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These notes cover general biology topics, including biodiversity, population and species, and the characteristics of living organisms.
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BIOLOGIA GENERALE La biodiversità indica la varietà degli organismi del pianeta. Questa varietà include: la loro diversità genetica; la loro diversità morfologica e funzionale (a livello di popolazioni e specie); differenti aggregazioni o...
BIOLOGIA GENERALE La biodiversità indica la varietà degli organismi del pianeta. Questa varietà include: la loro diversità genetica; la loro diversità morfologica e funzionale (a livello di popolazioni e specie); differenti aggregazioni o comunità che gli organismi possono comporre; La biodiversità fornisce beni (cibo) e servizi ecosistemici (processi che svolge la biodiversità, esempio: le piante producono ossigeno), regola il clima, evita i disturbi ambientali. La popolazione è un gruppo di organismi che coesistono in uno stesso spazio e tempo, condividendo caratteristiche o proprietà biologiche comuni ed assicurando coesione riproduttiva al gruppo. La specie è la più grande popolazione esistente di individui i cui membri possono potenzialmente incrociarsi tra di loro e produrre individui fertili, ossia capaci di riprodursi a loro volta. Diversità genetica la possiamo intendere come diversità dei geni all’interno di diversi organismi. Esempi: variabilità all’interno di una stessa popolazione, variabilità fra diverse popolazioni di una stessa specie e variabilità fra diverse specie La diversità nella popolazione è importante perché permette di attuare due processi: Acclimatazione processo fisiologico che permette a un organismo di sostenere una determinata situazione ambientale (avviene in giro di secondi). Adattamento è un processo evolutivo. Se non c’è diversità genetica, non sempre può verificarsi. Quando la specie perde molti individui diventa geneticamente uniforme, questo porta alla difficoltà di adattamento. Le caratteristiche dei viventi sono: Composti da un gruppo di componenti chimici comuni: zuccheri, acidi grassi, acidi nucleici, aminoacidi. La maggior parte sono costituiti da cellule racchiuse da membrane. Trasformano molecole dal loro ambiente in nuove molecole biologiche. Estraggono energia dall’ambiente perché tutto funziona grazie al consumo di energia, si deve avere un metabolismo continuo e, nel momento in cui si interrompe la formazione di energia, si interrompe la vita. Il metabolismo può essere al massimo rallentato, e si parla di casi di criptobiosi dove alcuni organismi possono vivere mantenendo bassissimi i livelli del loro metabolismo per un periodo di tempo, senza alimentarsi e senza respirare, ma questo avviene solo in condizioni estreme e solo pochi organismi si sono adattati. Produrre energia. Contengono l’informazione genetica che utilizza un codice universale per specificare le proteine, permette di trasmettere le informazioni da una cellula all’altra, da un organismo ai suoi discendenti. Queste informazioni sono codificate e vengono trasmesse attraverso eventi di riproduzione. Riproduzione. Per poter svolgere un lavoro, per poter riprodursi o per poter compiere il metabolismo, ci deve essere la capacità di conservare le condizioni in cui un organismo si trova. Questo è reso possibile grazie alla presenza di sistemi di controllo, si parla quindi di una condizione di autoregolazione che è alla base del funzionamento degli organismi viventi. I viventi non sono individui isolati, vivono in relazione non solo con l’ambiente esterno ma anche con gli altri individui. Le specie si evolvono all’interno di popolazioni. Le popolazioni sono gruppi di individui in cui avvengono dei meccanismi di selezione e evoluzione, perché nel tempo vengono selezionate delle caratteristiche e modificazioni, presenti in ciascun individuo, che verranno trasmesse alla discendenza. Si parla di una microevoluzione, cioè quegli eventi che avvengono in una popolazione in cui cambiano le frequenze alleliche con cui un gene che esprime una certa caratteristica. 1 Tutti gli organismi viventi originano da una stessa forma di vita originaria. Se ci fossero state origini diverse non troveremo similitudini cosi marcate nelle anatomie, nelle sequenze di sviluppo, nelle sequenze genetiche, nel codice genetico e nelle molecole biologiche. Gli organismi che formano la biodiversità hanno caratteristiche molto simili tra loro. Gli animali vengono anche denominati come metazoi. Le caratteristiche degli animali sono: Sono organismi in cui la caratteristica principale è quella di avere un’organizzazione pluricellulare. Ci sono degli stadi del ciclo biologico in cui l’organismo animale è presente come singola cellula, quindi come unicellulari (spermatozoo, cellula uovo, zigote). Hanno un metabolismo eterotrofo, cioè gli animali non fanno fotosintesi, o mixtrofo, organismi che fanno la fotosintesi; possono farla solo degli organismi unicellulari che possono vivere in simbiosi con gli animali (meduse). Poiché non c’è la possibilità di fare fotosintesi, gli animali devono ingerire il cibo. Gli animali sono dotati di motilità rispetto a un fungo o a una pianta. Alcuni animali poi possono anche passare tutta la loro vita attaccati a uno scoglio per esempio. Possiedono gameti maschili caratteristici (spermatozoi). Passaggio attraverso uno stadio di sviluppo comune: blastula. Quando si forma uno zigote, inizia a segmentarsi e a dividersi e le cellule si compattano tra di loro. Poi inizia a formarsi una cavità che si va ad ingrandire, formando una blastula e la cavità interna viene detta blastocele. La blastula caratterizza tutti gli animali. Presenza di proteine particolari, una di queste è collagene aiuta e da sostegno al corpo, favorisce la mobilità degli animali. Sistema nervoso. La cellula nervosa non la troviamo in tutti gli animali. Nelle spugne per esempio manca un sistema nervoso riconoscibile e venivano chiamati parazoi. ARCHITETTURA CELLULARE La vita multicellulare ha bisogno di alcuni sistemi e processi per controllare la diversificazione all’interno dell’organismo. Possiamo paragonare un individuo di una specie a un edificio. Il corpo di un individuo è costituito da cellule diverse, organi diversi, tessuti diversi. Allo stesso modo un edificio è costruito da stanze di forme e dimensioni diverse, con delle funzioni diverse. Cos’è che rimane uguale in tutte le stanze di un edificio e in tutte le cellule di un organismo pluricellulare? L’informazione contenuta nel nucleo. Se io vado a prendere il nucleo di una cellula nervosa, di una cellula epatica, di una ghiandola ed estraggo il DNA da tali cellule, il nucleo sarà sempre identico. Quindi le stanze dell’edificio, per quanto diverse, possiedono tutte un armadio che contiene gli stessi libri ed essi contengono tutte le informazioni che servono per costruire tutte le stanze di un edificio. Quando si tratta di costruire la stanza piccola, la stanza con delle scalinate oppure la cellula di un tipo e la cellula di un altro tipo, le informazioni che vengono lette sono diverse. Vengono presi alcuni di questi libri dalla libreria e, l’architetto che costruisce\l’organismo in via di formazione, utilizza soltanto alcune di queste informazioni, quindi solo alcuni geni. Le istruzioni per costruire l’edificio\il corpo pluricellulare prendono il nome di genoma (contenuto all’interno del DNA) e sono raccolte in libri della libreria detti geni. Il materiale con cui vengono costruiti i geni è sempre lo stesso, sono sempre molecole di DNA, ed è identico anche il linguaggio che viene utilizzato che prende il nome di codice genetico. Dov’e la differenza? La differenza è resa nota quando vengono associati i geni in determinati modi e combinazioni per creare una cellula specifica. Quindi gli stessi geni possono essere utilizzati e articolati in modo diverso a seconda della specializzazione della cellula che si sta creando. Le cellule di uno stesso organismo pluricellulare hanno la stessa “libreria” di istruzioni, quindi lo stesso genoma con gli stessi geni, composta sempre dagli stessi libri. Però nelle cellule che si specializzeranno, ci sono delle cellule all’interno del nucleo che non saranno utilizzate. Quindi, in ogni tipo di cellula soltanto alcuni libri verranno “letti”, la maggior parte rimarrà invece inutilizzata. A volte ci possono essere delle cellule già differenziate, che possono tornare indietro e diventare di nuovo capaci di leggere libri, ossia i geni, che non venivano normalmente letti, quindi utilizzati. Questo fenomeno viene chiamato trans- differenziamento ed è alla base della metaplasia, del cancro. Quindi il processo del trans- differenziamento è lo stesso processo che avviene quando insorgono tumori, solo che in alcuni casi 2 questo fenomeno di trans-differenziamento può essere controllato, quindi può essere una cosa che l’animale è in grado di controllare, quindi utilizzare cellule già differenziate per costruire poi qualcosa che in quel momento serve. Per esempio può esserci bisogno di rigenerare. Essere organismi pluricellulari permette poi di specializzarsi. La costruzione di organismi diversi richiede informazioni diverse. Organismi diversi e, ancor più, specie diverse, contengono, all’interno del loro DNA, differenze a livello di singoli geni e delle interazioni tra i diversi geni. Alcuni geni sono condivisi anche da specie molto diverse, mentre altri geni sono caratteristici ed esclusivi di una sola specie. PROTEINE Le proteine sono le macromolecole biologiche più importanti all’interno delle cellule. Poi ci sono i lipidi, i carboidrati, gli acidi nucleici e infine ioni e metaboliti. Le macromolecole biologiche possono avere una diversa caratteristica: possono essere formate da unità ripetute, quindi monomeri che si ripetono, monosaccaridi che vanno a formare poi i polisaccaridi, amminoacidi e nucleotidi. Quindi abbiamo delle molecole biologiche che sono polimeriche, dove si vanno a riconoscere delle unità ripetute tra di loro, e altre invece che non sono considerati dei veri polimeri, i lipidi in particolare. Come si formano i polimeri? Ci sono delle reazioni di deidratazione chiamate anche di condensazione, dove un monomero condensa con un altro monomero con la rimozione di una molecola di acqua. Ovviamente ci sarà dell’energia che viene spesa per fare questa reazione. Abbiamo anche un processo inverso Per la demolizione di una molecola polimerica occorre una idratazione, quindi all’interno di quella molecola si rompono i legami e si aggiunge una molecola di acqua. Questo processo, essendo inverso a quello precedente, anziché assorbire energia, la rilascia che verrà catturata dalle cellule