Anemie Emolitiche - Lezioni di Ematologia PDF

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ISTITUTO DI EMATOLOGIA E ONCOLOGIA MEDICA “L. e A. SERÀGNOLI”

Fausto Castagnetti

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anemia emolitica ematologia medicina medicina umana

Summary

Questo documento presenta le lezioni di Ematologia sulle anemie emolitiche. Copre vari aspetti, compresa la classificazione, la patogenesi e la clinica delle anemie emolitiche. Include anche un'analisi dei diversi tipi di emolisi e le loro caratteristiche.

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ISTITUTO DI EMATOLOGIA E ONCOLOGIA MEDICA “L. E A. SERÀGNOLI” SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Lezioni di EMATOLOGIA ANEMIE EMOLITICHE Prima parte Faust...

ISTITUTO DI EMATOLOGIA E ONCOLOGIA MEDICA “L. E A. SERÀGNOLI” SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Lezioni di EMATOLOGIA ANEMIE EMOLITICHE Prima parte Fausto Castagnetti ANEMIE EMOLITICHE (4° gruppo) Gruppo particolarmente eterogeneo di condizioni morbose che si caratterizzano tutte per una riduzione della vita media degli eritrociti, al disotto dei 20 giorni. La capacità compensatoria dell’eritrone, in condizioni ideali, è efficace fino a valori di vita media eritrocitaria attorno ai 20 giorni: in base all’entità dell’accorciamento della vita media dell’eritrocito, l’anemia si definisce pertanto compensata o scompensata. Il compenso da parte dell’eritrone è evidenziato da un incremento dei valori di reticolociti, il che determina, di pari passo, un lieve incremento dei valori di MCV. L’eritropoiesi midollare è molto rappresentata (iperplasia eritroide), fino ad essere “esasperata”. L’approccio diagnostico all’anemia emolitica cronica richiede tre livelli sequenziali di intervento: la dimostrazione della natura emolitica dell’anemia, l’identificazione della causa di emolisi, inclusa l’eventuale caratterizzazione del difetto molecolare responsabile nelle forme congenite. SINOSSI I II III IV Emoglobina     Globuli rossi   =  Ematocrito     MCV normale > 100 fL < 80 fL normale o aumentato MCH = =  = Reticolociti 0    Eritroblasti 0  E1-E2  E4-E5  Emolisi 0   (talassemie) ++ EPO   normale normale Midollo vuoto displastico pieno, talora pieno e iperplastico iperplastico EMOLISI (1) Si parla di emolisi (letteralmente: “rottura degli eritrociti”) quando si riduce la vita media in circolo degli eritrociti. Aumentano i processi di lisi eritrocitaria in circolo (emolisi intravascolare) oppure aumenta la tendenza dell’eritrocito ad essere captato e fagocitato all’interno di fegato, milza o midollo osseo da parte delle cellule del sistema monocito-macrofagico (emolisi extravascolare). Emolisi compensata: malattia emolitica. Sono in atto meccanismi che riducono la vita media dell’eritrocito, ma l’eritrone è in grado di compensare la perdita con la genesi di nuovi eritrociti. Non compare anemia. Emolisi scompensata: anemia emolitica. La perdita di eritrociti in circolo è maggiore della capacità dell’eritrone di produrre nuovi eritrociti, facendo fronte alla perdita. Compare l’anemia e si riduce la concentrazione di eritrociti circolanti. EMOLISI (2) Nell’emolisi patologica, aumenta la produzione di bilirubina da parte delle cellule del sistema monocito-macrofagico. Aumenta il lavoro epatocitario nella glucuronazione della bilirubina. Aumenta il volume di bilirubina escreta con la bile e la concentrazione di bilinogeni intestinali. Aumenta la quota di bilinogeni riassorbiti in circolo, con aumento della loro escrezione renale (urine ipercromiche, flammee). Se l’emolisi è massiccia, la bilirubina prodotta eccede le capacità di glucuronazione epatiche. Aumenta la concentrazione di bilirubina non coniugata, liposolubile, che si accumula a livello delle sclere e della cute (colorito giallastro di sclere e cute: ittero). Aumenta ulteriormente il volume di bilirubina coniugata, idrosolubile, che compare nelle urine (urine marrone-marsala). Se l’emolisi è intravascolare, aumenta la quantità di emoglobina libera, escreta a livello renale (urine rosso mattone). L’emoglobina libera è tossica per il rene (insufficienza renale acuta). L’emoglobina libera nel circolo si lega irreversibilmente all’aptoglobina, una glicoproteina di trasporto. Aumenta anche la concentrazione sierica di lattico deidrogenasi (LDH), enzima eritrocitario rilasciato in circolo a seguito della distruzione degli eritrociti. EMOLISI (3) EMOLISI IPERATTIVAZIONE EXTRAVASCOLARE DELL’ERITRONE Ridotta vita media degli