APPELLO COGNITIVI PDF
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This document discusses various methods and procedures in psychology, focusing on the scientific method. It explains different research types, including descriptive, correlational, and experimental approaches. The document also examines the experimental method, highlighting its characteristics, and various techniques, including the method of observation. Additional focus is placed on correlational and clinical studies, as well as the development of psychoanalytic theory and method. The document is likely part of a psychology course or study guide.
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APPELLO COGNITIVI Cap. 2 - Metodi e procedure della Psicologia IL METODO SCIENTIFICO L’obiettivo globale della Psicologia come scienza la spiegazione del comportamento. Come scienziati, numerosi psicologi sperimentali sono convinti che il c...
APPELLO COGNITIVI Cap. 2 - Metodi e procedure della Psicologia IL METODO SCIENTIFICO L’obiettivo globale della Psicologia come scienza la spiegazione del comportamento. Come scienziati, numerosi psicologi sperimentali sono convinti che il comportamento, come altri fenomeni naturali, possa essere studiato oggettivamente. Lo scopo di una scienza è quello di elaborare una teoria che spieghi le relazioni sistematiche esistenti in un particolare campo (descrivere e predire). - Teoria: asserzione riguardante le relazioni fra variabili (se una singola relazione: legge). I metodi sono procedure seguite dal ricercatore nella raccolta di informazioni per rispondere ad una domanda/verificare un’ipotesi, e forniscono strumenti per tradurre le idee del ricercatore in azioni. I tipi (livelli) di ricerca sono: 1. DESCRITTIVA. Obiettivo: osservare e registrare la frequenza con cui si verifica un determinato evento (Metodo osservativo, inchieste demoscopiche, etc); 2. CORRELAZIONALE. Obiettivo: scoprire in che misura le variazioni in un certo comportamento (una certa variabile) sono sistematicamente collegate alle variazioni di altre variabili. Si cercano relazioni; 3. SPERIMENTALE. Obiettivo: fornire informazione causale. Possiamo comprendere perch avvengono certi fenomeni. Il ricercatore modifica deliberatamente alcuni aspetti dell'ambiente in cui avvengono: le variazioni in A provocano variazioni in B. La scienza psicologica si pone come obiettivo: a. La definizione della relazione tra determinate variabili (e.g. comportamento di aiuto e situazioni di gruppo); b. Sistematizzare tale relazione nel corpo di conoscenze proprie alla psicologia (e.g.: differenze di comportamento individuo vs. gruppo). Il metodo sperimentale Una caratteristica fondamentale del metodo sperimentale che il tentativo di acquisire conoscenze si deve basare su osservazioni oggettive, cio su tutto ci che NON dipende da valutazioni e da esperienze personali. oggettiva qualunque osservazione ottenuta attraverso uno strumento di misura. Se un’osservazione oggettiva significa che anche replicabile, nel senso che pu essere ripetuta da altre persone, in altri luoghi ed in altri tempi, ottenendo risultati sostanzialmente identici. Il raggiungimento di questo obiettivo ostacolato dalla: a. Impossibilit (frequente) di misurare direttamente le variabili di indagine; b. Variabilit intra-individuale e inter-indivuale. Per oltrepassare questo ostacolo necessario a) Operazionalizzare le variabili di cui si vuole studiare la relazione; b) Costruire situazioni controllate per lo studio di tale relazione; c) Analizzare la relazione di studio in maniera statistica. Distinzione delle variabili: - Indipendente: la variabile che lo sperimentatore manipola/varia ed supposta essere la causa. Es. Assunzione di tabacco+THC; - Dipendente: la variabile che dipende da un’altra variabile (l’indipendente), solitamente operazionalizzata, viene misurata ed l’effetto. Es. Ansia: battito cardiaco, misuro la frequenza dei battiti. Rischi da evitare: Il rischio di controllare la propria teoria partendo dal presupposto che sia vera; la focalizzazione, cio la concentrazione su un aspetto parziale di un problema. Quindi: nel costruire la psicologia come scienza, bisogna liberarsi delle teorie ingenue. La ricerca in psicologia e nelle altre discipline sperimentali procede cos : 1 È à à è è é è è è è è ò è è è ò è ì è é è - Si decide l'ipotesi da testare e la regione critica per un eventuale rifiuto; - Si allestisce il controllo sperimentale e si raccolgono i dati, si constata qual la decisione teorica da prendere (accettare o rifiutare l’ipotesi). L'ipotesi nulla viene formulata se costituisce un plausibile punto di partenza. Effetto placebo = le persone rispondono ai farmaci e alle terapie nel modo in cui pensano di "dover" rispondere. Attenzione: anche il metodo sperimentale ha i suoi limiti. In psicologia vengono chiamati artefatti i risultati dovuti a qualcosa di diverso da quello che si credeva di manipolare attraverso la variabile indipendente. La parola esperimento viene usata per riferirsi a qualsiasi studio scientifico. In realt molti studi sono non- sperimentali (che non significa non-scientifico!). Quando la variabile indipendente NON viene manipolata dallo sperimentatore si parla di RICERCHE NON SPERIMENTALI (descrittiva quindi, o correlazionale). Il metodo osservativo Due tipi di tecniche osservative: - L’osservazione “non partecipante”, o naturalistica: osservare dall’esterno cercando di non interferire in alcun modo con la situazione osservata (analogia con l’etologia); - L’osservazione “partecipante”: - Si entra come parte attiva della situazione che si vuole studiare (tipica della ricerca etnografica); - Partecipazione per un periodo alle normali attivit del gruppo da osservare (gruppo di lavoro, sportivo, etc.). Rispetto all’osservazione partecipante vi sono sia vantaggi che svantaggi: - Possibilit di modificare il comportamento dei soggetti osservati (col tempo diviene normale); - Mantenere il giusto distacco. In che misura ci si pu fidare delle osservazioni di un unico osservatore? Occorre verificare il grado di accordo fra differenti giudici indipendenti e possibilmente ignari delle ipotesi del lavoro di ricerca (osservatori “blind”). Gli studi correlazionali Gli studi correlazionali hanno lo scopo di scoprire se esistono delle relazioni tra due o pi variabili oggetto di studio. Se viene trovata una relazione tra due variabili si dice che sono correlate. Il ricercatore cerca una relazione fra due (o pi ) variabili che possono essere osservate e misurate ma che non possono essere controllate. Il concetto di correlazione indica che al crescere di una variabile si modifica anche il valore dell’altra. Se al crescere di una variabile cresce anche l’altra si ha una correlazione positiva. Se al crescere di una l’altra diminuisce si ha una correlazione negativa. Limiti degli studi correlazionali: non danno alcuna indicazione sull’esistenza di una relazione causale tra due variabili. Vantaggi degli studi correlazionali: possono essere usati come studi esplorativi o quando impossibile realizzare un esperimento per ragioni pratiche o etiche. Il metodo clinico - Kl ne = letto, giaciglio; - Raccolta sistematica di informazioni rivolta al paziente (anamnesi): - Famiglia di origine; - Eventi significativi; - Vita affettiva; - Relazioni sociali; - Vita professionale; - Tempo libero; - Situazione economica; - Rapporti nel proprio nucleo familiare; - Contro le ristrettezze dell’oggetto di studio della psicologia accademica - Metodo che consentiva di individuare e descrivere fenomeni patologici. 2 ì à ò ù à è à è ù Esempi di due metodi clinici: 1. Freud (1908) - Psicoanalisi. Origine psichiatrica. Posizione neutrale dell’analista. Associazioni libere, lapsus, sogni, per arrivare ai conflitti inconsci. Joseph Breuer pubblic nel 1895 delle osservazioni che sono state fondamentali per comprendere e trattare i disturbi nevrotici. La paziente, Fraulein Anna O., soffriva di gravi sintomi isterici e Breuer scopr che questi sintomi potevano essere alleviati quando la paziente riviveva sotto ipnosi certe esperienze traumatiche del suo passato. Le osservazioni di Breuer furono la scintilla del lavoro di Freud e condussero allo sviluppo della teoria e del metodo psicoanalitico. 1886 – Breuer – Charcot -> Interesse per l’ipnosi poi abbandonata, per il metodo catartico*, che a sua volta fu superato dal metodo delle “libere associazioni”. * Metodo catartico = il paziente, parlando dei propri problemi, esprime le proprie emozioni liberandosene. Metodo psicoanalitico: la psicoanalisi nacque nell’istante in cui Freud rinunci all’ipnosi come valida tecnica di trattamento. Altro importante passo fu il passaggio dal metodo catartico a quello delle libere associazioni. Psicoanalisi è il nome: 1. Di un procedimento per l’indagine dei processi psichici; 2. Di un metodo terapeutico (basato su tale indagine) per il trattamento dei disturbi nevrotici; 3. Di una serie di conoscenze psicologiche acquisite per questa disciplina. Terapia psicanalitica: far riemergere alla coscienza il conflitto psichico rimosso (cio allontanato dalla coscienza perch spiacevole o doloroso). Tecniche per superare le resistenze che impediscono al rimosso di accedere alla coscienza: - Ipnosi; - Interpretazione dei sogni; - Libere associazioni. I concetti centrali sono la difesa contro sentimenti inaccettabili e che di conseguenza rimangono inconsci e il transfert verso il terapeuta di sentimenti che in realt appartengono a persone del passato del paziente. La regola fondamentale freudiana: la libera associazione. Inoltre, al fine di vincere le resistenze al trattamento Freud ha reagito adottando una crescente passivit , adottando oltre alla libera associazione anche il ruolo di “schermo passivo”, l’attenzione liberamente fluttuante e un’infinita pazienza da parte del terapeuta. Determinismo psichico: Nella nostra mente nulla avviene in modo casuale: - Ogni evento il prodotto necessario di determinate cause: - Lapsus, errori, dimenticanze, incidenti banali. - Compromesso tra l’intenzione cosciente e i pensieri inconsci (spiacevoli); - Sintomi nevrotici. - Scontro tra impulsi rimossi e forza della rimozione. La comunicazione inconscia fra analizzando ed analista sta alla base del lavoro psicoanalitico: una comunicazione da inconscio ad inconscio delimitata dall’assetto psicoanalitico, e alla quale il “sistema di ascolto” quale essenzialmente la psicoanalisi, le libere associazioni del paziente e l’attenzione liberamente fluttuante dell’analista, d la possibilit di esplicitarsi, le offre le vie per realizzarsi. 