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Questi appunti trattano i principi della termodinamica e le loro applicazioni alle macchine, descrivendo i concetti di entropia, rendimento e i cicli termodinamici, tra cui il ciclo di Carnot.

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condizioni termodinamiche (temperatura, pressione, ecc.) tramite componenti di impianto. Questo fluido di lavoro, ltre situazioni, invece, ha delle interazioni meccaniche perché sca...

condizioni termodinamiche (temperatura, pressione, ecc.) tramite componenti di impianto. Questo fluido di lavoro, ltre situazioni, invece, ha delle interazioni meccaniche perché sca quello che conta sono i limiti di queste trasformazioni, da conoscere in modo tale da massimizzare il rendimento, definito come: Nelle condizioni ideali, il rendimento è unitario: tutto il calore che si brucia diventa energia elettrica; nella realtà, questo non è possibile. Ci sono due principi della termodinamica che regolano il mondo in cui siamo immersi. 1. altre forme di esempio, viene buttata nel condensatore. 2. Il secondo principio dice che non tutta l'energia termica può essere trasformata in energia meccanica: c'è quindi un limite termodinamico. Se, per esempio, 100 joule di calore non potranno mai essere trasformati direttamente in 100 joule elettrici, perché una parte la si deve necessariamente scaricare. Questo è un limite (i limiti non sono dimostrati, ma sono evidenti a livello di esperienza). Per esempio, si ha una stufetta elettrica da un chilowattora di resistenza e la si attacca ad una resistenza; se la si fa andare per un'ora, questo kW di potenza produce un chilowattora di energia, e di fatto non si hanno perdite. Quello che dice la termodinamica, nel secondo principio, è che l'operazione inversa non la si può fare: non si può prendere il calore generato nella stanza e fare esattamente il processo inverso, ovvero raffreddare la stanza e convertire questo calore in energia elettrica. Questa operazione viene fatta con un rendimento necessariamente inferiore a uno. L'energia si conserva sempre, ma calore che non convertito in energia elettrica viene scartato. Quindi, si può dire che ci sono più del calore in quanto, questa è trasformabile completamente in calore (se si usa una pompa di calore se ne può ottenere di più senza violare nessun principio di energia perché la restante quota di calore viene presa dall'ambiente); se, invece, si prende il calore e lo si trasforma in energia elettrica, questo non viene totalmente trasformato in energia elettrica, quindi il calore è meno nobile dell'energia elettrica. Per definire questo concetto, viene introdotta una grandezza che si chiama entropia: quando c'è un sistema che si trova ad una certa temperatura, e questa su questo sistema riceve del calore, il sistema subisce una variazione di entropia: Se entra calore, c'è un incremento di entropia, viceversa l'entropia diminuisce. Questo è importante perché i cicli termodinamici vengono definiti sul piano temperatura-entropia. IL CICLO DI CARNOT Alla luce di quello che stiamo facendo, discutere di impianti che producono energia elettrica a partire dal calore, la prima domanda che nasce è: qual è il ciclo termodinamico che ci consente di massimizzare il rendimento? Questo rendimento non sarà mai 1 se si trasforma calore in energia elettrica; quindi, dato che si deve definire un ciclo termodinamico in questa operazione, qual è il ciclo di termodinamico che meglio si presta a questa operazione, cioè che massimizza questo rendimento? Il ciclo termodinamico che permette tutto questo si chiama ciclo di Carnot. Si tratta di un ciclo rettangolare. Questo ciclo termodinamico è a due temperature di riferimento, una temperatura minima Tl e una temperatura massima Th e ed è costituito da due isoterme e due isotopiche. Quando si passa dal punto 2 al punto 3, l'entropia aumenta e ciò significa che si sta dando energia termica al fluido di lavoro. Da 2 a 3 entra del calore; allo stesso modo, da 4 a 1 si riduce entropia quindi sto riducendo calore. Dal punto di vista impiantistico, il Qin è il calore che si trasferisce al fluido di lavoro quando brucia il combustibile (per esempio il carbone nella caldaia) utilizzato per aumentare l'entropia del fluido, facendolo passale passare da 2 a 3. Il calore che entra è maggiore di quello che esce, perché Th > Tl. Si butta dentro una certa quantità di calore, ne viene rilasciata una quantità Qout inferiore e la differenza, dato che l'energia si deve conservare, viene chiamata effetto utile, cioè lavoro che l'impianto