli l’uno). Ogni centrosoma durante la mitosi si divide a metà e vanno a posizionarsi nei due poli opposti della cellula (costituiscono due centri organizzatori del fuso mitotico, il quale insieme all’aster compare solo nella profase, i centri contengono anche materiale pericentriolare e tubulina gamma). Questa struttura serve a far migrare correttamente i cromosomi durante l’anafase della divisione cellulare sia mitotica che meiotica. Microfilamenti: sono più piccoli e flessibili rispetto ai microtubuli (6 nm di spessore) e sono presenti in tutte le cellule. Sono costituiti da subunità di actina (compone circa il 2/15% delle proteine totali). Sono riconoscibili 6 isoforme (1 nel t. muscolare scheletrico, 1 nel t. muscolare cardiaco, 2 nel t. muscolare liscio, 2 in tutte le altre cellule). I microfilamenti permettono la motilità e l’attività contrattile delle cellule, grazie a meccanismi che si basano sulla polimerizzazione spontanea e reversibile dei filamenti di actina sulle interazioni tra questi filamenti e le proteine della famiglia della miosina. I microfilamenti sono composti da subunità globulari di Actina G che si assemblano in presenza di K+ e Mg+ dando origine ad un doppio filamento avvolto a elica di actina filamentosa detta Actina F. Come avviene la formazione di un microfilamento? L’Actina G viene solitamente aggiunta a filamenti preesistenti, ma nuovi filamenti possono anche essere formati a partire da un pool di actina G grazie all’attività di proteine di nucleazione (come, ad esempio, la formina); un complesso proteico si lega così lateralmente ai filamenti di actina presenti inducendo la formazione di ramificazioni dei filamenti che polimerizzano dando origine ad una rete di microfilamenti. Anche i microfilamenti hanno una polarità sia strutturale che funzionale: i monomeri di actina vengono aggiunti rapidamente all’estremità + con idrolisi di ATP per ogni monomero inserito; questo meccanismo comporta la rapida migrazione delle subunità lungo il polimero tramite un processo chiamato treadmilling. Dove si trovano i microfilamenti nella cellula? L’actina è molto abbondante in tutti i tipi cellulari e si concentra sottoforma di reti di microfilamenti in prossimità della membrana plasmatica in un’area definita cortex cellulare. La formazione di legami crociati fra i microfilamenti organizzati in reti aumenta la viscosità del citoplasma, mentre il taglio di tali legami ne riduce la viscosità. Come le chinesine e le dineine spostano strutture lungo i microtubuli, le miosine usano ATP per trasportare le altre molecole lungo i microfilamenti con un movimento diretto verso l’estremità +. Funzioni dei microfilamenti: trasporto organuli e vescicole, formazione dell’anello contrattile per separazione delle cellule figlie durante la mitosi, cambiamenti della superficie cellulare necessari durante l’endocitosi. Filamenti intermedi: detti intermedi poiché hanno dimensioni intermedie tra microtubuli e microfilamenti, precisamente hanno uno spessore di 10 nm. Sono delle strutture a differenza degli altri due molto stabili, contribuendo a fornire maggior supporto meccanico e strutturale alla cellula. Sono costituiti da dei dimeri bastoncellari avvolti ad alfa elica disposti in modo antiparallelo per formare dei tetrameri; a loro volta i tetrameri si autoassemblano dando origine a grossi fasci di funi chiamati protofilamenti. In base alla composizione chimica delle subunità bastoncellari i filamenti intermedi possono essere classificati in 6 gruppi differenti (guardare immagine). Interazioni tra citoscheletro e matrice extracellulare Le cellule entrando in contatto con molecole accessorie e utilizzando filamenti intermedi creano delle adesioni focali o anche placche di adesione che assicurano l’ancoraggio della cellula al substrato. Tali placche di adesione vengono utilizzate nel movimento ameboide ed informano la cellula sulla loro posizione nello spazio. Il movimento cellulare Possiamo avere tre tipi di movimenti: - Movimento ameboide = è tipico dello sviluppo embrionale e fetale, dei processi di cicatrizzazione dei macrofagi, leucociti e i mastociti; avviene attraverso l’emissione di un lamellipodio, l’ancoraggio del lamellipodio al substrato tramite l’adesione focale ed infine una contrazione dell’estremità posteriore; tale processo si ottiene con trasformazioni sol/gel del citoplasma e con correnti citoplasmatiche polarizzate dovute principalmente alle interazioni tra actina e miosina. - Movimento delle ciglia = è tipico degli epiteli vibratili che determinano correnti nei liquidi che ne bagnano la superficie. - Movimento del flagello = limitato agli spermatozoi. TESSUTO EPITELIALE Il corpo umano è composto da quattro tipi di tessuti principali: tessuto epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso, le cui cellule sono organizzate per svolgere una specifica funzione. Tutti i tessuti sono formati da matrice extracellulare e da cellule in proporzioni variabili. I tessuti epiteliali sono formati da cellule poliedriche aggregate in stretto contatto reciproco con scarsissima matrice extracellulare. I tessuti epiteliali coprono tutte le superfici del nostro corpo. Possiamo già iniziare a distinguere tre tipi di tessuti epiteliali: - Di rivestimento = riveste le superfici esterne ed interne in diversi modi. La cute riveste la superficie esterna; le tonache mucose rivestono le superfici interne degli organi che comunicano con l’esterno (come ad esempio il tubo digerente, le vie respiratorie e le vie genitali); tonache sierose, che compongono il mesotelio e si trovano sulla superficie delle cavità che non comunicano con l’esterno (come il pericardio, la pleura e il peritoneo); infine possiamo trovare endotelio nella superficie interna di vasi sanguigni e linfatici. - Ghiandolari = compongono il parenchima (quindi la porzione funzionale e non quella di sostegno cioè lo stroma) di ghiandole esocrine (epitelio) ed endocrine (nell’endotelio), secernono un secreto (composto da prodotti utili come il latte, diverso da escrezione che è composta da prodotti di scarto). - Sensoriali = cellule specializzate inframezzate agli epiteli di rivestimento, possiedono recettori specifici e sono collegate a cellule nervose (possono essere ad esempio cellule gustative e cellule acustiche). GENERALITA’ DEI TESSUTI EPITELIALI Come abbiamo già detto i tessuti epiteliali sono composti da cellule a stretto contatto fra di loro e inframezzate da scarsissimo materiale extracellulare. Le forme e le dimensioni delle cellule epiteliali possono variare in base alla funzione della cellula (colonnari, cubiche e squamose), come anche i nuclei hanno una forma che può variare da sferica ad allungata o ellittica (cellule cilindriche hanno nuclei ovali, le squamose appiattiti e le cubiche o piramidali hanno nuclei appiattiti). I tessuti epiteliali non sono vascolarizzati: sono infatti ancorati ad una membrana basale composta da tessuto connettivo, il quale contiene vasi sanguigni che provvedono a fornire i nutrienti e l’02 all’epitelio stesso, diffondendo lungo gli stretti spazi intercellulari tra le cellule epiteliali che contengono liquido interstiziale. Inoltre, le fibre nervose sensitive si insinuano tra le cellule epiteliali bucando la lamina basale (strato della membrana basale), tranne che nell’epitelio dello stomaco, intestino e il collo dell’utero (in quelle zone, infatti, non si può provare dolore). I linfociti possono migrare attraverso l’epitelio (intestino, tonsille, epitelio vaginale). Gli epiteli sono generalmente sottoposti a continuo