Teoria dei Sistemi (PDF) - Francesco Improta

Summary

These lecture notes cover systems theory, focusing on the modeling and analysis of various physical systems (mechanical, electrical, thermal, hydraulic). The document includes discussions on system classification, state variables, mathematical preliminaries, stability analysis, and dynamic response. The notes are written from a mathematical perspective, introducing and using relevant mathematical tools such as matrices and polynomials.

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Teoria dei Sistemi di Francesco Improta March 19, 2023 Contents 1 Introduzione e classficazione dei sistemi 2 2 Modelli di sistemi fisici...

Teoria dei Sistemi di Francesco Improta March 19, 2023 Contents 1 Introduzione e classficazione dei sistemi 2 2 Modelli di sistemi fisici 4 2.1 Modelli meccanici........................... 5 2.2 Sistemi elettrici............................ 12 2.3 Sistemi termici............................ 16 2.4 Sistemi Idraulici........................... 19 2.5 Scelta delle variabili di stato..................... 20 3 Richiami all’algebra 20 3.1 Potenza ed esponenziale di una matrice.............. 32 3.2 Tecnica polinomio interpolante................... 34 4 Studio della stabilità 36 4.1 Stati di equilibrio........................... 36 4.2 Stabilità degli stati.......................... 37 4.3 Stabilità per il movimento di stato................. 40 4.4 Metodo di Ljapunov e forme quadratiche.............. 40 4.5 Metodo di Ljapunov per sistemi LTI................ 43 4.6 Stati di equilibrio per sistemi LTI.................. 43 4.7 Formule di Lagrange......................... 44 4.8 Principio della sovrapposizione degli effetti............. 44 4.9 Rappresentazioni equivalenti..................... 45 4.10 Rappresentazione equivalente per esponenziale.......... 46 4.11 Andamento modi naturali del sistema............... 48 4.12 Stabilità LTI............................. 54 4.13 Criterio di Routh........................... 57 4.14 Linearizzazione............................ 64 5 Studio dell’evoluzione forzata e della risposta impulsiva 67 5.1 Segnali canonici in ingresso..................... 67 5.2 Riposta a regime permanente.................... 70 5.3 Traiettoria del secondo ordine.................... 73 1 6 Proprietà Strutturali sistemi LTI 79 6.1 Raggiungibilità............................ 80 6.2 Osservabilità............................. 82 6.3 Scomposizione unica......................... 83 7 Sistemi dinamici a TD 87 8 Sistemi nel regime di Laplace 101 8.1 La trasformata di Laplace...................... 101 9 Trasformata Zeta 123 10 Algebra dei sistemi a blocchi 134 10.1 Introduzione.............................. 134 11 Ulteriori risposta a regime 142 1 Introduzione e classficazione dei sistemi La teoria dei sistemi fornisce un approccio unificante per astrarre e risolvere problemi di varia natura tramite una modellistica, l’astrazione dei problemi reali in modelli comportamentali. Un sistema non è altro che un oggetto di cui si vogliono studiare i compor- tamenti per una serie di questioni: evoluzione futura del sistema (esempio previsioni meteo) risposta del sistema a determinati stimoli (esempio sistema edificio durante un terremoto, come si comporta) migliorare il sistema, modificandolo e correggendolo a seconda della casis- tica esterna. isolamento Per associare un modello ad un sistema occore isolarlo dalla realtà esterna. Bisonga decidere l’insieme di elementi importanti, fondamentali. La scelta non è univoca, lo stesso elemento ha importanza diversa in sistemi diversi. grandezze terminali Le grandezze terminali caratterizzano l’interazione del sistema con l’esterno. Le grandezze terminali sono quelle di ingresso che possono influenzare le grandezze in uscita, che caratterizzano come evolve in sistema in base all’analisi del problema richiesto. Sistema astratto orientato Dato un sistema, considero tutte le ammassibili coppie ordinate delle grandezze di ingresso e uscita, stabilendo cosı̀ un principio di causa-effetto proprio del sistema in analisi. 2 Figure 1: Modello semplice di sistema Variabili di stato In alcuni casi di analisi di un sistema, sapere semplice- mente la data grandezza di ingresso in un certo istante non mi dà abbastanza informazioni per ricavare la grandezza in uscita del sistema. A volte, oltre alle grandezze terminali è necessario tenere conto anche di grandezze interne al sistema, che evolvono nel tempo e tengono memoria del suo comportamento. Le grandezze interne sono le variabili di stato. Equazioni di un sistema dinamico a TC x ∈ Rn è il vettore dello stato, dove n è detto ordine del sistema. u ∈ Rm è il vettore degli ingressi. y ∈ Rp è il vettore delle uscite. t ∈ R è la variabile continua del tempo. f : Rn × Rm × R → Rn è la funzione di stato, differenziale, vettoriale g : Rn × Rm × R → Rp è la funzione di uscita, algebrica Proprietà utilizzate: unicità (sistema causale e deterministico), l’uscita a un istante dipende dal comportamento dell’ingresso da quello stesso istante e dalla variabili di stato; non ci sono fenomi statistici o stocastici. gli spazi vettoriali considerati hanno dimensione finita e sono dotati di una norma. Sistema a stato vettore: gli insiemi di appartenza delle grandezze sono spazi vettoriali (nota come R è elevato alla n, alla p, alla m). Sistemi monovariabili e multivariabili Siano S (ingle), M (ultiple), I (nput),O(utput), esistono sistemi SISO, MISO,SIMO, MIMO. 3 Sistemi propri, strett. propri, statici proprio: y(t) = g(x(t), u(t), t) l’uscita dipende dall’ingresso. strett. proprio: y(t) = g(x(t), t) l’uscita è in funzione solo dello stato o di t esplicito. sistema statico: y(t) = g(u(t), t) l’uscita dipende solo dall’ingresso e da t esplicito. Sistema TI Un sistema si dice tempo invariante se la funzione di stato e di ingresso non dipendono esplicitamente da t. In caso contrario si dicono tempo varianti. y(t) = g(x(t), u(t)) ẋ(t) = f (x(t), u(t)) Sistema lineari Un sistema si dice lineare se le sue equazioni si posso scrivere in questo modo: ( ẋ = A(t)x(t) + B(t)u(t) y(t) = C(t)x(t) + D(t)u(t) A(t) ∈ Rn × Rn , matrice della dinamica B(t) ∈ Rn × Rm , matrice degli ingressi C(t) ∈ Rp × Rn ,matrice dell’uscita D(t) ∈ Rp × Rm , matrice dell’accoppiamento perfetto Il sistema può anche essere non lineare. p Esempio non lineare: y(t) = x(t). Se il sistema è LTI allora le equazioni del sistema diventano: ( ẋ = Ax(t) + Bu(t) y(t) = Cx(t) + Du(t) Le matrici non dipendono dal tempo, sono costanti. 2 Modelli di sistemi fisici Modellistica a TC 1. individuare i gradi di libertà, il numero minimo di componenti o vari- abile che in un dato istante t ∈ R descrivono in maniera univoca la con- figurazione del sistema.(esempio le masse nei sistemi meccanici) 2. individuare le variabili ingresso e uscita 3. scrivo il modello del sistema con le variabili ingresso-uscita I-U. 4 Caso semplice, SISO LTI Dati y(t) ∈ R, u(t) ∈ R (sono monodimensionali) La forma I-U in questo caso è: dn y(t) dn−1 y(t) dy(t) dn u(t) dn−1 u(t) du(t) n +α n-1 n−1 +.....+α 1 +α 0 y(t) = β n n +β n-1 n−1 +.....+β 1 +β 0 u(t) dt dt dt dt dt dt Nel caso in cui il sistema sia LTV, allora αi (t) e βi (t) (i coefficienti sono funzioni del tempo). La forma I-U dà solo un’idea dell’interazione del sistema con l’esterno, per tenero conto della sua evoluzione e del comportamento interno nello scorrere del tempo, introduco le variabili di stato e la forma I-S-U: ( ẋ = f (x(t), u(t), t) ] y(t) = g(x(t), u(t), t) 2.1 Modelli meccanici Componenti elementari Massa: si misura in KG nel SI, può essere considerato come l’opposizione allo spostamento che un corpo ha quando viene applicato una forza su esso. Le grandezze considerate sono concentrate ( consideriamo la massa nel punto, senza tenere in conto della distrubizione del peso oppure di bari- centri, è un’approssimazione consentita nei sistemi). F (t) è una forza esterna, S(t) dà informazioni sull’orientamento pos- itivo dello spostamento. Relazione costitutiva: F (t) = ms̈(t) (seconda legge della dinamica) Molla: qualcosa di flessibile senza una deformazione persistente (la de- formazione è elastica, non plastica, ritorna sempre alla forma originale). 