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2017
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This document contains lecture notes from a Chirurgia III class. The professor discusses various surgical emergencies, including gastrointestinal bleeding, intestinal obstruction, peritonitis, and trauma. The material also includes clinic cases showing how to diagnose and treat an emergengy patient. It also discusses the importance of surgical knowledge, patient monitoring, and maintaining cardiac function during emergency situations.
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02/10/2017 Chirurgia III prof Carcoforo DURANTE QUESTA LEZIONE IL PROFESSORE Dà SOLO INFORMAZIONI RIGUARDO ALL’ESAME E AL CORSO IN GENERALE. QUESTO È IL PROGRAMMA CHE IL PROF HA LASCIATO A LEZIONE: -approccio diagnostico/terapeutico al paziente di interesse chirurgico in regime di urgenza/emergenz...
02/10/2017 Chirurgia III prof Carcoforo DURANTE QUESTA LEZIONE IL PROFESSORE Dà SOLO INFORMAZIONI RIGUARDO ALL’ESAME E AL CORSO IN GENERALE. QUESTO È IL PROGRAMMA CHE IL PROF HA LASCIATO A LEZIONE: -approccio diagnostico/terapeutico al paziente di interesse chirurgico in regime di urgenza/emergenza -emorragie gastrointestinali alte e basse -occlusione intestinale: - meccanica; - dinamica -peritoniti -appendicite acuta -diverticolite acuta -colecistite acuta/colica biliare -perforazione di ulcera peptica -perforazione intestinale -infarto intestinale -malattie infiammatorie croniche intestinali complicate -complicanze del diverticolo di Mekel -pancreatite acuta -complicanze postoperatorie - mediche - chirurgiche -traumi toraco-addominali - approccio diagnostico/ terapeutico al paziente politraumatizzato - pneumotorace - rottura epatica - rottura splenica -sindrome compartimentale -infezione dei tessuti molli e fascite necrotizzante -urgenze vascolari - rottura di aneurisma dell’aorta addominale - ischemia critica degli arti inferiori - ateromasia dei tronchi sovra-aortici e STROKE Per quanto riguarda l’ESAME: ci verrà presentato un caso clinico che dovremo valutare e dare la nostra indicazione circa l’iter diagnostico e terapeutico che seguiremmo. Verranno discussi casi clinici anche durante la lezione e questo prevede l’interazione tra docente e studenti. I casi clinici verteranno su tutto ciò che di chirurgico conosciamo e che può prevedere una situazione di urgenza ed emergenza. Per esempio, il pz che viene operato alla tiroide può avere una situazione di emergenza chirurgica: potrà essere quindi essere oggetto di presentazione in pronto soccorso o costituire un’emergenza intraospedaliera che dovremo saper fronteggiare. A prescindere dagli argomenti trattati a lezione lo scibile chirurgico inteso come urgenza ed emergenza dev’essere considerato in toto, quindi qualora non venga trattata una situazione di emergenza della tiroide durante la lezione è presupposto che noi, come medico di medicina generale, la sappiamo affrontare ugualmente. Gli APPELLI si terranno nell’ambito delle sessioni ufficiali, nella sessione di recupero di aprile e molto probabilmente ci sarà un preappello a dicembre di cui ci confermerà la presenza durante le prossime lezioni. Il VOTO nasce dalla media delle due verifiche, tendenzialmente arrotondata in eccesso. Si può sostenere l’esame di Emergenze e Chirurgia Generale in tempi diversi e non c’è un limite di tempo oltre il quale scada il voto dell’esame sostenuto. Per quanto riguarda la FREQUENZA: senza aver fatto le esercitazioni non si può sostenere l’esame (è possibile fare anche cambi singoli durante le esercitazioni). Il foglio delle firme dell’esercitazione dev’essere presentato in sede d’esame. A lezione dobbiamo essere presenti in numero congruo, non prende le firme ma se comincerà ad esserci un numero esiguo di persone farà l’appello. PROPEDEUTICITà: non ricorda quali esami siano propedeutici, per quanto riguarda chirurgia II non sa se sia indispensabile averlo verbalizzato, si informerà. Sicuramente è indispensabile dimostrare di averlo superato. Il professore ci tiene molto al fatto che abbiamo le idee chiare per quanto riguarda l’anatomia e la fisiologia. Per chi lo desidera può, qualora ci si metta d’accordo, spiegare la patologia mammaria e tiroidea, che possono essere discussi in sede d’esame ma non verranno spiegati a lezione. Caso clinico di pediatria: Una mamma porta la bambina di 8 anni da un chirurgo perché ha una piccola cisti in regione areolare. Il chirurgo inizialmente propone alla mamma di risolvere il problema con una terapia antinfiammatoria non FANS, ma questa non ha beneficio e quindi propone l’asportazione della cistina. L’intervento va benissimo ma 3-4 anni dopo la paziente non ha sviluppato monolateralmente la mammella in quanto in sede di chirurgia il chirurgo aveva fatto una mastectomia togliendo anche l’abbozzo della ghiandola mammaria. Successivamente, molto dopo la pubertà, ha dovuto subire un intervento protesico. Questo è un esempio per dire come la conoscenza dell’argomento possa avere ripercussioni su campi professionali completamente diversi. 20/10/2017 Chirurgia III prof Carcoforo Slide: Casi Clinici Chirurgia 3 Il prof quando arriva si lamenta del fatto che c’è poca gente a lezione e prende le firme. Poi si preoccupa di come sono fatte le esercitazioni. La riunione preoperatoria viene fissata max per 40 studenti in open space quando il prof ce lo comunicherà, è facoltativo. Ogni tanto vengono fatte digressioni sulle scienze di base. CASI CLINICI preparati dal dott. DE TROIA e esposti da una nostra collega 1 CASO Anamnesi patologica remota: ipertensione arteriosa, FA parossitica, TIA esordito con afasia e disorientamento in data per cui è stata intrapresa terapia con Apixaban. Anamnesi patologica prossima: giunge in Pronto Soccorso, proveniente da Ospedale periferico, mediante 118 con quadro di shock emorragico in sospetta rottura di aneurisma splenico: effettuata valutazione Tc addome con MDC presso altra sede Cute pallida asciutta PA sistolica 90 mmHg Fc 90 bpm Assopita, risvegliabile Inizia trasfusione di emazie concentrate (protocollo trasfusione massiva) con gruppo O Rh + Come possiamo affrontare una paziente così? La sistolica di 90 mmHg in una donna di 86 anni ipertesa in trattamento (senza considerare il resto) è accettabile e può essere data ad esempio da un eccesso di farmacoterapia. In un ragazzo questo dato è più allarmante perché il paziente giovane ha un compenso più ottimale e se arriva a 90 mmHg anche se è ancora un parametro accettabile. Il prof vuole sapere come esattamente ci dobbiamo comportare praticamente: ABCDE, la problematica è in C Senza l’anamnesi patologica remota e prossima questa paziente potrebbe avere mille problematiche, il medico non applica tutte le volte ABCDE, per cui di fronte a quei dati posso dire che ho una paziente stabile e devo approfondire: -faccio delle domande alla paziente o a chi la accompagna sul motivo per cui si presenta, su come è virato il quadro, o seguendo l’acronimo SAMPLE (Sintomi e segni, Allergie, Medicinali assunti, Patologie in essere e pregresse, L’ultimo pasto, Evento scatenante) che serve per fare anamnesi in PS. Perché hanno inventato tutti questi schemi per semplificare tutto? - diminuire le tempistiche -standardizzare - per tutelare il medico formato dal rischio di errore, per prevenire eventuali negligenze dal personale medico infermieristico L’equipe nei centri traumatologici di riferimento (Cesena, Bologna, Parma-Modena) sono organizzati in maniera perfetta: il paziente in meno di 3 minuti fa la TAC e in meno di 15 min è pronto in sala operatoria intubato. Questi centri prevedono che il personale sia sempre presente e formato, e non hanno sicuramente bisogno dell’ABCDE, che serve invece per dei medici che lavorano in PS. Nella pratica quotidiana ci sono tanti aspetti che non vengono seguiti rispetto alle cose insegnate a lezione, in quanto subentra l’aspetto medico legale. In un caso del genere, con un sospetto di shock emorragico da un aneurisma splenico, il primo esame da fare sarebbe un’ECO FAST, per vedere se ci sono raccolte importanti. Nella pratica quotidiana questo succede raramente. Il prof dice che, da vecchio chirurgo, se ci trovassimo in un posto sperduto come il Sahara, basterebbe avere una siringa con ago, mettere in decubito il paziente e pungerlo (PARACENTESI): se c’è sangue in addome va direttamente in sala operatoria. Nell’altra sede invece hanno fatto una TAC, per due motivi: - problemi medico legali - l’altro non l’ha detto Fare la TAC in un ospedale normale fa perdere più di 1 ora (30 min di reperibilità, 30-40 min per fare la TAC). Quei medici che pur avendo fatto fare tutti i corsi fanno cmq sempre la TAC, da bravi medici invece si fa l’ECO FAST e poi se c’è sangue si chiama il chirurgo e si manda in sala operatoria. La domanda che fa il prof e come si affronta poi una paziente così? Visti i parametri vitali la paziente è stabile e non ha tanto sangue in addome. L’anziano ha un meccanismo di compenso inferiore rispetto al giovane. Da cosa è dato questo meccanismo di compenso? Aumentano le resistenze periferiche sul versante arterioso (i vasi venosi sono di capacità). Noi dobbiamo garantire per prima cosa L’ATTIVITA CARDIACA (primo movens su cui si deve basare la nostra attività clinica). Il presupposto fondamentale per l’espianto degli organi è la presenza di vita (intesa come mantenimento della funzione degli organi che vado ad espiantare) senza attività cerebrale. Perché il cuore batta ci deve essere un adeguato ritorno venoso e quindi che sia soddisfatta la legge di STARLING (Tensione e Lunghezza). Poi avremo tutti gli altri parametri come l’ossigenazione ecc… ma perché questo avvenga serve che arrivi sangue in atrio, altrimenti il cuore va in arresto. Quegli individui muoiono perché non c’è più ritorno venoso e quindi attività cardiaca. Cos’è la vasodilatazione? In fisiologia non esiste la vasodilatazione, non c’è nessuno stimolo vasodilatatorio, esiste una variazione del tono vasocostrittore. Il sistema arterioso lavora a resistenza. Il sistema venoso lavora a Capacitanza. “L’esame di chirurgia al 6 anno è l’esame della conoscenza.” Io in questo caso devo garantire all’organismo dei liquidi: sia cristalloidi che colloidi (più importanti perché richiamo liquidi nel torrente circolatorio). Abbiamo 3 opzioni: -Terapia conservativa monitorando la situazione, per risparmiare la milza: questa opzione però non va bene con la sospetta rottura di un aneurisma splenico. Il monitoraggio clinico e strumentale è utile nel trauma che coinvolge la milza non solo nei giovani, ma anche negli adulti, per evitare la ROTTURA IN DUE TEMPI DELLA MILZA. Ci possono essere delle frammentazioni dell’organo splenico con capsula integra, il versamento ematico progressivo causa la rottura della milza che avviene in genere dal 5° al 7° giorno dopo il trauma. Qui il prof parla di un suo amico veterinario a cui, in seguito ad una caduta da cavallo, è stata fatta una splenectomia e che successivamente è morto per una leptospirosi diffusa. Il grosso problema è stato dato dalla mancanza della milza (organo non indispensabile per la vita ma molto importante). L’evoluzione naturale di un aneurisma è la ROTTURA per cui si opta per: -Intervento chirurgico -Angiografia selettiva ed embolizzazione in Radiologia Interventistica (fatta alla paziente anche se il prof optava per l’altra opzione) In realtà la signora aveva due aneurismi di cui uno era rotto: il chirurgo vascolare ha fatto l’embolizzazione. A livello intestinale cominciamo a vedere un quadro iniziale di ILEO PARALITICO con occlusione intestinale dovuto all’irritazione data dal sangue in addome. “Si è proceduto al cateterismo superselettivo della diramazione superiore dell'arteria splenica fino in prossimità dell’aneurisma, e quindi alla embolizzazione della stessa con spirali metalliche in serie. Quindi è stata embolizzata anche la diramazione i inferiore con microparticelle ( 350 - 500 micron) , per prevenire la collateralizzazione. Infine é stata embolizzata l'arteria splenica nel suo tronco principale, a monte della prima dilatazione aneurismatica, sempre con spirali metalliche” -Supporto aminico al circolo (Noradrenalina) -Degenza in ambiente intensivistico per monitoraggio dei parametri vitali Qui possiamo vedere la milza: “incremento della componente necrotico-emoragica intracapsulare con dislocamento del parenchima splenico anteriormente e multiple aree ipodense infartuali al suo interno” Il prof parla di aree ischemiche e dice che comunque la milza è vascolarizzata da: -arteria splenica - pancreatico duodenali inferiori e superiori - vasi gastrici brevi che derivano dall’arteria gastrica di sx, vasi gastroepiploici - vasi surrenali - legamento spleno colico da cui arrivano dei vasi. Cosa sono i circoli collaterali? Il prof dice che sono vasi preesistenti e non ci sono neo-vasi formati. Il prof appena laureato faceva camminare i vecchietti nella pista di atletica applicando il TEST CONCONI che serve a correggere i pazienti con arteropatia obliterante cronica degli arti inferiori. 4 stadi di Leriche Fontaine: -Stadio I: paziente asintomatico o paucisintomatico. (PREVENZIONE E LEVO I FATTORI DI RISCHIO) -Stadio II: caratterizzato dalla claudicatio intermittens. A seconda della comparsa del dolore in relazione alla distanza percorsa è possibile suddividere il II stadio in: IIa la claudicatio compare dopo aver percorso 200m (ESERCIZIO FISICO) IIb la claudicatio compare prima dei 200m A seguito del dolore il paziente è costretto ad arrestare la marcia per un tempo tanto più lungo quanto più grave e severa è l’ostruzione. (TERAPIA MEDICA) -Stadio III: presenti dolori a riposo con interessamento prevalentemente di dita, piede e tallone. I dolori sono più forti di notte, quando il paziente è disteso. Per questo, spesso, mantiene l’arto pendente fuori dal letto o compie alcuni passi per alleviare il dolore. (TERAPIA CHIRURGICA) -Stadio IV: comparsa di lesioni gangrenose a) limitate all’avampiede b) lesioni prossimali Conconi è il professore che ha dimostrato che l’esercizio fisico si può utilizzare come terapia medica per risolvere questo tipo di problematica. Si basa sul migliorare la soglia aerobica, in maniera da far camminare questi vecchietti sempre un po’ di più anche con il dolore. Il circolo collaterale normalmente è svantaggioso in quanto ad alta resistenza (vaso piccolo) in confronto al vaso principale più grande. Si apre solo nel momento in cui il suo valore di resistenza è minore di quello offerto dalla via principale. -Il rischio dato dalla zona ischemica è di tipo infettivo e alla paziente è stata data un’importante terapia antibiotica. -Degenza in reparto di Chirurgia 2 in III giornata post-embolizzazione -Anemizzazione trattata con emotrasfusione -Stabilità clinico-sintomatologica ad eccezione di algie in ipocondrio sinistro -Controllo ecografico della falda fluida riscontrata alla TC con riassorbimento ed organizzazione -Progressiva ripresa delle normali attività quotidiane -Dimissione in X giornata post-embolizzazione con la prescrizione di controllo ecografico semestrale Alla luce di ciò valeva la pena in senso economico fare tutto questo trattamento: se la paziente fosse stata operata e splenectomizzata in 15 min, dopo 1 ora avrebbe finito l’intervento e sarebbe stata dimessa prima. Poi possiamo avere delle complicanze: -le raccolte ematiche libere in addome possono dare aderenze che in secondo luogo possono dare occlusioni, con l’operazione sarebbe stata lavata. Con l’Operazione avremmo potuto avere: -maggiore Risparmio -maggiore Efficienza -Riduzione Complicanze 07/12/2018 Sbobinatore: Anna Calafati Controllore: Elisa Sartore Docente: Prof. Paolo Carcoforo 1. CASO CLINICO 3: uomo, 71 anni Anamnesi patologica remota: cardiopatia ischemica cronica; nel 2007 angioplastica del ramo discendente anteriore, ipertensione arteriosa, dislipidemia, AOCP sottoposta a posizionamento stent arteria iliaca sinistra. Anamnesi patologica prossima: giunge in Pronto Soccorso per episodio lipotimico con rilascio sfinteriale (PA 90/60). Pz uomo di 71 anni con Artropatia Obliterante Cronica periferica, AOCP (all'esame il Prof. non vuole sigle a meno che non siano riconosciute) sottoposta a posizionamento di stent nell' arteria iliaca di sinistra. Si vede la ricostruzione nell' angio TC perfusionale e si vede la patologia a carico della biforcazione carotidea. Una volta portavamo i pz in sala operatoria con ecodoppler o in casi fortunati con angiografia non selettiva. Ora si fanno grandi ricostruzioni che permettono di vedere tutto il tronco del vaso anche alla periferia, una volta era difficile. Vedo che c'è una placca di carattere calcifico e c'è una stenosi sub occlusiva del 90%. L'arteria carotidea ha due indicazioni chirurgiche fondamentali: 1. quando determina una stenosi emodinamicamente significativa, cioè se è superiore al 70%, in questo caso l'afflusso di sangue cerebrale è significativamente ridotto e può mettere in crisi la funzionalità circolatoria; 2. quando è a rischio emboligeno, quindi si stacca un frammento della placca, indipendentemente dalla dimensione. Bisogna differenziare quando queste condizioni si presentano: nel pz asintomatico, che è un pz che presuppongo non abbia disturbi e che vediamo dopo l'esame va operato entro le 2-3 settimane nel pz sintomatico, che giunge all'attenzione perché ha avuto un TIA (per definizione entro le 24 h). In questo caso non opero subito, aspetto e faccio intanto un monitoraggio con angio TC e vedo come evolve la lesione. Si aspetta ad intervenire per la "legge degli ultimi prati": essendo la vascolarizzazione periferica critica, se opero prima la zona ischemica non si sarà ben cicatrizzata e ci sarà un ipoafflusso. Ci sarà quindi questa aerea ischemica che ha un'area critica attorno, che si chiama area d'ischemia critica. Fare l'intervento subito creerebbe un'ipoperfusione ancora più significativa, aumentando tale area di ischemia da 1mm anche ad 1cm, rischiando di arrivare da un TIA ad un ictus franco e senza recupero. Quindi nel pz sintomatico si attende sempre di avere una guarigione dei 1 tessuti sopratutto limitrofi, aspettando anche 1-2 mesi, cautelandosi con un'adeguata terapia medica. Come osserviamo nella slide a fianco, ho un pz sintomatico con una stenosi vasale subocclusiva di circa il 90%. Come mi devo comportare in questo caso? All'anamnesi vedo che ha avuto un episodio lipotimico, ma è negativo dal punto di vista neurologico. Ecocolordoppler e angio TC rivelano stenosi severa. In questo caso si opera subito per evitare che si positivizzi a livello neurologico, essendo la stenosi così occlusiva, il passaggio all'occlusione completa è veramente molto breve. Quindi, dopo attenta valutazione, intervengo subito. Nel momento in cui lo porto in sala, non posso sbagliare o sarò io a determinare l'ictus perché il tempo di ischemia e clampaggio è brevissimo. Trombolisi sistemica e TEA carotidea. Nello shunt carotideo metto un catetere con due palloncini uno a monte e l'altro a valle, che lascia passare del sangue, quindi "shunta" ma consente l'approccio alla biforcazione. 2. CASO CLINICO 4: donna, 54 anni Anamnesi patologica remota: colecistectomia per calcolosi della colecisti circa 16 anni fa. Fuma 10 sigarette/die. Anamnesi patologica prossima: dolore addominale acuto con successiva localizzazione all’arto inferiore sinistro. EO: paziente non sofferente; arto inferiore sinistro ipotermico rispetto al controlaterale. La paziente è stata inviata dopo aver eseguito terapia fibrinolitica sistemica con actilyse. Ha eseguito presso l'ospedale di Rimini angio TC che ha evidenziato materiale trombotico a livello dell'arco aortico. 2 Si esegue ECD a livello dell'arto superiore sinistro flusso trifasico a livello dell'arteria ulnare e radiale. Flusso da stump a livello dell'arteria poplitea sinistra. Abbiamo qui una donna di 54 anni, fumatrice, 10 sigarette/die con dolore addominale acuto con successiva localizzazione all'arto inferiore sinistro. (Digressione sul ruolo del fumo nei tumori e su come sia cambiata l'incidenza del tumore al polmone nella donna, aumentando in concomitanza con l’aumento dell’abitudine femminile al fumo, che fino a un po’ di anni fa era nettamente inferiore a quella maschile, mentre ora si assiste ad un’inversione di tendenza) Faccio angio TC toraco-addome dell'arto inferiore e vedo una stenosi della polpitea. Procedo con una disostruzione sec. catetere Fogarty dell'asse arterioso dell'arto inferiore sx. La femorale viene incisa trasversalmente e non longitudinalmente, altrimenti andando a suturare determinerei una restrizione del lume e una stenosi. Questa regola dell'incisione trasversale è fondamentale ed è applicabile a qualsiasi condotto ci sia da aprire, anche all'intestino. Attraverso i circoli collaterali viene dunque parzialmente riabitata, ma è ischemica. Non c'è arborizzazione periferica; hanno messo il catetere, lo stanno sfilando e quello è l'embolo che si è venuto a determinare. Quando ho un'ischemia acuta periferica obiettivamente vedo un arto freddo e pallido. Dopo un'ora comincia ad esserci cianosi disto-prossimale. Che significato ha la cianosi? Rappresenta per noi una ridotta perfusione, ma soprattutto una vasocostrizione venosa post capillare che determina una stasi di sangue venoso. In questi casi la cianosi è un fenomeno compensatorio. Concettualmente è vero che il sangue arterioso cerca di estrarre di più, ma in realtà quello che succede è che non lo fa andare via, perché non lo estrae dai tessuti, ma dal sangue venoso. I tessuti lo trattengono, è una vasocostrizione venosa post capillare, quindi una riduzione del ritorno venoso. 