rinnovamento: l’equilibrio viene mantenuto in relazione al numero delle cellule e allo spessore dell’epitelio (% proliferazione cellulare = % morte cellulare). La proliferazione avviene a livello delle cellule basali indifferenziate. La morte cellulare Avviene invece per cheratinizzazione (nella cute) oppure esfoliazione (nell’intestino). Questo fenomeno non avviene nelle vie aree e nelle ghiandole. Le cellule epiteliali mostrano generalmente una polarità, hanno cioè un preciso orientamento e per questo è possibile indicare con un nome preciso le loro varie parti. La porzione della membrana diretta verso lo strato connettivo è detta lato basale, mentre il polo opposto che di norma si affaccia sulla superficie libera è il lato apicale. I lati affiancati di cellule cubiche o cilindriche contigue sono le superfici laterali. Molte cellule epiteliali sono specializzate in produzione di secrezioni esocrine o endocrine, movimento di fluidi sulla superficie epiteliale o movimento di fluidi e soluti attraverso l’epitelio stesso. Di solito, queste cellule mostrano una polarità sia morfologica che funzionale lungo l’asse che si estende dalla membrana basale alla superficie libera. La polarità consiste nella distribuzione asimmetrica di organelli e di specializzazioni di membrana, ed è particolarmente evidente nell’epitelio cilindrico semplice (guardare immagine). SPECIALIZZAZIONI DI MEMBRANA Le diverse superfici delle cellule epiteliali (apicale, basale, laterali) possono presentare una varietà di specializzazioni di membrana: - Superficie apicale -> microvilli o ciglia o stereociglia. - Superficie laterale -> giunzioni cellulari - Superficie basale -> lamina basale Specializzazioni della superficie apicale: - Microvilli = i microvilli sono delle estroflessioni digitiformi del citoplasma che si estendono dalla superficie cellulare. Sono circa 2000 per cellula e hanno una lunghezza solitamente uniforme. I microvilli hanno un diametro di 80 nm e 1 !" di altezza e sono immobili. Nelle cellule che rivestono l’intestino tenue i microvilli sono proiettati nel lume densamente distribuiti e visibili come orletto a spazzola o striato, e riescono ad accrescere l’area della superficie totali di 20 o 30 volte. Hanno infatti un glicocalice notevolmente più spesso e contenente gli enzimi necessari per la digestione delle macromolecole. L’asse dei microvilli è occupato da microfilamenti di actina che si connettono tra loro alla base formando la trama terminale che dà rigidità al citoplasma apicale. La trama terminale è infatti composta da altri filamenti citoscheletrici orizzontali di actina legati al di sotto dei microfilamenti di actina. - Ciglia e flagelli = sono dei sottili processi cellulari più grandi e complessi dei microvilli, dotati di grande movimento. Quando sono corti e numerosi prendono il nome di ciglia, quando sono pochi e lunghi prendono il nome di flagelli. Sono dotati di movimento proprio, ritmico e coordinato (le ciglia compiono un movimento pendolare mentre i flagelli un movimento sinusoidale. Un esempio di epitelio cigliato è quello della tuba uterina (immagine). Ogni ciglio al suo interno contiene un asse centrale definito come assonema, composto da una coppia centrale di microtubuli e nove microtubuli periferici a circondarla (struttura detta a 9+2). All’assonema sono associate varie proteine come, ad esempio, le proteine mortici chinesina e dineina le quali si muovono lungo i microtubuli periferici per trasportare macromolecole all’interno e all’esterno di queste strutture. I microtubuli dell’assonema si continuano con quelli del corpuscolo basale, struttura situata nella lamina apicale della cellula con struttura simile a quella dei centrioli, con triplette di microtubuli e protofilamenti dinamici di tubulina che formano le radichette che ancorano l’intera struttura al citoscheletro. Le ciglia hanno un movimento rapido in grado di spostare un fluido e il materiale in esso sospeso generando una corrente in un’unica direzione lungo la superficie dell’epitelio. Il movimento è dato dallo scorrimento dei tubuli ciliari dovuta alle interazioni tra le coppie di tubuli periferici senza modificazioni della loro lunghezza (dineina assonemale, consuma ATP e genera dei rapidi movimenti di slittamento). Lo spermatozoo è l’unica cellula dei mammiferi che possiede un flagello. - Stereociglia = sono processi apicali meno frequenti presenti sulle superficie di epiteli di rivestimento con funzione assorbente (come ad esempio nell’epididimo dove aumentano la superficie assorbente e nelle cellule sensoriali della coclea, cioè nell’orecchio interno dove rilevano il movimento attraverso una trasduzione di segnale). Assomigliano ai microvilli in quanto presentano fasci di microfilamenti di actina, ma sono molto più lunghi e relativamente rigidi. Anche le stereociglia sono immobili. Specializzazioni della superficie laterale: una peculiarità delle cellule epiteliali è quella di avere una tendenza intrinseca di formare lamine compatte che consentono l’adesione fra cellule adiacenti garantendo l’integrità meccanica del rivestimento, e impedendo il libero passaggio di sostanze fra lume dell’organo e connettivo. Tutto ciò è possibile grazie alle giunzioni cellulari. Le giunzioni di membrana rinforzano i tessuti e limitano il movimento transmembrana delle molecole. Possiamo avere: giunzioni occludenti o strette, giunzioni aderenti e giunzioni serrate o gap. - Giunzioni occludenti o zonula occludens = sono quelle con sede più apicale che consistono in delle linee di fusione tra membrane adiacenti estese a cintura attorno al perimetro cellulare che sigillano le cellule tra loro. La saldatura delle membrane è dovuta principalmente alle interazioni tra le proteine transmembrana claudina e occludina. Sono responsabili della polarità di membrana in quanto la dividono in due compartimenti non comunicanti (apicale e laterobasale), ed impediscono a qualsiasi molecola di passare nell’interstizio tra una cellula e l’altra. - Giunzioni aderenti = si trova tra la superficie apicale e quella laterobasale, solitamente subito dopo la zonula occludens. E’ una robusta giunzione meccanica resa possibile da proteine di membrana che interagiscono a livello interstiziale con quelle della cellula adiacente. Abbiamo tre tipi di giunzioni aderenti: 1. Giunzione intermedia o zonula adhaerens -> concorre a mantenere l’adesione tra le cellule contigue ed è un accollamento delle membrane separate dal ‘cemento cellulare’. Circondano il perimetro cellulare subito sotto la zona occludens. È formata da due tipi di proteine: le caderine che sono proteine di adesione transmembrana alle cui estremità citoplasmatiche si legano alle catenine, le quali fungono da supporto citoscheletrico collegandosi ai filamenti di actina. 2. Desmosoma o macula adhaerens -> non formano una cintura attorno alla cellula ma sono dei versi e propri ‘punti di saldatura’. È quindi una struttura tenace, rinforzata dalla presenza di addensamenti si cui si agganciano abbondanti fasci di microfilamenti, a forma di disco e posti sulla superficie di una data cellula a cui corrisponde una struttura identica sulla superficie di una cellula adiacente. Il desmosoma è formato da due classi di proteine: le proteine di ancoraggio intracellulari come le desmoplachine (formano la placca di adesione connessa con i filamenti intermedi di cheratina che fanno parte del citoscheletro e prendono contatto col nucleo); le proteine di adesione transmembrana come le caderine (si collegano da una parte con le omologhe della cellula vicina e dall’altra con la placca di adesione). 