Citologia PDF - Dispensa Primaria 2022/2023

Summary

La dispensa di citologia per l'anno 2022/2023, a cura della professoressa Giari, introduce i concetti fondamentali della biologia cellulare. Il corso esplora i livelli di organizzazione biologica, la composizione delle cellule, e le metodologie per lo studio di cellule e tessuti, con un focus sul binomio forma-funzione e le sue applicazioni. Vengono descritte anche le relazioni tra citologia, istologia e tecniche di microscopia.

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Anno 2022/2023 Professoressa Giari CITOLOGIA LEZIONE INTRODUTTIVA – 3 OTTOBRE 2022 La prima volta che ho pensato a questa prima lezione ero al cinema a vedere un film dedicato a Ennio Morricone e sono...

Anno 2022/2023 Professoressa Giari CITOLOGIA LEZIONE INTRODUTTIVA – 3 OTTOBRE 2022 La prima volta che ho pensato a questa prima lezione ero al cinema a vedere un film dedicato a Ennio Morricone e sono rimasta affascinata dalla varietà dei brani che Morricone aveva composto con solo poche note. Infatti, se pensassimo che con solo sette note viene fuori un’immensità e una varietà di possibili musiche, di possibili brani e di generi, come per esempio La Dolce Vita di Fedez, oppure una sinfonia di Beethoven o anche metal. Alla fine, lo stesso stupore lo possiamo avere tranquillamente girandosi intorno: meduse, un metanogeno, uno scorpione, un fungo, una libellula, una stella marina, dei lieviti, una sanguisuga, un protozoo, un colibrì … una varietà incredibile di forme di vita, diverse per forma, colore, dimensione. Tutta questa varietà poggia su solo due tipi di cellule, la cellula procariote e la cellula eucariote, quest’ultima presenta due varianti principali che sono la cellula vegetale e quella animale, ma tutti gli organismi che abbiamo visto son costituiti da un tipo di cellula, o una o l’altra. Non esiste un organismo che abbia sia una cellula che altra, o si è procarioti o si è eucarioti. Quindi è davvero intrigante andare a vedere questo mattoncino da dove è partito tutto e di cui tutto è costituito. Perciò le cellule sono le note della biologia. Non c’è musica senza note e non c’è biologia senza cellule. Non c’è uno studio scientifico, biologico senza conoscenza delle cellule. Proprio per questo il nostro corso è collocato al primo anno del nostro corso di biologia. Importante seguire il corso su classroom per tutte le informazioni e per il materiale. Se si vuole avere informazioni più specifiche del corso, si può guardare nel sito del corso di scienze biologiche. Il corso avrà 5 cfu di lezione teoriche e si faranno nel polo fieristico, mentre 1 cfu sarà pratico e si svolgerà al polo biologico Mammuth. Le esercitazioni, non sono obbligatorie, verranno nella seconda metà di novembre e nella prima metà di dicembre e ci saranno dei turni che non si potranno cambiare. I contenuti del corso sono divisi in tre blocchi: CITOLOGIA - Livelli di organizzazione biologica e importanza dello studio della cellula. Composizione chimica delle cellule: acqua, carboidrati, lipidi, proteine ed acidi nucleici. Descrizione della cellula animale, compartimentazione e sistema endomembranoso. Struttura e funzione di: - nucleo e ribosomi: il flusso dell'informazione dai geni alle proteine - reticolo endoplasmatico liscio e rugoso, apparato di Golgi, endosomi e lisosomi: traffico vescicolare - perossisomi - mitocondri: origine (teoria dell'endosimbiosi), forma e localizzazione, cenni sulla respirazione cellulare - citoscheletro, centrosoma, fuso mitotico - membrana plasmatica: composizione, asimmetria, trasporti Diversità morfologica tra cellule. Polarità cellulare. Specializzazioni cellulari: microvilli, glicocalice, stereociglia, ciglia, flagelli, sistemi giunzionali. Inclusioni e granuli. ISTOLOGIA - Caratteristiche generali e classificazione dei tessuti animali. Morfologia, composizione e funzioni dei seguenti tessuti: - tessuti epiteliali: epiteli di rivestimento (semplici e composti) ed epiteli ghiandolari. Ghiandole endocrine ed esocrine - tessuti connettivi (cellule residenti e non, sostanza amorfa, componente fibrillare): connettivi propriamente detti (lasso, denso, reticolare, elastico), tessuto adiposo (bianco e bruno), cartilagine (ialina, elastica, fibro-cartilagine), tessuto osseo (compatto e spugnoso) e tipi di ossa, sangue e cenni su emopoiesi, emostasi e risposta immunitaria - tessuti muscolari: striato scheletrico, striato cardiaco, liscio; miofibrille e meccanismo della contrazione; struttura generale del muscolo scheletrico - tessuto nervoso: neuroni, sinapsi, cellule gliali del sistema nervoso centrale e di quello periferico; struttura del nervo L’interazione dei tessuti a dare gli organi. Struttura degli organi cavi (vascolari e viscerali) e degli organi pieni. METODOLOGIE PER LO STUDIO DI CELLULE E TESSUTI - Principali strumenti e tecniche per l’indagine morfologica. Microscopia ottica ed elettronica con descrizione dei tipi di microscopi e relative potenzialità. Preparazione dei campioni per l’analisi istologica: dissezione ed espianto dei tessuti, fissazione, inclusione, microtomia (piani di taglio), colorazioni istologiche ed osservazione delle sezioni. Tecniche di cito-istochimica, immunoistochimica, immunofluorescenza. Citofluorimetria. Le esercitazioni verteranno sull’osservazione al microscopio di preparati e vetrini per riconoscere i tipi cellulari e i diversi tessuti e come essi si organizzino a dare gli organi e per individuare le principali colorazioni istologiche. Gli studenti prenderanno inoltre visione degli strumenti e delle fasi per l’allestimento di campioni destinati alla microscopia ottica e a quella elettronica. ❖ Cosa faremo in questo corso? Faremo una scala, anzi un pezzo di scala. Faremo tre gradini di questa scala, ovvero la scala dei livelli di organizzazione biologica. I tre gradini sono: le molecole, le cellule e i tessuti. Prima e dopo di questi gradini ci sono altri livelli come per esempio gli atomi, le cellule subatomiche oppure gli apparati di cui noi non ci occuperemo ma lo farete in altre materie. Cosa succede passando da un gradino all’altro? Aumenta la complessità, ma soprattutto vediamo le proprietà emergenti, ovvero informazioni che nel livello precedente non c’erano. Notate anche un’altra cosa in questa scala, noi andiamo in salita in questa scala. Il gradino delle cellule è IL gradino fondamentale, perché è uno spartiacque tra la materia vivente e la materia non vivente. Perciò quello che c’è sotto questo gradino, sono comuni a tutta la materia, sia non vivente che vivente. Invece, dalla cellula in su sono propri degli organismi viventi. Il fatto di avere un’organizzazione cellulare fa di un organismo, un organismo vivente. Mentre se non la si ha non si è né un organismo eucariote, né procariote; per esempio, i virus son solo un pezzetto di acido nucleico, o RNA o DNA, avvolto in un capside proteico. Su come definirli è un dibattito tra scienziati, infatti non sono cellule, ma prodotti biologici; senza il legame con le cellule non possono sopravvivere. Il fatto che la cellula sia un gradino fondamentale è provato anche dalla teoria cellulare. La cellula è l’unità morfologia e funzionale della vita. Quini la cellula in sé, si può notare negli organismi unicellulari, contiene tutte le proprietà e le capacità che permettono di vivere, di riprodursi, di replicarsi. Come, per esempio, anche tutte le reazioni chimiche hanno luogo dentro le cellule. Ogni cellula deriva da un’altra cellula. La cellula ha in sé tutte le informazioni, sotto forma di DNA, in cui sta scritto com’è fatta, come funziona e che possono essere trasmesse alle cellule figlie. La cellula è così importante che è il criterio fondamentale con cui noi distinguiamo i vari organismi viventi. Pensate ai domini, che sono Eukarya, Bacteria, Archaeabacteira. Oppure anche la suddivisione in base al numero di cellule, organismi unicellulari (procarioti ed eucarioti) e organismi pluricellulari (eucarioti), in particolare in questi ultimi osserviamo la differenziazione delle cellule e avranno specifiche funzioni. I tessuti sono solo quattro tipi e con solo questi quattro si formano tutti gli organi, tutti gli animali che noi conosciamo. Quindi cellule due e vengono fuori tutta quella varietà, tessuti quattro e vengono fuori tutta quella varietà, qui si gioca molto bene con questi poco mattoncini. Nell’immagine ฀ molecola colesterolo, cellula mucosa dell’intestino, tessuto intestinale ❖ Obbiettivo del corso Osservare ฀ l’abilità di chi studia biologia è studiare quello che si vede. Noi lavoreremo nelle immagini e poi con i microscopi. La prima immagine di fianco è stata ottenuta con microscopio a fluorescenza e sono fibrociti, la parte verde è il nucleo, le varie diramazioni sono microtubuli, mentre quelli più sottili sono i microfilamenti. Nell’immagine vicina si vedono i globuli rossi ed è ottenuta con microscopio a scansione. Infine, l’ultima foto è una sezione istologica visto al microscopio ottico, è una sezione trasversale del cordone ombelicale. Si notano due arterie ombelicali e una vena ombelicali. Descrivere ฀ cercare di notare i particolari e descrivere in modo adeguato con il lessico specifico le varie osservazioni. Importante in questo corso è avere un lessico preciso. Conoscere ฀ Cosa? vogliamo conoscere la composizione in termine chimici, la struttura, la collocazione e la funzione degli organuli, cellule e tessuti animali. Come? studiando le principali tecniche e utilizzando gli strumenti per studiare le cellule e i tessuti. Perché? è il nostro modo di conoscere e riconoscere, di associare un oggetto. Per esempio, nell’immagine possono riconoscere dei fagioli oppure i reni dei mammiferi. Capire la forma mi aiuta a capire la funzione di quella struttura. Inoltre, è importante perché mi permette di capire quanto sono vicini tra loro storicamente i vari organismi, per esempio gli arti superiori dell’uomo sono simili agli arti anteriori dei gatti oppure le ali dei pipistrelli. Poi mi permette anche cosa non va, perché se io non so come una cellula debba essere normalmente, io non riesco a capire se c’è qualcosa di patologico. Ritornando a binomio forma-funzione. Il binomio tra la fisiologia e la funzionalità tornerà molto. Se io so una funzione so anche molto probabilmente la struttura e anche il contrario se io conoscessi una struttura potrei capire che funzione ha. Esempio. Tutto dal punto di vista morfologico negli uccelli è adatto al volo, non solo la forma del corpo oppure la forma delle ali. Nello specifico le ossa delle ali, robuste e leggere a struttura a nido d’ape in modo tale da permettere di volare. Volare vuol dire anche impiegare