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Università degli Studi di Urbino Carlo Bo

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biologia membrana cellulare potenziale di membrana fisiologia

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Questo documento fornisce una panoramica del potenziale di membrana, discutendo la separazione di cariche e il ruolo degli ioni nel generare la differenza di potenziale elettrico attraverso la membrana; i flussi ionici concorrenti e le forze chimica ed elettrica che li governano. Presa in considerazione una cellula permeabile sia al sodio che al potassio, l'interazione di queste forze e la conduttanza dei canali.

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POTENZIALE DI MEMBRANA Il potenziale di membrana è una differenza di voltaggio che si misura ai due versanti della membrana plasmatica ed è conseguenza della separazione di cariche positive e negative sui due versanti, causata da una diversa distribuzione degli ioni. La permeabilità di membrana agli...

POTENZIALE DI MEMBRANA Il potenziale di membrana è una differenza di voltaggio che si misura ai due versanti della membrana plasmatica ed è conseguenza della separazione di cariche positive e negative sui due versanti, causata da una diversa distribuzione degli ioni. La permeabilità di membrana agli ioni stessi e la concentrazione di ioni citosolici ed extracellulari rappresentano due condizioni fondamentali per capire come si genera il potenziale di membrana. Genesi del potenziale di membrana in cellula permeabile solo a K+ Se una cellula è permeabile solo al potassio, il potenziale di membrana è determinato dal flusso di ioni potassio attraverso la membrana, che consente di creare una separazione di cariche: cariche positive nel versante extracellulare e cariche negative citosol. Il potassio è più concentrato all’interno, e la permeabilità della membrana al potassio è elevata, grazie ai numerosi canali sempre aperti e selettivi per il potassio. Questo flusso di potassio consente di accumulare cariche positive nell'ambiente extracellulare e negative nel citosol. Le proteine anioniche (Pr-) restano all'interno della cellula perché la membrana non è permeabile a queste molecole. Il flusso di potassio continua fino a quando le forze di concentrazione ed elettrica si equilibrano, ossia quando il gradiente elettrico oppone il gradiente di concentrazione, facendo cessare il flusso netto di potassio. A questo punto, il potenziale di membrana stabilizzato è uguale al potenziale di equilibrio del potassio, che è -86 mV. Il segno negativo indica che le cariche negative sono localizzate sulla faccia citosolica della membrana plasmatica. Poche cellule sono permeabili solo a uno ione, quindi poche cellule hanno un potenziale di membrana uguale al potenziale di equilibrio per un solo ione. La maggior parte delle cellule (eccetto alcune) è permeabile sia al sodio che al potassio. Quando una cellula è permeabile a più ioni, come si genera il potenziale di membrana e qual è il suo valore? Esempio: Cellula permeabile a sodio e potassio In questo esempio, abbiamo una cellula con una distribuzione specifica di ioni. La considerazione che dobbiamo fare per capire come si genera il potenziale di membrana è la concentrazione intra- ed extracellulare degli ioni e la permeabilità della membrana a questi ioni. Potassio si trova principalmente all'interno della cellula, mentre il sodio è concentrato all'esterno. Gli anioni proteinati (PR) sono presenti all'interno della cellula e non sono permeabili attraverso la membrana. La permeabilità della membrana è alta per il potassio, poiché essa possiede molti canali costitutivamente aperti, selettivi per il potassio. La membrana non è permeabile agli anioni proteinati perché non ci sono canali per questi ioni. La membrana è anche permeabile al sodio, ma in misura minore rispetto al potassio, poiché ci sono meno canali altamente selettivi per il sodio. Ciò comporta che: Il flusso di potassio uscente attraverso la membrana avviene secondo il gradiente di concentrazione ed è maggiore del flusso di sodio entrante, anch'esso secondo il gradiente di concentrazione. Flussi Ionici Opposti Abbiamo quindi due flussi in direzioni opposte: Potassio > Sodio Il flusso di anioni proteinati (PR) non esiste perché la membrana non è permeabile a questi ioni e, pertanto, restano all'interno della cellula. Con l'uscita maggiore del potassio rispetto al sodio, le cariche positive si accumulano nel versante extracellulare e le cariche negative rimangono all'interno della cellula. Equilibrio tra le Forze Ad un certo punto, l'intensità dei due flussi (uscita di potassio e ingresso di sodio) diventa uguale, ma le forze che agiscono sui due ioni spingono in direzioni opposte. Le due forze da considerare sono: 1. La forza di concentrazione (forza chimica) 2. La forza elettrica (gradiente elettrico) Per il potassio: La forza di concentrazione spinge il potassio fuori dalla cellula. La separazione di cariche crea un gradiente elettrico che si oppone all'uscita del potassio, poiché l'interno della cellula è carico negativamente e l'esterno è carico positivamente. Le due forze del potassio (chimica ed elettrica) agiscono in direzioni opposte, ma finché prevale la forza chimica, il potassio continua ad uscire, anche se si oppone la forza elettrica. Per il sodio: Le due forze (chimica ed elettrica) spingono il sodio nella stessa direzione, ovvero all'interno della cellula. La forza chimica lo fa entrare secondo il gradiente di concentrazione, mentre la forza elettrica lo attrae, poiché il sodio è positivo e l'interno della cellula è negativo. Queste due forze aumentano la conduttanza del canale, dove la conduttanza è la capacità del canale di far entrare gli ioni. Dinamica dei Flussi Nel tempo, i due flussi (quello uscente di potassio e quello entrante di sodio) diventano uguali, ma diretti in direzione opposta. Tuttavia, questa situazione non rimane stabile: i gradienti di sodio e potassio iniziano a cambiare, poiché il sodio continua ad entrare, spinto da entrambe le forze. Col tempo, i gradienti si dissipano, poiché il sodio entra nella cellula, facendo quasi scomparire il potenziale di membrana. La Pompa Sodio-Potassio In teoria, quando la membrana è permeabile in misura diversa alle varie specie ioniche, si genera un potenziale di diffusione che non si mantiene nel tempo. Per evitare che i gradienti di sodio e potassio si dissipino completamente, interviene la pompa sodio-potassio, che svolge due funzioni: 1. Mantiene i gradienti di concentrazione di sodio e potassio. 