2. Piaget (1926) - Epistemologia genetica: il clinico si pone problemi, formula ipotesi, osserva le reazioni provocate dalla conversazione. Metodo del colloqui clinico per indagare lo sviluppo dell’intelligenza nei bambini. Tutti i metodi fino ad allora disponibili non potevano essere utilizzati per indagare il oggetto di ricerca (lo sviluppo dell’intelligenza nei bambini). Invent un sistema “misto” tra il colloquio e l’osservazione che consisteva nel ricostruire le credenza del bambino o nel sottoporgli domande mirate mentre risolveva un compito. Metodo: tra osservazione e interpretazione. Osservazione del comportamento e interpretazione alla luce della teoria. 3 è è é ò à ò à à ì ò è à Teoria di riferimento: epistemologia genetica. Problema della relazione tra un soggetto agente e pensante e gli oggetti della sua esperienza. Piaget il fondatore dell’epistemologia genetica : - Epistemologia = disciplina della filosofia che studia criticamente la conoscenza scientifica proponendosi l'analisi del linguaggio, delle metodologie, della strutturazione dei concetti in teorie, stabilendone i criteri di validit ; - Genetica = sviluppo (non innato): la conoscenza un processo non uno stato, un evento o una relazione fra conoscente e conosciuto. In Piaget l’epistemologia definita “genetica” perch vuole definire gli aspetti connessi allo sviluppo (genesi non in senso “biologico” e cio relativo a componenti innate). Piaget studia la strutturazione della conoscenza attraverso i cambiamenti evolutivi. Piaget ha intrapreso lo studio dell’attivit mentale a partire dalle sue forme pi semplici studiando, mediante una paziente e accurata osservazione inizialmente dei suoi tre bambini (dalla nascita sino ai quattro anni), lo sviluppo della prima forma di comportamento intelligente, l’intelligenza senso-motoria. Ricerche pi estese e complesse sono state dedicate ai progressi intellettuali che hanno luogo tra i 3-4 anni e gli 8-9 anni, e che riguardano la capacit di compiere le operazioni mentali indispensabili per l’acquisizione di quelle nozioni elementari che formano la struttura del pensiero comune. La teoria di Piaget postula la seguente successione di stadi e di periodi nello sviluppo cognitivo: - Periodo sensomotorio dell’infanzia (0-2 anni): il bambino comprende il mondo agendo su di esso in modo esplicito. Le sue azioni motorie riflettono schemi sensomotori, ossia insiemi generalizzati di azioni che servono per conoscere il mondo (schema di suzione). Gradualmente gli schemi si differenziano e si integrano e, alla fine del periodo il bambino ha formato delle rappresentazioni mentali della realt. - Periodo preoperatorio della prima fanciullezza (2-7 anni): il bambino in grado di usare le rappresentazioni (immagini mentali, disegni, parole, gesti) invece delle sole azioni motorie per concepire gli oggetti e gli eventi. Il pensiero ora pi veloce, flessibile ed efficiente, e pi socialmente condiviso. limitato dall’egocentrismo, dall’attenzione agli stati percettivi, dalla considerazione delle apparenze piuttosto che della realt sottostante, e dalla rigidit (mancanza di reversibilit ). - Periodo operatorio concreto della media fanciullezza (7-11 anni): il bambino acquisisce le operazioni, sistemi di azioni mentali interiori che sono alla base del pensiero logico. Queste operazioni reversibili ed organizzate gli permettono di superare i limiti del pensiero preoperatorio. Vengono acquisiti i concetti relativi alla conservazione, alla inclusione in classi, alla rappresentazione della prospettiva e ad altri concetti. Le operazioni possono essere applicate solo agli oggetti concreti, presenti o rappresentati mentalmente. - Periodo operatorio formale dell’adolescenza (11-15 anni): le operazioni mentali possono essere ora applicate al possibile ed all’ipotetico oltre che al reale, al futuro oltre che al presente, e alle affermazioni puramente verbali e logiche. L’adolescente acquisisce il pensiero scientifico, con il ragionamento ipotetico-deduttivo e il ragionamento logico con il ragionamento inter-proposizionale, ed in grado di comprendere concetti molto astratti. In tale sequenza, il bambino si muove dall’azione fisica, attraverso una forma di rappresentazione basata sull’azione simbolica, fino alla rappresentazione basata sull’azione mentale. Differenze cognitive tra prima e media fanciullezza Apparenze percepite e realt inferita: tipico compito di Piaget quello della conservazione della quantit di liquido; 1. Il bambino prima d’accordo sul fatto che due bicchieri uguali contengano uguali quantit d’acqua; 2. Lo sperimentatore versa l’acqua in un terzo bicchiere, pi alto e pi sottile, davanti al bambino che guarda; 3. Lo sperimentatore chiede se le due quantit d’acqua sono ancora uguali e se un bicchiere, 4 è à à ù è à è à à è è à à ù à è à é ù è ù è à ù è ù è à È ora, contiene pi acqua dell’altro. Tipicamente il bambino in et prescolare pronto a concludere che il bicchiere pi alto e sottile contiene pi liquido dell’altro. ETICA IN PSICOLOGIA La ricerca e le sue procedure sono vincolate al rispetto di un Codice etico. Dal momento che gli psicologi studiano le persone, devono rispettare le regole che fanno parte del codice etico e non solo seguire le regole scientifiche. Il rispetto del codice etico OBBLIGATORIO nella ricerca sugli uomini e sugli animali. a. La principale cautela da applicare relativa alla tutela del danno secondario che pu derivare dalla ricerca, con lo scopo di evitare conseguenze negative ai soggetti che partecipano alla ricerca. b. Nei Codici a cui le principali societ scientifiche si riferiscono sono riportati i valori ampiamente condivisi che regolano le relazioni quotidiane. c. Es.: Codice etico dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP). La premessa al Codice etico della principale Associazione di ricerca italiana, l’AIP, sottolinea che il testo ha l’obiettivo di regolamentare gli aspetti etici dell'attivit di ricerca e di insegnamento della Psicologia. Mentre le responsabilit di chi opera in Psicologia in altro ambito (ad esempio quello libero professionale o sanitario pubblico) sono regolamentate dall'Ordine Professionale degli Psicologi alla cui normativa si rimanda. Nella legislazione italiana (Costituzione art. 32), la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivit , e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno pu essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non pu in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Anche in funzione del dettato costituzionale, i limiti dell’operare del medico-sanitario sono fissati da una parte dall’obbligo di tutela e di salvaguardia della vita, della salute, dell’integrit psicofisica e della dignit personale del paziente e dall’altra dall’obbligo di rispettarne la volont e di raccoglierne il consenso al trattamento. Nella ricerca, i codici etici dispongono che il ricercatore si attenda a: - Minimizzare i danni fisici o psicologici procurati ai partecipanti; - Massimizzare i benefici che la ricerca pu avere sui partecipanti e sulla societ in generale; - Informare i partecipanti della natura dello studio in cui sono coinvolti, inclusi i rischi e i benefici; - Ottenere, in modo volontario, il consenso dei partecipanti al trattamento (c.d. consenso informato). I Codici etici dispongono che il ricercatore si attenda a: - Non utilizzare l’inganno, anche se pu essere tollerato in certe specifiche circostanze opportunamente motivate; - Non interferire con le vite private dei partecipanti; - Ottenere l’autorizzazione al trattamento dei dati personali; - Garantire la riservatezza dei dati raccolti, ossia garantire ai partecipanti che le informazioni raccolte resteranno anonime o strettamente confidenziali; - Riservare alle categorie “a rischio” (bambini, anziani, malati gravi, persone con deficit cognitivi, ecc.) un’attenzione particolare. Nel condurre una ricerca scientifica ci si deve ispirare al rispetto dei valori quotidiani condivisi. Etica della ricerca = Etica quotidiana Occorre cio che lo sperimentatore identifichi ed utilizzi delle metodologie etiche e, allo stesso tempo, massimamente valide sul piano scientifico. Il problema delle informazioni sulla ricerca A volte dire tutta la verit sulla natura della ricerca ai partecipanti, prima dell’esperienza, potrebbe invalidare i risultati della ricerca stessa. Rivelare prima l’ipotesi di ricerca potrebbe indurre inconsapevolmente i partecipanti a comportarsi come se l’ipotesi fosse vera. Questo inficerebbe i risultati dell’indagine scientifica che porterebbero ad ipotizzare che l’ipotesi sia vera, anche se potrebbe essere falsa. 5 à è ò ò ù à à è à è à ò ò è à à à à ù à ò ù Pertanto, il ricercatore pu utilizzare l’ “inganno”, ossia tenere nascosta l’ipotesi di ricerca, solo se NON ci sono ipotizzabili danni ai partecipanti e se possibile ripristinare in seguito il rapporto di fiducia. La fase di debriefing, che conclude l’esperimento, pu essere utilizzata dal ricercatore e dal partecipante come momento in cui si possono rivelare alcuni aspetti dell’esperimento o dell’esperienza a cui si preso parte, nonch chiarire i motivi per cui si sono scelte alcuni metodi e procedure. Altri aspetti da tenere in considerazione: - Chi partecipa alla ricerca deve essere esplicitamente informato della libert di ritirarsi in ogni momento, senza dover dare giustificazioni; - Chi partecipa alla ricerca deve essere in grado di fornire un libero consenso che, nel caso dei minori, va richiesto a chi ne ha la responsabilit (ad entrambi i genitori o a chi ne ha la tutela legale); - Nel caso in cui vi sia una relazione esplicitamente asimmetrica fra chi partecipa e chi effettua l'indagine necessario chiarire che il rifiuto di partecipare non comporti esiti negativi. Codice etico per la ricerca in Psicologia Preambolo: Il Codice Etico per la ricerca in psicologia (d’ora in avanti Codice Etico), costituito da 11 articoli, definisce gli standard di comportamento che gli iscritti all’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) condividono e osservano per garantire la corretta realizzazione delle attivit di ricerca e diffusione della conoscenza, proteggere i diritti dei partecipanti e delle persone