Comunicazione Politica PDF

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comunicazione politica politica obiettivi politici

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Questo documento analizza la comunicazione politica, concentrandosi sugli obiettivi, sulle limitazioni e sulle caratteristiche principali. Argomenti come la mediatizzazione, la semplificazione e l'enfasi sulla negatività vengono discussi. Il documento fornisce una panoramica critica dell'argomento.

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Capitolo 11: Comunicazione politica. Il capitolo analizza in modo approfondito la comunicazione politica, soffermandosi sugli obiettivi, i vincoli e le sue caratteristiche principali. Si parte dalla consapevolezza che la comunicazione politica non è mai neutra: è uno strumento strategico, costruito...

Capitolo 11: Comunicazione politica. Il capitolo analizza in modo approfondito la comunicazione politica, soffermandosi sugli obiettivi, i vincoli e le sue caratteristiche principali. Si parte dalla consapevolezza che la comunicazione politica non è mai neutra: è uno strumento strategico, costruito per raggiungere obiettivi precisi. 1. **OBIETTIVI, VINCOLI E CARATTERISTICHE DELLA COMUNICAZIONE POLITICA** **Gli Obiettivi della Comunicazione Politica** Gli obiettivi della comunicazione politica possono essere riassunti in tre aspetti fondamentali: 1. **Conquistare il consenso e mobilitare le persone**. La comunicazione politica è pensata per raggiungere un pubblico il più ampio possibile, convincendolo della validità di un programma o di una posizione. Questo consenso, però, non si limita all'espressione di un voto, ma si estende ad altre forme di partecipazione, come manifestazioni o sostegno attivo. 2. **Rappresentare un gruppo o una coalizione**. Ogni politico, quando parla in pubblico, rappresenta non solo se stesso, ma l'intera parte politica a cui appartiene. Anche nei rari casi in cui esprime un'opinione personale, tende a non discostarsi troppo dalle linee guida del proprio partito. 3. **Differenziarsi dagli avversari politici**. La comunicazione politica enfatizza spesso la contrapposizione: mettere in luce le differenze, e talvolta i difetti, dei rivali serve a costruire una propria identità politica più riconoscibile e attraente. **I Vincoli della Comunicazione Politica** Accanto agli obiettivi, la comunicazione politica è influenzata da vincoli specifici, derivanti in gran parte dal contesto in cui viene realizzata. Tra questi, emergono quattro aspetti chiave: - **Mediatizzazione**: La maggior parte della comunicazione politica avviene attraverso i media, il che limita l'interazione diretta tra politici e cittadini. Anche con l'introduzione di strumenti digitali, come i social media, è difficile creare un vero dialogo con un vasto pubblico. Una parte significativa della popolazione, infatti, non utilizza queste piattaforme, e per loro la comunicazione politica rimane mediata. - **Pubblicità**: I discorsi politici sono sempre destinati a un pubblico e, di conseguenza, ogni affermazione viene calibrata per essere accettabile non solo per i cittadini, ma anche per il gruppo politico di appartenenza. Durante interviste o dibattiti, i politici non possono permettersi di evitare domande difficili, perché rischierebbero di compromettere la loro immagine. - **Conversazionalità**: Sebbene la comunicazione politica tenda a conformarsi al registro quotidiano e informale, rimane comunque regolata. Ad esempio, durante un'intervista, il giornalista pone le domande e il politico è tenuto a rispondere, anche in situazioni scomode. - **Semplificazione**: La necessità di adattarsi ai tempi televisivi e al ritmo rapido dell'informazione ha reso la comunicazione politica sempre più frammentaria e spettacolarizzata. Argomenti complessi vengono ridotti a slogan o \"sound bites\" per facilitarne la memorizzazione. **Le Caratteristiche della Comunicazione Politica** La