3. Emidesmosomi -> ci troviamo nella parte più basale, in quanto gli emidesmosomi concorrono all’adesione e ancoraggio dell’epitelio alla lamina basale. Sono strutture che assomigliano ad un mezzo desmosoma (sul lato citoplasmatico ha la stessa struttura del desmosoma) ma a differenza di quest’ultimi abbiamo diverse proteine di adesione transmembrana, le quali negli emidesmosomi sono rappresentate dalle integrine (no caderine). - Giunzioni comunicanti o gap junctions -> rappresentano dei canali di comunicazione intercellulari; sono giunzioni fra cellule che garantiscono l’accoppiamento elettrico e metabolico delle cellule che collegano, tramite il passaggio di piccole molecole. La superficie delle gap junctions è tappezzata di canali proteici transmembrana detti connessoni, perfettamente allineati con i connessoni della membrana adiacente. Il connessone è un oligomero costituito da sei connessine (proteine transmembrana delle giunzioni comunicanti). Le due membrane sono separate da una fessura di 1,5 nm interrotta dai connessoni. Le gap junctions sono presenti negli epiteli, tra le cellule muscolari lisce, cardiache, nervose, osteociti, cellule follicolari e cellule del Sertoli. Specializzazioni della superficie basale: tutte le cellule epiteliali poggiano su un sottile strato di tessuto connettivo costituito da macromolecole e denominato membrana basale; la membrana basale è interposta tra epitelio e tessuto connettivo, e funziona come filtro semipermeabile per le sostanze che dal tessuto connettivo raggiungono l’epitelio. La membrana basale è composta da due frazioni: la lamina basale (prodotta da epitelio) e la lamina reticolare (prodotta dal connettivo). - Lamina basale -> è composta dalla lamina lucida (con laminina, cioè grandi molecole glicoproteiche che si legano alle integrine, proteine transmembrana localizzate nella lamina basale, e infine entactina) e dalla lamina densa (composta da una rete di collagene IV rivestita da proteoglicano). - Lamina reticolare -> composta da collagene di tipo I e III (sono entrambe fibre reticolari). Le funzioni della membrana basale sono varie: fornisce sostegno strutturale per le cellule epiteliali e allo stesso tempo un attacco al tessuto connettivo sottostante garantendo un’adesione cellula- matrice. Permette ai nutrienti ed agli scarti di diffondere. Funziona da filtro per le macromolecole (particolarmente specializzato nel rene). È una zona di differenziamento e polarizzazione delle cellule, e infine nella rigenerazione funziona da autostrada per la migrazione cellulare. EPITELI DI RIVESTIMENTO Gli epiteli di rivestimento sono costituiti da uno o più strati di cellule che formano una barriera con proprietà specifiche. Hanno sempre una superficie libera esposta verso l’ambiente esterno o verso una cavità o un condotto. Sono costituiti da cellule fittamente stipate e da scarso materiale extracellulare. Sono inoltre privi di vascolarizzazione e poggiano sempre su una membrana basale che li separa dal tessuto connettivo. Gli epiteli di rivestimento rivestono quindi la superficie esterna di tutto il corpo e delimitano la superficie interna dell’organismo. Come avevamo già detto può prendere il nome di cute, tonache mucose, tonache sierose o mesotelio e endotelio (riguardare pag 1). La classificazione dei tessuti epiteliali di rivestimento può avvenire secondo diversi criteri: il numero degli strati cellulari, la forma delle cellule o dalla presenza di specializzazioni della superficie cellulare. Classificazione in base al numero degli strati: - Epiteli semplici: sono epiteli relativamente sottili, composti da un solo strato cellulare le cui cellule hanno tutte la stessa polarità e i nuclei sono approssimativamente allineati. Sono degli epiteli fragili e rivestono compartimenti e condotti. Sono ideali per l’assorbimento e la secrezione. In base alla forma cellulare (vedremo successivamente) possono essere squamosi, cubici e cilindrici. - Epiteli stratificati o composti: contengono più di uno strato di cellule e in base alla forma di quest’ultimo possiamo classificarlo in squamoso non cheratinizzato, squamoso cheratinizzato, cubico e cilindrico. - Epiteli pseudostratificati: è costituito da cellule che poggiano tutte sulla membrana basale, anche se non tutte raggiungono la superficie distale e per questo sembra siano poste su due strati. È apparentemente formato da più strati cellulari in quanto i nuclei sono posti ad altezze diverse rispetto alla base cellulare. È solitamente più spesso nel cilindrico e possiamo trovarlo nelle vie respiratore (dove ha la caratteristica di possedere delle ciglia sulla superficie apicale) e nell’epitelio olfattivo. Guardare immagine della trachea a sx. - Epitelio di transizione: anche detto urotelio in quanto riveste le vie urinarie. Il numero degli strati varia in relazione al grado di distensione dell’organo cavo che riveste. Si possono distinguere tre strati cellulari: uno strato basale, uno strato intermedio di cellule (dette cellule clavate) ed infine uno strato superficiale caratterizzato da delle cellule particolari dette cellule globose o ad ombrello, le quali sono specializzate nella protezione degli strati sottostanti dagli effetti ipertonici e potenzialmente tossici dell’urina (impermeabilizzano). La forma di queste cellule si modifica permettendo la distensione della parete vescicale durante il riempimento dell’organo. Immagine pelvi renale disteso. Classificazione in base alla forma delle cellule epiteliali: le cellule epiteliali possono essere squamose/pavimentose, cubiche o cilindriche (guardare immagine). In base a tale suddivisione possiamo riclassificare gli epiteli semplici e stratificati in: - Epitelio pavimentoso semplice: l’epitelio pavimentoso semplice ha l’aspetto di un pavimento a mattonelle poligonali. Si trova negli alveoli polmonari, in alcune parti del rene (in particolare nel foglietto parietale della capsula di Bowman e nella porzione sottile dell’ansa di Henle) nelle membrane sierose (nel mesotelio, guarda immagine), nella parte dei vasi sanguigni e linfatici (endotelio), nella cavità del timpano, nel labirinto membranoso dell’orecchio interno. - Epitelio cubico semplice: l’epitelio cubico semplice è costituito da cellule che hanno la larghezza ed altezza uguali e assumono l’aspetto di bassi prismi, in genere a sei facce, dotati di un apice che si affaccia alla superficie libera e di una base che poggia sulla membrana basale. Possiamo trovarli sulla superficie dell’ovaio, nei condotti escretori delle ghiandole nei tubuli renali (immagine sx), nei follicoli tiroidei (immagine dx). - Epitelio cilindrico semplice: l’epitelio cilindrico semplice è costituito da cellule la cui altezza prevale sulla larghezza, può presentare modificazioni apicali come ciglia e microvilli. Possiamo trovarlo a rivestire la superficie di organi come stomaco, intestino, tuba uterina, utero, tubuli contorti prossimali e distali del rene. Immagine della tuba uterina a due ingrandimenti. - Epitelio pavimentoso stratificato: l’epitelio pavimentoso stratificato ha prevalentemente una funzione protettiva e si trova in regioni sottoposto ad elevate sollecitazioni meccaniche (resistenza all’usura, come ad esempio nella cornea immagine). È costituito da più strati sovrapposti di cellule e gli strati superficiali vengono eliminati con l’accrescimento degli strati basali. Può essere umido o cheratinizzato. La cheratinizzazione è presente in quegli epiteli in cui è necessaria un’ulteriore protezione agli stimoli