5 Fe (t) è la forza elastica. l(t) è lo spostamento dell’estremo sinistro, e mi definisce anche l’orientamento positivo dell’estremo sinistro. r(t) è lo spostamento dell’estremo destro, e mi definisce anche l’orientamento positivo dell’estremo destro. Definita k ∈ R, k > 0 come la costante elastica, che mi descrive la rigidezza della molla (dimensioni N/m), la relazione costitutiva di una molla è: F (t) = k(r(t) − l(t)) (legge di Hooke). Smorzatore: rappresenta l’attrito viscoso di un oggetto in un fluido,attrito che è proporzionale alla velocità dell’oggetto stesso. l(t) e r(t) hanno lo stesso significato del modello della molla. Fs (t) è la forza di smorzamento. Definito b > 0 il coefficiente di smorzamento, la relazione costitutiva è ˙ F (t) = b(ṙ(t) − l(t)) ( a differenza della molla la differenza è tra le due velocità degli estremi piuttosto che del loro spostamento). Composizione della relazione costitutiva Applicando la 2a legge della dinamica, la relazione costitutiva è: n X mj s̈(t) = Fi (t) i=1 che deve essere applicata a tutte le masse del sistema (pedice j della massa j = 1, 2,..., n, dove le Fi sono tutte le forze che agiscono sulla j-esima massa). Il verso delle forze si stabilisce in base al loro verso in relazione all’orientamento positivo della massa (opposto=forza negativa, concorde=forza positiva). Una volta scritte l’equazione per tutte le masse, scrivo il sistema prima in forma I-U e poi in forma I-S-U. I gradi di libertà del sistema corrispondono solitamente con il numero di masse, supponendo che esse non siano collegate rigidamente (in questo caso si comportano come un’unica massa). Esempi svolti a lezione 6 1. Carro collegato ad una molla e ad uno smorzatore, i cui estremi sinistri sono legati a un oggetto infintamente fermo ( non si muove mai, come un muro impossibile da abbattare). Il movimento r(t) dell’estremo destro dello smorzatore e della molla hanno lo stesso verso dell’orientamento positivo S(t). L’estremo sinistro della molla e dello smorzatore, legati all’oggetto fisso, non si muovono quindi l(t) = 0 ∀t ∈ R. Relazione costitutive delle forze: Fe (t) = k(r(t) − l(t)), ma abbiamo detto che r(t) = S(t) e l(t) = 0, quindi Fe (t) = kS(t) con k costante elastica. Analogamente per lo smorzatore, Fs (t) = bS 0 (t). Applico l’equazione Pn generale (2a della dinamica) alla mia unica massa: mS̈(t) = i=1 F (t)i. Quest’espressione, vedendo lo schema delle forze diventa: mS̈(t) = F (t) − Fe (t) − Fs (t) mS̈(t) = F (t) − kS(t) − bṠ(t) mS̈(t) + bṠ(t) + kS(t) = F (t) 7 S(t) = y(t) posizione è l’uscita, F (t) = u(t) la forza esterna è l’ingresso. forma I-U: my 00 (t) + by 0 (t) + ky(t) = u(t) y 00 (t) + b 0 m y (t) + k m y(t) = 1 m u(t) Ora scelgo le variabili di stato per scrivere il sistema in forma I-S-U: x1 (t) = S(t), x2 (t) = S 0 (t). Ora calcolo x01 (t) e x02 (t). x01 (t) = S 0 (t) = x2 (t) x02 (t) = S 00 (t) = − m k x1 (t) − b m x2 (t) + 1 m u(t) Forma I-S-U:  0 x 1 = x 2  x02 = − mk x1 − b m x2 + 1 mu  y(t) = x1  Classificazione sistema: SISO, LTI, STRETTAMENTE PROPRIO, ORDINE 2, TC. 2. Carro collegato a una molla a sua volta collegata a due molle. L’esempio serve a capire le variabili di comodo, variabili introdotte nel sistema per poterlo risolvere comodomente. Le variabili di comodo una volta usate per facilitare la risoluzione devono essere eliminate. In questo caso la variabile di comodo usata non è altro che una massa di 0 kg e di spostamento Z(t) posto nella giunzione che collega la molla 3 alla molla 1 e 2. Iniziamo con la relazione costitutiva di tutte le forze: F e1 (t) = k1 (Z(t) − 0) = k1 Z(t) F e2 (t) = k2 (Z(t) − 0) = k2 Z(t) F e3 (t) = k3 (S(t) − Z(t)) Applico la 2a legge della dinamica su tutte le masse, anche quella di co- modo: (a) massa di comodo: F e3 (t) − F e1 (t) − F e2 (t) = 0, uguale a 0 perché la massa di comodo è nulla. 8 (b) carro: F (t) − F e3 (t) = mS 00 (t) Dalla equazione (a),esplicitando le forze, posso scrivere Z(t) in funzione di S(T ), in modo da eliminare la variabile di comodo F e3 = F e1 + F e2 k3 S(t) − k3 Z(t) = k1 Z(t) + k2 Z(t) k1 Z(t) + k2 Z(t) + k3 Z(t) = k3 S(t) Z(t) = S(t)( k1 +kk23 +k3 ) Sostituisco Z(t) nellequazione (b): k3 mS 00 (t) = F (t) − k3 (S(t) − k1 +k2 +k3 S(t)) Con le opportune semplificazioni e mcm diventa k3 (k1 +k2 ) mS 00 (t) = F (t) − k1 +k2 +k3 S(t) Modello I-U ponendo y(t) = S(t) e u(t) = F (t): k3 (k1 +k2 ) my 00 (t) + k1 +k2 +k3 y(t) = u(t) k3 (k1 +k2 ) y 00 (t) + m(k1 +k2 +k3 ) y(t) = 1 m u(t); Modello I-S-U ponendo x1 (t) = S(t) e x2 (t) = S 0 (t): x01 (t) = S 0 (t) = x2 (t) k3 (k1 +k2 ) x02 (t) = S 00 (t) = 1 m u(t) − k1 +k2 +k3 x1 (t) y(t) = x1 (t) quindi in forma I-S-U:  0 x 1 = x 2  x02 = m 1 u − kk31 (k1 +k2 ) +k2 +k3 x1  y(t) = x1  3. L’ultimo esempio notevole è il Pendolo visto come sistema meccanico. Il pendolo è un caso particolare poiché lo spostamento avviene lungo due assi. Considerata una corda inestendibile di lunghezza L, dico Ft (t) la forza di tensione della corda e Fp (t) la forza peso applicata sulla mia massa. La g mezza storta in realtà è θ, mi indica l’angolo, l’oscillazione della massa rispetto all’asse verticale. 9 Per applicare la 2a legge della dinamica necessito dell’accelerazione, che in questo caso, proprio come lo spostamento, ha due componenti. Definisco lo spostamento in funzione di θ e poi lo derivo 2 volte ricorrendo alla derivata di funzione composta e alla derivata del prodotto. NB:il meno davanti all’equazione della componente verticale è dovuto al fatto che il corpo si muove verticalmente in verso opposto rispetto all’orientamento,la freccia con la y. ( x(t) = Lsin(θ(t)) y(t) = −Lcos(θ(t)) ( x0 (t) = Lcos(θ(t))θ0 (t) y 0 (t) = Lsin(θ(t))θ0 (t) ( x00 (t) = −Lsin(θ(t))θ0 (t)2 + Lcos(θ(t))θ00 (t) y 00 (t) = Lcos(θ(t))θ0 (t)2 + Lsin(θ(t))θ00 (t) (θ0 (t)2 è il quadrato della derivata prima di θ(t) rispetto al tempo) Ora considero lo schema delle forze applicata sulla mia massa considerando un’asse alla volta: Sull’asse delle x agisce solo la proiezione della tensione della corda: Sull’asse delle y agisce la proiezione della tensione della corda(questa volta la sua componente sull’asse delle y) e la forza peso: 10 Applico la 2a legge della dinamica su entrambi gli assi: ( ( mx00 = −F tx mx00 = −Ft sin(θ) 00 my = F ty − F p = F ty − mg my 00 = Ft cos(θ) − mg Alla prima equazione moltipliclo cos(θ) e alla seconda sin(θ), in questo modo i termini con la Ft diventano uguali: ( ( mx00 cos(θ) = −Ft cos(θ)sin(θ) Ft cos(θ)sin(θ) = −mx00 cos(θ) my 00 sin(θ) = Ft cos(θ)sin(θ) − mgsin(θ) Ft cos(θ)sin(θ) = my 00 sin(θ) + mgsin(θ) Per il metodo del confronto applicato ai sistemi lineari my 00 sin(θ) + mgsin(θ) = −mx00 cos(θ) , portando la x dall’altro lato e semplificando le m, ottengo x00 cos(θ) + y 00 sin(θ) = −gsin(θ) Sostituisco x00 e y 00 con le equazioni dell’accelerazione e ottengo la seguente equazione: Lθ00 (t)cos2 (θ(t))−Lθ0 (t)2 sin(θ(t))cos(θ(t))+Lθ00 (t)sin2 (θ(t))+Lθ0 (t)2 sin(θ(t))cos(θ(t)) = −gsin(θ(t)). Due termini sono uguali di segno opposto (quelli con θ0 (t)2 ) e si tolgono, uso la relazione fondamentale della trigonometria ai termini con θ00 (t) e ottengo Lθ00 (t) = −gsin(θ(t)) Forma I-U con y(t) = θ(t) e senza ingresso. g y 00 (t) + L sin(y(t)) =0 Forma I-S-U Scelgo x1 (t) = θ(t) e x2 (t) = θ0 (t).  0 x1 (t) = x2 (t)  x02 (t) = − Lg sin(x1 (t)) Non è lineare poiché ho il termine sin(x1 (t)).  y(t) = x1 (t)  11 2.2 Sistemi elettrici Componenti elementari: Resistore Il resistore che andiamo a considerare è ideale, non ha in- duttanza o capacità ma è caratterizzato solo dalla resistenza. Ancora una volta usiamo grandezze concentrate: la resistenza di un circuito nel mondo reale non è concentrato solo nei punti dove ci sono i resistori ma è distribuita nei resistori e in tutti i fili del circuito. Relazione costitutiva: VR (t) = RiR (t), 1a legge di Ohm, con R > 0 che è la resistenza. Condensatore Il consideratore nel modello è ideale, non ha né induttanza né resistenza. Relazione costitutiva: ic (t) = CVc0 (t).L’energia elettrostatica che si im- magazina nel condensatore: 21 CVc2 (t), dove Vc è la tensione tra le armatura,C > 0 è la capacità. Generatore ideal di tensione, genera una tensione. 