tanta energia, mi aspetto quindi che nelle cellule muscolari ci sia un enorme quantità di organuli che permettono di creare energia; infatti, son pieni di mitocondri con la membrana interna piena di creste che permettono un maggiore produzione di ATP. Questi muscoli devono essere controllati, quindi anche dei neuroni che permettono di controllare il volo. Quindi tutto è propenso al volo. Tutte queste cose, che studieremo, poi vi serviranno come base per altre materie, come per esempio l’anatomia umana e comparata oppure per la patologia e per la fisiologia. Infine, perché tutto questo ha molte applicazioni, sia di ricerca che sia diagnostico. Alcuni esempi: - Ambito parassitologico: i parassiti possono andare a collocarsi in vari organi, tessuti dei loro ospiti. Andando a prendere i campioni degli organi parassitari, posso vedere sia quali danni ha causato, dove si colloca esattamente e anche qual è stata la risposta dell’organismo. In queste immagini posso osservare un parassita con una ventosa orale con cui si attacca e strappa pezzi di cellule intestinali. Questi invece è una che contiene tanti piccoli parassiti protozoi, l’ospite in questo caso produce delle cellule granuli e li manda dove c’è il parassita. - In ambito ambientale-ecologico studiare le gonadi maschili e femminili degli organismi può permette di sapere qual è il ciclo riproduttivo in una specie di un determinato lago/fiume. E quindi conoscere il periodo con maggiore capacità riproduttiva oppure quante volte si riproducono in un anno, traendo così delle conclusioni che poi serviranno anche per capire come gestire la fauna ittica. Le prime immagine sono gonadi femminili, mentre nel secondo gruppo di immagini sono gonadi maschili. - Ambito eco tossicologico: studiare gli effetti degli inquinanti in organismi esposti ad essi. - Ambito bio-medico: valutazione della tossicità dei farmaci in modelli animali. In particolare, in questo studio, si osservano gli effetti sull’orecchio di alcuni farmaci antitumorali per capire se ci sono danni alle cellule sensoriali. Per studiarli si hanno usato gli zebrafish. Esami: 3 appelli nella sessione invernali; 2 appelli nella sessione estiva e 1 a settembre. Lezione 3 - 10/10/2022 LA MICROSCOPIA Forti delle informazioni della volta scorsa, ci sono altre informazioni fondamentali che ci occorrono per affrontare con cognizione di causa lo studio della cellula e, oltre a capire le proprietà dei costituenti, ci interessa capire metodologicamente come avviene lo studio della cellula attraverso quali strumenti. Quindi oggi ci occuperemo, prima di iniziare il percorso di descrizione della cellula animale, della microscopia, argomento che trovate in entrambi i testi sempre al capitolo 2. La microscopia è assolutamente necessaria per studiare e osservare la cellula. Conoscere questi strumenti è fondamentale perché sono un requisito senza il quale noi non sapremmo nemmeno tutte le informazioni di cui attualmente disponiamo riguardo le cellule. Come mai delle cellule. In questa immagine che vedete su una scala logaritmica vi vengono proposti i range dimensionali delle molecole delle cellule e degli interi organismi. Si vede molto chiaramente che mentre la morfologia di un organismo, soprattutto se non è microscopico, noi la possiamo apprezzare e quindi descrivere anche con una osservazione ad occhio nudo, quando andiamo su livelli di organizzazione biologica più bassi, come quelli della cellula e sotto ancora delle strutture sub-cellulari, per non parlare di molecole ed atomi, abbiamo bisogno di un aiuto che potenzi le nostre capacità visive perché andiamo su delle unità di misura che sono di ordini di grandezza inferiori rispetto a quelle con cui abbiamo a che fare di solito. Noi di solito abbiamo a che fare con metri, centimetri e millimetri quando parliamo di organismi nel loro complesso, ma parlando delle loro cellule scendiamo a livello di millimetri, micrometri (10 alla meno 3 millimetri) e i nanometri (10 alla meno 3 micron). Tenete quindi presente questa unità di misura con cui daremo anche le dimensioni delle cellule e degli organuli che le compongono. La maggior parte delle cellule è compresa in una dimensione, cioè il loro diametro diciamo così, tra 1-100 micron, quindi siamo già -100 micron specifichiamo meglio, in media le cellule procariotiche (più antiche, più piccole e meno complesse) hanno una dimensione variabile fra 1-10 micron. Anche qui ci sono delle eccezioni perché la più piccola cellula che si conosce è quella dei micobatteri che misura solamente 0.2 micron, mentre la maggior parte delle cellule eucariotiche (comprese anche quelle animali) di solito oscilla fra i 10-100 micron. Quindi più grandi delle procariotiche, ma ancora sfuggenti alle il microscopio ottico. Quando poi andiamo a livello di organismi più piccoli o vogliamo andare a discriminare dei nanometri, occorre di nuovo un microscopio ma più potente addirittura di quello ottico. Anche qui, quando vi ho dato i range delle cellule animali 10-100 micron, in realtà bisognerebbe ammettere delle eccezioni. Ci sono delle cellule animali così grandi che le vediamo ad occhio nudo addirittura le maneggiamo e le cuciniamo pure. Per esempio le cellule uovo di tutti gli uccelli (uova) sono una unica cellula ma proprio perché sono infarcite di tanto vitello, di tanto materiale da deposito, assumono delle dimensioni particolarmente elevate. La più grande c struzzo, però a parte queste particolarità ci sono anche tra le cellule vegetali delle cellule estremamente grandi come quella di CALLEU PATAXI FOGLI che è un alga tropicale, invasiva nel nostro mediterraneo che raggiunge delle dimensioni enormi rispetto alla maggior parte delle cellule vegetali. Quasi tutte le altre cellule rientrano in dimensioni più piccole per agevolare il rapporto superficie-volume che consente gli scambi efficaci con no. Non a caso, vi dicevo, i microscopi sono così importanti e non a caso la conoscenza che noi abbiamo delle cellule è andata di pari passo con la strumenti. Le cellule sono note fin dal 1665, Robert Hooke le osservò, le descrisse e le identificò per la prima volta dando loro il nome di CELL. Lui stava osservando del sughero e appunto nel sughero queste varie unità che si ripetevano somigliavano a delle piccole celle e diede appunto questo nome. Ma a parte averlo individuato non si era capito più di tanto cosa contenevano o come fossero fatte. Nel 1670 abbiamo Leeuwenhock che era un appassionato oltre che di scienza anche di ottica, aveva messo a punto anche lui un rudimentale microscopio. Era riuscito ad osservare cellule vive fino ad ingrandimenti di 300 volte. Abbiamo quindi potuto osservare i batteri, i protozoi, spermatozoi. Vi risparmio di dirvi dove aveva trovato questi batteri che osservava, era molto intraprendente e poco schifitoso questo van Leeuwenhock. A metà del 1800 abbiamo le osservazioni compiute da Schleiden per quanto riguarda i tessuti vegetali e da Schwann per quanto riguarda i tessuti animali. I due si conoscevano e si frequentavano. Si sono confrontati sul fatto che entrambi avevano osservato le stesse cose, chi in organismi vegetali, chi in organismi animali e quindi hanno partorito quella che è la base della teoria cellulare: tutti gli organismi sono costituiti da cellule. Ancora però poco si sapeva su come era fatta la cellula internamente. Lo scatto ulteriore si è avuto solo un secolo dopo, verso la metà del 1900, quando comincia ad essere utilizzato in maniera più ordinaria un microscopio messo a punto da poco nel 1931, il microscopio elettronico. Fu solo lì che organuli cellulari che al microscopio ottico non venivano nemmeno identificati. Quali sono quindi i due principali tipi di microscopio? La grande divisione è fra i microscopi ottici e i microscopi elettronici. Già i nomi ci dicono da cosa dipende questa distinzione, questa grande potenza che essi hanno. Il microscopio ottico che in inglese è indicato con LM (light microscope) fa riferimento al fatto che sono microscopi che utilizzano come fonte di energia, che viene utilizzata per attraversare/osservare il campione, la luce o raggi luminosi. Nei microscopi elettronici invece non si utilizza la luce, ma il campione viene attraversato o scandagliato da un fascio di elettroni, ecco perché elettronico. A seconda che io sia interessata ad osservare la magine tridimensionale del mio campione, oppure per contro, osservarne una sezione (non vi è più tridimensionalità, non lavoro più sulla stereomicroscopio e in ambito di microscopi elettronici, invece, del così detto SEM tridimensionale. Quando invece lavoro su sezioni di campioni o tessuto utilizzo il microscopio ottico convenzionale, che è il microscopio ottico composto che userete prossimamente nelle esercitazioni. Se invece voglio vedere sezioni di tessuto al microscopio elettronico utilizzerò un particolare tipo di microscopio elettronico chiamato TEM (microscopio elettronico a trasmissione). sicuramente una differenza di complessità e quindi anche di prezzo; un microscopio ottico di base costa sui 400 euro quindi accessibile, invece un microscopio elettronico viene a costare sui 300-400 mila. Continuando il confronto tra microscopi ottici ed elettronici notiamo che sono diversi anche come potenzialità, quindi ciò che ci permettono di vedere e anche come facilità di impiego ed utilizzo. Il microscopio ottico è uno strumento che chiunque può maneggiare con un minimo di training anche in autonomia, infatti ne sono dotati praticamente tutti i laboratori, mentre invece un microscopio elettronico sia a scansione che trasmissione è abbastanza ingombrante e molto complesso. Entrambi presuppongono personale formato e specializzato microscopio stesso. possibilità di visione. Per farvi capire qui vi ho messo immagini delle stesse strutture viste con i due diversi tipi di microscopio. Quindi si tratta sempre di organi sensoriali, i neuromasti, che si trovano sulla superficie del corpo per esempio anche dei pesci. Questo è quello che vedete con il massimo ingrandimento di un microscopio ottico quindi capite che ha questa serie di cellule che convergono come a fare una specie di vulcano, individuate chiaramente i nuclei che sono quelli più scuri e vedete qualche sezione delle ciglia tipiche di queste cellule sensoriali. Se noi andiamo poi a vedere queste stesse strutture al microscopio elettronico a trasmissione compaiono una serie di altri particolari: la placca dalla quale emergono le stereociglia e il chinociglio, si vedono dei mitocondri, si vede dove finisce una cellula e dove comincia quella a fianco quindi si intravede la membrana plasmatica. Quindi una serie di dettagli e Tutto quello che noi vediamo