meccanici formando uno strato esterno in cui non sono presenti nuclei cellulari ma solo cheratina. Il ricambio cellulare attraverso la cheratinizzazione è mediato da delle cellule segnale che regola il bilancio tra il numero di cellule morte e nuove. Come avviene la cheratinizzazione? La cellula epiteliale indifferenziata si divide in una cellula indifferenziata e una cellula che andrà incontro al processo di cheratinizzazione. L’istologia dell’epitelio ci da informazioni sullo stadio di cheratinizzazione cellulare. Abbiamo nello strato basale (1) la fase germinativa, nello strato spinoso e della granulosa (2-3) la fase sintetica, ed infine la fase degenerativa nello strato lucido e corneo (4-5). L’intero processo di cheratinizzazione impiega circa 20-30 giorni. - Epiteli cubico e cilindrico stratificato: hanno funzione di protezione, secrezione e assorbimento. Sono molto rari e possiamo trovarli in alcuni dotti ghiandolari (cubico, immagine a sx) e nell’epididimo (cilindrico, immagine a dx). EPITELI GHIANDOLARI Sono formati da cellule specializzate nell’elaborazione di un secreto e spesso sono organizzate in organi specializzati definiti come ghiandole. Possono essere divise in: - Ghiandole esocrine -> riversano il loro secreto verso l’esterno, sulla superficie epiteliale o attraverso dotti escretori, conservando la loro connessione con l’epitelio superficiale di origine (possono trovarsi nell’epitelio o a volte nel connettivo sottostante). Possono essere uni o pluricellulari e possono essere classificate in base al tipo di secreto, la modalità di emissione di secreto, la forma e la localizzazione. - Ghiandole endocrine -> non possiedono dotti escretori e riversano il loro secreto direttamente nel circolo sanguigno, poiché hanno perso la connessione con l’epitelio di origine durante il loro sviluppo. Vengono classificate solo in base alla forma. - Ghiandole unicellulari -> sono dette cellule mucipare o caliciformi e sono intercalate alle cellule di rivestimento di epiteli cilindrici (epitelio di rivestimento dell’intestino tenue e delle vie respiratorie). Sono dette mucipare perché producono muco derivato dalla idratazione del mucinogeno. Nel terzo inferiore della cellula mucipara sono localizzati il nucleo, i mitocondri, il reticolo endoplasmatico rugoso e l’apparato di Golgi; nella parte distale della cellula mucipara invece si accumula il secreto costituito da grosse vescicole contenenti mucinogeno. La secrezione avviene con la contemporanea emissione di più vescicole di secrezione. Classificazione in base a modalità di secrezione: - Ghiandole olocrine -> prevede che la cellula accumuli il prodotto di secrezione aumentando di dimensioni e procedendo nel suo percorso di differenziamento terminale, che culmina nella distruzione della cellula. Il secreto è quindi costituito dall’intera cellula (un esempio è la ghiandola sebacea). - Ghiandola merocrina -> è la modalità di secrezione più comune, che prevede il rilascio del secreto mediante una tipica esocitosi (secreto prodotto da organuli e rilasciato sottoforma di vescicole) in modo che si fondino con la membrana apicale e si liberino verso l’esterno lasciando intatta la membrana cellulare (un esempio sono le ghiandole sudoripare). - Ghiandola apocrina -> il prodotto di secrezione si accumula nella parte apicale della cellula, e viene quindi rilasciato insieme a parte del citoplasma apicale. Si perde quindi solo una parte della cellula e non tutta (esempio è la ghiandola mammaria). Classificazione in base al tipo di secrezione: - Ghiandole sierose -> sintetizzano delle proteine che sono prevalentemente non glicosate e quindi a base enzimatica (enzimi digestivi) ed è acquoso. Organi che servono per sintesi proteica molto sviluppati. - Ghiandole mucose -> secreto glicoproteico, ricco di zuccheri (mucina), vischioso e con funzione lubrificante protettiva. Un esempio sono le cellule mucipare caliciformi, le quali hanno una porzione apicale stipata di granuli secretori contenenti le mucine. Quando le mucine sono rilasciate dalla cellula, esse si idratano e formano uno strato protettivo e lubrificante di muco. - Ghiandole sieromucose -> sono a secrezione mista, in quanto la ghiandola è composta sia da cellule sierose che mucose (non esistono cellule con secrezione sia sierosa che mucosa). Si ottiene così una miscela di enzimi digestivi e muco. Un esempio di ghiandola mista è la ghiandola salivare, dove l’animale regola la sierosità in base alla secchezza del cibo. A sinistra immagine ghiandola sierosa, in mezzo mucosa, a destra la sieromucosa. Istologicamente una ghiandola è sierosa se la forma del nucleo è rotonda, è invece mucosa se il nucleo è schiacciato poiché il citoplasma è occupato dal secreto. L’intensità del colore invece non è un parametro Ghiandole pluricellulari: le ghiandole esocrine derivano dall’epitelio di rivestimento della cute o delle mucose (non dall’endotelio e mesotelio); diventando più grandi si allontanano da tale epitelio portandosi in profondità e vi restano collegate tramite il sistema di dotti escretori. Possiamo suddividerle in: - Ghiandole intraparietali o intramurali -> restano nello spessore della parete del viscere cavo nel quale versano il loro secreto. Posso distinguerle ulteriormente in: 1. Ghiandole intraepiteliali = accumuli di cellule disposte a delimitare un piccolo lume, accolti nello spessore dell’epitelio di rivestimento della mucosa da cui derivano. 2. Ghiandole esoepiteliali = si approfondando al di sotto dell’epitelio, nello spessore della lamina propria (più comuni) o della tonaca sottomucosa (più rare). - Ghiandole extraparietali -> si sviluppano al di fuori del viscere cavo, pur rimanendovi collegate per mezzo del dotto escretore. Possono svilupparsi così in veri e propri organi ghiandolari (come pancreas, fegato e le ghiandole salivari maggiori) i quali sono circondati da capsula connettivale e al loro interno sono suddivisi in stroma e parenchima. Classificazione ghiandole pluricellulari in base al grado di strutturazione: Le ghiandole pluricellulari semplici sono formate da una o più unità secernenti, connesse alla superficie dell’epitelio o direttamente per mezzo di un dotto non ramificato. 1. Ghiandole tubulari semplici -> le cellule secernenti si dispongono a circoscrivere una struttura tubulare rettilinea nel cui lume riversano il secreto, non esiste una separazione tra parte secernente e parte escretrice. 2. Ghiandole tubulari ramificate -> il dotto escretore riceve due o più tubuli ramificati che costituiscono la porzione secernente. 3. Ghiandole tubulari a gomitolo o glomerulari -> la parte secernente ha forma di tubolo la cui estremità distale è avvolta a gomitolo e costituisce l’unità secernente, il dotto escretore è rettilineo. 4. Ghiandole acinose o alveolari ramificate -> l’adenomero ha la forma di una piccola sfera, anziché di un tubulo; sono suddivise in più acini che si connettono ad unico dotto escretore. Le ghiandole pluricellulari composte presentano il dotto escretore principale ripetutamente ramificato in condotti di calibro progressivamente decrescente che terminano con l’adenomero. Ciascuna ramificazione dei dotti escretori è provvista quindi alla sua estremità di una unità secernente. 1. Ghiandole tubulari composte -> gli adenomeri, posti all’estremità delle singole ramificazioni del dotto escretore, hanno forma tubulare. 2. Ghiandole acinose o alveolari composte -> presentano adenomeri di forma sferica o sono costituite da tubuli ramificati forniti di numerosi diverticoli a forma di acino. 