L'Aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna (PDF)
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Pegaso (Università Telematica)
Daniela Lemmo
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This document, by Daniela Lemmo, explores the concept of aggression in relation to a child's discovery of the external world and their personal growth. It delves into theories of child development and uses real-world examples to illustrate its points.
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Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzio...
Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 1 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno Indice 1. L’AGGRESSIVITÀ PER WINNICOTT........................................................................................................... 3 2. SEQUENZA EVOLUTIVA............................................................................................................................ 7 3. PREOCCUPAZIONE DEL BAMBINO....................................................................................................... 12 BIBLIOGRAFIA................................................................................................................................................. 17 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 2 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno 1. L’aggressività per Winnicott La realtà esterna pone dei freni all’infinita fantasia infantile. Ciò costituisce parte fondamentale del processo di sviluppo, che già Freud aveva rapportato al passaggio dal principio del piacere al principio di realtà (Freud, 1911). Il riconoscimento e l’adeguamento alla realtà esterna pone il bambino di fronte alla frustrante accettazione della propria separazione dalla madre, nonché della propria impotenza, di fronte alla necessità di dipendere inevitabilmente dall’imprevedibile ambiente circostante. Il processo che porta al riconoscimento dell’ambiente esterno e alla separazione dalla madre, non più oggetto soggettivo ma persona distinta, è lungo e pericoloso per il bambino; proprio per questo motivo viene richiesto alla madre di sostenere il piccolo, aiutandolo ad affrontare la difficile perdita che la separazione comporta, in un modo che non sia traumatico e dunque rischioso per lo sviluppo. “Per quel che riguarda l’ambiente, è solo gradualmente che frammenti della tecnica delle cure prodigate al bambino, facce viste, suoni uditi ed odori sentiti si riuniranno in un unico essere che si chiamerà madre” (Winnicott, 1945; p.181). Winnicott asserisce che l’iniziale modalità di relazione col primo oggetto del mondo esterno si esprima in termini di una mobilità-aggressività, che si manifesta soprattutto attraverso il gioco e la normale attività di scoperta infantile; infatti l’aggressività, presente sin dall’origine, può essere correlata alle nozioni di motilità e vitalità. “Il bambino tira calci nel ventre materno; non si può pensare che egli stia cercando di uscire. Il neonato di poche settimane batte l’aria con le sue braccia; non si può pensare che egli intenda colpire. Il neonato mastica con le sue gengive il capezzolo; non si può pensare che egli voglia distruggere e far male. All’origine l’aggressività è quasi sinonimo di attività; si tratta di una funzione parziale. Sono queste funzioni parziali che il bambino, diventando una persona, organizza gradualmente in aggressività” (Winnicott, 1950; p.246-247). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno A tale proposito Winnicott considera che l’aggressività primordiale sia “parte dell’espressione primitiva dell’amore” (Winnicott, 1950) nonché “forza vitale” (Winnicott, 1971) e che inoltre, in quanto manifestazione di una sana mobilità e una normale curiosità infantile, questa spinga il bambino a conoscere e sperimentare l’ambiente. L’aggressività assume dunque un ruolo evolutivo fondamentale per lo sviluppo infantile; infatti, nella misura in cui la mobilità contribuisce alla separazione dell’individuo dall’ambiente, essa consente il proficuo riconoscimento della realtà esterna. Dunque a differenza della teoria ortodossa in cui