esclusivamente al microscopio elettronico a trasmissione, che sono la maggior parte delle strutture sub-cellulari viene definita ULTRASTRUTTURA CELLULARE. Queste stesse strutture posso anche vederle a scansione, immagine tridimensionale in cui si vede bene che sporgono diciamo un po' la loro forma e si vedono dobbiamo fare ai campioni per poterli vedere sia al SEM che al TEM presuppongono fissato e non su materiale vivo. Al microscopio ottico invece posso lavorare o su materiale fissato, ma anche lavorare su materiale vivo. Come mai è così difficile lavorare per vedere come sono fatte le strutture biologiche delle cellule? possiamo intuire da quello che abbiamo detto la volta scorsa. Il principale costituente delle quindi fondamentalmente trasparenti e la trasparenza di sicuro non è un aiuto per Tenuto conto di queste due problematiche, la microscopia quindi cerca di dare una soluzione. Sono infatti tre i parametri importanti in microscopia e che danno le diverse performance dei microscopi: ingrandimento, risoluzione e contrasto sicuramente quello che voi avete più presente e intuite più facilmente. È il rapporto fra la dimensione attraverso la visione al microscopio e la dimensione reale di ciò che state guardando. Quindi se io ho un ingrandimento del 20, significa che volte più grande rispetto alle dimensioni effettive. Se io vi mostro questa immagine voi vedete una sequoia gigante, ma se io vi mostro questa seconda immagine e si era notata. Aumentando ancora si vede la persona ma non ho informazioni in più. Tutto questo per non basta ingrandire per riuscire effettivamente ad osservarla e capire come è fatta. tende ad assere sottovalutato, la risoluzione. È dalla risoluzione dei microscopi che dipende la loro capacità di fornirvi nitidezza e ricchezza di dettagli to guardando. Ogni sistema ottico e quindi anche la vista umana risoluzione. Si intende la distanza minima presente fra due oggetti o fra due punti perché si possano effettivamente vedere quei due punti come punti d percepisce come due punti ma come un unico punto. Noi infatti siamo fatti di cellule ma non vediamo le cellule che compongono la superficie del corpo delle persone che abbiamo occhio nudo, questo perché il nostro potere di risoluzione è di 100 micron. Quindi i microscopi ci vengono in aiuto perché ampliano la nostra capacità di risoluzione. Ovviamente un microscopio è più performante mano a mano che il limite di risoluzione diventa più piccolo. Il microscopio ottico ha per esempio un potere di risoluzione di 0.2 micron che già è un passo avanti notevolissimo rispetto al nostro occhio. I due microscopi nanometri. 10 nm per il SEM e addirittura 0.2 nm per il TEM, quindi 500mila volte meglio di come vediamo noi. blema del contrasto, quindi di distinguere parti che sono più o meno scure se tutto è trasparente. Questo può essere migliorato con alcuni tipi di microscopi, ma anche intervenendo sul campione. Ecco che la maggior parte delle colorazioni a cui noi sottoponiamo le cellule ai tessuti nei procedimenti istologici ha proprio questa finalità: aumentare il contrasto fra le strutture e permettere una più facile individuazione di una Da cosa dipende il limite di risoluzione? Ce lo ha detto il tedesco Abbe con la sua equazione che ci dice che il limite di risoluzione r ciò che attraversa il campione, quindi nel caso della luce la lunghezza della luce e nel caso degli elettroni la fratto n sin alfa, che nel complesso viene indicato a volte anche come NA, cioè apertura numerica che dà microscopio di raccogliere la luce dopo che è passata attraverso il campione. In particolare vediamo questa apertura numerica da cosa è data. È data da questa n piccola che è io. o. Questo alfa è il semiangolo del cono di luce che dopo aver attraversato il in questo esempio, raccoglierà poca luce, se invece il microscopio ha delle lenti con una grande apertura numerica sarà in grado di raccogliere una maggiore quantità di luce, ed infatti vedete che il semiangolo è maggiore. In teoria il massimo valore di alfa sarebbe 90 gradi ma nella pratica è di 70 gradi. Per avere quindi un limite di risoluzione basso o devo avere un numeratore piccolo (lambda) o devo avere al denominatore un valore di apertura numerica più alto possibile. Qui sta la spiegazione del perché il potere di risoluzione del microscopio elettronico è così grande: la lambda per i microscopi ottici (luce visibile) va da 400 a 700 nm, un fascio di elettroni ha invece una lambda di 0.004 nm. Quindi con una lambda così piccola il potere di risoluzione sarà decisamente più piccolo. Nei microscopi ottici se invece di avere interposta aria da immersione, la n passa da 1.4 a 1.5 aumentando le possibilità di risoluzione di un qui non ci aiuta, però è talmente piccola la lambda che questo porta comunque il limite di risoluzione dei microscopi elettronici ad essere migliore rispetto a quello dei microscopi ottici. Se voi provate infatti a sostituire questi valori numerici che vi ho dato, la lambda del detto nella diapositiva precedente. Quando parliamo di microscopi ottici noi pensiamo al classico microscopio per guardare i vetrini, ma tenete presente che esistono invece diverse tipologie di microscopi. Tutti sono accomunati, per questo detti ottici, dal fatto che utilizzano raggi luminosi che attraversano il campione e che sono costituiti nella loro parte principale da lenti che servono per ingrandire e per correggere. Facciamo intanto una distinzione fra microscopi in campo chiaro e microscopi in campo scuro. Microscopi in campo chiaro: la luce passa direttamente attraverso il campione; se il dei suoi confini e di ciò che contiene. Se però si colora il campione anche in campo chiaro si ha la possibilità di individuarlo meglio perché lo sfondo è luminoso/chiaro quindi è più difficile in campo chiaro vedere qualcosa che non sia colorato. Microscopi in campo scuro: la luce è diretta sul campione con un determinato angolo. Ciò che vedo è la luce che dal campione viene riflessa su un fondo che per il resto è scuro quindi fa spiccare meglio i campioni trasparenti. Microscopi a contrasto di fase: indicati per osservare le cellule vive che sono trasparenti. Hanno dei sistemi che permettono di trasformare delle immagini in cui ci sono delle minime differenze di spessore e densità del campione, in immagini in cui si apprezzano zone più chiare e zone più scure. Microscopi a fluorescenza: sfruttano e lavorano sul fenomeno della fluorescenza che può essere naturale o indotta dei campioni. Questo tipo di microscopio viene Microscopi a luce polarizzata: dotati di un filtro polarizzatore capace di evidenziare alcune strutture di tipo cristallino o che sono date dal ripetersi di strutture ordinate che danno il fenomeno ottico della birifrangenza. Hanno questa caratteristica ad esempio il collagene, microtubuli, microfilamenti iamo già fatto, le lenti migliori possibili non riusciamo ad andare oltre con le loro capacità. Ci sono dei limiti intrinseci alle lenti, a come sono fatte, di quale materiale, quindi il salto che si può fare aratteristiche del microscopio con quello di videocamere ad alta sensibilità che in continuo acquisiscano le immagini provenienti da questi microscopi e riescano a ricostruire dei video, consentendoci anche di seguire quali sono i movimenti degli organuli che cellule. sicuramente passando dai microscopi con un solo oculare a quelli con due oculari. Così chiamato perché prevede con due step successivi di ingrandimento; una prima immagine viene ingrandita dagli obbiettivi e proiettata sugli oculari e questi ultimi operano un ulteriore ingrandimento direttamente nella retina, negli occhi di chi sta guardando. Quindi ecco perché composto, ci sono questi due step successivi di ingrandimento. Tutti i microscopi ottici sono costituiti fondamentalmente da due parti, una parte meccanica che accoglie i vari componenti e il cuore del microscopio che è la parte ottica quindi i sistemi di lenti. La parte meccanica che viene a volte indicata con il termine STATIVO è composta dalla base del microscopio che di solito è abbastanza robusta per cercare di minimizzare le vibrazioni che possono venire dal piano di appoggio su cui è appoggiato il microscopio nella quale è contenuto anche il sistema di illuminazione, quindi la sorgente della luce. Si trova poi il tubo che porta le lenti e un tavolino centrale, su cui si appoggia il vetrino, che permette di spostarlo a destra e sinistra in modo da poter scandagliare tutta la sua superficie. La parte ottica è costituita da tre sistemi di lenti: CONDENSATORE serve per indirizzare la luce, prodotta dalla sorgente luminosa, sul campione; dotato di una specie di diaframma che regola la quantità di luce che passerà attraverso il campione. Una volta attraversato il campione, quindi la sezione di tessuto, la luce verrà raccolta dal primo sistema di lenti che ingrandiscono OBBIETTIVI organizzati in un revolver con diversi ingrandimenti, di solito si va dal x4 fino al x andimento 100 volte più in grande di quanto sarebbe quella struttura. Ogni obbiettivo è caratterizzato da una lunghezza diversa e da una serie di informazioni scritte sopra. Gli obbiettivi più corti sono quelli che ingrandiscono di suo ingrandimento. Gli obbiettivi sono la parte più costosa e più importante di un microscopio perché da loro dipende la risoluzione dataci nel complesso dal microscopio. Qui abbiamo i microscopi a contrasto di fase e a contrasto interferenziale di fase. Il microscopio a contrasto di fase viene utilizzato per vedere cellule vive particolarmente trasparenti, quindi è usato soprattutto in microbiologia e per lavorare sulle colture cellulari. La cosa importante è che la luce una volta che attraversa il campione, che ha spessore e densità diverse, crea dei raggi che hanno una fase diversa rispetto a quelli che non attraversano il campione. Queste piccole differenze di fase non vengono rese percepibili grazie alla presenza di un piano di fase, posto in alto dop meglio quindi i contorni e ciò che viene osservato al microscopio. Il microscopio a contrasto interferenziale di fase permette una migliore risoluzione sorgente, e un prisma a seguire. Si creano dei fasci di luce paralleli con dei percorsi diversi. Quando questi vengono Questo mi consente di lavorare con materiale vivo. I microscopi a fluorescenza lavorano appunto sulla fluorescenza. Questo è un fenomeno particolare, una proprietà che hanno alcune molecole di assorbire la luce diversa maggiore nello specifico. In questi particolari microscopi abbiamo una fonte luminosa che genera una luce con in più la presenza di un primo filtro barriera che va dalla molecola che io voglio osservare. Attraverso questa lamina