coinvolte, promuovere una riflessione critica sulle implicazioni etiche della ricerca in ambito psicologico. Chi svolge ricerca in psicologia tenuto a conoscere e a far conoscere il presente Codice Etico, a ispirarsi ad esso nel proprio lavoro e a rispettarlo e farlo rispettare; la sua mancata conoscenza non pu essere usata come giustificazione di una condotta eticamente inappropriata. Principi generali Integrit : Chi svolge attivit di ricerca in psicologia agisce con onest , lealt , trasparenza, autonomia ed equit , nel rispetto di tutte le persone coinvolte e nell’interesse di partecipanti, colleghi, studenti, istituzione di appartenenza, comunit scientifica, gruppi sociali di riferimento e opinione pubblica. Essere integri significa evitare comportamenti opportunistici o ambigui e non abusare del proprio ruolo istituzionale e delle situazioni di asimmetria informativa e decisionale; significa prevenire e rimuovere le situazioni di conflitto di interessi, oltrech resistere ad ogni forma di pressione che si prefigga di condizionare o alterare i progetti di ricerca e i loro risultati. Rispetto della dignit della persona: Chi svolge attivit di ricerca in psicologia rispetta la dignit , la libert e il benessere dei partecipanti, degli studenti, dei colleghi e dei collaboratori, e tutela i loro diritti alla autodeterminazione e alla riservatezza. Evita e contrasta ogni forma di discriminazione basata su genere, orientamento sessuale, et , livello di istruzione, nazionalit , etnia, religione, stato socio-economico, opinioni politiche e sindacali, condizioni psico-fisiche. Nell’interazione con i partecipanti, tiene conto della loro specificit linguistica e culturale, delle eventuali condizioni di vulnerabilit e delle capacit di comprendere e comunicare. Competenza: Chi svolge attivit di ricerca in psicologia consapevole dei limiti della propria competenza e utilizza solo metodi e tecniche per cui possiede un’adeguata preparazione scientifica e metodologica. Si impegna ad aggiornare continuamente le proprie competenze tecniche e professionali, dedicando particolare attenzione ai temi di natura etica e agli eventuali cambiamenti nella normativa nazionale e internazionale. Agisce affinch coloro che lavorano sotto la sua supervisione mantengano un adeguato livello di preparazione e operino riconoscendo i limiti delle loro competenze. Responsabilit sociale: Chi svolge attivit di ricerca in psicologia consapevole della responsabilit sociale che deriva dai propri indirizzi di ricerca, dalle scelte metodologiche e dalle modalit di diffusione dei risultati che possono essere diversamente interpretati e usati nei diversi contesti di applicazione. Agisce affinch la ricerca possa sempre incrementare la conoscenza, le possibilit di intervento, l’offerta di strumenti di comprensione e soluzione dei problemi. In nessun caso, presta la sua attivit e la sua competenza per generare o giustificare sofferenza e oppressione. Tutela del benessere: Chi svolge attivit di ricerca in psicologia si impegna a non compromettere il benessere psico-fisico dei partecipanti e a non alterare il loro grado di sicurezza e autostima. Garantisce che la partecipazione alle ricerche non determini un peggioramento delle condizioni attuali e non esponga a situazioni di rischio, disagio o sofferenza. 6 à à à é à é é à à à ò à à è à à à è ò à è à à è à à à à à à à ò à à è à é è à Nell’ambito della psicologia La struttura ordinistica: Le attivit sanitarie in ambito psicologico in Italia hanno ottenuto il riconoscimento e la strutturazione ordinistica con la Legge n° 56/89 “Ordinamento della professione di Psicologo”. Come per tutte le professioni riconosciute rilevanti per la difesa dei diritti fondamentali dei cittadini, ne stato regolamentato l’accesso, previsto un codice deontologico e la funzione di controllo del buon operare degli iscritti da parte dell’Ordine, con potere di sanzione. La Legge n. 163/2021 recante Disposizioni in materia di titoli universitari abilitanti ha reso la laurea in psicologia Laurea Abilitante rimuovendo, di fatto, la necessit di un Esame di Stato e prevedendo la formazione professionalizzante attraverso il tirocinio durante lo svolgimento del percorso di studi. Sono poi stati pubblicati i decreti attuativi per chi ha gi effettuato il tirocinio o conseguito il titolo di Dottore in Psicologia e per chi, invece, si iscrive ai corsi di laurea, in particolare: - Il Decreto Interministeriale n. 654 del 5 luglio 2022, disposizioni in merito al nuovo tirocinio pratico- valutativo, alla successiva prova pratica e che adegua i corsi di laurea alla finalit della norma. Perch importante? Si tratta del primo approccio a tematiche etiche e legali che riguardano la professione ma anche gli studenti in prima persona gi dal primo anno di Corso Universitario. Cap. 5 - Apprendimento e comportamento L’apprendimento è un processo adattivo grazie al quale l’esperienza individuale produce cambiamenti a lungo termine nel modo in cui l’ambiente guida il comportamento. PROCEDURE PRE LO STUDIO DEI PROCESSI BASILARI DELL’APPRENDIMENTO Ivan Pavlov ed Edward Thorndike erano consapevoli della necessità di avere osservazioni controllate. Avevano iniziato a studiare l’apprendimento di animali in quanto ciò consentiva un maggiore controllo sperimentale. Entrambi erano alla ricerca di un principio che descrivesse come l’ambiente individuale modifica il comportamento e i meccanismi neuroni responsabili del comportamento. La tecnica di Pavlov Pavlov aveva osservato come mettendo del cibo in bocca a un cane questo producesse immediatamente salivazione. La relazione stimolo (cibo) e risposta (salivazione) è conseguenza di un riflesso automatico NON frutto dell’esperienza passata (riflesso condizionato non innato). Cos’è il riflesso? Specifica risposta che deriva dalla selezione naturale. Pavlov procede con un esperimento. 1. Un cane, legato con delle cinghie, riceveva del cibo (stimolo incondizionato, SI), portando ad un aumento della salivazione (risposta incondizionata, RI). - SI = la capacità di evocare la risposta non è condizionata e non dipende da nulla. - RI = risposta di salivazione davanti al cibo. 2. Poi Pavlov provò a far suonare ogni tanto una campanella (stimolo neutro, SN) -> il cane sentiva il suono ma questo non portava variazioni nel flusso di saliva. 3. Pavlov inizia a presentare il cibo subito dopo il suono (stimolo condizionato, SC), generando un aumento di salivazione (risposta incondizionata, RC). - SC = la capacità di evocare la risposta è condizionata (dipende) dall’associazione con lo stimolo eliminante (il cibo). - RC = quando una risposta evocata dallo SC è condizionata dall’associazione ripetuta fra SC e SI viene chiamata risposta condizionata. Cibo (SI) -> Salivazione (RI) Campanello (SN) -> Cibo (SI) -> Salivazione (RI) Campanello (SC) -> Salivazione (RC) In sintesi, il processo di condizionamento pavloviano, o classico, funziona grazie all’associazione ripetuta fra la campanella (SC) e il cibo (SI). 7 é è à à à à à è Tale associazione alla fine condiziona il suono della campanella (SC) ad evocare l’aumento della salivazione (RC), simile all’incremento spontaneo della salivazione prodotto dalla visione del cibo. Pavlov riuscì a sfruttare un riflesso per insegnare al cane un’associazione tra uno stimolo nuovo e una risposta, permettendo di interpretare tutto il comportamento umano come l’apprendimento di sequenze stimolo-risposta. La tecnica di Thorndike Stimolo - risposta - rinforzo (Thorndike) Diversamente da Pavlov, Thorndike introduceva il cibo dopo una risposta, non dopo uno stimolo -> se un gatto azionava la cordicella che gli permetteva di aprire la gabbia (Puzzle Box), riceveva del cibo. La presentazione del cibo dopo una risposta rinforzava la risposta stessa. In sintesi, l’introduzione di uno stimolo che evocava una risposta aveva promosso l’apprendimento nella procedura di Pavlov e in quella di Thorndike. Il tipo di cambiamenti prodotti dalle procedure di Thorndike sono quelli della vita quotidiana. Esempio: un bambino che è stato premiato per aver messo in ordine i propri giocattoli avrà più probabilità di rifarlo in futuro. La probabilità che un soggetto che inizia ad apprendere esegua un dato comportamento in un determinato ambiente è influenzata dallo stimolo elicitante che è già stato sperimentato in quello stesso ambiente. Confronto tra Pavlov e Thorndike SOMIGLIANZE DIFFERENZE PAVLOV Con entrambe le procedure l’ambiente può L’evento che, con costanza, precede il rinforzo essere considerato come una sequenza di è il determinato stimolo. stimoli (S) in continuo cambiamento; il comportamento è una serie di risposte Nella procedura di Pavlov vengono rinforzate anch’esse in continuo cambiamento (R). solo le risposte già elicitate da altri stimoli. THORNDIKE L’evento che, con costanza, precede il rinforzo è la determinata risposta. Nella procedura di Thorndike qualunque risposta può essere potenzialmente rinforzata. CONDIZIONI NECESSARIE ALL’APPRENDIMENTO Sia per la procedura di Pavlov che per quella di Thorndike la ricerca di laboratorio ha individuato le condizioni necessarie perché l’apprendimento abbia luogo. Due sono i fattori identificati: contiguità temporale e discrepanza del comportamento. Contiguità temporale Condizionamento classico: Condizionamento anterogrado -> lo SC si presenta prima di RI/RC: lo SC acquisisce il controllo della risposta. La forza della risposta cresce man mano che l’intervallo di tempo si allunga a 225 ms, mentre declina se l’intervallo si allunga ulteriormente. Condizionamento retrogrado -> lo SC si presenta dopo RI/RC: non si verificava alcun condizionamento. Condizionamento operante: nella procedura operante lo sperimentatore manipola l’intervallo di tempo fra la risposta strumentale e lo stimolo elicitante -> mano a mano che aumenta il ritardo fra la risposta operante e lo stimolo elicitante, la forza della risposta operante diminuisce, mentre aumenta se lo stimolo elicitante segue la risposta di non più di pochi secondi. I risultati della procedura classica e operante indicano che uno stimolo elicitante può modificare il modo in cui l’ambiente guida il comportamento solo quando si verifica rispettivamente subito dopo lo SC o risposta 8 operante. Così, i processi fondamentali dell’apprendimento agiscono su un intervallo di tempo molto breve = requisito della contiguità