3. Ghiandole tubulo-acinose o tubulo-alveolari composte -> sono costituite sia da unità secernenti tubulari sia da adenomeri di forma alveolare. Dotti ghiandolari: I dotti ghiandolari presentano generalmente un epitelio cubico o cilindrico e possono suddividersi in: - Dotti secretori attivi o striati -> sono dotti attivi nella produzione finale del secreto e nel suo trasporto attivo, modulandone la secrezione. Compiono quindi una concentrazione e una composizione del secreto. Caratterizzati dalle cellule striate, chiamate in questo modo poiché la parte apicale della cellula assorbe ma deve anche espellere e a volte ciò avviene contro gradiente, abbiamo così una quantità maggiore di mitocondri basali per la produzione di ATP che donano la caratteristica forma striata. - Dotti escretori passivi -> sono passivi, cioè non alterano il secreto. Ghiandole endocrine: Come abbiamo già detto le ghiandole endocrine hanno perso il collegamento con l’epitelio di origine e il secreto viene riversato nell’apparato circolatorio a livello dei vasi capillari che si trovano nel connettivo. Morfologicamente il parenchima può essere di due tipi: - Modello cordonale -> formato da cordoni cellulari tra cui scorrono i capillari all’interno di un sottile strato di connettivo reticolare (facilita gli scambi metabolici). - Modello follicolare -> il follicolo è una struttura sferica ripiena di liquido e più rara rispetto al modello cordonale. All’interno del follicolo si accumula il secreto per essere immesso in un secondo tempo, nei vasi capillari che li circondano. All’interno delle ghiandole possiamo infatti riconoscere un parenchima, che consiste nella parte cellulare e secernente, e uno stroma, la parte di sostegno a queste cellule, solitamente di tessuto connettivo al cui interno vi sono vasi e nervi. L’apparato endocrino è il punto di collegamento del nostro organismo tra il Sistema Nervoso e il metabolismo. La componente midollare è formata da cellule in contatto con cellule nervose che regolano il rilascio del secreto. Esempi di ghiandole: 1. Ghiandole surrenali = sono ghiandole a struttura cordonale a forma irregolarmente piramidale in rapporto col polo apicale di ciascun rene in posizione retroperitoneale. Sono formate da una corticale che produce ormoni steroidei che regolano il metabolismo di sostanze organiche e l’equilibrio idrosalino. La midollare invece produce amino biogene che regolano l’attività cardiocircolatoria ed il metabolismo glucidico. La struttura è quindi a stroma connettivale e parenchima cordonale; la corticale (parte esterna rene che si contrappone all’interna detta midollare) è composta da cordoni di cellule epiteliali disposte in tre zone: zona glomerulare esterna (mineralcorticoidi), zona fascicolata media (glucocorticoidi), zona reticolare interna (androgeni). In tutte vi è un’ampia rete di capillari in intimo rapporto con le cellule. 2. Tiroide = ha una struttura follicolare ed è posta sulla superficie ventrolaterale della porzione anteriore della trachea. E’ formata da due lobi e un istmo. Lo stroma connettivale divide il parenchima in lobuli; il parenchima è di tipo follicolare ed i follicoli contengono la colloide, che viene prodotta dai tireociti; le cellule parafollicolari producono invece la calcitonina e la somatostatina. Si producono così gli ormoni tiroidei T3 e T4 in forma inattiva e vengono liberati sotto il controllo ipofisario. 3. Ipofisi = è posta nella sella toracica (o turcica) dello sfenoide ventralmente all’ipotalamo, ed è costituita da una adenoipofisi (tessuto epiteliale secernente) e una neuroipofisi (tessuto nervoso derivante da una evaginazione del diencefalo). L’adenoipofisi è a sua volta divisibile in quattro zone: parte tuberale, parte intermedia, cavità ipofisaria e parte distale. Possiamo suddividere invece la neuroipofisi in: processo infundibolare, peduncolo infundibolare, eminenza mediana. La comunicazione tra le cellule nervose del tessuto nervoso avviene attraverso la secrezione di neurotrasmettitori. Mentre invece nella adenoipofisi vengono secreti numerosi ormoni (TSH, LH, FSH, PR, ACTH, GH, MSH) che vengono riversati nel circolatorio. La parte distale della adenoipofisi è composta da cordoni tridimensionali di cellule secernenti (ghiandola cordonale endocrina), accompagnati da capillari sinusoidi (ogni cellula secerne un ormone che sono mescolati). La parte intermedia invece è composta da un epitelio pavimentoso pluristratificato che produce l’ormone melanotropo. Come si origina l’ipofisi? L’ipofisi è originara da tessuto epiteliale che si invagina a formare una tasca di Rathke mentre nello stesso momento si sviluppa la porzione nervosa che poi andranno a fondersi. La neuroipofisi è formata da assoni che derivano da neuroni posti nei nuclei sopraottico e paraventricolare dell’ipotalamo e arrivano fino alla parte distale; a questi sono associati i ptuociti, cellule di forma varia che avvolgono le fibre nervose coi loro prolungamenti ed hanno funzione di sostegno e forse di regolazione. La neuroipofisi secerne la vasopressina e l’ossitocina. EPITELIO SENSORIALE È composto da cellule epiteliali specializzate nella recezione di stimoli fisici o chimici, ma diverse dalle cellule nervose poiché mancano di assoni. Sono in contatto diretto con i neuroni sensoriali il cui corpo cellulare è posto nei gangli cerebro-spinali. Un esempio sono le cellule gustative poste nelle papille, o le cellule acustiche nell’organo di Corti. Le cellule olfattive invece sono vere e proprie cellule nervose in collegamento diretto con SNC e quindi non fanno parte di un epitelio sensoriale. La mucosa olfattoria è infatti formata da epitelio cilindrico pseudostratificato con neuroni recettori bipolari chiamati cellule olfattive che si collegano direttamente al bulbo del rinencefalo. Il calice gustativo è composto da cellule gustative (G), cellule di sostegno (S) e da terminazioni nervose (N). vi sono infine delle cellule basali che hanno la funzione staminale, dato che le cellule differenziate hanno una vita media di 250 ore (si rigenerano nel caso anche di traumi e per questo non vi sono presenti cellule nervose poiché queste non possono rigenerarsi). L’organo di Corti presente nell’orecchio interno è invece composto da una cellula sensoriale collegata a cellule nervose (neuroni), che attraverso a cellule epiteliali ciliate riescono a percepire i segnali attraverso i movimenti delle ciglia causati dalle onde sonore. TESSUTO CONNETTIVO INTRODUZIONE E ORIGINE TESSUTO CONNETTIVO Il tessuto connettivo fornisce una matrice che sostiene e connette fra loro tessuti e cellule, contribuendo alla costruzione di organi nell’organismo, riempendo gli spazzi tra un tessuto e l’altro. I diversi tipi di tessuti connettivi nell’organismo sono caratterizzati da differente composizione e quantità di cellule, fibre, e sostanza fondamentale, che complessivamente sono responsabili delle notevoli diversità strutturali funzionali e patologiche del tessuto connettivo. Nonostante la numerosità di tipologia di tessuto connettivo, possiamo individuare un’origine comune: tutti i tessuti di tipo connettivale derivano dal mesenchima, un tessuto embrionale che si origina dal foglietto embrionale intermedio, detto mesoderma. Le cellule mesenchimali sono indifferenziate e dotate di un grande nucleo contenente un evidente nucleolo e cromatina fortemente dispersa. Il mesenchima durante lo sviluppo embrionale si differenzia dagli epiteli, poiché le cellule mesenchimali producono la sostanza della matrice extracellulare e si allontanano dall’epitelio (nel