Biologia, Chimica e Biochimica PDF
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2024
Venturin Marco, Pezzotta Alex
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These notes cover introduction to biology explaining its properties like complexity, growth, reproduction, and adaptation. The notes then go on to explain cellular organization, the cell as the fundamental unit of life, characteristics of a bacterial cell, and the properties of water.
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BIOLOGIA, CHIMICA E BIOCHIMICA MODULO: BIOLOGIA aa.2024-2025 Docente: Venturin Marco, Pezzotta Alex Introduzione La biologia è la scienza che studia gli organismi viventi e l’interazioni (regolate da leggi chimico- fisiche) che questi hanno con l’ambiente interno...
BIOLOGIA, CHIMICA E BIOCHIMICA MODULO: BIOLOGIA aa.2024-2025 Docente: Venturin Marco, Pezzotta Alex Introduzione La biologia è la scienza che studia gli organismi viventi e l’interazioni (regolate da leggi chimico- fisiche) che questi hanno con l’ambiente interno ed esterno all’organismo. La materia vivente presenta il DNA, molecola che contiene istruzioni necessarie per lo sviluppo corretto dell’organismo. Le caratteristiche della materia vivente - Complessità: legata alla biodiversità (presenza di diverse forme di vita/ identifica una variabilità osservabile all’interno di una determinata specie). La biodiversità è un fenomeno evolutivo estremamente vantaggioso che permette ad una specie l’adattamento all’ambiente esterno e la sua sopravvivenza. La base della biodiversità sta nel genoma degli individui, esso contiene le istruzioni che permettono il corretto sviluppo dell’organismo. La diversità è dovuta a piccole variazioni contenute all’interno del genoma, queste ‘’piccole variazioni’’ si verificano a livello proteico e provocano la manifestazione a livello fenotipico di caratteri differenti, la riproduzione sessuata crea molta variabilità nella specie. La mole di informazioni che gestiscono il programma di sviluppo dell’individuo e tollerano piccole variazioni, le quali permettono la biodiversità, è contenuto nel genoma. - Accrescimento: gli organismi viventi crescono e si sviluppano. L’accrescimento di un individuo è controllato e limitato. Gli organismi unicellulari sono in grado di aumentare la propria massa fino a dove l’aumento è tollerato (la crescita senza controllo consegue una variazione del rapporto volume/superficie sbilanciato verso volume, l’aumento di volume sproporzionato alla superficie mina la sopravvivenza dell’organismo). Lo sviluppo è anche ‘’programmato’’, un’unica cellula (es: lo zigote) cresce si duplica e si differenzia. Per far si che il ‘’programma di accrescimento’’ si verifichi è necessario il nutrimento, esso da energia per le reazioni biochimiche che avvengono all’interno della cellula. Gli organismi viventi sono in grado di accrescersi e svilupparsi grazie alla produzione di energia utile per le reazioni biochimiche; l’energia non è introdotta sotto forma di calore ma grazie all’evoluzioni di sistemi proteici che abbassano l’energia di attivazione di una reazione. Gli enzimi sono strumenti proteici che abbassano l’energia di attivazione e permettono, a temperatura fisiologica, alla reazione di verificarsi (tale reazione produce composti che, metabolizzati dell’organismo, permettono l’accrescimento). - Riproduzione: gli organismi unicellulari si riproducono per scissione binaria/ riproduzione asessuata (cellula madre accresce, duplica il proprio DNA, divide il proprio genoma ai poli della cellula, divisione cellula madre in cellule figlie identiche geneticamente e biologicamente alla cellula madre). La biodiversità negli unicellulari è molto lenta, è possibile che in qualche sequenza necessaria per la sintesi di una proteina venga introdotta una mutazione che provoca biodiversità. La riproduzione sessuata implica che la trasmissione del patrimonio genetico provenga da entrambi i genitori, i figli sono completamente diversi dai genitori (creazione di biodiversità dal passaggio da una generazione all’altra). I gemelli monozigotici sono gli unici individui geneticamente identici. Riproduzione sessuata risulta vantaggiosa per aumento esponenziale biodiversità nella specie (aumento biodiversità permette la sopravvivenza della specie grazie ad una capacità di adattamento migliore all’ambiente esterno. L’uomo è continuamente sottoposto a selezione naturale). La riproduzione sessuata si è espansa nella materia vivente perché crea in ogni generazione, velocemente, biodiversità. Ci sono meccanismi che permettono la formazione ed il mantenimento della corretta quantità di cromosoma nella specie. L’insieme di tutte le caratteristiche di un individuo, nato da riproduzione sessuata, è unico (combinazione di metà del patrimonio genetico di entrambi i genitori). Esistono meccanismi precisi che consentono la distribuzione corretta del materiale genetico (eventuali sbilanciamenti generano situazioni che non permettono la vitalità dell’individuo). 2 - Adattamento all’ambiente: adattamento esposto in due teorie: Lamark (l’ambiente induce modifiche successivamente trasmesse) e Darwin (la biodiversità osservata è dovuta a modifiche nel DNA vantaggiose che vengono successivamente selezionate dall’ambiente e poi trasmesse se ‘’più adatte’’ per la sopravvivenza in quel determinato ambiente). L’ambiente può far variare, mediante selezione naturale, le tipologie di varianti possibili all’interno della stessa specie. Organizzazione biologica L’organizzazione biologica è gerarchica. Ogni livello ha proprietà emergenti, caratteristiche non presenti a livelli inferiori. Il tutto è la somma delle singole parti. Gerarchia a livello chimico: atomo forma le molecole, le molecole formano le macromolecole. A loro volta, nella materia vivente, le macromolecole hanno una funzione determinata e la cooperazione tra di esse permettono la costituzione di una cellula (unità base della vita, presenta tutte le caratteristiche sopraelencate della materia vivente), dalle cellule abbiamo i tessuti, organi ed organismo vivente. Gli organismi viventi hanno anch’essi un loro grado di organizzazione (livelli di organizzazione ecologica). La cellula È l’unità fondamentale della materia vivente, la più piccola unità in grado di vita indipendente. Il termine cellula è coniato da Robert Hooke che nel 1665 osservando fettine di sughero notò che erano divise in tante piccole “cellette” che decide di chiamare cellule. La teoria cellulare (tutti gli organismi viventi sono costituiti da cellule, unità funzionale in grado di esplicare tutte le funzioni vitali) è stata enunciata nel 1800 da Schleiden (botanico) e Schwann (zoologo); i quali affermarono che tutti gli organismi viventi sono costituiti da una (unicellulari) o più cellule (pluricellulari), che ne costituiscono le unità funzionali; ed è stata completata 58 anni dopo dal patologo Virchow, riuscì a dimostrare che: le cellule derivano esclusivamente per divisione da cellule preesistenti “omnis cellula e cellula”. Il carattere gerarchico dell’organizzazione cellulare 3 La cellula batterica è definita procariote (nucleo non avvolto in membrana nucleare, ma libero nel citoplasma): La sua composizione chimica prevede una prevalenza di acqua, che occupa circa il 70-80%; mentre il restante 30-20% è composto per una piccola percentuale da ioni (circa l’1%) e da composti organici del carbonio. I composti del carbonio si dividono in composti di piccole dimensioni (carboidrati, lipidi, amminoacidi, nucleotidi) e di grandi dimensioni (acidi nucleici e proteine). Il carbonio è adatto a formare tante molecole grazie alla sua capacità di formare fino a 4 legami covalenti con gli altri atomi e proprio sulla base di esso i componenti chimici della cellula si classificano in: - Inorganici: non contengono atomi di carbonio. - Organici: sono composti da atomi di carbonio. Gli elementi inorganici comprendono l’acqua (H 2O) e gli ioni minerali, che si dividono in: - Cationi, carichi positivamente e i più importanti sono: Na+, K+, Ca+, Mg++ - Anioni, carichi negativamente e più importanti sono: Cl-, SO4--, PO4---, CO3-- Citosol= parte liquida del compartimento interno della cellula che compone, insieme ai vari organelli, il citoplasma. L’acqua Unico composto presente in quantità elevate e in stato liquido sul nostro pianeta. La vita ha avuto origine nell’acqua, perciò, è essenziale per la vita. La terra è il pianeta dell’acqua: molti organismi vivono nell’acqua (mari, laghi, fiumi, stagni). La materia vivente ha evoluto numerosi meccanismi che sfruttano a proprio vantaggio le caratteristiche dell’acqua; ad esempio, la sudorazione come mezzo per raffreddare l’organismo in quanto l’acqua evaporando si “porta via” calore. L’acqua è indispensabile a tutti gli organismi viventi, che se ne devono rifornire costantemente. Gli organismi hanno sviluppato meccanismi per ridurre le perdite di acqua. L’acqua è la sostanza più abbondante nelle cellule; circa il 70-95% del peso corporeo di un organismo è costituito da acqua. La materia vivente deve essere considerata come una soluzione acquosa. Nella cellula le molecole in continuo movimento entrano in collisione e possono stabilire diversi tipi di interazioni. Nel citoplasma, costituito in maggior parte da acqua, avvengono tutte le reazioni principali. 4 Le proprietà dell’acqua La struttura molecolare dell’acqua è data due atomi di idrogeno legato ad un atomo di ossigeno ed è riassunta nella formula H2O. Polarità La polarità delle molecole d’acqua è data da una diversa distribuzione delle cariche elettriche tra l’ossigeno e gli atomi di idrogeno; di conseguenza ciò la rende un ottimo solvente per soluti ionico e polari. In particolare, la molecola d’acqua, è un dipolo perché quando si formano i legami covalenti, ossia il tipo di legame più forte che ci sia in cui due atomi mettono in comune delle coppie di elettroni, ci sono atomi più “forti” e quindi si genera una differenza di potenziale tra una parte e l’altra della molecola. La forza con cui in atomo attira a sé gli elettroni viene detta elettronegatività. Siccome l’ossigeno è più elettronegativo dell’idrogeno, gli elettroni tenderanno a stare più verso l’atono di ossigeno, che quindi assumerà una parziale carica negativa mentre gli atomi di idrogeno tenderanno ad assumere una parziale carica positiva. Se i due atomi di H fossero posti a 180° la molecola sarebbe neutra dal punto di vista chimico perché il centro della carica negativa sarebbe nel mezzo dei due atomi, ma siccome i due legami sono posti con un angolo di 104,5° si crea questa differenza di potenziale. La differenza di potenziale nella molecola di H 2O permette la formazione di legami a idrogeno. I legami a idrogeno sono legame più deboli dei legami covalenti; che si formano tra un atomo di idrogeno (legato covalentemente ad un atomo elettronegativo) e un atomo elettronegativo, come ossigeno, azoto o fluoro di molecole diverse oppure della stessa molecola (legame a idrogeno intramolecolare). Tra molecole d’acqua, ciascuna molecola può formare al massimo 4 legami ad idrogeno con altrettante molecole d’acqua. Coesione La coesione è dovuta ai legami a idrogeno tra le molecole d’acqua. La coesione spiega alcune caratteristiche dell’acqua, come la sua elevata tensione superficiale (grazie alla quale alcuni insetti possono camminare sull’acqua) e il suo elevato punto di ebollizione. Adesione L’adesione, per cui l’acqua rimane attaccata ad altre superfici, è dovuta a legami a idrogeno tra l’acqua e altre sostanze polari. Capillarità Dovuta all’insieme di coesione e adesione, la capillarità è il fenomeno per cui l’acqua tende a risalire all’interno di tubi molto stretti, contro la forza di gravità, come si osserva delle piante. Alto calore specifico Insieme all’altro calore di evaporazione è dovuto ai legami a idrogeno. È la quantità di calore che un grammo di una sostanza deve assorbire per aumentare la sua temperatura di un grado centigrado. L’acqua è una delle molecole che ha tra i più alti calori specifici a seguito dei numerosi legami a idrogeno tra le molecole d’acqua. Ciò consente agli organismi di mantenere relativamente costante la temperatura interna e fa sì che gli oceani e le altre masse d’acqua mantengano una temperatura costante. Infatti per far salire di un grado un grammo di acqua a 15°C, serve un calore specifico di 1 cal/(g x °C) mentre ad esempio per l’alcol etilico 0,581 cal/(g x °C). 