Decreto Ministeriale n. 43 del 24 febbraio 2021 PDF

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Summary

This Italian ministerial decree establishes national guidelines for educational services for children. It details the rationale and structure of these services, emphasizing the importance of collaboration with families and the professional development of educators. It outlines the rights and potentials of young children.

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m_pi.AOOGABMI.Registro Decreti.R.0000043.24-02-2022.h.10:29 Il Ministro dell’Istruzione Adozione degli “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia” di cui all’articolo 5, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 13 aprile 2...

m_pi.AOOGABMI.Registro Decreti.R.0000043.24-02-2022.h.10:29 Il Ministro dell’Istruzione Adozione degli “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia” di cui all’articolo 5, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 VISTI gli articoli 117 e 118 della Costituzione della Repubblica Italiana; VISTA la legge 6 dicembre 1971, n. 1044, recante “Piano quinquennale per l'istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato”; VISTA la legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”; VISTA la legge 10 marzo 2000, n. 62, recante “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione”; VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89, recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”; VISTO il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 16 novembre 2012, n. 254, concernente “Regolamento recante indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, a norma dell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89”; VISTA la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, e, in particolare, l’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e); VISTO il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, concernente l’istituzione del Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, e, in particolare, l’articolo 5, comma 1, lettera f) che prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca definisca gli orientamenti educativi nazionali per i servizi educativi per l’infanzia sulla base delle Linee guida pedagogiche proposte dalla Commissione di cui all’articolo 10, in coerenza con le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione; VISTO il decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, recante “Disposizioni urgenti per l'istituzione del Ministero dell'istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca”, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 12; 1 Il Ministro dell’Istruzione VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 settembre 2020, n. 166 recante “Regolamento concernente l’organizzazione del Ministero dell’istruzione”; VISTO il decreto del Ministro dell’istruzione 5 gennaio 2021, n. 6, recante “Individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale dell’amministrazione centrale del Ministero dell’istruzione”; VISTI il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 26 gennaio 2018, n. 48, recante “Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione”, il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 9 aprile 2019, n. 325, recante “Modifiche alla composizione della Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione”, il decreto del Ministro dell’istruzione 6 febbraio 2020, n. 55, recante “Modifiche alla composizione della Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione” e il decreto del Ministro dell’istruzione 6 agosto 2021, n. 258, recante “Ricostituzione della Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione” (d’ora in poi “Commissione”); VISTO il decreto del Ministro dell’istruzione 22 novembre 2021, n. 334, recante “Adozione delle “Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei” di cui all’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65”; VISTO il documento base degli Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia approvato dalla Commissione nella seduta del 10 novembre 2021; VISTA la nota ministeriale del 1° dicembre 2021, n. 29527, contenente informazioni sull’evento di presentazione del documento base degli Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia elaborato dalla Commissione e l’avvio di una campagna di consultazione pubblica; TENUTO CONTO degli incontri nazionali con le organizzazioni di settore convocati con le note ministeriali del 7 dicembre 2021, n. 30088, 9 dicembre 2021, n. 30345, 9 dicembre 2021, n. 30373, 22 dicembre 2021, n. 31471, 22 dicembre 2021, n. 31473, 22 dicembre 2021, n. 31478, 13 gennaio 2022, n. 860, 19 gennaio 2022, n. 1304, 21 gennaio 2022, n. 1510 e degli esiti della campagna di consultazione; VISTO il documento “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia” approvato all’unanimità dalla Commissione nella seduta del 2 febbraio 2022 e proposto al Ministro per l’adozione ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65; ACQUISITO il parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (d’ora in poi CSPI) formulato nella seduta plenaria n. 76 del 16 febbraio 2022; 2 Il Ministro dell’Istruzione RITENUTO di accogliere le richieste formulate dal CSPI che non appaiono in contrasto con le norme regolanti la procedura e che non limitano le prerogative dell’Amministrazione nella definizione dei criteri generali; DECRETA Articolo 1 Sono adottati gli Orientamenti educativi nazionali per i servizi educativi per l’infanzia, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, di seguito “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia”, come da Allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto. Tale documento viene trasmesso a tutti gli Uffici scolastici regionali, alle Istituzioni scolastiche del Sistema nazionale di istruzione, alle Regioni, all’Unione Province Italiane, alle Province autonome di Trento e Bolzano e all’Associazione Nazionale Comuni di Italia per la più ampia diffusione e promozione presso i servizi educativi e le scuole dell’infanzia. Articolo 2 Entro due anni dall’emanazione del presente decreto, la Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 può proporre al Ministro dell'istruzione eventuali modifiche o integrazioni agli Orientamenti nazionali per i servizi educativi adottati con il presente decreto. Articolo 3 Dal presente decreto non discendono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il presente decreto sarà inviato agli organi di controllo per gli adempimenti di competenza. Il Ministro dell’Istruzione Prof. Patrizio Bianchi Firmato digitalmente da BIANCHI PATRIZIO C=IT O=MINISTERO DELL'ISTRUZIONE Allegato 1 – Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia 3 Ministero dell’Istruzione ORIENTAMENTI NAZIONALI PER I SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA La Commissione nazionale che ha elaborato i presenti Orientamenti educativi è composta da: Susanna Mantovani (Presidente), Ilaria Antonini, Nadia Bazzano, Stefania Bigi, Anna Maria Bondioli, Paola Cagliari, Lorenzo Campioni, Cristina Casaschi, Laura Donà, Giovanni Faedi, Italo Fiorin, Gianluca Lombardo, Daniela Marrocchi, Sara Mele, Tullia Musatti, Miriam Pompilia Pepe, Rosa Seccia, Maria Rosa Silvestro. Hanno inoltre collaborato alla stesura Nadia Corsi, Laura Franceschini, Jessica Magrini, Arianna Pucci, Donatella Savio, Beatrice Serventi, Federica Taddei, Lara Vannini, Paola Vassuri, Francesca Zaninelli, Rosanna Zerbato. La Commissione ricorda Giancarlo Cerini, che ha contribuito all’impostazione del documento. 1 Indice Premessa p. 4 CAPITOLO 1 – I SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA: PATRIMONIO DEL PASSATO, PROSPETTIVE PER IL FUTURO 1. La specificità del percorso educativo da zero a tre anni p. 6 2. La nascita dei servizi educativi per l’infanzia in Italia p. 7 3. Lo sviluppo di una cultura educativa nei servizi per l’infanzia p. 8 4. Il significato dei servizi educativi per l’infanzia per i bambini e per le famiglie p. 9 5. I diversi tipi di servizi educativi per l’infanzia p. 10 6. Le istituzioni responsabili dei servizi educativi per l’infanzia p. 12 CAPITOLO 2 – DIRITTI E POTENZIALITÀ DEI BAMBINI 1. Dai bisogni ai diritti per sviluppare le potenzialità p. 14 2. L’orientamento alla relazione p. 14 3. Il desiderio di comunicare p. 16 4. L’affettività originaria p. 17 5. L’identità che ha origine nella corporeità p. 18 6. L’interesse per il mondo circostante p. 19 7. La propensione ad attribuire significati p. 20 8. L’attitudine al gioco p. 21 9. Un’espressività fatta di molteplici linguaggi p. 22 CAPITOLO 3 – L’ALLEANZA EDUCATIVA CON I GENITORI 1. Immagini reciproche p. 23 2. L’ambientamento p. 24 3. Servizi educativi e famiglia: gli strumenti per costruire la relazione p. 26 4. Dal singolo al gruppo: offrire una molteplicità di occasioni diverse p. 27 5. Costruire l’alleanza educativa nei centri per bambini e famiglie p. 28 6. Dalla relazione alla partecipazione p. 29 7. Il rapporto con il territorio e i servizi educativi come fattori di coesione sociale p. 29 CAPITOLO 4 – LA PROFESSIONALITÀ EDUCATIVA 1. Chi opera nei servizi educativi p. 30 2. Una professione riflessiva p. 32 Osservare e ascoltare Progettare Documentare Valutare 3. Lavorare con i bambini p. 35 Il gesto educativo di cura nel quotidiano Favorire la partecipazione dei bambini Sostenere i bambini nelle loro esperienze Riconoscere e sostenere la socialità Parlare con i bambini 4. Lavorare tra adulti p. 38 Comunicare con i genitori 2 Lavorare in gruppo Lavorare nella prospettiva della continuità Conoscere e agire sull’organizzazione CAPITOLO 5 – UN AMBIENTE ACCOGLIENTE E PROPOSITIVO 1. Un’accoglienza attrezzata: le condizioni fondamentali p. 40 2. Gli spazi p. 41 Gli aspetti architettonici L’organizzazione dello spazio interno ed esterno Gli arredi I materiali 3. I tempi p. 45 I tempi del servizio e i tempi dei bambini Preavvisare e desincronizzare La giornata e la quotidianità 4. Le esperienze educative p. 47 5. L’organizzazione della comunità educativa p. 47 CAPITOLO 6 – LA CONTINUITÀ NEL SISTEMA INTEGRATO ZEROSEI: FINALITÀ E CURRICOLO 1. Le finalità dei servizi educativi per l’infanzia p. 49 2. Il curricolo verticale zerosei p. 49 3. La progettualità p. 50 4. Le conquiste possibili p. 51 3 PREMESSA A 50 anni dalla Legge 6 dicembre 1971, n. 1044, che ha dato vita agli “asili nido comunali con il concorso dello Stato”, e a seguito dell’emanazione del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, che ha istituito il Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni, vengono qui proposti i primi Orientamenti educativi nazionali per i servizi educativi per l’infanzia. Gli Orientamenti sono ispirati dalle finalità di mettere in comune il patrimonio di esperienze e di conquiste di tanti anni, favorire un’ulteriore elaborazione di qualificate proposte educative per i bambini fino ai tre anni, delineare una prospettiva alla quale fare riferimento per il futuro. Gli Orientamenti completano il percorso che rende i servizi educativi per i più piccoli definitivamente agganciati al sistema nazionale di educazione e istruzione e alimentano, offrendo prospettive e strumenti educativi, la determinazione di rendere possibile l’accesso a un numero sempre più ampio di bambine e bambini tra zero e tre anni, senza barriere, a servizi di qualità. Possono essere uno strumento per tutti coloro che sono coinvolti, ogni