2. Ha una funzione elettrogenica, che aiuta a mantenere il potenziale di membrana leggermente più negativo di come sarebbe senza il suo intervento. Il valore del potenziale di membrana a riposo è quindi di circa -70 mV. Grafico di chi contribuisce al potenziale di membrana a riposo Asse Y: mV (millivolt) Asse X: tempo in millisecondi Quando utilizziamo un bloccante come il glicoside ouabaina, che blocca l'attività della pompa sodio-potassio, succede quanto segue: Il potenziale di membrana passa da -70 mV a -66 mV (diventa meno negativo). Questo dimostra che il contributo della pompa sodio potassio al potenziale di membrana è di pochi millivolt. Non funzionando più la pompa, i gradienti di sodio e potassio si dissipano nel tempo, portando il potenziale di membrana a riposo progressivamente verso lo 0 mV. Tuttavia, il potenziale non raggiunge mai completamente lo 0, a causa della negatività degli anioni proteici intracellulari. Al potenziale di membrana a riposo possono contribuire altri ioni, come il cloro (Cl⁻) e il calcio (Ca²⁺), ma il loro contributo è generalmente minore o quasi nullo a causa della bassa permeabilità. I principali contribuenti sono quindi: 1. Processi ionici passivi: canali ionici sempre aperti che consentono il passaggio degli ioni sodio (Na⁺) e potassio (K⁻) secondo il loro gradiente elettrochimico. 2. Processi ionici attivi: la pompa sodio-potassio, che mantiene il gradiente ionico necessario per generare il potenziale di membrana a riposo. Genesi del potenziale di membrana a riposo Il potenziale di membrana a riposo è il risultato di: Una permanente differenza di concentrazione ionica ai due lati della membrana plasmatica. Una membrana elettivamente permeabile agli ioni grazie a trasporti passivi selettivi e costitutivamente aperti. La presenza di specie ioniche non permeabili come gli anioni proteici intracellulari. Questa separazione di cariche interessa solo le facce della membrana plasmatica, non l’intera soluzione extra- e intracellulare. Il liquido extracellulare e intracellulare rimane complessivamente neutro, ma a ridosso della membrana si crea una separazione di cariche con cariche positive all’esterno e negative all’interno. Caratteristiche del potenziale di membrana Condizioni essenziali: o Il potenziale di membrana si genera solo in cellule vive che producono ATP per alimentare i trasporti attivi. o Tutte le cellule vive a riposo hanno un potenziale interno negativo rispetto all’esterno (con alcune eccezioni). Polarità: Per convenzione, la polarità del potenziale è stabilita in base al segno della carica in eccesso all’interno della cellula. Misurazione: Si misura sperimentalmente con microelettrodi: 1. Un microelettrodo intracellulare inserito nella cellula. 2. Un elettrodo extracellulare di riferimento. 3. Un millivoltmetro collega i due elettrodi e rileva la differenza di potenziale tra interno ed esterno della cellula, poiché il potenziale assoluto non può essere misurato. Variazioni del potenziale di membrana Depolarizzazione: Il potenziale di membrana diventa meno negativo (perdita della polarità negativa). Si verifica quando si aprono canali cationici che permettono l’ingresso di cariche positive (es. sodio o calcio). Iperpolarizzazione: Il potenziale di membrana diventa più negativo. Accade quando: o Si aprono canali che consentono il passaggio di cariche negative (es. cloro). o Si ha l’uscita di cariche positive (es. potassio). Cellule eccitabili Le cellule eccitabili (es. neuroni, fibrocellule muscolari) possono generare potenziali d’azione grazie all’apertura di canali ionici voltaggio-dipendenti. Durante un potenziale d'azione, la membrana inverte transitoriamente la sua polarità. Proprietà passive della membrana cellulare 1. Resistenza (ℓm): Dipende dal numero di canali ionici sempre aperti: o Alta resistenza: pochi canali ionici aperti. o Bassa resistenza: molti canali ionici aperti. 2. Capacità (Cm): La capacità della membrana di accumulare cariche agli opposti versanti (funziona come un condensatore). o Dipende dalla superficie del bilayer lipidico. Maggiore la superficie, maggiore la capacità. Circuito elettrico equivalente La membrana plasmatica può essere rappresentata come un circuito elettrico equivalente costituito da: Un condensatore (bilayer lipidico) che rappresenta la capacità (Cm) della membrana. Una resistenza (Rm), data dai canali ionici. Una batteria (Em), che rappresenta la driving force che guida il movimento degli ioni attraverso la membrana, determinando la corrente transmembranale (I) Variazioni di resistenza (dovute all’apertura o chiusura di canali ionici) generano variazioni di corrente in base alla legge di Ohm, secondo cui V = IR (dove V è il voltaggio, I la corrente e R la resistenza). Elementi di Comunicazione Intracellulare Via elettrica (neuroni): La comunicazione avviene tramite segnali elettrici, tipica dei neuroni. Via chimica (ormoni): La comunicazione avviene tramite segnali chimici, come gli ormoni, che regolano il comportamento delle cellule. Questi segnali sono cruciali per il funzionamento delle cellule, in quanto indicano loro come comportarsi: o Segnali di sopravvivenza: Indicazioni che permettono alla cellula di sopravvivere. o Segnali di proliferazione: Stimolano la cellula a proliferare (dividersi). o Segnali di differenziazione: Indicano alla cellula di smettere di proliferare e di differenziarsi in un tipo cellulare specifico. Quando una cellula non riceve più segnali, va incontro a morte cellulare per apoptosi. In caso di cellule tumorali, queste ricevono segnali ma li trasducono in modo anomalo, causando disfunzioni cellulari. Protagonisti della comunicazione intracellulare: 1. Cellula segnalante: È la cellula che sintetizza e rilascia il segnale. Il segnale può essere una molecola che, a seconda della sua natura chimica, può essere rilasciata: o Nell’ambiente esterno per esocitosi regolata. o Per diffusione semplice (se la molecola è liposolubile). o In alternativa, il segnale può essere integrato nella membrana plasmatica della cellula segnalante. 2. Cellula ricevente (cellula target o bersaglio): La cellula riceve il segnale attraverso i recettori, che possono trovarsi: o Sulla membrana plasmatica della cellula bersaglio. o All’interno della cellula bersaglio. La cellula bersaglio lega il segnale tramite questi recettori e il segnale viene tradotto all’interno della cellula. Modalità di Comunicazione Chimica Intercellulare 1. Comunicazione dipendente da contatto o juxtacrina: In questa modalità, la cellula segnalante inserisce la molecola segnale nella sua membrana plasmatica. La cellula bersaglio deve entrare in contatto diretto con quella segnalante. Questa modalità è tipica delle cellule del sistema immunitario, dove le cellule devono essere in grado di muoversi liberamente. 2. Comunicazione paracrina: La cellula segnalante produce il segnale, che viene rilasciato all’esterno tramite esocitosi regolata. Una volta nel liquido extracellulare, il segnale agisce su cellule vicine, influenzandone il comportamento. Questi segnali agiscono a piccole distanze. Le molecole segnale prodotte vengono chiamate mediatori locali, e influenzano solo le cellule che possiedono recettori specifici per queste molecole. Se le cellule non hanno recettori per il segnale, non sono influenzate. 3. Comunicazione sinaptica: È una forma di comunicazione paracrina che avviene nel sistema nervoso. In questo caso, un neurotrasmettitore (mediatore locale) viene rilasciato da un neurone e agisce su un'altra cellula, come un altro neurone, una cellula muscolare, una cellula esocrina o endocrina. È una forma di comunicazione diretta e rapida. 