12 Generatore ideale di corrente, genera una corrente. Amplificatore operazionale, componente elettronico. Relazione costitutiva: Vy (t) = GVu (t), dove G è il guadagno (dell’ordine di 106 ). Poiché Vu ' 0 e iu ' 0 ,posso considerare un cortocircuito virtuale tra i due morsetti di ingresso, mentre in uscita un generatore di tensione che produce Vy (t) a causa dell’impedenza trascurabile. Quindi virtualmente l’amplificatore operazionale lo posso vedere anche in questo modo: Relazioni costitutive generali Sono le 2 leggi di Kirchhoff: 1. Equazione al nodo: n X ik (t) = 0 k=1 dato un nodo, la somma delle correnti entranti e uscenti dal nodo deve essere nulla. In un circuito ho sempre n − 1 equazioni indipendenti dove n è il numero dei nodi del circuito. 2. Equazione alle maglie: n X Vj (t) = 0 j=1 , dove Vj sono le tensioni una maglia. 13 Esempio svolti 1. Primo esempio: Usiamo le relazione costituive delle varie componenti: V R1 (t) = R1 i1 (t) V R2 (t) = R2 i(t) V R3 (t) = R3 i2 (t) i(t) = cVc0 (t) VL (t) = Li01 (t) Leggi di kf: All’unico nodo N1 : i1 + i = i2 Ala maglia M1 : VL (t) + V R1 + V R3 = V (t) Alla maglia M2 : V R3 + V R2 + VL = 0 Nei modelli elettrice è consigliato scrivere subito la forma I-S-U: u1 (t) = V (t) u2 (t) = i(t) y(t) = i2 (t) x1 (t) = i1 (t) x2 (t) = Vc (t) Equazioni di stato: VL (t) x01 (t) = i01 (t) = L = 1 L (V (t)−V R1 −V R3 ) = 1 L (u1 (t)−R1 i1 (t)−R3 i2 ) = 1 = L (u1 (t) − R1 x1 (t) − R3 (x1 (t) + u2 (t)) = = − R1 +R L 2 x1 (t) + 1 L u1 (t) − R3 L u2 (t) 14 i(t) u2 (t) x02 (t) = Vc = C = C y(t) = i1 (t) + i(t) = x1 (t) + u2 (t) Forma I-S-U:  x01 (t) = − R1 +R  L 2 x1 (t) + 1 L u1 (t) − R3 L u2 (t) x02 (t) = c u2 (t) 1  y(t) = x1 (t) + u2 (t)  2. Esempio di circuito con l’opAmp : La seconda parte del disegno deriva dalle proprietà di cortocircuito virtuale dell’amplificatore operazionale. Relazione costitutive dei componenti: VR (t) = RiR (t) iR (t) = CVc0 (t) Equazioni alle maglie: M1 : VR (t) = V (t) M2 : Vc (t) + y(t) = 0 Equazioni di stato: u(t) = V (t) x(t) = Vc (t) ir (t) VR (t) u(t) x0 (t) = Vc0 (t) = C = RC = RC Forma I-S-U: ( x0 (t) = RC 1 u(t) y(t) = −x(t) Se x(t) = x0 (t)dt = 1 R R RC u(t)dt 15 1 R Allora y(t) = − RC u(t)dt Il circuito in questione fa l’integrale del segnale in ingresso al più di un 1 fattore − RC. 2.3 Sistemi termici Sistemi in cui sono presenti grandezze termiche (temperatura e calore). I modelli termici fanno ancora uso di grandezze concentrate quindi per la variazione del calore useremo solo la derivata temporale e non quella spaziale (nella realtà sarebbe più preciso). I sistemi termici hanno 2 componenti elementari. Il forno: Q(t) è la quantità di calore scambiato in ingresso al forno, T (t) è la tem- peratura del forno e c identifica la capacità termica del forno. Relazioni costitutive: Q(t) = cT 0 (t) Forno con pareti: A differenza del forno, ciò che comunica con l’esterno è la parete. Tp (t) e cp sono rispettivamente la temperatura e la capacità termica delle pareti. Relazioni generali Si può caratterizzare lo scambio di energia termica me- diante una conduttanza termica k: Q(t) = k(Te (t) − Ti (t)) dove Te (t) è la temperatura esterna, mentre Ti (t) è quella interna. La formula ricorda molto la forza elastica di una molla. 16 Formula P del bilancio energetico: n cT 0 (t) = i=1 Qi (t) da applicare per ogni forno o parete, dove Qi (t) è il calore dall’esterno o verso l’esterno (il verso del flusso del calore ne decide il segno). Esempi svolti 1. Primo esempio di un forno semplice: Qe (t) = k(Te (t) − T (t)) Bilancio del calore: cT 0 (t) = Q(t) + Qe (t) = Q(t) + kk(Te (t) − T (t)) Forma I-U: Q(t) = u1 (t) Te (t) = u2 (t) T (t) = y(t) cy 0 (t) + ky(t) = u1 (t) + ku2 (t) y 0 (t) + kc y(t) = 1c u1 (t) + kc u2 (t) Forma I-S-U: x(t) = T (t) x0 (t) = T 0 (t) ( x0 (t) = 1c Q(t) + ( kc Te (t) − x(t)) = − kc x(t) + 1c u1 (t) + kc u2 (t) y(t) = x(t) 17 2. Esempio con due forni attaccati: Schema del calore del forno 1: Q12 = k1 (T2 − T1 ); Q1e = ke (Te − T1 ) Schema calore del forno 2: La molla in alto a sinistra serve a mantenere la stessa convenzione dei versi dei flussi di calore usata su F1 (Q12 è la stessa dello schema del forno1). Q2e = ke (Te − T1 ) Bilanci del calore sui due forni: F1: c1 T10 (t) = Q(t) + Q12 + Q1e = Q(t) + k1 (T2 − T1 ) + ke (Te − T1 ) F2: c2 T20 (t) = −Q12 + Q2e = −k1 (T2 − T1 ) + Ke (Te − T2 ) Forma I-S-U: u1 (t) = Q(t) u2 (t) = Te (t) (ingressi) x1 (t) = T1 x2 (t) = T2 (stato) y(t) = T1 (t) + T2 (t)  0 1 k1 ke x1 (t) = c1 u1 (t) + c1 (x2 − x1 ) + c1 (u2 − x1 )  x02 (t) = − kc21 (x2 − x1 ) + kc2e (u2 − x2 )  y(t) = x1 + x2  18 2.4 Sistemi Idraulici Nei sistemi idraulici operiamo un’altra serie di apporssimazioni del mondo fisico: assumiamo che il fluido del nostro sistema idraulico sia incomprimibile ovvero c’è una diretta proporzionalità tra portata massica m(t) e quella volumetrica q(t). La costante di proporzionalità è la densità ρ. m(t) = ρq(t) La componente elementare dei sistemi idraulici è il serbatoio. qu (t) è la portata volumetrica di ingresso mentre qy (t) è quella di uscita. S è la sezione del serbatoio e h è l’altezza del liquido nel serbatoio. Bilancio volumetrico: Sh0 (t) = qu (t) − qy (t) Se il moto è turbolento, allora la porta volumetrica di uscita si calcola cosı̀: p qy (t) = a h(t) dove a è il coefficiente di deflusso. Esempio svolto Due serbatoi in cascata di cui qy (t) è turbolenta. 19 Bilancio volumetrico: S1 h1 (t) = qu (t) − q2 (t) S2 h02 (t) = q2 − a Forma I-S-U: x1 (t) = h1 (t) x2 (t) = h2 (t) u1 (t) = qu (t) u2 = q2 (t) y(t) = h2 (t)  0 1 1 x1 (t) = S1 u1 (t) −  S2 u p2 (t) x02 (t) = S12 u2 (t) − a S2 x2 (t)  y(t) = x2 (t)  Non è lineare. 2.5 Scelta delle variabili di stato La scelta delle variabili di stato (nonostante queste possono essere efferttiva- mente infinite) segue una linea guida ben precisa: tutte le grandezze consid- erate come variabili di stato entrano in gioco per il calcolo dell’energia di un determinato sistema. meccanici=posizione(potenziale), velocità(cinetica) termici=temperatura(energia termica) elettrici=tensione condensatore (energia elettrostatica) , corrente induttore (energia eletrtomagnetica). 3 Richiami all’algebra matrice e vettori Le matrici le indichiamo con le lettere maiuscole, A ∈ Rn×m , dove n è il numero delle righe ed m quello delle colonne. Il singolo elemento della matrice lo indichiamo con aij (elemento della i-esima riga e della j-esima colonna). Un vettore colonna è una matrice con una colonna e tante righe quanto sono quelle del vettore. Si indicano con la lettera minuscola.   v1  v2    v ∈ Rn =  .  . vn Una matrice si dice quadrata quando il numero delle righe e colonne sono uguali. A ∈ Rn×n , gli elementi della diagonale principale sono del tipo aii. Gli elementi sulla sopra-diagonale principale sono del tipo ai(i+1). 20 Una matrice quadrata si dice triangolare inferiore se tutti gli elementi sopra la diagonale principale sono nulli, triangolare superiore se tutti gli elementi sotto la diagonale principale sono nulli. Esempio tr. inferiore :   1 0 0 A=1 2 0 3 8 9 Una matrice quadrata si dice diagonale se tutti gli elementi al di fuori della diagonale sono nulli:   1 0 0 A=0 2 0 0 0 9 notazione ed elementi neutri On ∈ Rn×n è una matrice quadrata nulla di n righe e colonne. On×m matrice nulla con n righe e m colonne. om ∈ Rn è il vettore colonna nullo. In ∈ Rn×n è una matrice quadrata diagonale con tutti 1 sulla diagonale, viene detta matrice identità. Partizione a blocchi Una matrice generica di n righe e m colonne, può essere partizionata a blocchi(formata da altre matrici), mantenendo però una coerenza, ovvero blocchi sulla stessa riga devo avere lo stesso numero di righe e blocchi sulla stessa colonna devono avere lo stesso numero di colonne. Esempio:   B C A= D E con B ∈ Rn1 ×m1 , C ∈ Rn1 ×m2 , D ∈ Rn2 ×m1 , E ∈ Rn2 ×m2. A ∈ Rn×m , n = n1 + n2 , m = m1 + m2. Trasposizione Data una matrice A ∈ Rn×m la matrice B è la trasposta di A se B ∈ Rm×n e gli elementi di B sono definitin in questo modo bij = aji. Notazione: B = AT. La matrice trasposta di una diagonale è sè stessa. Una qualsiasi matrice si dice simmetrica se la sua trasposizione è uguale alla matrice di partenza, coiè A = AT. 21 Traccia Data una matrice A ∈ Rn×n quadrata. la traccia di A è la somma di tutti gli elementi sulla diagonale della matrice n X tr(A) = aii i=1 Propietà della traccia: tr(A) = tr(AT ) tr(αA) = αtr(A), α ∈ R   v1  v2    Norma cartesiana Dato un vettore v: v ∈ Rn =  .  