sottoforma di ATP. Le proteine hanno una maggiore importanza non soltanto perché sono più abbondanti, a anche perché le funzioni che possono svolgere sono diverse. Possono essere proteine di tipo strutturale, che servono per costruire l’impalcatura della cellula, del citoscheletro. Possono avere una funzione enzimatica, quindi sono degli acceleratori dei processi delle reazioni, favoriscono l’incontro tra altre molecole. Aiutano il metabolismo, favoriscono la difesa contro organismi patogeni, possono permettere il trasporto di gas all’interno del corpo, il trasporto di nutrienti o anche sono alla base del movimento. Quindi hanno moltissime funzioni. Le proteine hanno come unità monomerica l’amminoacido. L’amminoacido ha la caratteristica di avere un carbonio centrale, detto carbonio alfa. Intorno al carbonio alfa c’è sempre legato un atomo di idrogeno, un gruppo carbossilico acido, un gruppo amminico e una catena laterale che è un residuo ed è la parte diversa di ogni amminoacido. In base alle caratteristiche del gruppo residuo, cambia la capacità dell’aminoacido di formare legami con altri amminoacidi e, in base a quella che è la sequenza di collegamento tra i diversi amminoacidi e a quella che è la specificità del residuo, cambieranno le proprietà delle diverse proteine. Caratteristica della struttura di un amminoacido: Avendo questo carbonio centrale legato con idrogeno, gruppo carbossilico, gruppo amminico e gruppo residuo, questi 4 legami fa si che ci sia un effetto di deviazione. Quando viene attraversato un amminoacido da un fascio di luce polarizzata, in base a quella che è la struttura molecolare dell’amminoacido (quindi del gruppo residuo), ci sarà una deviazione di questa luce polarizzata specifica per quell’amminoacido. Questo significa che è un modo per poter riconoscere un amminoacido rispetto ad un altro. Con questi 4 legami differenti, in base alla posizione che assumono, ci possono essere due forme speculari tra di loro, dette enantiomeri. Per convenzione queste forme sono dette D o L (in base alla posizione del gruppo ossidrile, D se sta a destra, L se sta a sinistra). In natura le proteine sono composte da amminoacidi L. La denominazione degli enantiomeri D o L non coincide necessariamente con le proprietà ottiche. In base all’angolo di rotazione della luce al polarimetro, gli amminoacidi possono deviare la luce in senso antiorario (levogiro) o in senso orario (destrogiro). 3 LEGAME PEPTIDICO La condensazione, l’unione di più amminoacidi, avviene attraverso un processo di deidratazione, quindi vengono rimosse delle molecole d’acqua e si aggiungono degli amminoacidi alla catena peptidica in formazione. Questo avviene con la formazione del legame peptidico che nasce dallegame del gruppo carbossilico di un amminoacido e il gruppo amminico di un altro amminoacido. E’ importante sottolineare che nella molecola c’è sempre una direzionalità, perché avremo sempre un’estrema dove c’è un gruppo amminico terminale libero, che non è impegnato in un legame peptidico, e nella parte opposta c’è un gruppo carbossilico libero. Quindi si parla di residuo amminoterminale quando l’amminoacido ha il gruppo amminico libero, invece si parla di residuo carbossiterminale quando l’amminoacido ha il gruppo carbossilico libero. La caratteristica del legame peptidico è il fatto che è un legame forte e si avvantaggia di un effetto di risonanza degli elettroni. Quando c’è più di un doppietto elettronico nel legame, significa che non ci può essere una rotazione del legame. L’amminoacido quindi ha la possibilità, quando si formano i doppi legami, di poter avere una conformazione differente nel piano. Ci possono essere conformazioni trans, dove i gruppi residui si trovano sui piani opposti, oppure delle conformazioni cis, dove i residui si trovano sullo stesso piano. Dobbiamo quindi pensare anche a quella che è la variabilità dei residui amminoacidici, variabilità nel numero di atomi coinvolti, di conformazione delle molecole associate e della dimensione spaziale. La parte variabili quindi può essere di maggiore o minore dimensione, questo significa che c’è un ingombro sterico, un ingombro dimensionale che nello spazio può determinare un problema nella stabilità della molecola. Infatti, in base alla variabilità del residuo, si può determinare una repulsione tra i residui amminoacidi. Se questi sono in posizione cis, quindi sono molto vicini tra di loro, si può verificare questo fenomeno di instabilità della molecola. La configurazione trans è più stabile. PEPTIDI E PROTEINE Quando parliamo di catene di amminoacidi, parliamo di peptidi e proteine. Si tratta in ogni caso di polimeri di 20 tipi diversi di amminoacidi. La differenza tra peptidi e proteine sta nella lunghezza della catena peptidica, perché quando abbiamo a che fare con 2/3 amminoacidi, parliamo di dipeptidi e tripeptidi o polipeptidi, quindi sono polimeri più piccoli. Quando si parla di proteine invece, ci si riferisce a polimeri più lunghi. In media, la dimensione delle proteine può arrivare anche fino a 2.000/2.500/2.700 amminoacidi. La proteina più lunga conosciuta è la titina. 4 Qual’è il motivo per cui si possono costruire tipi diversi di amminoacidi utilizzando soltanto 20 “mattoncini” diversi? Questi “mattoncini” sono 20, ma possono essere distribuiti in sequenze molto diverse. Si utilizzano delle combinazioni che formeranno poi le varie proteine che avranno delle funzioni diverse. Il numero delle combinazioni dipende da quanto è lunga una proteina. Livelli di struttura delle proteine Proprio per le caratteristiche dei residui presenti in un amminoacido, ci sono amminoacidi polari, non polari, con caratteristiche di acidità o di basicità. Questo significa che si creano delle interazioni di diverso tipo, che possono portare delle cariche elettriche a interagire con l’ambiente esterno, quindi con l’ambiente acquoso, delle cariche invece non polari, che possono portare la molecola a ripiegarsi internamente, si possono formare dei legami a idrogeno, ecc… Tutte queste possibili interazioni che si formano tra gli amminoacidi presenti nella catena primaria, portano a un ripiegamento e un impacchettamento progressivo della proteina. I livelli di ripiegamento e di impacchettamento, di condensazione della proteina, sono almeno 4: il primo è quello della sequenza lineare (semplice struttura primaria). Poi abbiamo la struttura secondaria, dove iniziano a formarsi dei legami idrogeno e delle interazioni semplici fra amminoacidi vicini nella catena polipeptidica, andando a formare delle strutture ad alfa elica o a beta foglietto. Quando c’è questo primo livello di condensazione della molecola, essa comincia ad assumere una struttura tridimensionale che può avere un aspetto di tipo filamentoso o di tipo globulare. Questa prende il nome di struttura terziaria. Ci sono anche molte proteine che funzionano quando più strutture terziarie si organizzano a formare un complesso di catene polipeptidiche che lavorano insieme per svolgere una determinata funzione. Esempio: emoglobina. Questa struttura prende il nome di struttura quaternaria. Lo scheletro peptidi è idrofilo, quindi si formano strutture regolari (secondarie) all’interno delle proteine (strutture alfa-elica e beta-foglietto). L’interno delle proteine globulari è idrofobico: per l’impacchettamento della molecola, le catene laterali idrofobiche si dispongono verso l’interno, allontanandosi dal mezzo esterno. I legami a idrogeno sono alla base della struttura delle strutture alfa-elica e beta-foglietto. Ci sono anche interazioni elettrostatiche legate semplicemente alla attrazione o repulsione tra cariche elettriche diverse. Queste interazioni si formano a volte anche tra residui di un amminoacido globulare: la cisteina. La cisteina contiene dello zolfo e, l’unione di due cisteine, forma ponti disolfuro. I ponti disolfuro sono legami covalenti molto stabili, importanti per la stabilizzazione intra- ed internatene di proteine, soprattutto extracellulari. L’ alfa-elica (figura a sinistra) è una struttura che si forma per effetto di legami idrogeno. I legami a idrogeno si formano tra i residui e hanno un’organizzazione ben precisa: per ogni giro di questa elica che si realizza, ci sono 3,6 amminoacidi. L’elica ha un cosiddetto “passo”, cioè una dimensione. Se prendo un punto nell’elica e vado a misurare la distanza tra un giro e l’altro, troverò una distanza costante di 5,4 Angstrom. Quindi l’alfa-elica è una struttura costante, con un’organizzazione rigorosa, precisa. 5 L’altra struttura che si forma man mano che si va a sintetizzare la proteina al livello del citoplasma, è la beta-foglietto (figura a destra) in cui, in base a quelle che possono essere le sequenze amminoacidiche presenti, anziché esserci questa organizzazione ad elica, l’organizzazione è di tipo laminare. Ci sono quindi delle catene, la struttura primaria è su ognuna delle sequenze, poi c’è un ripiegamento, la sequenza continua in un’ulteriore direzione, e poi c’è un altro ripiegamento dove la sequenza si orienta sullo stesso piano della prima sequenza. Si formano quindi delle strutture in cui la catena polipeptidica si va a disporre su un piano. Nella figura le palline viola corrispondono ai residui amminoacidi. Questo orientamento del beta-foglietto permette la formazione di punti della proteina in cui l’organizzazione degli amminoacidi è più planare e non di tipo elicoidale. Nella molecola proteica ci possono essere contemporaneamente sia porzioni della sequenza che sono di tipo alfa-elica sia beta-foglietto. Queste due strutture, anche intervallate in punti in cui la sequenza non è né ad alfa-elica né a beta-foglietto, (ci possono essere delle anse (ripiegamenti) che permettono il passaggio da una porzione beta a una porzione alfa) vanno ripiegandosi per cercare di organizzare una struttura tridimensionale, cioè la struttura terziaria. 6 Le catene alfa non fanno riferimento alla presenza di legami ad alfa-elica. I legami alfa sono dei legami propri dell’emoglobina. (Questo vale anche per la catena beta) EME: cofattore, contiene il ferro, molto importante perché ha una forte affinità con l’ossigeno. Anemia falciforme E’ stato riconosciuto come una delle catene beta subisce una mutazione in una precisa posizione al livello di un singolo amminoacido. Questa mutazione porta alla sostituzione di un amminoacido: invece di avere l’acido glutammico in posizione 6, nell’emoglobina di chi soffre di anemia falciforme, è presente in posizione 6 la Valina. C’è una grande differenza poiché uno è un amminoacido polare, l’altro è non polare. Questo significa che la possibilità di ripiegamento della molecola, cambia considerevolmente. Nell’anemia falciforme la formazione di queste catene mutate porta a un attivo funzionamento dell’emoglobina, cioè una precipitazione sottoforma di cristalli dell’emoglobina, cambia addirittura la morfologia del globulo rosso che assume una formadi falce (da qui il nome anemia falciforme). 