l’assunto di base dell’aggressività è che questa sia “reattiva all’incontro con il principio di realtà” (Winnicott, 1968a; p.162), Winnicott ne sottolinea la qualità primaria, infatti “qui è la pulsione distruttiva che determina la qualità di esteriorità” (Winnicott, 1968a; p.162). Solo laddove vi sia frustrazione, in un periodo avanzato dello sviluppo infantile, l’individuo proverà rabbia e l’aggressività sarà espressione non di spontanea vitalità, bensì della reazione difensiva contro stimolazioni da fronteggiare. Difatti “la distruzione diventa una responsabilità dell’Io solo quando l’integrazione e l’organizzazione dell’Io sono sufficienti perché la rabbia, e quindi la paura della legge del taglione, possano esistere” (Winnicott, 1950; p.254). A conferma di ciò Winnicott ci invita a porre l’attenzione sullo scritto di Freud “Pulsioni e loro destino” (1915) citandone parte: “Si potrebbe all’occorrenza dire di un istinto che esso ‘ama’ gli oggetti che si sforza di raggiungere per fini di soddisfazione; ma dire che esso ‘odia’ un oggetto ci suona strano. Ci rendiamo conto che gli atteggiamenti di amore e d’odio non caratterizzano tanto la relazione degli istinti con i loro oggetti quanto invece sono riservati alle relazioni dell’Io nel suo insieme con gli oggetti…” (Freud, 1915; cit. in Winnicott, 1947; p.241-242). Questo significa probabilmente che la personalità deve essere integrata prima che si possa ritenere il bambino capace di odiare e prima che questa parola possa descrivere effettivamente una particolare categoria di sentimenti. Di conseguenza esiste “uno stadio ancora più precoce in cui tutto ciò che il bambino fa quando reca dolore non è opera dell’odio” (Winnicott, 1947; p.242) bensì di un “amore spietato” (Winnicott, 1947). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno Questa condizione, vista l’immaturità infantile, non può che associarsi ad un stato di inconsapevolezza e di incapacità di preoccuparsi per le conseguenze delle proprie azioni. Il bambino, afferma Winnicott, “non si rende ancora conto che ciò che distrugge quando è eccitato, è identico a ciò che apprezza durante gli intervalli tranquilli tra due eccitamenti. In stato di eccitazione il suo amore può giungere fino ad un attacco immaginario al corpo della madre. E’ questa l’aggressività che fa parte dell’amore” (Winnicott, 1950; p.248). Nel processo di acquisizione di consapevolezza e riconoscimento della realtà esterna come separata dal Sé, interviene dunque l’aggressività-mobilità come strumento attraverso cui sperimentare il mondo; questa infatti contribuisce sin dall’inizio al delicato e complesso processo di separazione di Sé dalla realtà esterna. Afferma Winnicott: “In condizioni di salute gli impulsi fetali determinano la scoperta dell’ambiente, essendo quest’ultimo nient’altro che la resistenza incontrata dal movimento e avvertita durante il movimento. Il risultato qui è un iniziale riconoscimento di un mondo non-me e una costituzione iniziale del me” (Winnicott, 1950b; cit. in Davis & Wllbridge, 1981; p.91). Infatti il riconoscimento della separazione e dell’indipendenza della realtà oggettiva e “dell’altra persona come entità vivente a pieno titolo, ha il suo reciproco nel riconoscimento del Sé come individuo…” (Davis & Wallbridge, 1981; p.94). Ciò significa che all’acquisizione di consapevolezza della permanenza dell’oggetto nella realtà esterna, corrisponde il riconoscimento di una realtà non-me e di un me da cui separare e differenziare la suddetta realtà. Allora la consapevolezza della realtà esterna, altro da me, diventa un’acquisizione raggiunta in modo non traumatico per il bambino, attraverso i processi di integrazione e personalizzazione e grazie alle positive esperienze di gioco, che offrono una modalità spontanea mediante cui prendere contatto con gli oggetti e conoscere la realtà esterna. In condizioni di normalità infatti è il bambino a premere sull’ambiente e ad agire su di esso ed è la resistenza che incontra in questa attività di esplorazione, che gli consente di prendere consapevolezza del mondo esterno come non creato dalla propria magia e di Sé come non onnipotente. In caso