giorno, nella promozione dei servizi educativi e per tutti coloro che lo saranno per la prima volta anche grazie alle nuove e significative risorse messe in campo. I soggetti istituzionali chiamati in causa sono molteplici - Enti locali, Regioni, Stato - e la governance è complessa; questo impone una collaborazione stretta e generosa: tutti sono chiamati al massimo della responsabilità, mettendo sempre al centro i bambini e i loro diritti. La Legge 1044/1971 ha generato esperienze radicate nella volontà di tante donne che aspiravano a una conciliazione possibile tra la loro identità di madri e quella di lavoratrici, dalla costante e propositiva partecipazione delle famiglie, dalla coerenza di ogni servizio educativo con la cultura e le tradizioni locali. A distanza di mezzo secolo, alla luce dell’articolazione più ricca dei servizi educativi per i bambini da zero a tre anni e della pluralità di soggetti gestori, questa storia va rivisitata e può essere arricchita condividendo i contributi più importanti del patrimonio italiano e internazionale della cultura dell’infanzia per offrire il meglio a tutti i bambini che vivono nel nostro Paese. Gli Orientamenti fanno riferimento ai valori della Costituzione italiana, della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e alle più recenti indicazioni della Commissione Europea. Il documento ripercorre le tappe fondamentali del processo di sviluppo dei nidi e degli altri servizi educativi per l’infanzia: dai diritti delle donne ai diritti di tutte le bambine e di tutti i bambini a luoghi pensati per loro, nei quali i loro genitori siano sempre benvenuti, ascoltati e coinvolti. Per garantire questi diritti sono necessari educatori preparati e consapevoli dell’importanza del loro ruolo, finalità condivise, ambienti inclusivi, ricchi e accoglienti, progetti educativi fondati sul protagonismo dei bambini e tali da consentire il dispiegarsi delle potenzialità di ciascuno. La preoccupazione per la salute, per le condizioni di vita quotidiana, per il benessere di tutti i bambini, insieme alla volontà di contrastare e prevenire la povertà educativa, è particolarmente viva. È dunque necessaria una riflessione culturale profonda e aperta che coinvolga chi opera nei servizi, i genitori, gli amministratori, i decisori politici, il mondo del lavoro. Sappiamo tutti che l’infanzia è un bene prezioso, tutti vorremmo che fosse custodito come tale. Il testo di questi Orientamenti non ha una struttura lineare, ma reticolare: i temi che riguardano l’infanzia e i suoi servizi, i saperi, le esperienze, le potenzialità dei bambini e le risposte degli adulti sono intrecciati nel testo con rimandi molteplici per ricostruire il panorama nel quale i servizi educativi si collocano, la progettazione delle esperienze educative e le conquiste possibili dei bambini, le condizioni per favorirle e orientarle, gli scambi con le famiglie. È stato costruito cercando una coerenza che permetta di rintracciare il filo rosso dei diritti e della ricerca della qualità. La Commissione ha lavorato intensamente e con una dialettica molto vivace, che si augura possa essere percepita, solleciti il dibattito e tenga vivo l’interesse per il sistema integrato zerosei. 4 Gli Orientamenti sono un documento aperto, che si confronterà con le sfide quotidiane della pratica nei servizi educativi che già esistono e in quelli che nasceranno, che si colloca in continuità e va letto in modo intrecciato con le Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei e aspira a un incontro tra la specificità del segmento zerotre e la coerenza con le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, come previsto dall’art. 10, comma1, lettera f) del D.lgs. 65/2017. Il testo è anche il frutto di un’ampia consultazione che ha permesso di verificare l’interesse e l’urgenza di vedere riconosciuto il contributo dei servizi educativi alla cultura dell’infanzia del nostro Paese e di cogliere le nuove sfide del nostro tempo. 5 CAPITOLO 1 I SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA: PATRIMONIO DEL PASSATO, PROSPETTIVE PER IL FUTURO La disponibilità dei servizi educativi di qualità tale da sostenere lo sviluppo di tutte le potenzialità delle bambine e dei bambini1 durante i primi tre anni è considerato un elemento di primaria importanza nel quadro delle politiche europee per il riconoscimento dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza quale leva per la prevenzione della povertà educativa. Le numerose esperienze educative realizzate nei nidi e negli altri servizi educativi per l’infanzia nel nostro Paese hanno mostrato la possibilità e la necessità di garantire questo diritto. La Legge 107/2015 e il D.lgs. 65/2017, con l’istituzione del sistema integrato dalla nascita ai sei anni, hanno riconosciuto il carattere educativo di tutti i luoghi che accolgono i bambini di quest’età, a complemento e in interazione con l’azione educativa del genitore, nella loro diversità di funzionamento e nella specificità della loro missione educativa. Hanno anche confermato la necessità di aumentare il numero e la diffusione sul territorio dei servizi educativi per l’infanzia e di costruire dei processi di continuità con l’esperienza successiva nella scuola dell’infanzia. 1. La specificità del percorso educativo da zero a tre anni Durante i primi mille giorni di vita si attua una rivoluzione meravigliosa, nel corso della quale i bambini acquisiscono il senso della propria identità, divengono sempre più autonomi nella gestione del proprio corpo e nella mobilità e sempre più competenti nel comunicare con gli altri, condividendo significati, e nell’esplorare il mondo circostante. È in questo periodo che i bambini apprendono ad apprendere. Queste competenze non si sviluppano con lo stesso ritmo per ogni bambino, in quanto si riscontrano differenze anche grandi tra i bambini nel momento e nelle modalità della loro comparsa: c’è il bambino che impara prima a muoversi autonomamente nello spazio e solo dopo diversi mesi a usare il linguaggio, c’è il bambino che per molto tempo si sposta gattonando e quello che preferisce farlo subito in posizione eretta, c’è il bambino che comprende e produce un numero ampio di parole ma le compone in una frase solo dopo alcuni mesi e il bambino che combina in una frase significativa le pochissime parole che ha appena appreso a usare. Alcuni bambini, poi, possono presentare situazioni quali problemi di salute2, disabilità cognitive o sensoriali, esperienze di povertà educativa, appartenenza a contesti sociali, storie personali o familiari particolari che possono influenzare lo sviluppo delle loro abilità e la maturazione delle diverse competenze. Il servizio educativo offre l’opportunità agli adulti di vedere bambini, anche nati a pochi giorni di distanza, che nello stesso contesto mostrano competenze diverse, si impegnano in attività che comportano riflessioni e abilità importanti, mentre ne trascurano altre. Responsabilità del servizio educativo per l’infanzia è accogliere e accompagnare la crescita dei bambini, affiancando e sostenendo la primaria responsabilità dei genitori di educare e crescere i figli3, riconoscendo e rispettando la varietà dei ritmi di sviluppo individuali così come lo sfasamento delle diverse acquisizioni nell’esperienza dello stesso bambino. Per i bambini vedere i propri coetanei interessati ad aspetti diversi del mondo, e diversamente competenti nel modo di entrarvi in rapporto, 1 Nel presente documento la Commissione Nazionale ha discusso a lungo, con diverse posizioni espresse dai componenti, su come utilizzare i termini di bambina/o, educatrice/educatore, coordinatrice/coordinatore al fine di non appesantire il testo. È stato deciso, in continuità con le Linee pedagogiche e con il linguaggio istituzionale e amministrativo collegato alla dimensione del profilo professionale, di utilizzare in prevalenza il genere grammaticale maschile per indicare tutte le persone che si incontrano all’interno dei servizi educativi indipendentemente dal genere. Si è ben consapevoli che la funzione educativa è svolta in realtà da una netta maggioranza di donne e si ritiene imprescindibile un intervento per aumentare in questo settore le presenze maschili in una logica di maggiore equilibrio di genere nelle professioni educative e di cura della prima infanzia. 2 Nel testo si fa propria la definizione di “salute” della Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Nuova York 22 luglio 1946: “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non consiste solo in un assenza di malattia o d’infermità”, 3 Vedi articoli 30 e 31 della Costituzione italiana e articoli 18 e 28 della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. 6 costituisce una grande opportunità per arricchire la propria esperienza e uno stimolo a intraprendere nuove avventure. Il veloce dispiegamento delle potenzialità dei bambini si attua all’interno di una condizione fisiologica ed emotiva che richiede una cura particolare da parte degli adulti, che devono possedere competenze culturali di base ed esperienze anche relative all'intervento con i bambini più vulnerabili, da aggiornare costantemente, per favorire condizioni contestuali adeguate e rispondenti alle diverse specificità e bisogni. L’intervento educativo in questo periodo si contraddistingue proprio per il particolare impegno nel coniugare la funzione di cura con il sostegno alle potenzialità di sviluppo dei bambini e delle bambine, nel dar risposta ai loro bisogni materiali ed emotivi mentre si promuove la loro socialità e il loro interesse a conoscere. Far sì che ciascuno di essi già nei primi tre anni di vita faccia un’esperienza sociale e di conoscenza di qualità che gli permetta di sviluppare compiutamente le sue potenzialità di apprendere come apprendere e come condividere conoscenze, emozioni e progetti con gli altri è l’importante missione del percorso educativo da zero a tre anni. È necessario calibrare organizzazione, pratiche e interventi educativi sulla necessità dei bambini di quest’età di essere sostenuti nel loro incessante percorso di scoperta del mondo che li circonda e nel riconoscere e utilizzare il patrimonio di significati e di simboli che lo caratterizzano. Accompagnare tutti i bambini e ciascuno di essi in questa impresa di scoperta, di apprendimento e di arricchimento culturale, tenendo presente al tempo stesso sia le caratteristiche di quest’età sia la complessità del mondo con cui essi si confrontano, è la dimensione fondamentale dell’intervento educativo nei servizi educativi per l’infanzia. Questa missione è ancora più importante e delicata nei confronti dei bambini con disabilità ai quali, al pari degli altri, devono essere garantite accoglienza4 e attivazione precoce di tutti gli interventi necessari a garantire le migliori condizioni possibili per il pieno sviluppo delle potenzialità. Gli interventi educativi precoci, infatti, insieme al rapporto fra pari, sono fondamentali per la crescita: potersi relazionare con personale adeguatamente preparato e con altri bambini rappresenta un valore aggiunto nel percorso verso la costruzione delle autonomie e verso lo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale5. Per queste ragioni, i servizi educativi per l’infanzia sono il primo fondamentale segmento del percorso di educazione e istruzione, nel quale si collocano in continuità di riflessioni e di proposte educative. 