5 Alto calore di evaporazione È la quantità di energia necessaria per convertire un grammo di liquido in vapore. Le molecole d’acqua, quando passano allo stato di vapore, portano con loro una grande quantità di calore, determinando così un raffreddamento per evaporazione. Tendenza a dissociarsi L’acqua tende a dissociarsi in ione idrogeno, ione positivo H +, e in ione idrossido, ione negativo OH-. Le tre forme dell’acqua Le tre forme dell’acqua differiscono nel grado di formazione di legami a idrogeno; nello stato aeriforme ce ne sono meno mentre in quello solido ce ne sono di più. Al contrario di altre sostanze, nello stato solido l’acqua è meno densa che negli altri stati; perché le molecole possono stare più vicine tra loro, in quanto devono rispettare una struttura cristallina più ordinata. L’acqua e le altre molecole Tutte le molecole vengono quindi differenziate in: - Composti idrofilici: sono affini all’acqua, sono in grado di sciogliersi in essa perché ionizzati (sali) o polarizzati (carboidrati, amminoacidi e nucleotidi). - Composti idrofobici: non sono polarizzati, non possono interagire con l’acqua perchè non sono polarizzati, i composti apolari. - Composti anfipatici: hanno due caratteristiche: parte idrofilica ed idrofobica. La parte idrofilica sarà quindi orientata verso l’acqua mentre la parte idrofobica sarà lontana da essa L’acqua è un solvente di composti ionici e di composti polari; perciò, le molecole di H 2O sono dette polari o idrofiliche. Ogni atomo è circondato da molecole d’acqua che agiscono sui legami del composto rompendoli, solo nel caso in cui la soluzione è satura il composto polare non si scioglierà (in questa situazione le molecole d’acqua non sono più in grado di circondare il composto polare e questo precipiterà). Le molecole idrofiliche si sciolgono in acqua proprio perché l’acqua è un dipolo e circonderà la molecola creando un alone di solvatazione. Le molecole idrofobiche sono apolari, perciò non solubili. Costituzione materia vivente La materia vivente è costituita principalmente di acqua e da composti organici, sono presenti anche gli ioni (in minor quantità ma necessari per la compatibilità con la vita). Facendo sforzo fisico è necessario reintegrare gli ioni persi sotto forma di sali (disciolti in acqua). Macromolecole organiche Le molecole organiche, dette anche biomolecole, sono i composti più importanti dal punto di vista biologico. Lo scheletro di questi composti è costituito da atomi di carbonio, possono essere: - Piccole dimensioni: carboidrati, lipidi, amminoacidi e nucleotidi - Grosse dimensioni: acidi nucleici (DNA e RNA) Sono organizzate in quattro classi principali, i singoli monomeri si uniranno per costituire i polimeri (le macromolecole, dimensione consistente, derivano dall’ unione di centinaia di monomeri). I lipidi non sono veri e propri polimeri, essi si accumulano assumendo struttura differente dalla catena di monomeri. 6 I lipidi I lipidi sono una classe eterogenea di composti con proprietà chimiche e caratteristiche strutturali eterogenee, accomunati dal fatto di essere: insolubili o pochissimo solubili in acqua (sono idrofobi) solubili in solventi apolari (per la presenza nelle molecole di catene idrocarburiche) Funzioni dei lipidi: - Riserva energetica (lipidi di deposito) - La natura anfipatica di alcuni lipidi è fondamentale per nascita della vita, perché compongono le membrane che circondano le cellule. (lipidi strutturali) - Alcuni lipidi servono da messaggeri chimici, sia all’interno della cellula (Detti secondi messaggeri) che tra le cellule diverse (ossia gli ormoni) - Alcuni hanno la funzione di isolante contro le basse temperature - Alcuni lipidi sono vitamine (la A,D, E,K) Caratteristiche generali: - Sono costituiti fondamentalmente da gruppi non polari; - Tendono ad associarsi tra di loro (con legami idrofobici) e formare barriere, come nelle membrane cellulari. - Costituiscono insieme ai carboidrati le principali fonti di energia. Si classificano in: 1. LIPIDI SEMPLICI O NEUTRI: derivano dalla combinazione di acidi grassi e glicerolo. La maggior parte di essi è rappresentata dai TRIGLICERIDI. 2. LIPIDI COMMPLESSI: sono molecole tipicamente anfipatiche e hanno una parte idrofobica e una parte polare, per questo rappresentano i principali lipidi delle membrane biologiche. Essi oltre ad avere acidi grassi e glicerolo sono uniti ad alte molecole; i più comuni sono i FOSFOGLICERIDI (sono legati anche al fosforo). 3. STEROIDI: il principale è il COLESTEROLO; componente importante della membrana plasmatica, di cui regola la fluidità. Dal colesterolo derivano altri ormoni che sono importanti negli animali; come gli ormoni sessuali maschili e femminili e gli ormoni della corteccia surrenale che regolano la crescita e l’attività cellulare. Lipidi semplici Detti anche lipidi neutri o gliceridi o grassi neutri, sono i più abbondanti e hanno la funzione di riserva energetica. Possono essere mono/di/tri-gliceridi; sono composti da 1/2/3 molecole di acido grasso + 1 glicerolo. Gli acidi grassi sono molecole fortemente apolari. Sono lunghe catene di atomi di carbonio legati ad atomi di idrogeno; sono composti da una testa carbossilica idrofilica e una coda idrocarburiche o alifatiche. Le code sono fortemente apolari e sono composte sempre da un numero pari di atomi di C. Il gruppo carbossilico (la testa) è composta di un atomo di C che si crea un doppio legame con atomo di O e un legame singolo con una molecola OH. Il glicerolo è un alcool a 3 atomi di C, contenente 3 gruppi chimici (gruppi OH), a ciascuno dei quali può essere legato un acido grasso. Gli acidi grassi si legano al glicerolo mediante ad una reazione di condensazione, generando quindi una molecola di H2O. Durante la reazione il glicerolo perde un atomo di H, l’acido grasso perde una molecola OH e si crea così un legame covalente tra le due molecole (ovviamente servono degli enzimi per attivare questo tipo di reazione). 7 Poiché sono insolubili in acqua, sono presenti nelle cellule sotto forma di goccioline, che in alcuni tessuti specializzati, come il tessuto adiposo, possono occupare gran parte della cellula. I trigliceridi sono i lipidi semplici più comuni e rappresentano i principali lipidi di deposito sia negli organismi animali che vegetali. Al loro interno si possono distinguere i tre acidi grassi, che possono essere: - Saturi: se tutti i legami dell’atomo di C della catena sono singoli; quindi, c’è il numero massimo di atomi di H. la coda è dritta. - Insaturi: se nella coda ci sono uno o più doppi legami (nel caso in cui ce ne sono più di uno sono detti poli-insaturi) e ciò implica alla catena di piegarsi. Da questa differenziazione dipendono le proprietà chimiche e fisiche. Quelli saturi possono impaccarsi tra di loro, quindi a temperatura ambiente sono solidi (es. quelli animali) e sono rischiosi alla salute perché sono difficili da metabolizzare. Quelli vegetali sono ricchi di acidi grassi insaturi (es. omega 3; detto così perché il primo doppio legame si trova in posizione 3, ossia tra il 3 e il 4 atomo di carbonio) e sono acidi grassi essenziali le cui pieghe permettono di rimanere più spaziati; di conseguenza si possono impaccare di meno e quindi tendenzialmente sono liquidi a temperatura ambiente perché le molecole tendono a stare più distanziate. Poiché sono insolubili in acqua, sono presenti nelle cellule sotto forma di goccioline, che in alcuni tessuti specializzati, come il tessuto adiposo, possono occupare gran parte della cellula. Lipidi complessi Detti anche fosfolipidi sono molecole anfipatiche perché; oltre ad avere il glicerolo legato a due acidi grassi; presentano una testa idrofilica polare in cui c’ il gruppo fosfato carico positivamente. Per la loro natura andranno a formare spontaneamente dei doppi strati delle membrane in cui le teste idrofiliche andranno a disporsi verso l’ambiente acquoso (il citoplasma) e le code di acidi grassi idrofobici tendono ad allontanarsi dall’acqua e quindi ad andare ad impacchettarsi all’interno del doppio strato. Questa proprietà dei fosfolipidi è ciò che ha permesso di racchiudere le molecole all’interno di un involucro chiuso e ad andare a formare quella che poi è la cellula. I fosfolipidi posso fare: - Micelle: in cui le code idrofobiche scompaiono all’interno, nascoste dall’acqua. - Bilayer sheet: ossia un foglio fatto da un doppio strato di fosfolipidi, in cui le code dei fosfolipidi sarebbero a contatto con l’acqua e dunque tendono a richiudersi generando dei liposomi. - Liposome: una membrana fatta dal doppio strato, che tende a chiudersi generando un’ambiente che ha un lume (un interno e un esterno). La cellula stessa è un grande liposoma. I liposomi sono molto utilizzati per veicolati farmaci all’interno del nostro corpo (Es. vaccini a RNA). Nei fosfolipidi sono presenti due acidi grassi legati al glicerolo e il terzo gruppo H, legato gruppo fosfato, è a sua volta legato ad un gruppo polare, da cui viene caratterizzato il nome. 8 Steroidi sono una classe di lipidi particolare. Quelli più importanti sono: - Il colesterolo, che svolge alcune funzioni fondamentali nel nostro organismo e rappresenta il punto di partenza per la sintesi di tutti gli steroidi. - Gli acidi della bile, che hanno un ruolo nel nostro apparato digerente - Gli ormoni sessuali Colesterolo Il colesterolo è