produce. Il ciclo prende un Qin, produce una certa quantità di lavoro (che è l'energia elettrica che serve) e rilascia il Qout. A questo punto, si può definire il rendimento del ciclo: Il rendimento di Carnot dipende solo dalla temperatura minima e dalla temperatura massima del ciclo. Il rendimento dice che il ciclo termodinamico rende tanto più alta è la temperatura massima a cui si porta il fluido di lavoro e tanto più bassa la temperatura minima. La temperatura minima, a differenza di quella massima, non si può scegliere in quanto rappresentata dall'ambiente, mentre la massima dipende dalla tecnologia. Questo vale per tutti i tipi di ciclo. L'ideale è conseguire ciclo di Carnot, per cui ci si chiede se nella pratica sia possibile realizzare impianti termoelettrici attraverso tutti i cicli di Carnot. La risposta è no perché, affinché si possa realizzare un ciclo di questo tipo, è necessario trovare un fluido che si comporti in questo modo e che possa avere queste variazioni di temperatura in corrispondenza dei punti giusti; è anche necessario un impianto che abbia dei componenti relativamente semplici e poco numerosi. Quello che si osserva è che questo non è possibile: ad esempio, supponendo di considerare la fase 2-3, si vuole prendere un fluido e dargli calore, ma allo stesso tempo si vuole che rimanga alla stessa temperatura. Normalmente, quando si dà calore ad una sostanza, questo aumenta la propria temperatura; non è sempre così, in quanto per esempio l'acqua, se le si dà calore mentre è in fase di trasformazione in vapore acqueo, essa mantiene la stessa temperatura. In generale, si può comunque concludere che, non è possibile, con fluidi che esistono sulla terra, realizzare in maniera semplice un ciclo di Carnot, che rimane un riferimento teorico. Ora, bisogna scegliere un fluido di lavoro e individuare che tipo di ciclo è possibile realizzare con questo fluido. I fluidi di lavoro sono concettualmente infiniti, ma ovviamente quando si sceglie bisogna considerare opportuni vincoli, per esempio: il fluido di lavoro è ampiamente disponibile; il fluido non è particolarmente costoso e possibilmente non tossico; il fluido non è infiammabile; il fluido non deve generare problemi di effetto serra ozono (deve cioè essere ambientalmente compatibile); il fluido di lavoro è stabile termicamente (nel ciclo si raggiungono temperature molto elevate per massimizzare il rendimento e si deve trovare qualcosa che sia stabile termicamente, ovvero che non si decomponga e che non cambi le sue proprietà termodinamiche). La scelta, quindi, è soggetta a dei vincoli abbastanza importanti. I due fluidi di lavoro che rispondono a queste caratteristiche sono l'acqua e l'aria. Il 98% degli impianti termo elettrici ad aria o acqua, o al limite una combinazione dei due. Tornando il ciclo dà calore questa si scalda e, allo stesso modo, quando si raffredda la temperatura varia; anche l'efficienza sarà inferiore a quella ideale del ciclo di Carnot. CICLO JOULE-BRAYTON Quando si decide di usare come fluido di lavoro l'aria, si usa un altro tipo di ciclo termodinamico che si chiama ciclo Jules-Brayton; sulla base di questo vengono realizzati gli impianti a gas. Con questi impianti si produce energia elettrica in maniera molto diffusa. Il ciclo di Jules-Brayton nel piano TS prevede due isobare: si parte pressione, la si espande in una turbina e si genera lavoro; si ha un certo lavoro di compressione e uno di lavoro di espansione; si hanno inoltre una fase in cui si inserisce calore (aumenta l'entropia) e una fase in cui il calore viene ceduto. Si vede subito che questo tipo di ciclo ha un rendimento inferiore a un ciclo di Carnot che opera tra le stesse temperature minime e massime: se si vuole disegnare un ciclo di Carnot tra la temperatura minima e la temperatura massima si veda area di un ciclo termodinamico corrisponde al lavoro che si estrae. Rispetto a un ciclo di Carnot, si perde tutto una quota di lavoro in alto e in basso; un ciclo a gas quindi è meno efficiente, ma è facile da realizzare e il fluido di lavoro è ampiamente disponibile. Nella pratica, questo ciclo Joule-Brayton viene realizzato con tre componenti: un compressore, un combustore e una turbina. Si alimenta il combustore con gas naturale, che è un combustibile fossile prevalentemente composto da metano; successivamente si comprime l'aria, la si brucia con del metano, quindi l'aria diventa il componente della reazione di combustione (comburente) e l'aria compressa ad alta temperatura si espande sulla turbina producendo lavoro. Per chiudere il ciclo c'è anche la necessità