eritrociti EMOLISI INTRAVASCOLARE ITTERO LITIASI CALCICA EMOGLOBINURIA BILIRUBINURIA EMOLISI (4) Passaggio degli eritrociti attraverso le fenestrature dei sinusoidi splenici. Le alterazioni della forma e l’aumentata rigidità della membrana contribuiscono ad incrementare l’intrappolamento eritrocitario nella milza, poiché rendono difficoltoso tale passaggio (emolisi extravascolare). CLINICA LABORATORIO (1) Anemia di grado variabile, generalmente a rapida insorgenza (recente) ed ingravescente. Aumento del volume corpuscolare medio, in relazione alla reticolocitosi (i reticolociti hanno un volume cellulare maggiore degli eritrociti maturi); Reticolocitosi nel sangue periferico: – i reticolociti sono espressione della funzione eritropoietica (indice di compenso midollare); l’aumento in circolo indica un eritrone iperfunzionante (non esiste danno midollare in questo tipo di anemia), teso a compensare la perdita eritrocitaria che si realizza in circolo o in periferia; la reticolocitosi correla direttamente con l’eritropoiesi efficace; – la mancata reticolocitosi non è tuttavia sufficiente ad escludere un’emolisi autoimmune (possibile compresenza di più cause di anemia); – i reticolociti circolanti possono essere evidenziati con opportune colorazioni (blu brillante di cresile). Eritroblastosi emato-midollare: anch’essa espressione di un esasperato stress eritropoietico, con dismissione in circolo di eritroblasti ortocromatici o policromatofili. Microsferocitosi: presenza di frammenti di membrana eritrocitaria che si organizzano in piccoli corpi sferici. Interferenze con la conta piastrinica. Agglutinazione delle emazie: si verifica in presenza di emolisi da agglutinine fredde e si documenta allo striscio di sangue periferico. Necessario eseguire la conta eritrocitaria a 37 °C per evitare falsi analitici. Reticolocitosi Eritroblastosi periferica LABORATORIO (2) Abitualmente si osserva un incremento dei valori di bilirubina indiretta e, solo in un secondo momento, di bilirubina diretta. L’iperbilirubinemia è tuttavia un reperto incostante, e generalmente mai troppo pronunciato. Aumento del dosaggio di lattico-deidrogenasi sierica (LDH), prevalentemente degli isoenzimi 1 e 2. È un enzima intraeritrocitario, e l’incremento è assai marcato in caso di emolisi intravascolare. Riduzione dei tassi di aptoglobina sierica (Hp), proteina legante l’emoglobina libera in circolo. Da notare che i livelli basali di aptoglobina sono aumentati in corso di flogosi o neoplasia (reattivo di fase acuta), e marcatamente diminuiti nell’insufficienza epatica. Aumento dei livelli di sideremia e ferritinemia, tranne che nelle forme con emoglobinuria. All’elettroforesi delle proteine sieriche: – ipergammaglobulinemia policlonale, in corso di malattie infettive acute o patologie autoimmuni; – riscontro di componente monoclonale, che richiede tipizzazione mediante immunofissazione sierica (IgM monoclonale nell’anemia da agglutinine fredde): sottostante patologia linfoproliferativa. Aumentati livelli di crioagglutinine, con titoli superiori a 1:64. ANEMIE EMOLITICHE - CLASSIFICAZIONE SFEROCITOSI EREDITARIA SFEROCITOSI EREDITARIA La sferocitosi ereditaria, o malattia di Minkowski-Chauffard, è una forma di anemia emolitica correlata ad alterazioni della membrana cellulare dell’eritrocito, tali da determinare anomalie morfologiche eritrocitarie (presenza di sferociti nel sangue periferico), e modificazioni dell’integrità strutturale e della deformabilità cellulare. L’anemia emolitica è generalmente moderata, e ha una trasmissione ereditaria di tipo autosomico dominante (pertanto si manifesta in eterozigosi). Forme lievi di sferocitosi ereditaria possono decorrere in maniera del tutto asintomatica, tuttavia in alcuni casi l’emolisi può essere particolarmente severa, appalesandosi già nella prima infanzia Elemento caratterizzante la patologia è la favorevole risposta clinica alla splenectomia. PATOGENESI (1) Necessaria la compresenza di due fattori: 1) un difetto intrinseco della membrana cellulare eritrocitaria; 2) la presenza di una milza normofunzionante, che catturi e distrugga le emazie morfologicamente e funzionalmente alterate. Il difetto a carico della membrana cellulare eritrocitaria è geneticamente determinato, e può coinvolgere: – le principali proteine transmembrana (deficit di proteina della banda 3, deficit di proteina 4.2); – le molecole che fanno parte del citoscheletro dell’eritrocito (deficit isolato di spectrina, deficit combinato di spectrina e ankirina). PATOGENESI (2) Il difetto