una molecola anfipatica perché per gran parte di essa è idrofobico per natura. È composto da una catena idrocarburica (CH) in cui sono presenti quattro anelli aromatici. Quando si hanno degli anelli in genere gli elettroni girano attorno all’anello e quindi sono molecole idrofobiche perché non c’è asimmetria di carica. C’è poi anche un gruppo OH, che rappresenta una piccola testa idrofili, che basta per dire che il colesterolo ha una natura anfipatica. Il fatto che abbia degli anelli rigidi è importante. Il colesterolo oltre ad essere contenuto nelle membrane è un costituente delle membrane cellulari e il prodotto di partenza per la sintesi degli ormoni Steroidei. Partendo dal colesterolo vengono sintetizzati tanti altri steroidi, come: - La vitamina d3 può essere prodotta nella cute per azione delle radiazioni ultraviolette su un derivato del colesterolo; sono importantissime per l’omeostasi del calcio e del fosforo e quindi la formazione delle ossa, l’assenza di questa vitamina causa rachitismi. - Il cortisolo è un ormone secreto dalle ghiandole surrenali, conosciuto come l’ormone dello stress perché stimola la generazione di glucosio e la messa a disposizione di energia sotto forma sia di zuccheri che di lipidi. - Il testosterone è un ormone sessuale maschile, importante per il differenziamento degli organi sessuali maschili. Caratteristiche del colesterolo: - è una molecola anfipatica - è un importante costituente delle membrane, dove va ad inserirsi nei buchi che vengono lasciate dalle code idrocarburiche dei fosfolipidi aumentando così la fluidità. - si trova anche nel plasma complessato con proteine di trasporto perché di natura fortemente idrofobico (altrimenti non sarebbe solubile); che sono le LDL e le HDL, le prime note come colesterolo cattivo e le seconde come colesterolo buono. Le LDL le distribuiscono lungo il corpo mentre se si accumulano tanto tendono ad aggregarsi sulle pareti dei vasi e quindi a restringersi. Le HDL fanno il giro opposto perché passano e recuperano il colesterolo e lo riportano al fegato, dove serve per sintetizzare gli acidi biliari. - è il precursore degli ormoni steroidei, che comprendono gli ormoni sessuali sia maschili che femminili. Monomero e polimero Tranne i lipidi tutte le altre molecole organiche sono polimeri di monomeri: - polisaccaridi derivano dall’unione di più zuccheri - proteine derivano da polimeri di amminoacidi - acidi nucleici sono composti da tanti nucleotidi l’unione dei monomeri avviene per reazione di condensazione (si libera una molecola d’acqua), che creano legami covalenti che permettono la formazione di queste catene, che sono i polimeri. I polimeri possono essere scissi, grazie ad enzimi specifici tramite una reazione di idrolisi (si aggiunge una molecola d’acqua). 9 I carboidrati Sono fondamentali per l’organismo perché sono una fonte di energia, sia immediatamente disponibile che come riserva. Sono, inoltre, il materiale di partenza per la sintesi di altri costituenti cellulari. Hanno anche in ceri casi una funzione di sostegno (Es. nelle piante la cellulosa è formata da glucosio es essa è ciò che sostiene la pianta o negli insetti l’esoscheletro è fatto da uno zucchero complesso). Sono fondamentali per i meccanismi di comunicazione per le cellule (es. gruppo sanguigno AB0 è determinato dal tipo di zucchero posto sulla superfice della membrana dei globuli rossi del sangue). I carboidrati sono fortemente polari e quindi facilmente solubili in H20. In base al numero delle loro unità si classificano in: - Monosaccaridi: sono i monomeri, sono gli zuccheri semplici che costituiscono tutti gli altri, come ad esempio il glucosio e il fruttosio. - Disaccaridi: sono zuccheri composti da due monomeri, come ad esempio il saccarosio, il lattosio e il maltosio. - Oligosaccaridi: sono gli zuccheri composti tra i tre e i dieci monomeri - Polisaccaridi: sono composti da oltre ad una decina di monomeri ed è il caso di glicogeno (nel regno animale), amido e cellulosa (regno vegetale) I monosaccaridi Vengono classificati a seconda degli atomi di carbonio. Es. triodi da tre, pentosi da cinque, esosi da sei… In base a dove si trova poi il doppio legame tra C e O si distinguono in: - Aldeidi: se è posto alla fine - Chetoni: se è posto nel mezzo della catena Una particolarità degli zuccheri è che si sciolgono in acqua, ma in acqua non si trovano in queste composizioni lineari ma ripiegati ad anelli di forma esagonale, che si formano grazie ad un legame tra il gruppo OH e il sesto/quinto atomo di carbonio a seconda se siano aldeidi o chetoni. A seconda di dove si posizione il gruppo OH si dividono a loro volta in: - α-glucosio: se finisce sotto al piano - β-glucosio: se finisce sopra al piano (sono quelli che in chimica si chiamano stereoisomeri). 10 Il glucosio è la fonte principale di energia, fondamentale nel cervello, fonte immediata di zucchero e di energia. Ha formula chimica C6H12O6 ed è un monomero utilizzato nella glicolisi, presenta 6 atomi di C. I disaccaridi Derivano dall’unione di più monomeri. Il legame che si forma tra due zuccheri si chiama LEGAME GLICOSIDICO ed è un legame tipo covalente, che non si formerà mai spontaneamente se non ha velocità talmente ridotte da essere trascurate. Si possono creare glicosidici in diverse posizioni ad esempio: nel maltosio, che è un disaccaride di due glucosi, in cui il legame si crea tra il carbonio 1 di un glucosio e il carbonio in posizione 4 dell’altro glucosio e in questo caso si parla di legame 1-4 glicosidico e siccome l’OH sta sotto è un legame α. Nel caso del saccarosio, composto da una molecola di glucosio e una di fruttosio, in cui il fruttosio è un chetone che quindi circolarizza in forma pentagonale perché il primo carbonio si lega con il quinto. In questo caso si forma un legame 1-2 glicosidico. Il lattosio è formato da una molecola di glucosio e una di galattosio. I polisaccaridi sono composti da centinaia se non migliaia di unità di zucchero. Alcuni polisaccaridi, come l’amido è il glicogeno, hanno la caratteristica di essere delle molecole ramificate; quindi, sono lunghe catene che ad un certo punto fanno delle ramificazioni. L’amido si trova nelle cellule vegetali, mentre il glicogeno in quelle animali e viene immagazzinato all’interno della cellula con dei granuli all’interno del citoplasma. Tipicamente il glicogeno si trova nelle cellule del fegato, pronto ad essere utilizzato se ci serve energia (il comando di tutto ciò lo dà un ormone, che è l’insulina; che da il messaggio di frammentare la catena di glicogeno in monosaccaridi grazie ad un enzima, la glicogeno-fosforilasi, che idrolizza il legame glicosidico). 11 Fosforilazione= è un processo mediante il quale un gruppo fosfato (PO43–) viene aggiunto a una molecola. Gli enzimi che aggiungono i gruppi fosfati sono chiamati chinasi, che vengono spenti fai fosfatasi, mentre la fosforilasi-fosfatasi toglie i gruppi fosfati. Amido= si trova a livello delle cellule vegetali, all’interno di organelli specializzati per racchiudere l’amido, detti amiloplasti. L’amido è un polimero ramificato, ha dei legami 1-4 di alfa glucosio ma in certi casi si ha anche una ramificazione grazie a legami glicosidici 1-6 (è l’unico polimero ramificato). Cellulosa= formato da glucosio beta tramite legami glicosidici 1-4. Ha funzione strutturale e quindi non ha ramificazione ma è sotto forma di fasci che si uniscono tra di loro che vanno a formare la cellulosa. Le varie macromolecole possono essere anche di un’altra natura, come ci sono i lipidi complessi ci sono anche gli zuccheri complessi, come gli amminozuccheri, che sono zuccheri legati al gruppo amminico o glicoproteine, ossia proteine a cui sono state aggiunte degli zuccheri e glicolipidi, ossia lipidi a cui sono stati aggiunti zuccheri. L’ N-acetil-glucosammina è un glico-zucchero che è il monomero della chitina, cioè le molecole dell’esoscheletro degli invertebrati. 12 Le proteine Sono macromolecole costituite da amminoacidi (unità monomeriche che si aggiunge per formare la catena polimerica della proteina). 20 amminoacidi possono realizzare polimeri (proteine) che hanno costituzione e funzione differenti. Le funzioni: Proteine funzionali, la funzione dipede dal tipo di amminoacidi che costituiscono la proteina e la sua funzione. 13 Possono essere suddivise in: - Proteine semplici: costituite solo da amminoacidi - Proteine coniugate: presentano altri gruppi chimici (gruppi prostetici) e le proteine che, una volta sintetizzate devono legare con questi gruppi, prima del legame vengono chiamate ‘’Apoproteine’’ (proteina non coniugata) Gli aminoacidi Gli amminoacidi sono i monomeri delle proteine. Le nostre proteine sono costituite da 20 amminoacidi diversi, di cui 9 sono quelli essenziali, che non possiamo sintetizzare noi perché non abbiamo gli enzimi per farlo, ma vanno integrati con la dieta. tutti hanno la seguente struttura in comune: C centrale legato ad un gruppo amminico (H2N) ed un gruppo carbossilico COOH (gruppo acido, da qui il nome amino- acidi), un atomo H ed ad una catena laterale (R) che andrà ad identificare l’amminoacido (20 catene laterali diverse ognuna per un aminoacido). Il gruppo R o catena laterale e rappresenta la porzione variabile degli amminoacidi. La catena laterale è la porzione variabile degli amminoacidi e ne determina la natura chimico-fisica. Tutti gli altri amminoacidi vengono sintetizzarti a partire a quelli essenziali e sono detti non essenziali. 14 Classificazione aminoacidi Il modo più comune per classificarli è in base alla polarità delle catene laterali (gruppi R). Ciò perché le proteine si avvolgono principalmente in risposta alla tendenza di sottrarre al contatto con il solvente acquoso le catene laterali idrofobiche e a solfatare quelle idrofiliche (nella struttura proteica vengono esposti, quindi, gli aminoacidi avente le catene laterali polari, la sequenza degli aminoacidi andrà a determinare la struttura e la forma della proteina nello spazio): - AA apolari o non polari (idrofobici): le catene laterali non assumono nemmeno cariche parziali, sono 9. - AA polari non carichi (idrofilici): si possono caricare, sono 6. - AA polari carichi (idrofilici): possono assumere delle cariche, si distinguono ( a pH fisiologico) in acidi (se presente un ulteriore gruppo carbossilico in grado di acquisire carica negativa) e basici (presentano gruppo H2N ed hanno una carica positiva), sono 5 Amminoacidi apolari In tutte le loro catene laterali c’è sostanzialmente carbonio e idrogeno, quindi non c’è differenza di elettronegatività. - Glicina: è un amminoacido apolare, è l’unico che ha come gruppo R un atomo d’idrogeno ed è il più semplice. - Metionina: nel suo caso c’è lo zolfo che però anch’esso ha negatività simile al carbonio. - Fenilanina e triptofano: sono caratterizzati da uno e due anelli nella catena laterale e gli anelli sono idrofobici - Prolina: è un amminoacido particolare perché la catena laterale forma un legame covalente con il gruppo amminico, con cui crea un anello. Aminoacidi non carichi Sono tipicamente quelli che hanno o un gruppo OH, come serina, treonina o triosina. - Cisteina: ha un gruppo SH e siccome zolfo e idrogeno hanno una differenza di elettronegatività che lo rende polare, - Asparagina e glutammina: hanno gruppo NH2, in cui l’azoto è molto più elettronegativo dell’idrogeno ma non hanno cariche. 