temporale. Gli effetti della contiguità temporale con un rinforzo sul comportamento umano: in entrambe le procedure, quando uno stimolo elicitante rafforza il controllo dell’ambiente sul comportamento, funziona da rinforzo -> ci sono alcuni comportamenti umani che possono essere compresi solo attraverso la relazione di contiguità temporale dei rinforzi con stimoli o risposte. A. Fobie: l’oggetto fobico è associato a uno stimolo aversivo -> in questo modo l’oggetto è irrazionalmente temuto. Stimoli che diventano oggetto di fobie dipendono dagli effetti della selezione naturale e dall’esperienza -> i ragni diventano SC più rapidamente di altri stimoli neutrali se accoppiati a uno SI aversivo. B. Attacchi di panico: influenzati dall’associazione stimolo-rinforzo della procedura classica. Anche in questo caso la situazione temuta è associata a uno SI aversivo. C. Tossicodipendenze: quando si assume una droga per iniezione (o altre forme), gli stimoli presenti si associano agli effetti di rinforzo della droga stessa -> gli stimoli dell’ambiente circostante, annessi e connessi della droga o la punta di un ago, possono tutti diventare SC per le risposte causate dalla droga. Le droghe danno dipendenza perchè introducono nel corpo sostanze che i neuroni del cervello producono normalmente -> neurotrasmettitori -> quando i neuroni individuano una quantità eccessiva di neurotrasmettitori, ne riducono la produzione. Questa produzione ridotta funge da RI o SI nella dipendenza dalla droga e in seguito può diventare una SC o RC responsabile dei sintomi di astinenza quando la persona si trova in un ambiente in cui prima faceva uso di droghe. Discrepanza del comportamento La dimostrazione più chiara che l’apprendimento richiedesse un secondo fattore è stata fornita da un disegno sperimentale a due fasi conosciuto come procedura di blocking, valida per entrambi i condizionamenti: 1. Quando associamo uno stimolo (S1) ad un rinforzo (R), otteniamo una risposta condizionata (RC). 2. Se dopo l’apprendimento presentiamo un altro stimolo (S2), non otteniamo la risposta condizionata (RC) alla sola presenza dello S2. Normale procedura -> S1 + R = RC Successivamente -> S1 + S2 + R = RC Tuttavia -> S2 + R ≠ RC Dalla procedura del blocking individuiamo come solo uno stimolo che evoca un comportamento discrepante (o un cambiamento nel comportamento) può fungere da rinforzo. Da notare la grande economia del meccanismo di apprendimento: il condizionamento si verifica solo se chi apprende non si sta già comportando in modi consoni a un determinato ambiente -> lo stesso stimolo elicitante funziona nuovamente come rinforzo se presentato in un altro ambiente in cui la risposta non si verifica già. Uno stimolo elicitante funziona da rinforzo solo se lo stimolo in quanto tale e il comportamento evocato “sorprendono” chi apprende -> il meccanismo di apprendimento sembra innescarsi quando l’ambiente non conferma le aspettative. Minore è la familiarità con lo stimolo, maggiore è l’importanza del comportamento evocato da quello stimolo e maggiore sarà l’efficacia dello stimolo come rinforzo. I RISULTATI DELL’APPRENDIMENTO Acquisizione: l’apprendimento di una risposta, o acquisizione, si verifica quando una risposta viene seguita da un rinforzo e diventa più forte nell’ambiente in cui si è verificata. Nell’acquisizione i rinforzi modificano il modo in cui l’ambiente guida il comportamento. Modellamento (shaping): di solito apprendiamo in presenza di più variabili che fungono da stimolo e che implicano risposte complesse. Proprio per questo l’acquisizione richiede un procedimento di modellamento -> procedura che consente di acquisire una risposta complessa prestabilita, grazie al rinforzo di approssimazioni successive, sempre più vicine alla risposta desiderata. 9 Nel modellaggio la risposta più efficace è soggetta a contingenze naturali o di relazioni temporali sequenziali; La concatenazione di risposte è una forma di modellaggio molto utilizzata nell’addestramento comportamentale di bambini con disabilità di sviluppo. Abituazione: forma semplice di apprendimento che si verifica quando gli stimoli ambientali evocano delle risposte, che tendono a scomparire e non generano conseguenze precise. La condizione sperimentale assicura che la forza delle risposte di orientamento che potrebbero competere con l’apprendimento si abbassi. Estinzione: una risposta, precedentemente rinforzata, cessa di essere seguita da un rinforzo con il risultato che il comportamento si indebolisce progressivamente -> l’estinzione non elimina del tutto gli effetti dei rinforzi precedenti = se si ripresenta il rinforzo dopo un’estinzione, la risposta si rafforza di nuovo velocemente (la riacquisizione è più veloce dell’acquisizione originiaria). Generalizzazione dello stimolo: quando a un dato SC è stata associata una risposta condizionata, gli stimoli simili allo SC tendono anch’essi a suscitare la RC. Quanto più lo stimolo è simile a quello originale, maggiore è la risposta. Per produrre questo meccanismo in laboratorio, Pavlov dapprima condizionò un cane a salivare in risposta a un tono di 1.000 Hz. Instaurato il condizionamento, il cane salivava, in misura minore, anche con toni della frequenza leggermente superiore e inferiore. Lo schema di sinistra indica il gradiente di generalizzazione -> maggiore è la somiglianza con SC (1.000 Hz), maggiore è la salivazione. Discriminazione dello stimolo: è quando il soggetto è condizionato a non rispondere a stimoli simili allo SC, pur continuando a rispondere allo SC -> il bambino deve imparare a rispondere “sedia” agli stimoli visivi “sedie”, ma non ai sedili = addestramento alla discriminazione. In laboratorio questo evento si ottiene presentando al cane una serie di associazioni del tono di 1.000 Hz con il cibo, interrotte irregolarmente da presentazioni di toni di 900 e 1.100 Hz senza cibo -> il cane apprende a discriminare i suoni leggermente diversi e a rispondere solo a quelli di 1.000 Hz. L’addestramento alla discriminazione è indicato a destra dello schema. Punizione: nel caso di una punizione, la presentazione di uno stimolo indebolisce il comportamento. Quando una risposta operante è seguita da uno stimolo e in seguito diminuisce, quello stimolo era allora una punizione. Gli stimoli che fungono da punizioni generano una fuga o risposta di allontanamento. Es. un bambino arriva al cibo che cuoce sulla fiamma e questa gli brucia la mano: questa azione sarà in seguito meno probabile, in quanto la bruciatura ha funzionato come punizione. I MECCANISMI CELLULARI DEL RINFORZO Spronati dal lavoro pionieristico di Eric Kandel, i ricercatori stanno iniziando a comprendere alcuni importanti processi cellulari che si verificano nel corso dell’apprendimento. Gran parte di questa comprensione deriva dallo studio del potenziamento a lungo termine un fenomeno che si genera in laboratorio e che si crede responsabile degli stessi processi cellulari che si verificano in corso di apprendimento. La stimolazione dei recettori di un neurone post-sinaptico da parte del glutammato rilasciato da un neurone pre-sinaptico può produrre cambiamenti durevoli nella struttura dei recettori del glutammato. Questo cambiamenti fanno sì che il neurone post-sinaptico diventi maggiormente responsivo alla stimolazione di glutammato in occasioni successive. Modificazioni a lungo termine nella struttura di questi recettori si verificano quando un comportamento genera rinforzi che causano, a loro volta, la liberazione di dopamina contemporaneamente alla stimolazione del glutammato. Nel corso di situazioni ripetute, questi processi cellulari modificano l’efficacia sintattica lungo la via neurale che media le relazioni rinforzate ambiente- comportamento. 10 Il comportamento è spesso guidato da combinazioni complesse di stimoli ambientali. Pertanto il cambiamento comportamentale richiede di apprendere le relazioni fra stimoli ambientali, così come si apprendono le relazioni fra ambiente e comportamento. L’apprendimento sensoriale si verifica quando i neuroni della corteccia associativa sensoriale diventano responsivi a una combinazione di stimoli grazie all’effetto di input neuroni che vengon dall’ippocampo. L’ippocampo produce questi cambiamenti più rapidamente quando dei rinforzi accompagnano la stimolazione dei neuroni sensoriali associativi- anche se alcuni apprendimenti sensoriali s verificano in assenza di rinforzo, come nel caso dell’apprendimento latente. IL COMPORTAMENTO DI SOGGETTI CHE HANNO AVUTO MOLTEPLICI ESPERIENZE DI APPRENDIMENTO Il comportamento di soggetti che hanno avuto molteplici esperienze di apprendimento, in particolare gli esseri umani, è il prodotto di rinforzi condizionati. Con l’esperienza, il comportamento è guidato da stimoli discriminativi di apprendimenti precedenti, in particolare stimoli verbali forniti da altri esseri umani che danno direzioni e istruzioni. Un comportamento che ha queste origini si definisce guidato da regole per distinguerlo da quello guidato dalle contingenze che è il risultato diretto del rinforzo. Ovviamente, il comportamento guidato da regole persiste solo se alla fine è coerente con le contingenze di rinforzo. Un’altra fonte è l’apprendimento per osservazione. Le ricerche indicano che vengono attivati gli stessi neuroni quando osserviamo il comportamento altrui e lo eseguiamo in prima persona. Questi neuroni sono chiamati neuroni specchio. Quando il comportamento altrui produce rinforzi condizionati, questi possono rafforzare l’attività dei neuroni specchio e così, rafforzare il comportamento osservato in noi stessi. Anche se ancora non si sa molto delle origini dei comportamenti umani complessi, i processi biocomportamentali fondamentali sembrano essere un fondamento certo su cui costruire questa comprensione. Anche i comportamenti umani complessi sembrano sotto l’influenza dei processi di apprendimento fondamentali. 