Introduzione alla Psicologia - PDF

Summary

Questo documento fornisce un'introduzione alla psicologia, esplorando le sue origini storiche, i metodi scientifici e le diverse scuole di pensiero. L'autore presenta le basi della psicologia, la psicologia ingenua, e alcuni dei primi approcci come la psicofisica e la riflessologia. Il focus è sull'evoluzione della psicologia come disciplina scientifica.

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La consulenza viene data in centro o in zona, la privacy è tutelata anche perché gli psicologi non sono dell’università ma sono persone esterne. Man mano la professoressa metterà le diapositive nella comunità didattica. La professoressa consiglia comunque l’utilizzo di un testo, sono tutti validi. T...

La consulenza viene data in centro o in zona, la privacy è tutelata anche perché gli psicologi non sono dell’università ma sono persone esterne. Man mano la professoressa metterà le diapositive nella comunità didattica. La professoressa consiglia comunque l’utilizzo di un testo, sono tutti validi. Tratteremo alcuni argomenti indicati sul syllabus perché la psicologia generale è davvero ampia. Consiglia in testo Zorzi-Giroto del mulino, uno più piccolo di Anolli-Legrenzi sempre del Mulino oppure “introduzione alla psicologia” di Atkinson & Hilgard, è molto grosso e interessante per chi è appassionato di psicologia. INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA Psicologia diventa esame obbligatorio a medicina a fine anni 80/90, prima era un complementare facoltativo. È possibile però occuparsi della persona senza tener conto degli aspetti psicologici? Chiaramente no. Cos’è la psicologia? Le risposte sono state: Scienza che studia i comportamenti umani Scienza che studia la psiche. L’etimologia della parola psicologia è psiche+logos ossia discorso sull’anima. L’idea che esistesse un cervello, un sistema nervoso, una sede a livello cerebrale di alcune funzioni non esisteva, bensì si parlava di anima. Viene poi introdotto il concetto di psicologia ingenua (esempio: vedi un’amica imbronciata e ti fai delle ipotesi sul perché sia imbronciata che cerchi poi di verificare). È la psicologia che attuiamo noi ogni giorno, è legata ad aspetti empirici e approssimativi. È diversa però dalla psicologia accademica, quest’ultima infatti è una disciplina scientifica ossia segue il metodo scientifico quindi viene verificata, dimostrata e viene verificato anche il suo contrario al fine di verificare al meglio la disciplina. Si dota quindi di metodologie e di strumenti per attuare una misurazione di fenomeni che sia il più possibile rispondente ad una serie di criteri quali la replicabilità, l’oggettività e la sistematicità in modo tale che il percorso che io faccio in un esperimento o in uno studio scientifico possa essere reso pubblico ad altri che possono percorrere lo stesso mio percorso e vedere se i miei 3 risultati sono replicabili. Bisogna però essere sicuri di aver controllato gli elementi che possono falsificare la mia tesi. Quindi in definitiva la psicologia è lo studio scientifico dell’attività psichica e del comportamento umano. La psicologia scientifica si distingue dall’accezione filosofica dello studio dell’anima, indaga con metodi sistematici i processi psichici e le manifestazioni comportamentali dell’individuo umano. ORIGINI STORICHE DELLA PSICOLOGIA Nasce a fine 1800 sulla scia delle ultime correnti, ormai terminate, illuminista e positivista ossia quelle correnti culturali e filosofiche che consentono la nascita del metodo scientifico e delle scienze. La psicologia nasce nel 1879 nel panorama delle scienze del ‘800. Nasce sulla base delle idee di due diverse discipline: Fisiologia: i fisiologi erano molto interessati a comprendere il funzionamento della psiche su basi empiriche e misurabili Filosofia: cominciamo con Cartesio e la sua idea di persona come composta