15 Amminoacidi carichi Sono essenzialmente cinque, tre carichi positivamente e due negativamente: - Quelli carichi negativamente perché un gruppo carbossilico uguale a quello comune a tutti gli aminoacidi e sono acido aspartico e acido glutammato. In questo cado l’idrogeno H+ tendono a perdono aumentando la concentrazione di H + nella soluzione facendone diminuire il PH. - Lisina, arginina e istina (quest’ultimo a struttura ad anello) hanno invece un gruppo amminico che tende a funzionare come base e quindi ad acquisire un’H+ e quindi ad aumentare il PH in soluzione. Formazione del polimero Gli amminoacidi sono i monomeri che compongono le proteine. Le proteine sono polimeri di tanti aminoacidi, che vanno a formare una catena peptidica, detta polipeptide, fatta dalla successione di gruppo amminico - carbonio alfa- gruppo carbossile, che si ripete a formare la catena, e la catena laterale che sporge. Il legame che unisce i vari amminoacidi è il legame peptidico. È un legame covalente, che si forma tra il gruppo carbossilico di un amminoacido e il gruppo amminico dell’amminoacido successivo. La catena laterale serve solamente per la conformazione spaziale della proteina e della sua funzione. Per poter iniziare a formare proteina è necessario il legame peptidico. Coinvolto gruppo carbossilico/acido del primo aminoacido e il gruppo amminico del secondo, la formazione del legame peptidico implica la formazione di una molecola d’acqua, il C del primo aminoacido si lega con l’N del secondo e con l’O mentre N del secondo amminoacido si lega con il C del primo e con l’H (legame peptidico) per fenomeno della condensazione. La proteina che si forma è polarizzata: - L’estremità amminica è detta estremità N-terminale. - L’estremità carbossilica è detta estremità C-terminale. La struttura si ripiegherà poi da avere le catene idrofobiche verso interno ed idrofiliche verso esterno. Livelli di struttura delle proteine Le proteine devono ripiegarsi in una struttura tridimensionale. C’è una gerarchia nella struttura delle proteine che sono: - Struttura primaria - Struttura secondaria - Struttura terziaria - Struttura quaternaria 16 Struttura primaria La struttura primaria è la sequenza amminoacidica di una catena polipeptidica; determina tutte le altre strutture. Struttura secondaria Con termine secondaria struttura si definiscono conformazioni regolari e ripetitive che la catena polipeptidica assume nello spazio (in certi tratti della proteina), distinguendo due tipologie: - -elica - foglietto Si definiscono conformazioni regolari e ripetitive che, la catena polipeptidica, assume nello spazio. In certi tratti, la proteina è stabilizzata dai legami ad idrogeno tra il gruppo -NH- di un legame peptidico e quello -CO- di un altro legame peptidico. La forza principale che determina il ripiegamento delle proteine globulari idrosolubili è quella che porta all’impacchettamento delle catene laterali idrofobiche all’interno della molecola che viene così ad avere un core idrofobico e una superficie idrofila. La catena principale di una proteina è polare contenendo, in ogni unità peptidica, un gruppo NH. Questi gruppi polari vengono schermati tramite la formazione di legami a idrogeno, che comportano il ripiegamento nello spazio della proteina e la creazione di queste strutture secondarie che si dividono in: - -elica: sono tratti della proteina dove la proteina si ripiega formando un’elica, che si ripete costante nello spazio. Il fatto che la catena amminoacidica si ripieghi in questo modo è dovuto alla formazione di tanti legami a idrogeno tra l’H di un gruppo amminico e l’O di un amminoacido successivo. Dove il passo dell’elica è di 3.5 residui amminoacidici per giro d’elica. I gruppi R sporgo all’esterno; ai due lati della catena amminoacidica. - struttura : si forma quando si formano legami a idrogeno uno a fianco all’altro tra tratti della catena anche lontani tra di loro ma che ad un certo punto sono vicini, in maniera planare, e formano questi foglietti , con la formazione dei legami a idrogeno tra l’O di un tratto e l’H della proteina che passa a fianco (in parallelo). Le catene laterali staranno in modo alternato sopra al piano e sotto al piano. In genere le proteine hanno una struttura mista (globulare, alpha elica, foglietto beta) tutto dipende dalla conformazione primaria della proteina (struttura primaria della proteina causa i diversi piegamenti, può determinare una struttura secondaria oppure una struttura terziaria). Alcuni amminoacidi sono forti ‘’formatori di elica’’, come leucina, metionina e glutammato. Altri aminoacidi sono forti ‘’formatori di foglietti’’, come isoleucina, valina e fenilalanina. Glicina e prolina sono ‘’distruttori di elica’’ e sono responsabili del ripiegamento e della curvatura dell’alpha elica. Struttura terziaria È la conformazione che la proteina globale assume nello spazio (forma complessiva assunta da una catena polipeptidica). Quasi tutte le proteine, eccetto le filamentose, hanno una struttura terziaria; la stabilizzazione avviene, oltre ai legami ad idrogeno, grazie ad attrazioni ioniche, interazioni idrofobiche (entrambi non covalenti) e ponti disolfuro -S-S- (legami covalenti tra due S si amminoacidi diversi). I tre tipi di legame non covante (legame idrogeno, attrazioni ioniche e interazioni idrofobiche) aiutano la proteina a ripiegarsi. Possiamo avere diverse tipologie di avvolgimento degli amminoacidi nello spazio: proteine che presentano prevalentemente alpha elica, presentano prevalentemente beta 17 ed insieme di alpha e beta (anche dette globulari). Queste strutture identificano funzioni specifiche delle proteine, il dominio della proteina è una parte della proteina che esprime una funzione specifica (proteine diverse posso avere in comune parte funzionali simili, i domini, nonostante la diversità delle proteine es: gruppo eme, gruppo chinasico...). Struttura quaternaria Essa deriva dalla disposizione tridimensionale delle diverse catene polipeptidiche di una proteina. Essa è posseduta solo dalle proteine costitute da più catene polipeptiche, almeno due (es: emoglobina). Ogni catena avrà una struttura terziaria e tra di loro prendono contatto. L’emoglobina è costituita da due catene beta e due alpha, quattro catene peptidiche che si avvolgono nella loro struttura terziaria, ognuna presenta una ‘’tasca’’ del gruppo eme e la proteina completa funziona unicamente se le quattro catene uniscono tra di loro. Come si ripiega una proteina Tutte queste forze insieme fanno sì che la catena della proteina, in soluzione acquosa, si ripieghi nella sua struttura tridimensionale, racchiudendo nel core idrofobico tutte le catene laterali non polari e lasciando all’esterno in modo da poter formare legami a idrogeno con l’acqua quelle polari. Se una proteina si ripiega male funziona male. In molte proteine assumono particolare importanza i ponti disolfuro, che sono dei legami covalenti mediati da reazione di ossido-riduzione. Siccome l’ambiente intracellulare un ambiente riducente raramente troveremo proteine con ponti disolfuro all’interno della cellula, mentre è più facile trovarle all’esterno dove vi è un’ambiente ossidante. I ponti disolfuro possono avvenire solamente tra due cisteine. Negli eucarioti la formazione di questi ponti si verifica nel lume del reticolo endoplasmatico, il primo compartimento della via secretiva. Tipicamente legame si forma all’interno del reticolo endoplasmatico per la presenza di componenti riducenti, i quali permettono la formazione di questo legame covalente tra due S. Nella proteina dell’insulina il gruppo tiolico della cisteina può formare, con un altro residuo di cisteina, un legame disolfuro. Il legame (ponte) disolfuro ha una grande importanza nella struttura delle proteine: esso può mettere in connessione catene separate oppure formare legami crociati tra residui di cisteina della stessa catena. Nell’insulina sono presenti due peptidi, le due cisteine sono in catene peptidiche diverse. La struttura viene stabilizzata dai ponti di solfuro, il ripiegamento farà si che si possa formare ponti di solfuro tra cisteine presenti nello stesso peptide (l’immagine presenta la struttura lineare per visionare correttamente la struttura primaria). 18 Funzioni principali La sequenza amminoacidica di una proteina determina la sua conformazione, ed essa ne determina la funzione che può essere: - Catalisi enzimatica - Di trasporto e deposito - Di movimento cellulare - Di supporto meccanico - Di trasmissione del segnale - Di protezione immunitaria In base al tipo di proteina di suddividono in: All’interno delle proteine globulari, nella stessa proteina si possono avere delle zone che hanno dei ripiegamenti locali, che vengono detti domini, e che possono essere ricombinati in maniera diversa rispetto al resto della proteina. 