3 3. CASO CLINICO 5: donna, 46 anni Anamnesi patologica remota: copatologia psichiatrica con sdr depressiva e disturbo paranoide. Diagnosi di tumore filloide B3 di 45 al QSE della mammella destra nel marzo 2017. Rifiuta l’intervento chirurgico di exeresi della lesione. Anamnesi patologica prossima: giunge in Pronto Soccorso per iperpiressia da qualche giorno (Tc 39,5°C), tosse, voluminosa massa mammaria destra con flogosi locale. E.O: neoplasia solida coinvolgente l'intero corpo mammario destro (diametro assiale circa 25 cm) con aree di neoangiogenesi in corrispondenza del QSE, assenza di ulcerazione cutanea, non ematomi. La signora in questione ha una patologia psichiatrica, ma anche in contesti di sanità mentale certe donne ancora oggi tendono a rifuggire l’intervento chirurgico. Possiamo consigliare la pz in modo che possa avere una second opinion. Ricordate che nell’ambito chirurgico ma anche negli altri settori, la second opinion è qualcosa di doveroso che tutti i pz dovrebbero chiedere, e la “prima opinione” non se ne deve avere a male. Addirittura l’Istituto Europeo di Oncologia offre adesso la second opinion: il pz che ha, per esempio, il tumore alla mammella, ma anche al polmone o a qualunque altro organo, manda la sua documentazione e loro, sulla base di ciò che vedono, danno la seconda opinione (ovviamente questo previo lauto compenso, quindi qui c’è un’altra componente), però sarebbe un modo corretto per affrontare le cose. La second opinion non dev’essere fonte di permalosità del primo chirurgo incontrato. Io innanzitutto dal punto di vista deontologico non vado mai contro un altro parere o chirurgo, quando sono io oggetto della second opinion. Per un motivo di correttezza e soprattutto per non insinuare nella paziente il dubbio che il primo abbia sbagliato e il secondo abbia detto giusto. La medicina non è una scienza esatta, non sempre 1+1=2; potrebbe essere che la paziente segua la sua opinione ma abbia comunque una complicanza. A quel punto torna dal primo che potrebbe dirle “ha visto che ha avuto la complicanza?”. Si crea un meccanismo perverso per cui non conviene. È meglio dire “in base alle risorse, alle disponibilità dei mezzi e alle caratteristiche che abbiamo noi dal punto di vista diagnostico e del trattamento, noi possiamo offrirle questo”; non va assolutamente in antitesi con quello detto prima, è un modo diverso di vedere la situazione. In questo modo la paziente adatta la sua scelta non al fatto che uno ha detto giusto e uno sbagliato, ma fa una sua scelta personale. Per uno stesso tumore ci si può trovare a prospettare una mastectomia o un intervento conservativo. La mammella è un organo strettamente legato alla sfera femminile e che ha un suo significato sociale e personale importante, inoltre è un organo esterno. Quindi il paziente è in grado di valutare subito il risultato e le problematiche che si creano. È meglio operare un pz per un tumore del colon perché se anche c’è una deiscenza, quindi una complicanza, il pz non la vede, e se il chirurgo la risolve viene visto ancora meglio, perché “ha affrontato la complicanza”. Nella mammella, che è all’esterno, passa il tumore (94% di sopravvivenza a dieci anni al 1° o 2° stadio della malattia) ma rimane il lato estetico. Mentre si comunica con la pz bisogna avere l’attenzione di capirne la psicologia; chiaro che è un momento terrificante ma bisogna anche saper leggere il dialogo e impostarlo 4 diversamente a seconda della persona che si ha di fronte. Devo comunicare alla paziente non solo che ha il tumore, ma anche la risoluzione e quello che le prospetto; ma devo anche estrapolare dal dialogo se è una pz di un certo tipo o di un altro, il suo livello culturale, ecc. Può capitare di trovarsi di fronte una paziente pragmatica che nonostante abbia un piccolo tumore che con un intervento conservativo si può risolvere, richiede un intervento di mastectomia bilaterale con ricostruzione, annullando tutto il tessuto mammario in modo che non ci sia poi nessuna ripresa di malattia in loco. Da quel punto di vista ha ragione, perché ad esempio per il tumore della mammella lobulare è descritta una possibilità del 40% di manifestazione di malattia controlaterale. Con un tumore di 1cm lobulare che io potrei correggere con un intervento conservativo (però sono costretto a dire che ha un 40% di rischio di manifestarsi dall’altra parte) ci sono pazienti che reagiscono con il desiderio di rimuovere tutte e due le mammelle, che è ai limiti della correttezza; ci sono altre che magari hanno un tumore di 5cm e neanche lobulare ma con indici prognostici sfavorevolissimi il cui unico pensiero è il lato estetico. Quindi io risolvo il problema tumore, ma il lato estetico è fondamentale e certe pazienti non si vogliono far toccare la mammella; si passa da un estremo all’altro. In questo caso abbiamo una paziente di 46 anni con un tumore filloide B3, che è un tumore benigno misto della mammella. Alla pz era stato dato nel 2017 (più di un anno prima) l’indicazione all’asportazione del tumore; ovviamente, questa è una paziente psichiatrica ma è vero che ci sono anche pz totalmente apparentemente in sé che rifiutano l’intervento. Giunge alla nostra attenzione in una situazione simile (vedi immagine TC a fianco). Se noi avessimo tolto il tumore filloide subito, quella donna avrebbe avuto probabilmente solo una cicatrice vicino alla mammella, o sul solco o sul lato. Il tumore filloide è sì un tumore benigno, ma quando aumenta molto di dimensioni, l’aumentata moltiplicazione cellulare al suo interno può causare un meccanismo anomalo con la manifestazione di una componente maligna, che in teoria potenzialmente potrebbe dare anche qualche metastasi. A questo punto, con una massa così grossa, il problema più grande di una donna di 46 anni è la ricostruzione. È un dovere morale e etico quello di ricostruire, oggi nessuna paziente sotto i 70 anni esce dalle nostre sale operatorie senza aver fatto una ricostruzione contestuale all’intervento demolitivo, a meno che non ci siano condizioni che lo impediscono. E quella di questo caso è una condizione che lo impedisce: la cute che riveste la lesione ha una tale compressione che tutti i vasi del sottocutaneo sono ischemici. La cute era marezzata, violacea, quasi non si distinguevano l’areola e il capezzolo. Questo è un intervento che se vogliamo dura pochissimo: si incide la cute, il tumore filloide ha una capsula ben definita, lo si scolla e si rimuove la massa, però la cute si può solo riavvicinare senza fare nulla. In questo caso non è indicato fare un’ecografia o 5 una mammografia, tutt’al più si fa una TC per vedere che non ci sia la compromissione di altri organi. In questo caso la quota cutanea era talmente limitata che non è stato possibile fare un’adesione tra i margini; il chirurgo plastico ha utilizzato un lembo di scorrimento secondo Holmstrom. Il problema più grande per le ricostruzioni è la cute, che è vascolarizzata. Quando si fa un intervento sulla mammella due sono le ottiche: quella del chirurgo generale e quella del chirurgo plastico, che si scontrano un po’. Il chirurgo generale pensa alla guarigione dalla malattia, alla radicalità; il chirurgo plastico vuole che si lasci un po’ di tessuto sottocutaneo per la vitalità della cute stessa. Ci sono chirurghi che hanno un indice di ripresa di malattia molto elevato dopo una mastectomia con ricostruzione, altri che invece lasciano un sottile strato e si arrangiano i chirurghi plastici (o si arrangia la paziente, non vorrei dirlo ma è così). Ci sono tanti strumenti per poi andare a correggere il risultato finale, io devo garantire che la pz non abbia una recidiva della malattia, quindi tendo per dispiacere dei chirurghi plastici ad andare molto vicino. Ci sono anche chirurghi generali che tendono ad acquisire una mentalità “plastica” proprio perché non si ha l’esatto punto di passaggio fra il sottocute e il tessuto ghiandolare, l’abitudine e l’esperienza aiutano, però qualche volta si può sbagliare. Il problema principale quindi è la vascolarizzazione della cute. Qui non c’era abbastanza cute, per cui si è utilizzato un lembo di scorrimento di Holmstrom, che è fatto solo per garantire la chiusura. Basta pensare alla regione mammaria intesa come coste e muscoli intercostali, è vero che rimane il muscolo sopra ma è poca cosa, quindi non si può lasciare scoperto, si deve chiudere comunque. 4. CASO CLINICO 6: donna, 78 anni Anamnesi patologica remota: M. di Parkinson, ipertensione arteriosa, ateromasia polidistrettuale, aneurisma dell'aorta addominale, ipotiroidismo. Pregressa colecistectomia, pregressa isteroannessiectomia. Anamnesi patologica prossima: giunge in Pronto Soccorso per algie addominali ingravescenti, esordite da circa due giorni con episodio di vomito alimentare questa notte e nella mattinata. Apiretica. Riferisce canalizzazione nella norma fino a circa due giorni fa con feci normocromiche. E.O.: addome meteorico, trattabile, dolorabile alla palpazione profonda in mesogastrio, nessun segno di peritonismo elicitabile.Peristalsi torpida. E.R.: tono sfinteriale valido, ampolla colta vuota, assenza di masse endoluminali. Chiaramente si tratta di una paziente con comorbidità. Al PS si presenta con algie addominali da due giorni, vomito alimentare, è apiretica, con canalizzazione nella norma fino a due giorni fa con feci normocromiche. La esplorano e l’ampolla pare vuota, c’è peristalsi. Una diretta addome è il primo esame che si fa. Vado a valutare se ci sono dei livelli idroaerei, che qualora fossero presenti, potrebbero configurare un quadro clinico di occlusione intestinale (patognomonici). L’occlusione può essere meccanica o dinamica. Di fronte ad un quadro come questo mi aspetto più una forma dinamica. Il segno del vomito alimentare di per sé non è espressione diretta di una patologia, accompagna tanti quadri, 6 come il bambino con l’appendicite, o può essere oggetto di un disturbo centrale, anche di un’ipertensione endocranica. Di per sé il sintomo vomito non deve fare orientare nella diagnosi differenziale fra un’occlusione meccanica e una dinamica, perché neanche se vedo un vomito di tipo fecaloide posso dirimere il quadro, anche se nel caso del fecaloide se dovessi scommetterci direi che è più meccanico, che non dinamico, però non sempre è così. E qui vi do un aneddoto: nella mia permanenza a Udine dove ho vinto il posto di ricercatore molti anni fa, nell’89, vicino all’ospedale principale Santa Maria della Misericordia, c’era l’ospedale psichiatrico e tra i chirurghi appena assunti (anche per guadagnare qualche soldino perché allora non si era pagati in specialistica), due a settimana si faceva il turno all’ospedale psichiatrico rimanendo reperibili durante il giorno per tutta la settimana. Arrivavano questi pazienti imbottiti di farmaci che non avevano peristalsi. Dopo 10-20 anni di terapie di questo genere avevano completa adinamicità intestinale e dovevano essere svuotati o fatti andare di corpo manualmente e bisognava essere in due perché uno si metteva sull’addome e spingeva e l’altro (ovviamente ci si dava il cambio LOL) aveva il piacere di fare un po’ più di un’esplorazione rettale… Io ho risolto negli anni successivi tante stipsi femminili grazie a questa “esperienza”. Oggi si fa molta fatica a fare uno svuotamento rettale manuale. Io per 2-3 anni l’ho fatto e dopo ho risolto tanti problemi, perché sapere entrare e pulire bene l’ampolla senza fare danni può servire, qualche paziente ne può trarre beneficio. Raccontavo questo aneddoto perché questi pazienti avevano vomito fecaloide ma avevano un ileo adinamico, quindi è vero che questo segno mi fa pensare più ad un fatto meccanico ma potrebbe essere ugualmente adinamico. Ma c’è invece un elemento che non è il vomito che vi deve portare alla diagnosi in questo caso, ed è l’ampolla vuota. Altro aneddoto: appena laureato vivevo in uno stato di presunzione eterea perché ero riuscito a laurearmi in medicina e pochissimi o facevano, mi ero laureato in corso ad ottobre e da 400 ci siamo arrivati in 6. Noi avevamo un medico allora che ci insegnava e che era molto attento a questa presunzione, tant’è che faceva sempre esplorare un paziente adinamico agli studenti. Il paziente è vero che lo puoi studiare sui libri, ma la pratica quotidiana è fondamentale. Io vi racconto le cose sottoforma di aneddoti perché le cose siano più fruibili, non per divertirmi e svilire la lezione. Quando esploriamo un ileo adinamico ci aspettiamo di trovare il tono sfinteriale aumentato, perché la perdita di peristalsi, e quindi l’adinamia, si riverbera come aumento del tono sfinteriale. Se io esploro un ileo adinamico innanzitutto sento che ci sono feci, quindi l’ampolla è abitata. Però anche in un’occlusione meccanica nelle prime ore il paziente potrebbe benissimo avere un’ampolla abitata. Nell’ileo meccanico l’organismo cercherà di superare l’ostacolo con un’iperperistaltismo compensatorio, che se è vero che sfianca a monte il colon, a valle determina 9/10 un’ampolla vuota. Io non ho alcuna difficoltà ad esplorarlo perché tutte le esplorazioni fatte al paziente dell’aneddoto di cui sopra, andavano contro un aumentato tono sfinteriale. Ecco l’aneddoto, ecco la spiegazione clinica. Mentre lo studente faceva l’esplorazione rettale e toglieva il dito, il tono sfinteriale per un attimo si ampliava e siccome l’ampolla era sottopressione, piena, giustamente si svuotava, e sicuramente poi gli studenti si ricordavano di com’è l’esplorazione in un ileo adinamico e di com’è l’ampolla che non può essere vuota. 