contrario “è l’ambiente che preme, e la forza vitale viene utilizzata per reagire alla pressione… all’estremo, si sperimentano le pulsioni solo come reazioni, ed il Me non si Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno costituisce. Al suo posto troviamo uno sviluppo basato sull’esperienza della reazione alla pressione, ed un individuo che chiamiamo falso perché gli manca qualsiasi impulso personale” (Winnicott, 1950; p.261). L’aggressività, dunque, contribuisce sia all’acquisizione di consapevolezza di Sé sia al riconoscimento dell’oggettività dell’ambiente esterno e della permanenza dell’oggetto. Appare evidente la presa di consapevolezza di ciò nel gioco di Gabrielle, la bambina analizzata da Winnicott negli anni 1964-1966: “C’era una linea centrale, a forma di S, di case, con una Chiesa a ciascuna estremità, e dal suo lato c’era lei e molti oggetti che rappresentavano lei. Dall’altro lato, cioè dal mio della linea a forma di S, c’era il locomotore che lei mi aveva gettato addosso, e anche io stesso e altri oggetti. Questa era una rappresentazione del non-me. Si trattava di una comunicazione assolutamente intenzionale, con la quale mostrava di aver raggiunto questa separazione da me come parte dell’affermazione di sé stessa” (Winnicott, 1977; p.91). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno 2. Sequenza evolutiva Dagli scritti di Winnicott è possibile ricavare una sequenza evolutiva che, a partire da una non-integrazione primaria o fantasia di fusione totale con l’ambiente, consente al bambino di passare attraverso dei momenti di integrazione - in cui egli crea degli oggetti soggettivi con i quali entra in relazione, senza però distinguerli come separati da sé - per arrivare poi a comprendere l’esistenza indipendente degli oggetti convertendo la relazione con essi, in uso. Ma perché si arrivi all’uso dell’oggetto, afferma Winnicott, “il soggetto deve avere sviluppato una capacità di usare gli oggetti. Questo è parte del passaggio al principio di realtà” (Winnicott, 1968a; p.156). Tutto ciò segna infatti un importante mutamento nella vita del bambino: gli è conferita l’opportunità di passare dalla relazione con oggetti soggettivi, resa possibile dalla creazione fantastica degli stessi e da un particolare rapporto con la madre fondato sull’essere e sul puro elemento femminile, all’uso di oggetti obiettivamente percepiti, esistenti autonomamente e valorizzati proprio per il loro uso, il cui riconoscimento presuppone l’agire piuttosto che l’essere, cioè l’elemento maschile puro (cfr. Winnicott, 1971). Se infatti per entrare in rapporto con l’oggetto basta averlo creato nella propria fantasia, vivendolo realmente come parte di sé, per usare l’oggetto occorre invece riconoscerlo e accettarlo come parte del mondo oggettivo, riconoscendogli la “proprietà di essere stato sempre là dove si trova” (Winnicott, 1968a; p.155). Arrivare a questo stadio dello sviluppo non è però cosa facile o priva di pericoli per il bambino, bisogna infatti che questi impari ad accettare la propria separazione dalla madre e le inevitabili conseguenze di ciò. Tra la relazione e l’uso dell’oggetto vi è quello che Winnicott definisce “il più arduo di tutti i primi insuccessi che devono essere sanati” ovvero “il collocamento che il soggetto fa dell’oggetto fuori dell’area del controllo onnipotente del soggetto stesso, vale a dire la percezione dell’oggetto come un fenomeno esterno, non come una entità proiettiva; di fatto un riconoscimento di esso come una entità per sé stessa” (Winnicott, 1968a; p.156-157). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno Per realizzare questa esperienza è necessario che il bambino eserciti la propria aggressività sugli oggetti nel tentativo di distruggerli, quando poi si accorge che questi permangono nonostante i suoi “onnipotenti” attacchi, egli avrà la possibilità di comprenderne la natura indipendente ed autonoma. Questo processo è esemplificato da Davis & Wallbridge: “Quando chiude gli occhi il bambino di fatto distrugge quella parte del mondo che era compresa nel suo campo visivo: se poi riapre gli occhi e le cose sono rimaste immutate, ciò indubbiamente contribuisce a dare carattere di permanenza alla realtà esterna” (Davis & Wallbridge, 1981; p.93). Dunque è “la distruzione dell’oggetto che pone l’oggetto fuori dell’area del controllo onnipotente del soggetto. In questi modi l’oggetto sviluppa la propria autonomia e la propria vita, e (se sopravvive) porta il suo contributo al soggetto, a seconda delle sue proprietà… Il soggetto può ora cominciare a vivere una vita nel mondo degli oggetti” (Winnicott, 1968a; p.157). Ma la distruzione dell’oggetto non è alimentata da rabbia; infatti i fenomeni che avvengono in questo stadio, sono ascrivibili all’operare dell’aggressività-mobilità infantile rivolta verso la scoperta del mondo. Tutto ciò favorisce, nel tempo, l’acquisizione di una più completa consapevolezza di Sé e quindi della differenziazione esistente tra il proprio mondo interno popolato da immagini fantastiche, sebbene dal carattere molto reale ed il mondo esterno, costituito da oggetti concreti la cui esistenza è autonoma e quindi indipendente dal proprio desiderio di essi. L’oggetto che in fantasia viene sempre distrutto, ma che poi sopravvive, diventa importante per il soggetto e così il riconoscimento del suo valore e della sua costanza gli permettono di usarlo; la madre è il primo oggetto sottoposto a questo trattamento. Winnicott afferma che il gioco del bambino con la madre sia espressione talvolta della crudeltà infantile, ovvero, per tornare al concetto iniziale, dell’aggressività del piccolo. “Il bambino normale gode di un rapporto crudele con la madre, che si manifesta soprattutto nel gioco, ed ha bisogno della madre perché solo da lei può attendersi che venga tollerata la sua crudeltà nei suoi confronti anche nel gioco…” (Winnicott, 1945; p.187). Un esempio concreto di come attraverso il gioco venga data al bambino la possibilità di impegnare proficuamente la propria aggressività, nel triste riconoscimento della separazione Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno dall’oggetto e della permanenza oggettiva di esso, ci viene offerto sempre dal caso di “Piggle”, di cui riportiamo un breve passaggio: “Lei istituì adesso un gioco, che era la parte principale della sua comunicazione. Ci inginocchiammo insieme vicini… lei faceva rotolare il cilindro verso di me, e questo mi uccideva. Io morivo e lei si nascondeva. Poi io resuscitavo, e non riuscivo a trovarla” (Winnicott, 1977; p.159). Come fa notare Winnicott, anche la capacità di usare un oggetto è un’acquisizione conseguita mediante lo sviluppo dei processi maturativi infantili, che dipendono da un ambiente facilitante (cfr. Winnicott, 1968). Ora, poiché la base di un sano sviluppo è costituita anche dalla sopravvivenza dell’oggetto che è stato attaccato e poiché il primo oggetto della realtà con cui l’infante entra in relazione è la madre, o chi per lei ne fa le veci, a lei viene richiesto fondamentalmente di sopravvivere agli attacchi infantili come persona viva, “che nel momento critico non si è trasformata in un essere vendicativo e non ha messo in atto delle ritorsioni. Molto presto altri, compreso il padre, gli animali e i giocattoli, svolgono lo stesso ruolo” (Winnicott, 1968b; p.57-58). Dunque è la madre, dapprima estensione del Sé infantile e creazione soggettiva sottoposta ad un controllo magico e poi “oggetto non-me” o “altro da me” (Winnicott, 1950), “il primo ‘oggetto’ ad essere messo fuori e ad acquisire permanenza, perché è lei, in parte o in tutto, il primo oggetto investito, l’oggetto di creazione primaria che nasce dal bisogno fondamentale. E’ anche la destinataria dell’effettivo attacco eccitato” (Davis & Wallbridge, 1981; p.92). Solo gradualmente, nel corso del tempo, il processo di esternalizzazione e il senso di permanenza potranno essere estesi agli altri oggetti della realtà esterna, soprattutto attraverso il gioco con essi. Ma all’inizio perché tale processo si realizzi e possa poi essere diffuso agli altri oggetti, la madre ha un compito fondamentale “da svolgere quando il bambino morde, graffia, le tira i capelli e calcia, il compito di sopravvivere. Il bambino farà il resto. Se ella sopravvive, il bambino troverà un nuovo significato nella parola