di scaricare il calore Qout, ma è inutile introdurre uno scambiatore, in ma siccome l'aria è disponibile gratuitamente in quantità infinita, la si prende sempre nuova. Questi impianti raggiungono una temperatura massima di 1450 °C e il -42%, inteso proprio come la quantità di energia elettrica che viene convertita a partire dal un certo input termico. CICLO RANKINE L'altro fluido di lavoro utilizzato dagli impianti elettrici è l'acqua; in questo caso si ha il ciclo Rankine che viene utilizzato negli impianti a vapore e queste sono le diffusissime centrali elettriche. Nel piano T-S, quando si usa l'acqua, c'è la curva di saturazione; il ciclo viene costruito intorno alla curva; il più elementare prevede una compressione un riscaldamento dell'acqua fino a diventare vapore e poi il vapore viene espanso in una turbina, e infine c'è un condensatore che fa chiudere il ciclo. Dal punto di vista dei componenti, il ciclo Rankine ha una pompa che comprime da 1 a 2, poi c'è una caldaia che normalmente brucia carbone (in quelle nucleari si usa calore proveniente dalla fissione, però la struttura dell'impianto la stessa). Successivamente c'è la turbina con il suo alternatore e poi, in uscita dalla turbina, c'è il condensatore. La temperatura massima del vapore è di circa 600 °C, difficilmente si sale oltre; è una temperatura molto inferiore rispetto ai 1450 °C dei cicli gas. Qualcuno penserebbe che un ciclo a gas, potendo raggiungere temperature più alte, abbia rendimenti maggiori; in realtà, bisogna anche tenere conto che il ciclo a vapore ha il vantaggio di assomigliare molto di più ciclo di Carnot: infatti, se si disegna il ciclo di Carnot, considerando la stessa molto ad un ciclo di Carnot e quindi è intrinsecamente molto efficiente, molto più di un ciclo gas. Il risultato è che, nella pratica, con un ciclo Rankine che opera a 600 °C, si hanno rendimenti che sono superiori rispetto a quelli del ciclo gas proprio per la sua natura termodinamicamente più efficiente. In generale, il rendimento di un ciclo Rankine è circa del 40-45%. Questa è la tecnologia delle centrali a vapore: sono basate su queste quattro componenti, ma ovviamente l'impianto è più complesso. CICLO COMBINATO -90% dell'energia termoelettrica, è il ciclo combinato, che è la combinazione tra un ciclo di Joule-Brayton e un ciclo Rankine, cioè utilizza due fluidi di lavoro (aria e acqua). L'idea che sta sotto la concezione di questo ciclo combinato è che il ciclo temperature che possono essere intorno ai 600 °C (il calore di scarto è ad elevata temperatura) che può essere recuperato alimentando il ciclo vapore. Anziché avere una caldaia tradizionale del ciclo vapore che brucia carbone, si utilizza come sorgente il calore di scarto di un ciclo a gas; in questo modo, si ottiene una configurazione molto efficiente, dove il ciclo di recupero produce energia elettrica senza bruciare un combustibile, perché utilizza il calore scartato da un altro ciclo Da un punto di vista termodinamico, nel piano T-S si ha in basso il ciclo a vapore e in alto quello JB; il calore del secondo ciclo proviene da Qout del ciclo gas. In uscita dalla turbina i fumi vengono utilizzati e raffreddati per utilizzare il vapore. Il rendimento di questo ciclo supera il 60%, è molto più alto sia di un ciclo R che di un ciclo JB; inoltre, è alimentato con gas naturale in quanto è l'unico combustibile disponibile dal ciclo a gas. Da un punto di vista impiantistico, alla fine ciclo gas, i fumi anziché essere buttati in ambiente vanno nello scambiato condensatore e poi la pompa. L'unico combustibile che entra, quindi, è il gas naturale. Si ha quindi un ciclo a gas tradizionale che scarica i fiumi i 600 °C anziché buttarli via; quindi, questi vengono sfruttati per produrre del vapore, che poi lavora in un tradizionale ciclo a vapore. Ce ne sono diversi di questi impianti (Cassano d'Adda e uno sul Mincio): ne hanno fatti tanti a partire dagli anni 80. Prima dei cicli combinati, l'energia elettrica veniva prodotta su cicli vapore tradizionali, alimentati da vapore. Dagli ultimi 30-40 anni si utilizzano questi cicli combinati che hanno il vantaggio di utilizzare gas naturale, che è un combustibile con basso impatto ambientale e rendimento elevato. Equazioni di conservazione Si definisce un canale di forma e dimensioni generiche, che rappresenta una sezione di passaggio, come per esempio il ramo di uno scambiatore, o una sezione di passaggio di una turbina. Su di esso si definisce un volume di controllo (Vc), ovvero un volume sul quale saranno calcolati i bilanci (il flusso che si considera