si definisce norma  . vn p del vettore (ne indica anche la lunghezza) ||v|| = v12 + v22 +....vn2. Determinante Solo le matrici quadrate hanno un determinante. Data una matrice A ∈ Rn×n quadrata si definisce n X det(A) = aij âij i=1 dove aij è il complemento algebrico, ovvero il determinante della matrice che si ottiene da A eliminando la i-esima riga e la j-esima colonna moltiplicato per (−1)i+j. Inversa Data una matrice A ∈ Rn×n si dice invertibile se il det(A) 6= 0 e la âij sua matrice inversa B = A−1 con gli elementi bij = det(A). Proprietà determinante: det(A−1 ) = 1 det(A) det(αA) = αn det(A) det(AC) = det(CA) = det(A)det(C) det(A) = det(AT ) 22 Se A è una matrice diagonale, allora n Y det(A) = ai i=1. La matrice è inveritibile se il determinante non è nullo, essendo il determi- nante una produttoria affinché sia nulla mi basta porre ai 6= 0, ∀i = 1, 2,..., n. La matrice inversa A−1 sarà una diagonale con i reciproci degli elementi di A. 23 Rango Sia A ∈ Rn×m. Si considerino tutte le matrici quadrate, anche con righe non contigue, di dimensioni r × r con r = 1, 2,...., min{n, m}. Si definisce rango della matrice ρ(A) il massimo valore di r per cui almeno una di queste matrici ha det 6= 0. 0 < ρ(A) ≤ min{n, m}, se ρ(A) = min{n, m}, allora A ha rango massimo. A quadrata è invertibile ←→ ha rango massimo (ρ(A) = n). indipendenza lineare Sia A ∈ Rn×m. Un qualunque insieme di k righe o colonne si dice linearmente indipendente se k X γi ai 6= 0 i=1 con γi ∈ R non tutti nulli. Il massimo numero di righe o colonne linearmente indipendenti all’interno di una matrice è pari al rango della matrice stessa. Prodotto vettore matrice Sia A ∈ Rn×m e v ∈ Rm. Av = p ∈ Rn Prendere un vettore e moltiplicarlo per una matrice significa trasformarlo in un altro vettore appartenente allo stesso spazio. autovalori e autovettori Potrebbe anche prendere un vettore, moltiplicarlo per una data matrice e restituirmelo riscalato, è il caso degli autovettori e au- tovalori di una matrice. 24 Av = λv , dove λv è il vettore riscalato, che sposto al primo membro e ottengo Av − λv = on , metto v in evidenza (A − λIn )v = on la cui soluzione banale è v = on. Per avere soluzioni non banali, sfruttando il teorema di Rouche-Capelli, pongo il det(A − λIn ) = o , questa è l’equazione caratteristica, che posso anche vedere come un polinomio in funzione di λ, detto polinomio caratter- istico: det(A − λIn ) = ϕ(λ) = λn + α1 λn−1 +... + αn−1 λ + αn Le soluzioni a ϕ(λ) = 0 sono gli autovalori della matrice A, a ogni autoval- ore corrispondo uno o più autovettori che verificano l’equazione caratteristica. Se la matrice è reale, gli autovalori possono essere reali o complessi coniugati. legame traccia-determinante e autovalori Esiste un legame tra la traccia e il determinante di una matrice con i suoi autovalori. Data una Matrice A n Y n X det(A) = λi tr(A) = λi i=1 i=1 Ne consegue che A non è invertibile ⇐⇒ almeno uno dei suoi autovalori è nullo. Matrici simili Sia A ∈ Rn×m e sia T ∈ Rn×m , invertibile (T ha determinante non nullo). Considero la matrice T AT −1 , me ne calcolo gli autovalori: det(T AT −1 − λIn ) = 0 Sapendo che T T −1 = In , allora posso scrivere : det(T AT −1 − λT T −1 ) = 0 Mettendo in evidenza a sinistra T e a destra T −1 : det(T (A − λIn )T −1 ) = 0 det(T )det(A − λIn )det(T −1 ) = 0 1 det(T )det(A − λIn ) det(T ) =0 det(A − λIn ) = 0 25 Gli autovalori di T AT −1 sono gli stessi autovalori di A. Le matrici T AT −1 e A si dicono simili poiché hanno gli stessi autovalori. 26 Teorema di Caley-Hamilton Sia A ∈ Rn×n , dato il suo polinomio carat- teristico: ϕ(λ) = λn + α1 λn−1 +... + αn−1 λ + αn Il teorema dice che la matrice A è soluzione del proprio polinomio caratter- istico: ϕ(A) = On , ovvero: An + α1 An−1 +... + αn−1 A + αn = On Se porto tutti i termini a sinistra tranne l’n-esimo ottengo: An = −α1 An−1 −... − αn−1 A − αn An si può esprimere come combinazione lineare della matrice stessa di ordine di potenza inferiore. Molteplicità algebrica Sia A ∈ Rn×n con n autovalori λ1 , λ2 ,...., λn. La molteplicità algebrica di λi il numero di occorrenze di tale autovalore e si indica con µi. n X µi = n i=1 Matrice di struttura semplice Sia A una matrice che genera n autovalori, con µi = 1, ∀i = 1,..., n si dice di struttura semplice. Tutti gli autovalori in questo caso sono distinti. Diagonalizzazione È possibile trovare una matrice simile a A tale che essa sia diagonale e che gli elementi della diagonale siano proprio gli autovalori di A. Questo processo è definito diagonalizzazione. Supponiamo che A sia una matrice di struttura semplice, cerco quindi una matrice invertibile T tale che T AT −1 = AD dove AD è la matrice diagonale. Considero con vn gli autovettori di A e uso la definizione di equazione carat- teristica:  (A − λ1 In )v1 = on   (A − λ I )v = o 2 n 2 n   ..... (A − λn In )vn = on  Sapendo che In vn = vn : 27    Av1 = λ1 v1  Av = λ v 2 2 2   ..... Avn = λn vn        λ1... 0 A v1 v2... vn = v1 v2... vn  0 λ2 0..... λn 28 −1   Se considero TD = U = v1 v2... vn la matrice degli autovettori, che è invertibile e considero la matrice diagonale degli autovettori AD , l’ultima espressione diventa −1 −1 ATD = TD AD Moltiplico entrambi i membri per TD : −1 −1 TD ATD = TD TD AD −1 , ma poiché TD TD = In , allora l’equazione diventa: −1 TD ATD = AD Ho trovato la mia matrice T, che è la matrice degli autovettori dell matrice. Molteplicità geometrica Se gli autovalori non sono tutti distinti fra di loro, allora significa che ce n’è qualcuno con µ > 1. Possiamo definire la molteplicità algebrica di un autovalore λi la capacità di un autovalore di generare autovet- tori linearmenti indipendenti tra loro. La molteplicità geometrica è νi = n − ρ(A − λi In ). Un teorema mi dice che 1 ≤ νi ≤ µi. Se ho n autovalori distinti, µi = 1 ∀i, di conseguenza al teorema νi = 1 ∀i. Teorema diagonalizzazione Una matrice quadrata A con h autovalori dis- tinti è diagonalizzabile ←→ µi = νi ∀i = 1,....., h. Matrici jordanizzabili Data una matrice A quadrata, con h autovalori dis- tinti di cui µi 6= νi per qualche i = 1,..., h, essa non è diagonalizzabile ma è Jordanizzabile. Catena degli autovettori generalizzati Dato un autovalore λi è possibile associare νi vettori indipendenti vij ∈ Rn con i = 1,.., h e j = 1,..., νi Definisco i livelli: Livello ηij = 1 (A − λi In )vij = on (2) Livello ηij = 2 (A − λi In )vij = vij , dove vij è la soluzione del livello precedente. (3) (2) Livello ηij = 3 (A − λi In )vij = vij (η ) (η −1) Livello ηij (A − λi In )vij ij = vij ij Inoltre νi X ηij = µi j=1. Riesco SEMPRE a trovare una matrice simile ad A tale che abbia gli auto- valori di A sulla sua diagonale e qualche 1 sulla sopra-diagonale. 29   λ1 0 1 Definisco con Aj =  0 λ2 1  la matrice di Jordan...... λn A è simile a Tj ATj−1 = Aj dove Tj−1 è la matrice degli autovettori general- izzati. Aj = diag{j1 ,..., jh } è una diagonale a blocchi. ji ∈ C µi ×µi con i = 1,.., h è un blocco di Jordan. ji = diag{ji1 ,..., jiνi }. 30 A sua volta jij è un miniblocco di Jordan, che ha sulla diagonale λi e tutti 1 sulla sopra-diagonale. Esempio Jordanizzabile e matrice di Jordan Esempio svolto a lezione:   −1 0 3 A = −3 2 2 0 0 2 λ1 = −1, λ2 = 2, λ3 = 2. Poiché λ1 è distinto ha sicuramente µ1 = 1.   −3 0 3 Calcoliamo ν2 : ν2 = n − ρ(A − 2I3 ) = 3 − ρ −3 0 2 = 3 − 2 = 1 0 0 0 µ2 6= ν2 , quindi A non è diagonalizzabile, ma Jordanizzabile. Tj−1 = v1 v21 v22 è la matrice dei vettori autogenerati, calcoliamoli.   v1 è semplice da calcolare essendo ν1 = 1 v1 = (A + I3 )v1 = o3   0 0 3 (A + I3 ) = −3 3 2 0 0 3  3z = 0  −3x + 3y + 2z = 0  3z = 0      α 1 v1 = α v1 = 1 0 0 Calcoliamo v21 e v22 con la catena degli autoverroi generalizzati (metodo dei livelli). Livello η21 = 1: (A − 2I3 )v21 = o3   −3 0 3 (A − 2I3 ) = −3 0 2 0 0 0 ( −3x + 3z = 0 −3x + 2z = 0     0 0 v21 = α v1 = 1 0 0 31   0 Livello η22 = 2: (A − 2I3 )v22 = v21 = 1 0 ( −3x + 3z = 0 −3x + 2z = 1     −1 −1 v22 =  α  v1 =  0  −1 −1   1 0 −1 Tj−1 = 1 1 0 0 0 −1 Aj = diag{j1 , j2 } 2 blocchi di jordan. j1 = −1 j2 = {j21 } 1 miniblocco di jordan.     