2. La nascita dei servizi educativi per l’infanzia in Italia In Italia, i primi servizi pubblici rivolti ai bambini sotto i tre anni sono stati costruiti alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, per iniziativa di alcune amministrazioni comunali più sensibili alle problematiche della conciliazione tra l’impegno della cura dei più piccoli e la partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Questi nuovi servizi si affiancavano all’offerta educativa per i bambini fra i tre e i sei anni, che aveva già ricevuto una forte espansione dall’istituzione nel 1968 della scuola materna statale, che andava ad aggiungersi alle scuole gestite dai Comuni e dall’associazionismo cattolico. Pochi anni dopo anche i servizi per i più piccoli hanno beneficiato di un intervento statale 4 Articolo 12, comma 1 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104: “Al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito l'inserimento negli asili nido”; articolo 13, comma 2: “gli enti locali e le unità sanitarie locali possono prevedere l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l'integrazione, nonché l'assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati”.. 5 La sentenza della Corte Costituzionale n. 467 del 22 novembre 2002 rileva: “Il servizio fornito dall'asilo nido non si riduce ad una funzione di sostegno alle famiglie nella cura dei figli o di mero supporto per facilitare l'accesso dei genitori al lavoro, ma comprende anche finalità formative, essendo rivolto a favorire l'espressione delle potenzialità cognitive, affettive e relazionali del bambino. […] Gli asili nido (sono) riconosciuti come "strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi e i tre anni ed a sostenere le famiglie e i genitori. […] La frequenza dell'asilo nido è un essenziale fattore per il "recupero" del bambino che si trovi nelle condizioni di disabilità […], nonché per il "superamento della sua emarginazione, in un complesso intreccio in cui ciascuno di tali elementi interagisce sull'altro e, se ha evoluzione positiva, può operare in funzione sinergica ai fini del complessivo sviluppo della personalità" (sentenza n. 215 del 1987)”. 7 perché il Parlamento, su impulso dei movimenti femminili e delle organizzazioni sindacali, con la Legge 1044/1971 ha istituito l’asilo nido comunale (andando anche a sostituire i precedenti istituti a carattere assistenziale dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, ONMI). Alcuni aspetti di questa legge hanno avuto importanti conseguenze sullo sviluppo successivo dei servizi educativi per l’infanzia nel nostro Paese e sulla definizione della loro identità culturale. Un’importante conseguenza è stato l’affidamento alle Regioni della distribuzione dei finanziamenti statali, integrati con propri investimenti, in base alle richieste avanzate dai Comuni e al di fuori di ogni programmazione nazionale. Negli anni successivi, il mancato rifinanziamento da parte dello Stato, il diverso dinamismo delle amministrazioni regionali e comunali, unitamente alla diversa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e alla diversa cultura sull’accudimento dei bambini nei vari territori, hanno creato una disomogenea presenza dei servizi educativi per l’infanzia nel nostro Paese. Questa disparità nelle opportunità di accesso a un servizio educativo è oggi al centro del dibattito attorno al diritto di tutti i bambini a un’educazione di qualità fin dalla nascita. Un altro elemento importante è stata la regolamentazione del rapporto dei nidi con le famiglie e il territorio, istituendo la gestione sociale dei servizi, secondo la quale le famiglie e le rappresentanze delle formazioni sociali del territorio dovevano poter partecipare alla loro gestione. Fin dall’istituzione dei nidi, dunque, venivano gettate le basi per un’esperienza culturale innovativa nell’educazione della prima infanzia, che coniugava la risposta ai bisogni delle famiglie con un servizio rivolto all’educazione dei bambini e inserito nella vita sociale e culturale del territorio. 3. Lo sviluppo di una cultura educativa nei servizi per l’infanzia I nuovi nidi comunali trovavano rari riferimenti nella cultura pedagogica tradizionale6 e rifiutavano l’impostazione esclusivamente igienico-sanitaria dell’ONMI. Si era consapevoli che il nido non potesse essere una replica del contesto familiare, né tantomeno appariva ragionevole ispirarsi a modelli scolastici volti soprattutto a stimolare apprendimenti specifici. Era, invece, evidente che per offrire ai bambini più piccoli un luogo di vita quotidiana serena, che tenesse conto delle loro esigenze emotive e materiali, dei loro interessi e del dinamico sviluppo delle loro competenze, bisognava entrare in relazione con le famiglie in modo inedito, costruire un nuovo contesto organizzativo ed elaborare nuove pratiche e nuove riflessioni. Questo impegno ha trovato occasione di realizzarsi nei percorsi di formazione in servizio che molte amministrazioni locali hanno garantito con continuità agli educatori e a tutto il personale dei nidi. In questo processo di elaborazione della riflessione educativa sulla prima infanzia è stato importante l’incontro con una nuova generazione di ricercatori e docenti universitari che si accostavano in quegli anni all’analisi dei processi di sviluppo dei bambini nei primi anni di vita. L’incontro tra preoccupazioni educative e interessi di ricerca scientifica è stato particolarmente fertile perché non poteva basarsi su indicazioni pedagogiche già consolidate e, quindi, ha coinvolto ricercatori e operatori dell’asilo nido assieme nell’osservazione e nell’interpretazione dei comportamenti, attività e bisogni espressi dai bambini e nella riflessione su come darvi risposta. Ancor oggi la cultura dell’infanzia maturata nel nostro Paese non si presenta come un insieme di saperi codificati, ma mantiene la caratteristica dinamica del dibattito svolto in stretta sinergia tra mondo dei servizi educativi e mondo della ricerca e delle università. Oggi è prevista una formazione di base universitaria per gli educatori e rimane un largo consenso sul fatto che le iniziative di formazione continua in servizio non abbiano la funzione di trasmettere contenuti disciplinari o specifiche strategie didattiche, ma debbano piuttosto offrire occasione agli operatori di riflettere sulla loro azione educativa, a partire dall’osservazione e dall’analisi dei comportamenti e delle attività dei bambini, e di nutrire costantemente il loro bagaglio culturale personale. 6 Ad esempio, nel 1947 la Scuola Assistenti Infanzia dell’educatrice montessoriana Adele Costa Gnocchi 8 Lo stretto rapporto dei nidi con il territorio di appartenenza ha fatto sì che il pensiero pedagogico sull’educazione della prima infanzia abbia conosciuto diversi approfondimenti nei vari territori. Sono oggi disponibili molti documenti elaborati dalle amministrazioni comunali o regionali per offrire un quadro pedagogico articolato e orientare le pratiche nei servizi. Un ulteriore stimolo a delineare le linee teoriche e le pratiche educative è venuto dall’obbligo per i gestori di un servizio rivolto alla cittadinanza (e quindi anche di un servizio educativo per l’infanzia) di redigere una Carta dei servizi in cui vengono comunicate le modalità e gli standard di qualità che intendono garantire. In molti casi questi documenti sono stati arricchiti con riflessioni approfondite attorno alla qualità educativa del servizio. Si è così costituito un ricco patrimonio documentale che non solo ha disegnato nel dettaglio molti aspetti dell’operatività del servizio, ma anche ha messo in evidenza la varietà delle pratiche che possono esprimere la sua qualità. Dalla lettura di questi documenti emergono alcuni elementi comuni che connotano la qualità dei servizi educativi per l’infanzia nel nostro Paese. Innanzitutto, il rispetto del protagonismo di tutti gli attori coinvolti: bambini, genitori, educatori. Si riconosce l’importanza di leggere l’esperienza che i bambini fanno nei servizi educativi dalla loro prospettiva; l’espressione “guardare con gli occhi dei bambini”, risuonata spesso nei dibattiti e nei documenti, intende comunicare proprio che è l’osservazione di come i bambini vivono e comprendono l’esperienza che deve guidare l’intervento educativo. Vengono molto valorizzati anche il coinvolgimento dei genitori e la costruzione di un’alleanza educativa con loro e l’apertura alla comunità territoriale. E si insiste sulla necessità che gli educatori acquisiscano una professionalità specifica, capace di riflettere sulla propria pratica, di valutarla e innovarla di continuo. Emerge una concezione della qualità del servizio educativo da rielaborare continuamente a contatto con l’esperienza realizzata e nel confronto tra tutti gli attori, educatori, genitori e comunità territoriale. La cultura educativa maturata in Italia nelle varie esperienze dei territori ha trovato ampia diffusione in tutta Europa andando ad alimentare un dibattito culturale che, progressivamente, ha portato al riconoscimento del ruolo dell’educazione e cura della prima infanzia nel promuovere l’apprendimento, il benessere e lo sviluppo di tutti i bambini, con particolare riguardo per coloro che provengono da contesti svantaggiati. Numerosi sono i documenti europei che, nel sottolineare come i primi anni di vita sono i più formativi, poiché pongono le basi per il loro sviluppo lungo tutto l’arco della vita, richiamano il diritto di tutti i bambini all’educazione e cura della prima infanzia a costi sostenibili e di buona qualità7. Basandosi sulla ricerca scientifica e sulle buone pratiche degli Stati membri dell’Unione europea8, si è affermato un approccio europeo ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia ispirato al principio del protagonismo del bambino e al suo coinvolgimento attivo attraverso il gioco, l’esperienza, le relazioni, nonché all’importanza della partecipazione delle famiglie come partner nei servizi educativi. 4. Il significato dei servizi educativi per l’infanzia per i bambini e per le famiglie La Legge 107/2015 e il D.lgs. 65/2017 hanno confermato il nuovo significato che oggi deve essere attribuito ai servizi che accolgono i bambini sotto i tre anni. Facendo tesoro dell’esperienza maturata nei servizi e anche delle richieste espresse da molte famiglie, la nuova normativa ha ribadito il carattere educativo di questi servizi e cioè che ogni servizio che accoglie i bambini nei primi anni di vita debba garantire loro la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità di relazione, autonomia, creatività e apprendimento. Per assolvere questo impegno educativo è necessario aver consapevolezza di che cosa significhi la frequenza di un servizio per l’infanzia nella vita di un bambino piccolo, quali profonde trasformazioni 7 Il Pilastro europeo dei diritti sociali (Doc. 13129/17), Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea, Commissione europea, novembre 2017, art. 11 “Assistenza all’infanzia e sostegno ai minori”: a. I bambini hanno diritto all’educazione e cura della prima infanzia a costi sostenibili e di buona qualità. 