è quello medio, con una velocità proiettata controllo (Ac) che è quella attraversata dal flusso: se, infatti, si individua una sezione 1 di ingresso e una sezione 2 di uscita, si avrà che nella prima il fluido entrerà con una velocità pari a v1 (velocità media sulla superficie di ingresso), mentre dalla seconda uscirà con una velocità pari a v2. Per comodità, si definiscono anche le normali alla superficie, che vengono ipotizzate uscenti. udono sia i flussi in ingresso e uscita del fluido che li attraversa, che altre interazioni termiche (si ipotizza che nella superficie di controllo una piccola turbina che, investita dal fluido, si mette a girare e porta fuori una certa quantità di lavoro, che in questo caso è ipotizzato positivo e uscente. Ci possono essere delle altre forze che agiscono su Vc e Sc; genericamente, vengono indicate con F. Sono, ad esempio, le forze di volume (come la forza peso del fluido) o le forze di superficie (come la pressione sulle pareti BILANCIO DI MASSA cont entra, integrata su tutta la superficie di controllo, in cui però le uniche superfici attraversate dal vettore velocità sono A1 e A2 (su tutte le altre, il prodotto scalare tra velocità e vettore normale è nullo). Si considera quindi solo la portata che entra con velocità v1 e che esce con velocità v2. La variazione di massa nel volume è data dalla differenza tra ciò che entra e ciò che esce. Si esprime questa formulazione in questo modo: I calcoli sulle macchine vengono fatti in condizioni stazionarie: non si guarda la variazione nel tempo, ma si prende una condizione di funzionamento di riferimento e si fanno delle valutazioni su di essa. Condizioni stazionarie significa che BILANCIO DI QUANTITÀ Il bilancio di quantità serve a calcolare le forze applicate ad un Vc; ha le sue radici nella seconda legge di Newton, che dice che in un sistema stazionario, la sommatoria delle forze è pari alla variazione della quantità di moto: In realtà, questo vale per le masse, non per volumi di controllo. Il fatto che nel nostro caso ci sia un Vc fa in modo che La variazione della quantità di mot dipende da come si definiscono i vettori normali (esterni -, interni +). Per via del fatto che si opera in condizioni stazionarie, il primo termine si elimina: BILANCIO DI ENERGIA Il bilancio di energia serve a calcolare L e Q, necessari per valutare le prestazioni. Si utilizza lo stesso principio: la variazione Quando il fluido entra, per esempio in S1, si deve fare un la entrando, mentre per quanto riguarda il fluido che esce dal Vc, è un lavoro che esce. È più una potenza di pulsione. er entrare, meno quello per uscire, dal calore che entra e dal lavoro che esce. In particolare: trova il fluido (nel nostro sono reazioni chimiche, nucleari o campi elettromagnetici. Ipotizzando di essere in condizioni stazionarie, si elimina il termine che dipende dal tempo e, applicando sulle superfici la moltiplicazione scalare, si ottiene: Questo bilancio verrà semplificato in base alle situazioni: 1. MACCHINE IDRAULICHE: elaborano un fluido in cui le variazioni termiche non sono rilevanti; si trascurano tutti i termini di tipo termico (u e q). 2. MACCHINE TERMICHE: in generale, sono le variazioni di quota ad essere non rilevanti. Si introduce anche la variabile entalpia: Perdite di carico nei condotti sul fluido quando questo passa nel condotto. Queste forze vanno vinte con la pressione di una pompa. Quello che interessa è il calcolo del consumo energetico della pompa applicando un bilancio di energia dal punto 1 al punto 2; si utilizza il bilancio di energia delle macchine idrauliche. necessaria per passare dalla condizione 1 alla 2. Si conferisce una quota di energia che aumenta alla 2. A tutto ciò bisogna aggiungere delle perdite di carico. Le perdite di carico possono essere di due tipi: 1. Perdite di carico concentrate Yconc: corrispondono a situazioni che vedono un turbamento del flusso (per ostacoli nello scorrimento del fluido. K dipende dal tipo di perdita di carico; i suoi valori sono ricavabili da una tabella. Il secondo termine esprime la caduta cinetica dal punto di vista dimensionale. 2. Perdite di carico distribuite: L/D indica il fatto che le perdite sono distribuite, ovvero che producono una graduale diminuzione di energia (questo succede anche quando il tubo è liscio). tipo di moto (laminare o turbolento): per questo si usa il numero di Reynolds; finitura superficiale del flu numero di Reynolds, si nota che più il fluido è veloce, più si passa da un moto laminare ad uno turbolento: per Re

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