4. Comunicazione endocrina: In questo caso, la molecola segnale (chiamata ormone) viene prodotta dalla cellula segnalante e rilasciata nel torrente ematico. Grazie a questa modalità, l'ormone può raggiungere cellule bersaglio che si trovano molto distanti dalla cellula segnalante. 5. Comunicazione autocrina: La cellula segnalante sintetizza e rilascia la molecola segnale, influenzando non solo le cellule vicine ma anche se stessa, poiché possiede i recettori per quella molecola. Questa modalità è spesso combinata con la comunicazione paracrina e permette un’autoregolazione dell’attività segnalante. In alcuni casi, la cellula segnalante coincide con la cellula bersaglio. 6. Comunicazione attraverso giunzioni comunicanti: Questa modalità avviene tra cellule tenute insieme da gap junctions, che sono proteine transmembrana formate da 6 catene polipeptidiche che si organizzano per formare un canale con un diametro ampio, consentendo un'alta conduttanza. Le gap junctions sono importanti non solo per la comunicazione chimica, poiché permettono il passaggio di molecole, ma anche per la comunicazione elettrica, poiché permettono il passaggio di ioni. Tipi di Molecole Segnale Proteine Piccoli peptidi Aminoacidi Nucleotidi Steroidi Derivati acidi grassi (ecosanoidi, con 20 atomi di carbonio) Gas disciolti Una volta che la molecola segnale si lega al recettore bersaglio, si attiva una cascata di eventi biochimici che porta alla risposta della cellula a quella molecola segnale. La risposta può essere una: modificazione delle vie metaboliche all’interno della cellula, alterazione dell’espressione genica (trascrizione e traduzione), oppure alterazione della forma della cellula o del suo movimento. Le tempistiche della risposta dipendono da dove si svolgono le cascate di eventi biochimici, che vengono attivate dal legame della molecola segnale con il recettore: se la cascata si svolge nel citoplasma, i tempi sono rapidi, da frazioni di secondo a minuti; se la cascata arriva fino al nucleo e modifica l'espressione genica, i tempi si allungano, variando da minuti a ore o giorni. Le tempistiche, quindi, dipendono da dove si realizzano le cascate di trasduzione del segnale, che traducono il significato della molecola segnale in termini biochimici. Come una Cellula Reagisce al Suo Ambiente Una cellula reagisce al suo ambiente in base a: 1. Serie di recettori che possiede, 2. Macchinario intracellulare (cascata di eventi biochimici) che la cellula usa per interpretare le informazioni della molecola segnale. Esempio: Acetilcolina La molecola segnale acetilcolina produce effetti diversi in cellule diverse, come nelle fibrocellule del miocardio, muscolo scheletrico, e cellule esocrine. Fibrocellule del muscolo scheletrico: In risposta all’acetilcolina, la cellula si contrae grazie ai recettori canali (recettori ionici ligando-dipendenti) che, una volta legati all’acetilcolina, si aprono e permettono il passaggio di ioni cationici (ioni positivi), portando alla contrazione. Fibrocellule del miocardio: In risposta all’acetilcolina, la cellula si rilassa. Questo effetto opposto è dovuto al tipo di recettore: i recettori qui non sono canali, ma attivano una cascata di eventi biochimici che porta al rilassamento. Cellule esocrine (es. ghiandole salivari): Anche qui il recettore per l’acetilcolina è simile a quello del miocardio, ma la risposta è diversa. Ciò è dovuto a una cascata di eventi biochimici differente che porta alla secrezione (rilascio di sostanze, come nelle ghiandole salivari). Fasi della Comunicazione Intracellulare per Via Chimica 1. Sintesi e rilascio della molecola segnale nel liquido extracellulare (può avvenire per diffusione semplice o per esocitosi regolata). Fa eccezione la comunicazione dipendente da contatto, poiché la molecola non viene rilasciata all’esterno, ma inserita nella membrana citoplasmatica. 2. Diffusione del ligando nel liquido extracellulare (modalità paracrina, sinaptica, autocrina) oppure passando per il sangue (modalità endocrina). La diffusione può avvenire in forma libera se il ligando è idrosolubile, o in forma legata a proteine di trasporto se è liposolubile o se non è né idro né liposolubile. 3. Riconoscimento del ligando da parte della cellula bersaglio grazie alla presenza di proteine recettoriali. Una volta avvenuto il riconoscimento tra ligando e cellula bersaglio, la proteina recettoriale deve attivarsi. 4. Il recettore innesca la cascata di eventi biochimici che determina la risposta alla molecola segnale nella cellula bersaglio (trasduzione del segnale in linguaggio biochimico). 5. Spegnimento/cessazione della cascata di eventi che porta alla risposta cellulare, avviene quando il ligando si stacca dal recettore e diminuisce di concentrazione nell’ambiente extracellulare. Queste 5 fasi possono avvenire in tempi rapidi, tra millisecondi, se avvengono interamente nel citoplasma, mentre se coinvolgono anche il nucleo, possono richiedere anche ore o giorni. RECETTORI Sono i mediatori attraverso cui la molecola segnale comunica con la cellula bersaglio. Possono essere distinti in base alla localizzazione subcellulare in: Recettori di superficie/di membrana → legano molecole segnale idrosolubili che non riescono normalmente ad entrare nella cellula. Recettori intracellulari → legano molecole segnale liposolubili e quindi riescono a entrare nella cellula. A prescindere dal tipo di recettore, esistono proprietà comuni: Legame specifico (grazie alla presenza di un sito di legame) e altamente affine (capace di legare la molecola segnale anche a basse concentrazioni). Legame debole (consente il riutilizzo del ligando) e reversibile (permette una cessazione rapida della risposta dopo il distacco del ligando). Saturabilità: i recettori non sono infiniti; se la concentrazione della molecola segnale aumenta eccessivamente, i recettori sono tutti occupati e la risposta non aumenta più. Presenza di 2 domini con funzioni diverse: uno lega il ligando (dominio recettore) e l’altro attiva la cascata di eventi che inducono la risposta (dominio effettore). Fine regolazione del legame tra recettore e molecola segnale: determina l’autolimitazione della risposta. La regolazione può avvenire in due modi: diminuzione del numero di recettori (down-regolazione) tramite ubiquitinazione per i recettori intracellulari, o per esocitosi per i recettori di membrana; oppure variazione dell’affinità del recettore per la molecola segnale (ad esempio, tramite fosforilazione del recettore). RECETTORI DI SUPERFICIE/DI MEMBRANA Sono distinti in tre famiglie: Recettori canale Recettori legati a proteina G Recettori catalitici RECETTORI INTRACELLULARI Si trovano nel citoplasma o nel nucleo e sono deputati a portare il messaggio della molecola segnale nel nucleo. I principali tipi sono: Recettori per gli ormoni steroidei (es. glucocorticoidi, ormoni prodotti dalla corticale del surrene, androgeni). Gli ormoni steroidei sono liposolubili e possono entrare nelle cellule legandosi a recettori intracellulari, che