8 Raccomandazione del Consiglio europeo del 22 maggio 2019 9 siano introdotte nel suo mondo relazionale ed esperienziale. Per la maggioranza dei bambini, oggi, l’ingresso in un servizio educativo per l’infanzia, quando i genitori compiono questa scelta, costituisce il primo incontro con un contesto fisico e sociale diverso dall’ambiente familiare, primo nucleo di rapporti affettivi: un mondo nuovo da scoprire e comprendere, nuove relazioni da costruire con altri adulti e con altri bambini piccoli, con cui, se figli unici, spesso non hanno ancora avuto alcun contatto. Nel servizio educativo i bambini trovano nuove occasioni per sviluppare le proprie potenzialità nell’apprendere, per conquistare la propria autonomia, per controllare le proprie pulsioni. Non va dimenticato, tuttavia, che i bambini devono anche riuscire a collocare la nuova esperienza nel complesso della loro vita quotidiana, mettendo in relazione in modo significativo e armonioso il mondo del servizio educativo con il proprio mondo familiare. L’impegno prioritario dei servizi educativi è nei confronti dei bambini, ma deve essere declinato considerando anche il significato che essi rivestono per le loro famiglie. La disponibilità di un servizio di buona qualità, cui affidare con fiducia il proprio bambino, è, oggi come ieri, un elemento fondamentale per garantire alle donne la possibilità di riprendere o intraprendere un’attività lavorativa dopo essere diventate madri. È, quindi, un importante strumento per raggiungere la parità di genere ed elevare le condizioni economiche delle famiglie. Tra i genitori si è diffusa anche la consapevolezza di ciò che il servizio educativo per l’infanzia può offrire ai propri bambini in termini di opportunità educative e di socializzazione. E nella condivisione della cura e dell’educazione del bambino con gli educatori e nell’incontro con altri genitori, molte madri e molti padri possono maturare nuove riflessioni anche sul proprio ruolo educativo. Oggi, dunque, il servizio per l’infanzia costituisce un’importante tappa nell’elaborazione della funzione genitoriale e un’opportunità di scambio e confronto tra persone che stanno attraversando la stessa esperienza di vita. 5. I diversi tipi di servizi educativi per l’infanzia Oggi sono disponibili per i bambini sotto i tre anni servizi educativi per l’infanzia che declinano la cura e l’educazione dei piccoli e la risposta ai bisogni delle famiglie con modalità organizzative e di intervento diverse (D.lgs. 65/2017, art. 2, comma 3). Il nido viene presentato finalmente senza essere accompagnato dal termine “asilo”, che suona evocativo di un servizio rivolto all’assistenza di persone in difficoltà. Nel nido, o micronido, di dimensioni più ridotte, l’impegno educativo nei confronti dei bambini a partire dai tre mesi di età garantisce il loro benessere e il sostegno al loro sviluppo in tutti i suoi aspetti. Vengono sottolineate le dimensioni fondamentali dell’intervento educativo, che non si sostituisce ma si armonizza con quello delle famiglie e si configura come la prima tappa di un percorso che proseguirà nella scuola dell’infanzia. Inoltre, anche se i nidi possono avere diversi orari di funzionamento e modalità organizzative, tutti offrono ai bambini un’esperienza di vita quotidiana complessiva, che è anche scandita dai loro ritmi fisiologici, dai momenti dei pasti e del riposo. Per ampliare l’offerta educativa a partire dai due anni, quando la domanda delle famiglie di garantire ai bambini un’esperienza di socialità e apprendimento fuori dal contesto familiare si fa particolarmente pressante, è stata istituita già da molti anni la sezione primavera (Legge 296/2006, art. 1, comma 630), anche per contrastare l’ingresso anticipato nella scuola dell’infanzia, dove contesto, ambiente e progettualità sono adeguati ad accogliere i bambini dai tre ai sei anni. Nella sezione primavera l’intervento di cura e educazione è calibrato su tempi e stili di sviluppo dei bambini nel terzo anno di vita. In questo periodo si assiste a una vera e propria esplosione delle loro competenze espressive e comunicative e dei loro interessi nei confronti delle persone e del mondo materiale e simbolico che li circonda. Integrano l’offerta educativa altri servizi educativi che le famiglie possono scegliere sulla base di opzioni culturali o di esigenze organizzative diverse. Tra questi servizi integrativi ci sono gli spazi gioco, che offrono ai bambini a partire dai dodici mesi di età un’esperienza educativa e di socialità connotata soprattutto dalla dimensione ludica e da un ridotto tempo quotidiano e/o settimanale, 10 senza presa in carico del pranzo né del successivo riposo. Questi servizi, quindi, si inseriscono nell’organizzazione familiare e nell’esperienza quotidiana del bambino in modo diverso dal nido o dalla sezione primavera, ma sollecitano altrettanta attenzione educativa per accompagnare lo sviluppo delle sue competenze e per garantire la serena transizione dall’uno all’altro dei suoi mondi. Questa transizione è proposta ancora in altra forma dai centri per bambini e famiglie, che accolgono per momenti di gioco e di socialità bambini insieme a un adulto familiare. Questi servizi sono organizzati secondo modalità che possono variare da un luogo all’altro, ma sono perlopiù molto flessibili, facilmente accessibili e non prevedono una presa in carico complessiva dei bisogni di cura dei bambini. Per i bambini questa può essere la prima occasione di un rapporto con altri coetanei in uno spazio curato, accogliente e con materiali a loro destinati, e altrettanto importante è l’opportunità che viene offerta ai genitori di osservare le reazioni del proprio figlio nel nuovo contesto e di entrare in contatto con gli stili educativi e i modi diversi di interagire con i bambini degli educatori e degli altri genitori presenti. Un’uscita, quindi, fuori dall’ambiente domestico che adulto e bambino realizzano insieme e che costituisce un passaggio, sempre emozionante ma attuato con particolare lievità, a un mondo di socialità tra pari di cui entrambi fanno esperienza. Sono questi gli unici servizi che accolgono i bambini fin dai primi giorni di vita, a volte in spazi di accoglienza riservati, dove vengono tutelati i bisogni specifici dei neonati e viene proposto a mamme e papà un luogo di ascolto e confronto attorno alle prime fasi dell’esperienza genitoriale. Questi servizi svolgono anche l’importante compito di far conoscere il sistema dei servizi educativi, orientando i genitori nelle loro scelte e, più in generale, informandoli delle opportunità per l’infanzia presenti nel territorio (biblioteche, teatri, servizi sanitari e sociali…). Ancora diversa è l’offerta dei servizi educativi in contesto domiciliare, nei quali un educatore accoglie in modo continuativo alcuni bambini presso il proprio domicilio. In questi servizi si rivela particolarmente importante la condivisione delle modalità di cura e delle prospettive educative tra l’educatore e la famiglia. Anche questi servizi, come gli altri servizi educativi, devono rispettare specifici requisiti organizzativi, non ultimo quello relativo alla professionalità dell’educatore. Così come l’esperienza dei bambini e quella dei loro genitori è diversa nei diversi tipi di servizio educativo per l’infanzia, varia anche il ruolo che gli educatori si trovano a svolgervi. Saper declinare il proprio intervento secondo le specificità di ogni servizio è una dimensione fondamentale della professionalità educativa per la prima infanzia. Il diverso modo con cui i vari tipi di servizio accolgono bambini e genitori esprime comunque la stessa intenzione di accompagnarli nella loro avventura durante i primi mille giorni. Non è perciò insolito il passaggio successivo delle famiglie dall’uno all’altro servizio sulla base di nuove esigenze organizzative dei genitori o anche della maturazione di una diversa consapevolezza dei bisogni del bambino o del proprio ruolo. Anche per questo, ma non solo per questo, è estremamente importante che i diversi servizi siano messi in relazione all’interno di una rete sul territorio. La connessione tra i servizi è facilitata quando essi sono aggregati in un Polo per l’infanzia all’interno di uno stesso edificio o in edifici vicini assieme a sezioni di scuola per l’infanzia. Questa proposta, che è realizzata in molte situazioni da diversi anni, trova oggi un particolare incoraggiamento perché, come evidenziato nel documento Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, vi si individua uno strumento organizzativo per consolidare la continuità del percorso educativo per l’infanzia e per consentire nuove sperimentazioni. L’inserimento di più servizi educativi in un Polo offre nuove occasioni a tutti e tre i protagonisti del mondo educativo: bambini, genitori, educatori. Ai bambini è facilitata la transizione al successivo percorso educativo da tre ai sei anni o anche il passaggio dall’esperienza in un tipo di servizio educativo a un altro, come spesso avviene da un servizio integrativo a un nido o a una sezione primavera; i genitori vi possono trovare un aiuto per orientarsi nelle scelte relative al percorso educativo e scolastico dei bambini e un punto di aggregazione comunitario continuativo negli anni. Infine, per gli educatori il Polo può costituire un’opportunità di riflessione e confronto attorno alle diverse sfaccettature del fare educazione con i più piccoli. 11 6. Le istituzioni responsabili dei servizi educativi per l’infanzia Estendere la diffusione dei servizi per l’infanzia in tutto il territorio nazionale e garantire la loro buona qualità è un impegno cui sono chiamati tutti i livelli istituzionali. Il Presidente del Consiglio ha funzioni di indirizzo e coordinamento delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza mediante il Dipartimento per le politiche della famiglia, che promuove e finanzia attività volte al benessere di bambini e ragazzi e offre alle famiglie contributi economici per sostenere la frequenza di servizi educativi9. Al Ministero dell’Istruzione continua ad essere affidato il compito precipuo di indirizzare, coordinare e promuovere la progressiva ed equa estensione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni su tutto il territorio nazionale10. Il quadro della governance del sistema integrato, di cui i servizi educativi fanno parte, è stato definito nel D.lgs. 65/2017 e prevede che il sistema integrato sia programmato, realizzato e qualificato con il concorso dei diversi livelli di governo, dallo Stato alla Regione all’Ente locale, ciascuno dei quali si vede affidate competenze specifiche da svolgersi in sinergia e con spirito di collaborazione 11. Tale quadro è stato presentato estesamente nelle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, ma è utile qui riassumere i punti che riguardano specificamente i servizi che accolgono i bambini sotto i tre anni. Per quanto riguarda in particolare i servizi educativi per l’infanzia, aumentare l’offerta, appianare le differenze nella loro diffusione territoriale e agevolare la frequenza sono obiettivi strategici per realizzare il sistema integrato. Viene, inoltre, previsto il superamento della condizione di servizio a domanda individuale, che ancor oggi connota l’offerta educativa per i bambini sotto i tre anni, al fine di un pieno riconoscimento del diritto all’educazione fin dalla nascita. Per realizzare questi obiettivi e per la promozione della qualità dei servizi, lo Stato predispone periodicamente un Piano di azione nazionale pluriennale sulla base del quale eroga ai Comuni finanziamenti dedicati, da utilizzare per costruire o ristrutturare nuovi servizi, sostenerne i costi di gestione, anche nella prospettiva di ridurre la contribuzione