comunicazione politica contemporanea presenta alcune peculiarità che ne definiscono lo stile e le modalità: - **Personalizzazione**: L'attenzione del pubblico si concentra più sui leader politici come individui che sui temi di cui parlano. Le caratteristiche personali dei protagonisti spesso oscurano la discussione sui contenuti delle loro proposte. - **Spettacolarizzazione e drammatizzazione**: I media trasformano il confronto politico in una sorta di competizione, accentuandone i toni agonistici. Le campagne elettorali, ad esempio, vengono rappresentate come gare sportive, con vincitori e vinti. - **Negatività**: C'è una marcata enfasi sugli errori e sugli scandali, sia quelli commessi dai leader politici stessi sia quelli attribuiti agli avversari. Questo tipo di narrazione negativa ha un impatto maggiore sull'attenzione del pubblico. Questa tendenza alla spettacolarizzazione e alla semplificazione, pur rendendo la comunicazione politica più immediata, ha delle conseguenze significative. In molti casi, infatti, si perde l'opportunità di approfondire le questioni più complesse, spostando l'attenzione dagli argomenti di merito agli aspetti più superficiali del dibattito. 2. **GLI ATTACCHI AI POLITICI E I LORO EFFETTI** **Gli attacchi ai politici e i loro effetti: una panoramica critica** Uno degli obiettivi principali dei politici è guadagnare la fiducia e il consenso dei cittadini, ma questa non è un\'impresa facile. La comunicazione politica è spesso carica di conflitti e drammatizzazioni che mettono in evidenza aspetti negativi dei protagonisti. Di conseguenza, i politici dedicano molte energie non solo a promuovere la propria immagine, ma anche a screditare gli avversari. Ciò solleva una domanda cruciale: è più efficace parlare bene di sé stessi o attaccare gli altri? **Messaggi positivi e negativi: un confronto** I messaggi positivi mirano a valorizzare il candidato, mentre quelli negativi si concentrano sui punti deboli dell'avversario. La comunicazione politica ha visto negli ultimi decenni una crescita dei messaggi negativi, anche per l'influenza della televisione, che privilegia contenuti spettacolari e conflittuali. Inoltre, vi è la convinzione diffusa che gli atteggiamenti negativi abbiano maggiore peso nelle scelte politiche rispetto a quelli positivi. Studi sperimentali confermano che i messaggi positivi hanno maggiore effetto quando sono supportati da argomentazioni forti, mentre i messaggi negativi sembrano persuasivi indipendentemente dalla solidità delle loro argomentazioni. Questo suggerisce che i messaggi negativi vengono elaborati in modo più superficiale dai destinatari rispetto a quelli positivi, rendendoli un'opzione strategica per i politici privi di argomentazioni solide. **L\'effetto di negatività** La maggiore attenzione agli aspetti negativi deriva sia da fattori cognitivi che motivazionali. Da un lato, le informazioni negative contrastano con l'aspettativa di vivere in un ambiente positivo, catturando più facilmente l'attenzione. Dall'altro, riconoscere pericoli o intenzioni negative è evolutivamente più cruciale rispetto a individuare segnali positivi. Questo spiega perché titoli di giornale con contenuti negativi attirano più lettori e perché gli attacchi politici suscitano così tanto interesse. **Effetti boomerang e percezione degli attacchi** Nonostante l\'efficacia dei messaggi negativi, questi possono anche ritorcersi contro chi li formula, un fenomeno noto come *effetto boomerang*. Gli attacchi personali, in particolare, sono giudicati più negativamente rispetto a quelli sulle posizioni politiche. Tuttavia, attacchi formulati in modo indiretto o su argomenti specifici possono evitare questo effetto e raggiungere l'obiettivo di danneggiare l'immagine dell'avversario. Anche quando i messaggi negativi sono esplicitamente disapprovati, possono influenzare implicitamente il pubblico, associando al candidato che li formula un'immagine di forza e competenza. Questo