7 La proteina assume la sua conformazione per effetto dei residui amminoacidi che vengono incorporati durante la sintesi proteica. Ci possono essere delle forze esterne che possono portare a fare cambiare questa conformazione. Per esempio, se noi mettiamo le proteine in presenza di una temperatura diversa da quella fisiologica, la proteina può denaturarsi, cioè si rompono i legami a idrogeno e le strutture primarie si possono alterare. Se la denaturazione però non è troppo forte, quindi se non si distrugge la molecola e rimane la catena lineare di amminoacidi, spontaneamente la proteina riacquisterà, se la portiamo a condizioni fisiologiche, la sua conformazione tridimensionale normale. Questa è detta denaturazione reversibile. La situazione cambia invece quando si utilizzano degli agenti chimici che portano a denaturare una proteina, spezzando i legami peptidici, quindi una volta che viene interrotta la sequenza primaria della catena polipeptidica a quel punto non sarà più possibile recuperare la funzione iniziale (denaturazione irreversibile). Come possono essere separate le proteine? Questa separazione è possibile grazie all’elettroforesi, in base alla dimensione delle proteine e in base alla loro carica elettrica. Le proteine vengono poste su di un gel e attratte da un campo elettrico; più la molecola è pesante, più risulta lento il movimento. Funzioni delle proteine Ogni proteina ha una o più funzioni: lega specificamente una o più molecole. Le funzioni sono determinate dalla struttura (sequenza amminoacidi) e dalla conseguente conformazione. La forma e la funzione delle proteine è determinata dalla specifica sequenza di amminoacidi, che a sua volta è determinata dalle informazioni scritte, sotto forma di sequenza di nucleotidi, nel DNA. DNA E PROCESSI Le informazioni genetiche contenute nel DNA vengono tradotte attraverso la sintesi proteica. L’informazione genetica scritta nel DNA viene prima trascritta in un messaggero che porta dal nucleo al citoplasma l’informazione genetica, questo messaggero è l’RNA (acido ribonucleico a singolo filamento). La trascrizione avviene nel nucleo con la formazione del messaggero. Il messaggero fuoriesce attraverso i pori nucleari dal nucleo verso il citoplasma e nel citoplasma avviene un processo di maturazione dell’RNA messaggero (mRNA). L’mRNA inizialmente contiene anche delle informazioni che non codificano per qualcosa che poi deve essere tradotto in proteina e, perquesto motivo, deve essere rimosso da enzimi specifici. 8 L’RNA messaggero maturo, che contiene l’informazione tradotta in proteina, si aggancia al livello dei ribosomi e inizia la sintesi proteica. Struttura del DNA Il DNA ha un’organizzazione a doppia elica. Watson e Crick hanno scoperto questa organizzazione a doppia elica e hanno ricevuto il premio Nobel. La doppia elica è un polimero e ci sono dei monomeri che prendono il nome di nucleotidi. Il nucleotidi è costituito dall’unione di tre gruppi di molecole diverse: una base azotata, uno zuccheropentoso e un gruppo fosfato. Organizzazione: lo zucchero ha una posizione centrale e ha un legamecon la base azotata e un legame con il gruppo fosfato. Il nucleoSide si contraddistingue dal nucleoTide poiché non presenta il gruppo fosfato. 9 Organizzazione del DNA e dell’RNA Sono costituiti da unità monometriche in cui c’è una variabile, che è quella dello zucchero pentoso,che può essere un DEOSSIRIBOSIO o un RIBOSIO. A livello del carbonio 5 è sempre legato un gruppo fosfato, mentre a livello del carbonio 1 è sempre legata la base azotata. Notare la differenza (H-OH) I nucleotidi possono essere di 4 tipi in relazione a quella che è la base azotata. Le basi azotate sono distinte in due gruppidiversi: PURINE e PIRIMIDINE. La differenza tra di esse è la base azotata che può essere di due tipi: una con un singolo anello esagonale (4 atomi di C e due di N) e l’altra presenta un doppio anello esagonale in cui contiamo 5 atomi di C e 4 atomi di N. Quindi abbiamo un anello a sei atomi nelle pirimidine e un doppio anello con 9 atomi nelle purine. Questo ci fa già capire la differenza che c’è tra una pirimidina e una purina. PURINE: adenina e guanina. PIRIMIDINE: citosina e timina. Nell’acido ribonucleico troviamo un’ulteriore base azotata che sostituisce la TIMINA che è l’URACILE (pirimidina). Legame fosfodiesterico 10 Per riassumere l’organizzazione di DNA e di RNA Svolgiamo ora la doppia elica di DNA… La doppia elica del DNA è costituita dai legami che si formano tra le basi azotate, quindi la porzione variabile che abbiamo identificato nella porzione polinucleotidica, sono le basi azotate. Le basi azotate si giustappongono e possono stabilire dei legami con delle regale ben precise, quindi è come se formassero i gradini di una scala a chiocciola. Agli estremi laterali troviamo una ripetizione di zuccheri e di gruppi fosfato. Nella parte interna invece troviamo le basi azotate (citosina- guanina, adenina-timina, guanina-citosina). Esse sono associate con delle regole di appaiamento molto precise: 1. l’associazione tra le base azotate del DNA dipende sempre dalla dimensione della base azotata, quindi una pirimidina non può associarsi a una pirimidina e una purina non puòassociarsi a una purina. Ci sarà sempre una base pirimidinica e una base purinica. 2. Numero di legami a idrogeno: in base a quella che è la struttura chimica della base azotata, alcune possono formare 3 legami a idrogeno, altre ne possono formare solo 2. In particolare la purina Guanina ha la possibilità di formare 3 legami a idrogeno, l’adenina forma 2 legami a idrogeno (anche la timida). La possibilità di cambiare la posizione dei diversi nucleotidi è quello che regola la possibilità di avere proteine diverse. 11 DNA complementarietà e antiparallelismo La doppia elica del DNA è costituita da due catene polinucleotidiche complementari (secondo le regole di appaimento delle basi) e antiparallele (una con direzione 5’-3’, l’alta con direzione 3’-5’). REPLICAZIONE DEL DNA Il meccanismo di replicazione è strettamente correlato alla complementarietà delle basi, per cui ogni filamento della doppia elica, durante il processo di replicazione, diventa lo stampo su cui viene replicato il DNA e quindi su cui si verrà a costruire il nuovo filamento. Questo processo viene detto “semiconservativo” poiché, se la replicazione del DNA avviene per l’apertura della molecola e ogni filamento costituisce da stampo per la costruzione del filamento complementare, significa che l’apertura dei filamenti della molecola iniziale, detti filamenti parentali, una volta completata la sintesi, ognuna delle due nuove molecole sarà costituita da un filamento che era presente inizialmente nella molecola d’origine. Durante la replicazione del DNA è presenta un enzima detto elicasi che ha la funzione di aprire la doppia elica e di creare una forcella di replicazione. La sintesi avviene in maniera diversa a seconda dei due filamenti. Intervengono degli enzimi, uno di questi è la primasi che fornisce un innesco e fa iniziare la sintesi del filamento complementare. L’enzima primasi va ad inserire al filamento di DNA dei nucleotidi di RNA. Questo innesco verrà in seguito rimosso e verrà sostituito da nucleotidi di DNA. Questo è il primo punto di partenza per la costruzione del filamento. L’enzima vero e proprio che andrà ad aggiungere nucleotidi al filamento prende il nome di DNA polimerasi e può lavorare solo in una direzione agganciando un nucleotide ad un nucleotide già presente in cui è libera l’estremità 3’. In questo punto può essere agganciato un nucleotide di DNA. Ma la DNA polimerasi non inizierebbe il suo lavoro se non ci fosse un innesco, quindi una breve sequenza già inserita (lavoro della primasi). La DNA polimerasi lavora SOLO in DIREZIONE 5’-3’. Significa che l’estremità che viene lasciata libera è l’estremità 3’ e ad essa si potrà aggiungere un nuovo nucleotide a livello del fosfato che andrà a continuare questa sintesi. Filamento guida: è il filamento dove si continuano ad aggiungere i nucleotidi fino alla fine. Filamento ritardato: è il filamento nel quale l’aggiunta di nucleotidi avviene con un leggero ritardo. I frammenti piccoli che vengono costruiti su questo filamento, vengono chiamati frammenti di Okazaki. L’apertura della molecola consiste nella rottura dei legami idrogeno costituendo così delle anse dette ANSE DI REPLICAZIONE le quali consentono all’enzima ELICASI di andare ad allargare la FORCELLA DI REPLICAZIONE. Ci sono inoltre delle proteine dette SSBs ossia le Single-Strand Binding proteins (le palline in figura), che vanno a legarsi al singolo filamento facilitando l’apertura ed impedendo la riformazione deilegami H tra le basi azotate. Specialmente nei cromosomi eucariotici che sono di dimensioni superiori e diversi all’interno dei differenti organismi, ritroviamo più anse di replicazione a differenza della singola molecola a doppia elica procariotica, dove si ha invece un solo punto d’inizio replicativo collocato all’interno di una molecola di DNA circolare. La volta scorsa abbiamo visto come la forcella di replicazione sia opera di alcuni enzimi che agiscono in maniera coordinata, gli enzimi sono fondamentali a livello della sintesi sono le DNA POLIMERASI, in particolare ne è presente una che è caratterizzata da una direzione di sintesi che è definita 5’- 3’. Sappiamo infatti che in 12 ciascun filamento c’è un estremità in cui è presente a livello del Carbonio 5’ dello zucchero, un gruppo fosfato che non è impegnato in un legame fosfodiesterico e che prende il nome di estremità 5’; dalla parte opposta ci sarà ovviamente un gruppo ossidrilico OH che è legato al carbonio in posizione 3 dello zucchero che non è coinvolto in un legame e che prende il nome di estremità 3’. Cosa significa che la DNA POLIMERASI lavora in direzione 5’- 3’? Significa che utilizza un nucleotide energeticamente carico, sfruttando la sua estremità 5’, per collegarlo a qualcosa di già esistente e rendendolo disponibile per un ulteriore legame con un altro nucleotide con la sua estremità 3’ esposta. Significa che viene sempre lasciata disponibile un’estremità 3’ ad ogni nucleotide aggiunto. La DNA polimerasi ha però un limite, siccome deve agganciare ad un’estremità 3’ libera un nuovo nucleotide con la sua estremità 5’, deve trovare un stampo ossia qualcosa a cui agganciarsi, per risolvere questa problematica, interviene una PRIMASI che si occupa della costruzione di un