a carico delle famiglie, e promuoverne la qualità mediante la formazione continua in servizio e il coordinamento pedagogico territoriale. Allo Stato compete anche la responsabilità di istituire, in collaborazione con le amministrazioni regionali e comunali, un sistema informativo nazionale relativo a presenza, caratteristiche organizzative e capienza di tutti i servizi educativi per l’infanzia. Le Regioni sono chiamate a programmare e cofinanziare lo sviluppo di tutto il sistema integrato sul loro territorio, e quindi anche l’estensione dei servizi educativi per l’infanzia nelle loro diverse tipologie, e a sostenerne la qualità, progettando il supporto alla professionalità degli operatori e promuovendo l’istituzione di coordinamenti pedagogici territoriali d'intesa con gli Uffici scolastici regionali e le rappresentanze degli Enti locali. Per quanto riguarda i servizi educativi per l’infanzia, le Regioni hanno lo specifico compito di definire i requisiti strutturali e organizzativi per ciascuna tipologia di servizio e disciplinare le attività, svolte dall’Ente locale, di autorizzazione al funzionamento, vigilanza e accreditamento. Nel dibattito che si è attivato anche a livello istituzionale attorno ai costi della possibile estensione territoriale dei servizi educativi per l’infanzia si avverte sempre più l’urgenza che in un confronto tra le Regioni si possano rendere omogenei i requisiti che più incidono sulla determinazione dei costi di costruzione e gestione dei servizi. I Comuni hanno un ruolo di protagonista nel governare l’offerta educativa per i bambini sotto i tre anni nel loro territorio. L’Ente locale, infatti, non solo costruisce e gestisce direttamente o indirettamente servizi educativi per l’infanzia e provvede al sostegno costante alla loro qualità mediante l’organizzazione di iniziative formative e l’attività dei coordinatori pedagogici responsabili 9 D-L 12 luglio 2018, n. 86 (convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 97), articolo 3 10 Legge 107/2015, articolo 1, comma 181, lettera e) e decreto legislativo 65/2017 articolo 1, comma 4 11 D.lgs. 65/2017, articoli 5, 6 e 7 12 per tali servizi, ma ha anche il compito di autorizzare e accreditare quelli gestiti da soggetti privati, sulla base dei requisiti indicati dalla Regione, e di monitorare e verificare il funzionamento di tutti i servizi educativi per l'infanzia presenti nel proprio territorio. Si tratta di un compito particolarmente importante poiché all’aumento della domanda delle famiglie ha corrisposto la crescente presenza dell’iniziativa privata - soprattutto organismi del terzo settore, in collaborazione con l’amministrazione pubblica o in autonomia -, che costituisce oggi quasi la metà dell’offerta complessiva di servizi educativi per l’infanzia. Questo ampliamento e diversificazione dell’offerta ha rappresentato anche un rilevante arricchimento della riflessione dentro e attorno i servizi, soprattutto quando ciò ha potuto svilupparsi in un confronto continuativo tra tutti i servizi pubblici e privati. È, inoltre, precipua responsabilità dell’Ente locale attivare il coordinamento pedagogico territoriale che, coinvolgendo i servizi educativi e le scuole dell’infanzia presenti sul territorio, promuova occasioni di scambio di esperienze e riflessioni, iniziative di formazione congiunta e la creazione di relazioni strutturate. 13 CAPITOLO 2 DIRITTI E POTENZIALITÀ DEI BAMBINI Ciascun bambino è un soggetto unico e irripetibile, con una propria relazione col mondo ed una storia personale che prende forma nel contesto familiare e, a partire da esso, nell’ambiente sociale. I bambini sono portatori di diritti universali e di diritti specifici, in particolare di quello ad un’educazione di qualità fin dalla nascita. I servizi educativi per l’infanzia, accanto al ruolo primario della famiglia, rappresentano una risorsa fondamentale per i diritti dei bambini. 1. Dai bisogni ai diritti per sviluppare le potenzialità I bambini hanno diritto al rispetto, ad essere visti come persone e valorizzati ognuno nella propria particolarità e unicità, al di là di qualsiasi idea uniforme e stereotipata. Tale diritto accoglie e valorizza tutte le caratteristiche individuali, comprese quelle legate alla provenienza geografica, al contesto economico, sociale, culturale di appartenenza o alle condizioni di salute. I bambini hanno diritto alle medesime condizioni di partenza, in termini di eque opportunità di accesso e di piena fruizione dei servizi educativi per l’infanzia12. I bambini hanno diritto a essere sostenuti nei loro percorsi di crescita da figure adeguatamente preparate e in ambienti accoglienti e propositivi, capaci di allargare l’esperienza e promuovere le potenzialità di ciascuno. I bambini hanno diritto a cure attente e sensibili che possano sostenere il senso di fiducia verso il mondo e verso sé stessi. Si tratta del diritto ad un ambiente che comunica loro che si possono fidare e che sono accolti e valorizzati così come sono, condizione fondamentale per la costruzione del senso di autostima. I bambini hanno diritto di esprimersi, di essere ascoltati, di essere protagonisti nella determinazione dei propri percorsi di apprendimento. Un diritto che esige attenzione per la voce dei bambini, nei modi sottili in cui essa si manifesta attraverso il corpo, i gesti, lo sguardo, il silenzio e la comunicazione non verbale, il gioco, e che richiede che tale voce venga tenuta presente nel dialogo attraverso cui si definiscono contesti ed esperienze di apprendimento. I bambini hanno diritto di stare con altri bambini e di partecipare alla vita di una comunità infantile, dove lo sviluppo trova alimento e stimolo nell’incontro, nella relazione e nello scambio tra coetanei. Infine, i bambini hanno diritto, pur nei differenti e personali percorsi di crescita, di veder riconosciute le particolarità del loro momento evolutivo. I bambini hanno diritto ad ambienti interni ed esterni sicuri, stimolanti, belli e ricchi di opportunità. Ogni bambino ha i suoi tempi e i suoi modi di crescere e le indicazioni generali sono semplicemente riferimenti possibili per progettare relazioni e contesti educativi capaci di sintonizzarsi con le inclinazioni e le esigenze peculiari di ognuno, di qualsiasi natura esse siano. Un ambiente inclusivo non può far parti eguali tra diseguali e pertanto risulta in ogni caso necessario, in questa delicata fascia di età, modulare modalità di accoglienza, relazioni, contesti e occasioni di esplorazione, scoperta e apprendimento. 2. L’orientamento alla relazione La costruzione di legami significativi, prima in famiglia e poi, via via, attraverso l’ampliamento dei rapporti con altre figure e in altri contesti, costituisce per i bambini il punto di partenza e al contempo di approdo della crescita e dello sviluppo dell’identità. Il bambino scopre chi è e si spalanca fiducioso al suo incontro con la realtà solo in un rapporto di riconoscimento certo, solido 12 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (articolo 3 della Costituzione italiana). 14 e aperto. Bambine e bambini fin dai primi giorni di vita mettono in atto strategie interattive: la preferenza per il viso umano, le prime forme di imitazione e di conversazione ne sono un chiaro esempio. È proprio nella relazione stabile, significativa, capace di cura che i bambini scoprono un’affidabilità di legami che costituisce la matrice essenziale ed irrinunciabile per procedere nella scoperta di sé e del mondo, la base sicura dalla quale possono partire lo slancio e la naturale apertura verso gli altri. Per questo va data attenzione a quella importante “transizione ecologica” denominata ambientamento, tradizione dei servizi educativi per l’infanzia che ha generato una ricca riflessione. Il primo incontro con il nido e altri servizi è un momento delicato e importante. Si tratta per molti bambini di un primo distacco, seppur temporaneo, dalle figure di attaccamento primario che può scatenare il timore dell’abbandono e ridurre la disponibilità ad esplorare e accostarsi ad una realtà nuova, attraente ma, proprio per la sua novità, anche fonte di ansia. La creazione di un clima di fiducia tra educatori, bambino e suoi accompagnatori aiuta a fugare gli iniziali timori, invita a esplorare il nuovo ambiente e consente gradualmente di godere delle sue attrattive relazionali e ludiche. Un bambino che inizia a frequentare un servizio educativo si confronta con un contesto sociale, un ambiente, adulti nuovi e diversi e altri bambini che dovrà imparare a conoscere. Per molti, infatti, il servizio educativo per l’infanzia costituisce la prima opportunità di entrare in contatto con coetanei in modo prolungato e ripetuto, in un contesto predisposto per l’incontro. Ha bisogno di tempo e di una presenza discreta da parte dell’adulto che lo accompagna e che lo sostiene nell’affrontare questa esperienza, trasmettendogli fiducia. I bambini hanno anche un interesse sempre più pronunciato per gli altri bambini. I bambini, anche molto piccoli, mostrano una spiccata attenzione per l’altro bambino, un desiderio intenso di osservarlo, sorridergli, toccarlo, esplorarlo, intuiscono che è un essere simile a loro, che condivide simili interessi, desideri, emozioni e la stessa forte inclinazione al gioco. Nei primi tempi della frequenza l’interesse per gli altri bambini può manifestarsi in un ritrarsi dal contatto diretto per osservarli e per osservare e comprendere il nuovo ambiente sociale. Viceversa, è possibile vedere come i bambini già ambientati possano cogliere il disorientamento del nuovo venuto e si prodighino per accoglierlo. Questi comportamenti di mutuo aiuto si possono osservare anche in altri momenti di difficoltà del compagno, nei modi e nelle forme compatibili con le reciproche età (piccole carezze, sorrisi, offerta di oggetti o un aiuto nel mettersi le scarpe). Anche la conflittualità, ad esempio lo scontro per il possesso degli oggetti, è un aspetto comune nei rapporti tra bambini, specie in una situazione di comunità che richiede di fare i conti con esigenze e punti di vista diversi, in un momento evolutivo in cui prevale la centratura sulle proprie esigenze e i propri punti di vista. La conflittualità, quando viene affrontata con delicatezza e competenza dall’adulto, evolve in una dimensione relazionale positiva che esprime energia vitale, promuovendo da una parte affermazione di sé, assertività e costruzione della propria identità, dall’altra il progressivo riconoscimento delle prospettive altrui e l’avvio dei primi processi di negoziazione. Nel tempo i bambini possono mostrare preferenza per un bambino o una bambina in particolare, con cui si ritrovano più spesso a condividere giochi o esplorazioni. Queste relazioni privilegiate possono essere vissute con grande intensità, anche quando sono di breve durata. Le attività degli altri bambini non sono solo fonte di grande interesse, ma costituiscono anche un potente motore di riflessione. L’esplorazione di un oggetto da parte di un coetaneo richiama sempre l’attenzione e spesso induce il bambino che osserva a desiderare il medesimo oggetto e a replicare l’azione o a modificarla utilizzando altri oggetti. Questo prendere ispirazione dall’altro si svolge anche a distanza e in momenti successivi e contribuisce a costruire un patrimonio di conoscenze comuni tra i bambini. Quando il “fare come te” è riconosciuto esplicitamente da sorrisi, gesti o espressioni verbali, esso spesso si trasforma in un “fare insieme”: i bambini replicano la stessa azione contemporaneamente. Nel servizio educativo si osservano frequentemente piccoli gruppi di 15 bambini sviluppare di loro iniziativa azioni di gioco coordinate, che si possono ripetere più volte, anche in giornate e momenti diversi. Nel tempo le azioni parallele, o semplicemente coordinate, si sviluppano in vere e proprie attività collaborative o rituali di gioco collettivi. In questi casi sono evidenti sia il grande impegno cognitivo dei bambini nel coordinare le attività, nell’eseguirle con precisione o nel riferirsi a un mondo immaginario comune, sia il loro grande piacere nel condividere la dimensione ludica. Nel servizio educativo, insomma, tra bambini e bambine fiorisce una vita sociale e relazionale intensa, ricca di emozioni e di opportunità di apprendimento: sta all’intervento educativo e a un’opportuna organizzazione del contesto e delle proposte educative renderla possibile e orientarla verso un suo sviluppo armonioso. 