11 Cap. 6 - La sensazione I PROCESSI SENSORIALI Elaborazione sensoriale Tradizionalmente, gli psicologi hanno distinto sensazione e percezione. - La sensazione è il processo che identifica la detenzione di specifiche proprietà dello stimolo, come l’intensità (es. una stella più luminosa di altre, minestra troppo calda o troppo fredda). Gli organi sensoriali reagiscono all’intensità dello stimolo e trasmettono le informazioni al cervello. - La percezione si verifica quando l’informazione sensoriale viene utilizzata dal cervello per produrre una risposta (es. il cervello riconosce una mela, il colore rosso, sulla base delle informazioni fornite dall’occhio). Molti studiosi sostengono che la sensazione implichi meccanismi fisiologici innati mentre la percezione si basi sull’apprendimento. La trasduzione La trasduzione è il processo attraverso il quale gli organi di senso convertono l’energia degli eventi ambientali in attività neurale. Il cervello è isolato dal mondo che lo circonda, a cui è collegato solo attraverso gli organi di senso che trasmettono le informazioni al cervello tramite gli impulsi neurali che una volta giunti a destinazione vengono codificati. Gli stimoli possono essere codificati sia attraverso le cellule recettoriali che attraverso i dendriti. La codifica sensoriale I potenziali d’azione che portano l’informazione sono uguali fra loro ma, nonostante ciò, noi siamo in grado di identificare un numero enorme di stimoli diversi. Questo avviene grazie alla presenza di un codice, ovvero un sistema di segnali per rappresentare le informazioni. Le regole hanno due forme di codifica. 1. Codifica anatomica: permette di interpretare la localizzazione e il tipo di stimolo. Il cervello attraverso la codifica anatomica distingue diverse modalità sensoriali. È il tipo di codifica che rende possibile discriminare un tocco sul ginocchio da un tocco sul braccio. 2. Codifica temporale: fornisce informazioni quantitative e permette di distinguere un tocco con una maggiore intensità da un tocco con una minore intensità.. Così, i segnali prodotti da un particolare insieme di neuroni (un codice anatomico) ci dice dove è stato toccato il corpo; la frequenza di scarica di questi neuroni (un codice temporale) ci dice quanto è intenso il tocco. La psicofisica È lo studio sistematico della relazione fra caratteristiche fisiche dello stimolo e risposte psicologiche (o percezioni) seguenti. Per studiare i fenomeni percettivi, si sono usate molte tecniche, tra le quali due molto importanti. 1. Il principio della soglia differenziale. Weber aveva studiato la capacità degli esseri umani di discriminare fra diversi stimoli, misurando la soglia differenziale, ovvero il cambiamento minimo che una persona riusciva a cogliere nella grandezza di uno stimolo = linea fra il percepire e il non percepire, la più piccola differenza identificabile fra due stimoli. La soglia differenziale è direttamente proporzionale alla grandezza dello stimolo. Es. tra i pesi, il rapporto di differenza è di almeno 1 a 40; il rapporto per differenze di luminanza è di circa 1 a 60. Questi rapporti sono chiamati frazioni di Weber. Fechner aveva applicato il concetto della soglia differenziale alla misurazione dell’esperienza percettiva delle persone: misurava la grandezza assoluta dell’esperienza percettiva con la soglia differenziale = la quantità di energia fisica necessaria a produrre una soglia differenziale cresce con la grandezza dello stimolo. Sappiamo che maggiore è l’intensità degli stimoli, più difficile sarà discriminarli. Quando l’intensità è minore invece la soglia differenziale è maggiore. L’intensità minima che serve per cogliere uno stimolo è detta soglia assoluta. Questa non ha un valore fisso ma corrisponde al punto in cui un soggetto individua uno stimolo il 50% delle volte. 2. La teoria della detenzione del segnale. Secondo la teoria della detenzione del segnale, ogni evento stimolo prevede una discriminazione tra un segnale (lo stimolo stesso) e un rumore (la combinazione fra 12 altri stimoli di sottofondo e l’attività casuale del sistema nervoso). La teoria della detenzione del segnale prende in considerazione la propensione a riferire di aver individuato un segnale. LA VISIONE Immaginiamoci mentre osserviamo una competizione di danza alla televisione con un amico. La cornea (fa entrare luce, rigonfiamento + sclera ricopre il resto + iride decide quanta luce + pupilla si allarga se poca luce) e i cristallini (mette a fuoco, accomodamento = cambiamento nella forma per adattarsi alla distanza) inviano un'immagine dello schermo alla retina che contiene i fotorecettori (+ cellule bipolari + gangliari retiniche (dove non ci sono recettori— “punto cieco”= macula): i coni (luce forte) e i bastoncelli (luce debole). Alla luce (spettro del visibile con lunghezze specifiche) intensa, solo i coni raccolgono l'informazione visiva (fovea). L'energia della luce che raggiunge i coni della retina viene trasdotta in attività neurale quando i fotoni colpiscono il fotopigmento, separandole nelle due molecole costituenti (vitamina A + proteina). Questo evento fa sì che i coni mandino informazioni alle cellule gangliari attraverso le cellule bipolari. Gli assoni delle cellule gangliari vanno a costituire il nervo ottico e formano sinapsi con i neuroni del cervello. [trasduzione della luce a cura dei fotorecettori— catena psicofisica] Adattamento al buio perché la rodopsina recupera gli effetti della depigmentazione. La visione si basa sull'azione di guardare, legata al movimento degli occhi e della testa. Gli occhi hanno un repertorio di movimenti oculari importanti per la visione percettiva: 1. Movimenti coniugati: entrambi gli occhi restano fissi sullo stesso target mettendolo a fuoco, es. teniamo un dito di fronte al viso lo guardiamo e lo avviciniamo sempre di più -> gli occhi compiono dei movimenti coniugati in direzione del naso. 2. Movimenti saccaridici: quando spostiamo bruscamente lo sguarda da un punto all’altro (es. leggere un libro); 3. Movimenti di inseguimento: movimenti che seguono l’oggetto (es. osservare immagini in movimento, auto, uomini, animali). La visione del colore Quando un'immagine della scena visiva viene mandata sulla retina, ciascuna parte dell'immagine ha un colore differente (solo primati ne hanno visione completa), che può essere meglio specificato in termini di croma (lunghezza d'onda dominante), luminanza (intensità) e alla saturazione (purezza). Le informazioni cromatiche vengono codificate tricromaticamente dai nostri coni (modalità sensoriale “sintetica”); i coni rossi, verdi e blu rispondono in proporzione alla quantità di lunghezza d'onda appropriata contenuta nella luce che li colpisce. Questa informazione viene trasformata in un processo di codifica opponente, segnalato dalle frequenze di scarica delle cellule gangliari rosse/verdi e gialle/blu, e viene trasmessa al cervello. Se fissiamo per un po' un'immagine colorata e poi guardiamo un muro bianco, vediamo un'immagine postuma negativa (“effetto di rimbalzo” delle cellule gangliari). I maschi hanno 1 probabilità su 20 di avere un difetto rosso/verde nella visione del colore (geni sul cromosoma X). Se questo è il caso, i coni rossi e verdi contengono il fotopigmento sbagliato. Maschi o femmine, sono davvero poche le probabilità di avere un difetto giallo/blu causato dal mancato funzionamento dei coni blu. [1 - La luce che viene riflessa dall’oggetto arriva all’occhio dell’osservatore, 2 - forma un’immagine sulla retina 3 - genera impulsi elettrici nei recettori; 4 - gli impulsi nervosi viaggiano attraverso le fibre nervose, 5 - raggiungono il cervello 6 - dove vengono “elaborati” 7 - e l’osservatore vede l’oggetto] 13 L’UDITO Il sistema uditivo (e i seguenti, hanno a che fare con stimoli più semplici) umano è sufficientemente complesso per differenziare una gran varietà di suoni. Il suono è dato da cambiamenti pressori nell’aria (onde (hertz Hz) positive muovono timpano verso interno, e viceversa). L'udito traduce le dimensioni fisiche del suono, ampiezza, frequenza e complessità, nelle dimensioni percettive di volume, altezza e timbro, per i suoni che vanno da 30 a 20000 Hz.] Le onde sonore esercitano una pressione che genera vibrazioni nel timpano, che vengono trasmesse agli ossicini (martello, incudine, staffa). Le vibrazioni della staffa sulla membrana che si trova dietro alla finestra ovale generano cambiamenti pressori nel liquido all'interno della coclea che fanno vibrare la membrana basilare. Questo fa muovere le cellule cigliate (neuroni specializzati nell’identificazione dei suoni) della membrana basilare verso la membrana tettoria. L'allungamento delle ciglia stimola la secrezione di un trasmettitore che eccita i neuroni uditivi e stimola il nervo uditivo, che, a sua volta, dà informazioni al cervello sulla presenza di un suono. Le caratteristiche e la distinzione del suono I suoni possono differire per altezza, volume, timbro; distinguere i suoni per timbro dipende dalla capacità di distinguere altezza e volume: Due differenti metodi di individuazione consentono al cervello di riconoscere l'altezza di un suono. I suoni ad alta e media frequenza vengono percepiti quando parti differenti della membrana basilare vibrano in risposta a queste frequenze. Le vibrazioni a bassa frequenza vengono individuate quando la sommità della membrana basilare vibra in sincronia con il suono, che fa scaricare alcuni assoni del nervo uditivo alla stessa frequenza. Allora, l’altezza viene segnalata dal neurone che in un dato momento scarica, il volume è segnalato dalla frequenza di scarico (se maggiore— suono acuto). La grande varietà di suoni udibili è dovuta proprio al timbro (= combinazione di toni/combinazione caratteristica delle armoniche con la frequenza fondamentale), un suono complesso fa vibrare simultaneamente parti diverse della membrana basilare. Il sistema uditivo analizza i suoni dal timbro complesso dividendoli nelle frequenze costituenti, ciascuna delle quali fa vibrare una parte specifica della membrana basilare. Tutte queste funzioni sono automatiche, così che il cervello riesce a sentire il suono di un clarinetto o di qualunque altra combinazione di frequenze fondamentali e armonie. La localizzazione della fonte di un suono dipende da due sistemi. L'orecchio localizza le basse frequenze in base alla differenza nel tempo di arrivo del suono a ciascun orecchio e localizza i suoni ad alta frequenza sulla base delle diverse intensità che derivano dalla "ombra sonora" rinviata dalla nostra testa. Con l'età le persone possono perdere la capacità di sentire determinate frequenze e alcune competenze uditive quando c'è rumore di sottofondo. La Comunità Sorda è costituita da persone sorde che comunicano visivamente attraverso la lingua dei segni. L'isolamento sociale che una persona sorda può provare in mezzo a persone che comunicano oralmente scompare in compagnia di altre persone che conoscono la lingua dei segni. La comunicazione attraverso la lingua del segni può essere accurata tanto quanto la comunicazione orale. IL GUSTO Sia il gusto che l'olfatto coinvolgono cellule i cui recettori rispondono selettivamente a diversi tipi di molecole. La percezione del gusto inizia sulla lingua, i cui rigonfiamenti sono definiti papille. I bottoni gustativi (contenenti cellule recettoriali nei microvilli, formano sinapsi con dendriti di neuroni e inviano l’informazione al cervello) hanno almeno cinque tipi di recettori. 