messa un po' in trasversale o averla quindi attraverso la lamina e viene selezionata da un secondo filtro a barriera. Io quindi imposto il mio microscopio in modo che ci sia una selezione di una ce in partenza e in arrivo per poter vedere le molecole che hanno quel specifico spettro di fluorescenza. Io posso lavorare sia con la fluorescenza naturale che alcune molecole che compongono le cellule hanno, oppure lavorare con la fluorescenza secondaria quella che io determino facendo delle specifiche colorazioni delle mie cellule con delle sostanze fluorescenti che prendono il nome di FLUOROCROMI. La fluorescenza naturale detta anche auto fluorescenza è per esempio tipica di alcune inclusioni o di alcuni mitocondri. Oppure sono i mitocondri capaci di emettere fluorescenza naturalmente, mentre il nucleo di altri non emette alcun genere di fluorescenza di per sé. Il citoplasma è debolmente fluorescente. Però si può ovviare, quelle strutture che di per sé non sono fluorescenti le posso rendere io fluorescenti andando ad utilizzare degli specifici coloranti. Per esempio oppure il DAPI che colora un blu fluorescente specificamente solo il DNA. Quindi giocando della cellula. Se lavoro con con più di questi fluorocromi, ognuno specifico per una molecola ottengo delle immagini come questa in cui evidenzio nello stesso campione i diversi componenti con colori differenti. La microscopia a fluorescenza ha avuto un grande slancio, contribuito quando si sono scoperte le green fluorescent protein. Sono proteine fluorescenti che emettono un colore che per questa scoperta nel 2008 hanno vinto il Premio Nobel, hanno individuato la prima GFP, e dopo espresse da altri celenterati. Il vantaggio di queste GFP è che sono vive, è possibile creare delle chimere con le proteine normalmente espresse dalle cellule e poi andare a vedere dove si molto importanti e hanno permesso di raggiungere risultati in biologia cellulare impensati. I microscopi a fluorescenza possono essere o quelli a epifluorescenza visti prima, che complessiva che ottengo è sfuocata in quanto quel tipo di microscopio va ad illuminare tutto il campione prendendo in considerazione livelli e piani con invece ottengo con un altro microscopio a fluorescenza che è il CONFOCALE è a fuoco. Qui la luce è emessa da un laser che passa attraverso il campione, poi attraverso un foro piano di fuoco, un livello per volta e quindi lo mette a fuoco perfettamente eliminando tutti gli altri piani che non sarebbero a fuoco. Se poi si uniscono le immagini ottenute per ciascun livello, grazie a dei sistemi informatici che acquisiscono tutte le immagini del mio confocale ie parti sono a fuoco. Faccio quindi una ricostruzione tridimensionale. Nelle due immagini, quella a confocale si vede quanto si guadagna in nitidezza. Passiamo invece a microscopi elettronici. Nel microscopio elettronico a trasmissione dobbiamo creare un fascio di elettroni perché è questo che andrà ad attraversare il mio campione. Quindi la parte più in alto dei microscopi è un cannone elettronico, alloggiato di sotto. Il fascio di elettroni corre poi fino a raggiungere il campione, attraversando diversi sistemi di lenti. Tutto ciò viene fatto in una particolare condizione che è quella del vuoto. intercettato dalle molecole di aria. Quindi oltre ad avere un cannone bisogno di un sistema di pompe che crei il microscopio. Ci sono dunque una serie di lenti, sia condensatrice, sia obbiettivo, sia lente intermedia (queste non sono lenti, non dovete immaginare delle lenti in vetro come sono nei microscopi ottici, vengono chiamate lenti per analogia ma sono in realtà elettromagnetiche. Servono quindi per orientare e far alcuni riescono a passarlo facilmente, mentre altri vengono assorbiti o deflessi da alcune zone del campione. Gli elettroni arrivano poi ad un rivelatore che crea un immagine che è possibile vedere in diretta su uno schermo fluorescente verde, oppure vanno a colpire una pellicola fotografica. È quindi questo fondamentalmente il sistema del microscopio elettronico a trasmissione; si vedono delle sezioni che devono essere sottilissime per essere attraversate dagli elettroni, quindi sezioni ancora più sottili di quelle che osservo al microscopio ottico. Queste non possono essere messe su un vetrino perché gli elettroni non passerebbero, quindi vengono adagiate su delle grigliette di metallo, di solito di rame, che vengono inserite nel cannone e attraversate dagli elettroni. Quello che ottengo sono delle immagini in bianco e nero con gradazioni di grigio. Qui distinguo delle aree chiare definite ELETTRONTRASPARENTI o poco elettrondense e indicano zone in cui gli elettroni sono passati con facilità, e aree scure dfinite ELETTRONOPACHE o elettrondense dove, invece, gli elettroni hanno trovato ostacoli e quindi sono stati assorbiti o deflessi. Poi ci sono varie gradazioni di grigio che indicano una maggiore o minore elettrondensità delle varie strutture. Quindi quando anche noi andremo a descrivere le strutture o le cellule osservate al TEM utilizzeremo sempre questi termini: elettrontrasparenti o elettrondense. Questo che vedete ad esempio è un granulocita basofilo e questi così scuri sono i granuli pieni di istamina. Nel nucleo vedete delle zone più scure o più chiare a seconda dello stato elettrondenso). Il microscopio elettronico a scansione, invece, che è quello che scandaglia la superficie dà delle immagini di tipo tridimensionale. Usato per vedere le superfici delle cellule e piccoli organismi. Anche in questo caso utilizzo un fascio di elettroni, quindi avrò bisogno di un cannone che generi il fascio di elettroni, di una pompa del vuoto che permetta di farli viaggiare in assenza di aria e avrò bisogno di trattare il campione in modo che sia completamente metallizzato, quindi ricoperto di particelle di metallo, di solito di oro. Avviene quindi una doratura del campione, così questo fascio di elettroni che raggiunge il campione produce in superficie degli elettroni secondari che si generano per eccitazione. Questi vengono raccolti da un sistema di rilevazione che converte la captazione di questi elettroni in fotoni, quindi sia nella nostra trattazione che come elaborazione è il microscopio a forza atomica, inventato più di recente nel 1886. Viene utilizzato anche per i campioni biologici, ma non solo ed ha una capacità di risoluzione a livello di molecole e di atomi. È importante perché non occorre necessariamente fare dei trattamenti al campione che si osserva, quindi si può lavorare con materiale vivo a differenza di quanto avviene per il SEM o il TEM. Questa che vedete è un esempio di immagine prodotta da un microscopio a forza atomica che mostra i diversi componenti di una membrana cellulare. Di tutta questa carellata ciò che vi deve rimanere è per cosa vengono utilizzati i diversi microscopi, quindi quali sono le loro capacità, i loro limiti e quindi le loro possibili applicazioni in modo tale da poter ricondurre le immagini al tipo di microscopio con le quali sono state ottenute. Non mi interessa troppo la parte fisica del microscopio ma capire ad esempio le varie parti del microscopio ottico (importante), da cosa dipende la risoluzione quindi le variabili che contribuiscono a definirla. Cominciamo a descrivere la cellula. Abbiamo detto i componenti, abbiamo detto che ci servono i microscopi ora partiamo. LA CELLULA ANIMALE Essendo una cellula eucariotica per molti aspetti somiglia anche alla cellula vegetale. Qui vedete uno schema dei principali organuli che la compongono ed un immagine di un microscopio elettronico a trasmissione di come si presenta una cellula. Prima cosa: LA MEMBRANA PLASMATICA. cellule e per la cellula animale questo è lo strato più esterno. La cellula animale non prevede la presenza di una parete come invece hanno le cellule vegetali, i funghi e i procarioti. La membrana plasmatica racchiude uno spazio interno, una sostanza abbastanza fluida tipo gel detta CITOSOL dove troviamo immersi tutta una serie di organuli e strutture. In primis il CITOSCHELETRO, una serie di componenti proteiche che costituiscono lo scheletro interno della cellula e che le consentono di avere la sua forma. Il NUCLEO dirige tutte le attività della cellula in quanto è il detentore della maggior parte del materiale genetico li eucarioti e che è anche uno degli organuli più grandi che può essere individuato al microscopio ottico. Il nucleo costituisce una differenza importante tra le cellule procariotiche ed eucariotiche in quanto presente solo in organismi eucarioti. Il materiale genetico è racchiuso in questa sede delimitato da un INVOLUCRO NUCLEARE, non è libero nel citoplasma come lo è nei procarioti, organismi evolutamente venuti prima di un vero nucleo (pro carion). I RIBOSOMI sono dei piccoli organuli che troviamo sia in organismi procariotici che eucariotici. Poi abbiamo una serie di organuli comuni sia alla cellula vegetale che animale come il RETICOLO ENDOPLASMATICO, DI GOLGI, I LISOSOMI (solo nella cellula animale) e i PEROSSISOMI che sono tutti organuli di tipo membranoso quindi delimitati da membrana e servono per la sintesi delle molecole utili per il metabolismo cellulare. I MITOCONDRI sono centrali elettriche fondamentali. Il CENTROSOMA è costituito da due centrioli. andremo a descrivere. La struttura generale di una cellula eucariotica è costituita da questa membrana cellulare che cellulare da quello intra cellulare e non è solo un confine così passivo, ma è una struttura che permette di regolare tutti gli scambi Scambi di energia, di materiale, di informazioni. Abbiamo anche una serie di altre membrane, che sono quelle che delimitano gli organuli ambienti dentro la cellula diversificati fra loro andando a creare una COMPARTIMENTAZIONE. Dentro la cellula ho comparti che sono appunto i vari organuli delimitati da membrane che specifiche funzioni. ESEMPIO: i lisosomi sono un microambiente caratterizzato da un PH ben diverso da quello che troviamo nel citoplasma. Questa è una condizione utile per le reazioni degradative che avvengono dentro lisosoma. La compartimentazione permette quindi di avere ambienti specializzati in cui possono avvenire in contemporanea dei processi che hanno bisogno di ambienti diversi. È una caratteristica della cellula eucariotica che manca ai procarioti. Alcuni organuli sono delimitati da una singola membrana altri, lo vedremo, sono delimitati da una doppia membrana (nucleo e mitocondri). Pochi non hanno rivestimento membranoso (centrosoma e ribosoma). In alcuni testi si parla di un SISTEMA ENDOMEMBRANOSO: insieme di organuli che comprendono la membrana plasmatica, involucro nucleare, RE, apparato di golgi, lisosomi, perossisomi e varie tipologie di