19 Acidi nucleici Gli acidi nucleici sono molecole che contendono l’informazione per la realizzazione delle proteine. Ci sono due tipi di acidi nucleici: - DNA: acido desossiribonucleico, zucchero utilizzato nella costruzione è il desossiribosio - RNA: acido ribonucleico, zucchero utilizzato nella costruzione della molecola è il ribosio Importanti per dirigere la sintesi proteica, presentano all’interno l’informazione genetica. L’informazione genetica è contenuta nel DNA e trasmessa dalla cellula madre alle cellule figlie durante la mitosi. il DNA trasmesso contiene tutta l’informazione genetica necessaria per la costruzione delle proteine essenziali per lo sviluppo e la sopravvivenza della specie. Quando il gene deve essere trascritto (per poi essere tradotto in proteina) il sistema enzimatico adibito alla trascrizione copia le informazioni contenute nel singolo gene su una molecola di RNA mediante la trascrizione. Le informazioni vengono copiate perché le proteine non vengono prodotte dove è conservato il DNA (nel nucleo), ma vengono tradotte nel citoplasma della cellula; occorre quindi trasportare l’informazione (se il DNA dovesse trasportare fuori dal nucleo le informazioni rischierebbe rotture e compromissioni che porterebbero delle alterazioni nelle cellule figlie, assenza della conservazione della specie). Il DNA contiene, conserva e trasmette l’informazione genetica nel nucleo e apre la possibilità di trascrivere le informazioni presente nel singolo gene solo quando è necessaria quella proteina (la cellula non si riempie di proteine inutili ma solo di quelle necessarie in un dato momento). I geni vengono trascritti sull’RNA solo quando la proteina è richiesta, RNA copia e trasporta l’informazione contenuta nei geni in compartimenti adibiti alla sintesi proteica. Essi permettono la codifica in amminoacidi delle sequenze di nucleotidi trasportati dall’RNA e concretizzano la produzione di proteine. Dogma centrale della biologia Viene stilato nel 1960 da S. Brenner, F. Crick, F. Jacob, J. Monod, che sono dei genetisti famosi. Spiega come viaggia in generale l’informazione genetica negli organismi viventi. Si ha il DNA, in cui viene conservata e tramite cui trasmettiamo l’informazione genetica, che quindi deve essere replicata. L’informazione deve poi essere trascritta (copiata) in un’altra molecola che è l’RNA tramite la traduzione. L’RNA è una copia temporanea dell’informazione genetica, che viene fatta quando serve utilizzare l’informazione all’interno di un certo gene per fare la proteina corrispondente. L’informazione va poi codificata, ossia tradotta dal linguaggio dei nucleotidi in quello degli amminoacidi e per questo la sintesi delle proteine è detto traduzione. Con la traduzione si realizza poi la proteina. Questo flusso di informazione è detto dogma. Vi è però un’eccezione che sono i retrovirus, in cui si ha l’informazione genetica racchiusa in una molecola di RNA e che per infettare le cellule la deve copiare e fare quindi una retro-trascrizione; dunque, da RNA si copia e diventa DNA ad opera di un enzima che hanno solo i retrovirus che è la trascrittasi inversa o retro trascrittasi. Circa un secolo fa, a partire da alcuni studi che hanno isolato il DNA si è scoperto che essa è la molecola che contiene l’informazione genetica. Ci sono stati degli esperimenti che hanno dimostrato che il DNA è la molecola in cui viene contenuto il patrimonio genetico, perché fino agli anni 40’ circa gli scienziati pensavano che fossero le proteine ad immagazzinare l’informazione in quanto gli acidi nucleici sono molecole molto semplici, mentre le proteine sono più complesse e hanno un’elevata variabilità. 20 Griffith alla fine degli anni ‘20 scopre la trasformazione studiando lo Streptococcus pneumoniae di forma virulenta, dimostrando che una sostanza presente nel ceppo virulento poteva modificare in modo permanente, trasformare, il ceppo innocuo. Nel 1944 Avery, MacLeod e McCarty, identificano e riescono a convincere la comunità scientifica che è il DNA che contiene l’informazione genetica; cioè il principio trasformante che aveva scoperto Griffith; dunque, che i cromosomi sono molecole di DNA. Esperimento di Griffith (1928) Lui inietta diversi ceppi batterici in dei topolini di laboratorio; in particolare se iniettava un ceppo non virulento (rugoso -R-) il topolino sopravviveva mentre se iniettava il ceppo virulento (liscio -S-) con cui il topolino morivo. Successivamente uccide i batteri virulenti al calore, denaturando la cellula e tutte le proteine, e li inietta nel topolino, esso sopravvive. Per avere la prova chiave; mischia il ceppo non virulento vivo con quello virulento morto; nota che questi due casi presi singolarmente non uccidono il topolino ma quando li mischia assieme il topo muore, perché è passato qualcosa che era dentro il ceppo virulento ed è riuscito ad entrare e trasformare il ceppo non virulento. Dunque, ha passato un gene. Questo lui lo chiama principio trasformate. Esperimento di Avery, MacLeod e McCarty (1944) Loro lo fanno dopo Griffith e provano a capire quale delle macromolecole serve per uccidere. Quindi, invece di mischiare al ceppo R (non virulento) tutto quello che c’era nella cellula del ceppo S ucciso, tramite delle tecniche biochimiche isolano le varie macromolecole e le mischiano una ad una. Notano che l’unica miscela in grado di uccidere i topolini è quella data dal ceppo R e dagli acidi nucleici, mentre con le altre questo non avveniva. Dimostrano quindi che alla base del principio trasformante c’è il DNA. Notano anche che poi il topolino generava batteri del ceppo S, che si replicavano nel topolino morto. DNA ed RNA composizione chimica Il nucleotide è il monomero degli acidi nucleici che consiste di tre parti: uno zucchero pentoso (5 atomi di C, ribosio nell’RNA o desossiribosio nel DNA) + un gruppo fosforico + base azotata. Il fosfato è legato al C 5’ dello zucchero pentoso e la base azotata (a seconda della bse azotata cambia il nucleotide) al C 1’ dello zucchero pentoso. Base azotata + zucchero + PO4 I quattro nucleotidi del DNA sono differenziati dalla base azotata: - dATP: Desossiadenosinatrifosfato - dTTP: Desossitimidinatrifosfato - dGTP: Desossiguanosinatrifosfato - dCTP: Desossicitidinatrifosfato 21 L’RNA presenta ribosio e non desossiribosio, i 4 nucleotidi del RNA sono: - ATP: Adenosinatrifosfato - UTP: Uridinatrifosfato - GTP: Guanosinatrifosfato - CTP: Citidinatrifosfato La base azotata e lo zucchero creano un nucleoside e la base azotata rispetto allo zucchero si lega in posizione 1’. Ci sono quattro tipi di base azotata nel DNA e nell’RNA: - Nel DNA: Adenina, Guanina, Citosina, Timina - Nel RNA: Adenina, Guanina, Citosina, Uracile Quando noi uniamo queste basi azotate ad uno zucchero creiamo un nucleoside che chiamiamo adenosina, guanosina, citidina e timidina o uridina. Per creare un nucleotide va aggiunto al nucleoside uno o più gruppi fosfato in posizione 5’. Lo zucchero sta in mezzo al carbonio 1 è legata una delle quattro basi azotate e a livello del carbonio 5’ sono legati i gruppi fosfato. Il tipo di base azotata influenza il nome del nucleoside e quindi anche del nucleotide. (nel caso dell’immagine la base azotata è l’adenosina). Zucchero pentoso (5C) Sia nel DNA che nel RNA ci sono tre gruppi fosfato, c’è una base ma si differenzia lo zucchero perché nel DNA si ha il ribosio e nel DNA il desossiribosio. Basi azotate Le basi azotate sono di due tipi: Purine e Pirimidine. Le Purine (Adenina e Guanina) sono quelle basi azotate a doppio anello, mentre le pirimidine (Citosina, Timina, solo DNA e Uracile, solo RNA) sono basi azotate a singolo anello. All’interno di un polimero di DNA o di RNA la parte variabile è la base azotata; quindi, i nucleotidi sono identici ma può cambiare solo la base. I nucleotidi sono legati tra di loro attraverso il legame Fosfodiesterico, ovvero un legame covalente tra il gruppo OH al 3’ di un nucleotide e il gruppo fosfato al 5’ del 22 nucleotide successivo; quindi, abbiamo quelli che si chiamano legami 3’-5’ fosfodiesterici. I nucleotidi sono quindi legati tramite un legame tra zucchero e gruppo fosfato. Questo permette la formazione di uno scheletro, come nel caso delle proteine, in cui le basi azotate non intervengono, un po’ come il gruppo R. Questi legami sono covalenti e devo essere quindi catalizzati da un gruppo di enzimi che vengono chiamati polimerasi (DNA e RNA polimerasi). Viceversa, questo legame può essere rotto tramite l’azione di altri enzimi come la DNasi e la RNasi. La scoperta della struttura del DNA La scoperta della struttura del DNA a doppia elica è stata la conclusione di una lunga serie di esperimenti. A questa scoperta hanno contribuito quattro studiosi: Francis Crick, James Watson, Maurice Wilkins e Rosalind Franklin. Partendo da quello che si sapeva del DNA, quindi che era una successione di nucleotidi legati da legami fosfodiesterici, come da immagine precedente dove la freccia indica proprio un legame fosfodiesterico. Nel polimero DNA abbiamo quindi la successione gruppo fosfato-zucchero che formano lo scheletro, mentre le diverse basi sporgono all’esterno. Anche la molecola di DNA ha una direzione, che va da 5’ a 3’, dove nel 5’ il gruppo fosfato è libero, mentre al 3’ è libero il 3’ OH, la polarità del DNA si estende proprio lungo questa direzione. Alla fine degli anni 40 uno scienziato di nome Chargaff si mise ad estrarre da diversi tessuti DNA e vide una particolarità. Questa particolarità sta nel fatto che se andava a determinare la concentrazione, la quantità di purine e pirimidine qualsiasi fosse il tessuto da cui estraeva il DNA, la quantità di purine eguagliava la quantità di pirimidine, se andava a vedere le 4 basi, la quantità di adenina era uguale alla quantità di timine, mentre la quantità di citosine era uguale alla quantità di guanine. Queste relazioni sono note come regole di Chargaff (basi azotate di filamenti opposti si legano mediante regola di Chargaff A-T e C-G). Tra il 1951 e il 1953 Rosalind Franklin e Maurice Wilnkins si misero a fare degli esperimenti di diffrazione ai raggi x. Questo perché quando vogliamo capire la struttura di una molecola uno dei modi è quello di bombardarlo con i raggi x, che sono dei raggi con una lunghezza d’onda paragonabile alla distanza tra gli atomi delle molecole. Quindi una volta ottenuto un campione, un cristallo di DNA l’hanno bombardato con raggi x e ne hanno studiato la diffrazione, cioè come questi raggi x venivano deviati e lasciavano impresso sulla lastra una marcatura. Questo produsse questa immagine a destra dalla quale loro capiscono che per il fatto che questi segni sono tutti paralleli tra di loro le basi azotate erano impilate in maniera parallela, capiscono il diametro della molecola e la forma a x suggerisce una forma elicoidale. In più arrivano nel 53 Watson e Crick che mettono assieme un po’ di dati come quelli di diffrazione a raggi x, quelli delle regole di Cargaff, inoltre notano che se noi andiamo a appaiare due purine (due basi a doppio anello), questo non è compatibile con il diametro del DNA perché occuperebbero troppo spazio, la stessa cosa se mettiamo a fianco due pirimidine, in quanto troppo strette. Loro capiscono che questo rispecchiava molto bene le regole di Cargaff e che per avere un diametro del DNA come quello scoperto dalla diffrazione a raggi x si deve mettere a fianco una base a doppio anello e una a singolo anello. 