fenomeno evidenzia la complessità delle dinamiche di persuasione: un messaggio rifiutato a livello conscio può comunque agire a livello inconscio, modellando nel tempo le preferenze degli elettori. **Il ruolo delle convinzioni e delle competenze politiche** L'efficacia degli attacchi dipende anche dalle convinzioni preesistenti degli elettori. Chi sostiene fermamente un candidato tende a respingere gli attacchi contro di lui, utilizzando le proprie conoscenze per elaborare controargomentazioni. Questo fenomeno, noto come *effetto di conferma*, rafforza le preferenze preesistenti invece di modificarle. Inoltre, i messaggi negativi sul proprio candidato preferito vengono spesso ricordati meglio, ma elaborati per essere confutati. Le competenze politiche giocano un ruolo fondamentale. Gli elettori più informati sono in grado di integrare efficacemente le informazioni e difendere con maggiore abilità le proprie opinioni, riducendo l'impatto persuasivo degli attacchi negativi. **Stereotipi di genere e altri fattori sociali** Anche gli stereotipi influenzano l'efficacia dei messaggi negativi. Per esempio, attacchi rivolti a candidate donne possono risultare controproducenti, migliorandone l'immagine, perché considerati ingiustificati. Gli uomini, invece, sono percepiti come più abituati al confronto diretto, rendendo questi attacchi più accettabili. **Conclusioni e prospettive future** Gli attacchi politici producono effetti variegati a seconda di molti fattori: la forma e il contenuto degli attacchi, le caratteristiche degli elettori e il contesto in cui si svolge la comunicazione. Esplorare ulteriormente come le diverse piattaforme mediatiche (ad esempio, social media rispetto alla TV) influenzino l'impatto di questi messaggi potrebbe offrire nuove chiavi di lettura per comprendere il comportamento elettorale. In definitiva, mentre i messaggi negativi attirano l'attenzione e possono essere efficaci, il loro successo dipende strettamente da come vengono percepiti e interpretati dal pubblico. La sfida per i politici rimane quella di calibrare con attenzione il bilanciamento tra attacchi agli avversari e promozione della propria immagine. 3. **LE DIFESE DEI POLITICI E I LORO EFFETTI** I politici, per mantenere o recuperare la propria immagine, devono essere abili nel gestire le critiche e nel rispondere efficacemente agli attacchi. Il successo di un leader dipende spesso dalla capacità di affrontare le polemiche e proteggere la propria reputazione. In base al grado di negatività percepita di un evento e al livello di responsabilità che il politico si attribuisce, esistono quattro principali strategie di difesa. La **negazione** è la prima opzione. In questo caso, il politico non riconosce né la negatività dell'evento né il proprio coinvolgimento. All'opposto c'è la **concessione**, in cui il politico ammette sia la gravità dell'evento che la sua responsabilità. Tuttavia, questa non è una vera difesa e viene usata raramente. Le due strategie più comuni sono la **scusa** e la **giustificazione**, che offrono approcci intermedi. **La strategia della scusa** Quando un politico sceglie di scusarsi, riconosce la negatività dell'evento, ma cerca di ridimensionare la propria responsabilità. Questo può essere fatto in vari modi: - **Evidenziando attenuanti:** il politico può attribuire una decisione impopolare a circostanze ereditate, come un debito pubblico disastroso o un contesto internazionale sfavorevole. - **Dividendo la responsabilità:** la colpa può essere estesa ad altri attori politici, come commissioni di esperti o istituzioni superiori, ad esempio l'Unione Europea. - **Dichiarando ignoranza:** il politico può affermare di non essere stato a conoscenza di fattori cruciali al momento di una decisione. Ad esempio, può sostenere che le promesse elettorali non potevano essere mantenute a causa di risorse finanziarie insufficienti scoperte solo dopo. **La strategia della giustificazione** Con