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cicatrici chirurgia plastica trattamento medicina

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Questo documento fornisce informazioni sulla chirurgia plastica, coprendo argomenti come le cicatrici, le cicatrici atrofiche e le cicatrici cheloidee. Il documento descrive anche le tecniche di trattamento e le possibili complicanze.

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CHIRURGIA PLASTICA La prima paziente, quella con la dislocazione della palpebra inferiore, quindi un ectropion, ol...

CHIRURGIA PLASTICA La prima paziente, quella con la dislocazione della palpebra inferiore, quindi un ectropion, oltre ad un’incompetenza di chiusura dell’occhio, avrà il canalicolo lacrimare dislocato (quel canale che serve per convogliare le lacrime all’interno della cavità nasale), quindi avrà costantemente un’epifora, un lagoftalmo, oltre a problematiche di mancata copertura umida della superficie corneale. La superficie corneale, quando esposta all’aria, soprattutto durante le ore del sonno quando l’ammiccamento volontario viene ad essere meno efficiente, si secca e crea delle ulcerazioni croniche molto dolorose che necessitano di essere trattate. Il processo di guarigione per seconda intenzione è completamente assente nel feto, perché si tratta di tessuti poco ossigenati, poco inclini a dare risposte infiammatorie, anche per problemi di incompatibilità con la madre. Quindi, in termini di risposta infiammatoria, la reattività fetale è ridotta. Tutto ciò che ruota intorno a provvedimenti correttivi fatti durante la vita fetale deve essere considerato in maniera estremamente attenta perché la capacità rigenerativa dei tessuti del feto, in termini cicatriziali, è sicuramente molto ridotta. Cicatrici patologiche Nell’ambito delle cicatrici patologiche abbiamo: cicatrici ipertrofiche, cicatrici atrofiche e cicatrici cheloidee. Cicatrice atrofica Una cicatrice atrofica si presenta con un aspetto madreperlaceo, un’area depressa, translucida, ipopigmentata, con una serie di teleangectasie superficiali. Queste cicatrici, a causa della mancanza del sottocutaneo, dell’ipoderma, sono estremamente fragili. Pensate cosa può succedere ad una cicatrice del genere se è localizzata in una zona di attrito (dorso, tallone): questi sono tessuti completamente incompetenti, offrono una resistenza limitata rispetto alla cute normale e quando si vengono a trovare in aree soggette ad un attrito meccanico possono risultare insufficienti e andare incontro a ulcerazioni ripetute. Quali possono essere i provvedimenti terapeutici che vanno a ricostruire gli spessori mancanti di questo tessuto cicatriziale? Una delle terapie più utilizzate è data dall’innesto adiposo, cioè la ricostruzione dell’ipoderma con un intervento che prende il nome di ipofilling. Con questa tecnica si vanno a prelevare da una zona donatrice dello stesso paziente delle cellule adipocitarie, che saranno re-infiltrate, re-innestate nell’area ricevente, cioè la cicatrice atrofica, in modo da ricostituire un valido spessore. Questo grasso deve essere prelevato in un certo modo, in quanto deve essere conservata la vitalità degli adipociti prelevati. Ci sono tante tecniche, una di quelle più in voga è quella di Sidney Coleman che prevede la centrifugazione di questo grasso a 3500 giri per 3 minuti, in modo da separare le componenti che non ci interessano come le componenti ematiche (si accumulano nella parte terminale della siringa, essendo più pesanti) e l’olio (più leggero, si accumula nella parte superiore della provetta; bisogna avere premura di rimuoverlo perché finché è contenuto negli adipociti non succede niente, mentre al di fuori, infiltrato nei tessuti, ha un potere flogogeno importantissimo, dà una risposta infiammatoria abnorme, che rischia di invalidare il nostro intervento). Un’altra metodica per andare a coprire l’area atrofica in una regione di attrito, come per esempio una regione sacrale, consiste nello sfruttare la capacità di isteresi dei tessuti (da internet: l’isteresi è un fenomeno presentato da una grandezza fisica quando la sua variazione in funzione di un'altra grandezza non è reversibile. Uno sforzo applicato ad un corpo elastico lo deforma e poi questo non ritorna alla grandezza iniziale) mediante l’introduzione di protesi temporanee (foto sottostante). L’espansore in 5 GUARIGIONE DELLE FERITE questione è una protesi collegata ad una piccola valvoletta, che consente, tramite dei rifornimenti di soluzione fisiologica, di aumentare progressivamente le proprie dimensioni. Per l’isteresi la cute soprastante si distende e si crea del nuovo tessuto. L’esubero di tessuto degli espansori collocati può essere ridisteso e utilizzato per coprire l’area atrofica, una volta che questa è stata rimossa. Grazie a questa tecnica si va a riportare nella regione sede della cicatrice (in questo caso la regione