3. Il desiderio di comunicare I bambini hanno, fin dalla nascita, una spiccata necessità di comunicare. Il pianto e i primi vocalizzi assumono da subito una valenza espressiva quando i bambini se ne avvalgono per richiamare l’attenzione sui propri bisogni corporei e interagire. La relazione adulto e bambino che si attiva a partire dai primissimi giorni di vita si esprime come una vera e propria sincronia interattiva per mezzo di vocalizzazioni, espressioni facciali e gestualità ad esse strettamente connesse, e questo scambio è determinante per porre le basi del benessere psico-fisico del bambino. Anche sul piano affettivo la richiesta di contatto, vicinanza, sicurezza e benessere, che gli adulti soddisfano mediante la carezza, il prendere in braccio, la voce, lo sguardo, le cure e i primi giochi, si manifesta tramite segnali verbali e non verbali. È proprio nelle relazioni adulto e bambino, centrate sullo scambio di sorrisi e vocalizzi, di gesti, di sguardi e contatti con attese e risposte reciproche, che si pongono le basi per l’acquisizione del linguaggio, conquista fondamentale e strategica di questi primi anni di vita. Lo sviluppo del linguaggio si attiva secondo un processo di apprendimento che utilizza parametri del tutto musicali: di timbro, di volume, di altezza, ritmo e durata, di forma. Per questo è fondamentale che il bambino sperimenti le possibilità dell’apparato fonatorio, che usi la voce in senso informale, che canti in maniera naturale, che produca “effetti sonori”, guidato da figure di riferimento che hanno questa attenzione, questa sensibilità e consapevolezza verso il mondo sonoro, che sappiano favorire e sostenere la loro musicalità innata senza preconcetti o condizionamenti. Il bambino sperimenta un ruolo di interlocutore per l’adulto ancor prima di comprendere e utilizzare il linguaggio verbale: ne è un chiaro esempio il gioco del cucù, in cui ogni piccolo, facendo suo lo schema del nascondersi e riapparire, vive il piacere di essere riconosciuto e riconoscere. All’interno di contesti relazionali conosciuti e vissuti come positivi, con routine prevedibili, ogni bambino esercita e sviluppa il suo modo di comunicare, arricchendolo attraverso gesti apparentemente semplici, come il mostrare, il richiedere e, principalmente, l’indicare, anche alternando lo sguardo tra l’oggetto di interesse e l’adulto con cui interagisce; un adulto che, nel condividere lo sguardo, esprime partecipazione e complicità emotiva, utilizza parole che descrivono, ampliano, spiegano, talvolta anticipano quanto il bambino non è ancora in grado di produrre. Motivati a comunicare con persone interessate e disponibili alla relazione, i bambini, prima e insieme alla parola, sperimentano l’imitazione e l’utilizzo di nuovi gesti che rappresentano aspetti della realtà consueti, come portare la mano alla bocca per dire “bere”, appoggiare il viso al palmo della mano per indicare il dormire, aprire e chiudere la mano per “ciao”, gesti che via via vengono usati con minor frequenza quando il vocabolario aumenta in quantità e qualità. Le prime parole, che compaiono intorno al secondo anno di vita, non solo forniscono un ulteriore strumento di comunicazione, ma svolgono anche funzioni con conseguenze cruciali sullo sviluppo. La parola permette di evocare qualcosa che non c’è o non c’è più (nel buio, al momento dell’addormentamento, la parola sussurrata “mamma” rievoca la persona cara e lenisce la solitudine); la parola introduce quello scarto tra la realtà e la sua rappresentazione che consente di 16 pianificare un’azione prima di compierla e di guidarne l’esecuzione (come quando il bambino dice a se stesso: “adesso preparo la pappa” e poi si avvicina alla cucinetta e sistema un pentolino sul fornello). Il suo potere si esplica anche nelle relazioni, perché promuove l’unione e il sentimento dell’“essere insieme”: l’avvento della parola produce un cambiamento a livello relazionale in quanto rende possibile la condivisione di esperienze, emozioni e desideri. Il linguaggio permette di dare un nuovo assetto all’esperienza: assegnare un nome alle cose, agli eventi, agli stati d’animo trasforma il vissuto in significati che hanno un valore sociale. Tramite il linguaggio i bambini giungono a possedere gli strumenti per modificare la realtà (possono dire: “oggi piove” quando c’è il sole); possono immaginare il futuro e prepararsi ad esso (“domani andiamo nel parco, che bello!”) e ricordare il passato (“quando ero piccolo…”). I bambini possono comprendere e creare, accanto al mondo vissuto, un mondo narrato. Lo sviluppo del linguaggio apre nuove possibilità anche nelle relazioni tra bambini, che troviamo intenti a commentare le loro attività durante un’esplorazione comune, a condividere la lettura di un libro conosciuto, ripercorrendo e raccontando anche tramite gesti e azioni la storia che vi è illustrata e costruendo scambi comunicativi che si trasformano nel tempo in vere e proprie conversazioni. Nei servizi educativi ogni giorno viene offerta una molteplicità di occasioni e contesti che incoraggiano i bambini, anche quelli che vivono in un contesto familiare non italofono, a sperimentare e perfezionare le proprie competenze lessicali e sintattiche per entrare in relazione con adulti diversi dai genitori e con i compagni, comprendere ed essere da loro compresi attraverso la condivisione di un codice comune. In parallelo i servizi per l’infanzia offrono occasioni per coltivare linguaggi espressivi non verbali in tutte le loro forme che, oltre a favorire lo sviluppo del pensiero creativo, facilitano contemporaneamente tutti i processi educativi. Non sempre il linguaggio verbale procede nei modi e nei tempi usualmente attesi nella prima infanzia. Le differenze individuali sono molto ampie e dipendono dalla complessa interazione tra fattori biologici e ambientali. Possono esserci stili di apprendimento diversi, possono esserci ritardi o atipie nello sviluppo delle abilità linguistiche che emergono in questa fascia d’età. Nei bambini che provengono da famiglie bi- o plurilingue lo sviluppo del linguaggio può apparire rallentato rispetto a quelli che provengono da contesti monolingue, perché le loro competenze sono distribuite tra le due lingue e/o l’input in una delle due lingue può non essere sufficiente. In alcuni casi il linguaggio viene esperito dai bambini in un’altra modalità. È questo il caso dei bambini sordi, che esposti dalla nascita ad una lingua dei segni e alla lingua parlata in contesti educativi e abilitativi, sperimentano, dunque, una condizione particolare di bilinguismo. In tutti i casi sarà compito degli educatori, in costante rapporto con la famiglia, ricercare forme di comunicazione che favoriscano rielaborazioni, significazioni e arricchimenti dell’esperienza in modo che il bambino abbia, in ambito domestico e non, occasioni per sviluppare e approfondire la conoscenza della propria lingua madre. 4. L’affettività originaria Nell’età infantile l’affettività costituisce una delle vie preferenziali di contatto con il mondo e si esprime sia nella relazione interpersonale, sia nella progressiva elaborazione dei vissuti pulsionali e sensoriali. I bambini molto piccoli sono attraversati da vissuti emotivi potenti, indecifrabili, da cui possono sentirsi sopraffatti. Si tratta di vissuti e desideri strettamente intrecciati alle sensazioni corporali. Il senso di fame, di sonno, di malessere fisico, di desiderio per un oggetto, con le emozioni che suscitano, risultano nei primi mesi di vita pervasivi e ingovernabili per più ragioni: perché non sono identificabili e distinguibili come fame, sonno, paura, rabbia, desiderio di possedere, ma sono un caos indistinto di sensazioni, rispondono a un impulso che vuole “tutto e subito” (essere nutrito, dormire, essere calmato, impossessarsi), e sono soggetti a una percezione del tempo che non padroneggia ancora l’esperienza della durata (fame, sonno, rabbia, desiderio irrefrenabile sono 17 “ora” e quindi “per sempre”), tutte condizioni che non permettono ai bambini piccolissimi di circoscriverli e padroneggiarli. Sono vissuti connessi anche alla particolare sensibilità per le discontinuità e quindi per le novità. Più si è piccoli, più l’esperienza del mondo è piena di novità; le novità suscitano da una parte confusione e timore per ciò che è sconosciuto, dall’altra stupore, curiosità e tensione verso la scoperta. Questa ambivalenza caratterizza tipicamente il primo contatto dei bambini con un servizio educativo. Se i vissuti disorientanti connessi alla discontinuità vengono accompagnati, l’interesse ha la possibilità di dispiegarsi e svilupparsi in processi di conoscenza e di relazione. I bambini hanno bisogno di una presenza adulta certa, che, mentre si fa garante della bontà della realtà, sappia porre un limite ai loro impulsi immediati, che aiuti a superare l’iniziale centratura su di sé e sui propri impellenti bisogni per guidarli a godere del piacere del condividere. I bambini sono pronti ad accogliere e rielaborare ciò di cui fanno esperienza sul piano affettivo se sono in rapporto con un adulto che offre contenimento emotivo (“posso accogliere la tua paura, rabbia, confusione senza esserne distrutto e continuando a essere accogliente”) e sostiene la capacità di dare significato e distinguere i sentimenti, di nominarli (è rabbia, è paura, è gioia, è confusione, ecc.), mettendo ordine nel caos e permettendo di identificarli e circoscriverli. I bambini, che hanno un senso del tempo personalizzato, ritmato su esigenze e desideri da realizzare all’istante, nell’incontro con i bisogni degli altri e con il tempo istituzionale imparano pian piano a tollerare la frustrazione e apprezzare il piacere dello stare insieme. In questo modo i bambini sono posti in una condizione di benessere che permette loro progressivamente di fare i conti con i limiti, di acquisire un senso del tempo che tenga conto delle esigenze e dei tempi degli altri e di trovare gradualmente dei riferimenti comuni per orientarsi (è il momento del pasto, del sonno, del ritorno a casa) quali precursori del tempo cronologico e sociale. 