14 Allora, i gusti percepibili sono dolce, salato, aspro, amaro o umami. Per la maggior parte degli organismi le sostanze dolci, umami (= gusto piacevole) e di un salato discreto sono di gusto gradevole, mentre l'aspro o l'amaro hanno un gusto sgradevole. I recettori dolci, salati e umami ci consentono di individuare i cibi nutritivi e il cloruro di sodio. I recettori dell'aspro e dell'amaro ci aiutano a evitare le sostanze che potrebbero essere velenose. [Gusto non è sinonimo di sapore (= odore + consistenza + gusto).] L’OLFATTO L'olfatto è una modalità sensoriale rimarchevole ed analitica (come udito). Le informazioni olfattive si combinano con quelle gustative per dare il sapore di un cibo che abbiamo in bocca (raffreddore intacca sapore). Possiamo distinguere innumerevoli odori diversi e riconoscere odori della nostra infanzia, anche se non riusciamo a ricordare quando li abbiamo sentiti la prima volta (emozioni). [Ipotesi di un secondo sistema olfattivo (accessorio) per feromoni.] Anche se riconosciamo le somiglianze fra odori differenti, gran parte di questi sono unici. Diversamente da stimoli visivi come i colori, gli odori non si fondono facilmente. L'identificazione di odori differenti sembra essere possibile grazie a quasi 1000 recettori (mucosa olfattiva, assoni nei bulbi) di molecole differenti localizzati sulla membrana delle cellule recettoriali olfattive (produzione di pattern caratteristico, alcuni attivi e altri no). I SENSI CORPOREI I sensi del corpo, o somatosensi, raccolgono numerose informazioni differenti che provengono da diverse parti del corpo, tramite stimolazioni simultanee e differenti. I sensi della temperatura, del tatto e della pressione, della vibrazione e del dolore ci danno informazioni sulla natura degli oggetti che entrano in contatto con la nostra pelle. L’intera superficie del corpo è innervata da dendriti di neuroni, che mandano l’informazione somatosensoriale al cervello. Il recettore più grande è il corpuscolo di Pacini, tali individuano la vibrazione. I recettori della temperatura trasmettono informazioni di calore e di freddo e rispondono principalmente ai cambiamenti termici. Tatto e pressione si differenziano, il primo è la sensazione di contatto leggero mentre per la pressione è più forte e comporta il muoversi della pelle (poi ignorata perché le terminazioni non inviano più impulsi); la discriminazione tattile (distinguere tocchi differenti) è dovuta alla soglia di discriminazione tra due punti. Le terminazioni nervose libere nella pelle forniscono anche informazioni sul dolore (percepito in base alla situazione per componente emotiva). I sensi interni (recettori negli organi interni/ossa/articolazioni/muscoli) comunicano sensazioni come i morsi della fame o il dolore di un calcolo al rene. I recettori sensoriali dei nostri muscoli e articolazioni danno informazioni al cervello sui movimenti e sulla localizzazione delle braccia e delle gambe. I sensi vestibolari ci aiutano a mantenere l'equilibrio (nell’orecchio, input sensoriali aggiuntivi— tre canali semicircolari + organi otolitici). 15 Cap. 7 - La percezione La percezione è il processo attraverso cui riconosciamo che cosa rappresenta l’informazione proveniente dagli organi di senso. È un processo non intenzionale ma automatico, inconsapevole e veloce. In sostanza, è il processo che ci consente di acquisire informazioni sul mondo esterno. Tuttavia, l’occhio non è una macchina fotografica, e percepire non è come fotocopiare la realtà. Questo passaggio dal realismo ingenuo al realismo critico è facilmente dimostrabile facendo riferimento a diverse situazioni: - Assenza fenomenica in presenza di oggetti fisici: non percepiamo alcune realtà fisiche come la luce ultravioletta, o le radiazioni elettromagnetiche; - Presenza fenomenica in assenza di oggetti fisici: possono verificarsi esperienze percettive nettissime in assenza di realtà fisiche corrispondenti, come nel caso del silenzio e del buio; - Assenza di corrispondenza tra il soggetto percepito e oggetto fisico: le illusioni ottiche sono casi in cui si percepisce più o meno (in maniera distorta) di quanto ci sia fisicamente nello stimolo, a causa di una discrepanza tra la percezione e la realtà fisica. Il mondo percettivo diventa il risultato di una serie di mediazioni svolte dall’organismo, prodotto dell’azione di una molteplicità di fattori. Kohler proprio a questo riguardo ha proposto un’interessante analogia del rapporto tra oggetto-stimolo e oggetto-percepito. L’oggetto stimolo può essere paragonato al foro della canna del fucile, mentre l’oggetto percepito al foro che il proiettile fa nel bersaglio; l’uno e l’altro sono separati da una lunga catena di processi: l’uscita del proiettile, la traiettoria dello stesso, l’impatto fra il materiale del proiettile e quello di cui è costituito il bersaglio. Il foro nel bersaglio dipende non solo dal calibro del proiettile ma dal materiale del bersaglio stesso. Così l’oggetto percepito porta le tracce non solo dell’oggetto stimolo ma anche del soggetto percipiente. Questo esempio mostra come il rendimento di una percezione sia il prodotto dell’azione concorrente di una molteplicità di fattori. Nello studio della percezione ci sono 3 errori che si possono commettere: - Errore dello stimolo: attribuire al percetto ciò che si sa del corrispettivo fisico. Es. vedere un cerchio formato da punti luminosi come un cerchio continuo. - Errore dell’esperienza: attribuire alla realtà fisica certe proprietà che sono del vissuto ingenuo. Es. credere che il sole sia piccolo perché appare così nel cielo. - Errore del processo: descrivere meccanismi fisiologici reali o presunti anziché vissuti nella loro autenticità. Es. ignorare l'influenza del movimento sulla percezione del colore. MECCANISMI CEREBRALI DELLA PERCEZIONE La sede della percezione è il cervello, che è soggetto ad una gerarchia nell’elaborazione delle informazioni. I livelli più alti interagiscono anche con la memoria (vedendo, spesso, riconosciamo oggetti familiari). La vista è una trasmissione neurale e segue una via che va dalla retina al cervello. Retina cattura l’informazione visiva -> corteccia visiva (lobo occipitale) -> chiasma ottico (incrocio a X) -> la metà destra del campo visivo si proietta sulla metà sinistra di ogni retina. Questo passaggio è fondamentale per la percezione della profondità. Infatti, noi bipedi abbiamo gli occhi simmetrici e frontali, che ci permettono di avere una buona visione stereoscopica, basata sulla convergenza binoculare, e quindi di cogliere la profondità. Questo varia per le specie, sulla base delle necessità che quella specie ha. In base ai bisogni avviene quindi un processo di adattamento (alcuni animali hanno una visione laterale perché per loro è più utile così). 16 La superficie della retina è mappata sulla superficie della corteccia visiva primaria. Dal momento che ogni modulo all’interno della corteccia visiva primaria riceve informazioni solo su una parte limitata del campo visivo, queste informazioni devono essere “unificate” affinché si verifichi una percezione. Questo si verifica nella corteccia associativa visiva, i cui 2 livelli ricevono informazioni dalla corteccia visiva primaria: - Nella corteccia associativa visiva nel lobo temporale, si ricevono le informazioni relative alla forma, grandezza, movimento e colore. Questo flusso di informazioni è detto via ventrale (o via del “cosa”); - Nella corteccia associativa visiva nel lobo parietale, si ricevono informazioni sulla localizzazione spaziale degli oggetti, che si integra ad informazioni relative ai movimenti degli occhi, della testa e del corpo (via dorsale, o via del “dove”). Lesioni nelle cortecce Quando la corteccia visiva primaria è danneggiata, l’individuo diventa cieco per una determinata porzione del campo visivo, ma sarà comunque in grado di percepire oggetti e sfondo, perchè la percezione di questi avviene nella corteccia associativa visiva. Infatti, una lesione della corteccia associativa visiva compromette la percezione. - Acromatopsia: letteralmente visione senza colore, comporta una visione normale di tutto, ma in bianco e nero. - Lesione a un’altra sub-regione della corteccia associativa visiva complica la percezione dei movimenti. Una donna, con una lesione bilaterale a una regione del primo livello della corteccia associativa visiva, presentava difficoltà a percepire un movimento continuo. - Sindrome di Balint: provocata dalla lesione a entrambi i lobi parietali posteriori. Causa difficoltà nella capacità di seguire la localizzazione degli oggetti. - Agnosia visiva: causata dalla lesione alla corteccia associativa visiva del lobo temporale. Compromette la capacità di riconoscere gli oggetti. Chi ne è affetto ha un’acuità visiva nella norma ma non riesce a riconoscere gli oggetti che vede. - Prosopagnosia: è una forma di agnosia che rende impossibile il riconoscimento di volti. Chi ne è affetto riconosce le persone guardando ad esempio la camminata. Altre volte riescono a distinguere con facilità le categorie di oggetti ma non riescono a distinguere i singoli oggetti (ad esempio non riconoscono la propria macchina). LA PERCEZIONE DEGLI OGGETTI Secondo la psicologia della Gestalt, l’organizzazione percettiva nasce da una necessità di regolarizzazione. Questo perché la nostra esperienza è sempre rappresentata da un numero finito di oggetti: la mente non percepisce singoli stimoli, ma coglie l’insieme degli stimoli nel campo visivo (tendenza all’aggregazione). Un’immagine visiva viene automaticamente organizzata sulla base delle seguenti leggi; - Organizzazione figura-sfondo: classifichiamo ciò che vediamo come sfondo o come figura (o oggetto). I primi non hanno una forma specifica, mentre l’oggetto ha una forma e una localizzazione specifica. Questa classificazione dipende