7 Tornando al caso clinico, le hanno messo il sondino naso gastrico siccome vomitava. A questo punto io avrei fatto una diretta addome e anche un’ecografia. Di fronte a un pz soprattutto se c’è un sospetto clinico importante, dopo aver sentito la consulenza del chirurgo, bisognerebbe fargli anche un RX torace. Quindi si fanno diretta e torace e poi eventualmente un’eco (non direttamente una TC anche se 9 volte su 10 fanno tutti così). Voi dovete leggere la TC: colonna, reni, aorta, margine inferiore del fegato,… Posso desumere che ha un livello idroaereo ma soprattutto il segno che fa capire che qualcosa non va è l’effetto pieno-vuoto (voi non è che adesso dovete sapere questa cosa però dovete capire). Potete vedere la stasi, l’aumento di dimensione, il livello idroaereo. Si è torto l’asse mesenterico, c’è stato un volvolo. Lo si “svolvola” ed è finito tutto. Tutt’al più se sono molto mobili il mesentere e l’intestino si mettono dei punti di fissazione per evitare che si muovano ma niente di più. Non sto a parlarvi del volvolo perché lo conoscete già e sapete di cosa si tratta. C’è stato qui inoltre un riscontro importante: la paziente aveva un aneurisma. Non c’era sofferenza ischemica nel volvolo per cui “devolvolando” si è risolto il quadro. Intervento dal posto: alcuni professori hanno detto che si fa l’RX del torace per vedere se c’è una falce d’aria sottodiaframmatica… È la prima volta che lo sento. Per vedere una falce d’aria sottodiaframmatica bisogna fare una buona diretta addome, con il paziente che deve essere in ortostatismo. È chiaro che se non si ha la possibilità allora lo si mette in decubito laterale sinistro. Invece io posso vedere bene una falce d’aria sottodiaframmatica se eseguo un’ecografia attraverso uno degli spazi intercostali 8°-9° dove ho già la cupola epatica ma in caso di aria non la vedo proprio perché l’aria ostruisce la visione. Altro intervento: cosa si sarebbe visto con un’eco addome al posto della TC? L’eco addome di quella paziente avrebbe permesso di studiare l’aneurisma; poi un altro segno che si vede in eco addome anche se c’è aria libera (che qui non c’era) è l’effetto peristaltico, se si muovono le anse si vede molto bene. Questo quadro adesso è venuto fuori che era una torsione dell’omento, però quadri di questo tipo si vedono spesso in malattie diverticolari. E in queste tutti passano subito alla TC ma se si fa un’eco si ha lo stesso l’informazione sul versamento libero o meno, se la diverticolite si è perforata o meno. Chiaro che una TC permette di farlo con un esame solo ma sono dosi di radiazioni molto elevate. NB: Anatomia, fisiologia, fisiopatologia e semeiotica sono comunque da sapere! È fuori luogo non avere certe nozioni in sede d’esame. 8 ANEURISMI Cos’è un aneurisma? È una dilatazione cronica irreversibile a tutto spessore della parete di un vaso. Può essere di due tipi: Sacciforme: localizzata su una parte della parete e più predisposta alla rottura per la maggior pressione che vige al suo interno Fusiforme: la lesione è distribuita lungo tutta la parete. Si forma per un’ alterazione patologica della componente elastica della parete del vaso. È Irreversibile perché la degenerazione delle fibre elastiche stessa è irreversibile e perchè ad ogni eiezione cardiaca c’è un’insufficienza della parete elastica. L’evoluzione naturale è come quella di un palloncino che via via che si riempie d’acqua si gonfia e poi si rompe. Qual è il compenso che mette in atto l’organismo? Reagisce portando alla formazione di un trombo (perché abbiamo tutte e 3 le condizioni riassunte nella Triade di Virchow: danno endoteliale, ipercoagulabiltà e stasi ematica) che ha un effetto tamponante. Nei casi fortunati la rottura viene preceduta dalla fissurazione della parete, che viene in parte tamponata per la posizione prevertebrale dell’ aorta. Perché l’ aorta addominale è prevertebrale? Perché (secondo il ragionamento del prof) la colonna vertebrale la protegge dai possibili traumi che arrivano da dietro, ovvero dove il campo visivo non arriva. Cosa rende possibile adesso salvare il 90% dei pazienti? Lo sviluppo delle potenzialità diagnostiche, dalla semplice Ecografia alla TAC e Angiografia, con le quali riesco a identificare più o meno precisamente le lesioni aneurismatiche. Quando si parla di aneurisma? Quando la parete si dilata per più del 50% del diametro del vaso (Se pensiamo che il calibro dell’ aorta è normalmente di 2,5 cm per parlare di aneurisma deve essere almeno di circa 4 cm). 1.1 TERAPIA Non sempre il paziente deve essere per forza operato: si può intervenire sui fattori di rischio e impostare una adeguata terapia, andando a ridurre, abbassando di base la pressione, l’evoluzione dell’ aneurisma (che ovviamente richiede del tempo per svilupparsi). Qual è oggi il primo approccio terapeutico all’ aneurisma? Farmacologico, seguito poi o da una manovra endovascolare (Cita il cateterismo di Seldinger: isolamento dell’arteria femorale e, attraverso questa, introduzione di un catetere per studiare i vasi del corpo umano) o da intervento chirurgico. Dipende soprattutto dall’ età e dalle comorbidità: il paziente giovane andrà più facilmente incontro ad operazione chirurgica in quanto l’ approccio endovascolare non è duraturo. Nel paziente anziano invece, magari con importanti comorbidità, si preferisce un approccio meno invasivo come quello endovascolare. 2. POLSI PERIFERICI APPREZZABILI Ripasso generale dei polsi periferici apprezzabili: 1. Temporale 2. Carotideo 3. Brachiale 4. Radiale 5. Ulnare 6. Aortico: con paziente supino e con cosce flesse sull’ addome. Viene effettuata bimanualmente. 7. Femorale 8. Popliteo, solo a una condizione: flessione della gamba sulla coscia. Si riesce ad apprezzare perchè l’arteria poplitea è più superficiale dell’ascellare (che non è invece palpabile) 9. Tibiale anteriore: collo del piede 10. Tibiale posteriore: malleolo, in posizione posteriore. 1 Studente: posso apprezzare il polso anche a livello del giugulo, per via della brachiocefalica. Professore: non è considerabile come polso periferico, inoltre è difficile da apprezzare, a meno che il paziente non sia magrissimo o non ci sia un Kinking (decorso tortuoso del vaso con inginocchiamento dello stesso, responsabile di un rallentamento del flusso e della possibile formazione di trombi). Il polso ascellare non è apprezzabile. Il cavo ascellare non è un cavo reale, ma come il cavo popliteo è considerabile come una cavità virtuale (le uniche cavità reali sono quella toracica e quella peritoneale). Infatti il “cavo ascellare” si apprezza palpatoriamente solo con adduzione del braccio mentre il “cavo popliteo” solo alla flessione della gamba sulla coscia. Arterie poplitea e ascellare sono soggette entrambe ad aneurismi. In ordine di frequenza di incidenza per quanto riguarda gli aneurismi troviamo, escludendo quelli congeniti cerebrali: 1.Aorta addominale 2.Arteria splenica: dovuti ad un aumento del flusso turbolento, considerando il decorso tortuoso della stessa arteria. 3.Arteria poplitea: riscontrabile in particolar modo in pazienti giovani sportivi (ciclisti: per continuo piegamento dell’ arto che apporta a lungo andare dei traumatismi al vaso). 3.0 CASO CLINICO N.1 Donna 86 anni: arriva in PS con un quadro di Shok Emorragico dovuto ad una sospetta rottura di un aneurisma splenico. È inoltre già stata effettuata una TAC addome presso un’ altra sede. Come dobbiamo comportarci? 1. Stabilizzazione volemica. Emotrasfusioni, se necessarie (complicanza di trasfusione pesante: CID), associate ad infusioni temporanee di farmaci vasoattivi (studente: Colloidi, Ammine..). Il prof sottolinea l’ importanza della scelta del farmaco più adeguato in base allo stato elettrolitico del paziente. Le somministrazioni le facciamo preferibilmente per via periferica (prendendo almeno due vene di grosso calibro), e se non è possibile si fa l’intraossea. 2 2. Esaminazione della TAC. Andiamo a studiare la sede dell’ aneurisma, cercando di vedere quanto distante esso sia dall’ Ilo e se ci sono dei circoli collaterali, in assenza dei quali il paziente potrebbe andare incontro più facilmente ad Infarto splenico, condizione grave ma compatibile con la vita. Ripasso vascolarizzazione della Milza: a.splenica a.gastro-epiploica sx (ramo della splenica) vasi colici vasi renali vasi surrenalici. 3. Angiografia selettiva e embolizzazione in radiologia interventitstica. Nel caso della paziente è stato effettuato un cateterismo superselettivo della diramazione superiore dell’ arteria splenica fino in prossimità dell’ aneurisma e successivamente un’embolizzazione della stessa con spirali metalliche in serie. Quindi è stata embolizzata anche la diramazione inferiore con microparticelle per prevenire la collateralizzazione. Infine è stata embolizzata l’arteria splenica nel suo tronco principale, a monte della prima dilatazione aneurismatica, sempre con spirali metalliche. La paziente verrà dimessa dopo qualche giorno con prescrizione di controllo ecografico semestrale. 3 4.0 CASO CLINICO N. 2 Uomo 84 anni: vediamo un quadro diverso, manca la TAC, abbiamo ipotensione e un aneurisma aortico di 7 cm. Il prof legge solo la slide ma poi ritorna a parlare degli aneurismi in generale. Riporto le slide associate per completezza (prese da Slide 2017 su Lanterna) 3 Per quanto riguarda il tipo di intervento, i chirurghi vascolari ferraresi sono i pochi in Italia che hanno un approccio retroperitoneale e questa è la tecnica più corretta, a differenza di un tempo quando invece si andava ad aprire l’addome ed il peritoneo anteriormente. 