primer RNA. Ciò comporta l’aggiunta sulla forcella di replicazione di nucleotidi ad RNA, lasciando un’ estremità 3’ libera dove potrà iniziare a lavorare la DNA polimerasi. In contemporanea lavora l’elicasi che man mano apre la forcella permettendo alla DNA polimerasi di svolgere la suafunzione. Successivamente i primer vengono sostituiti con l’intervento di un’altra DNA polimerasi che ha il compito di sostituire quei nucleotidi a base di RNA con nucleotidi a base di DNA. Sul filamento opposto succede che i filamenti sono oltre che complementari anche antiparalleli, ciò vuol dire che in questa direzione la DNA polimerasi non potrà lavorare correttamente in quanto mancherà l’innesco, proprio per questo motivo interverrà la primasi che inserirà vari primer a RNA dove la DNA polimerasi potrà iniziare a svolgere la sua funzione, in questo caso però trovandosi sul filamento opposto e lavorando solo in direzione 5’- 3’ non creerà un filamento continuo ma vari frammenti detti “frammenti di Okazaki”. Rimangono dei punti di discontinuità tra i frammenti di Okazaki e i vari primer, questi punti verranno uniti da altri enzimi solo susccessivamente all’intervento del secondo tipo di DNA polimerasi che andrà a sostituire i primer con sequenze nucleotidiche a DNA. Se andiamo a guardare i due filamenti vedremo che il leading e il lagging strands inizieranno a replicarsi in direzioni opposte. Si vede come un’ansa di replicazione si comporta come se fosse divisa in due metà speculari, dove uno dei due filamenti è il principale e l’altro il filamento ritardato. Infine interverrà la ligasi che servirà a legare i vari frammenti di okazaki. Siccome nell’eucariote le dimensioni sono maggiori rispetto ai procarioti, ci saranno più bolle di replicazione sulla molecola di DNA che faranno in modo di ridurre i tempi necessari al processo di replicazione. IL RUOLO DELLE TOPOISOMERASI I e II La conformazione del DNA che abbiamo visto in precedenza per spiegare il processo di replicazione è in realtà molto rara in quanto il DNA non si trova quasi mai in una disposizione rilassata ma è molto più frequentemente coinvolto in una situazione di avvolgimento o di SUPERAVVOLGIMENTO, allora cosa permette l’apertura dei due filamenti? Intervengono le topoisomerasi I e II che agiscono man mano che l’elicasi apre la forcella di replicazione e vanno a separare il filamento in due estremità e li riuniscono in una posizione diversa, eliminando le forze di torsione che renderebbero impossibile l’apertura della forcella. 13 Che cosa è contenuto nel codice genetico? DNA, RNA e proteine è considerato il dogma fondamentale della biologia, ossia l’informazione depositata nel DNA viene trascritta nell’RNA e da là viene tradotta attraverso dei decodificatori (ribosomi) in proteine attraverso i codoni ossia sequenze composte da tre nucleotidi che hanno un significato ben preciso; ad ogni tripletta corrisponde un amminoacido. Perché il codice è in triplette? Dobbiamo pensare che il linguaggio comune del codice genetico è costruito su un alfabeto di 4 lettere distinte dalle base azotate. Sappiamo che le proteine sono costituite dalla permutazione di un numero di amminoacidi fino a 20 tipi diversi, se dovessimo prendere delle coppie determinerebbero 16 amminoacidi quindi non sono sufficienti, la situazione cambia quando andiamo ad utilizzare delle triplette, che permettono, utilizzando il calcolo combinatorio, di calcolare 64 combinazioni possibili e perciò saranno abbastanza per codificare 20 amminoacidi. Questo significa che c’è dell’informazione ridondante e quindi ci sono delle triplette che codificano per lo stesso amminoacido (“Degenerazione del codice”). Le mutazioni che avvengono nella prima o nella seconda posizione determineranno la codifica di un amminoacido diverso rispetto a quello necessario, se avvengono nelle altre posizioni questo non avviene e ciò significa che le mutazioni nella prima e nella seconda posizione hanno un impatto maggiore sull’amminoacido finale. Un amminoacido molto importante è la metionina che costituito dalla tripletta ATG rappresenta il codone d’inizio della traduzione ossia il punto in cui, quando l’RNA messaggero verrà agganciato ai ribosomi, verrà inserito il primo amminoacido della catena polipeptidica. Ci sono poi delle triplette che corrispondono a segnali di stop della sintesi proteica. Nei procarioti c’è una piccola differenza in quanto l’amminoacido con il codone d’inizio sarà una leggera variazione della Met. Stiamo parlando di sequenze molto lunghe e potremmo incorrere nel rischio di leggere in maniera sbagliata o comunque diversa un amminoacido. Cosa ci permette di capire il senso di lettura? REGOLA DELLA METIONINA: la metionina fa iniziare la lettura della sintesi quindi questo viene identificato come punto d’inizio di lettura. La CRISPR-CAS9 è un enzima recentemente scoperto da due ricercatrici, fa da bisturi molecolare e ci permette di intervenirea livello del DNA anche di cellule viventi, per andare a sostituire dei nucleotidi. Ha portato ad un avanzamento rapido nella ricerca genica di malattie rare, le quali dipendono da mutazioni a livello del codice genetico. C’è la proteina Cas 9 che porta con sé una piccola molecola di RNA guida che viene utilizzata come aggancio per il DNA in determinati punti. È stato scoperto nei batteri in quanto all’interno di essi sono a volte inserite delle sequenze di DNA virale alle quali rispondono per impedirne la replicazione sviluppando proprio questo sistema di difesa. 14 TRASCRIZIONE NEI PROCARIOTI Una differenza importante nella sintesi dell’RNA messaggero consiste nel fatto che diversi genomicollocati sul cromosoma vengono trascritti contemporaneamente in una singola molecola di mRNA nel caso dei procarioti. Anche nel caso della traduzione si ha una sintesi contemporanea perché si legheranno dei ribosomi all’mRNA nelle diverse porzioni e contemporaneamente saranno tradotti in proteine, si parla di “operoni” ossia gruppi di geni che lavorano insieme. In particolare la conoscenza degli operoni è stata approfondita da due ricercatori e biologi francesi che sono stati Jacob e Monod, si sono occupati dell’operone Lattosio, un gene che si occupa della codifica degli enzimi che servono a degradare il lattosio TRASCRIZIONE NEGLI EUCARIOTI Negli eucarioti la trascrizione dei geni è individuale, questo risulta vantaggioso perché permette di poter combinare i geni. Un’altra caratteristica importante degli eucarioti è la presenza di sequenze all’interno del DNA eucariotico che non codificano e sono la maggior parte del genoma eucariotico, e sono definite “introni” o “junk DNA”. Pur non essendo utilizzate possono svolgere un ruolo di attivazione o disattivazione delle proteine. Le sequenze codificanti sono invece definite “esoni”. Si ha la maturazione dell’RNA che consiste nella maturazione selettiva delle sequenze non codificanti, questo processo prende il nome di SPLICING. Consiste in una ricombinazione delle sequenze non codificanti per formare l’ RNA MATURO. Questa maturazione prevede l’intervento di enzimi che vanno a tagliare e degradare l’RNA modificandolo inevitabilmente, e per proteggerlo si pone un cappuccio 5’ (“poliadenilazione” ,si aggiungono tanti nucleotidi di adenina). 15 LIPIDI Sono anche chiamati: grassi, fosfolipidi, sfingolipidi e steroidi. Sono molecole idrofobiche in quanto non hanno gruppi polari e non esistono come polimeri. Possono costruire monogliceridi, digliceridi e trigliceridi in base al numero di acidi grassi legati al glicerolo. Quali sono le caratteristiche degli acidi grassi? Ci sono grassi con acidi grassi saturi che sono allo stato solido a temperatura ambiente e sono quei grassi di origine prevalentemente animale, in questo caso non ci sono doppi legami. La situazione è differente nel caso dei grassi con acidi grassi insaturi che sono invece di origine prevalentemente vegetale, si presentano allo stato liquido a temperatura ambiente e formano doppi legami conferendogli reattività con altre molecole. I FOSFOLIPIDI hanno una polarità conferita da una porzione polare conferita da un alcool organico legato ad una molecola di glicerolo attraverso un gruppo fosfato tramite un legame fosfodiesterico. Troviamo inoltre che due degli atomi di carbonio (come nei trigliceridi) sono legati ad acidi grassi. Presenta una porzione idrofobica (coda, acidi grassi) e una idrofilica (testa, alcool) quest’ultima presentando molecole di alcool è molto importante perché determinano le varie caratteristiche delle membrane in quanto essendo polari sono in grado di legarsi con diverse molecole. Possono formare sia un doppio strato che una micella nel momento in cui vadano a formare un singolo strato, in questo caso le teste verranno rivolte verso l’esterno e le code verso l’interno. 16 Altri lipidi caratteristici sono gli SFINGOLIPIDI in particolare la SFINGOMIELINA che è caratterizzata dalla presenza di un acido grasso che anziché essere legato al glicerolo è legato alla SFINGOSINA ossia una molecola particolarmente lunga. Questa sfingomielina ha un ruolo molto importante nel ciclo vitale cellulare e può inoltre determinare la formazione del rivestimento degli assoni nel sistema nervoso centrale, costituendo un rivestimento isolante e migliorando le prestazioni dell’impulso elettrico velocizzandolo. STEROIDI Presentano una struttura complessa a 4 anelli fusi di 17 atomi di C. In base alle variazioni di catena si hanno diversi tipi di steroidi fino a centinaia, sono isolati da specie animali e vegetali e i loro ruoli fondamentali sono quello di ormoni e di componenti delle membrane biologiche. CARBOIDRATI sono altamente solubili in acqua e formano diversi polimeri: 1. monosaccaridi (3-8 atomi di carbonio) es. ESOSO(glucosio) si ha un alfa e un beta glucosio, questo è molto importante perché determinerà un cambiamento significativo nelle proprietà del glucosio come monomero di un polisaccaride. 2. Disaccaridi e oligosaccaridi (derivano dall’unione di due o più monosaccaridi) la sintesi avviene da decondensazione conperdita di una molecola di H2O e la formazione di legami glicosidici. 3. Polisaccaridi Possono essere ramificati (glicogeno) o non ramificati (amilosio e amilopectina) entrambi hanno come monomero l’alfaglucosio. Il glicogeno ha funzione di aumentare la possibilità di attacco per alcuni enzimi che serviranno per la sua demolizione e che determineranno un rapido rilascio di energia. Nel caso in cui il monomero principlale è il betaglucosio allora si ha un polimero che prende il nome di cellulosa caratterizzato da legame 1-4 glicosidico, ha funzione strutturale. Un altro polimero con la medesima funzione è la chitina costituito da monomeri di N-acetilglucosamina. Gli oligosaccaridi e i polisaccaridi possono avereun ruolo importante nel riconoscimento cellulare. 