amore e un qualcosa di nuovo si manifesterà nella vita del bambino: la fantasia” (Winnicott, 1968b; p.57). Afferma Winnicott: “E’ come se il bambino potesse ora dire alla madre: “Ti amo perché sei sopravvissuta alla distruzione che ho operato su di te. Nei miei sogni e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno nella mia fantasia ti distruggo ogni volta che ti penso, perché ti amo”. È questo che oggettivizza la madre, la colloca in un mondo che non è parte del bambino e la rende utile” (Winnicott, 1968b; p.57). Oggettivare la madre significa riconoscerla come esterna al Sé, come separata dal bambino, per cui non più un prolungamento di Sé che sottostà alle magiche leggi di controllo onnipotente, ma come una “persona intera” che esiste indipendentemente dalla volontà bambino e che egli dovrà accettare di dividere con gli altri membri della famiglia, assumendo la penosa consapevolezza di non poterla più avere tutta per sé. E’ in questo doloroso frangente, afferma Winnicott, che il piccolo impara anche ad unificare quei due aspetti materni, la madre-oggetto e la madre-ambiente (Winnicott, 1962), che si riferiscono a due differenti modalità di relazione madre-bambino (“relazione d’Es” e “relazione d’Io”, Winnicott 1956) negli stati eccitati e negli stati di quiete (Winnicott, 1988). Difatti se per madre-ambiente si considera la madre che fornisce cure e protezione, allontanando l’imprevedibile in cambio di affetto e di “tutto quanto è definibile come sentire condivisibile (sensuous co-existence)” (Winnicott, 1962a; p.93); per madre-oggetto si considera la “proprietaria dell’oggetto parziale, che può soddisfare i suoi bisogni urgenti” (Winnicott, 1962b; p.92), ponendosi come bersaglio dell’esperienza eccitata infantile. “Gradualmente si verifica l’integrazione tra i due tipi di rapporto, quello quieto e quello eccitato, e il riconoscimento del fatto che sono i due stati insieme (e non uno soltanto) a costituire un rapporto totale con la madre-persona. Questo è ciò che viene definito posizione depressiva nello sviluppo emozionale, uno stadio importante che porta il bambino a provare sensi di colpa e preoccupazione responsabile circa i rapporti a causa dei loro elementi istintuali o eccitati” (Winnicott, 1988a; p.77. corsivo mio). Nel corso del normale sviluppo infantile, si giunge ad un graduale controllo dei propri impulsi, che Winnicott riconduce ad una sorta di “addomesticamento” (Winnicott, 1968a) naturale. L’esperienza vissuta con una madre premurosamente vicina e costantemente presente nel soddisfare le richieste infantili e nel sopravvivere ai giochi distruttivi del figlio senza “fare Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno rappresaglie” (Winnicott, 1968a), pone il piccolo nella condizione di divenire consapevole della propria aggressività e delle conseguenze di essa, “preoccupandosene” (Winnicott, 1962). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno 3. Preoccupazione del bambino Winnicott ritiene che la preoccupazione del bambino investa due piani differenti: egli “prova apprensione responsabile” (Winnicott, 1962) sia per le conseguenze che i suoi attacchi hanno nell’ambiente esterno, in particolar modo sulla persona della madre, sia per quelle prodotte nel proprio mondo interno, di cui il piccolo sta gradualmente divenendo consapevole. Riprendendo il contributo di M. Klein relativo a quanto le fantasie infantili influenzino la realtà, così come percepita dal bambino, Winnicott considera l’evidenza di una stretta correlazione tra il mondo interno e il mondo esterno che, influenzandosi vicendevolmente, condizionando l’esistenza individuale. “Vi è costante scambio e costante verifica tra realtà interna ed esterna; la realtà interna viene sempre costruita ed arricchita dall’esperienza istintuale in rapporto agli oggetti esterni e dai contributi degli oggetti esterni stessi (nella misura in cui questi riescono a venir percepiti). Il mondo esterno è costantemente percepito, ed il rapporto dell’individuo con questo costantemente arricchito, grazie all’esistenza in lui di un vivo mondo interno” (Winnicott, 1941; p.77). Dunque ciò che si verifica è che, se le