4 Lo stesso vale anche per il rene ed il surrene, entrambi organi retroperitoneali. Il pancreas invece è l’unico organo retroperitoneale che ha delle connessioni con strutture che si affacciano nel peritoneo e quindi per poter intervenire su di esso è necessario un approccio transperitoneale. Una delle condizioni che porta un paziente con aneurisma dell’aorta addominale all’attenzione del chirurgo del pronto soccorso può essere l’embolismo determinato dalla frammentazione di un trombo. Tale embolo percorre dunque il circolo arterioso fino a bloccarsi tipicamente a livello degli arti inferiori. 5.0 ISCHEMIA ARTI INFERIORI Quali sono i meccanismi che possono portare ad una ischemia acuta degli arti inferiori? - Trombotico - Embolico: da patologia aortica, cardiaca (fibrillazioni, endocarditi) Qual è la grande differenza tra questi due gruppi di pazienti? La differenza è che arriva prima in PS quello embolico, perché ha più dolore e in aggiunta, sviluppandosi in corrispondenza di un vaso sano, non avrò circoli collaterali. I circoli collaterali sono presenti fin dalla nascita. Solitamente il sangue però passa all’interno dei vasi che hanno un calibro maggiore ed una minore resistenza. Quando però la resistenza del vaso principale (per esempio a causa di una progressiva stenosi) diventa maggiore del vaso del circolo collaterale ecco che il sangue comincerà a prendere quella strada. L’approccio medico cambia nei due casi? Si! Se ho un embolo posso eseguire un’embolectomia mediante l’utilizzo del catetere di Fogarty. Questo è costituito da un catetere con un palloncino finale. Mediante un ecodoppler posso eseguire una valutazione del paziente che mi permette di individuare il punto in cui si è bloccato l’embolo. A questo punto posso portare il paziente in sala operatoria e dopo aver isolato la femorale introduco il catetere che sarà stato scelto in base alla lunghezza della gamba del paziente. Risalgo il vaso e superato l’embolo gonfio il palloncino, ritiro il catetere che porterà via l’embolo con sé e ristabilisco il flusso del vaso. Quanto prima io riesco ad intervenire tanto più l’embolo sarà fresco e tanto più io riuscirò ad avere un buon recupero. In questo tipo di intervento il rischio a cui si va maggiormente incontro è la sindrome da rivascolarizzazione. Questo rischio c’è in ogni intervento in cui si va a clampare un vaso. Questo determina un tempo di ischemia durante il quale vengono prodotti metaboliti acidi, si ha rottura muscolare, aumento della mioglobina, aritmie, anuria, acidosi metabolica, scompenso respiratorio ecc ( “chi più ne ha più ne metta”). Per questo è importante non superare mai i 20 minuti di clampaggio. Il problema è stato parzialmente risolto grazie a dei cateteri a doppio palloncino con un catetere in mezzo che consente di garantire un parziale afflusso di sangue anche durante l’intervento. Questo viene utilizzato soprattutto negli interventi a livello della carotide in modo tale da garantire un certo afflusso di sangue a livello cerebrale senza che il chirurgo abbia sangue nel campo operatorio. Per tenere monitorato il paziente si può misurare la pressione di apporto cerebrale che ci consente di decidere se si può o meno continuare l’intervento. Gli aneurismi nell’80% dei casi sono sotto-renali e questa è una grande fortuna perché questo rende l’intervento più semplice per il chirurgo ed hanno inoltre un outcome migliore per il paziente. Nel caso di un 5 aneurisma fusiforme che coinvolge l’aorta da sopra il tripode celiaco fino alle iliache avremo bisogno di fare il reimpianto del tripode, il reimpianto delle due renali, della mesenterica superiore e della mesenterica inferiore. 6.0 VASCOLARIZZZIONE COLON Perché nel 90% dei pazienti io ho un buon flusso colico e posso legare la mesenterica inferiore? Perchè la vascolarizzazione del colon è a carico della mesenterica inferiore, iliaca interna con emorroidaria media e inferiore (rivedere bene la vascolarizzazione del colon ed in generale l’anatomia, la chiede spesso agli esami). Dalla mesenterica inferiore nascono tre rami: colica sx, sigmoidee, emorroidali superiore (ramo terminale). Quando leghiamo la mesenterica superiore entra in gioco l’arcata di Riolano che ha però un punto critico, il punto di Sudek, dove troviamo un solo vaso a mantenere viva la circolazione collaterale tra mesenterica superiore e inferiore: l’arcata marginale di Drummond. Questo ha un importante risvolto negli interventi di resezione del colon dove deve essere valutata accuratamente la vitalità dei monconi da anastomizzare. Il professore in questi interventi preferisce o fare l’anastomosi a livello del sigma o sul colon DX. Differenze colon DX e SX: - dimensioni: il DX è più ampio e ha contenuto liquido quindi è più difficile che giunga alla nostra attenzione per una complicanza. - prognosi: va meglio il sx, il dx infatti in molti casi ha già metastasi sincrone quando individuiamo la neoplasia. Nel colon sx le metastasi sono metacrone. Oggi come oggi questo problema è stato migliorato grazie allo screening. Lo screening infatti permette di individuare molto più precocemente le neoplasie del colon dx che hanno come unica caratteristica precoce il sanguinamento. Un tempo invece l’unico sintomo che spesso insospettiva il medico e portava alla diagnosi era l’anemizzazione del paziente. Per questo motivo lo screening ha completamente cambiato il decorso della malattia. Se ho un soggetto con un tumore del colon DX e uno con tumore del colon SX quale dei due arriva prima alla diagnosi? Quello con CA colon SX. Si complica più frequentemente il DX o il SX? il SX e le motivazioni sono: 1. calibro: il colon sx ha un calibro che è minore rispetto al DX 2. contenuto: le feci a SX hanno un consistenza che è maggiore rispetto al DX dove sono ancora acquose. Tornando all’aneurisma, è possibile: 1. Chiuderlo ( solitamente lo fanno i chirurghi vascolari) 2. Fare un intervento secondo Hartmann: quali sono le indicazioni? Generalmente è l’urgenza, quando l’anastomosi che vado a fare so già che non terrà…. ( il professore poi divaga e dimentica la domanda da cui era partito quindi consiglio di guardare meglio le indicazioni all’intervento). 6 9.11.2017 Chirurgia III Prof Carcoforo Il professore ha fatto le prime due ore e si è prolungato poco nelle seconde due. Abbiamo quindi deciso con Jessica di mettere tutto in un’unica sbobina. Ho controllato la stessa sbobina dell’anno scorso e ho visto che è stata fatta molto meglio ed è molto più completa rispetto alla chiacchierata del nostro anno. Ho ritenuto più utile prendere quella sbobina e integrarla con poche cose che sono state dette nel nostro anno in più. Naturalmente mi sono reso conto di questo una volta finita la sbobina. Di seguito troverete la sbobina del 2016 integrata con il nostro anno. Subito dopo ci sarà la sbobina del nostro anno che a mio avviso si potrebbe leggere per curiosità (soprattutto per la parte della gonadica) dopo aver fatto la prima sbobina molto più completa e dopo di che selezionate e cancellate e vi tenete solo la prima parte fino a prima di “sbobina nostro anno”. Infine troverete la parte sulle pancreatiti fatta da Jessica. P.s. in grigio le parti prese dal nostro anno e integrate nella sbobina vecchia. OCCLUSIONE INTESTINALE L’occlusione è un arresto della progressione del contenuto intestinale. Valutiamola in senso clinico: esistono un’occlusione meccanica e un’occlusione dinamica; OCCLUSIONE MECCANICA: vi è un problema di parete, un difetto intrinseco, comunque sostanzialmente c’è un ostacolato transito su base meccanica; OCCLUSIONE DINAMICA: il problema è legato all’assenza dell’attività peristaltica. Quindi quando voi affrontate un paziente, dovete riuscire a capire se si tratta prima di tutto di un quadro OCCLUSIVO, e poi riuscire a differenziarlo tra l’occlusione MECCANICA e quella DINAMICA. La differenziazione dei due casi non è molto semplice, però nel momento in cui affrontate un paziente avete delle armi diagnostiche importanti. Secondo voi con che quadro clinico arriverebbe il paziente (più o meno) occluso? Quali sarebbero le cose che il paziente occluso vi potrebbe dire? Ragioniamo per il momento senza differenziare il meccanico dal dinamico. STIPSI: (è importantissimo l’uso dei termini medici all’esame, e quindi ogni parola ha il suo significato semiologico, patologico e clinico). La stipsi è una riduzione della frequenza di evacuazione, utilizzando come valore di riferimento la frequenza. Se per ipotesi abbiamo una donna che va di corpo una volta la settimana, questa sarà stitica? La valutazione della stipsi è correlata al tempo di transito intestinale, che sappiamo essere intorno alle 12-16 ore; quindi sicuramente una donna che va di corpo una o due volte la settimana è considerabile stitica, anche se in realtà potrebbe non essere così perché potrebbe essere una situazione parafisiologica per quella donna. Sappiamo innanzitutto che le donne hanno una minor componente idrica, e questo per definizione porta a una minor quota di massa fecale, la quale incide sullo stimolare l’attività peristaltica. La stipsi quindi deve essere valutata criticamente in rapporto alla tipologia di persona, diventando significativa nel momento in cui effettivamente c’è una riduzione della frequenza delle evacuazioni rispetto allo storico e dovremmo indagare chiedendo: “Mi scusi signora, è sempre stata così o lo è diventata?” “Nono guardi professore, una volta ero perfetta, adesso invece non vado più ogni due giorni ma una volta alla settimana”, ecco che allora si può dire che è diventata stitica. N.B. La stipsi però è un segno di occlusione? Di per sè NO. Cosa potrebbe dirci un paziente occluso? Non stipsi. Piuttosto dirà: “Dottor, guardi che qui è un po’ di giorni che non vado al bagno”. ALVO CHIUSO A FECI E GAS: in base a ciò che mi riferisce il paziente cercherò in primis di capire se si tratta di un alvo chiuso solo alle feci o anche ai gas (“non va solo in bagno o non fa nemmeno aria?”), perché già da qui si potrà in parte ipotizzare se si tratta di ileo meccanico o dinamico (non è vero in senso clinico che serve per fare una distinzione tra un quadro occlusivo e un quadro subocclusivo), ma in più farò un'altra domanda per fare diagnosi differenziale: “Da quanto tempo è che lei non fa ne aria ne feci?”. Infatti il quadro è diverso se ci dice che è andato di corpo fino al giorno prima rispetto al non andarci da diversi giorni, questo perché il paziente che è andato di corpo il giorno prima potrebbe non essere occluso. 1 Il paziente viene da noi e ha un problema occlusivo, ma non sa di averlo e ci dice temporalmente che è andato di corpo fino al giorno prima. Allora noi tendenzialmente non ci preoccuperemo, ma in realtà quel paziente magari è occluso; quindi se ci dice che è andato di corpo noi escludiamo che quel paziente possa avere un’occlusione meccanica? No, non basta. Domanda di uno studente: “se il paziente è andato di corpo ed è venuto da noi, ci sarà il dolore come sintomo associato?” Risposta: “non è detto, perché ci sono delle patologie che danno occlusione meccanica, e questa dando iperperistaltismo compensatorio farà andare di corpo il nostro paziente, portando ad avere paradossalmente un alvo simil diarroico, segno che può risultare fuorviante per la nostra diagnosi. Di conseguenza nell’occlusione meccanica avremo un alvo chiuso a feci e gas solo dopo alcuni giorni, mentre prima il paziente potrà addirittura avere un alvo diarroico.” Diversa è la situazione in cui il paziente non va di corpo e non fa aria da diversi giorni, perché in questo caso almeno siamo sicuri che sia occluso, ma ancora non abbiamo il modo di capire se sia di tipo meccanico o dinamico. La tempistica può essere fuorviante perché abbiamo un paziente che ci dice che è andato di corpo quattro ore prima, ma nonostante tutto ha un’occlusione meccanica. Se sono due tre giorni che non va di corpo e non fa aria possiamo dire che è occluso. L’aria è importante per questo, perché il non andare di corpo può essere anche tipico di un paziente che ha stipsi, ma il non fare aria è tipico di un paziente occluso. Come facciamo a differenziare se il paziente abbia un’occlusione meccanica o dinamica? 