la giustificazione, il politico accetta la responsabilità ma cerca di minimizzare la negatività dell'evento. Questa strategia si basa sul **reframing**, cioè sul ristrutturare il modo in cui l'evento viene percepito: - **Prospettiva futura:** il politico può sottolineare i benefici a lungo termine di una decisione, anche se attualmente impopolare. - **Benefici nascosti:** si possono evidenziare vantaggi presenti che non sono stati adeguatamente considerati. - **Confronto verso il basso:** la situazione viene paragonata a scenari peggiori, come misure più dure adottate in passato o in altri paesi. - **Principi morali:** il politico può richiamare valori come l'equità o la solidarietà per giustificare decisioni difficili. Un esempio è la redistribuzione del carico fiscale: un leader potrebbe giustificarla citando la necessità di proteggere le fasce più vulnerabili della popolazione. **Efficacia delle difese** Tra le varie strategie, gli studi mostrano che le giustificazioni sono più efficaci rispetto alle negazioni e alle scuse. La negazione, spesso, non convince completamente il pubblico, mentre la giustificazione ha il vantaggio di evitare il dibattito sulla responsabilità e di concentrarsi invece sulla reinterpretazione della situazione. In questo modo, il politico può non solo difendersi, ma anche migliorare la propria immagine agli occhi dei cittadini. Tuttavia, l'efficacia di una difesa dipende anche dalla competenza politica degli elettori. Le persone meno informate tendono ad accettare più facilmente le giustificazioni, specialmente quelle che usano il confronto verso il basso. Chi ha una maggiore competenza politica, invece, è più critico e resistente ai tentativi di persuasione. In sintesi, i politici hanno a disposizione diverse strategie per difendersi dagli attacchi, ma il loro successo dipende dal contesto, dall'approccio scelto e dalla capacità del pubblico di valutare criticamente le loro affermazioni. 4. **DIFENDERSI IN CASO DI SCANDALO** Quando un politico si trova coinvolto in uno scandalo, la situazione può essere particolarmente critica, soprattutto se l\'evento in questione è percepito come grave o amplificato dall'attenzione mediatica. Gli scandali possono riguardare sia la vita pubblica (ad esempio, episodi di corruzione) sia la sfera privata (come comportamenti sessuali considerati inappropriati). Tuttavia, per i politici, la distinzione tra pubblico e privato è spesso labile, dato che anche comportamenti privati possono influire sulla loro immagine pubblica e sulla percezione della loro affidabilità. Per esempio, un politico coinvolto in una relazione extraconiugale non rischia solo un giudizio morale, ma anche accuse di essere vulnerabile al ricatto, con potenziali conseguenze sulla sua indipendenza decisionale. Gli scandali, grazie alla loro ampia copertura mediatica, attirano l\'attenzione pubblica, così come le spiegazioni o difese offerte dai politici coinvolti. **Il caso Clinton e le strategie di difesa** Un esempio noto di comunicazione difensiva è la testimonianza del presidente americano Bill Clinton nel 1998, quando fu accusato di comportamenti sessuali inappropriati con Monica Lewinsky. Clinton adottò tre strategie principali, che rappresentano un modello di difesa per i politici coinvolti in scandali: 1. **Limitare la memoria dei fatti**\ Clinton si mostrò preciso su alcuni aspetti, ma lasciò ambiguità su dettagli specifici, dichiarando di non ricordare alcuni episodi. Questo approccio gli permise di apparire collaborativo e sincero, senza però fornire informazioni che potessero aggravare la sua posizione. Ad esempio, disse: *\"Non ricordo se le parlai al telefono prima che venisse in visita. Non sto negando di averlo fatto, semplicemente non me lo ricordo.\"* Questo atteggiamento bilanciato tra precisione e omissione lo aiutò a mantenere credibilità senza esporsi troppo. 