buone e gratificanti relazioni promuovono nel bambino la piacevole sensazione di essere buono e amato, al contrario la propria aggressività distruttiva rinforza un’immagine negativa, che alimenta in lui un angosciante senso di colpa verso l’oggetto attaccato, nonché la paura di una sua probabile ritorsione. Winnicott afferma allora che il bambino “si riempie di ciò che sente come buono e ciò genera e mantiene la sua fiducia in se stesso ed in ciò che egli sente di potersi attendere dalla vita. Allo stesso tempo deve tener conto dei suoi attacchi di rabbia che, come risultato, lo fanno sentire pieno di forze cattive, maligne o persecutorie. Queste cose o forze cattive che egli sente dentro di sé costituiscono una minaccia che dall’interno si dirige verso la sua persona e verso quel ‘buono’ che è alla base della sua fiducia nella vita” (Winnicott, 1950; p.250). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 12 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno Anche in questa circostanza ci viene incontro l’interessante caso clinico già menzionato: Gabrielle teme la sua mamma nera e teme di diventare anche lei tutta nera a causa dei suoi attacchi aggressivi nei confronti della madre. (cfr. Winnicott, 1977). In questi termini Winnicott spiega anche l’esitazione osservata in alcuni bambini nel prendere l’abbassalingua1: egli ritiene che l’esitazione sia dovuta alla fantasia infantile di una madre adirata, di cui si teme la punizione. Il bambino probabilmente esita perché “si aspetta di provocare la collera e forse la vendetta materna” (Winnicott, 1941; p.75). Tuttavia Winnicott, riprendendo Freud, sottolinea che perché il pericolo esterno possa essere significativo per l’Io, il pericolo stesso deve essere internalizzato (cfr. Freud, 1926); così potremo comprendere l’esitazione infantile nei termini di un’immagine minacciosa della madre, adirata e vendicativa, presente nella mente primordiale del bambino. Di conseguenza “è alle paure fantasticate del bambino che dobbiamo risalire… Il ‘qualcosa’ per cui nasce l’ansia è nella mente del bambino, un’idea di male o di severità potenziali, e nella situazione nuova può venir proiettata qualsiasi cosa si trovi nella mente infantile” (Winnicott, 1941; p.75-76). È importante per il piccolo imparare a fronteggiare il proprio mondo interno e ad assumersi il compito di gestirlo, perché il modo in cui un soggetto affronta il mondo esterno, dipende in maniera sostanziale dal modo in cui affronta il proprio mondo interno. Difatti “la capacità del bambino di mantenere vivo ciò che egli ama e di conservare la fede nel proprio amore influiscono in modo importante sul grado di bontà o di cattiveria che egli sente nelle cose dentro e fuori di lui” (Winnicott, 1941; p.77). Il processo di separazione del bambino dalla madre, che viene così gradualmente riconosciuta come esterna al Sé in quanto parte della realtà oggettiva, viene dunque considerato da Winnicott come elemento promotore di quella particolare e delicata fase di “vissuto depressivo”, che accompagna la crescita infantile. La perdita della madre come oggetto soggettivo, l’acquisizione di consapevolezza della propria impotenza e della necessità di dipendere da quell’oggetto primario, non più sottoposto al proprio magico controllo, 1Cisi riferisce al gioco della spatola, utilizzato da Winnicott nelle situazioni prefissate di osservazione infantile (Winnicott, 1941). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 13 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno l’ambivalenza che il piccolo inizia a sperimentare a seguito dell’unificazione dei due aspetti materni in un’unica persona e così gli attacchi distruttivi rivolti all’oggetto vendicativo che è poi lo stesso che cura e protegge il bambino, alimentano in lui una profonda angoscia. Questa, tuttavia, può essere fortunatamente ridotta e modificata dal fatto che il bambino ha un contributo da offrire alla madre-ambiente. “Egli ha una crescente fiducia che si presenterà l’occasione di contribuire, di dare qualcosa alla madre-ambiente, e questa fiducia lo rende capace di contenere l’angoscia. Contenuta in questo modo, l’angoscia si modifica