generalmente sono citoplasmatici. Recettori per ormoni tiroidei: questi ormoni non sono né idrosolubili né liposolubili, quindi entrano in parte per diffusione semplice e in parte tramite carrier. Recettori per vitamina D: generalmente si trovano nel nucleo. Organizzazione dei Recettori Intracellulari Questi recettori presentano un’elevata omologia strutturale, suggerendo una generazione da un unico gene ancestrale. La loro struttura è rappresentata da almeno 2 domini: Dominio E: dominio di legame con la molecola segnale. Dominio D: dominio di localizzazione nucleare, che consente al recettore di entrare nel nucleo. Dominio C: il dominio di legame con il DNA (è il più importante); il recettore si lega al DNA come dimero grazie alla presenza di questo dominio. Questi recettori sono fattori di trascrizione ligando-dipendenti. Dominio A/B: dominio di trans-attivazione; insieme al dominio E, modifica la trascrizione genica una volta avvenuto il legame con il DNA. min 33:20 questa regolazione può essere positiva o negativa f ino a 33:55 recettori orfani (non si sa chi legano) di molecola segnale nota —> sono recettori intracellulari non noti ma condividono la loro stessa struttura Dominio C e motivo a dita di zinco All'interno del dominio C è presente il motivo a dita di zinco, che consente al recettore di legare il DNA. Il legame avviene a livello della regione promotore del DNA, sugli elementi di risposta: due sequenze esonucleotidiche che possono essere disposte in maniera diversa. A seconda dell’arrangiamento delle sequenze: o Omodimeri: quando le sequenze sono palindromiche (es. elementi di risposta degli ormoni steroidei). o Eterodimeri: quando le sequenze sono ripetizioni dirette. In questo caso, il recettore si lega a un partner (che non lega la molecola segnale, ma serve come supporto). Schema generale di funzionamento Recettori citoplasmatici (es. cortisolo) In assenza della molecola segnale, il recettore è legato a un complesso inibitore, che lo tiene inattivo nel citoplasma. Quando la molecola segnale (es. cortisolo) si lega: 1. Il recettore cambia conformazione e si distacca dal complesso inibitore. 2. Il recettore, legato alla molecola segnale, entra nel nucleo. 3. Nel nucleo, i recettori formano un omodimero (gli elementi di risposta del cortisolo hanno sequenze palindromiche). 4. Il dimerizzato recluta un coattivatore, che scompatta la cromatina per attivare la trascrizione genica. 5. La trascrizione genica prosegue finché la molecola segnale rimane legata. 6. Quando il ligando si stacca: ▪ Il corepressore ricompatta la cromatina. ▪ Si torna alla condizione iniziale. se il recettore invece è nucleare salta tutta la parte del citoplasma es.: per ormoni tiroidei (né idrosolubili né liposolubili) il recettore viene comunque sintetizzato nel citoplasma ma va già nel nucleo grazie al dominio di localizzazione (dominio D) nel nucleo si lega come eterodimero l’ormone tiroideo entra nella cellula per diffusione semplice o più frequentemente tramite carrier, si lega al recettore … min 14 f ino a min 14:52 quando l’eterodimero si è legato viene reclutato il coattivatore che scompatta la cromatina, così si attiva la trascrizione genica (come prima), poi l’ormone si stacca e cessa la risposta (la cromatina viene poi ricompattata come prima) quindi questi sono tutti recettori trascrizionali ligando-dipendenti esistono anche modificazioni negative Le molecole segnale possono attivare due tipi di risposta nella cellula bersaglio: 1. Risposta primaria (precoce): o Si verifica quando l'ormone si lega al recettore, attivando la trascrizione genica. o Le proteine sintetizzate in questa fase rappresentano la risposta primaria. o Queste proteine, a loro volta, funzionano come fattori di trascrizione che regolano l’espressione di altri geni. 2. Risposta secondaria (ritardata): o Deriva dall’attività dei fattori di trascrizione prodotti nella risposta primaria. o Porta alla sintesi di altre proteine che rappresentano la risposta ritardata. Autolimitazione della risposta nei recettori intracellulari Quando la molecola segnale persiste, la cellula bersaglio deve adottare comportamenti difensivi per evitare una risposta eccessiva. Le strategie principali includono: Degradazione dei recettori intracellulari: o Questo processo non coinvolge l’esocitosi, ma meccanismi di degradazione diretta. Riduzione dell’affinità dei recettori per il ligando: o Avviene tramite modificazioni post-traduzionali, come la fosforilazione. Queste strategie garantiscono l’autolimitazione della risposta e mantengono l’equilibrio del segnale. Modulazione farmacologica Lo studio dei recettori delle molecole segnale è cruciale, poiché molte patologie derivano da disfunzioni dei recettori. Esempio: o Il mifepristone, un farmaco antiprogestinico, viene utilizzato per indurre l'aborto chimico nei primi due mesi di gravidanza. o Agisce antagonizzando i recettori per il progesterone, bloccando così il segnale necessario per il mantenimento della gravidanza. Recettori di superficie/di membrana Questi recettori legano molecole segnale idrosolubili e mediano le risposte extracellulari. Recettori canale (o canali ionici ligando-dipendenti) Localizzazione: o Diffusi nel sistema nervoso centrale e periferico, sia a livello sinaptico che extra-sinaptico. Ligandi principali: o Neurotrasmettitori come acetilcolina, GABA, ecc. Funzionamento: 1. Struttura: o Il recettore possiede due domini: ▪ Dominio recettore: lega il ligando. ▪ Dominio effettore: è il canale ionico che determina la risposta. 2. Attivazione: o Quando il ligando si lega, il recettore subisce un cambiamento conformazionale. o Questo cambiamento apre il canale, permettendo il passaggio degli ioni. 3. Selettività: o I canali cationici permettono il passaggio di cationi (es.: Na⁺, K⁺). o I canali anionici consentono il passaggio di anioni (es.: Cl⁻). 4. Risultato: o La risposta cellulare consiste in una variazione del potenziale di membrana. 5. Terminazione della risposta: o La risposta cessa quando: ▪ Il ligando si stacca e il recettore cambia nuovamente conformazione chiudendo il canale ionico. Smaltimento del ligando: Un neurotrasmettitore deve possedere un meccanismo di smaltimento dalla fessura sinaptica (es.: enzimi degradativi o ricaptazione). Ciò impedisce l’attivazione continua del recettore e garantisce la regolazione temporale del segnale. 