dal comportamento dell’osservatore. - Segmentazione e connessione figurale: gli elementi semplici si separano o si fondono a costruire strutture complesse percepite come figure o oggetti. Uno degli aspetti più importanti della percezione è l’esistenza di un bordo. Se il campo presenta cambiamenti nitidi definiti luminaria, colore o tessitura, percepiamo un bordo, e se questo bordo è continuo, percepiamo una figura. - Aggruppamenti e successioni di figure: le figure formatesi in precedenza a loro volta si riunirebbero in costellazioni di figure più vaste. I fattori formali della Gestalt rappresentano i fattori di organizzazione in unità del campo percettivo, e descrivono le capacità di distinguere una figura dallo sfondo 1. Legge della prossimità: percepiamo gli elementi più vicini come appartenenti a una stessa forma; 2. Legge della somiglianza: percepiamo gli elementi simili come parte di uno stesso oggetto; 3. Legge della buona continuazione: si riferisce alla buona forma, alla semplicità o prevedibilità della figura; 4. Legge della chiusura: il nostro sistema visivo tende a chiudere i bordi di una figura incompleta; 17 5. Legge del destino comune: percepiamo gli elementi che si muovono nella stessa direzione come parte della stessa figura. I vari fattori accennati possono essere ricondotti a un unico fattore, quello dell’omogeneità. Questi fattori formali possono rafforzarsi a vicenda o entrare in conflitto tra loro: quando due o più fattori si bilanciano, la configurazione risultante diventa percettivamente reversibile, o ambigua. Sagome e prototipi, caratteristiche distintive e tipi di elaborazione Gli oggetti stimolo possono presentarsi simultaneamente o col passare del tempo formando dei pattern. I cognitivisti hanno analizzato i passaggi che si verificano fra il tempo in cui l’occhio è esposto ad uno stimolo e il tempo in cui si forma la percezione del pattern. Secondo la prima ipotesi, il cervello contiene delle sagome di tutte le forme che riusciamo a percepire. Una sagoma è una forma di ricordo del sistema visivo: confrontiamo un pattern con queste sagome fino a che non troviamo una corrispondenza, e lo consideriamo familiare. Un modello più flessibile ipotizza che il sistema visivo confronti il pattern di stimolo con prototipi. Un prototipo è un pattern ideale, simile a una sagoma, ma il sistema visivo non richiede una corrispondenza esatta fra il pattern percepito e un ricordo specifico, ma accetta un grado di diversità. Secondo un’altra ipotesi, i prototipi sono insiemi di caratteristiche distintive, ovvero caratteristiche fisiche salienti specifiche di determinati oggetti. N N N N N = gli esempi variano per forma e grandezza ma non abbiamo alcuna difficoltà a riconoscere la N. Simili dimostrazioni suggeriscono che la nostra capacità di percepire il significato di stimoli visivi, nel caso considerato le lettere, potrebbe basarsi sulla presenza di alcune caratteristiche: nello specifico la presenza di lettere iniziali e finali di una parola coerenti (qetsua fsrae ha snseo). Infine, vi sono due categorie di modelli di elaborazione dell’informazione nel riconoscimento di pattern: - La prospettiva bottom-up (dal basso verso l’alto) ipotizza una modalità di elaborazione guidata dai dati sensoriali, ossia dalle singole parti dello stimolo. La percezione qui viene riconosciuta dalle caratteristiche dello stimolo, partendo dai livello più bassi fino ad arrivare ai livelli più alti. - La prospettiva top-down ipotizza che la percezione sia guidata dalla conoscenza o dai concetti, cioè basata sulla rappresentazioni contenute in memoria. In questo caso la percezione è data dall’utilizzo di informazioni contestuali. Es. possiamo riconoscere un’automobile a partire dalla proprietà fisica, oppure partendo dal concetto di automobile. La percezione sembra essere costituita dalla combinazione di elaborazione top-down e bottom-up. Le modalità di unificazione di questi due tipi di elaborazione non sono ancora state spiegate. Sappiamo però che le nostre percezioni sono influenzate sia dai dettagli dei singoli stimoli che vediamo sia dalle relazioni fra l’uno e l’altro e dalle nostre aspettative. LA PERCEZIONE DELLO SPAZIO E DEL MOVIMENTO Secondo il principio dell’indeterminazione della grandezza, la grandezza visiva è parzialmente indeterminata, ed è data solo conoscendo la distanza. La percezione della profondità è possibile grazie a due importanti indizi visivi: 1. Indizi binoculari (due occhi): questi esistono per la sovrapposizione di due campi visivi. - La convergenza è fondamentale per percepire la distanza degli oggetti. Quando un oggetto è molto vicino al nostro viso gli occhi sono rivolti verso l’esterno. Quando l’oggetto è lontano sono dritti. - La disparità retinica (parallasse binoculare): alcune caratteristiche di un oggetto non troppo lontano da noi cambiano se lo si guarda con l’occhio destro o sinistro. Questo spostamento apparente dell’oggetto rispetto all’osservatore è la parallasse binoculare. Essendo gli occhi posti a una distanza di 6,5 cm l’uno dall’altro, l’immagine di ciascun occhio (monoculare) non è uguale all’altra (disparità binoculare), e nella fusione delle due immagini tale diversità si traduce in un effetto di tridimensionalità. 18 2. Indizi monoculari (un occhio): A. La disparità monoculare (parallasse monoculare o parallasse di movimento): è un indice dato dal grado di diversità dell’immagine che precede rispetto a quella che segue, quando l’osservatore o l’oggetto cambiano di posizione. Si realizza un cambiamento del punto di vista, con modificazioni delle immagini (posizione, dimensioni) maggiori a carico degli oggetti più vicini (camera distorta: l’osservatore in visione monoculare ha meno indicazioni relative alla profondità). B. L’accomodazione: l’aumento di curvatura del cristallino è un processo di automatica messa a fuoco. In caso di oggetti vicini, il cristallino assume una forma sferica, se sono lontani assume forma piatta. C. Prospettiva lineare: se linee o contorni di figure decorrono obliquamente tendono a convergere verso un “punto di fuga”, il campo viene a strutturarsi come tridimensionale. È un indice utilizzato per conferire il senso di profondità partendo da composizioni bidimensionali (costanza di forma). D. Prospettiva dimensionale: dati due oggetti di diversa grandezza, a parità di forma, l’oggetto più grande viene percepito come provvisto della medesima grandezza dell’altro ma situato ad una distanza più ravvicinata (costanza di grandezza). E. Prospettiva cromatica (o aerea): le diverse caratteristiche del colore delle superfici possono costituire indici per la localizzazione in profondità dell’oggetto e di sue parti: - Tono: tonalità di colore meno cupo conferiscono un’apparenza di maggiore vicinanza. Ha importanza anche il contrasto con lo sfondo: toni più contrastanti danno apparenza di vicinanza (costanza di chiarezza); - Intensità e purezza: una differenza di intensità e purezza cromatica fra due oggetti si attenua per dar luogo ad una differenza nella dislocazione in profondità; - Luminosità: gli oggetti più illuminati sembrano più vicini rispetto ad oggetti meno illuminati. F. Chiaro scuro e ombre: la distribuzione di luci e ombre in una scena ci dice quali parti dell’oggetto sono a noi più vicine e quali più lontane. G. Interposizione: corrisponde al posizionamento di un oggetto fra noi e un secondo oggetto. L’oggetto-ostacolo ci offusca parte del secondo oggetto, facendoci immediatamente capire quale dei due è più vicino (quello che offusca) e quale è più lontano (quello che è offuscato). H. Altezza del campo visivo: quello più in alto viene visto come più lontano (sono percepite più lontane le immagini nelle zone superiori del campo visivo). I. Familiarità con l’oggetto: in assenza di altri riferimenti, l’osservatore localizza con sufficiente esattezza un oggetto basandosi sul significato della sua funzione. J. Movimento dell’oggetto: quello in movimento appare anteriore. Inoltre, il movimento causa spesso la comparsa di altri indici, quali l’interposizione (l’oggetto che si muove passa davanti o dietro altri oggetti presenti nel campo) e la familiarità. K. Tessitura: - Tessitura dell’oggetto: quanto più e quanto maggiori sono i dettagli percepibili di un oggetto, tanto più esso appare vicino (appare più vicino l’oggetto in cui è individuabile una grana grossa). - Tessitura dell’ambiente: passando da una zona del campo visivo ricca di oggetti grandi e radi a zone con elementi più piccoli e fitti, si crea un’impressione di profondità. Se la distribuzione degli elementi è uniforme si ha piattezza; in caso contrario si ha l’impressione di profondità. EFFETTI DELL’ESPERIENZA CULTURALE SULLA PERCEZIONE VISIVA Numerose furono le ipotesi sul relativismo linguistico, secondo cui la lingua influenza il modo in cui percepiamo il mondo. Questa teoria ha avuto però scarsi risultati empirici. È comunque possibile che aver sperimentato alcune caratteristiche ambientali possa influenzare la nostra percezione del mondo. 