vescicole. Tutti questi componenti o hanno una continuità tramite il passaggio di vescicole, sacche delimitate da membrana che si staccano da un organulo e migrano per raggiungere altri organuli dove vanno a fondersi. Dobbiamo quindi parlare di membrane perché sono alla base per creare questi diversi ambienti interni. Sono alla base della compartimentazione. Le membrane biologiche (interne ed esterne) sono costituite da tre ingredienti di base. I due principali: DOPPIO STRATO LIPIDICO (fosfolipidi e colesterolo), PROTEINE e GLUCIDI presenti in quantità inferiore rispetto ai precedenti, sotto forma di glicoproteine e glicolipidi. Abbiamo la conformazione a doppio strato con le teste polari a contatto con ambienti acquosi, mentre al centro si interfacciano le code idrofobe. Ciò che vediamo al microscopio sono due binari elettrondensi costituiti dalle teste polari e al centro una zona più elettrontrasparente costituita dalle code di acidi grassi idrofobi. Lo spessore è di circa 5.5 nm. Le membrane non sono tutte uguali. Tutte presentano questi ingredienti ma in percentuali diverse. Le cellule animali sono si organizzate tutte nello stesso modo ma non sono uguali. Ci sono alcune proprietà comuni in tutte le cellule, ma ci sono anche diverse morfologie e diverse specifiche funzioni a seconda del tipo cellulare di cui parlo. Si sono evolute negli organismi pluricellulari cellule diverse struttura e hanno assunto comportamenti diversi. Nel corpo umano ad esempio ci sono più di 200 tipi di cellule diversi. Ad ogni differenza morfologica corrisponde una differenza funzionale. Dal punto di vista morfologico le cellule possono differire tra loro per la forma: sferica (nei liquidi e fluidi), discoidale (eritrociti), allungata (fibroblasti e cellule muscolari), poliedrica (cellula epatica), stellata (astrociti). La forma delle cellule sarà molto importante perché usata come criterio per classificare gli epiteli. Le dimensioni delle cellule possono essere abbastanza diverse (3-20 micron di diametro). Numero e forma del nucleo possono variare. La maggior parte delle cellule ha un solo nucleo, ma ci sono anche cellule che, soprattutto a maturazione, sono prive del nucleo diverse cellule (sincizio, ogni cellula porta in dote il proprio nucleo), oppure perché questo fosse seguito anche da una citodieresi, divisione del citoplasma. Anche la forma del nucleo può essere diversa: nucleo tondeggiante, allungato, con particolari fisionomie (granulociti) tanto che la morfologia del nucleo aiuta ad identificare per alcuni tipi dii leucemie: si può capire il tipo leucemico andando a valutare la forma dei nuclei sovranumerarie. La presenza o meno di polarità detta polarizzazione, in particolare le cellule degli epiteli sono polarizzate cioè si distinguono zone diverse della cellula (zona apicale, basale,laterale) non cui tendono a concentrarsi alcuni organuli o in cui sono presenti alcune specializzazioni cellulari che si trovano solo in una determinata parte. Possono differire anche per la ricchezza e sviluppo dei vari organuli. Prima abbiamo citato tutti i vari organuli, ma non è che in ogni cellula tutti questi siano sviluppati alla pari. Se una cellula, esempio, è particolarmente attiva nella sintesi proteica mi aspetto una grande abbondanza di ribosomi o di reticolo rugoso; se è una cellula secernente, ad esempio una cellula ghiandolare, mi aspetto di trovare molte vescicole contenenti il prodotto della secrezione; se è una cellula che consuma molta energia per le sue attività quindi ne ha bisogno di un continuo, come le cellule muscolari o del fegato, mi aspetto che ci siano molti mitocondri. Quindi la ricchezza diversa in organuli dipende dal tipo di cellula e la va a caratterizzare. Presenza di organuli citoplasmatici e inclusioni: non ci sono in tutte le cellule. Ci sono a volte dei depositi di pigmenti tipici di alcune cellule ed assenti in altre (cellule della pelle). Infine, a seconda delle cellule si possono avere o meno alcune specializzazioni cellulari. le cellule, mentre ci sono altre strutture che troviamo solo in alcune. Esempio: ciglia e flagelli li troviamo nelle cellule impegnate nella motilità o della cellula in sé o dei materiali che si appoggiano sulla superficie della cellula; stereociglia citate prima per le cellule sensoriali sono estroflessioni legate alla capacità di cogliere e trasmettere informazioni di essere collegata ad altre cellule contigue, presenti in particolare nelle cellule epiteliali che devono formare delle lamine continue e in cellule muscolari; microvilli che servono per ampliare la superficie di assorbimento. La membrana plasmatica la tratteremo la prossima volta. LEZIONE 4 12/10/22 LA MEMBRANA PLASMATICA La membrana plasmatica è detta anche membrana citoplasmatica, detta anche plasmalemma, sono tutti sinonimi. Non ci può essere una cellula senza membrana cellulare, è una struttura importante in quanto non segna solo il confine tra ambiente extracellulare e ambiente intracellulare ma è attivo anche nella regolazione di scambi di materiali e di energia tra l’interno e l’esterno della cellula, scambi anche di informazioni dato che la membrana plasmatica riceve anche dei segnali chimici da fuori la cellula che servono per regolare le sue attività interne e per integrarsi e coordinarsi con il lavoro delle altre cellule visto che negli animali abbiamo a che fare con organismi pluricellulari e con tessuti costituiti da diverse cellule. DI COSA È COMPOSTA LA MEMBRANA PLASMATICA? I costituenti principali che determinano la struttura portante di tutte le membrane biologiche sono i fosfolipidi, delle molecole anfipatiche, per questo hanno un atteggiamento bivalente con l’acqua, in un ambiente acquoso come quello cellulare si organizzano in modo specifico dando un doppio strato di fosfolipidi, il cosiddetto DOPPIO STRATO FOSFOLIPIDICO o BILAYER (2 strati). Ogni fosfolipide ha una testa idrofila e due code idrofobe, queste sono orientate in modo che in ciascun strato le teste idrofile siano rivolte verso il comparto acquoso e quindi l’ambiente extracellulare dove c’è il liquido extracellulare ovvero il citosol, le code idrofobe di entrambi gli strati si trovano racchiuse in una parte centrale lontane dall’acqua come vogliono gli acidi grassi che sono idrofobi, a costituire un core centrale apolare. Quindi nella membrana plasmatica nel mio doppio strato fosfolipidico io vado a individuare due foglietti diversi: 1. Il foglietto che si affaccia sull’esterno della cellula, detto foglietto fosfolipidico esterno o esoplasmatico. 2. Il foglietto che si affaccia sull’interno della cellula, quindi che si affaccia sul citosol, è detto foglietto fosfolipidico interno o citoplasmatico o citosolico. DIFFERENZA TRA CITOSOLICO E CITOPLASMATICO: citosol e citoplasma vengono spesso usati in modo equivalente, come se indicassero la stessa cosa, il citosol è il fluido intracellulare in cui si trovano immersi gli organuli, il citoplasma è ciò che è racchiuso dentro la membrana plasmatica cioè il citosol più gli organuli. Questo doppio strato non è una struttura rigida e fissa, i fosfolipidi sono capaci di movimenti, sono 3 i tipi di movimento che i fosfolipidi possono effettuare con frequenze diverse: 1. ROTAZIONE CHE IL FOSFOLIPIDE PUÒ FARE SU SE STESSO ATTORNO L’ASSE LONGITUDINALE DELLA MOLECOLA (in verde), questo è un movimento che avviene con una frequenza di 10-9 s all’interno del meso-foglietto. 2. DIFFUSIONE LATERALE (in blu) uno spostamento laterale che un fosfolipide può fare, uno spostamento che avviene frequentemente, ogni 10-6 s, ogni microsecondo il fosfolipide si sposta lateralmente, può fare distanze notevoli in poco tempo nell’ambito dello stesso foglietto. 3. SPOSTAMENTO FLIP FLOP (in rosso) in cui abbiamo uno spostamento trasversale da un foglietto all’altro, dal foglietto interno al foglietto esterno o viceversa dal foglietto esterno al foglietto interno. Questo movimento è meno frequente (105s) e meno veloce, è sfavorito in quanto la sua testa idrofila dovrebbe passare nel core apolare, un movimento così avviene ogni 28h. Per avvenire ha bisogno di enzimi particolari come le scramblasi e le flippasi che consentono questo spostamento. Questa è la dinamicità della membrana plasmatica dovuta al dinamismo e spostamento dei suoi costituenti chiave che sono i fosfolipidi. Nella membrana plasmatica c’è un’altra importante componente lipidica che è data dal colesterolo che è una molecola di tipo steroideo. DOVE SI COLLOCA IL COLESTEROLO? Siccome è uno steroide non ha grande affinità per l’acqua, è abbastanza idrofobo. Guardando la molecola del colesterolo vediamo i quattro anelli fusi che abbiamo in tutti gli steroidi e una coda idrocarburica, attaccato a uno degli anelli si vede un gruppo ossidrile -OH idrofilo, quindi conferisce un minimo di idrofilicità al colesterolo e questo mi spiega come è sistemato il colesterolo nel doppio strato. Il colesterolo si interpone fra un fosfolipide e l’altro, notiamo che la parte idrofila dove c’è la piccola testa polare con -OH si rivolge verso l’esterno della cellula se parliamo del foglietto esterno, o verso il citosol se parliamo del foglietto interno mentre lascia tutto il resto della molecola idrofobica nel core formato dagli acidi grassi dei fosfolipidi. QUAL È LO SPESSORE DELLA MEMBRANA PLASMATICA? Lo spessore si aggira attorno ai 7 nm, lo spessore non è sempre uguale, dipende dalla composizione dei fosfolipidi in quanto esistono diversi tipi di fosfolipidi, fosfogliceridi e sfingolipidi e anche dalla presenza più o meno massiccia di colesterolo che dà un’altezza diversa del doppio strato fosfolipidico e quindi uno spessore diverso della membrana. Lo spessore più piccolo lo abbiamo dove la membrana è composta da fosfogliceridi con code insature, vuol dire che gli acidi grassi che compongono quei fosfogliceridi hanno almeno un doppio legame c=c e in corrispondenza di quel doppio legame si ha la ripiegatura della molecola, il fatto che ci sia una ripiegatura fa si che le code non siano dritte e quindi siano più corte rispetto ai fosfogliceridi in cui le code sono sature, non ci sono i doppi legami e le code degli acidi grassi sono allineate e lunghe della loro lunghezza massima possibile e questo spessore è maggiore, sono più alti i fosfolipidi e quindi lo spessore della membrana è maggiore. Un ulteriore aumento di spessore ce l’ho se nella mia membrana ci sono vari sfingolipidi come la sfingomielina, queste hanno delle code di acidi grassi più lunghe rispetto ai fosfogliceridi e quindi dove ci sono sfingolipidi abbondanti lo spessore della membrana è maggiore. Il triangolo vorrebbe dire che andando dai fosfogliceridi con code insature a