17 SEQUENZE SEGNALE (targeting) Le molecole all’interno della cellula sono soggette ad un intenso traffico e ci sono anche dei meccanismi di regolazione di tali movimenti. Molte proteine hanno una o più sequenze segnale che permettono al meccanismo cellulare di trasporto di posizionare correttamente le proteine all’interno o all’esterno. Ci sono almeno tre modalità di segnalazione/targeting delle molecole: 1) Una corta sequenza amminoacidica che funziona come un “codice postale” 2) Pre-sequenze (N-terminali o C-terminali) che possono legarle ad altre molecole che fungono da trasportatori 3) Segnali interni –modificazioni post-traduzione (es: glicosilazione) L’immagine seguente mostra quello che è il viaggio delle proteine. Nucleo in stretto contatto con il RER e il REL (in cui avviene la sintesi dei lipidi). Dal RE si possono formare delle vescicole che possono trasportare a livello dell’apparato del Golgi proteine e lipidi. Questo apparato è costituito da una serie di cisterne con una precisa direzionalità: versante cis rivolto verso il nucleo e il RE, versante trans rivolto in direzione opposta verso la membrana plasmatica. Qui avviene la glicosilazione e vengono generate vescicole come lisosomi e vescicole secretrici. Queste sono immagini al TEM raffiguranti l’apparato di Golgi con la sua tipica convessità. 18 IMPORTANZA % DELLE MEMBRANE (percentuale estensione delle differenti membrane) Le membrane agiscono come dei compartimenti in cui avvengono delle reazioni biochimiche. CELLULA DEL FEGATO CELLULA DEL PANCREAS Funzione: detossificazione (sintesi Funzioni: sintesi insulina (ormone steroidi) peptidico) Membrana plasmatica 2% 5% RER 35% 60% REL 16% ΔG (energia)= ΔH-TS L’organizzazione di una molecola è data dall’energia utilizzabile e da quella inutilizzabile. -Esoergonica (spontanea): ΔG0: assorbe energia da un altro sistema. Con le reazioni si ha una variazione positiva dell’energia (richiede apporto di energia, non stabile), diverso invece per le reazioni esoergoniche dove la variazione di energia è negativa ed è una reazione spontanea. La respirazione si ha in tutti gli animali, in tutti i cicli biologici e nelle piante (fotosintesi). Negli organismi autotrofi si ha la demolizione e la produzione di energia dal sistema interno usando energia solare. Equazione generale della respirazione cellulare: processo ossidativo, esoergonico: C6H12O6 + 6 O2 -> 6 CO2+ 6 H2O + 36 ATP L’ATP è la “moneta energetica” che viene spesa per qualsiasi lavoro cellulare. Mediante l’idrolisi l’energia liberata da questa molecola può guidare una grande varietà di processi cellulari endoergonici. L’energia necessaria per produrre ATP proviene da reazioni cataboliche esoergoniche. La molecola di ATP viene usata e ri-usata continuamente. È la molecola più comune in tutte le forme di vita. I due stadi per la formazione di energia avviene in due parti distinte della cellula: - Citoplasma: dove avviene la Glicolisi; - Mitocondri: dove avviene il ciclo di Krebs. La Glicolisi è il primo stadio della respirazione cellulare, dove una molecola a 6 atomi di C come il glucosio viene demolita con reazione endoergonica (in quanto utilizzate 2 molecole di ATP presenti nel citoplasma), cedendo due gruppi fosfato si trasforma il glucosio in fruttosio difosfato. Questo viene scisso in due molecole di zucchero a 3 atomi di C monofosfato. Ogni zucchero monofosfato viene trasformato, alla fine del processo, in due molecole di piruvato a 3 atomi di C mediante rilascio di 2 molecole di ATP che vengono sintetizzate dagli enzimi NADH. NADH: trasportatore di elettroni mediante spostamento di atomi di H+ (NICOTINAMMIDE ADENINA DINUCLEOTIDE). NAD+ ossidato dove la carica netta positiva si trova sull’anello nicotinamidico (la carica netta del NAD+ ossidato è meno 1), mentre NADH ridotto avrà la carica netta neutra sull’anello nicotinamidico (la carica netta del NAD ridotto è meno due), questo permette il trasferimento di elettroni tramite lo spostamento di H+. Nella glicolisi avviene una fosforilazione a livello del substrato nel passaggio da Gliceraldeide- fosfato a piruvato, dove su un enzima è posto l’ADP in attesa che gli venga fornito un gruppo fosfato per diventare ATP. Il piruvato è una molecola a 3 atomi di C, segue uno fra tre percorsi metabolici: 1. Trasformato in Acetil-CoA e poi entra nel ciclo di Krebs (in presenza di ossigeno) [nel mitocondrio]; 39 2. Lattato (nel tessuto muscolare in anaerobiosi); 3. Etanolo (fermentazione). L’Acetil-coenzima A è un trasportatore di gruppi aciclici (composti organici con gruppo carbossilico ma senza gruppo alcolico) che si lega al piruvato e al NAD+ per dare: acetil-CoA+CO2+NADH l’acetile rilascia un atomo di C che si lega all’ossigeno e forma CO2 e la carica in eccesso viene data al NAD+. Tale scambio avviene nel mitocondrio. Il mitocondrio è la macchina di energia, lo si nota anche dalla sua temperatura superiore a quella della cellula. Il ciclo di Krebs avviene nella matrice dei mitocondri e per ogni ciclo si producono 2 molecole di ATP. In tale ciclo avviene la trasformazione dell’acido acetico in ossalacetato per poi subire una serie di reazioni che portano al rilascio di CO2, H2, ATP e NAD o FAD. Quale molecola avvia il ciclo? La molecola di Acetil-CoA. La catena di trasporto degli elettroni è la principale fonte di energia dell’organismo. Tutto il processo avviene nella membrana interna dei mitocondri (nelle creste mitocondriali) in cui vi è il trasporto di elettroni rilasciati durante l’ossidazione del C durante l’ossidazione del piruvato e dell’acetil- CoA e ossidazione dei prodotti intermedi del ciclo di Krebs. Tra la membrana interna e lo spazio intermembrana vi sono proteine che catturano gli elettroni dal NADH portandolo a divenire NAD+ che agiscono mediante dei complessi lipidici. Solo da una proteina all’altra gli H+ sono spostati nello spazio intermembrana. Gli e- fluiscono fuori da un complesso dirigendosi verso un altro, effettuando un salto per via della differenza di potenziale. Al termine andranno ad unirsi a 2H e a ½ ossigeno a formare l’acqua metabolica. Il passaggio di elettroni dal NADH all’O2 comporta una viariazione di energia libera molto negativa ΔG=-25 Kcal/mol (fortemente esoergonica). Una parte di questa energia è usata per pompare i protoni attraverso la membrana mitocondriale interna e creare il gradiente attraverso la ATP sintetasi. L’ATP sintetasi è un complesso proteico che attraversa la membrana interna creando un passaggio per gli H+ accumulati durante il processo (per gradiente di concentrazione). L’ATP sintetasi ruota modificando la sia struttura erogando una notevole quantità di energia sottoforma di ATP (36 molecole per ogni molecola di zucchero). La morte cellulare avviene proprio per un malfunzionamento della catena di trasporto degli elettroni; la CO2 si lega ai complessi della membrana, impedendo il legame dell’ossigeno per formare l’acqua metabolica; in più non viene mandato ossigeno nel mitocondrio e ciò comporta un accumulo di ossigeno nel sangue seguito dalla morte tissutale. 40 CATENA RESPIRATORIA: CATENA DI TRASPORTO DEGLI ELETTRONI La catena di trasporto avviene a livello delle creste mitocondriali, nella membrana interna, dove vi sono dei raggruppamenti di molecole utilizzate per la “cattura” degli elettroni che sono stati rilasciati dalla decarbossilazione durante l’ossidazione del piruvato, dell’acetil CoA e dei prodotti intermedi del ciclo di Krebs. Il NADH deidrogenasi ossida il NADH divenendo NAD+ e i suoi elettroni vengono trasferite ad una molecola, un lipide detto Q (Ubichinone) che trasferiscono gli elettroni ad una molecola detto complesso bc1 che a sua volta trasferisce gli elettroni ad una proteina detta C (Citocromo) posta sulla membrana interna. La proteina C rilascia gli elettroni ad un complesso citocromo ossidasi (può essere inibito irreversibilmente e provocare l’avvelenamento da cianuro in quanto esso si lega allo ione Fe2+ del citocromo a,a3 che fa parte del complesso del citocromo c ossidasi, impedendone il legame con l’ossigeno. Viene così impedito il rilascio di ossigeno da parte dell’emoglobina al sistema di trasporto degli elettroni. In questo modo l’ossigeno non viene consumato a livello tissutale e si accumula in circolo) che rilascia tali elettroni all’ossigeno per formare acqua elettronica. Durante tale processo ogni molecola rilascia ioni H+ che si accumulano all’interno dello spazio intermembrana e vengono indirizzati verso un canale ionico collegato ad un complesso proteico che permette il passaggio di ioni H, regolando l’apertura e chiusura del canale con un cambiamento nella conformazione mediante la rotazione del complesso ATP sintasi. Il passaggio di ioni H+ permette la formazione di ATP (ADP+2H+->ATP). Si crea un gradiente di concentrazione nello spazio intermembrana che permette all’ATP sintasi di cambiare la sua conformazione. Il passaggio di elettroni dal NADH all’O2 comporta una variazione di energia libera fortemente negativa dove ΔG=- 25 Kcal/mol. È una reazione spontanea fortemente esoergonica. Una parte dell’energia viene utilizzata per pompare i protoni attraverso la membrana mitocondriale interna e creare il gradiente elettrochimico di H+. Qual è il ruolo dell’ossigeno? L’ossigeno agisce come accettore finale di elettroni dall’ossigeno dopo che tutta l’energia è stata estratta per costruire molecole di ATP. O2 si combina con 2H-> H2O (acqua metabolica). Un organismo unicellulare non ha problemi di trasporto dell’energia e dei cataboliti. Il trasporto tra superficie di scambio e volume corporeo è 41 molto alto. Le funzioni vitali delle cellule sono svolte all’interno di organelli specializzati. Un organismo pluricellulare deve invece sviluppare tessuti, organi, sistemi e apparati per consentire a tutte le cellule del corpo il corretto svolgimento delle funzioni vitali. Per Sistema si intende l’insieme di organi per lo svolgimento di una specifica funzione, frequentemente con la stessa origine. Per Apparato si intende uno o più sistemi (cioè con organi di derivazione embriologica differente) per lo svolgimento di una funzione comune. INGESTIONE E DIGESTIONE Gli animali non possono trarre energia dall’ambiente esterno organicando sostanze inorganiche, come fanno gli autotrofi. Gli animali devono ingerire materiale organico. La demolizione del cibo è meccanica (con denti, stomaci trituratori) e/o chimica (con enzimi e succhi gastrici prodotti da varie ghiandole associate al sistema digerente). Una prima digestione del cibo è extracellulare e avviene nel lume dell’apparato digerente. Le molecole risultanti dalla