qualitativamente e diventa senso di colpa” (Winnicott, 1962b; p.94). Inoltre la possibilità di sperimentare le proprie pulsioni, seguite dalla fiduciosa capacità di dare e riparare grazie alla costante ed attendibile presenza materna, permette al bambino di conoscere fin dove queste possono essere manifestate, imparando a dosarle. “In questo modo il senso di colpa non viene sentito, ma resta sopito o in potenza e appare (sotto forma di tristezza o di umore depresso) solamente se l’occasione di riparare non si ripresenta. Una volta che si è instaurata la fiducia in questo ciclo benigno e nell’attesa dell’occasione, il senso di colpa relativo alle pulsioni dell’Id si modifica ulteriormente, ed è allora che per indicarlo abbiamo bisogno di servirci di un termine più positivo, come è appunto il termine preoccupazione” (Winnicott, 1962b; p.94. corsivo mio). La riparazione assume quindi un ruolo fondamentale: essa consente al bambino di non rimanere schiacciato sotto il peso della propria colpa e di acquisire, nello stesso tempo, la capacità di rimediare con un atto spontaneo e creativo all’espressione della propria aggressività, imparando così a misurarla. Al conseguimento di questo, che è inteso da Winnicott come “uno dei passi più importanti nello sviluppo dell’essere umano sano” (Winnicott, 1948b; p.112), contribuisce chiaramente la madre con la sua costante presenza. Infatti il suo sopravvivere agli attacchi distruttivi del figlio, senza vendicarsi, gli permette di riparare e di rendersi conto del fatto che le proprie azioni non sono frutto di una magia onnipotente e pertanto che gli oggetti esistono indipendentemente dai propri impulsi creativi o distruttivi. Winnicott evidenzia quindi nella riparazione, un ulteriore esempio della creatività infantile, essa infatti “costituisce un importante legame tra l’impulso creativo e la vita che il paziente conduce” (Winnicott, 1948b; p.112). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 14 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno Con lo sviluppo della capacità di sollecitudine, si consolida ulteriormente l’integrazione del bambino e si associa un nuovo tassello alla sequenza evolutiva descritta da Davis & Wallbridge nei termini di un susseguirsi “ricorrente di stati di non-integrazione, bisogno, acme, soddisfazione (frustrazione) e loro conseguenze” (Davis & Wallbridge, 1981; p.90). A questi infatti si associa ora la possibilità di elaborare i risultati dell’esperienza, seguiti dalla riparazione. In queste esperienze è possibile allora ritrovare anche l’inizio di “una sensibilità temporale” (Winnicott, 1948). “La capacità psichica e intellettuale di mantenere l’idea della madre come persona intera attraverso tutta questa sequenza (che dipende dalla presenza fisica della madre, in primo luogo) è un passo essenziale verso l’indipendenza” (Davis & Wallbridge, 1981; p.99). Questa evoluzione implica un Io che comincia ad essere indipendente dall’Io ausiliario della madre e che riconosce la differenza che sussiste tra mondo esterno e mondo interno, tra realtà e fantasia. Inoltre, con l’avvenuta consapevole separazione, “il bambino ora presume che anche sua madre abbia un ‘dentro’, che può essere ricco o povero, buono o cattivo, ordinato o disordinato. Incomincia perciò ad essere importante per lui la madre, con la sua salute mentale e con i suoi umori” (Winnicott, 1945; p.178). Il riconoscimento della propria dipendenza va ad unirsi a tutte le importanti acquisizioni infantili di questo periodo. Proprio quando il piccolo si misura con l’impossibilità del perpetuarsi della primordiale fusione con la madre, il bambino “comincia ad essere consapevole della dipendenza… egli comincia a sapere che la madre è necessaria” (Winnicott, 1963b; p.110. corsivo dell’autore). Mano a mano che lo sviluppo procede e la separazione tra il bambino e la madre si fa più netta, questa tenderà inevitabilmente ad allontanarsi e per il bambino si proporrà la necessità di “raccogliere ricordi” (Winnicott, 1955) di lei e delle sue cure, memorizzandoli e interiorizzandoli come oggetti buoni nel proprio mondo interno (cfr. Winnicott, 1955; 1957). Affinché il bambino