connettivo le cellule non sono adese come negli epiteli ma distanziate). Il tessuto connettivo propriamente detto è strettamente imparentato con altri tessuti di origine mesenchimale (connettivi in senso lato), poiché, come già detto, questi derivano tutti dal medesimo tessuto embrionale (mesenchima); nonostante quindi le notevoli differenze individuali, tutti i tessuti di origine mesenchimali hanno delle caratteristiche istologiche comuni: hanno cellule relativamente rade e una abbondante matrice extracellulare la cui composizione caratterizza il tipo di tessuto. Il tessuto connettivo forma un continuo con il tessuto epiteliale, muscolare, nervoso e con altre componenti del connettivo stesso. Si può classificare in: - Connettivo embrionale (è presente durante le fasi di sviluppo fetale per sparire nel tempo) - Connettivo propriamente detto - Connettivo specializzato (cartilagineo, osseo, sangue) I tessuti connettivi hanno la funzione di ‘connettere’ vari tessuti tra loro. Possiamo avere due tipi di connessione: - Connessione meccanica (ancora i tessuti fra di loro, sostiene e protegge gli organi, presentano più fibre proteiche che conferiscono stabilità e robustezza). - Connessione funzionale (consente di facilitare il transito di sostanze di nutrizione e del metabolismo e le cellule di difesa immunitaria, è composto da più sostanza fondamentale idratata che consente la diffusione di sostanze e la migrazione di cellule). ELEMENTI COMUNI A TUTTI I TESSUTI DI TIPO CONNETTIVO I tessuti connettivi sono formati da tre elementi essenziali: cellule (fisse o migranti), sostanza fondamentale amorfa e liquido interstiziale e fibre collagene, reticolari o elastiche. La sostanza fondamentale più le fibre formano la matrice extracellulare. Il tessuto connettivo a funzione di: supporto strutturale, sede degli scambi metabolici (metaboliti, cataboliti, O2 e CO2 sono disciolti nel liquido interstiziale per raggiungere o lasciare i tessuti non connettivali, ed è l’unica sede dei vasi), sede dei processi immunitari (nello spazio connettivale avvengono tutte le risposte immunitarie sia specifiche con anticorpi e immunità cellulomediata, che aspecifiche con fagocitosi) e deposito di grassi. Le cellule fisse: Le cellule mesenchimali sono le cellule specifiche del connettivo embrionale, si originano dal mesoderma dei primi stati di sviluppo embrionale e danno origine alle cellule del connettivo adulto. Dal punto di vista istologico le cellule mesenchimali hanno delle caratteristiche che non sono sufficienti per distinguerle con certezza: un nucleo voluminoso e basofilo con uno o più nucleoli, una ridotta quantità di citoplasma, presentano sottili prolungamenti cellulare e la matrice extracellulare è poco differenziata e le fibre sono rarefatte. I fibroblasti sono le cellule tipiche del connettivo propriamente detto adulto, producono i precursori delle fibre e la sostanza fondamentale amorfa, formando quindi la matrice extracellulare. Possono essere attive (fibroblasti) o quiescenti (fibrociti). Le caratteristiche istologiche sono: forma affusolata con prolungamenti che li tengono a contatto (la loro forma può però variare in base al tipo di connettivo), citoplasma eosinofilo e pallido, abbondante reticolo endoplasmatico rugoso e apparato di Golgi (matrice ha tanta componente proteica), uno o due nucleoli, nucleo voluminoso e ellittico nei fibroblasti, nucleo piccolo nei fibrociti. Le cellule reticolari sono fibroblasti specializzati che producono le fibre reticolari (collagene III), formano il tessuto reticolare (il connettivo lasso, tanti scambi metabolici) che costituisce l’impalcatura dei linfonodi, midollo osseo, muscolo liscio, e ghiandole endocrine ed esocrine. Le fibre reticolari formano una maglia entro la quale sono presenti fibroblasti e macrofagi. Dal punto di vista istologico hanno un nucleo voluminoso con uno o due nucleoli, con lunghi prolungamenti cellulari intrecciati con le fibre reticolari (difficili da vedere al microscopio ottico). Gli adipociti, detti anche cellule adipose, sono cellule che si originano probabilmente dai fibroblasti e che hanno la capacità di sintetizzare e accumulare trigliceridi (grasso neutro) sottoforma di goccioline non rivestite da membrana. Vi sono due tipi di cellule adipose: - Adipociti unilucolari -> formano il tessuto adiposo bianco, sono sferici e riempiti con un’unica goccia lipidica, il citoplasma è ridotto a un sottile anello periferico e il nucleo è appiattito ed eccentrico. Il metabolismo del grasso genera energia (ATP). - Adipociti multiloculari -> formano il tessuto adiposo bruno, il citoplasma contiene molte gocciole lipidiche e numerosi mitocondri (servono per la produzione di calore, esempio gli animali ibernanti). Gli adipociti possono trovarsi come cellule singole o aggregate in maniera cospicua e allora costituiscono il tessuto adiposo. I macrofagi fissi o istiociti sono cellule specializzate in fagocitosi (disgregano cellule apoptotiche, detriti cellulari e altri materiali facendo si che il fagosoma si fonda al suo interno col lisosoma, il quale lo disgrega attraverso gli enzimi litici) e sono le più diffuse all’interno dei tessuti connettivali dopo i fibroblasti. I macrofagi derivano da cellule del sangue, in particolare dai monociti (monociti attraversano pareti delle venule e penetrano il tessuto connettivo nel quale si differenziano, maturano e assumono caratteristiche morfologiche dei macrofagi), e normalmente sono adagiate sulle fibre di collagene. I macrofagi sono presenti anche in altri connettivi e presentano dei nomi diversi in base al tessuto (tutti originati dai monociti, non si sapeva avessero la stessa origine). Diventano macrofagi liberi mobili sono in seguito a dei processi infiammatori: compiono chemiotassi, cioè vengono attratti da sostanze emesse dagli agenti patogeni che causano l’infezione e fagocitosi). Dal punto di vista istologico sono delle cellule ovoidali o sferoidali che possono cambiare forma emettendo pseudopodi per il movimento ameboide; il citoplasma è pallido con numerosi lisosomi e un nucleo irregolare, possono fondersi dando origine a delle cellule giganti da copro estraneo (80-90 nuclei), per fagocitare le strutture più grandi. I macrofagi, insieme ad altre cellule dell’organismo dotate di attività fagocitaria e derivanti dai monociti (come i globuli bianchi) o con esse strettamente imparentate, fanno parte del cosiddetto sistema reticolo-istiocitario o dei macrofagi. Queste cellule di si trovano in diversi organi (spesso in postazioni specifiche) e contribuiscono alle funzioni di rimodellamento e difesa. Le cellule migranti: Sono cellule che derivano dal sangue (dai globuli bianchi) ed il loro numero varia in funzione delle condizioni fisiologiche o patologiche. Le diapedesi comprendono i vari processi per cui le cellule delle infiammazioni (le cellule migranti) riescono ad uscire dai vasi e raggiungere la sede di azione: avviene nelle venule post-capillari e vi è l’azione coordinata di varie molecole di adesione; la E-selectina rallenta il flusso sanguigno, mentre le integrine bloccano i leucociti sulla parete. Le ICAM (intercellular Adhesion molecules) infine favoriscono l’attraversamento della parete. I monociti sono i precursori dei macrofagi, hanno forma rotondeggiante e sono cellule voluminose (12-18 !" di diametro), rappresentano il 3-8% dei globuli bianchi circolanti. Il nucleo è eccentrico ed a forma di rene, contiene lisosomi e sulla superficie presenta filopodi. I linfociti sono piccole cellule con un grande nucleo rotondo e scarso