demolizione del cibo vengono quindi assimilate a livello delle cellule e la digestione diventa endocellulare. Mettere il cibo in circolazione L’intestino ha una superficie molto ampia grazie a finissime ripiegature (villi e microvilli) attraverso le quali i costituenti elementari del cibo demolito dalla digestione, vengono assorbiti per soddisfare le esigenze dell’animale. Le sostanze nutritive sono portate alle cellule, dove avviene il metabolismo. Il sistema circolatorio preleva le sostanze nutritive dall’intestino e, attraverso il sangue le trasporta alle cellule. Il cuore è il motore del sistema circolatorio. Bruciare il cibo Il metabolismo cellulare prevede reazioni di combustione di un combustibile (cibo) attraverso un comburente (ossigeno). L’apparato respiratorio preleva l’ossigeno dall’esterno e lo porta alle cellule. Anche l’apparato respiratorio ha amplissime superfici attraverso le quali passano l’ossigeno atmosferico (animali terrestri) o quello disciolto nell’acqua (animali acquatici). Eliminazione di scorie Non è possibile che una reazione avvenga senza scarti. Le scorie del metabolismo prevedono la produzione di anidride carbonica assunta dal sangue ed eliminata a livello degli organi respiratori che, quindi, sono scambiatori di gas in entrata (ossigeno) e in uscita (anidride carbonica). Il sangue raccoglie anche le scorie derivanti dall’utilizzazione delle sostanze nutritive e le elimina attraverso la filtrazione dell’apparato escretore (es. reni) che, in seguito le riversa all’esterno sotto forma di urine. Regolare le funzioni I sistemi nervoso e endocrino raccolgono informazioni dall’ambiente esterno e da quello interno e regolano e coordinano le funzioni, comandando anche le cellule muscolari deputate al movimento. 42 Omeostasi: -stasi= immobilità, star fermo; è la costanza delle condizioni interne dell’organismo. È il prodotto finale dei processi di regolazione fisiologica. Omeoresi: -rhesis=onda, oscillazione; è laregolazione dinamica (anche attraverso oscillazioni continue) dei tassi metabolici: è la caratteristica di tutti li organismi viventi. IL SISTEMA CIRCOLATORIO Il sistema circolatorio funge da connessione con il sistema digestivo, respiratorio, escretore, immunitario, nervoso, neuroendocrino e riproduttore. Il sistema circolatorio ha una funzione di trasporto e/o deposito, trasporta gas da/verso il sistema respiratorio, sostanze nutritive dal sistema digerente, di scorie metaboliche verso il sistema escretore, di ormoni endocrini verso organi bersaglio, di cellule (immunitarie, fagociti, gameti) e di calore (negli omeotermi). Il sistema circolatorio inoltre, possiede una funzione di sostegno della forma e del turgore corporeo. -È sempre indispensabile avere un sistema circolatorio, soprattutto così ramificato? No! Ci sono alcuni animali in cui non è indispensabile avere un sistema circolatorio poiché sono talmente piccoli e semplici che effettuano la distribuzione con semplice diffusione e trasporto attraverso le membrane (liquidi interstiziali) (es di questi animali sono Acoela e Placozoa [è un organismo pluricellulare, con 5 tipi cellulari che non sono organizzati in tessuti, vi è l’assenza del sistema nervoso, muscolare, digerente e circolatorio, si comporta come un’ameba]). Un distinto sistema circolatorio NON è sempre indispensabile, ad esempio negli animali con elevato rapporto superficie/volume e con cavità interne (liquidi interstiziali+ liquidi delle cavità), dove vi è una cavità gastrovascolare che funge da sistema circolatorio e digerente. (es. spugna, Cnidario, Nematode) Il circolatorio diventa indispensabile quando gli animali crescono di dimensioni ed hanno un basso rapporto superficie/volume (liquidi interstiziali+ liquidi delle cavità +liquidi circolanti [sangue o emolinfa]). Il sistema circolatorio è composto da: 1. Organo prepulsore (cuore); 2. Strutture tubulari (vasi); 3. Membrane di controllo direzionale del flusso (valvole). I sistemi circolatori degli animali possono essere raggruppati in due principali categorie: 1. sistemi chiusi; 2. sistemi aperti. I sistemi aperti sono sistemi in cui non si realizza completamente un circuito chiuso, in cui il liquido (emolinfa, non vi è differenza tra fluido circolante e liquido interstiziale che bagna le cellule) che circola nel corpo non trova più dei vasi e si accumula in una lacuna emali o seniemali (spazi che circondano gli organi, bagnati dall’emolinfa) che è a diretto contatto con le cellule e gli organi. Tali sistemi aperti è possibile riconoscerli in diverse specie come negli Artropodi (insetti, crostacei, miriapodi, aracnidi) e nella maggior parte dei molluschi. Nei bivalvi, il piede (organo muscolare cavo) viene riempito da emolinfa attraverso cui riesce a muoversi, allungandosi o accorciandosi. 43 Il sistema chiuso in cui i vasi sono sempre collegati tra loro e il fluido che circola nei vasi ematici è detto Sangue e circola mediante una direzione precisa. Mediante le venule e le vene viene trasportato il sangue venoso al cuore mediante una pressione osmotica, mentre attraverso le arterie, arteriole (aumentano notevolmente rispetto alle arterie) e capillari dal cuore parte il sangue arteriolare mediante una pressione idrostatica che spinge il sangue verso gli organi. Tale sistema lo si trova negli anellidi, molluschi cefalopodi (polpi e calamari) e vertebrati. In un adulto medio scorrono circa dai 4,5 ai 5 litri di sangue. Nell’uomo ci sono circa 100.00 km di vasi che trasportano il sangue. Nel sistema chiuso i materiali (gas, sostanze disciolte) vengono scambiati per diffusione tra sangue e fluido interstiziale che bagna le cellule. Nel sistema aperto avviene un mescolamento tra liquidi con sostanze e gas a diversa concentrazione. Il sistema aperto è un sistema di distribuzione più lento e quindi meno efficiente del circolatorio chiuso. 44 Nel Sistema chiuso il fluido circolante (sangue) è confinato nei vasi ematici che si ramificano ripetutamente fino a dare origine ai capillari. Nei pesci abbiamo un cuore con due camere principali: atrio e ventricolo, le due strutture pulsanti in cui si genera l’energia di propulsione che permette al sangue di essere spinto. Il sangue quando esce dal cuore (sangue deossigenato) dei pesci viene pompato verso le branchie per ossigenarsi. La velocità di flusso del sangue a livello delle arterie è molto veloce, mentre a livello dei capillari diminuisce, quindi in prossimità delle branchie rallenta e dalle branchie in poi la velocità di scorrimento è molto più bassa. L’efficienza di rifornimento di ossigeno verso i tessuti è ridotta. Le branchie hanno una fittissima rete capillare. Nei vertebrati vi è un doppio circuito di circolazione: 1. Circuito polmonare: sistema di vasi che porta il sangue verso i polmoni, e dai polmoni al cuore; 2. Circuito sistemico: sistema di vasi che porta il sangue verso il resto del corpo e viceversa. Negli anfibi e nei rettili (tranne coccodrilli) si ha un cuore con 3 camere (2 atri e 1 ventricolo). Si ha un atrio che fa confluire il sangue in un ventricolo, questo possiede un canale dove ci sarà un’arteria polmonare che porterà il sangue verso il polmone. Il polmone farà in modo che il sangue si arricchisca di ossigeno, successivamente il sangue ritorna al ventricolo che farà in modo che si mescoli il sangue ossigenato con il sangue venoso che è deossigenato. La contrazione del ventricolo fa in modo che il sangue vada sia verso il polmone che verso un altro ramo arterioso che spinge il sangue verso il resto del corpo. Il ventricolo singolo indiviso: il sangue dal lato destro si mescola in parte con quello del lato sinistro. Si ha un’efficienza ridotta in quanto non si raggiunge la stessa concentrazione di sangue con ossigeno e di sangue deossigenato. I polmoni sono piccoli, parte del sangue è indirizzato verso la superficie corporea (respirazione cutanea perché vi sono delle reti capillari al di sotto della cute che permettono ciò). Nei coccodrilli si ha un cuore con due camere (2 atri e 2 ventricoli, poichè si forma una membrana intermedia tra due ventricoli e forma le due camere). Il sangue dal lato destro non si mescola in parte con quello del lato sinistro. Si ha un doppio arco aortico: parte del sangue venoso dal ventricolo destro è indirizzato verso il corpo senza 45 passare dai polmoni. Si ha un’efficienza ridotta, ma adattamento utile a vita in habitat misto (terrestre e acquatico). Il forame di panizza permette al coccodrillo di rimanere in acqua per lungo tempo senza avere una dispersione di calore, garantendo il contatto tra sangue venoso e ossigenato. Nei mammiferi e negli uccelli si ha un cuore con 4 camere (2 atri e 2 ventricoli), si ha un doppio circuito di circolazione (polmonare e sistematico) e il sangue venoso nei ventricoli non si mescola con quello venoso. Il sangue che passa in tutti i tessuti del corpo viene raccolto e raggiunge il cuore a livello dell’atrio dx dove passa al ventricolo dx, e la contrazione prima dell’atrio e poi del ventricolo fa in modo che il sangue vada verso i polmoni per essere ossigenato e la CO2 viene eliminata verso l’esterno attraverso la espirazione. Il sangue ricco di ossigeno entra nel ventricolo e nell’atrio sx raggiungendo le altre parti del corpo. Efficienza di propulsione che garantisce pressione arteriosa 5 volte più grande di specie in cui non vi è una completa separazione dei ventricoli. In sintesi… la filogenesi dei vertebrati si riflette negli adattamenti del sistema cardiovascolare (sistema circolatorio chiuso). 