da una res cogitans e una res extensa (ripreso più avanti, spiega il limite della filosofia di Cartesio: lui creò una scissione tra mente e corpo, inizialmente fu importante perché dava dignit à alla mente ma questa scissione creò l’idea che una cosa era il corpo mentre un’altra era la mente ma in realtà gli approcci attuali dicono che questa separazione è una separazione puramente fittizia perché nulla è nella mente che non sia stato prima nei sensi, “l’io iniziale è un io corporeo”-Freud. Quindi prima conosciamo con il corpo e poi l’esperienza viene elaborata e diventa mente, ossia memoria, pensiero, ecc…, che influenza il modo in cui ci sentiamo nell’ambiente). Fu il primo ad introdurre un’ “area pensante”. Poi si iniziò a parlare di intelletto con Hume, Comte, ecc… Inoltre alcune scoperte neuroanatomiche e neurofisiologiche iniziano a dare indizi su come funziona la mente e il sistema nervoso e sulle basi di funzionamento della mente. In questo panorama delle scienze però la psicologia deve affrontare un problema: per entrare nell’accademia delle scienze deve sottostare all’idea di scienza dal sapore illuministico e positivista ossia ciò che è scientifico è misurabile, tangibile, oggettivo. Quindi la psicologia (così come tutte le scienze umane) fatica ad integrarsi in questo panorama perché non è una scienza quantificabile, è soggettiva, è relativa, è condizionabile, tratta fenomeni multi determinati, quindi sono complessi e sono influenzati da tanti aspetti. Inoltre la psiche non è direttamente osservabile ma va osservata tramite i suoi atteggiamenti e le sue manifestazioni. Quindi la psicologia ha avuto un momento di grande difficoltà per inserirsi nel panorama delle discipline scientifiche basate sulla scienza dura ossia basate sull’idea di causa -effetto, sull’oggettività, basate sul paradigma dell’epoca che era il paradigma della fisica newtoniana ossia della scienza esatta (separazione tra il soggetto che studia il fenomeno e l’oggetto studiato). Per prima cosa doveva trovare dei metodi di studio adatti a studiare un oggetto così non quantificabile, intangibile, condizionabile, relativo, in generale complesso. L’oggetto di studio della psicologia, ossia l’attività psichica, di fatti non si può vedere, pesare, misurare, confrontare le misure o replicare. Parleremo di percezione, attenzione, coscienza, memoria, intelligenza, pensiero, linguaggio, motivazione, emozione, comunicazione ecc… (la professoressa non è sicura che riusciremo a farle tutte) e sono aree molto ampie di studio in cui ogni singola facoltà citata prima si porta dietro studi e scuole di studi per via della loro complessità. 4 Dal punto di vista epistemologico fu necessario un cambiamento di paradigma che permise alle scienze umane di affermarsi all’interno del panorama delle scienze, questo cambiamento avvenne nel modo di concepire la scienza da parte delle scienze dure/le scienze esatte ad esempio la mela di Newton: lui parte da un paradigma di scienza positivista che prevede una netta separazione tra il soggetto che studia il fenomeno e l’oggetto studiato, quindi il presupposto è lo studio di fenomeni oggettivi). Anche la fisica (si pensi ad Einstein e Heisenberg) ha dovuto attuare questo cambio di paradigma e abbracciare aspetti di complessità che per le scienze umane erano pane quotidiano, dovettero abbracciare l’idea che i fenomeni non possono essere studiati in maniera semplicistica e oggettiva come si riteneva nell’ideale di scienza positivista/illuminista, la mente umana non è in grado di svelare la natura ma deve approcciarsi con atteggiamento umile di fronte alla complessità della realtà ma anche di sé stessa. Questo atteggiamento umile deve rifarsi a delle metodologie sistematiche che permettano la rigorosità dei complessi di conoscenza anche davanti a dei fenomeni di tipo complesso. Il paradigma della scienza moderna ammette quindi