23 Ad un certo punto, quindi, capiscono che il DNA è fatto da una doppia elica composta da due filamenti che si attorcigliano su sé stessi. I nastri azzurri a fianco rappresentano lo scheletro zucchero-fosfato dei due filamenti, che hanno una polarità opposta, sono quindi antiparallele. Le basi sporgono invece verso l’interno della doppia elica ed interagiscono tra di loro formando questa specie di pioli (anche se chiaramente nella struttura effettiva del DNA non sono esattamente paralleli). Il passo dell’elica, ovvero la strada compiuta per fare un giro completo, è 3,4 nm (dove sono presenti 10 nucleotidi), mentre la distanza tra una base e l’altra è di 0,34 nm. Il diametro del DNA è invece 2 nm e le regole di Cargaff si spiegano da questo motivo, perché all’interno della doppia elica devono occupare lo stesso spazio se messe a coppie. composizione del DNA Ricapitolando il DNA è formato da due filamenti in cui i nucleotidi sono legati tra di loro tramite il legame fosfodiesterico, la polarità è opposta (sono antiparalleli), mentre le basi azotato sporgono all’interno e si appaiano A con D e G con C, questo appaiamento è mediato da legami a idrogeno e se ne possono formare 2 tra la A e la T e 3 tra la G e la C. Watson e Crick intuirono subito che questa struttura della doppia elica era adatta a mantenere l’informazione genetica in quanto la sequenza di base delle due eliche è complementare, ovvero conosciuta la sequenza delle basi di un’elica possiamo risalire alla sequenza dell’elica complementare. Questo fece suggerire a W e C una modalità di duplicazione dell’informazione genetica perché le due eliche sono complementari e possono fungere da stampo l’una per l’altra. Questo ha fatto sì che a fine anni ‘50 Watson e Crick arrivassero alla conclusione che la nostra informazione genetica; quindi, le informazioni per fare le proteine, fosse insita nella sequenza dei nucleotidi, in particolar modo nella sequenza delle basi azotate. Si parla infatti di polimero informazionale, solo che la nostra sequenza è fatta da 3 miliardi di nucleotidi; quindi, sono 3 miliardi di basi da sequenziare e il sequenziamento del nostro DNA è stato un grosso progetto. La prima versione della sequenza del nostro genoma fu pubblicata su due giornali scientifici all’inizio del luglio 2001. Quello che proposero Watson e Crick era questo modello, che si rivelò esatto. 24 Modello di Watson e Crick Il modello di replicazione proposto da Watson e Crick è un modello dove sostanzialmente le due eliche si separano e ciascuna delle due eliche funge da stampo per la sintesi dell’elica complementare proprio perché gli enzimi capiscono che nucleotide incorporare proprio perché devono valere le regole di Cargaff. Quindi ciascuna delle due molecole di DNA parentale, quindi precedente alla duplicazione, servirà da stampo per copiare la seconda elica. Il modello di replicazione di DNA che si chiama semiconservativo perché della molecola iniziale un filamento rimane, mentre l’altro è di nuova sintesi. Questo modello si è rivelato vero grazie ad un esperimento, quello di Mendelson e Stahl. Questi due scienziati si misero a far crescere dei batteri in un recipiente con un terreno pesante, ovvero un terreno in cui i nutrienti sono forniti in modo che abbiamo al posto dell’Azoto solito (Azoto 14) un Azoto pesante, l’Azoto 15 che quindi ha un neutrone in più. Fanno crescere questi batteri e poi ne estraggono il DNA. A questo punto loro fanno avvenire un ciclo di duplicazione di circa 20 minuti. Quindi, prima di duplicarsi le cellule devono duplicare il proprio DNA, dopo un ciclo di duplicazione delle cellule avviene un ciclo di duplicazione del DNA, solo che nel frattempo loro avevano sostituito al terreno pesante il terreno leggero contenente l’Azoto 14. Questo lo fanno per un ciclo (20 minuti) e per due cicli (40 minuti). In queste tre condizioni sperimentali, cioè al tempo 0 quando i batteri erano cresciuti con terreno pesante e dopo 20 e 40 minuti dopo aver cambiato il terreno e dopo che c’era stata una prima divisione cellulare e una seconda divisione cellulare, quindi una prima duplicazione del DNA e una seconda duplicazione del DNA; quindi, in queste tre condizioni sperimentali loro estraggono il DNA e lo analizzano con una tecnica che si chiama centrifugazione con gradiente in cloruro di cesio. Il cloruro di cesio è un sale molto pensante che se centrifugato, essendo molto pensante, crea un gradiente di densità all’interno della provetta dove la densità cresce a mano a mano che si va verso il fondo della provetta. Se noi, intanto, che si crea il gradiente mettiamo anche il DNA ecco che il DNA andrà a formare una banda e a posizionarsi laddove trova la sua stessa densità, perché durante la centrifugazione finché la densità è minore il DNA tenderà a scendere, mentre quando la densità è maggiore tende ad essere spinto verso l’alto, mentre quando siamo in una condizione di densità uguale il DNA si fermerà e creerà una banda. Quindi quando centrifughiamo il DNA parentale, quindi quello pesante (con azoto pesante) vediamo una sola banda verso il fondo della provetta in quanto il DNA è pesante perché i batteri sono cresciuti in azoto pesante. A questo punto quando noi invece andiamo a fare la centrifugazione del DNA preso dopo un ciclo di duplicazione, osservo sempre una sola banda che però si ferma più in alto, questo perché abbiamo sintetizzato il DNA in presenza di azoto leggero. A questo punto abbiamo un’elica parentale (sintetizzata in presenza di azoto pesante) e un’altra elica che è invece stata sintetizzata in presenza di azoto leggero. Questo vale per entrambe le doppie eliche della prima generazione, che sono un ibrido tra la catena leggera e la catena pesante. La prova finale la abbiamo quando analizziamo il terzo campione di DNA, e se è vero che la replicazione è semiconservativa allora mi aspetto di trovarmi 4 eliche singole e laddove l’elica era pesante il filamento di nuova sintesi sarà leggero, quindi avrò blu azzurro esattamente come prima, quindi mi aspetto di vedere di nuovo quella banda intermedia, ma quando andiamo a duplicare il filamento azzurro chiaro a questo punto tutte e due i filamenti saranno leggeri, perché siamo sempre in azoto leggero. Per cui mi aspetto quando faccio la centrifugata del terzo campione di vedere due bande, una la stessa della generazione precedente che corrisponde all’ibrido pesante- 25 leggero e un’ulteriore banda che si ferma a densità ancora minore che corrisponde a quel DNA che è tutto leggero. Questo esperimento ci permette di concludere che effettivamente il processo di replicazione del DNA è semiconservativo. Replicazione del DNA Partendo da un filamento stampo (quello azzurro) noi creiamo l’elica complementare (quella rossa) con orientamento opposto e implica aggiungere dei nucleotidi all’estremità 3’ OH, Quindi quando l’enzima DNA polimerasi deve aggiungere i nucleotidi prende un nucleoside trifosfato, quindi con tre gruppi fosfato, e lo aggiunge in modo che la base azotata sia quella corrispondente. Prima di aggiungere il nucleotide all’elica la DNA polimerasi taglia due dei tre gruppi fosfato liberando uno ione pirofosfato. Grazie all’energia ricavata dalla rottura del legame tra il fosfato 1 e 2, lega il nucleotide all’estremità 3’ OH creando il legame fosfodiesterico. Rimane libero a questo punto l’estremità OH dell’ultimo nucleotide per l’aggiunta di un nuovo nucleotide. Possiamo dire sin d’ora che il DNA cresce in una direzione ben specifica, che è 5’ 3’, in quanto è all’estremità 3’ che viene aggiunto il nucleotide. Questa direzione rispecchia quella delle proteine. Perché la duplicazione del DNA inizi c’è bisogno che le due eliche si separino, c’è bisogno che i due filamenti del DNA si denaturino in alcuni punti. Questo avviene in punti del DNA che vengono chiamati origini di replicazione grazie a proteine specifiche che riconoscono certi punti specifici del DNA e aprono la doppia elica. Questi punti specifici sono molto ricchi nelle basi A e T, in quanto formano solo 2 legami a idrogeno anziché 3 quindi l’energia che serve per spezzare il legame sarà minore. Nel DNA degli eucarioti superiori (mammiferi, uomini) non ci sarà un unico punto in cui inizia la replicazione del DNA, ma ce ne sono tanti, inizia in tanti punti diversi. Intanto per esempio perché abbiamo tanti cromosomi, 46, quindi come minimo abbiamo bisogno di un’origine di replicazione per ogni cromosoma ma in realtà anche all’interno dello stesso cromosoma abbiamo tante origini di replicazione, questo perché se la duplicazione dei nostri cromosomi (fatti anche da centinaia e milioni di basi) iniziasse in un unico punto ci metteremmo giorni a duplicare il nostro DNA, mentre l’apertura “contemporanea” di diverse origini di replicazione permette di duplicare il DNA in modo più rapido. Quindi quello che succede quando vengono separate le due eliche all’origine di 26 replicazione vengono create quelle che si chiamano Bolle di Replicazione e a partire dalla bolla di replicazione la duplicazione del DNA è bidirezionale, cioè parte in entrambe le direzioni formando quelle che vengono chiamate forcelle replicative, ovvero la struttura a Y che si forma. A mano a mano che si forma il filamento di nuova sintesi arriveranno poi a confluenza fino a formare tutto il DNA replicato. Questo è ciò che avviene ai cromosomi eucariotici. Viceversa, per il DNA batterico, il cui genoma è costituito da un’unica molecola di DNA circolare, la replicazione del DNA parte da un un’unica origine di replicazione ma sempre in maniera bidirezionale. Quindi, andando da una parte in senso orario e dall’altra antiorario facciamo il giro di duplicazione da entrambe le parti fino a che si formerà questa specie di lettera “theta”, poi una specie di 8 fino a completare il cerchio. DNA polimerasi Le DNA polimerasi, ovvero gli enzimi che replicano il DNA, sono fatte come una specie di anello fatto da diverse sub unità in cui un po’ come un filo si inserisce il DNA. È come quindi se fosse un anello che scorre grazie alla presenza di una proteina che pinza l’anello al DNA e intanto che la DNA polimerasi scorre facendo passare il DNA al centro duplica il DNA in direzione 5’>3’. Il compito della DNA polimerasi è quello di attaccare il nucleotide a quello precedente, in particolare quello che sa fare è legare al gruppo 3’ libero il gruppo fosfato del nucleotide successivo formando un legame 3’- 5’ fosfodiesterico in direzione 5’- 3’, se non ha niente, nessun 3’ OH, non può fare nulla. Per farla iniziare c’è un altro enzima chiamato primasi che è fondamentale per iniziare il processo di duplicazione. Questo enzima aggiunge una corta sequenza che chiamiamo RNA iniziatore di pochi nucleotidi, crea un breve tratto a doppia elica dove ci sono già dei nucleotidi e dove c’è un’estremità 3’ OH e a questo punto si creano i presupposti per cui la DNA si possa legare e iniziare ad aggiungere di nuovo DNA. Quindi perché il processo di duplicazione del DNA abbia inizio abbiamo bisogno di RNA, in particolare abbiamo bisogno di questo particolare enzima, ovvero tutto sommato una particolare RNA polimerasi (cioè qualcosa che aggiunge nucleotidi di RNA). D’altro canto, le RNA polimerasi non hanno questa limitazione, ma riescono a iniziare per come è conformato l’enzima. (Questa cosa è un problema, per esempio, quando noi replichiamo i DNA c’è il problema dei telomeri, ovvero le estremità dei cromosomi, che sono un punto particolare da replicare perché si pone il problema dell’inizio della duplicazione dei telomeri. Infatti, sappiamo che ai telomeri ci sono tante unità ripetute (cioè con la stessa sequenza) e ci sono dei particolari enzimi, chiamati telomerasi, che al loro interno hanno lo stampo di 27 questa sequenza ripetuta che si può tagliare e dunque iniziare la replicazione dei telomeri, che è molto importante perché a mano a mano che invecchiamo all’interno delle nostre cellule i telomeri si accorciano, e quando succede ciò causiamo la