46 Arteria: l’arteria non è un vaso che porta sangue con alta concentrazione di ossigeno e bassa concentrazione di CO2? No! È possibile affermare che la precedente affermazione non è sempre vera perché vi è del sangue venoso che dal ventricolo destro viene spinto verso l’arteria polmonare mediante la quale arriva al polmone, quindi finché non arriva al polmone c’è una bassa concentrazione di ossigeno e un’alta concentrazione di CO2. L’arteria è un vaso che trasporta il sangue dal cuore verso altri organi? Si! Definiamo come sistole il processo di contrazione del cuore e come diastole il processo di rilassamento del cuore. Ogni camera va incontro ad un ciclo di sistole/diastole. Atrio destro e sinistro si contraggono contemporaneamente, di conseguenza i ventricoli sono rilassati e si riempiono di sangue. Successivamente, le valvole atrio-ventricolari si aprono, le valvole semilunari sono chiuse. (processo di sistole) Dopo di che i ventricoli si contraggono e gli atri sono rilassati e si riempiono di sangue, le valvole atrioventricolari (tricuspide e bicuspide) sono chiuse, le semilunari sono aperte. (processo di diastole) Come fa il cuore a coordinare la contrazione dei due atri e ventricoli? Il coordinamentro tra la contrazione dei due atri e dei ventricoli avviene grazie ad un sistema di conduzione elettrica che genera un segnale elettrico autonomamente mediante il nodo seno-atriale che è costituito da cellule muscolari dette cellule Pacemaker che generano un segnale elettrico che parte da quelle cellule e si diffonde alle cellule con cui è in contatto le giunzioni gap, attraverso le quali il segnale elettrico parte da queste cellule del nodo seno atriale e hanno la funzione di pacemaker cioè di generare autonomamente un determinato segnale elettrico con una determinata periodicità che può essere anche influenzata ma non completamente controllata, ovvero non è possibile decidere volontariamente di bloccare il segnale elettrico che parte dal nodo seno-atriale, ma possiamo influenzarlo (es. subacqueo che riducono il battito cardiaco). Il nodo seno-atriale manda un segnale ad un secondo gruppo di cellule che rilanciano il segnale verso una zona sottostante del cuore. Tali cellule sono presenti alla base dell’atrio destro nella zona di separazione tra atrio e ventricolo detto nodo atrio-ventricolare che genera un’altra ondata di segnale elettrico in leggero ritardo, che verrà distribuito alle pareti dei due ventricoli. Dal nodo seno-atriale parte un primo segnale che viene esteso, grazie alla ramificazione delle fibre in collegamento con esso, anche all’atrio sinistro. Atrio sinistro e atrio destro si contraggono nel momento in cui parte un segnale dal nodo seno-atriale, questo segnale raggiunge anche il nodo atrio-ventricolare, e da lì immediatamente dopo, leggermente in ritardo, parte un segnale che viene distribuito alla parete dei due ventricoli. Vi è la presenza di lunghe ramificazioni di fibre provenienti dal nodo seno-atriale che percorrono il setto interventricolare e poi risalgono verso le porzioni superiori, permettendo di avvolgere interamente i due ventricoli. Tali fibre sono dette Fibre del Purkinje che permettono un’efficiente contrazione del ventricolo. La regolazione della circolazione avviene mediante meccanismi (che ne assicurano il normale svolgimento in condizioni di riposo e in condizioni di aumentate esigenze) di controllo della pressione arteriosa mediante la regolazione del battito cardiaco, il tono (livello di resistenza che le arterie possono avere rispetto al passaggio del sangue), inoltre si ha la regolazione della gittata cardiaca (volume del sangue che i ventricoli dx e sx espellono in 1 min attraverso le arterie polmonari e l’aorta) mediante il controllo della distribuzione regionale e del volume ematico (il controllo avviene attraverso l’escrezione di urina che contiene soluti e liquido proveniente dal sistema circolatorio e filtrato dagli organi). La regolazione dei parametri circolatori (la pressione del sangue) si basa su meccanismi a Feedback negativo: il parametro da regolare viene monitorato da recettori sensoriali (sensori) localizzati in vari punti del sistema circolatorio, che inviano informazioni ai centri regolatori della 47 circolazione (bulbo e strutture superiori: ipotalamo, cervelletto e corteccia cerebrale. Se viene rilevato un aumento della pressione avviene una diminuzione della frequenza cardiaca e un aumento del diametro dei vasi, viceversa se si rileva una diminuzione della pressione. Arteria: è caratterizzata da uno spesso strato muscolare che permette di regolare in parte il calibro dei vasi arteriosi, vi è una componente elastica notevole che permette di resistere alle deformazioni in seguito al passaggio del sangue che esercita delle pressioni. Vi è del tessuto connettivo esternamente e internamente vi è un endotelio. Vena: struttura meno tonica perché la pressione arteriosa esercitata dal sangue è differente rispetto all’arteria. Vi è uno strato elastico più sottile. Esternamente vi è tessuto connettivo ed internamente vi è endotelio. Le arterie sono i vasi in cui vi è una considerevole pressione sanguigna che diminuisce man mano che il sangue si allontana dal cuore, questo effetto è conseguente alla ramificazione delle arterie nella rete capillare, che distribuisce progressivamente un dato volume di sangue per unità di tempo in una rete di vasi a sezione complessiva sempre maggiore. Il calibro complessivo della rete capillare è superiore a quella della rete arteriosa. La vena possiede un lume interno più ampio e un tessuto muscolare poco spesso. Le arterie più grandi posseggono uno strato muscolare più spesso, diversi strati di tessuto elastico; le arteriole sono delle cellule muscolari lisce con un andamento circolare intorno ai vasi e per questo sono proprio quelle che contraendosi permettono di ridurre notevolmente il lume (cavità interna) del vaso. A livello delle reti capillari vi sono i capillari che sono delle strutture che a livello delle cellule che rivestono i capillari sul lato venoso sono presenti dei pori che permettono maggior ingresso di liquido interstiziale presente nei tessuti e delle scorie metaboliche che possono rientrare all’interno del torrente circolatorio. Letto capillare: presente tra arteria e vena La pressione sanguigna che viene esercitata a livello delle grosse arterie man mano che ci allontaniamo dal cuore va a ridursi perché il sangue che passa all’interno delle arterie esercita una parte della sua pressione alle pareti che tendono a restituirla in quanto vi è una componente elastica che tende a resisterla. Vi è anche un effetto d’attrito, in quanto vi è un flusso che fa rallentare la velocità del sangue e anche la pressione potrà ridursi soprattutto per effetto della ramificazione progressiva. Le cellule che viaggiano all’interno dei capillari sono disposte uno dietro l’altro passando una alla volta, ciò è dovuto al calibro ridotto e facendo in modo che ogni cellula possa cedere quantità di ossigeno ai tessuti in proporzione del gradiente di concentrazione che è nei tessuti circostanti, partendo dall’interno del sangue. Vi è un meccanismo fisico di diffusione. Se le cellule non fossero così disposte vi sarebbe un lavoro non sufficiente, in quanto la quantità di ossigeno ceduta sarebbe minore poiché le cellule si troverebbero all’interno di un vaso sparse e a distanze notevoli le une dalle altre, quindi la cessione dell’ossigeno sarebbe insufficiente perché le cellule disposte nella parte più interna si troverebbero più distanti dai tessuti, quindi il movimento dell’ossigeno verso i tessuti sarebbe rallentato. Lo scambio di gas e sostanze viene a livello dei capillari arteriosi verso i tessuti, mentre invece nel ramo venoso, quando finisce la rete capillare c’è un flusso inverso (nella seconda parte della rete capillare), ci sono acqua, gas e sostanze presenti nei liquidi interstiziali che vanno verso il sangue circolante nel capillare. Tale differenza è dovuta dalle differenze di pressione idrostatica (pressione generata dall’attività di contrazione del cuore e anche dalla minima regolazione che può essere data dalle cellule muscolari intorno ai vasi arteriosi e dalla componente elastica che restituisce pressione al sangue che man mano che questo si va a muovere all’interno del lato 48 arterioso) e osmotica (dovuta alla concentrazione di molecole di gas o di soluti presenti nel liquido interstiziale. Rispetto alla pressione idrostatica, sul lato arterioso è inferiore). C’è una pressione arteriosa che quando raggiunge il letto capillare si ritrova ad essere sempre superiore rispetto a quella pressione osmotica. Nel lato arterioso la differenza netta è che vi è una prevalenza di pressione idrostatica rispetto alla pressione osmotica e ciò fa in modo che vi sia una fuoriuscita (dovuta a una maggiore pressione) di liquidi, gas e sostanze verso l’interno dei tessuti. Man mano che si attraversa il letto capillare questo fenomeno diminuisce, perché la pressione idrostatica rallenta e di conseguenza la fuoriuscita di liquidi e molecole implica la riduzione della concentrazione di molecole all’interno del sangue circolante nel letto capillare, ciò significa che la differenza di concentrazione tra interno ed esterno va aumentando, quindi la pressione osmotica prevale rispetto alla pressione idrostatica e ciò comporta che sul lato venoso vi sia una pressione netta in entrata dai tessuti verso il capillare. Nell’immagine è evidente un capillare in cui il lato arterioso è contraddistinto dall’alta pressione idrostatica e nel lato venoso la bassa pressione idrostatica con una prevalenza della pressione osmotica che permette l’ingresso nuovamente di acqua e soluti. I capillari confluiscono nelle venule che andranno poi a confluire in vene di calibro maggiore. Un ramo accessorio del sistema circolatorio è quello del sistema linfatico, costituito in questo caso da una serie di vasi che non hanno un collegamento diretto con il sistema circolatorio (a livello dei tessuti), ma sono presenti comunque nello spazio in prossimità dei capillari. I vasi linfatici si ramificano all’interno dei tessuti permettendo il drenaggio (recupero di quei liquidi interstiziali presenti all’interno delle varie cellule). L’acqua in eccesso all’interno dei liquidi interstiziali viene drenata, raccolta dai vasi linfatici (questo ci fa capire che se c’è un problema a livello del sistema linfatico e nei nostri tessuti si accumula acqua in eccesso si verificano delle anomalie, come rigonfiamento dei tessuti perché l’acqua rimane e non viene drenata). Oltre all’acqua, il sistema linfatico drena tutte le sostanze presenti all’interno dell’acqua dei liquidi interstiziali e dopo un lungo percorso, il sistema linfatico andrà a reinnestare questo liquido all’interno del sistema circolatorio a livello del ramo venoso, in particolare a livello dell’atrio destro, in corrispondenza della vena cava. Il movimento di questi liquidi, sia all’interno del sistema circolatorio, all’interno del ramo venoso, del ramo arterioso e del sistema linfatico è controllato dalla presenza, da un lato dalle valvole presenti nel cuore, dall’altro dalle valvole presenti nel ramo venoso del sistema circolatorio e di valvole che sono presenti anche a livello del sistema linfatico. Queste valvole hanno un sistema di apertura verso una sola direzione. Sistema linfatico è un sistema di vasi a senso unico, che inizia a fondo cieco dagli spazi intercellulari e confluisce dall’altra parte con un’apertura che via via diventa sempre più grande. Drena il liquido interstiziale. Attraverso la vena cava superiore, i vasi linfatici (che sono costillati da gruppi di cellule in cui vengono prodotti i globuli bianchi) attraversano tutto il nostro corpo. Riporta al circolo sanguigno la linfa proveniente da diversi organi e tessuti attraverso la vena cava superiore. La composizione della linfa è simile a quella del plasma sanguigno, e contiene globuli bianchi. Le funzioni del sistema linfatico sono: il mantenimento dell’omeostasi idrica (drenaggio), il trasporto di sostanze nutritive (grassi) e rifiuto, e di difesa immunitaria (mediante ghiandole linfatiche). 