5. L’identità che ha origine nella corporeità I bambini fin dalla nascita esercitano e sviluppano abilità motorie e capacità percettive in modo interconnesso, divenendo attivi costruttori di sé, favoriti da relazioni con persone che ascoltano e rispondono alle loro richieste, dove il contatto corporeo e il dialogo tonico (il dondolio, il sentirsi cullare, in modo continuo, fluido, senza brusche rotture) con un adulto di riferimento offrono sicurezza e tranquillità. Nel percorso di costruzione del senso di identità e del viversi nell’interezza del proprio corpo, i bambini si impegnano nella sperimentazione di una corporeità vissuta appieno con tutti i sensi di cui possono disporre e soprattutto esercitano, quando possibile, il movimento, percepito con piacere e intensità, specialmente se possono contare sullo sguardo di un altro che restituisce loro le conquiste raggiunte. Così nei primi mesi diventano progressivamente più attivi nei confronti dell’ambiente, anche lo stare in braccio non è più un farsi sostenere restando rilassati e appagati: puntano i piedi, si spingono dal corpo dell’altro, esplorano l’equilibrio ed il disequilibrio. Iniziano ad apprezzare movimenti diversi che provocano cambiamenti di intensità, verso o direzione, spesso presenti nei giochi tradizionali o familiari, come quello del cavalluccio, dei classici giochi di lancio in alto e ripresa, di oscillazione e caduta, di aggiramento. Contemporaneamente, le prime esperienze di gioco che un bimbo molto piccolo può attivare da solo sono anch’esse collegate al movimento corporeo e alle sensazioni che provoca. Più avanti, quando i bambini entrano in relazione e agiscono sull'ambiente, in quello stesso momento fanno esperienza di sé stessi, percepiscono, infatti, i risultati delle proprie azioni, riconoscendosi capaci di trasformazione e incidenza sul mondo. Queste sensazioni piacevoli generate dal movimento stesso, dal sentirsi capaci di intervenire sull’ambiente e di muoversi autonomamente distaccandosi dall’adulto, li aiutano a sentirsi interi e a scoprire la presenza dell’altro e degli effetti delle leggi della fisica su di sé e sugli oggetti. Nei servizi educativi l’organizzazione dell’ambiente diversa dallo spazio domestico, la presenza di arredi e strumenti appositamente predisposti (es. cubi, cuscini, tappeti, piccoli scivoli, specchi), la 18 disponibilità di materiali e oggetti di diverse consistenze, dimensioni, proprietà percettive moltiplicano le esperienze tattili e motorie, favorendo l’acquisizione di questa consapevolezza. Non appena imparano a strisciare, a gattonare o a camminare, si allarga lo spazio entro cui i bambini possono muoversi. Inizia un periodo caratterizzato dall’alternarsi di escursioni per esplorare il mondo circostante e di riavvicinamenti per ricevere rifornimento affettivo e di sicurezza, una alternanza progressiva che consente di individuare la giusta distanza tra dipendenza e indipendenza, vicinanza e separazione. Crescendo, i bambini godono dell’acquisita autonomia, della padronanza del proprio corpo e dell’autoaffermazione che ne deriva, che si manifesta nella manipolazione e nell’esplorazione. Nei servizi educativi i bambini trovano un’ampia varietà di oggetti su cui agire e occasioni intenzionalmente progettate perché possano sperimentare il loro potere di intervento sulla realtà, anche confrontandosi con i compagni, guardandoli, imitandoli, inventando nuove azioni. Il processo di separazione, la conquista dell’autonomia, l’individuazione passano anche attraverso l’opposizione e il contrasto. La disobbedienza per i bambini di quest’età è una forma di autoaffermazione: il dire di no alle richieste delle persone che stanno loro intorno, anche quando sono piacevoli, è una forma di divertimento e di gioco ma anche un dispositivo di crescita mediante il quale mettere alla prova e rinsaldare la propria identità in evoluzione. Questa condizione delicata, caratterizzata dalla ricerca della giusta distanza tra attaccamento e indipendenza, autoaffermazione e senso del limite, richiede da parte dell’adulto una sensibilità particolare e un accompagnamento attento, che incoraggi i bambini alla scoperta del mondo e delle regole dello stare insieme. Limitazioni del movimento autonomo o deficit sensoriali che possono derivare da condizioni organiche richiedono agli educatori particolari e mirate attenzioni, affinché ogni bambino possa esprimere e soddisfare ugualmente il proprio bisogno esplorativo e l’attitudine alla scoperta. 6. L’interesse per il mondo circostante Il percorso di apprendimento prende avvio dall’interesse per il mondo circostante e, pur ponendo le basi su esperienze di continuità, si sviluppa a partire dal desiderio dei bambini di conoscere che induce ad un’attiva esplorazione di oggetti, situazioni e contesti attraverso tutti gli organi di senso. I bambini sono acuti osservatori, interessati ai dettagli più minuti. La loro attenzione si concentra su particolari che li attirano e li sollecitano con uno sguardo non ancora influenzato da stereotipie di significato. Le cose non sono date, ma scoperte, e la curiosità è fonte di una coraggiosa e instancabile attività dei bambini che, attraverso la manipolazione, studiano il loro funzionamento e ne ricercano i nessi causa-effetto. Anche il proprio corpo è oggetto di attenzione e curiosità e viene messo alla prova in situazioni diversificate e molteplici. Fin dai primi mesi i bambini appaiono impegnati in attività di esplorazione degli oggetti: li afferrano, li soppesano, li portano alla bocca, ne colgono le proprietà, le differenze e le somiglianze. Vuotare e svuotare, infilare e sfilare, caricare e scaricare, costruire sono tutte attività che i bambini compiono spontaneamente e con gioia perché dimostrano continuamente il loro potere sulle cose e permettono di scoprire l’ordine delle stesse. Nel tempo affinano le capacità di studiare le reazioni degli oggetti alle azioni che li coinvolgono: ad esempio come rotola una palla che viene spinta, qual è il suono di una torre di cubi fatta cadere, la consistenza di un frutto schiacciato tra le mani, ecc. Anche le posizioni e le relazioni tra le cose costituiscono oggetto di attenzione ed esplorazione: come un oggetto può essere collocato dentro uno più grande, come può passare attraverso la cavità di un altro, come può restare in equilibro su una superficie orizzontale oppure cadere se posto su un piano inclinato. I bambini trovano modi diversi di organizzare il mondo ricercando quali nuove relazioni si possono stabilire tra gli oggetti; possiamo vederli seduti per terra intenti a spostare gli oggetti attorno a sé in modo da dividerli in mucchi sulla base del loro colore o della loro forma, oppure allineare uno accanto all’altro oggetti simili, quasi a marcarne la somiglianza, o collocarli uno sull’altro in modo da 19 comporre una torre ordinata per grandezza. Sono le prime esperienze di classificazione, seriazione, associazione, ordinamento. L’esplorazione, nel tempo, viene accompagnata dal linguaggio verbale che descrive e guida l’azione. Molti altri aspetti del mondo fisico, come ad esempio la luce, la fluidità dei liquidi, le ombre che il proprio corpo o altri oggetti proiettano, la forma e la dimensione delle tracce che si lasciano su una superficie, i suoni prodotti dal proprio corpo o ascoltati nell’ambiente, il movimento e il mutamento degli esseri viventi possono suscitare curiosità, diventare oggetto di osservazione e di conseguente indagine e di conversazione tra loro e con gli adulti. L’insieme di queste esplorazioni viene vissuto in modo olistico, cioè con un coinvolgimento intrecciato dei diversi canali sensoriali, con un interesse aperto e multidimensionale per i fenomeni incontrati nell’interazione col mondo, che coinvolge interamente mente e corpo. Le curiosità e le attività dei bambini richiedono da parte degli educatori un’accoglienza in grado di riconoscerne il valore e il significato e un accompagnamento che, a partire da una attenzione prolungata a ciò che i bambini stanno facendo, porti a sostenere e promuovere il processo di conoscenza e di sviluppo. Ad esempio, il passaggio da un’esplorazione poco definita o casuale ad una più mirata e intenzionale, che porta a un percorso di scoperta progressiva dell’oggetto, delle sue proprietà e dell’uso che se ne può fare, può aver luogo attraverso la ripetizione: reiterando più volte la stessa attività in modo identico, oppure introducendovi progressive modifiche, l’esplorazione dei bambini si fa sistematica, più consapevole, più capace di introdurre variazioni. Leggere nelle azioni dei bambini qualità e concetti propri dei diversi sistemi simbolico-culturali, consente all’educatore di individuare parole, materiali, provocazioni e nuovi contesti più focalizzati e pertinenti che possano far evolvere, senza forzature o insegnamenti diretti, le esplorazioni dei bambini. Ad esempio, nella spontanea attrazione dei bambini per i suoni che producono battendo le mani su alcune superfici, è presente il concetto di timbro che si può rendere più presente alla percezione dei bambini introducendo materiali e battenti differenti. Oppure la vibrazione, a cui i bambini sono molto sensibili, può essere resa esplorabile da metalli articolati dando struttura formale a materiali informali, corde di chitarra o di violino tese tra due supporti affissi al muro che consentono di sperimentare la durata, l’intensità, il timbro delle vibrazioni. In alcuni casi possono manifestarsi timore o sgomento invece che attrazione per il mondo e l’altro da sé, necessità di stabilità invece che propensione verso il nuovo, tendenza allo stabilire confini invece che apertura spontanea alla relazione; i linguaggi del corpo, dei sensi e della voce possono aiutare il bambino e con lui l’adulto ad equilibrare un corretto spazio relazionale, non invadente, non estraneo. Attraverso un ambiente incoraggiante e un contesto pronto a modificarsi in relazione ai progressi dei bambini, nel corso dei primi tre anni di vita le attività di esplorazione divengono via via più articolate e si esprimono in sequenze sempre più lunghe di azioni coordinate, fino ad affrontare questioni più complesse, prefigurando competenze cognitive che troveranno possibilità di sviluppo e arricchimento negli anni successivi. 7. La propensione ad attribuire significati Lo sviluppo intellettivo si iscrive nella propensione infantile, presente fin dalla nascita, ad attribuire significati. Si tratta di una propensione inizialmente sviluppata in modo concreto, attraverso il corpo e il movimento, per cui, ad esempio, il dondolare di un ninnolo appeso viene compreso ed espresso dai bambini piccolissimi con il dondolare del capo o del corpo. Tale processo, se viene incoraggiato e sostenuto, con il progressivo affermarsi del linguaggio può via via appoggiarsi alla ricchezza e alla precisione delle parole, grazie alle quali i bambini affinano le loro possibilità di costruire e condividere significati: al corpo che dondola si affianca e poi sostituisce la parola “dondolare”, che soddisfa in modo più pieno la necessità di comprendere quel movimento e poterlo comunicare. 