genetico si esplica con una destabilizzazione del bilayer lipidico, con rilascio dalla membrana cellulare di microvescicole (blebs), prive di microfilamenti di spectrina: la superficie cellulare si riduce e si ha la conseguente formazione di sferociti. Gli sferociti, a causa della loro morfologia e delle alterate caratteristiche di deformabilità e plasticità, vengono selettivamente intrappolati a livello delle fenestrature presenti sui sinusoidi venosi splenici, ed in tale sedi degradati. CLINICA Tipicamente, il paziente con sferocitosi ereditaria è asintomatico, manifestando soltanto un subittero sclerale: l’anemia, infatti, tende ad essere lieve o del tutto assente, a seguito della compensazione operata dall’iperplasia eritroide. Con il tempo, tuttavia, tende a comparire la splenomegalia, che può occasionalmente divenire sintomatica in termini di ingombro addominale. In rari casi, tuttavia, compare una severa anemia emolitica già a partire dall’infanzia. Complicanze frequenti sono rappresentate dalla litiasi della colecisti, che si riscontra nel 50% dei casi di sferocitosi ereditaria, e dalle crisi emolitiche (talvolta aplastiche), che generalmente si associano ad infezioni virali infantili (segnatamente da Parvovirus B19). LABORATORIO (1) L’anemia è di grado variabile; generalmente è assente, ma è possibile riscontrare concentrazioni di emoglobina anche inferiori ai 4-5 g/dL, specie in concomitanza con le crisi emolitiche; la percentuale di reticolociti tende ad essere aumentata. Il volume cellulare medio è normale o lievemente ridotto, e la concentrazione emoglobinica corpuscolare media appare aumentata: ciò di riflesso allo stato di disidratazione in cui versano gli eritrociti. Allo striscio di sangue periferico, gli sferociti vengono individuati per via del diametro cellulare ridotto, per la mancanza dell’area pallida al centro del disco cellulare, per la relativa ipercromia da aumentata concentrazione emoglobinica corpuscolare. Occasionalmente, possono essere osservati acantociti e stomatociti. SFEROCITI LABORATORIO (2) La fragilità osmotica degli sferociti tende ad essere aumentata, con percentuali di emolisi nettamente elevate rispetto agli individui normali quando gli eritrociti sono sospesi in soluzioni saline ipotoniche (progressivamente maggiori, anche in soluzioni solo lievemente ipotoniche, in concomitanza con l’aumento della severità della malattia). EMOCROMO NELLA SFEROCITOSI NORMALE SFEROCITOSI Hb g / dl 14.0 7.0 GR x106 / l 5 1.9 Hct % 43 18.0 MCV, 3 (Hct/GR) 86 85 MCHC, % (Hb/Hct) 32 39 RETICOLOCITI % 1.5 30 RETICOLOCITI / l 75.000 570.000 TERAPIA La splenectomia è il trattamento curativo nella maggior parte dei pazienti con sferocitosi ereditaria, in quanto consente di normalizzare la vita media degli eritrociti, favorendo sia il recupero nella concentrazione di emoglobina, sia la normalizzazione degli indici di emolisi. La sferocitosi e la fragilità osmotica eritrocitaria persistono, ma le conseguenze divengono meno pronunciate. Le principali indicazioni alla splenectomia sono rappresentate dalla presenza di ritardo di crescita, alterazioni scheletriche, comparsa di tessuto emopoietico extramidollare, crisi emolitiche ricorrenti, ed anemia severa, tale da precipitare uno scompenso cardiaco o un’insufficienza respiratoria. La splenectomia non dovrebbe essere eseguita prima dei 3-5 anni di età, in ragione dell’aumentata incidenza di complicanze infettive severe. L’intervento di splenectomia deve essere eseguito in elezione e, se possibile, tramite approccio laparoscopico. ANEMIE EMOLITICHE ENZIMOPATICHE ASPETTI BIOCHIMICI (1) Gli eritrociti contengono le più alte concentrazioni di glutatione riscontrate nelle cellule umane. Lo stress ossidativo determina la conversione del glutatione ridotto (GSH) in glutatione ossidato (GS⎯SG) Al fine di proteggere le strutture cellulari dell’eritrocito e le proteine eritrocitarie – prima fra tutte l’emoglobina – dalle alterazioni biochimiche cui vanno incontro in presenza di stress ossidativo, è necessario che l’eritrocito mantenga un elevato rapporto tra la concentrazione di glutatione ridotto e di glutatione ossidato (GSH/GSSG) Il glutatione ridotto è la principale fonte di potere riducente all’interno dell’eritrocito. La principale reazione che contribuisce a mantenere il glutatione allo stato ridotto (GSH) è quella catalizzata dall’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PDH). – Tale reazione, convertendo il glucosio-6-fosfato in 6-fosfo-gluconato, produce potere riducente