citoplasma. Si trovano in discreta percentuale (30% circa) tra i globuli bianchi del sangue, ma dal sangue migrano nel connettivo e in alcuni organi diventano molto abbondanti in modo da costruire il tessuto linfoide (presente in timo, milza, linfonodi, tonsille, appendice, placche del Peyer). Sono le cellule responsabili delle difese immunologiche e hanno entrambi memoria immunitaria per agire più velocemente. Le principali sottopopolazioni di linfociti sono: - Linfociti B -> si trasformano in plasmacellule e provvedono a produrre anticorpi circolanti (risposta umorale). - Linfociti T -> sono responsabili della risposta immunitaria cellulo-mediata (linfociti T citotossici, helper, suppressor). Le plasmacellule sono cellule che si originano dai linfociti B e sono le cellule produttrici degli anticorpi circolanti o immunoglobuline (IgM, IgG, IgE, IgA, IgD). Hanno una forma ovoidale e contengono, in posizione leggermente eccentrica, un nucleo rotondeggiante la cui cromatina è disposta in zolle che assumono un aspetto particolare detto a ruota di carro. Il citoplasma è molto ricco di reticolo endoplasmatico rugoso per la sintesi delle proteine anticorpali. Il citoplasma è intensamente basofilo tranne che nella zona corrispondente all’apparato di Golgi che contiene le proteine sintetizzate e pronte per essere emesse all’esterno. Nel citoplasma sono anche presenti delle granulazioni PAS positive denominate corpi di Russel, che probabilmente rappresentano il deposito di prodotti di sintesi non utilizzabili. I mastociti sono grandi cellule del tessuto connettivo lasso in posizione prevascolare che derivano dalle cellule mesenchimali del midollo osseo. Contengono numerosi granuli basofili, metacromatici nel loro citoplasma, i quali contengono: istamina (aumenta la permeabilità dei vasi sanguigni), eparina (anticoagulante), fattori chemiotattici (per eosinofili e neutrofili), citochine (regolano attività leucociti). Sulla loro superficie sono presenti i recettori per la classe E delle immunoglobuline (allergia di tipo I) chiamate reagine, cioè gli anticorpi diretti verso antigeni allergizzanti o allergeni (pollini, polveri ecc). Fibre extracellulari: esistono tre tipi di fibre cellulari, le fibre collagene, le fibre reticolari e le fibre elastiche. Fibre collagene = Lunghe, resistenti ma flessibili, non ramificate e non si estendono se tirate. Le fibre collagene sono presenti in tutti i tipi di tessuto connettivo, ma anche nei rivestimenti esterni di muscoli e nervi. Hanno un diametro di 1-2 !" e sono molto resistenti alla trazione, se bollite danno la gelatina. Il collagene è la proteina più abbondante del corpo ed è prodotto principalmente dai fibroblasti ma possono essere secreti anche da altri tipi cellulari. L’unità di base delle fibre collagene è quindi il tropocollagene (immagine), formato da tre catene polipeptidiche ad $-elica intrecciate l’una con l’altra. Più molecole di tropocollagene si assemblano a formare una microfibrilla di collagene. Più microfibrille di collagene si assemblano a formare una fibrilla di collagene, più fibrille formano una fibra. Il tropocollagene ha una carica positiva e negativa alle estremità che fanno in modo che prendano tale ordine preciso. Come già detto i fibroblasti secernerono molecole di procollagene che contengono lunghi peptidi in eccesso ad entrambe le estremità; l’eliminazione di questi peptidi avviene all’esterno della cellula generando molecole di tropocollagene che si autoassemblano in microfibrille con la tipica periodicità assile. Il collagene è l’unica proteina che contiene idrossiprolina - e - idrossilisina -> creano una polarizzazione per legami a idrogeno che servono per l’autoassemblaggio e l’analisi quantitativa del collagene. Le fibre collagene possono essere classificate in base all’organizzazione strutturale delle alfa-eliche che li compongono; quindi, catene polipeptidiche diverse caratterizzano tipi diversi di collagene presenti in organi diversi. Possiamo distinguere: - Collageni fibrillari = possono essere di tipo I (è il più abbondante e lo possiamo trovare in tendini, legamenti, derma e osso), tipo II (cartilagine ialina) e di tipo III (fibre reticolari). - Collageni associati ai collageni fibrillari = sono strutture brevi che legano i collageni tra loro dando origine a fibre di calibro maggiore, possono essere di tipo IX (associato al tipo II) e di tipo X e XII (associati al tipo I). - Collageni a catena corta = formano reti o foglietti e sono i collageni di tipo IV, V e VII (presenti nelle membrane basali). Fibre reticolari = sono costituite dalle stesse proteine delle fibre collagene ma con un minore grado di aggregazione, sono quindi più sottili delle fibre collagene e formano maglie e reti sottili. Si trovano nel delicato tessuto connettivo di molti organi e sono comuni nel mesenchima. Nell’adulto si trovano associate con: tessuto periendoteliale, stroma degli organi ghiandolari e stroma di sostegno degli organi linfoidi e del midollo osseo. Fibre elastiche = le fibre elastiche si allungano se sottoposte a trazione, in quanto accumulano energia potenziale che poi sono in grado di rilasciare; possono allungarsi fino al 150% della loro lunghezza originale. Le fibre elastiche sono composte da fibrillina, che forma una rete di microfibrille immersa in una massa di elastina in cui sono presenti dei legami crociati. Entrambe le proteine sono secrete dai fibroblasti e si organizzano a costituire le fibre elastiche, in cui l’elastina si accumula intorno alle microfibrille, costituendo alla fine del processo la maggior parte della fibra elastica. Le fibre elastiche sono tenute insieme da forti legami grazie a molti anelli di desmosina, i quali determinano l’elasticità della fibra e sono formati a loro volta da quattro molecole di lisina. Quando la fibra è sottoposta a trazione i legami che formano la desmosina si aprono e la fibra può allungarsi. Finita la trazione i legami si riformano rigenerando la desmosina. Le fibre elastiche possono formare una rete a maglie lasse oppure organizzarsi in lamine e cordoni (come, ad esempio, nel legamento nucale e nella fascia addominale), e ha proprietà simili a quelle della gomma. La disposizione ed il tipo delle fibre determina il tipo di collagene: - Lasso = più comune, costituisce le pareti degli organi cavi e lo stroma. - Denso = lo troviamo nelle capsule degli organi parenchimatosi. - Fibroso = in tendini e legamenti. - Reticolare = negli organi linfatici. - Elastico = nel legamento nucale e nel padiglione auricolare. La sostanza extracellulare amorfa: le componenti cellulari e fibrillari del tessuto connettivo sono immerse nella sostanza amorfa, che viene prodotta dalle cellule del tessuto connettivo e generalmente è sotto forma di gel o liquido vischioso. È una complessa miscela di macromolecole altamente idratate e trasparente le cui componenti principali sono l’acqua, le proteine, le glicoproteine, i glicosamminoglicani (GAG), i proteoglicani, sali minerali e vitamine. Le funzioni della sostanza extracellulare amorfa sono quelle di riempimento degli interstizi dei tessuti (colma spazio tra cellule e fibre del connettivo), di barriera contro i batteri e assorbimento degli shock. Glicoproteine = sono molecole di grandi dimensioni che presentano catene ramificate di oligosaccaridi e permettono l’adesione e il legame tra le cellule e la matrice extracellulare. Degli esempi sono la laminina (mantenimento adesione tra lamine basali ed esterne) e la fibronectina (sintetizzata dai fibroblasti e ha siti di legame per collageni e