si mostri fiducioso verso la vita e perché sia in grado da solo, di affrontare le difficoltà e provvedere al raggiungimento dei propri obiettivi, lo sviluppo deve esser stato supportato dall’immancabile presenza materna, da esperienze positive e gratificanti, che Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 15 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno abbiano fortificato il soggetto con le sue capacità e la sua fiducia e che possano costituire un importante bagaglio di memorie, con cui affrontare gli stati di smarrimento che inevitabilmente incontrerà lungo il cammino. In questo modo si potrà giungere all’esperienza paradossale di esser solo in presenza di qualcuno (Winnicott, 1957): l’iniziale concreta presenza materna che, sebbene non percepita effettivamente, si costituiva come Io ausiliario (Winnicott, 1962) a sostegno del debole e immaturo Io infantile, si è trasformata in un oggetto-seno buono interiorizzato (Winnicott, 1957); questo, che è ormai diventato parte della propria realtà psichica interna, accompagnerà l’individuo sempre nel corso della sua vita. “La capacità di essere solo dipende dall’esistenza di un oggetto buono nella realtà psichica dell’individuo… perché l’individuo si senta fiducioso circa il presente e il futuro” (Winnicott, 1957; p.33) “La non sopravvivenza della madre-oggetto o la mancata provvisione da parte della madre-ambiente di un’attendibile possibilità di riparare, conducono ad una perdita della capacità di preoccuparsi ed alla sua sostituzione con angosce e difese primitive, come la scissione e la disintegrazione” (Winnicott, 1962b; p.95). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 16 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno Bibliografia Davis, M. & Wallbridge, D.C. (1960) "Introduzione all'opera di D.W. Winnicott", Martinelli, Firenze, 1994 (rist.) Freud, S. (1911) Precisazioni su due principi dell’accadere psichico, OSF vol. 6, Bollati Boringhieri, Torino (1915) Lutto e melanconia , OSF , vol 8 Boringhieri, Torino (1926) Inibizione, sintomo e angoscia, OSF vol.10, Bollati Boringhieri, Torino Winnicott D.W. (1941) L’osservazione dei bambini piccoli in una situazione prefissata, in Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1975. (1945) Lo sviluppo emozionale primario in Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1975. (1947) L’odio nel controtransfert, in Winnicott, D. W., 1958, Dalla pediatria alla psicoanalisi. Martinelli, Firenze, 1975. (1948) Pediatria e psichiatria in Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1975 (1955), “Gli aspetti metapsicologici e clinici della regressione nell’ambito della situazione analitica”, in Winnicott, D. W., 1958, Dalla pediatria alla psicoanalisi. Martinelli, Firenze, 1975 (1956a) La preoccupazione materna primaria, in Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1975 (1962a) Le mie opinioni personali sul contributo kleiniano, in Sviluppo affettivo e ambiente, Armando editore, Roma, 1970 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 17 di 18 Daniela Lemmo - L’aggressività in rapporto alla scoperta della realtà esterna e al crescere del mondo interno (1962b) L’integrazione dell’Io nello sviluppo del bambino, in Sviluppo affettivo e ambiente, Armando editore, Roma, 1970 (1963a) Comunicare e non comunicare, studi su alcuni opposti, in Sviluppo affettivo e ambiente, Armando editore, Roma, 1970 (1963b) Comunicare e non comunicare, studi su alcuni opposti, in Sviluppo affettivo e ambiente, Armando editore, Roma, 1970 (1968), La schizophreine infantile en termes d’échec d’aptation, in Researches, Decembre, Paris, 1968. 1988 (1971), Gioco e realtà. Armando, Roma, 1993 (1974). (1988a) Sulla natura umana, ed. Cortina, Milano, 1989. (1988b) "La posizione depressiva", in Sulla natura umana, Cortina, Milano, 1989. (1988c) “Vari tipi di materiale psicoterapeutico”, in Sulla natura umana, Cortina, Milano, 1989. (1989) Esplorazioni psicoanalitiche, Cortina,Milano,1995. (2004) Psicoanalisi dello sviluppo: Brani scelti / a cura di Adele Nunziante Cesàro e Valentina Boursier, Roma: Armando Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 18 di 18