49 Ritorno venoso: Le vene e i vasi del ramo venoso presentano delle valvole, presenti perché avendo una parete in cui non è presente una muscolatura liscia, il sangue fluisce verso una direzione definita mediante la presenza di queste valvole, in quanto le nostre vene, superato il letto capillare raccolgono sangue che per poter essere portato verso il cuore devono subire una spinta, uno schiacciamento da parte della muscolatura scheletrica del nostro corpo. La contrazione determina il trasporto del sangue dal lato venoso verso il cuore. Il Sangue è un tessuto connettivo costituito da: 1. parte corpuscolata costituita da cellule e piastrine; 2. una parte liquida detta plasma (soluzione acquosa con nutrienti, proteine, gas, altre molecole. Le funzioni di trasporto di ossigeno (nei globuli rossi) e di anidride carbonica (nel plasma), trasporta acqua e alimenti assimilati dal digerente (nel plasma), Sali, acqua e rifiuti azotati all’escretore (plasma), ormoni dalle ghiandole ad altre parti del corpo (plasma), anticorpi per difesa immunitaria (plasma), calore. A livello dei tessuti vi è una concentrazione di anidride carbonica (CO2 a livello dei liquidi interstiziali viene prodotta durante la respirazione cellulare, durante la glicolisi, ogni volta che vi è una decarbossilazione) che viene portata al di fuori della cellula, si accumula nel liquido interstiziale da cui passerà nel sangue venoso sotto forma, in parte di CO2 sciolta mentre la maggior parte, circa il 70% viene trasformata all’interno dell’entrocita divenendo ione carbonato HCO3-, che viene poi riversato nel plasma. Vi è una concentrazione che viene misurata in termini di pressione parziale del gas corrispondente a circa 46 mmHg e sul lato venoso arriverà sui 40 mmHg. La CO2 verrà eliminata verso l’esterno. A livello polmonare la CO2 (presente sotto forma di ioni carbonato al 70% e in una porzione inferiore sotto forma di CO2 sciolta in una percentuale del 20%), rientra, attraversando l’epitelio che separa un letto capillare che sta attraversando i polmoni. Vi è un movimento di CO 2 a livello capillare che irrora i polmoni e riporta la CO2 dal sangue sia sotto forma di HCO3- che viene ritrasformato dall’enzima anidrasi carbonica che anziché produrre ioni carbonato, produce CO2 per un gradiente di concentrazione. Tale CO2 attraversa l’epitelio degli alveoli fuoriuscendo verso l’esterno. Globulo rosso: manca di nucleo, all’interno del globulo rosso troviamo l’emoglobina che è una proteina globulare con una struttura quaternaria (con 4 subunità) con all’interno un gruppo prostetico che è rappresentato da un cofattore che coadiuva la funzione della proteina attraverso anche un elemento, il gruppo eme che ha una notevole affinità per l’ossigeno. Ogni subunità che costituisce l’emoglobina contiene un gruppo prostetico, l’eme, con l’atomo di ferro al centro. Non vi è sempre il ferro, vi possono essere anche organismi che hanno un gruppo prostetico che presenta altri elementi. Elementi circolanti nel sangue umano sono eritrociti, leucociti e piastrine. I megacariociti che diventano piastrine: importante perché parlando del sistema circolatorio non si può ignorare la malattia principale dovuta a patologie a livello di tale sistema, perché sono collegate a modalità con cui normalmente avviene la riparazione di lesioni a livello dell’endotelio. Una parete di un vaso, se per qualche motivo subisce una lesione, intervengono subito delle 50 molecole che fanno coagulare delle piastrine nella zona interessata e che generano una cascata di segnali in cui un ruolo fondamentale viene svolto dal calcio che diventa attivatore per alcune proteine circolanti come la Tromboplastina piastrinica (prodotta sia dalle piastrine stesse sia dai tessuti circostanti) che vanno ad attivare un’altra molecola detta protrombina che viene attivata in Trombina da questi attivatori. La Trombina andrà a trasformare il Fibrinogeno producendo Fibrina che è una proteina filamentosa che andrà a formare una delle fibrille, una sorta di reticolo che permette di intrappolare rapidamente gli elementi circolanti nel sangue e formare il coagulo. È un processo a cascata. Aterosclerosi: fenomeno che si riferisce alla presenza di un accumulo di detrito cellulare che si posiziona in determinate posizioni del sistema circolatorio bloccando il deflusso del sistema. Il colesterolo è fondamentale per il nostro organismo, non è libero nel sangue, ma è legato a particolari proteine formando strutture complesse dette Lipoproteine: 1. VLDL: a bassissima densità; 2. LDL: a bassa densità; 3. HDL: ad alta densità. Tali lipoproteine hanno un ruolo ed un effetto molto diverso tra di loro sulla nostra salute. La maggior parte del colesterolo che troviamo depositato all’interno del nostro sistema circolatorio a livello delle pareti endoteliali è un colesterolo che è veicolato da LDL. Queste lipoproteine tendono ad agganciarsi alle pareti del sistema circolatorio e possono arrivare, mediante l’accumulo, a formare degli ostacoli. Le HDL tendono a spostare il colesterolo dalle arterie e lo riportano verso il fegato. Vi è un ruolo ancora conosciuto che è quello delle VLDL, presenti in piccole percentuali. Le VLDL contribuiscono a mobilizzare i trigliceridi permettendo di utilizzarli come risorsa per la glicolisi per produrre energia. Le HDL hanno un ruolo benefico perché rimuovono l’eccesso di colesterolo, mentre le LDL sono quelle che permettono l’accumulo del colesterolo a livello dell’endotelio. Colesterolo totale è di 140/250 mg/dl. HDL: 40-85 mg/dl; LDL:110-180 mg/dl. 51 Placca aterosclerotica: (detta anche placca ateromatosa) è una degenerazione delle pareti arteriose dovuta al deposito di placche (formate essenzialmente da grasso e tessuto cicatriziale) dovuto ad un danno all’endotelio (che riveste il lume interno dell’arteria) dovuto a diversi fattori, con l’adesione di piastrine (che rilasciano il fattore di aggregazione piastrinico) e deposizione di fibrina nella regione danneggiata, in quanto va a bloccare la fuoriuscita del sangue dal sistema circolatorio e permettere la rigenerazione dell’endotelio. Quando avviene un danno a livello dell’endotelio, questo può essere determinato da diversi fattori come un aumento pressorio elevato che porta ad una conseguente migrazione e proliferazione delle cellule muscolari lisce nella regione danneggiata (dalla tonaca media [riveste le arterie] fino alla tonaca intima, parte costituita dall’endotelio). Si ha la produzione di collagene, di elastina e di glicoproteine. I lipidi del sangue si depositano nelle cellule muscolari lisce in proliferazione. Ciò può essere riparato senza conseguenze se non vi è un accumulo elevato di colesterolo ad opera dei macrofagi che possono agire eliminando il coagulo ripristinando la funzionalità dei vasi arteriosi. La deposizione delle LDL aumenta l’adesività di altre cellule. Si ha quindi la migrazione di monociti dal sangue, con la conseguente trasformazione in macrofagi e l’aumento del colesterolo al loro interno. I macrofagi e altre cellule si fondono a formare le cellule “schiumose” (così chiamate per la grande quantità di lipidi compresi). Se invece vi è un caso di iperlipidemia, ipertensione, danni dovuti al fumo o ad altri fattori, si possono presentare dei danni ripetuti all’endotelio e proliferazione di cellule muscolari lisce che generano tale placca. Durante tale processo si crea una placca fibromuscolare dovuta all’accumulo di connettivo fibroso, cellule muscolari lisce, colesterolo e detrito muscolare, provocando l’allargamento dell’area della lesione e progressione non lineare, con rapido incremento della dimensione della placca (il coagulo viene incorporato nella placca). La rottura della placca, con il distacco di frammenti, porta alla formazione di trombi (occlusioni a livello dei vasi). I fattori di rischio per le lesioni endoteliali sono: irritanti chimici dal fumo di tabacco; ipertensione (flusso turbolento e scompensi), ipercolesterolemia (LDL); proteine glicosilate (diabete); sostanze vasocostrittrici (angiotensina); infezioni batteriche o virali. Arteriosclerosi: una forma di sclerosi della parete arteriosa con deposizione di calcio e indurimento della placca ateromatosa. SISTEMA RESPIRATORIO Respirazione cellulare: processo ossido- riduttivo di degradazione del glucosio con produzione di energia (ATP) e liberazione di anidride carbonica (in presenza di ossigeno); Respirazione sistemica: immissione di ossigeno da aria o acqua ed emissione di anidride carbonica in cellule e tessuti. La velocità di diffusione dei gas dipende da: 1. Area di contatto: estensione della membrana respiratoria; 2. Differenza delle pressioni parziali (concentrazioni): tra i due lati della membrana; 3. Distanza tra i compartimenti: la membrana semipermeabile deve essere sottile: sangue- acqua, sangue-aria. Scambi respiratori: le cellule vanno continuamente rifornite di ossigeno e devono essere liberate dalla CO2 che viene prodotta come sottoprodotto (“rifiuto”). Lo scambio di gas avviene per 52 diffusione: movimento da regione a più alta pressione parziale a regione a più bassa pressione parziale. O2 e CO2 diffondono attraverso membrane cellulari che devono essere sottili e umide. A livello degli organi respiratori come i nostri polmoni; la concentrazione di ossigeno che va a bagnare le membrane che separano le strutture interne del polmone rispetto ai capillari sarà decisamente maggiore rispetto all’ossigeno che sta viaggiando a livello polmonare. La differenza di concentrazione, di pressione parziale, tra l’ambiente esterno e il sangue permette un movimento dall’esterno verso il sangue. Vi è anche la cessione di ossigeno verso le cellule (evidente nell’immagine). Questa cessione non avviene solo a livello del polmone, ma anche a livello del liquido interstiziale dove vi sarà ancora una differenza di concentrazione positiva (maggiore la quantità di ossigeno nel sangue rispetto a quella presente nei tessuti) di ossigeno tra il sangue arterioso ed esso. Per quanto riguarda la CO2, essa passa dai tessuti al sangue, viene portata al cuore, dal cuore viene portata ai polmoni e così la CO2 dal sangue passa all’ambiente esterno sempre avvalendosi delle differenze di concentrazione tra i vari compartimenti. All’interno del globulo rosso vi è un enzima l’anidrasi carbonica che ha la capacità di trasformare la CO2 gassosa in ione carbonato che viaggia a livello del plasma sotto