1. AUSCULTAZIONE: nell’occlusione DINAMICA troviamo mancanza di peristalsi, mentre nell’occlusione MECCANICA troviamo iperperistaltismo. Questo è corretto però dobbiamo essere così fortunati da trovarci (nel caso di occlusione meccanica) nella fase compensatoria dove c’è iperperistaltismo, perché sappiamo bene che l’occlusione meccanica può evolvere in una forma dinamica. L’auscultazione può essere utile nelle prime fasi, soprattutto nell’ileo paralitico, perché non essendoci peristalsi quella sarà sicuramente un’occlusione dinamica. 2. ESPLORAZIONE RETTALE: nell’occlusione DINAMICA abbiamo l’alvo chiuso a feci e gas, ma esplorando sentiamo che l’ampolla è piena di feci e quando togliamo il dito (avendo cura e attenzione di non rimanere nella stessa posizione dell’ispezione) si può apprezzare anche la fuoriuscita di materiale che si conclude nell’immediato perché lo sfintere torna ad essere IPERTONICO (ho ipertono sfinteriale perché se viene meno la peristalsi ho aumento dell’attività sfinteriale). Viceversa esplorando un’occlusione MECCANICA, dopo aver appurato che è da diversi giorni che il paziente non va di corpo, sentiremo l’ampolla vuota e togliendo il dito non si rischia nulla perché non c’è nemmeno aria. Digressione scherzo a specializzandi: “L’altra volta vi ho detto che quando uno si laurea ha una presunzione infinita dello scibile umano. Era bellissimo affrontare questi giovani medici frequentatori o specializzandi e sottoporre alla loro attenzione un paziente occluso, questo perché ovviamente si arrivava all’esplorazione. Ma un conto è lo scibile, un conto è la pratica clinica, perché se avessero unito lo scibile al quotidiano della pratica clinica, sarebbe stato meglio. Noi cosa facevamo come piccola cosa goliardica? Gli facevamo visitare il paziente e arrivati all’esplorazione rettale era molto bello far esplorare un ileo dinamico. Gli si faceva mettere i guanti, si faceva mettere il paziente in decubito di Sims, e li si faceva esplorare. Questi però non capivano che la situazione poteva essere anche complicata, allora prima gli si faceva fare l’ispezione e poi l’esplorazione. Per non far male al paziente si deve dire al paziente di spingere come per andare di corpo, e questo lo dico sempre per il discorso sull’empatia: non potete esplorare una persona e andar dentro col dito anche se avete una qualunque crema che renda il passaggio più facile. Spingendo come per andare di corpo si rilassa lo sfintere anale esterno, e in questo modo consentiamo il passaggio di feci, ma allo stesso tempo durante l’esplorazione rettale non sfianchiamo lo sfintere con il dito perché lo sfintere stesso sarà rilassato. Questi neolaureati non facevano nemmeno questo, infilavano il dito e apprezzavano feci e poi restando nella medesima posizione toglievano il dito. L’occluso dinamico ha un ipertono sfinteriale, perché venendo meno la peristalsi aumenta l’attività sfinteriale, tant’è che il paziente non fa nemmeno aria. Se a questo punto noi togliessimo il dito fuoriesce un getto di tutto ciò che è presente all’interno dell’ampolla compresa l’aria e il camice (e magari qualcos’altro) si rendono oggetto di questa piacevole evacuazione.” Quindi con queste tre domande e un unico gesto siamo riusciti a differenziare il quadro dinamico dal quadro meccanico. 2 A questo punto arricchiamo la nostra diagnosi con ulteriori sintomi e segni caratteristici: OCCLUSIONE MECCANICA DOLORE: ricordiamo che esiste un dolore viscerale e un dolore somatico. Nell’occlusione meccanica il dolore può essere espressione di quali quadri? C’è sempre? Non è detto. È chiaro che c’è distensione e malessere, ma il vero e proprio dolore addominale sarà presente nel momento dell’iperperistaltismo, oppure può essere legato alla causa della patologia d’origine dell’occlusione. Cause di occlusione meccanica: (descrive attraverso le cause anche gli altri sintomi tipici dell’occlusione meccanica, facendo un ragionamento inverso). - ERNIA: la patologia erniaria può dare un’occlusione di tipo meccanico se complicata, e questa ha già in essere il dolore. Quando ci troviamo di fronte a un occluso meccanico, prima ancora di mettere la mano (ma sempre dopo l’ispezione), si dovrà fare l’ispezione degli INGUINI. Il prof da per scontato che noi sappiamo cosa sia l’ernia inguinale, quali siano i limiti del canale inguinale, canale che può essere descritto sia in clinostatismo che in ortostatismo, cambiando solo di 90° le pareti: per esempio il canale inguinale in posizione ortostatica è la parete inferiore, mentre in clinostatismo rappresenta la parete anteriore. (Per completezza riporto l’anatomia del canale inguinale – nds.) ANATOMIA CANALE INGUINALE (dall’esterno) ànon è altro che un parallelepipedo che poniamo (quindi dall’esterno all’interno)ANTERO- MEDIALMENTE, poi SUPERO-INFERIORMENTE e POSTERO-ANTERIORMENTE; *base=anello inguinale interno che noi da FUORI non sentiamo mai, *altezza=anello inguinale esterno, *parete inferiore=legamento inguinale, *parete superiore=legamento congiunto, *parete anteriore=fascia del muscolo obliquo esterno, *parete posteriore=fascia trasversalis. Il canale inguinale nell’uomo è molto più importante rispetto alla donna dove passano solamente i residui del legamento tondo e quindi danni non ve ne sono mai cosa contraria invece per il sesso maschile dove decorrono elementi del funicolo. Il muscolo OBLIQUO ESTERNO con la sua fascia crea il tetto del canale inguinale, l’ANELLO INGUINALE INTERNO invece mette in comunicazione l’endoperitoneo con l’esterno, l’ANELLO INGUINALE ESTERNO viene percepito premendo sullo scroto in maniera anche abbastanza forte anche se ciò risulta un po’ fastidioso, con questa manovra riusciamo a percepire anche le cosiddette punte di ernia ed intracanicolari; lo spazio del canale inguinale è VIRTUALE in cui c’è il funicolo spermatico nell’uomo, al di sotto del quale si osserva una struttura che è la fascia trasversalis; al di sopra vi è il legamento congiunto cioè strutture fibrose tra l’obliquo interno e trasverso che altro non è che la parete superiore. I vasi EPIGASTRICI si trovano al di sotto del funicolo spermatico(e del canale inguinale), sono un importante punto di repere non tanto diagnostico ma operatorio anche se la tecnica di per sé non cambia perché rappresentano la LINEA DI DEMARCAZIONE TRA ERNIE OBLIQUE ESTERNE e le ERNIE OBLIQUE INTERNE o DIRETTE: se un’ernia si pone lateralmente e quindi esce dall’anello inguinale esterno, sarà un’ernia del primo tipo, se invece si pone medialmente rispetto ai vasi epigastrici si tratterà di un’ernia diretta; è importante nuovamente sottolineare come non ci siano differenze dal punto di vista terapeutico e diagnostico, ma è più che altro una finezza di ordine anatomico. Quando abbiamo un addome acuto in un giovane dobbiamo sempre fare due cose: 1. esplorazione rettale 2. esplorazione inguinale 3 Nei libri è scritto che esplorando l’anello inguinale esterno, a seconda se l’ernia la percepisce medialmente o lateralmente all’arteria epigastrica superficiale, è diretta (mediale) o indiretta (laterale). In effetti è vero perché l’orifizio inguinale interno è laterale all’arteria epigastrica. Tant’è che quando si deve aprire la fascia trasversalis per isolare i vasi, questi sono mediali rispetto all’anello inguinale interno. Basta dire dove si determina l’occlusione: a livello dell’anello inguinale esterno. È più frequente nel giovane perché nell’anziano è completamente sfiancato. - VOLVOLO: il più frequente di tutti è a livello del sigma. Clinicamente apprezzeremo in questo paziente un’abnorme distensione dell’addome. I volvoli, soprattutto del sigma, sono legati ad un grande sfiancamento della parete e quindi il paziente sembrerà avere una mongolfiera al posto della pancia. Dove avvengono i volvoli? Sigma Colon trasverso Unici tratti in cui il colon è mobile. Ma il volvolo più frequente è: Ansa intestinale Può poi avvenire allo: Stomaco Sull’asse mesenterico-assiale e mesenterico-trasversale. Lo stomaco è mobile perché ha due mesi (legamento gastro -plenico e gastro-epatico). Sappiamo anche che lo stomaco (a cascata), può volvolare sull’asse trasversale. Tutti questi organi possono volvolare e se questo avviene va in contro a un’occlusione meccanica. L’ileo meccanico può, in questi casi, inscenare un quadro di stasi venosa tale da condizionare una sofferenza vascolare del tratto che si volvola. Può quindi verificarsi una condizione di emergenza; i chirurghi devono avere l’attenzione di ricostruire i mesi perché durante le anastomosi vengono mobilizzati sia i tratti di intestino sia i relativi mesi e quindi si creano delle porte erniarie iatrogene per cui le anse intestinali possono penetrare in queste porte (ernie interne). Parlando di un discorso di emergenza e urgenza, in alcuni casi ritengo che l’occlusione intestinale possa essere una situazione di emergenza, ad esempio quando c’è compromissione del peduncolo vascolare. Nel momento in cui ho un volvolo con una torsione che determina una compressione sui vasi. Quali? la differenza tra sistema venoso e arterioso è che il venoso lavora a capacità, l’arterioso a resistenza; il fattore per cui diventa difficile per una condizione come la precedente dare una compromissione arteriosa è la pressione che vige all’interno del vaso che fa si che il vaso rimanga quasi sempre disteso. È quindi più facile che le strutture coinvolte siano quelle venose. - ADERENZE: affinché possa avere un’occlusione meccanica su base aderenziale dovrà avere delle cicatrici. Le aderenze di per se non danno occlusione, ma è più facile che la presenza di LAPAROCELE a livello della cicatrice sia la reale causa occlusiva. Se il laparocele è piccolo mima lo stesso quadro dell’ernia dando principalmente dolore, ma ci possono essere dei laparoceli anche giganti, dove il paziente arriva all’occlusione senza avere nemmeno dolore. - MORBO DI CROHN: sicuramente un paziente occluso che arriva alla nostra attenzione ci dirà durante l’anamnesi che ha questo morbo. - TUMORE COLON RETTO: sapendo che questo tumore può dare occlusione meccanica si dovrà opportunamente indagare il paziente chiedendo se prima di iniziare a non andare di corpo, ha notato alcune variazioni. Questo perché l’alternarsi dell’alvo con diarrea, normalizzazione delle feci e stipsi è caratteristico di questa patologia. - ILEO BILIARE: si tratta di un calcolo che dalla colecisti è passato all’intestino tenue (ileo ma anche digiuno), che si determina perché c’è stata ad esempio una colecistite che ha portato ad una perforazione. A