una reciproca influenza tra soggetto indagante e oggetto indagato. (la professoressa dice che se qualcuno non ha basi filosofiche per cui trova certi argomenti un po' acerbi non si preoccupi perché non chiederà questi aspetti, voleva solo mettere in luci le radici storiche della psicologia e le problematiche che ha dovuto affrontare anche perché sono difficoltà che si riscontrano anche oggi). La psicologia come le altre scienze ha dei limiti, ogni studio possiede dei limiti a dimostrazione del fatto che il sapere non è assoluto/oggettivo ma un sapere parziale ottenuto in modo sistematico, rigoroso, oggettivo, con tutta una serie di prescrizioni metodologiche e in grado di riconoscere i limiti della conoscenza (limiti di generabilità). Di seguito uno schema che ricorda i punti del pensiero della filosofia e della scienza di ieri e oggi. Per convenzione la nascita della psicologia scientifica viene fissata nel 1879 nel laboratorio di Wundt a Lipsia. Nel 1883 G. Stanley Hall fonda il primo laboratorio di psicologia sperimentale negli USA. Nei laboratori si studia un po’ di tutto soprattutto all’inizio (in Europa sono nate scuole di psicologia tutte diverse), venivano quindi misurati diversi fenomeni. Nacquero diversi approcci metodologici, scuole di pensiero, teorie e orientamenti che furono alla base della nascita della psicologia: psicofisica, riflessologia, neuropsicologia, psicoanalisi, evoluzionismo. Esse nacquero perché il panorama scientifico chiedeva quello: se la psicologia è una scienza, allora bisognava dimostrare come si misura… per questo molti studiosi tra cui biologi, fisiologi lavorarono per trovare una correlazione tra funzionamento psichico e le basi neurali. PSICOFISICA 5 Nacque in Germania nella seconda metà del 1800 da a Weber e Fechner (biologi), fu molto seguito e studiato perché i suoi esponenti pensavano che l’attività psichica potesse essere misurata. Facevano studi sulla sensazione e sulla percezione tanto che arrivarono a creare un’equazione sulla sensazione (a volte abbiamo l’idea che le sensazioni che noi riceviamo, che sono dovute a cambiamenti chimico elettrici dei nostri recettori, siano in rapporto semplicistico/lineare con la realtà, tocco un oggetto con una data temperatura e avrò una data sensazione. Loro dimostrarono che la sensazione segue una curva logaritmica, non lineare rispetto all’intensità della percezione): Sensazione = k log stimolo + h Un altro aspetto interessante che ha sostenuto la possibilità di dimostrare che le funzioni psicologiche hanno una base misurabile e un corrispettivo neurale, è stata la scoperta di Von Helmholtz ossia la velocità di conduzione nervosa: dimostrò che l’impulso nervoso viaggia sui nervi ad una data velocità, trovò che l’impulso viaggiava a 26,4 m/s nel 1852 (oggi si sa che la velocità varia tra i 5 m/s e i 120 m/s). Le scoperte di psicofisica furono fondamentali per il sostegno di una idea di psicologia come scienza che studia fenomeni misurabili. Un altro aspetto interessante fu la cronometria mentale: Donders facendo una serie di esperimenti in laboratorio si accorge che gli individui di fronte allo stesso stimolo rispondono con tempi diversi. Questi tempi vengono definiti tempi fisiologici (nel 1871 Exner li definisce tempi di reazione, termine usato anche oggi) che non dipendono dagli individui ma dalle operazioni mentali ossia dalla quantità di passaggi che la nostra mente fa per svolgere un compito (esempio presento a una persona un compito che consiste nell’individuare un target, poi distinguerlo da un altro target, infine schiacciare un bottone: 3 operazioni. Il tempo sarà diverso se chiedo a un altro individuo di trovare il target e schiacciare un bottone). Propone il metodo sottrattivo: per studiare le operazioni mentali proponiamo dei compiti agli individui dove ipotizziamo ci siano diverse operazioni e vediamo poi se, proponendo altri