2. **Normalizzare i comportamenti contestati**\ Clinton cercò di presentare le azioni contestate come eventi ordinari. Per esempio, uno degli incontri con Lewinsky fu descritto come uno scambio di doni tipico delle festività natalizie, togliendo alla situazione il carattere eccezionale e ridimensionando l\'accusa. In questo modo, evitò di dover giustificare qualcosa che appariva come normale consuetudine. 3. **Porre sé stesso come razionale e gli altri come emotivi**\ Un'altra strategia di Clinton fu quella di presentarsi come equilibrato e razionale, in contrasto con la Lewinsky, descritta invece come impulsiva e dominata dalle emozioni. Clinton sottolineò che, pur avendo interrotto la relazione in modo responsabile, aveva continuato a preoccuparsi per la giovane stagista, mentre quest'ultima sarebbe stata incapace di accettare la fine della relazione. **L'importanza di confronti e contesti** Queste strategie possono essere adattate a scandali di natura diversa, come casi di corruzione o di condotte private trasgressive. Studiare queste situazioni in contesti politici e culturali differenti può rivelare se la soglia del \"comportamento scandaloso\" varia e quanto la comunicazione difensiva sia efficace nel ridefinire ciò che è considerato accettabile o normale. Ad esempio, la capacità di un politico di persuadere i cittadini che un comportamento criticabile sia in realtà irrilevante potrebbe dipendere non solo dalle strategie adottate, ma anche dalla cultura e dalle aspettative del pubblico. 5. **LA COSTRUZIONE DELL'«INGROUP»** **La costruzione dell\'«ingroup»: come i politici costruiscono un senso di identità collettiva** I politici, oltre a difendere la propria immagine, cercano di presentarsi come portavoce di un gruppo, che può essere il loro partito o, più ampiamente, l\'intera nazione. La loro comunicazione è spesso finalizzata a innescare processi di identificazione sociale nei cittadini, creando un senso di «noi» condiviso. In altre parole, i politici sono definiti come \"imprenditori di identità\", in quanto dedicano ampio spazio nei loro discorsi a costruire una coesione tra sé stessi e i loro ascoltatori. Questo processo è dinamico e può adattarsi a contesti diversi, modulando i confini e le caratteristiche del gruppo. **La modulazione dei confini del «noi»** Un esempio di come i politici spostano i confini del \"noi\" si trova nel discorso di Barack Obama alla Convention del Partito Democratico nel 2012, quando accettò la nomination per la presidenza. In quel discorso, Obama spostò rapidamente il «noi»: inizialmente si riferiva al Partito Democratico, poi all\'intera nazione (\"i nostri problemi, le nostre sfide\") e infine tornava di nuovo al «noi» del partito. Questo spostamento strategico dei confini del gruppo riflette come i politici possano manipolare l\'identità collettiva per includere gruppi diversi a seconda degli obiettivi che intendono perseguire. **Le caratteristiche del «noi»** La costruzione dell\'«ingroup» implica anche l\'attribuzione di certe caratteristiche che definiscono chi fa parte del «noi». Queste caratteristiche possono essere linguistiche, culturali, morali o legate a valori condivisi. Ad esempio, nel suo discorso di apertura del secondo mandato presidenziale, Obama associò al popolo americano valori come la sicurezza, la dignità e il dovere verso le generazioni future, presentando i suoi progetti politici come una conseguenza naturale di ciò che gli americani sono e di ciò in cui credono. **La difficoltà di costruire un «noi» ampio e inclusivo** La costruzione dell\'«ingroup» non è un\'operazione semplice. In primo luogo, i politici si trovano a dover affrontare la competizione con avversari che cercano anch\'essi di creare il proprio «noi». Inoltre, quando il «noi» è molto inclusivo e comprende gruppi diversi tra loro, diventa difficile trovare un linguaggio comune che soddisfi tutti. Questo accade, ad esempio, quando i politici formano coalizioni con altri partiti, cercando di includere sotto un\'unica identità collettiva