sacrale) un tessuto competente provvisto di tutti i suoi spessori. Cicatrici ipertofiche Vedete dalla foto a sx come è irruenta la reazione biologica, lo si vede dal colore, dallo spessore, dalla consistenza dura e poco elastica. Il rossore intenso testimonia l’aggressività della reazione biologica. Sono più frequenti in giovane età o in certe aree, per esempio la regione sternale, quella interscapolare, dove il derma è più spesso. Queste cicatrici nel corso del tempo spengono, all’ispezione visiva, la loro irruenza, soprattutto in termini di colore, come si vede nell’immagine in alto a dx; questa rappresenta l’evoluzione di una cicatrice ipertofica post- ustione: questo tipo di cicatrice diventa più bianca, ma non perde le loro caratteristiche strutturali, resta estremamente dura, in certe aree può chiaramente interferire con la funzione. La terapia di queste cicatrici è un pochino più complicata. Prima di tutto perché uno dei metodi terapeutici più frequentemente utilizzati è la somministrazione intralesionale di tramcinolone, quindi di uno steroide. Questo si associa ad un’elevata risposta, almeno nell’immediato. Tuttavia, si tratta di un effetto difficilmente modulabile: qualche volta, infatti, nel trattare una cicatrice ipertrofica, soprattutto nelle aree 6 CHIRURGIA PLASTICA palpebrali dove il derma è meno rappresentato, abbiamo che il passaggio all’atrofia è estremamente probabile. Non è modulabile la risposta al cortisonico, non puoi sapere quanta atrofia indurre, non è soltanto un problema di dosaggio, è anche un problema di risposta del paziente. L’altra problematica che il triamcinolone può dare è una problematica di tachifilassi: un certo dosaggio, una posologia di somministrazione, oggi dà un certo tipo di risposta, la quale tende però diminuisce nel tempo al perseverare di quel protocollo terapeutico. Quindi, per mantenere l’efficacia, sono costretto ad aumentare i dosaggi, ad utilizzare molecole destroidi fino ad arrivare ad esempio al clometasolo. Una delle terapie di primo approccio che il professore consiglia, anche se è meno praticata, è la pressoterapia. Questa in genere da delle buone risposte, anche se non tutte le aree sono facilmente comprimibili, come per esempio una cicatrice a livello del volto (in realtà il professore mostra successivamente una slide dove, mediante un device particolare, si va ad agire sul volto di un bambino con cicatrici ipertrofiche post-ustione mediante pressoterapia). Diversamente, una cicatrice su un arto può essere facilmente compressa tramite apposizione di device elastici. Meglio ancora se tra la cicatrice ipertrofica e il device di pressoterapia si interpone del silicone, che idrata molto i tessuti, spegne le componenti infiammatorie. Pressoterapia e silicone sono sicuramente dei buoni presidi terapeutici. Il silicone si utilizza in gel e lamine in gel o lamine. Ci sono poi altre terapie che il professore sconsiglia ma che ritiene giusto inserire per darci un quadro completo. Una di queste è la laser-terapia, in modo particolare la laser-terapia frazionale, la quale può non essere adatta a tutti, soprattutto alla giovane età, dato che il laser crea insulto termico piuttosto importante. Un’altra è la crioterapia, la “somministrazione di freddo”, la quale può creare delle problematiche. Invece la somministrazione di vitamina E e l’idratazione possono essere d’aiuto nel processo di guarigione. Cheloidi Prima erroneamente abbiamo inserito i cheloidi nelle cicatrici quando in realtà non si tratta di vere e proprie cicatrici. Spesso si assiste ad una diagnosi errata in cui le cicatrici ipertrofiche vengono interpretate come cheloidi. Ma il cheloide è qualcosa biologicamente, istologicamente e clinicamente diverso. Il cheloide può essere conseguente ad un insulto chirurgico, tuttavia, il cheloide vero e proprio è qualcosa che nasce spontaneamente. Il professore mostra la foto del torace di un suo paziente che la mattina si è svegliato con un cheloide, vuoi perchè il lenzuolo sul torace è stato uno stimolo sufficiente per la formazione del cheloide, o anche una semplice grattatina durante la notte può aver creato una situazione del genere. Nell’altra immagine, invece, il cheloide su quell’orecchio è venuto ad un soggetto sicuramente predisposto, a seguito di un’infezione subentrata per un piercing che ha slatentizzato la diatesi del paziente nel produrre un cheloide. Perché i cheloidi non sono vere e proprie cicatrici? Perché il cheloide ha un comportamento biologico caratterizzato da una crescita inarrestabile, al contrario di una cicatrice ipertrofica. In più, il cheloide è caratterizzato da tutta una serie di sintomi clinicamente rilevanti: dà un dolore pazzesco, molto spesso in seguito a correzione chirurgica si assiste a recidiva, ancora più grave della lesione iniziale. Cosa si può fare allora? Lasciamo un piccolo margine, da una parte e dall’altra e andiamo