fosfogliceridi con code sature a sfingolipidi ho via via un aumento dello spessore della membrana, oltre al tipo di fosfolipidi c’è un’influenza dovuta al colesterolo, se il colesterolo è presente ed è presente in quantità via via maggiori vediamo che si inserisce fra la coda di un fosfolipide e la coda di un fosfolipide a fianco e fa come una sorta di stampella che fa stare fra di loro più allineante le code dei fosfolipidi e quindi determina un aumento dello spessore in quel punto. Il massimo di spessore che io posso avere è dove la membrana è ricca di sfingolipidi e di colesterolo, ho quindi un range variabile dei possibili spessori della membrana legati a questo. COME SONO DISTRIBUITI I VARI COMPONENTI LIPIDICI NELLA MEMBRANA? Fino poco tempo fa si pensava che i lipidi di membrana fossero distribuiti in ciascun foglietto in modo casuale, si pensava fossero miscugli di lipidi senza un ordine preciso, invece non è così e alcuni lipidi sono vicini e associati tra di loro, questo soprattutto quando si hanno presenti gli sfingolipidi che avendo una lunghezza delle code diversa dai fosfogliceridi hanno un comportamento particolare. Nell’immagine vediamo la ricostruzione di 2 membrane lipidiche artificiali, una in cui abbiamo solo presenti come costituenti la fosfatidilcolina che è un fosfogliceride e il colesterolo, qui vediamo che la distribuzione è omogenea dei due componenti. Nel momento in cui io ho la mia membrana costituita sia da fosfatidilcolina, colesterolo e sfingomielina (quindi uno sfingolipide) vedo che non sono distribuiti in modo né casuale e uniforme perché gli sfingolipidi tendono ad associarsi insieme al colesterolo (gli sfingolipidi sono blu, il colesterolo sono le palline rosse) tendono ad associarsi insieme e tendono a stare isolati rispetto ai fosfogliceridi nei quali si trovano immersi. Queste zattere di sfingolipidi e colesterolo vengono definite zattere lipidiche oppure raft lipidici e si trovano frequentemente nelle membrane delle cellule animali, non sono molto grandi (70nm) e per questa ragione non sono facili da osservare, per vederli servono microscopi con performance elevate. A destra vediamo un’immagine con dei raft lipidici o zattere lipidiche osservate con un microscopio a Forza Atomica. A LIVELLO DI QUESTE ZATTERE CHE CARATTERISTICHE HA LA MEMBRANA? Siccome è fatta di sfingolipidi e di colesterolo tenderà ad essere più spessa e sarà anche più compatta e meno fluida, sono punti in cui la membrana tenderà ad essere più spessa e compatta rispetto le zone circostanti dove ho i fosfogliceridi e in queste zattere lipidiche ci sono delle condizioni, sono degli ambienti, particolarmente ottimali e adatti ad accogliere e accomodare alcune proteine di transmembrana, quindi questi raft sono dei punti importanti in cui tendono ad accumularsi, in cui si concentrano spazialmente anche determinate proteine e il fatto che queste proteine siano vicine l’una all’altra all’interno dello stesso raft permette a queste proteine di svolgere delle funzioni coordinate l’una all’altra e di lavorare di concerto l’una insieme all’altra. Quindi la presenza di questi raft è importante anche dal punto di vista funzionale e non solo strutturale. Se c’è una caratteristica strutturale stiamo sicuri che c’è una conseguenza a livello funzionale. Il disegno ci fa vedere che dove ci sono i raft lipidici c’è uno spessore della membrana maggiore e in corrispondenza dei raft lipidici ci sono delle proteine. PROTEINE DI MEMBRANA Nella membrana troviamo diversi tipi di proteine che suddividiamo in: PROTEINE INTRINSECHE, dette anche INTEGRALI. Le proteine intrinseche o integrali sono quelle che penetrano nel doppio strato fosfolipidico e possono andare dentro parzialmente del doppio strato oppure possono attraversarla completamente da parte a parte affacciandosi sia nel lato citosolico che su quello extracellulare. Quando le proteine intrinseche passano da parte a parte vengono dette PROTEINE TRANSMEMBRANA per indicare che attraversano completamente la membrana. Queste proteine sono ancorate in modo saldo al doppio strato e questo è testimoniato dal fatto che per estrarle dalla membrana occorre fare dei trattamenti drastici con dei solventi organici sennò non si riesce a toglierle dalla loro posizione. Siccome penetrano nel doppio strato vuol dire che una loro porzione entra in contatto con il core centrale idrofobico, allora questa porzione di proteina dovrà essere anch’essa un dominio idrofobico e quindi presentare amminoacidi apolari in quel punto, non carichi, tra le proteine intrinseche e transmembrana distinguiamo tra proteine che passano una volta attraverso un’unica regione o unico dominio da parte a parte, queste vengono dette UNIPASSO o MONOPASSO o SINGOLOPASSO, quindi troveremo una sola regione idrofobica che giace nel core idrofobo del doppio strato. Ci sono proteine che attraversano più volte da parte a parte la membrana e quindi presentano diversi domini idrofobici e queste verranno definite MULTIPASSO. PROTEINE ESTRINSECHE, dette anche PERIFERICHE. Queste si trovano associate sulla superficie della membrana, o sulla faccia esterna e quindi si affacciano sull’ambiente extracellulare o sulla superficie interna e quindi si affacciano sull’ambiente citosolico e sono di solito attaccate ad altre proteine, vediamo degli esempi di proteine estrinseche agganciate perifericamente nella faccia citosolica, le proteine periferiche a differenza di quelle intrinseche sono legate alla membrana ma in modo abbastanza debole per cui anche con dei trattamenti blandi tipo con delle soluzioni saline riescono ad essere estratte dalla membrana. A. Proteina intrinseca transmembrana, monopasso in quanto passa una sola volta attraverso il dominio, in questo dominio c’è un’altra caratteristica importante, il dominio idrofobico di una proteina di transmembrana ha una struttura ad alfa elica. B. Proteina intrinseca transmembrana, multipasso in quando passa la membrana più volte e ciascun dominio ha sempre una struttura ad alfa elica C. Proteina intrinseca di transmembrana multipasso, qui non ho la conformazione ad alfa elica ma ho il beta foglietto, anche questo è compatibile col trovarsi all’interno del core interno D. Proteina intrinseca e non è di transmembrana in quanto occupa solo un foglietto ed emerge solo nel lato citosolico E. Vediamo due proteine, una proteina verde chiaro che è intrinseca, transmembrana, monopasso con il dominio ad alfa elica, agganciata alla parte citosolica di questa proteina transmembrana c’è una proteina di verde più scuro, che è una proteina di tipo estrinseco che si trova solo su una delle due facce. F. Proteina integrale di transmembrana che ha associato sul versante extracellulare una proteina estrinseca in verde scuro. In G e H vediamo che le proteine possono agganciarsi non ad altri elementi proteici ma ad elementi lipidici dando origine a molecole coniugate. Anche in questo caso possono emergere o da una parte o dall’altra. A sinistra abbiamo una proteina intrinseca transmembrana monopasso con dominio ad alfa elica inoltre è una proteina glicoforina ci indica che sul versante esterno c’è la presenza di una componente di carboidrati, molto importante perchè circa il 60% della proteina è costituita da queste catene glucidiche laterali che sono cariche elettricamente in modo negativo, questo è importante perché la glicoforina noi la troviamo sulla membrana cellulare degli eritrociti, il fatto che tutte le membrane abbiano questa componente esterna con carica negativa fa si che un eritrocita rispetto ad un altro tenda ad allontanarsi, c’è una repulsione dato che la carica è la stessa, quindi questo garantisce che i globuli rossi non si aggreghino l’uno all’altro ma rimangano separati anche in spazi molto stretti come quello di un capillare e questo è a tutto vantaggio della possibilità del globulo rosso di attaccare e agganciare i gas respiratori, perché se si aggregassero diminuirebbe la superficie a disposizione per questo compito. Vediamo come la struttura ci dà delle informazioni importanti sulla funzione. A destra vediamo una batteriorodopsina che si trova nella membrana di alcuni tipi di batteri, è una proteina intrinseca transmembrana multipasso con 7 domini alfa elica che troviamo nel doppio strato. ATTENZIONE: alcuni pensano che proteine intrinseche sia uguale a dire proteine transmembrana, no, le proteine transmembrana sono un tipo di proteina intrinseca cioè quelle che passano da parte a parte e si affacciano su tutti e due i lati. MODELLO A MOSAICO FLUIDO: È il modello che ci spiega in quali rapporti sono i vari componenti e che caratteristiche ha in termini di consistenza la membrana. Il fatto che si chiami a mosaico fluido ci indica infatti la fluidità della membrana dovuta soprattutto alla componente lipidica, questo doppio strato fosfolipidico è fluido e in questo fluido si trovano inserite come le tessere di un mosaico le proteine, proteine che abbiamo visto essere presenti in maniera varia e possono anch’esse muoversi in questo magma lipidico, i movimenti delle proteine rispetto ai movimenti fosfolipidici sono più lenti perché le proteine sono più grandi e ingombranti rispetto una molecola di fosfolipidi e sono solitamente movimenti laterali che non tutte le proteine possono fare perché alcune proteine sono agganciate o a componenti del citoscheletro ovvero strutture interne della cellula e altre possono essere agganciate a elementi della matrice extracellulare. In questo mosaico possiamo trovare i carboidrati che sono collocati in maniera specifica sul foglietto esterno. Non sempre si è saputo che la membrana fosse così. Si è arrivati a definire il modello a mosaico fluido dopo una serie di studi e di ipotesi che si sono susseguite nel tempo. STORIA DEI MODELLI DI MEMBRANA: Nel 1895, Overton disse che la membrana è costituita di lipidi, lui arrivò a questo perché vide che le molecole apolari la attraversavano liberamente, mentre invece quelle polari vennero respinte. Nel 1917 Langmuir dice che la membrana non è formata da lipidi ma da fosfolipidi, solo che lui pensava che la membrana fosse un monostrato di fosfolipidi con le teste idrofile rivolte verso l’interno della cellula e verso l’esterno le code idrofobiche. Nel 1925 Gorter e Grendel intuiscono la conformazione a doppio strato fosfolipidico con le teste polari rivolte verso la faccia extracellulare e quella intracellulare e in mezzo le code. Nel 1935, si arriva a capire che non ci sono solo lipidi ma anche proteine, Davson e Danielli propongono il modello a sandwich, in cui le due fette di pane esterne sarebbero due strati continui di proteine e racchiudono all’interno il doppio strato fosfolipidico. Non spiega molte proprietà della membrana Nel 1972, con Singer e Nicolson che propongono il modello a mosaico fluido attualmente in uso secondo cui le proteine sono immerse nel doppio strato fosfolipidico come tessere di un mosaico, un mosaico che ha una consistenza fluida con possibilità di movimento delle sue componenti. Successivamente c’è stata una conferma con le successive tecniche di microscopia elettronica che ha confermato le teorie. Una tecnica particolare del crio-decapaggio, quindi del congelamento e della frattura che permette di esporre i componenti della membrana ha dato conferma che i vari componenti lipidi e proteine in particolare siano disposti come avevano intuito Singer e Nicolson. La nostra membrana è un mosaico strutturale, un mosaico di proteine e a questo mosaico strutturale corrisponde un mosaico funzionale perché le proteine che compongono le membrane mi danno quasi tutte le funzioni svolte dalla membrana plasmatica, funzioni che posso ricondurre a 6. 