07/11/2024 Recettori accoppiati a proteina G I recettori accoppiati a proteina G sono recettori che, dal punto di vista strutturale, presentano sette alfa eliche transmembrana, motivo per cui sono anche noti come recettori a sette passi. L'estremità amminica si trova verso l'esterno della cellula, mentre l'estremità carbossilica è rivolta verso il citosol. Sono chiamati "recettori accoppiati a proteina G" per via del meccanismo di trasduzione del segnale a cui partecipano. Questo meccanismo prevede l'attivazione di una proteina G, una proteina periferica di membrana ancorata al lato citosolico della membrana plasmatica. La proteina G interagisce con il recettore a sette passi dopo che quest'ultimo ha legato una molecola segnale. Tale interazione attiva la proteina G, che dà il via a una cascata di eventi biochimici. Questi eventi possono coinvolgere enzimi di membrana, come l'adenilato ciclasi o la fosfolipasi, per la produzione dei cosiddetti secondi messaggeri, oppure influenzare i canali ionici o la trascrizione genica. La proteina G è una proteina periferica ancorata al lato citosolico della membrana tramite due catene di acido grasso. Questa struttura la rende una proteina periferica di membrana. Il nome "proteina G" deriva dalla sua capacità di legare, nel suo stato inattivo, la GDP (guanosina difosfato), mentre nel suo stato attivo lega il GTP (guanosina trifosfato). La proteina G funziona quindi come un interruttore molecolare, passando dallo stato inattivo (legato a GDP) allo stato attivo (legato a GTP). Questo passaggio è indotto dall'interazione con il recettore a sette passi. Le proteine G possono essere trimeriche o monomeriche. Un esempio di proteina G monomerica è Rab, coinvolta nel traffico vescicolare. Le proteine G trimeriche sono formate da tre subunità polipeptidiche: La subunità alfa, che lega il GTP e può idrolizzarlo a GDP. Le subunità beta e gamma, che formano il complesso beta-gamma. Esistono diversi tipi di proteine G trimeriche, ciascuna in grado di interagire con vari tipi di recettori a sette passi, attivando specifiche cascate di eventi biochimici che portano alla risposta della cellula al segnale molecolare. In passato si riteneva che questi recettori fossero presenti in membrana plasmatica come monomeri. Studi più recenti hanno evidenziato che possono esistere anche come dimeri, sia omodimeri (composti da due recettori identici) sia eterodimeri (composti da due recettori diversi). Questa dimerizzazione influenza la cascata di eventi biochimici attivata. Per esempio, un recettore accoppiato a proteina G, una volta attivato dalla molecola segnale, può indurre un determinato effetto cellulare (effetto A). Un secondo recettore diverso può attivare un altro effetto cellulare (effetto B). Tuttavia, se questi due recettori formano un eterodimero, il risultato sarà un effetto biochimico diverso (effetto C). Questa differenza è fondamentale dal punto di vista farmacologico, poiché lo studio dei recettori rappresenta una strategia chiave per identificare nuovi target terapeutici. Molte patologie, in particolare quelle neurologiche, possono derivare da disfunzioni a carico di questi recettori. Conoscere se un recettore è presente come monomero o come eterodimero è cruciale per sviluppare farmaci efficaci. Se, ad esempio, si prende di mira un monomero ma in realtà questo eterodimerizza con un altro recettore, una molecola esogena progettata per trattare la patologia potrebbe risultare inefficace o addirittura dannosa. via di amp ciclico La via di trasduzione del segnale dell'AMP ciclico viene attivata dall’attivazione di diversi recettori accoppiati a proteina G. Nella fase iniziale, il recettore accoppiato a proteina G (raffigurato come una struttura transmembrana verde) è inattivo. Il suo sito di legame, situato sul versante extracellulare, è libero e il dominio effettore sul lato citosolico non è in grado di interagire con la proteina G, anch’essa inattiva. In questa condizione, la subunità alfa della proteina G lega il GDP, mantenendola nello stato inattivo. Quando una molecola segnale (raffigurata in rosso) si lega al recettore, quest’ultimo subisce un cambiamento conformazionale, con un riarrangiamento delle sette alfa eliche transmembrana. Questo cambiamento espone il sito di legame del dominio effettore, permettendo l'interazione con la proteina G. A seguito del legame con il recettore, la proteina G scambia il GDP con il GTP. Questo cambio attiva la proteina G, provocando la separazione della subunità alfa dal complesso beta-gamma. Entrambe le subunità possono partecipare a cascate di eventi biochimici, ma la subunità alfa è quella più studiata in relazione all’attivazione dell’adenilato ciclasi. La subunità alfa può interagire con l’adenilato ciclasi, un enzima di membrana, e in base al tipo di proteina G può inibirne o attivarne l'attività. Le proteine G stimolatorie (Gs) attivano l’adenilato ciclasi, mentre le proteine G inibitorie (Gi) la inibiscono. Quando attivata, l’adenilato ciclasi catalizza la conversione dell’ATP in AMP ciclico (cAMP), un secondo messaggero (la molecola segnale è il primo). La concentrazione di cAMP aumenta fino a raggiungere i livelli necessari per attivare la PKA (protein chinasi A). Quindi la sub unità alfa idrolizza il GTP in GDP e P e questa idrolisi fa staccare la sub unità alfa dall’adenilatociclasi e la subunità alfa si lega al complesso beta gamma per ricostituire la proteina G trimerica. che succede se aumenta produzione amp ciclico? La PKA (protein chinasi A) si attiva quando aumenta la concentrazione di AMP ciclico (cAMP). La PKA è costituita da due subunità catalitiche e due subunità regolatrici. A basse concentrazioni di cAMP, le subunità regolatrici sono legate a quelle catalitiche, impedendone l’attività chinasica. Quando il cAMP aumenta, le subunità regolatrici si legano al cAMP, liberando le subunità catalitiche. Queste possono quindi agire come chinasi, fosforilando specifiche molecole substrato. Le molecole substrato fosforilate dalla PKA sono proteine che devono possedere residui di serina e treonina, poiché la PKA è una serina-treonina chinasi. Esistono inoltre proteine di ancoraggio della PKA, note come AKAP (A-Kinase Anchoring Proteins), che reindirizzano l’attività della PKA. Le AKAP localizzano la PKA vicino ai suoi substrati, facilitando la fosforilazione di residui di serina e treonina nei substrati specifici. Substrati della PKA: Enzimi: ad esempio attivano la glicogeno fosforilasi, un enzima coinvolto nella glicogenolisi e inibiscono la glicogeno sintetasi (glicogenolisi) Fattori di trascrizione: ad esempio, il CREB (cAMP Response Element-Binding protein). Il CREB si lega a specifiche sequenze del DNA chiamate CRE (cAMP Response Elements), presenti nei promotori di geni regolati dal cAMP. Una volta fosforilato dalla PKA, il CREB si attiva e modula la trascrizione genica. Canali ionici: la PKA fosforila canali ionici, determinandone l’apertura o la chiusura. Molecole segnale come i neurotrasmettitori utilizzano recettori accoppiati a proteina G per trasdurre il segnale attraverso la via dell’AMP ciclico. Questa via attiva la PKA, che fosforila i canali ionici, modulandone la funzionalità. Ruolo della subunità beta-gamma: In alcuni casi, la proteina G può agire direttamente sui canali ionici tramite la subunità beta-gamma, bypassando la via dell’AMP ciclico. Via degli inositoli La via degli inositoli inizia, come nel caso della via dell'AMP ciclico, con un recettore accoppiato a proteina G. Questo recettore, a sette passi, lega la molecola segnale, il che porta a un riarrangiamento del recettore. Questo riarrangiamento espone il sito di legame per la proteina G sul dominio effettore. Quando la proteina G si lega al recettore, scambia GDP con GTP, passando quindi alla sua forma