senescenza cellulare, ovvero le cellule non si dividono più.) C’è però un altro enzima fondamentale che si chiama elicasi, un enzima che a mano a mano che la forcella di replicazione avanza srotola il DNA disfando i legami a idrogeno lavorando a stretto contatto con la primasi. In più abbiamo un’altra classe di proteine, ovvero quelle piccoline nere che si legano al DNA, ma solo al DNA a singolo filamento e infatti sono dette “Single strand binding proteins” che servono a stabilizzare il singolo filamento per lasciare tempo alle altre proteine di lavorare. Se guardiamo il filamento superiore vediamo l’attaccamento del primer e il legamento della DNA polimerasi e la conseguente aggiunta dei nucleotidi in direzione 5’- 3’, ovvero la stessa direzione dell’apertura dell’elica. Abbiamo però detto che i due filamenti sono antiparalleli e che le polimerasi aggiungono sempre in direzione 5’- 3’, quindi sull’altro filamento i nucleotidi vanno aggiunti nella stessa direzione 5’- 3’, quindi verso sinistra, mentre l’elicasi va nella direzione opposta. Quindi mentre nel filamento sopra la sintesi può avvenire in maniera continua perché la direzione di aggiunta dei nucleotidi è la stessa dell’elicasi e che quindi è chiamato filamento anticipato o filamento guida o leading strand, il filamento sotto, con direzioni opposte viene chiamato filamento ritardato nel senso che ritarda o lagging strand. Questo per il fatto che la direzione è opposta a quella in cui prosegue la forca replicativa e viene sintetizzato a pezzettini. Sulla lagging strand l’aggiunta di nucleotidi avviene per piccoli pezzi, ovvero a mano a mano che la forca si apre sintetizziamo un altro primer e a questo punto la DNA polimerasi sintetizza i nucleotidi fino a che non incontra il primer aggiunto in precedenza. Questi frammenti che si creano di volta in volta si chiamano Frammenti di Okazaki. A questo punto sul frammento discontinuo abbiamo sintetizzato tanti frammenti e abbiamo due problemi: abbiamo tanti primer e i primer sono fatti di RNA. Questi due problemi vengono risolta un’altra polimerasi, ovvero la polimerasi I che è una particolare polimerasi che riesce a eliminare i nucleotidi dell’RNA sostituendolo con nucleotidi del DNA. Quando però la polimerasi arriva a sbattere contro il gruppo fosfato del nucleotide successivo non può più far niente; quindi, 28 entra in gioco la ligasi che crea il legame fosfodiesterico laddove manca unendo i frammenti di okazaki. Un altro enzima fondamentale è la topoisomerasi, in quanto intanto che viene srotolata la doppia elica, siccome il DNA non è libero di ruotare su se stesso, attorcigliamo dall’altra parte, come se cercassimo di arrotolare un elastico. Senza la topoisomerasi la forcella replicativa non riuscirebbe più a procedere, come quando arrotolando un elastico ad un certo punto non riusciamo più. La topoisomerasi è fondamentale perché srotolano il DNA a valle della forcella replicativa tagliando uno dei filamenti e facendolo girare attorno all’altra elica e ricucendolo. Espressione dei geni Tutte le cellule del nostro organismo (neurone, nucleoide, cellula muscolare, cellula dell’osso) contengono lo stesso DNA, gli stessi geni, la stessa informazione genetica. Le differenze sia morfologiche che funzionali che portano al differenziamento cellulare derivano da come viene controllata l’espressione dei geni. Infatti, non tutte le istruzioni vengono usate allo stesso momento da tutte le cellule. Noi sappiamo che nel nostro DNA abbiamo le istruzioni che vanno a controllare e a modificare la sequenza di amminoacidi che noi introduciamo nelle proteine. Ma noi non produciamo le proteine direttamente usando come istruzione il DNA ma abbiamo bisogno di una seconda molecola che è l’RNA e in particolare quando parliamo di produzione di proteine parliamo di RNA messaggero, ovvero una specie di intermedio usato per leggere le istruzioni e fare la proteina. Se torniamo al dogma centrale capiamo bene che oltre a copiare l’informazione genetica dobbiamo trasferire questa informazione a delle molecole di RNA. Quindi per fare questo dobbiamo attivare quell’unità che contiene le istruzioni per fare una certa cosa come una proteina e questo passaggio; quindi, questa attivazione di un gene che dev’essere copiato, dev’essere trascritto come fosse una fotocopia viene chiamato appunto trascrizione, in quanto è una copia fedele dato che la sequenza che troviamo poi all’interno del gene, all’interno della sequenza di basi de DNA viene copiata all’interno della molecola di RNA. Notiamo che la trascrizione porta alla sintesi di una molecola di DNA a singolo filamento, per cui solo uno dei due filamenti viene effettivamente copiano in RNA. Una volta che abbiamo prodotto l’RNA che contiene l’informazione, dobbiamo tradurla; quindi, dobbiamo passare da un linguaggio che è quello dei nucleotidi a un linguaggio degli amminoacidi. Questi tre processi (replicazione del DNA, trascrizione in RNA messaggero e la traduzione della proteina) nelle cellule avvengono in modi abbastanza diversi, in particolare tra cellule procariotiche ed eucariotiche. Infatti, tutti e tre i meccanismi avvengono nel citoplasma per i procarioti non essendoci altri compartimenti che suddividono la cellula, mentre negli eucarioti la replicazione e la trascrizione avvengono nel nucleo, mentre la traduzione avviene nel citoplasma. Quello che noi definiamo come geni, ovvero l’unità che sta all’interno dei cromosomi e che è qualcosa che ha l’informazione per fare una proteina in realtà nel corso degli anni ha subito un’evoluzione dovuta al fatto che abbiamo fatto delle scoperte soprattutto per quanto riguarda a cosa può dare origine come prodotto finale un gene. Quindi noi siamo passati da una definizione di gene che parlava di un segmento di DNA che è coinvolto nella produzione della catena polipeptidica (si diceva “un gene – una proteina”) a una definizione di gene un po’ più allargata e questo è dovuto al fatto che se noi guardiamo il dogma centrale in realtà quello che si è scoperto negli ultimi 30 anni che in realtà non tutti i geni hanno come funzione quella di andare a codificare una proteina ma molti geni, anzi più di quelli codificanti le proteine in realtà, vengono trascritti e 29 funzionano in quanto RNA funzionali non codificanti. Quindi in realtà non è detto che un RNA che viene trascritto debba essere per forza poi tradotto in proteine ma può essere trascritto e avere un ruolo nella cellula come RNA, un esempio può essere il long coding RNA. Questi hanno funzioni molto varie, nell’uomo ci sono circa 20 mila geni, si pensava ne avessimo molto di più in quanto andando a vedere i vermi o gli insetti o anche il lievito vediamo che ne hanno 17 mila più o meno, non tanto di meno di noi, c’era quindi questo paradosso per il quale noi che siamo degli organismi più sviluppati abbiamo lo stesso numero dei moscerini. Questo paradosso è stato spiegato dal fatto che quello che è aumentato come numero sono questi RNA non codificanti per cui noi ne abbiamo almeno il doppio, quini 30/40 mila e sono quelli che nel corso dell’evoluzione ci distinguono da altre specie. Questi hanno tantissimi ruoli, spesso di regolazione dei livelli di espressione ed i geni che invece portano alla formazione di proteine. Questo ha complicato la definizione di gene, dato che ora lo abbiamo in mente come qualcosa che dà origine a degli RNA, come un’unità trascrizionale dove la trascrizione è controllata e che contiene l’informazione per la sintesi di una proteina o che dà origine ad un RNA non codificante avente funzione precisa. Lo possiamo vedere anche grazie a questa tabella, tutti gli RNA che la nostra cellula sa produrre. L’unico che ha l’informazione per creare una proteina è l’RNA messaggero, mentre tutti gli altri sono RNA non codificati. Molto noti già da tempo erano l’RNA ribosomiale o rRNA, che va a comporre i ribosomi, i tRNA, che sono molecole di RNA molto piccole ma fondamentali per la traduzione, e poi ci sono tutta un’altra serie di RNA come i small nuclear snRNA, che sono piccoli RNA nucleari coinvolti nel processamento dell’RNA in particolare nello splicing, fino ad arrivare a piccoli RNA regolatori come i micro RNA o i small interfering RNA o gli Inc, long non coding RNA, che hanno soprattutto il ruolo di regolazione dell’espressione genica, quindi quanto il gene sia attivato, in particolare i micro RNA e i siRNA abbassano i livelli di espressione dei geni. In particolare, i micro-RNA causano o la degradazione degli RNA messaggeri o bloccano la sua traduzione. I long non coding RNA invece hanno tante funzioni, funzioni regolatorie e anche strutturali, come la funzione di scaffold ovvero di impalcatura per cui certi complessi di proteine vengono tenuti insieme da questi RNA non codificanti, ma hanno veramente tante funzioni tant’è che il processo di inattivazione del cromosoma x, i maschi hanno un cromosoma x e un y, mentre il sesso femminile hanno due x, ma in realtà succede che a caso uno dei due cromosomi x viene inattivato, vuol dire che i geni che stanno sul cromosoma x inattivato sono spenti, questo processo di inattivazione del cromosoma x viene mediato, iniziato, proprio da un RNA non codificante del tipo lnc che si chiama xist cha da solo è in grado di inattivare un intero cromosoma. 