λ2 1 2 1 j21 = = 0 λ2 0 2   −1 0 0 Aj =  0 2  0 0 2 Fine. 3.1 Potenza ed esponenziale di una matrice La matrice di Jordan o la matrice diagonale di una matrice A servono a calcolare due matrici fondamentali al fine dello studio dei sistemi dinamici:la potenza e l’esponenziale di una matrice. Potenza di una matrice Vediamo i 2 casi diversi: Caso della matrice diagonalizzabile. Sia A ∈ Rn×n diagonalizzabile, di conseguenza posso scrivere: A = −1 TD AD TD con AD dove AD = diag{λ1 ,..., λi } La potenza di una matrice diagonale è una diagonale con gli elementi elevati alla k. AkD = diag{λk1 ,..., λki } A2 = AA = (TD−1 AD TD )(TD−1 AD TD ), ma TD TD−1 = In allora A2 = TD−1 A2D TD Iterando k volte: Ak = TD−1 AkD TD 32 Caso della matrice jordanizzabile. Ak = TJ−1 diag{j1k ,...., jhk }TJ Potenza del blocco di jordan jik = diag{ji1k ,...jiνi } con i = 1,..., h e j = 1,...., νi   ξ0 ξ1 ξ2... ξηij −1  0 ξ0 ξ1..... ξηij −2    0 Potenza del miniblocco di jordan jij =  0 ξ0..... ξηij −3   0 0 0.........  0 0 0.... ξ0 ( k λk−l k! k−l  ξl = l i = l!(k−l)! λi l ≤k Definizione di ξ: con l = 0,...., ηij − 1 ξ0 = 0, l > 0 Poiché le matrici incontrate nel corso saranno 2x2 o 3x3, vediamo i casi particolari: λi kλk−1 k 2 λk−2  k  λi kλk−1  k  i i caso 2x2= i caso 3x3=  0 λki kλk−1  0 λki i k 0 0 λi Esponenziale della matrice La definizione dell’esponenziale di una matrice è la seguente: P+∞ i i 2 eAt = i=0 Ai!t = In + At + At2 +... è la somma di una serie di potenze di matrici. Caso di una matrice diagonalizzabile. A la esprimo in forma diagonale: −1 −1 i −1 P+∞ (TD AD TD )i ti P+∞ TD AD TD ti eAt = eTD AD TD t = i=0 i! = i=0 i! = −1 P+∞ TD (AD t)i TD −1 P+∞ (AD t)i −1 AD t = i=0 i! = TD i=0 i! TD = TD e TD dove eAD t = diag{eλ1 t ,..., eλn t }. 33 Caso di matrice A solo jordanizzabile. eAt = TJ−1 diag{ej1 t ,..., ejh t }TJ dove eji t è un blocco di Jordan cosı̀ definito: eji t = diag{eji1 t ,..., ejiνi t } con i = 1,.., h e j = 1,.., νi e ejij t è un miniblocco di jordan.   t2 tηij −1 1 t 2....... (ηij −1)!  Definizione di un miniblocco di jordan ejij t = eλi t 0 1  t........  0 0 1 t...... t2     1 t λi t 1 t 2 Caso 2x2= e Caso 3x3= eλi t 0 1 t 0 1 0 0 1 3.2 Tecnica polinomio interpolante La Tecnica polinomio interpolante permette di calcolare l’esponenziale di una matrice con tutti gli autovalori distinti, senza calcolare gli autovettori (richiede meno calcoli rispetto a ciò che abbiamo visto in precedenza). Prima di arrivare alla tecnina del polinomio interpolante, dobbiamo di- mostrare una relazione. Sia Sia A ∈ Rn×n con h autovalori distinti λ1 , λ2 ,...., λn. Sapendo che Avi = λi vi , dimostro per induzione che Aq vi = λqi vi. base dell’induzione= Aq vi = λqi vi Per q=1, Avi = λi vi , banalmente sappiamo che questa relazione è vera. Passo induttivo, devo dimostrare che per q = q + 1, Aq+1 vi = λq+1 i vi. Dim: Aq+1 vi = Aq Avi ma Avi = λi vi , quindi Aq Avi = Aq λi vi = porto avanti λi e do per vera la base di induzione, λi Aq vi = λi λqi vi = λq+1 i vi Dalla catena di eguaglianze Aq+1 vi = λq+1 i vi La bade di induzione è verificato, di conseguenza λq è un autovalore di Aq. eAt ∈ Rn×n Ak tk P+∞ eAt vi = k=0 k! vi dove vi è un autovettore di A. P+∞ k P+∞ k tk ek! sono scalari, quindi posso spostarli: k=0 Ak vi tk! = k=0 λki vi tk! dato che: Ak vi = λki vi 34 P+∞ λk tk P+∞ λk it k Quindi eAt vi = k=0 ik! vi , ma k=0 k! è la definizione dell’esponenziale di uno scalare ed equivale a eλi t. In definitiva eAt vi = eλi t vi ovvero eλi t è un autovettore della matrice espo- nenziale. Teorema di Caley-Hamilton mi dice che la potenza di una matrice è combinazione lineare delle matrici di ordine di potenza inferiore. Ovvero: Pn−1 Pn−1 An = − i=0 αi Ai ,ma dato un q > 0, An+q = − i=0 βi Ai Dalla potenza n in poi (n numero di righe e di colonne), ogni potenza sarà combinazione lineare delle potenze di ordine inferiore fino alla n − 1. Vale per tutte le q, ciò che cambia sono solo i coefficiente(nota β invece di α). P+∞ k k Pn−1 Applichiamo il teorema all’esponenziale:eAt = k=0 Ak!t = i=0 γi (t)Ai. γi (t) c’è la dipendenza del tempo per la rpesenza di tk nella sommatoria. Ora devo calcolare i γi (t). Da tutti i passaggi che abbiamo fatto preceden- temente possiamo scrivere che, siano i = 1,..., n gli autovalori della matrice A: Pn−1 Pn−1 per i = 1, eAt v1 = j=0 γj (t)Aj v1 = i=0 γj (t)λj1 v1 = eλ1 t v1 Pn−1 Pn−1 per i = n, eAt vn = j=0 γj (t)Aj vn = i=0 γj (t)λjn vn = eλn t vn Pn−1 j λ1 t  i=0 γj (t)λ1 v1 = e v1 .... Pn−1  j λn t i=0 γj (t)λn vn = e vn Ho uno scalare moltiplicato a un vettore a sinistra, a destra ho uno scalare moltiplicato per lo stesso vetore, affinché l’eguaglianza valga gli scalare devono essere necessariamente uguali. Pn−1 j  λ1 t 2 n−1 λ1 t  i=0 γj (t)λ1 = e  γ0 (t) + γ1 (t)λ1 + γ2 (t)λ1 +... + γn−1 (t)λ1 = e ........ Pn−1  j λn t  i=0 γj (t)λn = e γ0 (t) + γ1 (t)λn + γ2 (t)λ2n +... + γn−1 (t)λnn−1 = eλn t  Sistema lineare con n incognite, matricibiabile: 1 λ1 λ21... λn−1     λ t 1 γ0 (t) e 1 ............  ...  =...   2 1 λn λn... λn n−1 γn−1 (t) eλn t La prima matrice è detta matrice di Vandermonde V = (λ1 ,..., λn ), la sec- onda è il vettore dei coefficienti γ(t) e l’ultima è il vettore degli esponenziali degli autovalori, che per comodità chiamo z. 35 Quindi posso dire che V λ1 ,..., λn )γ(t) = z. Se V fosse invertibile possiamo calcolare γ(t) = zV −1 (λ1 ,..., λn ).V è invertibile se il suo determinante è diverso da 0. Q Si dimostra che det(V ) = 1≤i 0, ∃δ > 0 : ∀ x0 stato iniziale tale che ||x0 − x̄|| ≤ δ, detto x(t) il movimento dello stato ottenuto a partire da x0 , sia ||x(t) − x̄|| ≤ . Quindi se ho uno stato di equilibrio x̄ che è costante, per un qualunque stato iniziale vicino a quello di equilibrio (norma minore di delta) allora la funzione, l’evolvere dello stato iniziale è vicino a quello costante dello stato di equilibrio. (viene più facile se pensi a x0 = x(0). Asintoticamente stabile Uno stato di equilibrio x̄ che è già stabile, si dice essere asintoticamente stabile se lim inf t||x(t) − x̄|| = 0. All’infinito sono uguali l’evolvere dello stato iniziale e lo stato di equilibrio. Instabile Uno stato di equilibrio x̄ è instabile se non è stabile. Analisi grafica di tutti e tre i tipi: 38 Esempio applicazione della definizione Ho un circuito RC. x(t) = VC (t) u(t) = V (t) u(t) = VR (t) ( ˙ = − 1 x(t) + 1 u(t) x(t) RC RC 1 1 per u(t) = ū, 0 = − RC x̄ + RC ū, x̄ = ū. y(t) = −x(t) + u(t) Il sistema è stabile quando il generatore e il condensatore hanno la stessa ddp ai loro capi. Ora applico la definizione di stabilità di stato di equilibrio. Sia x0 6= x̄ : |x0 − x̄| ≤ δ Il sistema diventa un’equazione differenziale: ( ˙ = − 1 x(t) + 1 ū x(t) RC RC x(0) = x0 t t La soluzione all’equazione differenziale è x(t) = e− RC x0 + (1 − e− RC )ū. (al numeratore c’è la t). Devo verificare che |x(t) − x| ≤  ∀ > 0 (definizione di stabilità semplice). t t t t t |x(t)−x̄| = |e− RC x0 +(1−e− RC )ū−ū| = |e− RC x0 −e− RC ū| = |e− RC (x0 −ū)| t Riscrivo ū come x̄ e ottengo e− RC (x0 − x̄)| <  t Ora se studia la funzione e− RC con t ∈ [0, +∞] noto che a +∞ tende a 0 ed t ha un massimo in 0, quando vale 1. Di conseguenza e− RC ≤ 1 ∀t ∈ [0, +∞]. t Posso scrivere che |e− RC (x0 − x̄)| ≤ |x0 − x̄| Dobbiamo provare che |x0 −x̄| ≤ , m se scelgo  = δ, sapendo che |x0 −x̄| ≤ δ esiste sicuramente un δ tale che |x0 − x̄| ≤  = δ. Di conseguenza x̄ è stabile. Ma è anche asintoticamente stabile poiché: t limt→∞ |x(t) − x̄| = limt→∞ |e− RC (x0 − x̄)| = 0 39 4.3 Stabilità per il movimento di stato Stabilità semplicemente del movimento di stato Se u(t), ˜ t ≥ 0un in- gresso nominale qualunque al quale corrisponde un movimento dello stato x(t), ˜ t≥ 0, a partire da x˜0 = x̃(0). Sia x0 un nuovo stato iniziale, il quale genera un movimento x(t) se il sistema è sottoposto allo stesso ingresso ũ(t). x̃(t) si dice stabile se ∀ε > 0, ∃δ > 0 : ∀x0 , |x0 − x̃0 < δ| allora ||x(t) − x̃(t)|| ≤ ε. Movimento Asintoticamente stabile Se limt→∞ ||x(t) − x̃(t)|| = 0, x̃(t) si dice asintoticamente stabile. Movimento instabile Un movimento nominale x̃(t) che non è stabile si dice instabile. Alla fine della fiera, le definizione sono molto simili, basta cambiare lo stato di equilibrio x̄ con il movimento nominale x̃(t) 4.4 Metodo di Ljapunov e forme quadratiche Funzioni scalari di variabile vettoriali Si definiscono in questo modo: n n W (x) : R → R , con x ∈ R. W (x) si dice essere definita positiva se: 1. W (x) = 0 quando x = 0n 2. W (x) > 0 ∀x − {0n } ∈ S ⊆ Rn W (x) si dice essere semi-definita positiva se: 1. W (x) = 0 quando x = 0n 2. W (x) ≥ 0 ∀x − {0n } ∈ S ⊆ Rn W (x) si dice essere definita negativa se: 1. W (x) = 0 quando x = 0n 2. W (x) < 0 ∀x − {0n } ∈ S ⊆ Rn W (x) si dice essere semi-definita negativa se: 