1. FUNZIONE DI TRASPORTO, ci sono delle proteine transmembrana che consentono il passaggio di sostanze e molecole che non potrebbero passare attraverso il doppio strato fosfolipidico perché non affini ai lipidi. Le proteine creano ambienti favorevoli al loro passaggio. 2. ATTIVITÀ ENZIMATICA, alcune proteine a livello della membrana cellulare mi assicurano attività enzimatica, ovvero sono dei catalizzatori che accellerano delle particolari reazioni chimiche, i reagenti di solito si trovano sul versante citosolico. Quando queste proteine con attività enzimatica sono affiancate e vicine nella membrana cellulare spesso riescono a catalizzare reazioni che si devono susseguire l’una all’altra nell’ambito di una via metabolica. 3. TRASDUZIONE DEL SEGNALE, ci sono alcune proteine nella membrana che fungono da recettori di segnali chimici, sono delle proteine in grado di accogliere e legarsi in modo specifico a delle molecole segnale che arrivano dall’ambiente extracellulare e in seguito all’interazione specifica di questa molecola segnale con la proteina recettoriale si genera una serie di eventi all’interno della cellula che definisco trasduzione del segnale che mi porta ad una reazione e un cambiamento di attività all’interno della cellula. Funzionano così molti ormoni che non riescono ad entrare nella cellula. 4. ADESIONE CELLULARE, vediamo la membrana cellulare di una cellula e la membrana cellulare di una cellula vicina, ci sono alcune proteine che sono sulle due membrane che aderiscono l’una l’altra permettendo la giunzione di cellule diverse. 5. RICONOSCIMENTO FRA CELLULE, la presenza su una cellula di glicoproteine sulla membrana di una cellula (avevamo già evidenziato la funzione di questi oligosaccaridi presenti sulla membrana e di essere dei marker cellulari, come delle impronte digitali) che interagisce con una proteina di un’altra cellula e permette alla cellula che la lega di riconoscere quella cellula e da questo possono derivare conseguenze varie. 6. ADESIONE AL CITOSCHELETRO E ALLA MATRICE EXTRACELLULARE, ci sono delle proteine che servono per aderire al citoscheletro e quindi agli elementi proteici che costituiscono lo scheletro interno della cellula e che possono anche aderire esternamente a elementi costituenti della matrice extracellulare, dalla matrice possono essere portate fin dentro la cellula dei segnali, delle indicazioni che passano dall’ambiente extracellulare all’ambiente intracellulare mediate dalla presenza di queste proteine. CARATTERISTICHE DELLA MEMBRANA PLASMATICA, 3: 1. FLUIDITÀ, dipende dalla componente lipidica e dalla mobilità dei lipidi che compongono la membrana più o meno spiccata 2. ASIMMETRIA, dipende dal fatto che il foglietto interno ed esterno della membrana non sono uguali, hanno composizione lipidica diversa e c’è presenza di carboidrati solo sul lato esterno, quindi la composizione glucidica è limitata solo a uno dei due foglietti, queste due ragioni determinano l’asimmetria. 3. PERMEABILITÀ SELETTIVA, dipende dal fatto che il doppio strato fosfolipidico non fa passare qualunque cosa e dal fatto che siano presenti alcune proteine che permettono il trasporto di alcune sostanze. La membrana non lascia passare qualunque cosa ma seleziona che cosa passerà e lo seleziona sia con il suo doppio strato fosfolipidico e sia con la presenza di quante e quali proteine di trasporto. FLUIDITÀ DELLA MEMBRANA PLASMATICA Nel caso in cui ho preponderanza di fosfolipidi saturi ho le code dritte e i fosfolipidi possono stare vicini tra di loro, possono impaccarsi strettamente, quando prevale questo tipo di fosfolipidi la membrana ha una consistenza meno fluida e più compatta. Se ho la presenza di alcuni fosfolipidi insaturi che hanno i doppi legami con ripiegatura laterale, si avrà che le molecole non si possono impaccare strettamente come la molecola sopra e questo minor impaccamento determina una consistenza più fluida della membrana. Non è solo il tipo di fosfolipidi che influenza la fluidità ma anche il colesterolo. Il colesterolo influisce in modo diverso sulla fluidità a seconda della temperatura. Se mi trovo a temperature alte (37° es. temperatura corporea uomo) il colesterolo riduce la fluidità perché impedisce il movimento laterale libero dei fosfolipidi, vediamo che il colesterolo si mette tra un fosfolipide e l’altro ed è come se fosse un distanziatore, dove c’è il colesterolo i fosfolipidi non sono liberi di fare il movimento laterale e quindi la presenza del colesterolo va a ridurre la fluidità. Se la temperatura si abbassa, il colesterolo ha effetto contrario e aumenta la fluidità perché va a limitare la possibilità di impaccarsi strettamente dei fosfolipidi e quindi non possono stringersi più di tanto in quanto sono intervallati da molecole di colesterolo. Il colesterolo nel complesso va a ridurre e si oppone ai cambiamenti di fluidità della membrana determinati dalle variazioni della temperatura, ha degli effetti calmieranti sia sull’aumento che sulla diminuzione della temperatura, fa in modo che ci siano minime variazioni della fluidità. Non ha un effetto univoco ma dipende dalla temperatura. ASIMMETRIA DELLA MEMBRANA La membrana non è simmetrica e i due foglietti esterni e interni non sono equivalenti. In questa immagine ci sono già gli elementi per capire. Sulla faccia esterna troviamo più frequentemente la sfingomielina e la fosfatidilcolina, quindi troviamo specifici tipi di fosfolipidi. Sulla faccia interna prevalgono altri tipi di fosfolipidi come la fosfatidilserina, il fosfatidilinositolo, la fostatidiletanolammina. Parte della simmetria dipende dal fatto che sui 2 foglietti ho fosfolipidi diversi. Vediamo che i glicolipidi come anche le glicoproteine cioè la componente saccaridica si trova solo sulla faccia esterna. (rametti viola). Altri elementi come il colesterolo sono ugualmente rappresentati nei due foglietti e non andranno a determinare asimmetria, l’asimmetria è legata alla tipologia di fosfolipidi e alla presenza esclusivamente sul foglietto esterno dei carboidrati. Quindi i carboidrati si trovano solo sul foglietto esterno e sono dei marcatori cellulari. I carboidrati sono degli oligosaccaridi spesso legati o ai lipidi a formare i glicolipidi e ne troviamo di due tipi, i cerebrosidi e gangliosidi, oppure sono legati alle proteine a dare le glicoproteine, l’insieme di tutti i carboidrati che trovo sulla superficie cellulare che siano glicoproteine o glicolipidi (transmembrana o altre componenti saccaridiche legate perifericamente) mi danno la formazione del glicocalice. GLICOCALICE Il glicocalice è uno strato che ricopre la superficie cellulare, non è ugualmente sviluppato e presente in tutte le cellule, ci sono alcuni tipi cellulari in cui il glicocalice è particolarmente voluminoso e si tratta delle cellule che troviamo negli epiteli delle mucose, oppure che troviamo sulla superficie luminale che si affaccia all’interno del vaso negli endoteli che sono gli epiteli che tappezzano i capillari e i vasi. Il glicocalice è una forma di specializzazione cellulare e ha diverse funzioni: Proprio perché il glicocalice è idrofilo e quindi affine all’acqua, si idrata e consente una protezione di tipo meccanico e chimico, in quanto costituisce uno strato che protegge la superficie cellulare sottostante dal passaggio di materiali. Esempio nell’epitelio intestinale dove transitano gli alimenti in via di digestione e assorbimento, la presenza del glicocalice aiuta ad assicurare che non ci siano insulti meccanici a questo passaggio. Permette il riconoscimento tra cellula-cellula, i carboidrati sono l’impronta digitale, i biomarker. I carboidrati presenti su una superficie cellulare caratterizzano una specie rispetto ad un’altra, caratterizza un individuo rispetto ad un altro all’interno della stessa specie e caratterizza da un tipo cellulare rispetto ad un altro, quindi da una cellula che appartiene ad un tessuto rispetto a quella che appartiene ad un altro. Interazione tramite glicocalice fra la cellula e l’ambiente esterno, per esempio il glicocalice riesce ad interagire con i fattori di crescita che si possono trovare nell’ambiente extracellulare, importante nelle fasi di sviluppo Riescono a mediare la risposta infiammatoria Quando ho l’insieme del glicocalice e dei microvilli prendono il nome di orletto a spazzola che troviamo tipicamente nell’epitelio intestinale. PERMEABILITÀ SELETTIVA DELLA MEMBRANA La membrana è una barriera selettiva che regola quali sostanze possono passare e con che velocità possono attraversarla, questa selezione viene fatta perché il doppio strato fosfolipidico per le sue caratteristiche chimico-fisiche discrimina e non lascia passare qualsiasi sostanza, quelle che non passano attraverso il doppio strato lipidico passano attraverso delle proteine. Quindi in base a se la membrana possiede o no le proteine per trasportare certe molecole quelle molecole potranno attraversare la membrana o meno. In alto c’è uno schema di una membrana con un doppio strato fosfolipidico e ci fa vedere la permeabilità: Piccole molecole idrofobiche come il benzene passano senza problemi, essendo idrofobiche apolari come il doppio strato scivolano via e diffondono liberamente Piccole molecole neutre come gas respiratori (O2, CO2) attraversano liberamente lo strato fosfolipidico senza bisogno di intermediazioni L’acqua è una molecola piccola però ha una polarità, è un dipolo elettrico e in parte riesce ad attraversare da sola il doppio strato fosfolipidico, siccome è polare non va tanto d’accordo con la parte interna idrofobica, la maggior parte dell’acqua passerà non liberamente ma attraverso delle proteine di trasporto che sono le acquaporine La maggior