questo punto per capire dai sintomi cosa il paziente ha avuto, questo dovrà riferirci FEBBRE ALTA e in generale SEGNI DI FLOGOSI, il dolore invece sarà più raro perché è tipico della COLANGITE. Perché ciò si 4 determini bisogna che il paziente abbia un’importante calcolosi: prendendo infatti ad esempio la colecistite, questa darà infiammazione con fistola attraverso cui passa un calcolo, che darà un ileo biliare solo nel caso in cui il suo diametro sia critico rispetto al diametro del tenue o comunque della valvola ileo-ciecale. Affinché questo si determini sarà quindi necessario che il paziente abbia un calcolo di grandi dimensioni, ed avendo dei calcoli avrà sicuramente avuto delle COLICHE. Per avere un’ulteriore conferma dovremmo chiedere se la colica sia o meno stata accompagnata da ITTERO, perché se è stata accompagnata non si tratta certo di ileo biliare perché ovviamente i calcoli piccoli non danno ilei biliari; Se il calcolo è di dimensioni importanti, può determinare un’occlusione a livello della valvola ileocecale o a livello dell’ileo. Come capiamo un quadro di questo tipo? può avere un Murphy positivo ma non un ittero. Sospettiamo un ileo biliare con RX addome la dove i calcoli fossero costituiti da calcio. Ci deve essere in concomitanza il segno patognomonico dell’occlusione: la presenza di livelli idroaerei. Poi troviamo ovviamente il calcolo in posizione anomala. Come risolviamo l’ileo biliare? Togliamo la colecisti e chiudiamo la fistola con resezione ileale. Se si riesce si fa uscire il calcolo a monte per via retrogada. Cosa succede dal punto di vista fisiopatologico al paziente occluso? C’è una distensione a monte perché c’è ristagno di materiale e un iper-peristaltismo. Ma in realtà si distendono perché si riempiono di liquidi. Il paziente è disidratato. Perché vengono richiamati liquidi? Per effetto osmotico. - FECALOMA: in questo caso lo si apprezza fin da subito con l’esplorazione. - FITOBEZOARI: ci sono pazienti che mangiano solo verdure, e queste possono portare a occlusioni tra tricobezoari e fitobezoari. Il prof per esempio racconta di aver operato d’urgenza una donna che aveva un’occlusione meccanica da carciofo. - DIVERTICOLO DI MECKEL, anche se è difficile perché dovrebbe invaginare e poi determinare occlusione. A questo punto per risolvere ogni dubbio faccio un RX DIRETTA ADDOME, perché il segno patognomonico dell’occlusione è il livello idro-aereo. Ovvio che facendo una TC si ha un’idea più chiara sul quadro ma è un esame più costoso e che comporta più “danni” al paziente. Infatti quando si affronta un paziente, anche in fase acuta, il primum movens del nostro pensiero clinico (oltre a primum non nocere, ovviamente) è quello di utilizzare prima esami meno invasivi e costosi, per questo il primo dal quale si parte sono gli ULTRASUONI, solo che nel caso delle occlusioni intestinali non ha senso usarli perché questi indagano meglio solidi e liquidi, non l’aria che come appena detto è invece la caratteristica tipici di questa patologia. Dopo gli ultrasuoni si hanno gli esami che usano le fibre ottiche (ENDOSCOPIA), che paradossalmente sono molto sintomatici per il paziente (tanto che molti si fanno fare delle analgesie per poterli eseguire) ma non sono assolutamente dannosi per l’organismo. Poi ci sono gli esami con sostanze RADIOATTIVE, però ai dosaggi usati per la diagnostica non sono pericolosi. I più invasivi per il paziente sono quelli che utilizzano radiazioni IONIZZANTI, quindi TC ed Angiografia. Il paziente non sente nulla ma è comunque lesivo per lui. OCCLUSIONE DINAMICA - OPPIOIDI: l’uso di oppioidi o derivati (come l’eroina) può dare delle occlusioni di tipo dinamico. Queste erano più frequenti una volta, soprattutto nei giovani, ora sono più rare. - DISIDRATAZIONE: potrebbe essere perché un anziano solitamente non si è adeguatamente idratato, o perché il paziente ha bevuto meno a lavoro durante l’estate, magari facendo un lavoro per cui si disidrata facilmente come il lavoro in campagna. - DIABETE: questa patologia può dare un ileo dinamico sia perché può dare una neuropatia periferica, ma soprattutto perché tutte la terapia farmacologica con l’INSULINA può determinare un quadro occlusivo. 5 - TRAUMA: legato soprattutto per una lesione neurologica periferica diretta, magari a livello MIDOLLARE. In questi pazienti ovviamente riscontriamo comunque prima il danno neurologico periferico e a questo punto riconduciamo il trama come causa di ileo paralitico. - IPOTIROIDISMO: perché abbiamo meno ormoni tiroidei che facilitano la peristalsi (anche se il prof riferisce di non averne mai visti): - PERITONITE: è una reazione riflessa presente in tutti i quadri di tipo peritonitico. Infatti quando siamo di fronte ad un ileo dinamico dobbiamo sempre pensare ad un quadro flogistico peritoneale. - SINDROME DA ALLETTAMENTO: certamente c’è una rallentata peristalsi, ma probabilmente essendo l’allettamento frutto di una patologia su base neurologica che è la reale causa del quadro. - BOTULISMO: è sicuramente descritto e appartiene alla storia della medicina, ma non frequente. - INFARTO INTESTINALE: per capire se c’è un infarto intestinale ovviamente il paziente avrà DOLORE, e noi in qualità di medici dovremmo andarlo ad indagare. Il paziente non riesce a stare fermo dal dolore, e alla nostra richiesta sul dove sia localizzato il dolore il paziente non saprà rispondere. Se a questo punto andiamo a fare la palpazione dell’addome troveremo una completa dissociazione clinico-obiettiva, ovvero il paziente che ha un infarto intestinale che si lamenta, non sta fermo, ha un dolore fortissimo, ma visitandolo e affondando la mano non sentirà nulla, questo perché è un dolore viscerale. L’infarto come sempre può essere o di tipo ARTERIOSO (ischemico) o di tipo VENOSO (per riduzione del ritorno venoso). - INTERVENTO CHIRURGICO: ovviamente è scontato. - SHOCK: in questo caso si arriva all’ileo dinamico a causa di una riduzione del flusso, ma ovviamente in questo caso non si tratta di un infarto intestinale. - PANCREATITE: si vede l’ansa sentinella alla RX diretta addome. In questo caso ciò che indirizza alla diagnosi è il tipo di dolore. ANSA SENTINELLA: alla diretta addome si vede che c’è un tratto di ansa del tenue sofferente, che è come ripiena d’aria. Questo è legato al fatto che c’è dell’irritazione a livello del Treitz, e immediatamente dietro è situato il pancreas. Viene definita sentinella perché questo è il primo segnale. Lezione del nostro anno Sapete che cosa è l’occlusione intestinale? Lo considerereste un quadro di emergenza o di urgenza? Studente: è urgente perché non si è ancora complicata nella perforazione! La perforazione è la complicanza più frequente dell’occlusione? Studente: può essere una complicanza particolarmente grave. In che casi? A cosa si riferisce? Quale è il quadro occlusivo che evolve in perforazione? Studente: perché nel momento in cui c’è un’occlusione, il ristagno di materiale a monte può dare una perforazione batterica che può dare.. Ma io le chiedo di dirmi un caso preciso. Studente: una stenosi? Un tumore del colon? Mi dica la sede del tumore! Studente: Colon discendente Bene, avrebbe potuto dire qualunque punto. Dove si perfora? Studente: a monte? Si ma dove? Studente: a livello del cieco. Se la valvola ileo-cecale è a tenuta, si perfora il cieco perché non c’è più sfogo. 6 Si e questo accade perché l’occlusione ha una storia di settimane. E non è sempre vero perché a volte lo sfiancamento del cieco può far si che si sfianchi anche la valvola ileocecale. In questo caso è necessario un intervento di confezionamento di una stomia. Perché? Studente: perché la parete si è molto assottigliata e i punti, quindi l’anastomosi non avrebbero tenuto. Quindi quando dice che l’occlusione è un’urgenza perché non si è inscenata la perforazione, non è corretto. Come definireste un’occlusione? Studente: è una riduzione progressiva o improvvisa del lume a livello del colon che porta a una chiusura dell’alvo a feci e gas. Non sono d’accordo. Si parla di occlusione quando si definisce la situazione di ileo che può essere meccanico o dinamico. Quindi quello che lei mi ha detto, potrebbe valere per la forma meccanica ma non per quella dinamica. L’occlusione è un arresto della progressione del contenuto intestinale. Poi c’è la forma meccanica e quella dinamica. Dove per meccanica si intende un’ostruzione vera e propria; oppure dinamica dove l’arresto della progressione è avvenuta per assenza di peristalsi. Tornando al nostro discorso su urgenza ed emergenza, in alcuni casi ritengo che l’occlusione intestinale possa essere una situazione di emergenza intesa per ileo meccanico e dinamico. Quali? Studente: Quando c’è compromissione del peduncolo vascolare. Nel momento in cui ho un volvolo con una torsione che determina una compressione sui vasi. la differenza tra sistema venoso e arterioso è che il venoso lavora a capacità, l’arterioso a resistenza; il fattore per cui diventa difficile per una condizione come la precedente dare una compromissione arteriosa è la pressione che vige all’interno del vaso che fa si che il vaso rimanga quasi sempre disteso. È quindi facile che le strutture venose vengano coinvolte. Quando lei parla di volvolo mi parla di una rotazione dell’intestino lungo il suo asse. Dove avvengono i volvoli? Sigma Colon trasverso Unici tratti in cui il colon è mobile. Ma il volvolo più frequente è: Ansa intestinale Può poi avvenire allo: Stomaco Sull’asse mesenterico-assiale e mesenterico-trasversale. Lo stomaco è mobile perché ha due mesi (legamento gastro -plenico e gastro-epatico). Sappiamo anche che lo stomaco (a cascata), può volvolare sull’asse trasversale. Tutti questi organi possono volvolare e se questo avviene va in contro a un’occlusione meccanica. L’ileo meccanico può, in questi casi, inscenare un quadro di stasi venosa tale da condizionare una sofferenza vascolare del tratto che si volvola. Può quindi verificarsi una condizione di emergenza; i chirurghi devono avere l’attenzione di ricostruire i mesi perché durante le anastomosi vengono mobilizzati sia i tratti di intestino sia i relativi mesi e quindi si creano delle porte erniarie iatrogene per cui le anse intestinali possono penetrare in queste porte (ernie interne). Abbiamo visto che una delle cause di ileo meccanico è il volvolo. Altre cause che possono portare a un quadro di emergenza: Ernia incarcerata (inguinale o ombelicale) laparocele Nell’ombelicale si incarcera di solito dell’omento. L’incarceramento può causare un infarto intestinale su base venosa. Perché nell’ernia inguinale ci può essere incarceramento? Si incarcera la diretta o l’indiretta? (l’ernia inguinale è un quadro frequentissimo). In questi anni non ho mai visto un incarceramento nell’anello inguinale interno ma sempre nell’esterno. Un paziente che deve essere valutato per un’ernia va visitato in piedi; si va a esplorare il canale inguinale. Che arteria si sente nel canale inguinale? Studente: la gonadica? Forse nel suo. Per darle un quadro esatto della cosa, la gonadica è un ramo della? Studente: direttamente dalla aorta? 