1. W (x) = 0 quando x = 0n 2. W (x) ≤ 0 ∀x − {0n } ∈ S ⊆ Rn W (x) si dice radialmente illimitata se lim||x||→∞ W (x) = ±∞ 40 Forma quadratica Tra tutte le funzioni W (x) scalari di varaibile vettoriale, ve ne sono alcune particolari, costituite tramite una matrice F quadrata ∈ Rn×n ( n variabili di stato), attraverso la cosidetta forma quadratica: W (x) = xT F x, dove F è il nucelo della forma quadratica. Se la matrice è definita positiva, negativa etc. , anche il nucleo lo sarà (la proprietà viene traslata a F ). Metodo Ljapunov Si assuma di avere un sistema stazionario a tempo con- tinuo: ( ẋ(t) = f (x(t), u(t)) y(t) = g(x(t), y(t)) Si assuma per il momento che, dato u(t) = ū, lo stato di equilibrio corrispon- dente sia x̄ = 0n. Dalla definizione di stato di equilibrio: 0n = f (0n , ū). Definiamo una fun- zione scalare di variabile vettoriale: V (x) : Rn → R. Calcolo la derivata rispetto al tempo: dV (x) dx dV (x) dx dV (x) dV (x) V̇ (x) = dt dx = dx dt = dx ẋ(t) = dx f (x(t), u(t)) Si suppongano V (x) e V̇ (x) si suppongano contiune almeno in un intorno di x̄ = 0n. Teorema Se ∃V (x) definita positiva e tale che V̇ (x) sia definita negativa → x̄ = 0n è asintoticamente stabile. Quando V (x) rispetta questa proprietò si dice di Ljapinov. V (x) va trovata, il teorema va da sinistra verso destra. Teorema Se ∃V (x) definita positiva e tale che V̇ (x) sia semi-definita negativa → x̄ = 0n è stabile. Criterio di Lasalle Sia V (x) definita positiva con V̇ (x) semi definita nega- tiva. Sappiamo che x̄ = 0n è stabile. Se in un intorno S di x̄ = 0n accade che ∀ x ∈ S ed in cui V̇ (x) = 0, l’unico movimento possibile è quello identicamente nulla allora x̄ = 0n è asintoticamente stabile. Ora estendiamo il metodo al caso generale, quando x̄ = 0n. ¯ = ū, ho uno stato di equilibrio f (x̄, ū) = 0n. Dato un u(t) Si ponga z(t) = x(t) − x̄ (traslazione dello stato) d dx̄ Le nuove equazioni di stato: z̄(t) = dt (x(t) − x̄) = ẋ(t) − dt = ẋ(t) = f (x(t), ū) = f (z(t) + x̄, ū) 41 Qual è lo stato di equilibrio di ż(t) = f (z(t) + x̄, ū)? 0n = f (z̄ + x̄, ū) e poiché f (x̄, ū) = 0n , le due equazioni sono uguali solo quando z̄ + x̄ = x̄ ovvero quando z̄ = 0 Le proprietà di stabilità di z̄ = 0n si trasferiscono a quelle di x̄ 6= 0n. Esempio Esempio del pendolo, con stati di equilibrio di cui ignoriamo l’uscita: (   ẋ1 (t) = x2 (t) 0 con x̄ = (stato di equilibrio). ẋ2 (t) = − Lg sin(x1 (t)) 0 Data la funzione scalare a variabile vettoriale V (x) = 12 x22 + Lg (1−cos(x1 (t)). Verifichiamo se V (x) è definita positiva g 1. V (0n ) = 12 02n + L (1 − 1) = 0 2. V (x) è sempre positiva per x 6= 0n poiché ho un quadrato e un coseno, il cui valore oscilla tra 1 e -1, quindi è sempre positiva stretta. Calcolo la derivata rispetto al tempo di V (x), quindi: dV (x) V̇ (x) = dx f (x(t), u(t)) dV (x)  ∂V ∂V  g  dx = ∂x1 ∂x2 = L sin(x1 ) x2 è il gradiente di V (x).   x2 (t) f (x(t), u(t)) = ẋ = − Lg sin(x1 )   dV (x) g  x2 (t) V̇ (x) = dx f (x(t), u(t)) = L sin(x1 ) x2 × − Lg sin(x1 ) = g g = L x2 sin(x1 ) − L x2 sin(x1 ) = 0. V̇ (x) è semi-definita negativa (essendo sempre nulla posso definirla semi- definita negativa, ma volendo anche positiva perché in entrambi i casi sarà coerente con la definizione). Di conseguenza x̄ = 0n è stabile (poiché la funzione V (x) scalare a variabile vettoriale è positiva e la sua derivata è semi-definita negativa). Nei sistemi tempo invarianti non lineari gli stati di equilibrio possono avere diversi classificazioni e tipi di stabilità. 42 4.5 Metodo di Ljapunov per sistemi LTI ( ẋ(t) = Ax(t) + Bu(t) Dato un sistema lineare tempo invariante: y(t) = Cx(t) + Du(t) Si definisce equazione di Ljapunov la seguente: AT P + P A = −Q con P, Q ∈ Rn×n. Teorema Un sistema LTI è asintoticamente stabile ←→ ∀ Q simmetica e definita positiva, l’equazione di Ljapunov è soddisfatta da una soluzione P sim- metrica e definita positiva. La Q più semplice definita positiva è la matrice identità. Ricordiamo che una matrice H è definitva positiva se dato un qualsiasi vet- tore x ∈ Rn : xT P x = 0 per x = 0n xT P x > 0 per x 6= 0n Il teorema mi dà una condizione necessaria e sufficiente rispetto ai sistemi gener- ici, nota come qui la dicitura è ”il sistema è stabile” e non il singolo stato. 4.6 Stati di equilibrio per sistemi LTI ( ẋ(t) = Ax(t) + Bu(t) Dato un sistema lineare tempo invariante: y(t) = Cx(t) + Du(t) a cui applico all’ingresso costante tale che u(t) = ū, il sistema diventa cosı̀: ( 0 = Ax̄ + B ū andiamo a studiare l’equazione Ax̄ = −B ū: ȳ = C x̄ + Dū 1. Se A è invertibile, x̄ è unico poiché posso scrivere x̄ = −A−1 B ū. L’uscita costante sarà ȳ = −CA−1 B ū + Dū = (−CA−1 B + D)ū. Il fattore (−CA−1 B + D) costante, viene definito guadagno statico del sistema, statico perché costante, guadagno perché l’uscita non è altro che l’ingresso moltiplicato per un fattore (il guadagno appunto) che lo amplifica o lo attenua (un po’ come un amplificatore). A è invertibile quando il det(A) 6= 0, sapendo che n Y det(A) = λi i=1 allora la mia matrice A non deve avere nessun autovalore nullo. Di con- seguenza un autovalore nullo è critico per i sistemi LTI. 43 2. A non è invertibile, allora l’equazione Ax̄ = −B ū potrebbe avere infinite soluzioni, oppure nessuna, dipende da caso in caso, rimane comunque un sistema lineare. 4.7 Formule di Lagrange  ẋ(t) = Ax(t) + Bu(t)  Dato un sistema lineare tempo invariante con lo stato iniziale noto: y(t) = Cx(t) + Du(t)  x(t0 ) = x0  La soluzione dello stato per t ≥ t0 è Z t x(t) = eA(t−t0 ) x0 + eA(t−τ ) Bu(τ ) dτ t0 dove eA(t−t0 ) viene definita matrice di transizione nello stato e si denota cosı̀ Φ(t − t0 ); eA(t−τ ) B è la matrice delle risposte impulsive nello stato e si denota cosı̀ H(t − τ ). Tutti i termini moltiplicati per l’ingresso u(t) sono definiti movimento forzato dello stato xF (t), mentre il resto dell’equazione è definito movimento libero dello stato xL (t). La soluzione dell’uscita di conseguenza diventa per t ≥ t0 Z t A(t−t0 ) y(t) = Ce x0 + C eA(t−τ ) Bu(τ ) dτ + Du(t) t0 dove CeA(t−t0 ) viene definita matrice di trasformazione nelle uscite e si denota cosı̀ Ψ(t − t0 ); CeA(t−τ ) B è la matrice delle risposte impulsive nelle uscite e si denota cosı̀ W (t − τ ). Tutti i termini moltiplicati per l’ingresso u(t) sono definiti movimento forzato dell’uscita yF (t), mentre il resto dell’equazione è definito movimento libero dell’uscita yL (t). 4.8 Principio della sovrapposizione degli effetti Supponiamo di avere il nostro sistema LTI nelle condizioni iniziali x01 e sol- lecitiamo l’ingresso con u1 (t) Z t x1 (t) = eA(t−t0 ) x01 + eA(t−τ ) Bu1 (τ ) dτ t0 Z t y1 (t) = CeA(t−t0 ) x01 + C eA(t−τ ) Bu1 (τ ) dτ + Du1 (t) t0 44 Supponiamo ora di avere il nostro stesso sistema LTI nelle condizioni iniziali x02 e sollecitiamo l’ingresso u2 (t) Z t x2 (t) = eA(t−t0 ) x02 + eA(t−τ ) Bu2 (τ ) dτ t0 Z t y2 (t) = CeA(t−t0 ) x02 + C eA(t−τ ) Bu2 (τ ) dτ + Du2 (t) t0 Considerato un sistema LTI, siano x1 (t) e y1 (t) i movimenti generati dall’ingresso u1 (t) e a partire da x01. Siano invece x2 (t) e y2 (t) i movimenti generati dall’ingresso u2 (t) e a partire dalla condizione iniziale x02. Per una qualunque coppia di coefficienti scalari α e β, i movimenti nello stato e nell’uscita generati a partire dallo stato iniziale x0 = αx01 + βx02 e dall’ingresso u(t) = αu1 (t) + βu2 (t) sono la combinazione lineare, secondo gli stessi coefficienti, dei movimenti generati dai soli ingressi e stati iniziali: x(t) = αx1 (t) + βx2 (t) y(t) = αy1 (t) + βy2 (t) Il principio è particolarmente utile per i sistemi MISO. 4.9 Rappresentazioni equivalenti Sia dato un sistema LTI, x̂(t) è una nuova rappresentazione di stato, definita in questo modo: x̂(t) = T x(t) con x̂, x ∈ Rn , T ∈ Rn×n e det(t) 6= 0. Esistono infinite rappresentazioni perché posso trovare infinite matrici con il determinate non nullo. Il sistema di partenza è: ( ẋ(t) = Ax(t) + Bu(t) y(t) = Cx(T ) + Du(t) Dalla nuova rappresentazione dello stato so che x(t) = T −1 x̂(t), che sosti- tuita nella precedente si ha: ( ˙ T −1 x̂(t) = AT −1 x̂(t) + Bu(t) y(t) = CT −1 x̂(t) + Du(t) 45 e moltiplicando T ottengo: ( ˙ x̂(t) = T AT −1 x̂(t) + T Bu(t) y(t) = T CT −1 x̂(t) + T Du(t) Definito T AT −1 = Â, T B = B̂, T CT −1 = Ĉ, T D = D̂, ottengo un nuovo sistema in x̂, una rappresentazione equivalente poiché il contenuto informativo di A è invariato. è identico, poiché Â è simile a A. La condizione iniziale del nuovo sistema è x̂0 = tx0. ( ˙ x̂(t) = Âx̂(t) + B̂u(t) y(t) = Ĉ x̂(t) + D̂u(t) (A, B, C, D) e (Â, B̂, Ĉ, D̂) sono diversi numericamente ma descrivono lo stesso sistema LTI. Il movimento dello stato cambia, x̂(t) ha un significato fisico diverso. Il movimento di uscita a un dato ingresso è uguale, ciò che cambia è la rappresentazione interna al sistema, ma il movimento dell’uscita y(t), dato u(t), è uguale. 