parte delle molecole organiche tipo zuccheri e amminoacidi che sono polari non riescono a passare da sole attraverso il doppio strato, vengono rimandate indietro. Anche gli ioni non riescono a passare, nonostante siano piccoli hanno una carica e questa positiva o negativa che sia, non permette loro di attraversare la membrana che al centro è idrofobica. Altre proteine e altre molecole organiche grosse non riescono a passare attraverso il doppio strato per questioni di dimensioni. Passano velocemente e facilmente attraverso il doppio strato le molecole piccole e più apolari, le molecole polari, cariche e di grandi dimensioni non riescono a passare e dovranno escogitare un altro sistema formato dalle proteine di trasporto. TRASPORTI ATTRAVERSO LA MEMBRANA Possono essere suddivisi in base ad un criterio, se sono trasporti attivi o se sono trasporti passivi. I trasporti passivi sono i trasporti in cui le sostanze si muovono secondo gradiente di concentrazione, da dove sono più concentrate a dove sono meno concentrate. Quindi in maniera termodinamicamente favorevole. Tutti i tipi di diffusione che sia una diffusione semplice o una diffusione facilitata dalla presenza delle proteine sono esempi di trasporti passivi. I trasporti passivi non necessitano di consumo di energia, avvengono senza dispendio energetico. I trasporti attivi sono quei trasporti in cui le molecole e le sostanze si muovono da dove sono meno concentrate a dove sono più concentrate, quindi contro gradiente di concentrazione, questo dal punto di vista termodinamico non è possibile ma la cellula spende energia sottoforma di ATP per generare questo spostamento innaturale, questo può avvenire solo attraverso delle proteine di trasporto. L’acqua che è il solvente dell’ambiente extra e intracellulare, come si muove attraverso la membrana? Secondo il fenomeno dell’osmosi, questo è lo spostamento di acqua tra due soluzioni che sono separate da una membrana semipermeabile. Vediamo il tubo a U dove al centro ho una membrana semipermeabile che si lascia attraversare dal solvente ovvero l’acqua, ma non dal soluto. La membrana plasmatica è equiparabile a una membrana semipermeabile. L’immagine in alto a sinistra ci fa vedere un tubo che all’inizio a sinistra ha una concentrazione di soluto più bassa rispetto alla parte destra, a sinistra ho quindi la soluzione ipotonica mentre a destra ho la soluzione ipertonica più elevata. L’acqua si sposta dalla soluzione ipotonica a quella ipertonica, c’è uno spostamento netto dell’acqua fino a che lo spostamento dell’acqua verso la soluzione ipertonica non porta le due soluzioni ad essere della stessa concentrazione e quindi all’essere isotoniche l’una rispetto l’altra. Quando si è raggiunto l’equilibrio delle due soluzioni isotoniche non è che l’acqua non si sposti più, ma tanta acqua si muove lo stesso. TRASFERIAMO QUESTO RAGIONAMENTO ALLA CELLULA: La membrana cellulare si comporta come una membrana semipermeabile che divide due soluzioni, la soluzione che si trova fuori dalla cellula e quindi il liquido extracellulare rispetto la soluzione dentro la cellula cioè il liquido intracellulare. Se io immergo la mia cellula all’interno di una soluzione ipotonica che è meno concentrata rispetto alla soluzione che è dentro alla cellula, ci sarà un passaggio netto di acqua da fuori la cellula a dentro la cellula che tenderà a rigonfiarsi, se metto la cellula all’interno di una soluzione ipertonica e quindi una soluzione più concentrata rispetto a quella che si trova dentro la cellula, in questo caso per osmosi l’acqua tenderà ad uscire dalla cellula verso l’ambiente extracellulare, la cellula avrà una perdita d’acqua e tenderà a raggrinzire. Quando la metto in una soluzione isotonica e quindi stessa soluzione dentro la cellula e fuori la cellula, siamo in una condizione di equilibrio per cui l’acqua entra ed esce nello stesso quantitativo e la cellula rimane delle sue dimensioni. Questi spostamenti dell’acqua per osmosi attraverso la cellula avvengono non tanto per un passaggio diretto delle molecole d’acqua attraverso il doppio strato fosfolipidico ma attraverso le numerose acquaporine che sono delle proteine canale di transmembrana che si trovano nelle membrane e che permettono un passaggio molto rapido attraverso la membrana dell’acqua, passaggi che sennò sarebbero molto più lenti se ci affidassimo solo alla capacità dell’acqua di passare attraverso il doppio strato fosfolipidico. TIPI DI DIFFUSIONE: SEMPLICE E FACILITATA I trasporti passivi avvengono grazie a dei fenomeni di diffusione che può essere diffusione semplice quando le sostanze si muovono liberamente attraverso il doppio strato fosfolipidico che sia in un senso o in un altro non importa, però il senso sarà sempre da dove sono più concentrate a dove sono meno concentrate in quanto la diffusione funziona solo così. Quindi tutte le diffusioni non richiedono energie, sono tutti trasporti passivi, però per diffusione semplice si possono muovere solo alcune sostanze, quelle piccole apolari come ossigeno, anidride carbonica che hanno determinate caratteristiche. Le altre possono diffondere ma attraverso delle proteine di trasporto, è sempre una diffusione perché passano da dove sono più concentrate a dove lo sono di meno però è detta diffusione facilitata in quanto la diffusione è facilitata dalle proteine che mediano questo passaggio. Se noi mettiamo a confronto la diffusione semplice rispetto la diffusione facilitata possiamo fare delle valutazioni di cinetica dei due processi: Nella diffusione semplice la velocità con cui il soluto passa da una parte all’altra cresce al crescere della concentrazione del soluto, maggiore è la concentrazione maggiore è la velocità con cui si sposta. Nella diffusione facilitata vedo che fino ad un certo punto c’è una proporzione diretta, quindi più aumenta la concentrazione del soluto più aumenta la velocità di trasferimento ma arrivo ad un plateau, ad un punto di massima velocità oltre la quale non posso andare anche se la concentrazione del mio soluto aumenta ulteriormente, la velocità massima corrisponde al numero di proteine. Quando io ho impegnato nei trasporti tutte le proteine di trasporto non posso fare più in fretta di così, questa è una differenza fra i due tipi di diffusione. La diffusione semplice può sempre avvenire perché il doppio strato fosfolipidico c’è sempre nelle membrane mentre invece la diffusione facilitata potrà avvenire solo se sono presenti le proteine di trasporto e ad una velocità via via maggiore a seconda di quante proteine di trasporto per quella specifica molecola io ho. PROTEINE CHE MEDIANO IL TRASPORTO Esistono 2 tipi di proteine che mediano e consentono il trasporto: 1. PROTEINE CANALE 2. PROTEINE CARRIER O TRASPORTATORI 1. Le proteine canale sono delle proteine che formano un tunnel e un poro centrale idrofilo che mi consente di far passare attraverso questa porzione interna idrofila i soluti che sono idrofili, le proteine canele servono per il passaggio di ioni carichi idrofili e per il passaggio dell’acqua, le proteine canale specifiche per l’acqua sono le acquaporine. Nei canali il movimento avviene sempre e solo secondo gradiente di concentrazione, trasporti passivi e selezionati, ogni canale discrimina e fa passare solo certi tipi di ioni con una certa carica e di una certa grandezza. Per il tunnel non passa qualunque ione o molecola idrofila ed è un passaggio molto rapido. Alcuni di questi canali non sono sempre aperti, ma possono essere controllati a seconda dello stimolo che arriva. Questi canali rispondono a degli stimoli chimici, quindi arriva un messaggero chimico (ligando) che si lega al recettore e determina la chiusura o l’apertura del canale. Possono esserci canali che rispondono a stimoli elettrici e quindi la chiusura e apertura dei canali dipende dal voltaggio, oppure ci sono canali che rispondono a stimoli meccanici (pressori o di stiramento) che vanno ad influire sull’apertura o meno del canale. 2. Le proteine carrier o trasportatori sono delle proteine che legano su uno dei due lati della membrana la molecola da trasportare, in seguito a questo legame subiscono una modificazione conformazionale che li porta a rilasciare sull’altro lato della membrana le molecole, sono delle specie di traghettatori, la velocità con cui i carrier spostano le molecole è inferiore, sono più lenti nel trasporto rispetto ai canali, anche i carrier sono molto specifici e non legano qualunque molecola , ma hanno siti di legame specifici per alcune molecole. Se il mio carrier mi permette il trasporto di una molecola alla volta si parla di TRASPORTO UNIPORTO perché trasporto un solo tipo di molecola, se la stessa molecola trasportatrice mi permette di spostare contemporaneamente due tipi di molecole diverse parlerò di CO-TRASPORTO, il co-trasporto può spostarmi le due molecole nello stesso verso, quindi tutte e due fuori o tutte e due dentro la cellula, si parla di SIMPORTO ovvero viaggiano insieme con la stessa destinazione, oppure un ANTIPORTO, in questo caso le due molecole che sposta il trasportatore hanno direzioni e destinazioni diverse, una la porta dentro e l’altra la porta fuori. Con i trasportatori noi possiamo avere a che fare sia con trasporti passivi come l’uniporto che è una semplice diffusione facilitata da dove la molecola è più concentrata a dove lo è meno, con i co-trasportatori ho a che fare con un trasporto attivo e mi posso muovere anche contro-gradiente. TRASPORTI ATTIVI I trasporti attivi li distinguiamo in trasporti attivi primari e trasporti attivi secondari. I trasporti attivi primari sono quelli garantiti dalle pompe ioniche che sono delle proteine trasportatrici capaci di spostare il soluto contro-gradiente di concentrazione e che per fare questo hanno bisogno di energia e che quindi funzionano idrolizzando ATP. C’è sempre un dispendio di energia, se non è sottoforma di ATP c’è consumo di qualche altra forma di energia in quanto è un trasporto attivo e necessita di energia. Con questi trasporti primari si spostano gli ioni in modo che abbiano concentrazioni diverse dentro e fuori dalla cellula, quindi si creano dei potenziali di membrana, si creano delle distribuzioni particolari di ioni fuori dalla cellula nel liquido extracellulare e dentro la cellula nel liquido intracellulare, la realizzazione e il mantenimento di questi potenziali diversi è fondamentale per tutta una serie di attività tra cui la contrazione delle cellule muscolari. Tra le pompe più famose la POMPA SODIO-POTASSIO presente in tutte le cellule che lavora di continuo per spostare da una parte all’altra gli ioni sodio e gli ioni

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