attiva. La proteina G si stacca dal recettore, la subunità alfa si separa dal complesso beta-gamma e, a questo punto, la subunità alfa va ad attivare o inibire l'enzima fosfolipasi C beta. La fosfolipasi C beta è un enzima periferico che agisce sui fosfolipidi di membrana. Il suo substrato principale è il fosfatidil inositolo 4,5-bisfosfato (PIP2), che la fosfolipasi C scinde in due prodotti: diacilglicerolo (DAG) e inositolo trifosfato (IP3). Il DAG, che rimane ancorato alla membrana, è una molecola lipofila e agisce come secondo messaggero. L'IP3, una molecola idrosolubile, si sposta nel citoplasma anch’esso secondo messaggero. A questo punto, l'IP3 agisce su specifici canali ionici presenti sulla membrana del reticolo endoplasmatico (REL). Questi canali sono IP3-dipendenti e, quando l'IP3 si lega a questi canali, essi si aprono, permettendo al calcio (Ca²⁺), che è presente in alta concentrazione nel REL, di uscire nel citoplasma. Questo aumento della concentrazione di calcio nel citoplasma è un potente segnale biochimico e viene finemente regolato. Calcio come secondo messaggero L'aumento di calcio intracellulare è transitorio, ossia avviene in "transienti di calcio". Ciò significa che la concentrazione di calcio cresce per un periodo breve, dopodiché viene ripristinata a livelli omeostatici grazie ai meccanismi di trasporto del calcio. Il calcio intracellulare può attivare diverse chinasi calcio-dipendenti, tra cui la PKC (Protein Kinase C). La PKC è composta da subunità regolatorie e catalitiche. Quando il calcio si lega alle subunità regolatorie, queste si staccano dalle subunità catalitiche, attivando la chinasi. Inoltre, la PKC convenzionale viene attivata anche grazie al legame del diacilglicerolo (DAG) che rimane ancorato alla membrana. È importante notare che esistono PKC non convenzionali che non sono attivate dal calcio, ma che comunque hanno un meccanismo di attivazione simile. Una volta che la PKC convenzionale è attivata dal calcio e dal DAG, essa fosforila substrati che contengono residui di serina e treonina, dato che la PKC è una serina/treonina chinasi, proprio come la PKA. Esistono anche proteine di ancoraggio per la PKC, chiamate RACK, che dirigono l'attività chinasica della PKC verso i substrati specifici, facilitando la fosforilazione. Complesso del calcio e calmodulina Il calcio può anche formare un complesso con la calmodulina. Sebbene il complesso calcio-calmodulina di per sé non sia attivo, esso può legarsi ad altre proteine chinasi, che vengono chiamate CAM chinasi. L'attivazione di queste chinasi dipende dalla presenza di calcio e calmodulina, e anche queste sono serina/treonina chinasi. Un esempio di CAM chinasi è la chinasi delle catene leggere della miosina, che è specifica per questo substrato. Defosforilazione Dall'attivazione di recettori accoppiati a proteine G che trasducono il segnale attraverso la via degli inositoli (come in questo caso) o tramite l'AMP ciclico, molte proteine vengono fosforilate. Tuttavia, è fondamentale che queste proteine fosforilate siano defosforilate per ripristinare la condizione iniziale. A tal fine, esistono le serina/treonina fosfatasi, che rimuovono il gruppo fosfato dalle proteine. In generale, il bilancio tra l'attività delle chinasi (che fosforilano) e delle fosfatasi (che defosforilano) determina la regolazione della via di segnalazione. Quando le vie sono attive, prevalgono le fosforilazioni, mentre quando le vie si spengono, prevalgono le defosforilazioni. la via dell’amp ciclico e inositolo sono presenti in una stessa cellula e possono attivarsi contemporaneamente. la via dell’acido arachidonico La via dell’acido arachidonico è una via di trasduzione del segnale che coinvolge recettori accoppiati a proteina G. In questa via, la proteina G, una volta attivata, agisce sulla fosfolipasi A2, un enzima che idrolizza i fosfolipidi di membrana, liberando un acido grasso, l’acido arachidonico. Questo acido grasso è un omega-6 polinsaturo ed è di fondamentale importanza perché può essere ulteriormente metabolizzato in vari prodotti bioattivi. Dal processamento dell’acido arachidonico si generano molecole biologiche come le prostaglandine. Le prostaglandine sono conosciute come mediatori locali con effetti paracrini ma si è scoperto che possono anche entrare nel flusso sanguigno e agire come ormoni. La sintesi delle prostaglandine avviene grazie all’azione delle cicloossigenasi (COX-1 e COX-2). Questi enzimi sono inibiti dai FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), riducendo così la produzione di prostaglandine e quindi alleviando l'infiammazione e abbassando la temperatura corporea. Le prostaglandine svolgono anche altre funzioni fisiologiche, tra cui la protezione della mucosa gastrica tramite la formazione della barriera mucosale. Un uso prolungato di FANS, che inibiscono le COX, può compromettere questa protezione, aumentando il rischio di danni alla mucosa gastrica causati dall’HCl. Un altro importante ruolo delle prostaglandine è nella sintesi degli endocannabinoidi. Gli endocannabinoidi, come il 2-AG (2 arachidonoilglicerolo), interagiscono con i recettori CB1 e CB2, localizzati nel sistema nervoso periferico e centrale. Questi endocannabinoidi sono coinvolti nella trasmissione del dolore, e la cannabis, che agisce come un analgesico, sfrutta proprio questo sistema. Oltre alla via diretta mediata dai recettori accoppiati a proteina G, l’acido arachidonico può essere rilasciato attraverso una via indiretta. In questa via, l’enzima diacilglicerolo lipasi agisce sul diacilglicerolo, prodotto dall’azione delle fosfolipasi sui fosfolipidi di membrana, liberando così acido arachidonico. Altre molecole che si legano ai recettori accoppiati a proteine G Tra le molecole segnale che legano i recettori accoppiati a proteina G ci sono anche le molecole odorose, che sono presenti nell’aria. Questi recettori, che si trovano nelle cellule sensoriali dell’olfatto, legano le molecole odorose e avviano una via di trasduzione del segnale che porta all’attivazione di canali ionici. Analogamente, i fotoni, che agiscono sui fotorecettori (un altro tipo di recettori accoppiati a proteina G), trasmettono il segnale attraverso vie di secondi messaggeri, determinando l’apertura o la chiusura di canali ionici, con conseguenti modifiche nel potenziale di membrana. recettori catalitici o legati ad enzimi I recettori che sono catalitici o associati a enzimi possono essere suddivisi in diverse classi. In particolare, esistono cinque classi di recettori di interesse (di cui una è specifica dei batteri), tra cui: 1. Recettori tirosina chinasi (RTK) 2. Recettori associati a tirosina chinasi (unico con enzima associato e non con dominio effettore con attività catalitica) 3. Recettori tirosina fosfatasi 4. Recettori serina/treonina chinasi 5. Recettori guanilato-ciclasi Un recettore catalitico è dotato di un dominio effettore con attività catalitica. Quando un recettore è associato a un enzima, significa che il dominio effettore interagisce con l'enzima o ne attiva l'attività catalitica. Questi recettori