4.10 Rappresentazione equivalente per esponenziale Dato un sistema LTI, dalle formule di Lagrange ho: x(t) = xL (t) + xF (t) y(t) = yL (t) + yF (t) At xL (t) = e x0 yL (t) = CeAt x0 dove eAt è la matrice esponenziale. xL (t) è combinazione lineare di x0 secondo la matrice esponenziale, yL (t) è combinazione lineare di x0 secondo la matrice esponenziale e quella delle uscite. Per calcolare l’esponenziale mi serve che A è diagonalizzabile o jordanizz- abile, nonostante l’esponenziale sia una sommatoria di infinite potenze, in prece- denza abbiamo visto metodi per calcolare se soddisfate talune caratteristiche. L’obiettivo è arrivare a: −1 AD t eAt = TD e TD eAt = TJ−1 eAJ t TJ a partite da xL (t). Caso della matrice dinamica diagonalizzabile. Voglio scrivere il sistema in funzione di xL (t) tramite una rappresentazione equivalente usando come matrice di trasformazione TD −1, quella degli autovettori di A che ho supposto diagonalizzabile. −1 x(t) = TD x̂(t) 46 A questo punto, se calcola la matrice dinamica equivalente ho −1 Â = TD ATD = AD = dia{(λ1 ,..., λn } Dunque il sistema equivalente per l’equazione di stato è ˙ x̂(t) = AD x̂(t) + B̂u(t) L’evoluzione libera di tale sistema equivalente è x̂L (t) = eAD t x̂0 = diag{eλ1 t ,...., eλn t }x̂0 ossia una combinazione lineare dello stato iniziale nella rappresentazione equivalente x̂0 secondo gli esponenziali eλ1 t ,...., eλn t. −1 xL (t) = TD x̂L (t) = T D−1 eAD t x̂0 ma x̂0 = TD x0 , allora −1 AD t xL (t) = TD e TD x0 (praticamente poiché A è diagonalizzabile anche il suo esponenziale lo è). Analizziamo la rappresentazione equivalente del movimento libero dell’uscita: −1 AD t yL (t) = ceAt x0 = CTD e TD x0 −1 ossia è combinazione lineare di x0 secondo le matrici costanti CTD e T D, per gli esponenziali e lo stato iniziale del sistema. I termini esponenziali eλ1 t ,...., eλn t vengono definiti modi naturali del sistema. Se λi ∈ C allora λi = σ + jω, esiste il suo coniugato complesso e il modo naturale è eσt cos(ωt) Caso matrice dinamica jordanizzabile x̂(t) = TJ x(t) dove TJ è l’inversa della matrice degli autovettori generalizzati. x(t) = TJ −1x̂(t) Sono gli stessi passaggi che per la diagonalizzabile: xL (t) = TJ−1 eAJ t TJ x0 yL (t) = CTJ−1 eAJ t TJ x0 Per la matrice jordanizzabile l’esponenziale sono definiti in questo modo:λi ∈ R, tηij −1 eλi t , se invece è complesso e non reale allora esisterà il suo com- plesso coniugato e il modo di natura sarà tηij −1 eσt cos(ωt) 47 Dimostrazione modi di natura complessi coniugati Presi due autovalori complessi coniugati λ1 = σ + jω λ1 = σ − jω allora il modo naturale c1 eλ1 t + c1 eλ2 t = c1 eσt cos(ωt). Se z ∈ C, lo posso scrivere in varie forme: z = Re(z) + jIm(z) = |z|(cos(φ) + jsen(φ)) = |z|ejφ Quindi c1 (eλ1 t + eλ2 t ) = c1 (e(σ+jω)t + e(σ−jω)t ) = c1 (eσt ejωt + eσt e−jωt ) = = c1 eσt (ejωt + e−jωt ) = c1 eσt 2Re{ejωt } = 2c1 eσt cos(ωt) 4.11 Andamento modi naturali del sistema Caso matrice A diagonalizzabile. – Autovalore nell’origine del piano di Gauss ovvero λ = 0 + j0. Il grafico è una costante: 1.2 1.1 eλt 1 0.9 0 1 2 3 4 5 t 48 – Autovalore reale negativo, ovvero per esempio λ = −1. Il grafico è un esponenziale che tende a 0 per t che tende a +∞: 1 0.8 0.6 eλt 0.4 0.2 0 1 2 3 4 5 t – Autovalore reale positivo, esempio λ = 2,esponenziale che tende a +∞ per t che tende a +∞: 100 eλt 50 0 1 2 3 4 5 t 49 – Autovalore complesso con parte reale negativa, λ = −1 + 5j, nota come l’esponenziale sia modulato, come se fosse compreso tra e−x e−x.Il modo è asintotico a 0 per t → +∞: 1 0.5 eλt 0 −0.5 −1 0 1 2 3 4 5 t – Autovalore complesso con parte reale positiva, caso duale rispetto al precedente, è sempre modulato e tende a +∞ per t → ∞, λ = 1 + j5 100 50 eλt 0 −50 −100 0 1 2 3 4 5 : t 50 – Infine, gli autovalori complessi puri positivi o negativi hanno solo la parte con il coseno, quindi dato un autovalore cosı̀ fatto λ = 5j : 1 0.5 eλt 0 −0.5 −1 0 1 2 3 4 5 t Caso della matrice A jordanizzabile, assunto ηij = 2 – Autovalore nell’origine del piano di Gauss ovvero λ = 0+j0. Il grafico non è più una costante, ma una retta poiché eλ t = teσt cos(ωt): 5 4 3 eλt 2 1 0 0 1 2 3 4 5 t 51 – Autovalore reale negativo, ovvero per esempio λ = −1. Il grafico tende inizialmente a salire per effetto di t, ma poi prevale e−t ed è infinitesimo a +∞: 0.3 0.2 eλt 0.1 0 0 1 2 3 4 5 t – Autovalore reale positivo, esempio λ = 2,tende a +∞ per t che tende a +∞: ·105 1 0.8 0.6 eλt 0.4 0.2 0 0 1 2 3 4 5 t 52 – Autovalore complesso con parte reale negativa, λ = −1 + 5j, anche in questo caso ci troviamo in un segnale modulato infinitesimo a +∞ che ha un massimo e poi decresce: 0.2 eλt 0 −0.2 0 1 2 3 4 5 t – Autovalore complesso con parte reale positiva, caso duale rispetto al precedente, è sempre modulato e tende a +∞ per t → ∞, λ = 1 + j5 500 eλt 0 −500 0 1 2 3 4 5 : t 53 – Infine, gli autovalori complessi puri positivi o negativi, quindi dato un autovalore cosı̀ fatto λ = 5j : 4 2 eλt 0 −2 −4 0 1 2 3 4 5 t 4.12 Stabilità LTI Dato un sistema LTI, quindi: ( ẋ(t) = Ax(t) + Bu(t) y(t) = Cx(t) + Du(t) e dato x̄ stato di equilibrio del sistema, ovvero gli x̄ che risolvono quest’equazione: ( 0 = Ax̄ + B ū ȳ = C x̄ + Dū Definizione stabilità Uno stato si dice stabile se ∀ε, ∃δ > 0 : ||x0 − x̄|| ≤ δ, ||x(t) − x̄|| ≤ ε e se lim ||x(t) − x̄|| = 0 t→∞ allora si dice asintoticamente stabile. Prendiamo uno stato iniziale x1,0 vicino a x̄ di un certo scostamento δx0 δx0 = x1,0 − x̄ x1,0 = x̄ + δx0 Studiamo le dinamiche del sistema quanto parte da x1,0 e a cui è sottoposto ū: ( ẋ(t) = Ax(t) + B ū y(t) = Cx(t) + Dū 54 Il movimento soluzione dell’equazione differenziale a partire da x1,0 lo chi- amiamo x1 (t). Studiamo lo scostamento di questo movimento dallo stato di equilibrio δx(t) = x1 (t) − x̄ La dinamica di questo scostamento è δ ẋ(t) = ẋ1 (t) − x̄˙ ma x̄˙ = 0 δ ẋ(t) = ẋ1 (t) = Ax1 (t) + B ū poiché x1 (t) è soluzione di ( ẋ(t) = Ax(t) + B ū y(t) = Cx(t) + Dū x1 (t) = δx(t) + x̄ allora δ ẋ(t) = Aδx(t) + Ax̄ + B ū Ma so che Ax̄ + B ū = 0 per la definizione di stato di equilibrio, ottengo δ ẋ(t) = Aδx(t) Questo sistema non dipende dal particolare valore di x̄ o ū. Riscrivo la definizione di stabilità alla luce di tutto questo: ∀ε > 0, ∃δ > 0 : ||δx0 || ≤ δ, ||δx(t)|| < ε Dalla definizione è scomparsa x̄ e ū. Teorema Uno stato di equilibrio x̄ di un sistema LtI è stabile, asintoticamente stabile o instabile ←→ tutti gli stati di equilibrio del sistema sono rispettiva- mente stabili, asintoticamente stabili o instabili. Guardando l’ultima definizione di stabilità e sapendo che δ ẋ(t) = Aδx(t) è chiaro che il movimento δx(t) mi è dato solo dall’evoluzione della formula di Lagrange: ( δ ẋ(t) = Aδx(t) δx(0) = δx0 che ha per soluzione δx(t) = eAt δx0. Riscriviamo ancora una volta la definizione della stabilità: ∀ε > 0, ∃δ > 0 : ||δx0 || ≤ δ, ||eAt δx0 || ≤ ε Ma dire ||eAt δx0 || ≤ ε equivale a dire che(ricordando l’esponenziale di una matrice come l’esponenziale della sua diagonale per le matrici di autovettori) una combinazione lineare degli esponenziali eλi t deve essere limitata, affinché ciò avvenga ogni singolo esponenziale deve essere limitato (ricorda andamenti dei modi naturali). 55 Teorema Un sistema LTI è : 1. stabile ⇐⇒ tutti i modi naturali del sistema sono limitati 2. asintoticamente stabile ⇐⇒ se tutti i modi naturali del sistema sono limitati e tendono asintoticamente a 0 per t → ∞ 3. instabile ⇐⇒ almeno un modo naturale è divergente (illimitato) Prospetto stabilità LTI asintoticamente stabile ⇐⇒ Re{λi } < 0 ∀i = 1,...n instabile ⇐⇒ ∃λi : Re{λi } > 0, i = 1,...., n stabile ⇐⇒ detto I = {1,..., n} un insieme di indici, detto I ∗ = {i ∈ I : Re{λi } = 0 ∧ νi = µi }, I ∗ ⊆ I, affinché sia stabile: I ∗ 6= ∅ ∧ Re{λj } < 0, j ∈ / I∗ Studio della stabilità LTI dal polinomio caratteristico Definito il poli- nomio caratteristico di una matrice in tal modo ϕ(λ) = ϕ0 λn + ϕ1 λn−1 +... + ϕn−1 λ + ϕn Facciamo una serie di osservazioni. Si dimostra che ϕ0 6= 0 n Y ϕ(λ) = ϕ0 (λ − λi ) i=1 n X ϕ1 −tr(A) = − λi = i=1 ϕ0 n Y ϕn det(−A) = (−1)n λi = i=1 ϕ0 Il sistema LTI è asintoticamente stabile → Pn  Qn n  i=1 λi < 0  (−1)  i=1 λi > 0 tr(A) < 0 ∨ det(−A) > 0 ∨ ϕi ∀i = 1,..., n  ϕ1   ϕn  ϕ0 > 0 ϕ0 > 0 hanno lo stesso segno. 