19 Le costanze percettive L’ambiente visivo si modifica sulla base dei movimenti che compiamo (con il corpo, testa, occhi), come anche dalle diverse condizioni di luce. Tuttavia, le nostre percezioni restano costanti: - Costanza di chiarezza o di bianchezza: tendenza a riconoscere costante il grado di illuminazione, anche quando cambia. Un foglio bianco viene individuato come bianco, sia alla luce del sole che in penombra (anche se l’intensità del colore si modifica a livello retinico). - Costanza di forma o di grandezza: suggerisce che la grandezza relativa di un oggetto più vicino rimane costante e non varia quando questo oggetto è collocato più vicino all’osservatore. La percezione del movimento L’identificazione del movimento è una delle capacità più primitive. Il meccanismo della percezione del movimento può essere spiegato dal fenomeno Phi, ovvero la tendenza a vedere una sequenza di immagini ferme come un oggetto in movimento costante. Al movimento sono attribuiti stimoli statici e mancano dei punti di riferimento. I sensi interpretano così i movimenti sulla retina causati dai movimenti oculari (saccadi) come movimenti del punto. Dopo ogni saccade c’è un attimo di riposo, detto fissazione. Durante la fissazione il sistema visivo combina le informazioni e capisce quali oggetti sono troppo grandi o con troppi dettagli per essere percepiti con uno sguardo. I sistemi sensoriali presentano un adattamento ad effetti postumi. Ad esempio, mettendo una mano in acqua calda e poi spostandola in acqua tiepida, questa ci sembrerà fredda. Il movimento può generare adattamento ad effetti postumi illusori, come spiegato dall’effetto cascata (guardando il flusso dell’acqua che scorre sotto di noi e spostando lo sguardo al punte, questo sembrerà muoversi nella direzione opposta a quella dell’acqua). Noi percepiamo il movimento anche attraverso il sistema acustico: - L’effetto Doppler ci mostra che più un oggetto è vicino, più il suono che produce sarà intenso. La localizzazione attraverso l’udito è resa possibile a un doppio sistema di localizzazione (due orecchie); - Osservando l’effetto ventriloquo/problema del Binding emerge però che quando il sistema visivo e il sistema uditivo sono in conflitto, il sistema visivo è dominante (sappiamo che l’attore parla, ma vedendo il pupazzo muoversi sembrerà lui a parlare). Nel trasformare lo stimolo in percetto lavora una serie di organi visivi. La cornea, ovvero una pellicola esterna, dove entra la luce e che protegge l’occhio. Il cristallino cambia forma continuamente per focalizzare oggetti vicini o lontani. La pupilla ha un diametro più largo con la luce fioca. La retina ha delle cellule sensibili alla luce che trasformano le luci proiettate in attività neurali. I bastoncelli rendono possibile la visione anche con luce fioca e i coni rendono possibile la visione del verde, del rosso e del blu. La fovea è una struttura specializzata per la massima risoluzione spaziale. La retina è costituita da strati che contengono 5 tipi di neuroni e dove si trovano le cellule gangliari (che si trovano all’interno), i fotorecettori (che si trovano all’esterno). La retina contiene i neuroni coinvolti nella foto- trasduzione e nell’elaborazione dell’informazione visiva. I recettori sono su tutta la retina tranne che in un singolo punto che viene detto Macula. Gli occhi sono posti a circa 6,5 cm di distanza l’uno dall’altro. Il posizionamento e la distanza dei nostri occhi servono per farci percepire la profondità e per creare un’unica immagine proporzionata. Possiamo cogliere il grado di lontananza di un oggetto attraverso l’accomodazione del cristallino (domanda d’esame, a cosa serve l’accomodazione del cristallino?), oppure dei muscoli esterni che regolano la convergenza, ossia la rotazione simmetrica dei globi oculari verso l’interno. La grandezza visiva è in genere parzialmente indeterminata. Data un’immagine retinica possiamo coglierne la grandezza solo conoscendo la distanza. L’immagine è univocamente determinata dall’ottica geometrica. IL TRANSAZIONALISMO Il nucleo centrale del transazionalismo (Dewey) deriva dalla necessità di rendere ragione di una serie di illusioni, che si sviluppano in condizioni di osservazione ambigue. La percezione è una “transazione”: il momento percettivo non rispecchia una realtà oggettiva esterna, ma costituisce una delle modalità di adattamento all’ambiente. Per i transazionalisti la percezione è dominata dalla tendenza all’accordo, alla somiglianza e all’omogeneità, rispetto a ciò che è stato precedentemente appreso. Le camere distorte (Ames) sono costruzioni con porte, finestre, pavimento e pareti costruiti non secondo i criteri di parallelismo o perpendicolarità. Se osservate da un punto di vista definito e in condizioni ambigue (visione monoculare), sono percepite come perfettamente rettangolari. Ciò succede perchè dall’esperienza passata giudichiamo più probabile il fatto che le caratteristiche della camera siano consuete. Perciò, tendiamo a realizzare 20 soluzioni percettive che rispettano esigenze di regolarità e congruenza con le nostre esperienze (costanza di forma e grandezza). L’osservatore sembra ispirato dalle assunzioni inconsapevoli, basate sulla personale esperienza passata sull’apprendimento in situazioni analoghe, sul bisogno di credere nella persistenza delle cose apprese. Ne deriva che in base alle assunzioni decidiamo non solo come comportarti, ma anche cosa vedere e sentire. Le immagini percettive rivelano il concorso di influenze esercitate dalle situazioni stimolanti e da fattori interni all’organismo, manifestandosi come risultati di interazioni fra percepente e oggetti percepiti, ossia come transazioni. In pratica, in condizioni ambigue, il percepente è portato ad assimilare i precetti rispetto a schemi mentali precedenti, che insieme ad altri fattori intervengono a guidare le aspettative. 21 Cap. 8 - La memoria La memoria si definisce come la “capacità di un organismo vivente di conservare tracce della propria esperienza passata e di servirsene per relazionarsi al mondo ed agli eventi futuri. La funzione in cui si esprime la memoria è il ricordo”. Tra le altre definizioni correlate al tema della memoria ci sono: 1. Reminiscenza: ricomparsa nella memoria di eventi che avevano resistito a tentativi di rievocazione; 2. Oblio: diminuzione o scomparsa del ricordo; 3. Interferenza retroattiva: di nuovo materiale su materiale già appreso; 4. Interferenza proattiva: di vecchi materiali su nuovi materiali da apprendere; 5. Transfer: facilitazione dell’apprendimento da parte di un apprendimento precedente. IL MODELLO DI ATKINSON E SHIFFRIN Nel 1968, Atkinson e Shiffrin formularono una suddivisione della memoria in tre forme: 1. Memoria (o deposito) sensoriale: un magazzino temporaneo (1 secondo) e molto limitato di rappresentazioni fisiche degli stimoli. Se si pone attenzione allo stimolo, l’informazione verrà immagazzinata nella memoria a breve termine (fissazione della traccia). È un processo inconsapevole e difficilmente distinguibile dalla percezione. La memoria sensoriale è suddivisibile in: - Memoria iconica, ovvero la memoria sensoriale visiva: trattiene non per più di un secondo la rappresentazione visiva di una scena appena percepita; - Memoria ecoica, ovvero la memoria sensoriale uditiva: trattiene non per più di 20 secondi suoni appena uditi. Trattiene una rappresentazione dei suoni finché non è stata ascoltata la parola intera. 2. Memoria a breve termine: è una memoria immediata dello stimolo appena percepito. La sua capacità è limitata in termini di numero di elementi che riesce ad immagazzinare (7 ± 2) e in termini di durata (15-20 secondi circa). Se l’informazione non subisce il processo di reiterazione (ripasso), viene dimenticata, altrimenti viene immagazzinata nella memoria a lungo termine. L’informazione può entrare nella memoria a breve termine sia dalla memoria sensoriale (per attenzione, fissazione) sia dalla memoria a lungo termine (rievocazione). Le informazioni nella memoria a breve termine vengono codificate secondo regole precedentemente apprese. Questa memoria è anche detta memoria di lavoro. È un sistema per il mantenimento temporaneo dell’informazione durante l’esecuzione di compiti cognitivi (Baddeley). La memoria di lavoro può essere: - Memoria di lavoro fonologica: le informazioni sono elaborate a livello verbale per poco tempo grazie al loop articolatorio. - Memoria di lavoro visiva: le informazioni sono elaborate visivamente grazie al taccuino visuo- spaziale. Queste componenti sono regolate dall’esecutore centrale. La memoria di lavoro ha sviluppato concetti importanti da che riguardano le capacità della memoria umana: 1. Effetto di priorità (primacy): davanti a un elenco di parole, tendiamo a ricordare meglio quelle all’inizio della lista. Queste parole hanno maggiori opportunità di ripasso perchè sono le prime che incontriamo; 2. Effetto di recenza (recency): si ricordano anche le ultime parole della lista in quanto sono le ultime ad essere ascoltate. 3. Chunks: Miller ha dimostrato che le persone possono mantenere nella WM un massimo di 7 chunks, o blocchi di informazioni, diversi. 3. Memoria a lungo termine: le informazioni sono rappresentate quasi in maniera permanente. A differenza della memoria a breve termine, non ha limiti noti ed è duratura. I materiali recuperati dalla memoria a lungo termine vengono elaborati tramite la memoria a breve termine (rievocazione). Le due memorie sono biologicamente differenti perché la memoria a breve termine implica un’attività neurale, mentre quella a lungo termine genera un vero e proprio cambiamento strutturale nel cervello. 22 Il trasferimento dell’informazione dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine è definito consolidamento (Hebb). Una prova a favore della teoria del consolidamento risiede nello studio dell’amnesia retrograda (non riuscire a ricordare eventi accaduti immediatamente prima di un incidente), causata da un trauma cranico. Questa amnesia altera la memoria a breve termine ma non quella a lungo termine. Secondo Craik e Lockart, il ripasso può trattenere l’informazione nella MBT ma non implicare necessariamente un trasferimento nella MLT. Il ripasso può essere: - Ripasso di mantenimento: ripetizione meccanica, dove l’informazione non viene trasferita alla MLT. Il ripasso di mantenimento si concentra sulle caratteristiche sensoriali e superficiali, e quindi la loro analisi è detta elaborazione superficiale; - Ripasso elaborativo: prevede l’elaborazione dell’informazione richiamando la MLT. Il ripasso elaborativo si concentra sulle caratteristiche semantiche, sul significato dello stimolo, e questo implica un’elaborazione profonda. Il livello di elaborazione è perciò in funzione della quantità di attenzione che diamo all’informazione! L’uso o il ripasso di un’informazione attraverso i due tipi di elaborazione è detto processo di elaborazione spontanea (richiede lo sforzo di dare un significato al nuovo materiale, ed è detta codifica elaborativa). Ci sono però anche informazioni che non sono mai state sottoposte a ripasso (es. ricordi) e queste informazioni sono frutto dell’elaborazione automatica. Il modo in cui codifichiamo informazioni determina la capacità di ricordarle = specificità della codifica. La MLT è organizzata in più tipi di memoria, a seconda del tipo di informazione codificata: 1. Memoria episodica: è un registro autobiografico delle esperienze personali; 2. Memoria semantica: è un magazzino di informazioni concettuali (dati, fatti, vocabolario); 3. Memoria esplicita (o dichiarativa): memoria di cui siamo consapevoli; 4. Memoria implicita (o procedurale): memoria i cui contenuti sono al di fuori della consapevolezza ma possono influenzare i