30 Differenze tra DNA e RNA Le differenze tra DNA e RNA sono che l’RNA è una molecola a singolo filamento, l’RNA contiene come zucchero pentoso il ribosio con il gruppo OH in posizione 2’, la terza è quella che, come base azotata a singolo anello nell’RNA, abbiamo l’uracile al posto della timina, l’uracile è in grado tanto quanto la timina di fare due legami a idrogeno con la base complementare che è l’adenina. RNA L’RNA è una molecola del tutto simile al DNA, quindi una catena di nucleotidi uniti da legami fosfodiesterici formata da uno scheletro zucchero-gruppo fosfato, che ha un’estremità 5’ fosfato e un’estremità 3’ OH, quindi una polarità così come il DNA e nonostante sia una molecola a singolo filamento molto RNA sono ripiegati, quindi hanno un loro ripiegamento tridimensionale dovuto al fatto che possono avere delle regioni con basi complementari, A e U in questo caso, che possono formare legami a idrogeno. Quindi in realtà non dobbiamo pensare agli RNA semplicemente come dei filamenti, ma possono assumere delle strutture secondarie tipo questa a lato (purtroppo sinistro). Trascrizione Questo processo implica che uno dei due filamenti del DNA viene usato come stampo (in questo caso segnato in blu) e siccome anche la trascrizione va per forza in direzione 5’- 3’, quello in verde è l’RNA messaggero che sta nascendo, vediamo come il filamento usato come stampo se l’RNA messaggero parte dal 5’ verso il 3’ l’elica di DNA che viene usata come stampo è antiparallela, cioè andrà in verso opposto. La regola è la stessa che per la replicazione: per generare un RNA dobbiamo andare dal 5’ al 3’ e usare come elica stampo qualcosa che vada in verso opposto, cioè antiparallelo. Se poi invece guardiamo la sequenza al netto di uracile invece che timina nel filamento di RNA che sta nascendo, questa sarà uguale al filamento del DNA rosso. Solamente una delle due eliche del DNA contiene l’informazione, in questo caso è quella rossa. Per copiarla in RNA messaggero dobbiamo trascrivere l’elica opposta in modo che le basi siano opposte a quella blu e quindi uguale a quella rossa al netto di timina e uracile. Ci sono diverse RNA polimerasi negli eucarioti, in particolare 3, I, II e III che sono deputate alla trascrizione di diversi tipi di RNA. Gli mRNA e gli RNA non codificanti vengono trascritti dall’RNA polimerasi II, mentre altri tipi come tRNA vengono trascritti dall’RNA polimerasi III, mentre l’rRNA viene trascritto dall’RNA polimerasi I, la direzione è 5’- 3’ e i 31 substrati sono il DNA stampo e i ribonucleotidi. Quindi in realtà la sintesi dell’RNA non ha grosse differenze da quella del DNA, si tratta solo di aggiungere al 3’ del nucleotide libero un altro nucleotide che avrà i suoi tre fosfati di cui due se ne vanno. L’unica differenza da ricordare è che l’RNA polimerasi riesce ad aggiungere un primo nucleotide. Trascrizione nei procarioti La trascrizione ha inizio in punti specifici e il segnale che determina l’attaccamento della RNA polimerasi e l’inizio di un gene, quindi dell’unica da trascrivere, è una sequenza di DNA chiamata promotore. Qua a destra dove nel punto in cui è presente la barretta verde, il promotore, la doppia elica di DNA incomincia ad aprirsi in prossimità di una sequenza che precede il gene e che dice all’RNA polimerasi di iniziare a trascrivere escludendo però quest’ultima. In questo caso non ha bisogno di elicasi e delle altre proteine necessarie nella duplicazione del DNA, ma ha lei l’attività intrinseca per separare mano a mano che procede le due eliche e copiarne una. Proprio per l’assenza di queste proteine necessarie invece nella duplicazione del DNA, quest’ultimo si riattorciglia quando la polimerasi inizia a trascrivere. Oltre ai promotori vi sono anche dei segnali di terminazione della trascrizione. L’RNA polimerasi è un enzima (la specie di pinza blu qua sotto) che sa aggiungere i nucleotidi, ma da sola non sa riconoscere il promotore e dev’essere aiutata da altre proteine, in particolare, nei batteri queste proteine sono chiamate Fattore Sigma, che da una parte riconosce la sequenza del promotore. Una volta riconosciuto il promotore chiamata l’RNA polimerasi e la fa attaccare a livello del promotore facendo partire la trascrizione. Se noi andiamo a vedere più nel dettaglio com’è fatto un promotore, in questo caso di un gene procariotico, vediamo che se qua inizia la trascrizione, qua il nucleotide che è segnato, quindi il primo nucleotide corrispondente a questa A viene numerato come nucleotide +1, quindi primo nucleotide dell’RNA. Il promotore è qualcosa che sta prima di ciò che è trascritto, ma ha una sequenza di basi e in particolare i geni spesso hanno delle firme, quindi delle sequenzi di basi che sono quelle che aiutano il fattore sigma a riconoscere il promotore e uno di questi per il fatto che ha questa sequenza T A T A T T che noi troviamo più o meno uguali 32 in tutte le sequenze dei promotori o nella maggior parte di essi, vengono chiamati tata box, che sta pochi nucleotidi prima dell’inizio della trascrizione. Allo stesso modo la zona rossa, terminazione, contiene delle sequenze che permettono la terminazione della trascrizione, può essere ro (lettera) dipendente o ro indipendente, ro è un fattore che riconoscendo la sequenza fa staccare l’RNA polimerasi. Il fattore sigma serve solo durante la fase di inizio della trascrizione, una volta che ha portato la polimerasi al fattore di inizio della trascrizione, lui si stacca in quanto non serve per portare avanti la polimerasi. Chiaramente una volta finita la trascrizione questo processo verrà reiterato, quindi interagirà con un altro fatto sigma che la porterà ad un altro promotore. Trascrizione negli eucarioti Questo è come funziona nei procarioti, ovviamente nei procarioti è un po’ più complesso. Invece di avere un unico fattore di inizio, quindi fattore sigma, perché inizi la trascrizione negli eucarioti servono molte proteine che vengono chiamati fattori trascrizionali o trascriction factor. Come vediamo dall’immagine ce ne sono tanti che vengono chiamati TFIID, che sta a significare Trascriction factor, il II indica che è associato alla Polimerasi II e una lettera. Quello che possiamo vedere come il fattore sigma dei procarioti è proprio il TFIID, che riconosce il promotore ma a sua volta il IID è fatto da tre proteine, quindi una struttura quaternaria, che sono due TTB (tata binding proteins) e le TAF (tata binding proteins associating factor). Questo complesso di proteine è quello che fa il fattore sigma, singola proteina, negli eucarioti. Ma non è finita qui perché in realtà non basta questo fattore. Con una successione precisa di aggiunta dobbiamo fare entrare il fattore IIB, in questo modo entra l’RNA polimerasi ma ancora non può iniziare la trascrizione senza che vengano aggiunti tanti altri fattori (F, H, ecc.), questo per dire che la trascrizione negli eucarioti è qualcosa di molto complesso che implica l’intervento di tani di questi fattori trascrizionali però vediamo che questo fattore il TFIID è quello che in pratica possiamo pensare faccia la stessa funzione del fattore sigma dei procarioti e riconosce la tata box. Questa trascrizione possiamo definirla come trascrizione basale, cioè con una velocità di crociera viene trascritto un po’ di gene. Ci sono però dei momenti nel nostro sviluppo, come in risposta a certi stimoli o perché le cellule si differenzino e diventino neuroni piuttosto che cellule del fegato o del cuore e così via, dobbiamo attivare ad elevati livelli la trascrizione di un gene e questo in realtà avviene grazie a quelli che noi chiamiamo fattori di attivazione. Questi fattori sono altre proteine che riconoscono altre regioni di DNA che noi chiamiamo enancer, questi sono quelle regioni del dna che vengono riconosciute dai fattori di trascrizione per attivare ad elevati livelli la trascrizione e non sono spesso e volentieri vicini al promotore. Negli eucarioti la sequenza della trascrizione di base, del promotore, sono poco prima dell0inizio della trascrizione, ma gli enancer possono essere anche a grande distanza. Gli enancer aumentano la frequenza con cui l’RNA polimerasi si lega al promotore; quindi, servono a spingere la trascrizione per far lavorare la RNA polimerasi con più frequenza pur non 33 modificando la velocità di trascrizione. Gli enancer sono lontani tanto che a volte il DNA per far attaccare l’RNA polimerasi all’enancer deve piegarsi. In un dato momento, quindi, può esserci maggior bisogno della proteina A rispetto ad una proteina B; quindi, si utilizza l’enancer per la produzione della proteina A, mentre si rimarrà a velocità di crociera, quindi con una trascrizione basale per la proteina B. Esempio dell’albumina Tipicamente è molto espressa nel fegato, ma poco nel tessuto nervoso per esempio. In quest’immagine le porzioni viola sono i fatti di trascrizione generali responsabili della trascrizione basale, quelli colorati sono invece fattori di attivazione. Vediamo come all’interno della cellula del fegato i fattori colorati sono in grado di legare questi elementi di controllo, quindi evidentemente degli enhancer. Grazie ai legami tra questi fattori di attivazione che riconoscono gli enhancer viene reclutato il macchinario di base e all’interno della cellula eupatica avremo la trascrizione dell’albumina ad alti livelli. Al contrario nel tessuto celebrale non abbiamo questi fattori di attivazione, vediamo come all’interno della cellula del cervello ci sono altri fattori che attiveranno altri geni, mentre mancano quelli dell’albima e gli enhancer non funzionano nello spingere la trascrizione e lavorerà solo il macchinario di base. Se invece vogliamo spegnere completamente la trascrizione ci dono dei silencer, che fanno esattamente il contrario impedendo anche al complesso di base di funzionare. Ogni gene viene trascritto a partire da uno solo dei due filamenti di DNA, su un cromosoma ci possono essere geni trascritti a partire da un filamento e altri trascritti a partire dal filamento complementare, solo uno dei due filamenti è quello che codifica per il prodotto proteico. Questo significa che essendo le due eliche antiparallele, noi nei nostri cromosomi avremo che la direzione di trascrizione può essere doppia, cioè può essere che certi geni siano trascritti in un senso perché il filamento codificante; quindi, quello sopra verrà utilizzato come stampo di quello sotto e altri geni la cui sequenza che ha un significato è quella sotto; quindi, quella usata come stampo è quella superiore ma quello copiata è quella sotto. Dato che le due eliche del DNA sono antiparallele a seconda del filamento che utilizziamo come stampo la trascrizione può avere una direzione o un’altra; quindi, sul nostro cromosoma certi geni sono trascritti in una direzione mentre quello a fianco è trascritto nell’altra, dipende da dove sta la sequenza codificante. 34 Differenze degli RNA messaggeri Ci sono delle differenze rispetto agli RNA messaggeri di procarioti ed eucarioti. Per esempio, nei procarioti quando abbiamo un certo mRNA questo contenga l’informazione per fare più di una proteina, quindi si dice che sono policistronici. Viceversa, questo non lo troveremo negli mRNAeucariotici, che contengono sempre l’informazione per fare solo una proteina, sono quindi monocistronici. Questo perché il numero di nucleotidi nei batteri è molto inferiore; quindi, spesso i geni sono molto vicini tra di loro e spesso contengono l’informazione per più di una proteina. Negli eucarioti gli RNA quando vengono prodotti dall’RNA polimerasi non sono finiti, pronti per la traduzione, hanno bisogno di essere modificati e processati. Queste modifiche sono l’aggiunta all’estremità 5’ la 7-metilguanosina, che chiamiamo cappuccio. L’altra modifica avviene all’estremità 3’ con l’aggiunta di tanti nucleotidi aventi l’Adenina, anche fino a centinaia, che viene chiamata coda poliA, Poliadenilazione. Se noi guardiamo la sequenza codificante, cioè la regione che contiene l’informazione per la formazione della proteina di un gene batterico scopriremo che la sequenza di nucleotidi che dev’essere letta per produrre la proteina, vediamo che è continua. In verde vediamo il promotore e in arancione il gene, non ci sono interruzioni. Se invece andiamo a vede i geni eucariotici la parte che andrà ad essere utile per creare la proteina, quindi quella che contiene l’informazione per determinare la sequenza degli amminoacidi della proteina, che sono questi tratti in arancione che chiamiamo esoni, sono spezzettati