suturare il margine del cheloide con il margine contro laterale, è come se il cheloide non se accorgesse. L’insorgenza di recidiva può essere evitata con l’effettuazione di radioterapia post-intervento di escissione, che rappresenta il procedimento terapeutico migliore in questo caso. Ci sono diverse scuole di pensiero sull’applicazione della radioterapia: c’è chi pensa che sia applicabile nelle ore immediatamente successive all’asportazione della lesione, pratica che si associa ad un tasso di recidive minori ma anche ad un tasso 7 GUARIGIONE DELLE FERITE di complicanze in termini di deiscenza maggiore, rispetto all’applicazione della radioterapia dopo qualche giorno, dopo circa 72 ore dalla rimozione. Questo radio-trattamento un pochino più ritardato si associa ad un tasso di complicanze inferiori (in termini di deiscenza), ma pare avere una forza clinica più moderata. Nell’immagine a dx vedete la rimozione di un cheloide con la tecnica appena descritta. Ulcere Per concludere il capitolo sulla guarigione delle ferite parliamo delle ulcere, ovvero di lesioni che derivano dalla perdita di epidermide, parti del derma superficiale e, talvolta, anche strati più profondi della cute. Queste lesioni profonde sono particolarmente dolorose e non dimostrano una normale tendenza alla guarigione spontanea. Possono essere causate da processi infiammatori, turbe circolatorie, disturbi trofici o come conseguenza di neoplasie. Le ulcere flebostatiche sono dovute a ristagno di circolazione che va a colpire il versante venoso; si presentano con fondo sanioso (presenza di pus), granuleggiante, con margini introflessi, sono sclerotiche e hanno un contorno iperpigmentato di tessuto sano dovuto al ristagno di cataboliti che non vengono drenati. Questi sono pazienti che in genere trovano beneficio nel favorire lo scarico venoso sollevando gli arti inferiori, che sono le aree più colpite. Le ulcere ischemiche, invece, si localizzano solitamente a livello del malleolo laterale e sono dovute a sofferenza ischemica degli arti inferiori o dei tessuti in generale; sono dolenti e i pazienti trovano beneficio nel favorire il ristagno degli arti inferiori o favorendo, tramite riscaldamento (utilizzo di borse dell’acqua calda, bagni caldi), una vasodilatazione. Le ulcere neoplastiche hanno sempre materiale necrotico al centro, ma rispetto alle altre tipologie di ulcere vascolari, sono molto più aggressive in termini di progressione di malattia. La terapia prevede, se possibile, la rimozione della causa e vacuum terapia per la preparazione di un letto deterso e non contaminato che possa ospitare la soluzione terapeutica. 8 CHIRURGIA PLASTICA Prevenzione delle ulcere Le ulcere possono essere anche complicanze legate al decubito del paziente: si ha la formazione di ulcerazioni necrotiche cutanee in corrispondenza di prominenze ossee o comunque aree che sono sottoposte a prolungata o ripetuta pressione. questa patologia si riscontra, quindi, soprattutto in pazienti allettati per lungo periodo. La prevenzione è fondamentale essendo patologie di complicata risoluzione, perciò si deve cercare di abolire i fattori di rischio come la permanenza per un lungo periodo nella stessa posizione. Le aree più soggette all’ulcerazione sono quelle di appoggio (regione sacrale, talloni, alluci che toccano sulle coperte, ecc). Rivestono una notevole importanza anche una buona protezione della cute e fattori nutrizionali, perché pazienti malnutriti hanno processi biologici meno reattivi, per cui è importante aggiustare eventuali carenze con integrazioni, controllando frequentemente le proteine. Classificazione Le ulcere sono classificabili in 4 stadi (legge la slide): Terapia L’approccio terapeutico deve essere multidisciplinare e prevede: la determinazione della causa dell’ulcera, con eventuale correzione di alterazioni metaboliche e nutrizionali; trattamento di eventuali patologie concomitanti come diabete, ipertensioni o infezioni; rimozione di agenti contaminanti come i saprofiti delle regioni genitali, in quanto diventano facilmente causa di shock settici; detersione e rimozione chirurgica precoce dei tessuti necrotici; Vacuum terapia; Riparazione del deficit tramite medicazioni avanzate. 9 GUARIGIONE DELLE FERITE SLIDE: Esempi di medicazione avanzata con allestimento di lembi. SLIDE: Esempio particolare di un paziente operato pochi giorni fa con sindrome di Fournier, una fascite necrotizzante streptococcica, rara e devastante. Qui si vede come la regione anale, perianale, scrotale, l’inguine, il pube e il pene siano state totalmente distrutte dall’infezione. Tendenzialmente si associa a pazienti trascurati, come soggetti malnutriti, alcolisti e l’evoluzione è rapida. Qui il paziente è stato trattato, dopo bonifica della regione, attraverso l’allestimento di cinque lembi e la copertura totale dell’area. 10

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