7 La gonadica? Forse dalla sua aorta….mi creda che la gonadica non nasce dalla aorta. Studente: non dovrebbe nascere a destra dall’aorta e a sinistra dalla renale? …..Attimi di silezio….. Non sempre.. ma non dalla aorta… le deve differenziare tra destra e sinistra… e poi, a sinsitra a che livello nasce? Terzo medio? Terzo prossimale? A destra nasce nel terzo prossimale, a sinsitra tra terzo medio e distale. Questo rende ragione sulle vene del varicocele. Va bè, quale è l’arteria che si sente nel canale inguinale esterno? È l’arteria epigastrica superficiale. Nei libri è scritto che esplorando l’anello inguinale esterno, a seconda se l’ernia la percepisce medialmente o lateralmente all’arteria epigastrica, è diretta (mediale) o indiretta (laterale). In effetti è vero perché l’orifizio inguinale interno è laterale all’arteria epigastrica. Tant’è che quando si deve aprire la fascia trasversalis per isolare i vasi, questi sono mediali rispetto all’anello inguinale interno. Basta dire dove si determina l’occlusione: a livello dell’anello inguinale esterno. È più frequente nel giovane perché nell’anziano è completamente sfiancato. Quando abbiamo un addome acuto in un giovane dobbiamo sempre fare due cose: 3. esplorazione rettale 4. esplorazione inguinale Altre forme di occlusione intestinale meccanica? Fecalomi (pazienti neurologici) Tricobezoari e fitobezoari Ileo biliare: calcolo di grosse dimensioni che da occlusione a livello della valvola ileocecale L’ileo biliare può avvenire a causa di una colecistite complicata che dà una fistola con l’intestino e successiva fuoriuscita di calcoli. Se il calcolo è di dimensioni importanti, può determinare un’occlusione a livello della valvola ileocecale o a livello dell’ileo. Come capiamo un quadro di questo tipo? può avere un Murphy positivo ma non un ittero. Sospettiamo un ileo biliare con RX addome la dove i calcoli fossero costituiti da calcio. Ci deve essere in concomitanza il segno patognomonico dell’occlusione: la presenza di livelli idroaerei. Poi troviamo ovviamente il calcolo in posizione anomala. Come risolviamo l’ileo biliare? Togliamo la colecisti e chiudiamo la fistola con resezione ileale. Se si riesce si fa uscire il calcolo a monte per via retrogada. Cosa succede dal punto di vista fisiopatologico al paziente occluso? C’è una distensione a monte perché c’è ristagno di materiale e un iperperistaltismo. Ma in realtà si distendono perché si riempiono di liquidi. Il paziente è disidratato. Perché vengono richiamati liquidi? Per effetto osmotico. Abbiamo poi l’ileo dinamico dove il tutto è determinato da assenza di peristalsi. Cause: Post-operatorio Farmaci (oppiodi) La differenza è che nell’ileo meccanico i livelli idroaerei si evidenziano perché vedendo una diretta addome abbiamo distensione di determinate anse intestinali. Nell’ileo dinamico abbiamo una diffusa distribuzione dei livelli idroaerei. La differenza nella visita del paziente è nell’esplorazione rettale. Se si esplora l’ileo dinamico con paziente in decubito laterale, si determina una fuoriuscita improvvisa del contenuto. L’ileo dinamico ha l’alvo chiuso a feci e gas, l’ileo meccanico invece, per il discorso dell’iperperistaltismo ha a valle dell’occlusione la potenzialità di liberarsi. Quando facciamo l’esplorazione non ho nessun tipo di problematica; spesso posso trovare, nelle prime fasi, la presenza di feci. La vera diagnosi differenziale è questa. 9.11.2017 Chirurgia III Prof Carcoforo Jessica Rossi 8 Il prof ricorda a chi fosse interessato che le lezioni sugli argomenti extra come mammella saranno fissate per fine novembre. Ha inoltre parlato con Volta che ha fissato l’esame per il 19 dicembre. Le parti dell’esame sono indipendenti anche se non si supera una parte si può fare l’altra. Sembra che una trentina di persone vogliano farlo quindi ci vorranno due tre giorni, per cui l’ha fissato il 14-15 dicembre. Il 14 ha sala operatoria alla mattina quindi ci saranno i suoi collaboratori, comincerà per le 10. PANCREATITI Qual è il meccanismo secondo cui di solito si instaura una pancreatite acuta? Un calcolo della via biliare, la genesi è legata ad un’ostruzione a livello della papilla. Nella papilla lo sbocco del Wirsung e del coledoco può essere congiunto o separato, per cui non è detto che ci sia un reflusso di bile a livello del dotto pancratico. La pancreatite è data quindi dalla stasi dei succhi pancreatici (non biliari anche se la bile può avere effetto irritativo e attivare gli enzimi pancreatici) nel dotto che determina un’attivazione enzimatica legata soprattutto all’aumento la pressione intraduttale con una trasudazione dei succhi che a contatto con il pancreas determinano attivazione, pancreatite e quindi necrosi. Perché l’ercp può determinare una pancreatite? Per effettuare l’esame si passa attraverso la papilla, talvolta è necessaria una papillosfinterotomia che ha come conseguenza un edema e quindi la chiusura della papilla stessa con possibile stasi. Ci possono essere anche situazioni in cui si creano delle lesioni quindi siamo su base iatrogena, ma comunque anche se la procedura va bene e non ci sono complicanze, si ha lo stesso il rialzo degli enzimi pancreatici, indice di pancreatite. Ci sono due quadri di pancreatite: la forma edematosa e la forma necrotico emorragica. In base alla clinica come differenziamo i due quadri? Facciamo semplicemente un esame degli enzimi pancreatici: nella forma edematosa gli enzimi pancreatici sono aumentati mentre nella forma necrotico emorragica dove tutto il pancreas viene digerito gli enzimi pancreatici sono inesistenti. Questo ci aiuta per monitorare un quadro di pancreatite e vedere se evolve verso un quadro di necrotico emorragica. Come si tratta la pancreatite? Con dei drenaggi nella forma necrotica emorragica che fortunatamente è rara. Inizialmente si fa sempre terapia medica che prevede l’uso di inibitori enzimatici come gabesato mesilato, idratazione e digiuno. Idratare è fondamentale perché il paziente avrà un ileo dinamico quindi un richiamo di liquidi diffuso a livello intestinale. Va idratato moltissimo. Domanda studente: si può fare uso dei cortisonici per limitare il processo infiammatorio? Per quanto riguarda i cortisonici, i chirurghi aspettano perché la mal tenuta delle anastomosi e il rischio di sanguinamento diventa elevato. La terapia cortisonica ha pregi e difetti soprattutto in casi di urgenza emergenza, va molto modulata. Domanda studente: L’ansa a sentinella che si vede nella diretta addome descritta come segno quasi diagnostico di pancreatite a cosa è dovuta? Io l’avrò vista 4-5 volte. È un’ansa digiunale che si rende evidente perché si determina un ileo paralitico. Il Treitz (quando si apre la retrocavità degli epiploon si vede) si impegna a livello retroperitoneale dove abbiamo il pancreas quindi il processo infiammatorio pancreatico induce a livello delle prime anse digiunali una paresi (tanto che abbiamo sempre il vomito). Devo essere sincero che non è così utile per noi perché al giorno d’oggi ad un pz che arriva in ps con addome acuto fai tanti esami tra i quali anche quelli per sospetto pancreatitico. La necrotico emorragica si diagnostica con la clinica (non c’è l’ansa sentinella), è invece l’edematosa che può darmi dubbio ed è lì che hai a disposizione la diretta addome con l’ipotetica ansa sentinella anche se solitamente non facciamo la diretta addome ma faccio direttamente la tac. L’altra notte abbiamo operato un pz ora in terapia intensiva con ulcera perforata del duodeno da 8 giorni con succhi biliari e pancreatici nell’addome tanto che la glissoniana era bruciata dai succhi in vari punti. 9 Da quando è a Cona due persone sono morte di pancreatite necrotico emorragica. Infatti è in assoluto la patologia benigna di interesse chirurgico che se non adeguatamente trattata nelle fasi iniziali può portare a morte. Questi pazienti hanno gli organi che pian piano vengono digeriti ma la vera causa di morte è legata all’elastasi quindi alla lesione dei vasi arteriosi con emorragia acuta massiva. Per esempio per emorragia della gastroduodenale è difficile che sopravviva il tempo di portarlo in sala operatoria. In un normoteso giovane la pressione livello del tripode sarà di 100 mmHg circa, sanguina copiosamente. Riguardo alle emorragie: Negli anni 70 l’edilizia prevedeva delle porte in legno con una parte centrale in vetro, abolite perché i bambini entravano correndo nelle porte chiuse. Ne sono morti tanti, in genere per lesione della femorale che è superficiale. Il vetro dà delle lesioni a lama poco dolorose ma terribili. LA MILZA In chirurgia ha importanza solo per il discorso del trauma e per come viene gestito. Un tempo si splenectomizzavano tutti i pazienti quando si traumatizzava la milza. Oggi c’è un’attenzione in più nel conservare l’organo, tendiamo a monitorizzare di più la milza (tac, ecografia reiterate nel tempo) perché ha una sua importanza oltre la funzione emocateretica, non per forza nei traumi parziali deve essere asportata. È chiaro che la clinica è il fattore più importante. Un mesetto fa ha avuto un pz giovane con trauma splenico con lacerazione parziale della milza, sono riusciti a mantenerlo in condizioni emodinamiche stabili e l’hanno monitorato per una decina di giorni perché oggi la rottura in due tempi della milza si vede sempre di più. Un fenomeno di succussione può non essere sufficiente a causare una rottura con emoperitoneo però i legamenti subiscono comunque delle sollecitazioni e si è visto che a distanza di 5-8 gg il paziente va incontro ad una rottura spontanea della milza soprattutto quando si alza e mobilizza. Il pz con un trauma splenico importante per questo motivo viene comunque ricoverato per qualche giorno per tutelarsi dal rischio dalla rottura in 2 tempi. Rispetto a qualche tempo fa (in cui si faceva sempre splenectomia) il fenomeno della rottura in due tempi è aumentato però è anche vero che abbiamo ottenuto degli ottimi risultati nel monitoraggio del paziente sia in degenza che in terapia intensiva senza rimuovere l’organo. Talvolta facciamo delle laparotomie esplorative o per via laparoscopica, se la lacerazione non è significativa si tratta con collanti o altre forme di emostatici. Il trauma è l’evento principale quindi, poi il chirurgo è chiamato a valutare la milza laddove ci siano dei fenomeni infartuali. Se pensiamo agli altri organi non sempre nelle aree infartuate si fa resezione, vedi infarto del miocardio. Concettualmente con la milza oggi facciamo un po’ la stessa cosa. Negli ultimi 15 gg siamo stati chiamati io e il chirurgo vascolare per una signora di 75 anni per doppio aneurisma dell’arteria splenica rilavato in tac fatta per altre motivazioni. È stato attivato il chirurgo vascolare per il trattamento dell’aspetto aneurismatico e noi per il problema milza. È stata embolizzata l’arteria splenica determinando chiusura dei due aneurismi con conseguenza di quadro infartuale a livello della milza. Anche in questo caso noi abbiamo trattato in modo conservativo la paziente perché quelle aree infartuali sono state in parte riabilitate da circoli collaterali che si sono sviluppati nel tempo, in parte sono rimaste come tali senza causare particolare danno alla paziente. Altra situazione: Cuneo mi ha chiamato perché c’è un pz ancora ricoverato perché aveva una milza molto grande, con tale sequestro splenico che non era più compatibile con la vita. Il pz è stato riempito