compiti più semplici i tempi saranno diversi e se così è allora esistono le operazioni mentali. RIFLESSOLOGIA Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 in Russia dei fisiologi avevano la stessa convinzione ossia che l’attività mentale avesse come base degli aspetti neurologici e fisiologici cioè tutti gli aspetti psichici sono riconducibili ad aspetti fisiologici che soggiacciono alle leggi dell’apprendimento. Pavlov e Sechenov scoprirono i principi alla base dell’apprendimento che chiamiamo condizionamento classico che si evolverà in condizionamento operante (scoperto dagli americani). Consiste nell’idea che gli individui (umani e non) apprendono dall’esperienza sulla base di precisi meccanismi fisiologici che permettono la registrazione della traccia mnestica e della reazione. NEUROPSICOLOGIA Un altro aspetto fu quello neuropsicologico che si evolverà nelle neuroscienze cognitive che si avvalgono di tutte le tecnologie non esistenti al tempo come ad esempio le neuroimmagini. La neuropsicologia studia le basi neurali delle funzioni mentali e nella seconda metà del 1800 anche a causa di aspetti legati ai conflitti che hanno incrementato gli studi e le conoscenze sul sistema nervoso centrale dovute a schegge, proiettili, lesioni al sistema nervoso centrale mettevano in luce la perdita o il cambiamento di alcune funzioni mentali e quindi si incominciò a capire che il nostro cervello ha una proprio fisionomia ed è composto da aree che presiedono specifiche funzioni ed esistono aree specifiche indipendenti da altre funzioni (se lesioniamo un area del cervello noi 6 perdiamo la funzione associata a quell’area). Paul Broca scoprì l’area del linguaggio (l’area di Broca) esaminando un paziente con una lesione in un’area specifica del cervello, che aveva perso la capacità di produrre parole. Carl Wernicke invece scoprì l’area sensoriale del cervello che presiede alla comprensione delle parole (l’area di Wernicke). Queste due ricerche inaugurarono una serie di studi di tipo neuropsicologico che erano mirati ad andare a studiare quali erano le basi neurali delle nostre funzioni neurali e permisero inoltre di comprendere come era fatto il nostro cervello e come ogni area avesse specifiche funzioni. Ha 4 lobi con funzioni specifiche: Lobo frontale: qualità intellettive, caratteristiche della personalità e funzioni cognitive superiori, funzioni esecutive, area del giudizio, area del monitoraggio, area del controllo, area dell’attenzione Lobo temporale: sede dell’intelligenza, percezione uditiva, olfattiva, sede dell’apprendimento e della memoria dichiarativa Lobo parietale: percezioni somatosensoriali, gustative, attenzione, elaborazione dei numeri Lobo occipitale: importante per la percezione visiva Inoltre esiste la neurocorteccia che ci permette di essere ciò che siamo e che ci distingue dagli animali e ha funzione sensoriale, motoria, integrativa delle altre funzioni. 7 PSICOANALISI Fondata da Freud verso la fine del 1800. È una teoria molto discussa e non abbracciata da tutti gli psicologi. È una teoria descrivibile come un metodo d’indagine che permette di indagare i processi psichici (ad esempio metodo delle libere associazioni), è un approccio terapeutico che permette di curare una psicopatologia. Ai tempi non si credeva che i problemi psicologici, psichiatrici potessero dipende dal rapporto con l’ambiente, il contesto, i traumi, le relazioni… si pensava che questi problemi avessero derivazione esclusivamente genetica. Non si pensava che per queste patologie potesse esserci cura e quindi i malati mentali venivano allontanati in manicomi, Freud invece distinse i malati psichici di derivazione genetica dai malati psichici di altra derivazione (solitamente derivazione dall’esperienza). Ora il corpus di teorie psicanalitiche è molto vasto e permette di comprendere il funzionamento psichico normale e patologico. La teoria