possono essere o associati a enzima, oppure possedere un dominio effettore con attività enzimatica intrinseca. La maggior parte di questi recettori è costituita da una proteina recettoriale monopasso che attraversa la membrana una sola volta (una sola alfa-elica). Una volta che la molecola segnale si lega al sito di legame del recettore, avviene una modifica conformazionale. Questo cambiamento è principalmente limitato alla porzione extracellulare del recettore, che consente la dimerizzazione con un altro recettore identico, il quale ha legato anche lui la molecola segnale. In questo modo, i domini effettori, che possiedono attività chinasica, si fosforilano reciprocamente. Tuttavia, non tutti i recettori monopasso si attivano allo stesso modo. In alcuni casi, l'attivazione del recettore avviene tramite la dimerizzazione indotta da una singola molecola segnale, che ha una conformazione tale da poter legare entrambi i recettori, inducendo la loro dimerizzazione. Una volta che la dimerizzazione è avvenuta, i domini effettori si fosforilano reciprocamente, attivando la via di segnalazione intracellulare. recettori tirosin kinasici I recettori tirosina chinasi (RTK) sono recettori catalitici dotati di un dominio effettore con attività tirosina chinasi, che consente loro di fosforilare amminoacidi di tirosina presenti in proteine substrato, innescando così una cascata di segnali intracellulari. Questi recettori sono noti principalmente per il loro legame con fattori di crescita come EGF (fattore di crescita epidermico), NGF (fattore di crescita nervoso), FGF (fattore di crescita dei fibroblasti), nonché con insulina e IGF (fattori di crescita simili all'insulina). È importante notare che i recettori per IGF e insulina possiedono una struttura che non è monopasso, ma comprendono due eliche alfa transmembrana. Questo implica che non necessitano di dimerizzazione per attivarsi, a differenza di altri recettori come quelli per l'EGF. Un esempio di recettore monopasso è il recettore per l'EGF, una proteina transmembrana caratterizzata da una singola alfa elica. La porzione extracellulare di questo recettore contiene il sito di legame per EGF, mentre la porzione citoplasmatica ospita il dominio effettore con attività tirosina chinasi. In aggiunta, la coda citosolica di questo recettore è ricca di tirosine, che verranno fosforilate durante l'attivazione. Quando l'EGF si lega al recettore, la proteina subisce una modifica conformazionale che favorisce la dimerizzazione con un altro recettore che ha legato anch'esso l'EGF. La dimerizzazione avviene grazie al cambiamento conformazionale delle porzioni extracellulari dei recettori. Una volta dimerizzati, i domini effettori a livello citoplasmatico si attivano reciprocamente, fosforilando le tirosine nelle code citosoliche dei recettori. Questa fosforilazione reciproca attiva il recettore, avviando le vie di trasduzione del segnale. Una delle principali vie di segnalazione coinvolte è quella della fosfolipasi C gamma (PLCγ). PLCγ si lega alle tirosine fosforilate nel dominio citoplasmatico del recettore per l'EGF. Una volta attivata per fosforilazione, PLCγ idrolizza il PIP2 (fosfatidilinositolo-4,5-bisfosfato), generando diacilglicerolo (DAG) e inositolo trifosfato (IP3). Il DAG rimane ancorato alla membrana, mentre l'IP3 si sposta nel citoplasma, dove attiva i canali ionici del reticolo endoplasmatico (REL), che sono IP3 dipendenti. L'apertura di questi canali consente il rilascio di calcio dal REL nel citosol, causando una serie di effetti cellulari. Inoltre, l'attivazione del recettore per l'EGF attiva anche la via delle MAP chinasi, una cascata di segnali che coinvolge una serie di chinasi. Queste chinasi regolano la trascrizione genica, portando a modifiche nell'espressione di geni specifici che sono responsabili delle risposte cellulari al fattore di crescita. esempio con recettori per insulina (non monopasso) Il recettore per l'insulina è un recettore non monopasso, composto da due subunità alfa extracellulari, che si legano all'insulina, e due subunità beta transmembrana, ciascuna con un'alfa-elica di attraversamento. L'insulina si lega alle subunità alfa, determinando un riarrangiamento delle due eliche di attraversamento e l'attivazione reciproca dei domini effettori nelle subunità beta. Le subunità beta hanno una porzione citosolica che presenta sia attività chinasica che una coda di tirosine. Quando il recettore è attivato, le tirosine vengono fosforilate, attivando così la cascata di segnalazione intracellulare. Una delle prime proteine a legarsi al recettore fosforilato è IRS1 (Insulin Receptor Substrate 1). Quando IRS1 si lega alle tirosine fosforilate, viene fosforilato dal recettore stesso. L'IRS1 fosforilato lega successivamente un enzima citosolico, la PI 3-kinasi (fosfatidilinositolo 3-chinasi), che fosforila il fosfatidilinositolo-3,4-bisfosfato (PIP2) nella membrana. Questa fosforilazione crea PIP3 (fosfatidilinositolo 3,4,5-trisfosfato), che serve da sito di ancoraggio per altre proteine, come la PKB (Protein Kinase B), che viene fosforilata e attivata. La PKB fosforilata si stacca dalla membrana e va a fosforilare substrati citosolici, con effetti a breve e medio termine. Tra gli effetti a breve termine, uno dei più significativi è la traslocazione dei trasportatori GLUT4 nelle membrane cellulari, permettendo così l'ingresso del glucosio nelle cellule bersaglio, come adipociti e fibrocellule muscolari scheletriche. Queste cellule, che normalmente possiedono pochi o nessun trasportatore GLUT4, necessitano dell'insulina per aumentarne la presenza sulla membrana e favorire l'ingresso del glucosio. L'attivazione del recettore per l'insulina è anche coinvolta nelle vie metaboliche, come il metabolismo del glucosio, e contribuisce agli effetti metabolici nelle cellule bersaglio. Downregolazione dei recettori I recettori di membrana, inclusi quelli per l'insulina, possono andare incontro a downregolazione quando il segnale è persistente nell'ambiente extracellulare. Questo fenomeno è noto come segnalazione negativa. Quando il recettore è attivato ripetutamente e per lungo tempo, viene ubiquitinato. L'ubiquitina è una piccola proteina che si lega al recettore e segnala che il recettore deve essere degradato. Il complesso ubiquitina-recettore viene quindi riconosciuto dalla clatrina, una proteina che facilita l'endocitosi, portando alla internalizzazione e alla degradazione del recettore all'interno della cellula, riducendo così la sua disponibilità per ulteriori stimoli da parte dell'insulina. In questo modo, la cellula regola la quantità di recettori disponibili per evitare una sovra-stimolazione da parte del segnale, un meccanismo importante per il mantenimento dell'omeostasi cellulare. recettori associati a tirosina kinasi (quindi che non ha dominio effettore con attività catalitica) I recettori associati a tirosina chinasi (JAK-STAT) sono recettori che non possiedono un dominio effettore con attività catalitica intrinseca. Al contrario, questi recettori si associano a chinasi citosoliche (come JAK), che svolgono