56 Se la matrice dovesse essere una 2x2, allora il sistema LTI è asintoticamente stabile ⇐⇒ ϕ0 , ϕ1 , ϕ2 hanno tutti lo stesso segno (c’è il se e solo se, non solo l’implicazione verso destra). 4.13 Criterio di Routh Esiste una condizione necessaria e sufficiente per determinare l’asintotica sta- bilità di un sistema LTI solo dai coefficienti del polinomio caratteristico ϕ(λ) anche quando n > 2, attraverso la costruzione di una tabella di Routh, che ha n + 1 righe, una struttura triangolare. Table 1: Tabella di Routh # n ϕ0 ϕ2 ϕ4... n−1 ϕ1 ϕ3 ϕ5..... h h1 h2 h3... k k1 k2 k3... l l1 l2 l3..... 1... 0... Per le righe successive, mi servono le due precedenti:   1 h1 hi + 1 h1 li = − det = hi+1 − ki+1 k1 k 1 ki + 1 k1 Se un elemento in tabella non c’è conta come zero. La tabella si dice ben definita se nella prima colonna non compare mai uno zero. Teorema Un sistema LTI è asintoticamente stabile ⇐⇒ la tabella di Routh costruita a partire dal polinomio caratteristico è ben definita e tutti i coefficienti della prima colonna non cambiano di segno. 57 Operazioni lecite e considerazioni sulla tabella 1. Ogni due righe si perde una colonna (struttura triangolare) 2. Le ultime due righe hanno un solo elemento 3. L’ultimo elemento delle colonne all’estrema destra della seconda riga piena si ripete 4. Si può moltiplicare tutta la riga per un coefficiente positivo 5. Si può continuare la tabella di Routh se vi è uno zero nella prima colonna, sostituendo lo zero con un ε piccolo a piacere 6. Un cambio di segno fra i coefficienti della prima colonna indica la presenza di una radice a parte reale positiva 1. Esercizio: ϕ(λ) = λ5 + 15λ4 + 85λ3 + 225λ2 + 274λ + 120 Tutte le condizioni sono verificate, non si può dire niente di conseguenza mi costruisco la tabella di Routh per capire la stabilità del sistema LTI associato al polinomio caratteristico in questione. Scrivo prima le due righe inserendo a zig-zag i ceofficienti del polinomio e poi calcolo tutte le altre righe. # 5 1 85 274 4 15 225 120 3 70 266 2 168 120 1 216 0 120 Nota come il numero 120 si ripete, proprio secondo la proprietà 3. Il sistema LTI associato al polinomio caratteristico è asintoticamente stabile. 2. ϕ(λ) = λ3 + λ2 + λ + 1 # 3 1 1 2 1 1 1 0 58 # 3 1 1 2 1 1 10 ε 0 1 Un elemento della prima colonna è 0, lo sostituisco con un ε piccolo e positivo, in modo tale da poter continuare la tabella. Continuando la tabella con l’epsilon, sostituendo la riga 1 con la riga 1’, l’1 si ripete proprio come ci aspettavamo. Il sistema LTI non è asintotica- mente stabile. 59 3. ϕ(λ) = 4λ3 + 13λ − 17 # 3 4 13 2 0 −17 20 ε 17 1 13ε + 68 0 −17 Sostituisco la riga 2 (poiché c’è uno 0 nella prima colonna) con la riga 2’, dove al posto dello 0 ho messo l’ε. Poiché c’è una variazione di segno tra i coefficienti della prima colonna (13ε + 68 e −17) , seguendo la regola di Cartesio, dà una radice positiva, ovvero un’autovalore reale positivo che mi genera un modo naturale divergente. Il sistema in questione è sicuramente instabile. 4. Simmetria quadrantale: Quando ho tutti elementi nulli su una riga dispari della tabella di Routh, si può differenziare il polinomio di partenza in questo mondo ϕ(λ) = ϕ1 (λ)ϕ2 (λ) dove ϕ1 (λ) è il polinomio fino alla riga nulla mentre ϕ2 (λ) è il polinomio con i coefficienti della riga precedente alla nulla (fino all’ultima) e risulta essere coefficienti con potenza pari. La tabella di Routh prosegue sostituendo la riga nulla con quella che si dϕ2 (λ) ottiene dal polinomio (senza considerare gli 0). dλ Il polinomio ϕ2 cosı̀ costituito si dice essere a simmetria quadrantale, ossia simmetrica rispetto all’origine nel piano complesso. Per cui, ogni radice positiva di ϕ2 (λ) ha una corrispettiva radice negativa. Le altre, in numero tale da raggiungere il grado di ϕ2 (λ) sono a parte reale nulla. Segue un esempio per una miglior comprensione. 60 Vediamo un esempio per capire meglio: (λ) = λ5 + λ4 − 8λ3 − 8λ2 − 9λ − 9 # 5 1 −8 −9 4 1 −8 −9 3 0 0 La riga 3 dispari ha tutti zeri, usiamo il metodo della simmetria quadran- tale. Calcoliamo ϕ2 (λ) usando i coefficienti della riga 4 (la riga prima di quella nulla): ϕ2 (λ) = 1λ4 − 8λ29 e si può notare che sono solo potenze pari. dϕ2 = 4λ3 − 16λ dλ Ora prendo questi coefficienti e li metto nella riga 3’ che sostituisce la mia riga 3: # 5 1 −8 −9 4 1 −8 −9 3 0 0 30 4 −16 2 −4 −9 1 −25 0 9 Il sistema è sicuramente non asintoticamente stabile data la presenza di uno 0 nella prima colonna. Ora analizzo i polinomi ϕ1 (λ) e ϕ2 (λ) : (a) ϕ1 (λ) ha i coefficienti della prima colonna delle righe 5 e 4 (le righe prima della riga originariamente nulla 3). I coefficienti sono 1 e 1, permanenza, regola di Cartesio, radice a parte reale negativa. (b) ϕ2 (λ) ha i coefficienti della prima colonna delle righe da 4 a 0 (dalla prima riga prima anterioriore alla riga originariamente nulla 3 fino all’ultima). I coefficienti hanno una variazione (4 e -4), a cui cor- risponde una radice a parte reale positiva che a sua volta determina una radice a parte reale negativa per la simmetria quadrantale. Delle 5 radici che ho (il numero delle radici, ossia il grado di ϕ2 (λ), lo 61 capisco dal numero di righe che il polinomio comprende in questo caso da 4 a 0) ne ho trovate solo 2, le restanti 3 sono a parte reale nulla. Il sistema LTI associato a questo determinato polinomio caratteristico è instabile ,per la presenza di una radice a parte reale positiva determinata con il metodo della simmetria quadrantale. 5. ϕ(λ) = λ4 + 5λ2 + 4 # 4 1 5 4 3 0 0 La riga 3 ha tutti 0. Quindi dϕ2 (λ) ϕ2 (λ) = λ4 + 5λ2 + 4 = 4λ3 + 10Λ dλ # 4 1 5 4 3 0 0 30 4 10 2 5 8 1 18 0 8 ϕ1 ha radice nulle poiché ha un solo coefficiente. ϕ2 ha tutte radice a parte reale nulla. Questo perché tutti i coefficienti hanno lo stesso segno. Non posso dire che ha soluzioni negative per la permanenza di segno perché a queste soluzioni negative per la simmetria quadrantale ne dovrebbero corrispondere altrettante positive, ma ciò non sarebbe possibile perché avrei 10 soluzione(5 negative e 5 positive), ma ciò non è possibile poiché ϕ2 è di grado 5. Di conseguenza le radici sono tutte a parte reale nulla. Del sistema LTI associato a questo particolare polinomio caratteristico posso dire solo che asintoticamente stabile perché ho degli zeri nella prima colonna. Per sapere se è instabile o semplicemente stabile dovrei studiare µ e ν degli auovalori per stabilire se sono stabili o instabili (nel caso in cui un qualsiasi autovalore a parte reale nulla ha µ 6= ν, caso jordanizzabile, allora è instabile, vedi andamenti modi naturali). 62 Parametri incerti Dati α, β ∈ R ϕ(λ) = λ3 + (2 + α)λ2 + (1 + 2α)λ + α + β Quali sono gli α e β tali che il sistema LTI associato a ϕ(λ) risulti asintoti- camente stabile? # 3 1 1 + 2α 2 2+α α+β 2(α+1)2 −β 1 2+α 0 α+β Per trovare i parametri devo fare un sistema  α + 2 > 0  α+β >0  2(α+1)2 −β  2+α >0 Studiando il problema di segno della disequazione fratta il sistema diventa:  α > −2  α > −β  2(α + 1)2 − β > β  Questo sistema si deve risolvere esclusivamente con il metodo grafico poiché c’è una dipendenza tra le due variabili α e β, quindi bisogna studiare le equazioni del sistema in un piano cartesiano facendole corrispondere a elementi di geome- tria analitica (rette e parabole nel nostro caso). Il prof ha detto che basta verificare 2 punti all’esame per dimostrare la validità del metodo grafico. Ecco qui il grafico disegnato dal prof, dove le linee orizzontali verdi costiuis- cono le coppie di α e β accettabili come soluzione: 63 4.14 Linearizzazione La linearizzazione non è altro che l’approssimazione di un sistema non lineare a uno lineare. Questo processo è utilo per lo studio della stabilità di uno stato di un sistem non lineare, ricordando che la stabilità nei sistemi non lineari è locale (riguarda il singolo stato, possono coesistere stati stabili instabili etc.) mentre nei sistemi lineari è globale

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