soggetti che, in passato, erano avversari politici. Un ulteriore ostacolo si presenta quando, per costruire l\'«ingroup», si devono includere anche aspetti negativi, come errori del passato o situazioni difficili. In questi casi, i politici possono utilizzare una strategia retorica che cerca di trasformare il passato doloroso in una \"lezione appresa\". Per esempio, per promuovere i valori di democrazia e pace, si può fare riferimento alle sofferenze passate, come le guerre o le dittature, sottolineando come queste esperienze abbiano forgiato i valori positivi del gruppo. **Presentarsi come il rappresentante legittimo del «noi»** La costruzione dell\'«ingroup» è tanto più efficace quanto più il politico riesce a presentarsi come il miglior rappresentante di quel gruppo. In questo senso, la personalizzazione della politica gioca un ruolo cruciale: per essere considerato un leader legittimo, un politico deve saper legare la propria identità personale a quella del gruppo che rappresenta. Un esempio di questo è il discorso di Obama nel 2013, dove si paragona al giuramento che un soldato presta quando entra nell\'esercito, o alla promessa di un immigrato che realizza il suo sogno americano. Queste immagini creano una forte connessione tra l\'identità personale del leader e quella collettiva del gruppo che rappresenta. **Concludendo** La leadership politica si configura come un processo discorsivo in tre fasi: prima la creazione di un «noi» condiviso; poi l\'attribuzione a questo gruppo di caratteristiche coerenti con i progetti politici del leader; infine, la presentazione di sé stessi come il migliore rappresentante di quel «noi». In questo modo, il politico riesce a mobilitare il consenso, facendo leva sui processi di identificazione sociale che definiscono l\'appartenenza a un gruppo e che, attraverso la retorica, vengono resi ancora più forti e duraturi. 6. **LA COSTRUZIONE DELL'«OUTGROUP»** Nel discorso politico, l'appartenenza a un gruppo, o «noi», trova il suo pieno significato attraverso la contrapposizione con un altro gruppo, l'«outgroup», che rappresenta un elemento di confronto e, talvolta, di antagonismo. Il concetto di «noi» si consolida non solo per le sue caratteristiche interne ma soprattutto grazie alla definizione di ciò che non gli appartiene, ovvero il «loro». L'outgroup diventa quindi un gruppo con cui ci si confronta, sia per sottolineare differenze fondamentali, sia per marcare una netta separazione identitaria. Questa dinamica di contrapposizione è frequente in politica, in particolare quando si tratta di giustificare decisioni importanti, come interventi bellici o altre scelte strategiche. **Ingroup e Outgroup: l'ampliamento dei confini** Quando i leader politici desiderano rafforzare la separazione tra «noi» e «loro», spesso ampliano i confini dei due gruppi. Ad esempio, nei discorsi di Roosevelt e di George Bush per giustificare gli interventi militari degli Stati Uniti, i due presidenti estendono l'appartenenza al «noi» fino a includere tutti i popoli civilizzati. Al contempo, l\'«outgroup» viene dilatato includendo non solo i gruppi che hanno attaccato direttamente l'ingroup, ma anche chi potrebbe allearsi con loro o diventare una minaccia futura. Questo espande l'orizzonte del conflitto, creando una narrazione di minaccia globale. Nel caso di Bush, per esempio, l'«outgroup» comprendeva «terroristi» che operavano in oltre 60 paesi, una visione che contribuisce a fare del nemico una realtà globale e indefinita. **Le differenze tra Ingroup e Outgroup: una caratterizzazione morale** Una volta definiti i due gruppi, il passo successivo nel discorso politico è quello di attribuire loro caratteristiche che li separano. L'«ingroup» viene descritto come portatore di valori positivi, mentre l'«outgroup» assume tratti negativi e minacciosi. Spesso, i leader enfatizzano differenze incolmabili tra le due parti: la cultura, i valori morali, le capacità o le competenze vengono