20 Nei primi tre anni, infatti, l’intelligenza progressivamente supera la dimensione esclusivamente senso-motoria, grazie allo sviluppo del linguaggio e della capacità di rappresentazione. Questo sviluppo avvia la possibilità di innescare processi di ragionamento ancorati alle situazioni che incontrano nel loro personale rapporto con il mondo e che suscitano curiosità o problemi che chiedono di essere supportati da un’azione educativa capace di riconoscerli e di promuoverli. A questi processi si associa la propensione a “fare” cultura, intesa in senso ampio come tensione dei bambini fin da piccolissimi a condividere e costruire repertori di significati con gli adulti che si curano di loro e con i coetanei che frequentano assiduamente, come succede nei servizi educativi. Una tensione che, quando viene riconosciuta e incoraggiata, si esprime ad esempio con rituali che, prestissimo e in modo del tutto personale, scandiscono il rapporto tra adulto e bambino nei momenti di cura del corpo, e che il bambino contribuisce a costruire, riconosce e richiede: una certa filastrocca, un piattino disposto in un certo modo significano che è il momento del pranzo. Tra bambini, in un ambiente che favorisce la libertà di movimento ed espressione, il “fare” cultura si esprime attraverso rituali e significati comuni che attribuiscono in modo condiviso a momenti, spazi, oggetti: ad esempio, per tutti i bambini la tana del lupo è sotto il grande tavolo in sezione. Questa propensione, tipicamente umana, permette ai bambini di accedere progressivamente alla cultura del mondo adulto in cui sono immersi e ai sistemi simbolico-culturali che la caratterizza, se vengono accompagnati in modo adeguato ad incontrarli. 8. L’attitudine al gioco Il gioco si caratterizza per il suo essere spontaneo, libero, finalizzato a se stesso e al piacere di metterlo in atto (si gioca per giocare). Per i bambini, fin dalla nascita, giocare è un’esperienza vitale in più sensi: perché attraverso di essa si esprime un modo di rapportarsi al mondo sostanziale per l’infanzia (se si è bambini, si gioca), ma anche perché promuove benessere e dà la possibilità di sentirsi “vivi”, cioè di sentire che il proprio corpo, le proprie azioni, i propri pensieri e le proprie fantasie possono esprimersi in modo libero da vincoli che non siano il vitale desiderio di farlo. Per i bambini giocare è, ad esempio, scuotere una scatola e ascoltare il rumore che fa, far cadere e riprendere un oggetto, girare su sé stessi, preparare un caffè “per finta”, farlo più volte fino a quando lo si desidera sotto la spinta del solo piacere di ripetere per capire cosa succede, rivivere le emozioni che dà, mettersi alla prova. Si tratta di un’esperienza che permette loro di sentire che sono i soli padroni della situazione e che sono capaci, in questa posizione, di incidere sul mondo – e il mondo risponde positivamente – procurandosi le esperienze di cui hanno bisogno per star bene, senza nessun’altra finalità se non questa. Il gioco è la voce dei bambini, anche quelli piccolissimi, è un modo privilegiato di esprimersi: grazie al gioco possono dire di sé, delle loro comprensioni, di ciò che li incuriosisce o li turba, in un modo che, a differenza della realtà degli adulti, è interamente scelto e governato da loro stessi nei tempi, nei percorsi, nelle modalità. È anche un modo essenziale di pensare, nella misura in cui nel giocare dei bambini le esperienze sono guidate dal desiderio della scoperta e dal piacere che dà il metterle in atto, sia che si tratti dei primissimi giochi di esplorazione del corpo (ad esempio, chiudere e aprire gli occhi per il piacere di “studiare” ciò che succede) e degli oggetti (ad esempio, impilare scatoline per il piacere di capire come fare una pila più alta possibile), sia che riguardi giochi più evoluti (ad esempio, fingere di essere un dottore per comprendere meglio questo ruolo). Successivamente, con il gioco del far finta, i bambini cominciano a rappresentare oggetti ed eventi non presenti, coinvolgendo, come spettatori e partner, adulti e altri bambini (imboccare la mamma, o l’educatore, o un altro bambino da un cucchiaio vuoto, fingere di dormire senza avere sonno). In questo tipo di gioco si manifesta fortemente la soggettività dei bambini, il loro modo di vedere il mondo e la loro creatività. Si manifesta anche precocemente il desiderio di condividere questa realtà immaginaria e di godere del piacere di un “far finta insieme” che si sviluppa in giochi complessi: i 21 bambini si travestono, assumono ruoli diversi, mettono in scena situazioni e storie anche trasformando le funzioni degli oggetti (la sedia diventa il cavallo, il tavolo una nave…). Se trova ambienti accoglienti e supportanti, il gioco del bambino dispiega tutti i suoi poteri: libera esplorazione delle cose e dei rapporti interpersonali, osservazione, scoperta attiva, padronanza corporea, autoaffermazione. Il gioco è uno dei fronti più delicati e sensibili nei quali attuare ed affinare accurate strategie inclusive. 9. Un’espressività fatta di molteplici linguaggi I bambini, fin da piccolissimi, sono continuamente attratti dalle cose, dalla natura e dalle relazioni, sono capaci di provare meraviglia per i suoni, le luci, i colori, le forme, intenti a lasciar tracce, a condividere (“Guarda?”), a creare composizioni uniche, che l’adulto può ascoltare, osservare, cercar di capire e sostenere. Attraverso molteplici modalità espressive danno forma ai propri vissuti e a ciò che comprendono della realtà: parole, segni grafici e disegni, suoni e rumori, ritmi e melodie, movimenti, manipolazioni, costruzioni sono tutti modi per dare senso e conoscere il mondo. Si tratta di linguaggi che coinvolgono al tempo stesso corpo, emozioni, pensieri, fantasie, e che si intrecciano tra loro arricchendosi, dimostrando così una forza e una vitalità straordinarie. Sono modalità comunicative che, nel momento in cui si esercitano, diventano anche strumenti conoscitivi e di arricchimento dell’esperienza (muoversi a ritmo in una danza improvvisata a suon di musica comporta comprensione del rapporto corpo-mondo, padronanza di sé, appropriazione del senso del tempo). I diversi linguaggi non si esercitano mai separatamente e ciascun bambino ha il proprio modo di combinarli e integrarli. Tutti i linguaggi hanno pari dignità e vanno ugualmente valorizzati affinché nessuno di essi venga trascurato e ciascuno abbia la possibilità di espandersi e arricchirsi tramite esperienze che si sviluppano nel tempo. Non si tratta tanto di fornire conoscenze tecniche (come tener in mano la matita, come modellare la creta, come utilizzare un tablet, ecc.) o di mostrare procedure esecutive codificate (colorare stando nei margini, imitare i movimenti dell’educatore), quanto piuttosto di sostenere nei bambini la capacità di dare forma alle proprie idee attraverso l’esercizio della creatività, che gradualmente può manifestarsi in modalità espressive sempre più formalizzate e governate: dagli scarabocchi al disegno, dallo spargimento del colore al suo uso espressivo, dalla manipolazione dei materiali al costruire e comporre, dalla percussione di un oggetto alla produzione di un ritmo, dall’emissione di suoni alla creazione di melodie... L’adulto può fornire un modello di gesti precisi che i bambini possono osservare e imitare, come fanno spontaneamente nelle attività di vita pratica e di partecipazione guidata. Nei servizi per l’infanzia occorre perciò dare spazio ai linguaggi grafico-pittorici, plastici, musicali, coreutici, costruttivi, motori, ma anche scientifici, tecnologici e di esplorazione dei viventi che troveranno negli anni successivi ulteriori possibilità di arricchimento ed espansione. L’importanza dei molteplici linguaggi infantili è anche connessa alla pluralità delle forme dell’intelligenza e alla necessità che già a partire dai servizi educativi esse trovino possibilità di promozione e arricchimento che integrino mani, mente e cuore. Per rispettare e promuovere i diritti e le potenzialità dei bambini è necessario individuare le finalità che orientano la progettazione e le pratiche educative: il progressivo consolidarsi dell’identità, l’acquisizione delle prime autonomie, l’imparare ad apprendere in tutte le situazioni delle quotidianità, l’imparare a vivere e condividere significati con altri bambini e altri adulti. Queste finalità, condivise con i genitori, permettono di orientarsi nella progettazione e nella scelta delle esperienze da proporre ai bambini per sostenerne lo sviluppo. Per mettere in atto queste potenzialità occorrono sostegno e promozione intenzionale da parte dell’adulto mediante azioni specifiche che assicurino il protagonismo dei bambini, tenendo conto in chiave evolutiva delle azioni e degli interessi manifestati, delle propensioni e delle inclinazioni. Non si tratta di proporre esperienze codificate, bensì di progettare gli ambienti e sostenere le attività e le proposte dei bambini, assumendo una postura di ascolto e osservazione. 22 CAPITOLO 3 L’ALLEANZA EDUCATIVA CON I GENITORI All’interno di un servizio educativo si può educare solamente a partire dalla costruzione di un rapporto di ascolto, dialogo e alleanza con la famiglia. La famiglia è infatti il luogo di identità e appartenenza del bambino e svolge un compito educativo primario rispetto al compito del servizio educativo, che si pone come complementare e integrativo. I valori, gli obiettivi e i criteri guida relativi alla costruzione della alleanza educativa con le famiglie sono trasversali alle differenti tipologie di servizio educativo per l’infanzia, anche se le strategie necessariamente si differenziano in relazione al contesto specifico, alla storia e all’esperienza, alla tipologia di ciascun servizio. 1. Immagini reciproche Dal punto di vista del servizio educativo: padri, madri, genitori, famiglie I genitori non sono clienti, né meri fruitori di un servizio. Sono portatori di attese, di visioni educative e di progetti di vita che incontrano il servizio educativo, e il progetto proposto, in molti modi diversi. Gli educatori stimano i genitori come interlocutori attivi e competenti, riconoscono le differenze e si propongono in affiancamento alle figure genitoriali, considerando degne di ascolto e di interesse le esperienze, le credenze e le competenze che ciascuna famiglia porta. Le famiglie che oggi si affacciano ai servizi educativi sono molto diverse tra loro nei modi di essere e fare famiglia e di interpretare i ruoli paterni e materni. Sono molte e diverse le provenienze geografiche, di coppie o di genitori, che spesso sono figli della migrazione di seconda o terza generazione, nati e scolarizzati in Italia. Cala la natalità, mentre si è elevata l’età media in cui si fa il primo figlio. In un mondo dove i bambini sono sempre di meno, spesso il figlio è il primo bambino con cui i nuovi genitori si trovano in relazione, e poiché, soprattutto nelle grandi città, si sono allentate le relazioni con le generazioni più anziane, i genitori, sempre più soli, si affidano a fonti di informazione molto varie, talvolta non fondate pedagogicamente e spesso contraddittorie. Non è sempre facile per gli educatori tenere vivo il dialogo, mantenere un atteggiamento empatico, spiegare senza impazienza, non manifestare fastidio perché non si condividono comportamenti e abitudini o perché ci si sente poco riconosciuti. La pluralità dei contesti familiari chiede una grande attenzione, sensibilità, sospensione dei propri pregiudizi, capacità di ascolto autentico, disponibilità a mettere in discussione le proprie certezze. Dal punto di vista del genitore: la scelta del servizio educativo La pluralità di tipologie nell’offerta di servizi educativi propone differenti modalità di esperienze ai bambini e intende rispondere anche a esigenze diverse dei genitori. Qualunque sia la scelta che i genitori operano, spesso l’ingresso in un servizio educativo rappresenta, soprattutto per chi

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