l'attività di fosforilazione. Le molecole segnale che utilizzano questi recettori includono il GH (ormone della crescita), la prolattina (ormone ipofisario), l'EPO (eritropoietina, che regola la produzione di globuli rossi), la leptina (ormone prodotto dal tessuto adiposo) e diverse citochine come interleuchina e interferone. Questi recettori si dimerizzano in seguito al legame con una sola molecola segnale, a differenza di altri recettori che necessitano di due molecole segnale per attivarsi. Nel caso del GH, una molecola di GH si lega ai due recettori, portandoli a dimerizzare. Una volta che i recettori sono dimerizzati, i loro domini effettori reclutano la JAK (Just Another Kinase), una tirosina chinasi citosolica. La JAK si autofosforila e fosforila i recettori, un passaggio necessario per attivare la cascata di segnalazione. A questo punto, la JAK fosforilata lega il trasduttore di segnale STAT (Signal Transducer and Activator of Transcription), che viene anch'esso fosforilato dalla JAK. Una volta fosforilato, STAT si stacca dalla JAK, si dimerizza con un'altra molecola di STAT fosforilata, e il dimero risultante migra nel nucleo. Nel nucleo, il dimero STAT modifica la trascrizione genica attivando o sopprimendo l'espressione di specifici geni. In sintesi, la via JAK-STAT è un esempio di trasduzione del segnale che coinvolge recettori associati a chinasi citosoliche, ma che non possiedono un dominio tirosina chinasi intrinseco. La fosforilazione di STAT da parte di JAK attiva una cascata di segnali che culminano con la regolazione della trascrizione genica. 08/11/2024 recettori guanilico-ciclasi I recettori guanilico-ciclasi sono recettori catalitici che possiedono un dominio effettore con attività guanilico-ciclasica, ossia la capacità di trasformare GTP in GMP ciclico. Questi recettori possono essere già dimerizzati o oligodimerizzati sulla membrana plasmatica in assenza della molecola segnale, ma non sono attivi fino a quando non legano la molecola segnale. Un esempio di molecola segnale che agisce attraverso questo tipo di recettore è il peptide atriale natriuretico (ANP), un ormone prodotto dalle cellule atriali cardiache. Questo ormone viene rilasciato nel circolo sanguigno e agisce sulle cellule bersaglio legandosi ai recettori guanilico-ciclasi, portando ad un aumento della concentrazione citosolica di GMP ciclico. Il GMP ciclico attiva una chinasi GMP ciclico-dipendente (PKG), che è una serina-treonina chinasi, simile alla PKA. La PKG fosforila proteine substrato che presentano residui di serina e treonina, modulando così diverse risposte cellulari. tirosina fosfatasi receptor-like I recettori tirosina fosfatasi receptor-like sono recettori catalitici che possiedono un'attività opposta a quella dei recettori tirosina chinasi: sono infatti fosfatasi, e non chinasi. Questi recettori si trovano sulla membrana plasmatica sotto forma di dimeri, in particolare omodimeri, e si presentano in questa forma allo stato inattivo. L'attivazione avviene in seguito al legame con una molecola segnale, che non è ancora completamente conosciuta. Per questo motivo, questi recettori vengono definiti orfani, poiché sono "orfani" di una molecola segnale nota. Studi sperimentali hanno evidenziato che l'attivazione di questi recettori porta alla defosforilazione di proteine substrato che contengono residui di tirosina fosforilati. Il dominio effettore di questi recettori esercita quindi un'attività di tirosina fosfatasi, rimuovendo i gruppi fosfato dalle proteine substrato. Recettori serina/treonina kinasi I recettori serina/treonina chinasi sono recettori catalitici con attività enzimatica serina/treonina chinasi. Le molecole segnale che agiscono attraverso questi recettori appartengono alla famiglia dei fattori di crescita trasformanti beta (TGF beta). Queste molecole segnale agiscono sia come ormoni che come mediatori locali e la loro azione consente alla cellula di svolgere molteplici funzioni biologiche. Ad esempio, sono coinvolti nella proliferazione cellulare, nel differenziamento cellulare, nella morte cellulare, nella produzione della matrice extracellulare, nella regolazione immunitaria e intervengono nei fenomeni di riparazione dei tessuti lesionati. I recettori serina/treonina chinasi si dividono in recettori di primo tipo e di secondo tipo. Si dimerizzano al legame con la molecola segnale, che sono i TGF-beta. Una volta che i domini effettori si sono attivati a vicenda, si innesca una cascata di trasduzione che culmina nell'attivazione di fattori di trascrizione chiamati SMAD. Questi fattori vengono fosforilati dall'attivazione del recettore, dimerizzano e migrano nel nucleo, dove regolano la trascrizione genica e, di conseguenza, l'espressione genica nelle cellule bersaglio. 4o mini Vantaggi e svantaggi dei recettori legati a proteina G, catalitici o associati Vantaggi: Ci sono una serie di intermedi che portano a un’amplificazione del segnale, traducendosi in un effetto significativo prodotto da poche molecole di segnale. Questo avviene perché ogni molecola di segnale attiva una via di trasduzione che amplifica il segnale stesso, grazie alla presenza di diversi intermedi. Il vantaggio principale di questi recettori (proteina G, catalitici o associati) è proprio questa amplificazione. Svantaggi: Uno svantaggio è il tempo necessario affinché si ottenga una risposta nella cellula. Più intermedi servono per trasdurre il segnale, più tempo sarà richiesto. Se la cascata di trasduzione coinvolge il nucleo, il ritardo può variare da pochi secondi a giorni. Interazione delle vie di trasduzione del segnale Le vie di trasduzione del segnale attivate da recettori accoppiati a proteina G e recettori catalitici possono essere attivate contemporaneamente in una cellula, poiché le cellule possiedono un corredo di recettori e non un unico tipo. Queste vie non sono parallele: a diversi livelli possono interagire tra loro, complicando la risposta cellulare ma anche consentendo una modulazione fine. Per esempio, una via può attivare o inibire l’altra a seconda del contesto fisiologico. Recettori che vanno incontro a clivaggio Oltre ai recettori accoppiati a proteina G e catalitici, esistono particolari tipi di recettori che diventano attivi a seguito di clivaggio. Questi recettori sono proteine di membrana plasmatica, ma si trovano anche a livello della membrana di organuli citosolici, come il reticolo endoplasmatico (RE) o il Golgi. Queste proteine di membrana sono in grado di legare molecole di segnale. Dopo questo legame, subiscono una proteolisi regolata intramembrana (RIP), un processo che libera uno o più frammenti del dominio citosolico. I frammenti liberati possono migrare nel nucleo e agire come fattori di trascrizione, regolando l’espressione genica. Esempi di recettori che seguono questo meccanismo includono la proteina Notch e la SREBP (Sterol Regulatory Element-Binding Protein). Il clivaggio, quindi, è un taglio proteolitico, regolato in modo da consentire un controllo preciso dell’attivazione del segnale.

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