presentati come antitetici. Ad esempio, nei discorsi bellici, l'«ingroup» è caratterizzato da valori come «libertà», «giustizia» e «coraggio», mentre l'«outgroup» è descritto come portatore di oppressione, tirannia e violenza. La manipolazione delle parole e delle immagini consente di rappresentare le azioni del gruppo a favore come eroiche e giuste, mentre quelle dell'avversario come brutali e immorali. Questo meccanismo permette di giustificare atti di guerra o altre azioni violente, separando nettamente il giusto dal sbagliato. **La storia come strumento di legittimazione** Oltre alle caratteristiche immediate, i leader politici ricorrono alla narrazione storica per rafforzare la contrapposizione tra «noi» e «loro». La storia del «noi» viene spesso ricostruita come una serie di battaglie vinte grazie alle capacità superiori e all'integrità morale del gruppo. Questa versione eroica del passato diventa una premessa per un futuro che si preannuncia come vittorioso. La costruzione di un «noi» vincente diventa così un elemento motivante, alimentando la fiducia nel successo del gruppo di fronte alle sfide. Al contrario, la storia dell'«outgroup» viene rappresentata in modo negativo, come un susseguirsi di sconfitte e fallimenti. Questo rende il futuro del «loro» minaccioso, rafforzando l'idea che l'eventuale ascesa del loro potere sarebbe pericolosa. Roosevelt e Bush, nei loro discorsi, usano questa tecnica per legittimare le azioni militari, dipingendo gli Stati Uniti come una nazione destinata a vincere grazie al proprio eroismo e alla propria giustizia, e presentando l'«outgroup» come un'entità incline alla sconfitta e all'aggressività ingiustificata. **Quando l'Outgroup diventa vittima: la tecnica della nominalizzazione** A volte, tuttavia, i leader politici devono affrontare situazioni in cui il «noi» non è del tutto innocente e l'«outgroup» ha subito ingiustizie o è stato vittima. In questi casi, i leader ricorrono a tecniche retoriche per distorcere la realtà. Una delle più usate è la nominalizzazione, che permette di mascherare gli agenti responsabili di un'azione negativa e di attribuire la colpa a entità astratte, come \"conflitti\" o \"scontri\". Un esempio di questa strategia si trova nel discorso di Roosevelt del 27 ottobre 1941, in cui usa il termine «scontri a fuoco» per riferirsi a un episodio in cui la Marina statunitense aveva provocato il conflitto, ma riesce a dare l'impressione che la violenza sia scaturita spontaneamente, senza un chiaro responsabile. Questa tecnica aiuta a distorcere la realtà e a far apparire il «noi» come vittima, anche quando in realtà ha contribuito a innescare la situazione. **Conclusione** La costruzione dell\'«outgroup» è una strategia potente nel discorso politico, attraverso la quale i leader possono mobilitare l'opinione pubblica, giustificare scelte politiche difficili e definire l'identità di un gruppo. Manipolando le caratteristiche dei gruppi e la narrazione storica, i politici riescono a creare una separazione netta tra il «noi» e il «loro», accentuando le differenze morali, culturali e storiche per dipingere il proprio gruppo come giusto e l'altro come minaccioso. Quando le circostanze lo richiedono, queste tecniche retoriche vengono adattate per mascherare le colpe del «noi» e incolpare l'«outgroup», ottenendo così il consenso e la legittimazione necessaria per perseguire obiettivi politici. 