rappresentato da NADPH e ioni H+; – NADPH e H+ intervengono nella reazione di riduzione del glutatione ossidato: GSSG + NADPH + H+ → 2 GSH + NADP+, preservando in tal senso la quota di glutatione ridotto, necessaria per combattere lo stress ossidativo intraeritrocitario. ASPETTI BIOCHIMICI (2) ASPETTI BIOCHIMICI (3) Il deficit dell’ enzima G6PDH si traduce in un aumento del danno ossidativo nei confronti dell’emoglobina, con successiva possibile comparsa di un’anemia emolitica. – Sulla base dell’attività residua dell’enzima, è possibile classificare gli individui affetti in 5 classi, con attività emolitiche via via decrescenti. Il gene della G6PDH è mappato sul cromosoma X. – Sono state descritte oltre 300 varianti di G6PDH; la maggior parte di esse sono sporadiche, ma alcune possono essere riscontrate assai di frequente, caratterizzandosi per la comparsa di crisi emolitiche acute intermittenti. – Assai più rare sono le varanti di G6PDH associate ad un fenotipo caratterizzato da anemia cronica, o ad un fenotipo in cui le manifestazioni emolitiche sono del tutto assenti. EPIDEMIOLOGIA Il deficit di G6PDH è verosimilmente la principale condizione morbosa correlata alla presenza di mutazioni puntiformi. – Negli Stati Uniti, il deficit enzimatico è riconosciuto prevalentemente nelle comunità afro- americane, interessando fino al 10% degli individui maschi. – La variante mediterranea del deficit è comune a livello del bacino del Mediterraneo, interessando prevalentemente Grecia, Spagna, Corsica e sud-Italia; elevata la prevalenza in particolari gruppi etnici (Arabi, Ebrei Sefarditi e Kurdish; in questi ultimi, la prevalenza arriva fino a livelli del 50%). – Ulteriori varianti strutturali sono riscontrabili nel continente asiatico: in Tailandia, India, Cina, Cambogia e Laos. – È stato ipotizzato come l’infezione malarica possa esercitare una pressione positiva nel selezionare certe varianti di G6PDH. PATOGENESI (1) La mancata riduzione dei ponti disolfuro nell’ambito della molecola di emoglobina determina una riduzione della sua solubilità: si assiste pertanto alla formazione di corpi inclusi eritrocitari denominati corpi di Heinz, che si depositano sulla membrana cellulare, danneggiandola e rendendola rigida e favorendo la fagocitosi eritrocitaria da parte delle cellule del sistema monocito-macrofagico. Negli individui appartenenti alla classe II-WHO, predisposti a crisi emolitiche parossistiche, affinché si scateni l’emolisi è necessaria l’esposizione a certe condizioni favorenti, tali da determinare all’interno della cellula l’accumulo di una grossa quota di potere ossidante, con massiccia formazione di ponti disolfuro emoglobinici: – uso di determinate categorie di farmaci (doxorubicina, nitrofurantoina, primachina, sulfamidici); – infezioni acute (che determinano un’aumentata produzione di specie reattive dell’ossigeno da parte delle cellule granulocitarie); – ingestione di semi di fava (favismo): il danno ossidativo sembra essere secondario all’azione di ossidazione esercitata sulla molecola di glutatione dalla L-dopa, di cui i semi di fava sono ricchissimi. Negli individui della classe I-WHO, predisposti ad anemia cronica, non è necessaria la compresenza di situazioni scatenanti affinché si renda evidente la sintomatologia clinica cronica. PATOGENESI (1) CLINICA L’anemia emolitica acuta è generalmente sintomatica, e si manifesta con astenia, dolori lombari, febbre, subittero o ittero franco, ipercromia urinaria e ipercolia fecale. – L’emolisi è autolimitante, e tende ad attenuarsi nonostante persista il fattore scatenante (ad esempio, l’assunzione di un farmaco), per ricomparire qualora la causa scatenante si manifesti nuovamente a distanza di circa due mesi dalla precedente. – Questo avviene poiché le emazie più vecchie sono più sensibili allo stress ossidativo, in quanto dotate di una minor concentrazione assoluta di G6PDH: una volta rimossi gli eritrociti senescenti, si attenua pertanto il quadro clinico, dato che gli eritrociti più giovani hanno una quota di G6PDH solitamente sufficiente a contrastare in parte il danno da ossidazione. Nei pazienti con emolisi cronica (anemia emolitica congenita non sferocitosica), le concentrazioni di emoglobina sono assai variabili, caratterizzandosi pertanto forme di anemia lieve, asintomatiche, e forme ben più severe. L’esposizione ai medesimi fattori in grado di precipitare un’emolisi acuta negli individui predisposti tende ad aggravare l’entità dell’anemia.

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