GAG. Glicosamminoglicani o GAG = sono dei lunghi polisaccaridi lineari costituiti da unità disaccaridiche ripetute composte principalmente da acido ialuronico (possono esserci anche altri GAG) e glucosamina o galattosamina. L’acido ialuronico forma un reticolato denso e viscoso che trattiene una quantità considerevole di acqua (determina la viscosità della matrice), permette la diffusione di molecole all’interno del tessuto connettivo, prevenendo la diffusione di agenti tossici o batteri, e infine svolge un’azione di lubrificante dei vari organi e articolazioni (liquido sinoviale). Proteoglicani = si ottengono quando i GAG si uniscono a proteine e si associano alle fibre collagene e ad altri componenti della matrice extracellulare. Sono formati quindi da un asse proteico connesso generalmente a catene polipeptidiche di acido ialuronico. La membrana basale: è una specializzazione della sostanza fondamentale tra il connettivo e altri tessuti. Già fatta nel tessuto epiteliale andare a rivedere. TESSUTO CONNETTIVO PROPRIAMENTE DETTO Il tessuto connettivo propriamente detto ha funzione di connessione degli epiteli con le strutture sottostanti e di riempimento degli spazi fra i tessuti e fra gli organi. È caratterizzato da una notevole quantità di materia extracellulare nella quale si trovano numerose fibre e fasci di fibre. Le cellule come abbiamo visto possono essere fisse (che si sviluppano nel connettivo stesso) o migranti (si sviluppano dal mesenchima in altre aree dell’organismo e migrano nel connettivo lasso attraverso il circolo sanguigno). Il tessuto connettivo propriamente detto può essere classificato in lasso e denso: - Tessuto connettivo PD lasso: è il più abbondante nel nostro organismo, è caratterizzato da un abbondante sostanza fondamentale, cellule chiaramente visibili, poche fibre (guardare immagine). Possiamo trovarlo nello strato sottocutaneo, nell’impalcatura degli organi, nella parete dei vasi sanguigni e nella lamina propria delle mucose. Ha funzione di scambi metabolici e risposta infiammatoria immunitaria attraverso l’azione dei macrofagi. Può essere a sua volta suddiviso in: 1. Tessuto connettivo PD lasso mucoso = in esso prevale la sostanza amorfa, è distribuito nel connettivo sotto dermico dell’embrione, nel cordone ombelicale (compone la gelatina di Wharton) e nella polpa dentaria dell’adulto 2. Tessuto connettivo PD lasso reticolare = ha delle fibre reticolari sparse nel connettivo lasso con collagene di tipo III, è distribuito negli organi linfoidi (linfonodi, midollo osseo e milza) e nelle ghiandole endocrine (pancreas, tiroide e ovaie). Hanno funzione di impalcatura di supporto ad altre cellule. - Tessuto connettivo PD denso: guardare immagine, è suddiviso in irregolare e regolare. 1. Tessuto connettivo PD denso irregolare = dal punto di vista istologico ha un aspetto disordinato, con più fibre molto compatte e poche cellule, i nuclei dei fibroblasti sono inoltre poco visibili. Ha una funzione di protezione in quanto è molto resistente e possiamo trovarlo in derma (immagine sx), periostio, capsule degli organi. 2. Tessuto connettivo PD denso regolare = dal punto di vista sitologico ha una netta prevalenza della componente fibrillare disposta in fasci paralleli (numeroso collagene ma poca elastina), pochi vasi sanguigni e nuclei dei fibroblasti ben visibili. Ha funzione di permettere il movimento nelle aree di trazione ed è distribuito in tendini (dai muscoli all’osso), legamenti (da osso a osso) e aponeurosi (tendimi modificati appiattiti). Un tipo particolare di tessuto denso regolare è il tessuto connettivo elastico (è un tipo di tessuto connettivo denso regolare, in esso prevalgono le fibre elastiche, è distribuito nella parete delle arterie, nei legamenti gialli delle vertebre con il legamento flavo e nelle corde vocali). TESSUTO ADIPOSO Il tessuto adiposo è un tipo particolare di tessuto connettivo in cui predominano gli adipociti o cellule adipose, le quali regolano in modo critico il metabolismo energetico dell’intero organismo e derivano dalle cellule mesenchimali): una nutrizione saltuaria (tipica di animali selvatici) o un consumo continuo di cibo e quindi energia sono relazionati e bilanciati secondo la quantità di riserva energetica nel nostro corpo. Gli adipociti sono cellule specializzate nel concentrare trigliceridi sotto forma di gocce lipidiche. I lipidi essendo insolubili in acqua possono essere concentrati senza effetti osmotici indesiderati sulle cellule e sono il miglior modo per le cellule per conservare energia in quanto i lipidi concentrano l’unità di energia nel minor volume possibile ed a basso peso. La concentrazione di lipidi all’interno dei tessuti influenza in modo importante anche la qualità delle carni in consumazione: il colore e il sapore di esse dipendono infatti dalla dieta che ha avuto l’animale nel corso della sua vita e conferisce il sapore delle carni (vengono dette proprietà organolettiche della carne). La tecnica del finissaggio (l’insieme dei trattamenti chimici, fisici e meccanici ai quali i tessuti vengono sottoposti al fine di conferirgli le proprietà specifiche per l’uso al quale sono destinati) è molto importante per la qualità delle carni. Bisogna considerare inoltre che circa il 10% dei lipidi depositati è sostituita ogni 24 ore e la mobilizzazione del tessuto adiposo è sotto influenza ormonale (organo tiroideo, corticosurrenali, sessuali e insulina). Il tessuto adiposo svolge anche attività endocrina, secernendo la leptina che regola la massa - grassa agendo insieme all’ipotalamo sugli organi bersaglio pancreas endocrine e cellule del sistema immunitario. Possiamo classificare il tessuto adiposo in: - Tessuto adiposo uniloculare o bianco = le cellule del tessuto adiposo bianco sono specializzate per il deposito dei grassi a lungo termine. Gli adipociti uniloculari isolati appaiono sferici ma nel tessuto adiposo dove si trovano in intimo contatto appaiono poliedrici (dimensione di 120 !m). Un’adipocita maturo grande contiene un’unica grande goccia lipidica che occupa quasi tutta la cellula e non è delimitata da membrana; la goccia schiaccia così alla periferia nucleo (diventa appiattito) e citoplasma. Il tessuto adiposo bianco presenza tra i vari adipociti dei setti connettivali di sostegno tra le cellule in cui si estendono vasi sanguigni e reti di fibre nervose. Il tessuto adiposo uniloculare è localizzato nel pannicolo adiposo sottocutaneo, nell’omento, mesentere, negli spazi retroperitoneali. Le diverse regioni hanno una diversa capacità di mobilizzazione ed una diversa composizione chimica (differenza lardo e pancetta). - Tessuto adiposo multiloculare o bruno = il tessuto adiposo bruno è tipico delle specie ibernanti e il suo colore è dovuto alla prevalenza nel citoplasma di mitocondri, i quali sono specializzati on mood da trasformare l’energia invece che in ATP in calore. Il tessuto adiposo bruno è presente in piccole quantità anche nel neonato (il 2-5% del suo peso corporeo) ma è presente in piccole quantità anche denne specie domestiche (soprattuto nel suino che da appena nato non ha capacità termoregolatrice). Gli adipociti hanno un diametro inferiore rispetto a quelli del tessuto bianco, il citoplasma è più abbondante e i lipidi sono contenuti in piccoli vacuoli sottoforma di goccioline non avvolte da membrana (per questo detto multiloculari). Lo stroma connettivale lasso ricchissimo di vasi (riscaldati dal tessuto) e di fibre nervose sostiene il tessuto adiposo bruno. Hanno un’organizzazione lobulare che è simile a quella ghiandolare.