7. **LA COSTRUZIONE DELLE MINORANZE** **La costruzione delle minoranze nel discorso politico** La rappresentazione delle minoranze (etniche, religiose, di genere, ecc.) nel discorso politico può variare in modo significativo. A seconda delle posizioni politiche e delle politiche proposte, un gruppo minoritario può essere rappresentato come parte integrante dell'«ingroup» o, al contrario, come un vero e proprio «outgroup». I leader politici possono estendere i confini del «noi» includendo un gruppo minoritario, oppure restringerli, escludendolo. Inoltre, a seconda della posizione politica, il gruppo di minoranza può essere descritto in termini positivi, come simile alla maggioranza, oppure in termini negativi, come diverso e separato dalla maggioranza. **Il caso delle «Generazioni rubate» in Australia** Un esempio emblematico della variabilità nel trattamento delle minoranze emerge dai discorsi di due leader australiani sulle cosiddette «Generazioni rubate». Questo termine fa riferimento ai bambini aborigeni che furono separati dalle loro famiglie tra il 1910 e il 1970 nell'ambito di una politica assimilazionista. Il 13 febbraio 2008, Kevin Rudd, leader del Partito laburista, chiede ufficialmente perdono alle «Generazioni rubate» davanti al Parlamento australiano. In questo discorso, Rudd persegue due obiettivi: uno generale, volto a promuovere politiche egualitarie per l'integrazione degli aborigeni, e uno più specifico, legato alla richiesta di perdono. **L'inclusione degli aborigeni nel «noi» nazionale** Nel suo discorso, Rudd allarga i confini del «noi» per includere gli aborigeni, creando una categoria sovraordinata che unisce tutti gli australiani, aborigeni e non. Questo processo avviene attraverso l'evocazione di emozioni, come la tristezza e l'angoscia, per far emergere una connessione empatica tra gli australiani non aborigeni e quelli aborigeni. Il leader fa appello alla capacità degli australiani di immaginare se stessi nella stessa situazione, facendo leva sull'empatia per unificare il popolo australiano in una visione condivisa del passato e del futuro. **La richiesta di perdono e la riconciliazione** Rudd amplia ulteriormente il concetto di «noi» nel momento in cui chiede perdono, non solo come leader del Partito laburista, ma come rappresentante di tutti gli australiani non aborigeni. Allo stesso modo, il destinatario della richiesta di perdono non è solo il gruppo delle «Generazioni rubate», ma l'intera comunità aborigena, compresi i discendenti delle vittime. In questo modo, il discorso riconosce le conseguenze a lungo termine delle politiche assimilazioniste e suggerisce una via verso la riconciliazione. **Il discorso di Brendan Nelson: minimizzare la responsabilità** In contrasto, il leader dell'opposizione, Brendan Nelson, adotta una strategia discorsiva diversa per attenuare le responsabilità del Partito conservatore nella politica delle «Generazioni rubate». Nelson invoca le «buone intenzioni» dei politici che hanno attuato l'assimilazione, minimizzando le conseguenze negative e sostenendo che la separazione dei bambini aborigeni dalle loro famiglie fosse giustificata dal desiderio di aiutarli. Secondo Nelson, alcuni aborigeni avrebbero persino accettato volontariamente questa politica, che avrebbe permesso ai bambini di accedere a opportunità che non avrebbero avuto nelle loro comunità di origine. **La manipolazione dei confini intergruppo** In entrambi i casi, i leader manipolano i confini tra il gruppo di maggioranza e quello di minoranza per presentare le proprie politiche come giustificate. Rudd, proponendo politiche egualitarie, rappresenta le minoranze come parte di una categoria sovraordinata che include tutti gli australiani, ponendo l'accento sulle somiglianze culturali e morali tra i gruppi. Al contrario, Nelson, sostenendo una separazione tra le comunità, sottolinea le differenze incolmabili tra la maggioranza e la minoranza, giustificando così la separazione e l'assimilazione come politiche necessarie. **Conclusione** La costruzione discorsiva delle minoranze varia notevolmente in base alle politiche che si intendono giustificare. I politici che sostengono l'integrazione e l'uguaglianza rappresentano le minoranze come parte di un gruppo più ampio, mentre quelli favorevoli alla separazione o all'assimilazione sottolineano le differenze tra i gruppi, utilizzando la manipolazione dei confini e delle intenzioni per legittimare le proprie politiche.

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