freudiana è conosciuta per il concetto di inconscio ma l’eredità più grande che questa teoria ci ha lasciato è il modo in cui è stata concettualizzata l’importanza delle relazioni interpersonali e della loro influenza sulla crescita e sullo sviluppo psicologico. EVOLUZIONISMO Teoria fondata da Charles Darwin: la specie che sopravvive è la più capace di adattarsi al cambiamento. È stata di enorme importanza per tutte le discipline per quanto riguarda la storia, l’evoluzione della natura umana. Per la psicologia questa teoria è importantissima perché il concetto di adattamento ricopre un ruolo centrale perché il benessere e la salute degli individui sia in relazione con la capacità di adattarsi in modo positivo rispetto al cambiamento. LE GRANDI SCUOLE DELLA PSICOLOGIA La professoressa dice che è importante sapere di cosa parlano e le differenze perché capiterà di avere a che fare con persone che si stanno sottoponendo a terapie di tipo cognitivo-comportamentale, relazionale, umanistico, psicodinamico Furono scuole che inaugurarono lo studio psicologico e della natura umana 8 GESTALT Sorge in Germania da Wertheimer, Kohler, Koffka e Lewin agli inizi del 1900. La domanda che anima questa scuola è: qual è la forma che la mente dà alla nostra esperienza? Il concetto di base della gestalt riprende l’etimologia propria della parola ossia “forma organizzata”. I gestaltisti avevano un motto: quando ci rapportiamo con un fenomeno dobbiamo ricordarci che il tutto è qualcosa di diverso dalla somma delle singole parti, ad esempio prendiamo un insieme di persone, il gruppo ha una sua fisionomia, una sua identità che vanno oltre i singoli. Quindi quando la mente si rapporta con la realtà la mente dà forma alla realtà attraverso un rapporto di tipo dialogico, ad esempio quando ci rapportiamo a qualcun altro noi vediamo l’altro attraverso la nostra lente e quindi costruiamo una visione d’identità dell’altro. In particolare loro si interessarono della percezione visiva andando a dimostrare che la mente organizza la realtà. Osservando l’immagine sotto chiunque direbbe di vedere due triangoli sovrapposti uno bianco e uno nero adagiati su dei cerchi. In realtà i triangoli e i cerchi non sono rappresentati, sono rappresentati tre cerchi a cui manca una “fetta” e tre linee ciascuna a formare un angolo acuto disposti in modo che un’estremità di una linea converga con un’estremità dell’altra (il tutto è di più ed è diverso della somma delle singole parti). COMPORTAMENTISMO Ha avuto dei fondatori che nel dubbio di come trovare il metodo per studiare la complessità hanno tagliato corto e hanno deciso di non studiare la complessità ma di studiare solo i fenomeni visibili e oggettivi, quindi i comportamenti. È inutile chiedersi ciò che una persona pensa, ciò che desidera o ciò che pensa perché per loro era sufficiente osservare e analizzare i comportamenti. Fu un approccio criticato perché se si studia la complessità ci si avvicina di più allo studio sistema tico e scientifico e quindi ci si avvicina di più all’idea di scienza dura che era “richiesta”. Nasce intorno agli anni 20 del 1900 e il grande contributo che diede fu quello di creare i setting sperimentali di osservazione del comportamento, loro infatti crearono tantissimi laboratori in cui facevano esperimenti con gli animali come per esempio il condizionamento con i cani facendogli sentire un rumore forte associandoci degli odori sgradevoli o gradevoli alterando quindi la reazione e il comportamento (emersero però dei limiti del condizionamento sia su animali che su umani). COGNITIVISMO 9 Nasce negli anni ’50 (periodo in cui nascono le scienze computazionali), altri studiosi abbracciano la modalità di studio rigoroso in laboratorio dei fenomeni psichici includendo anche fenomeni cognitivo facendo nascere le scienze cognitivo-comportamentali inserendo l’approccio del comportamentismo in una visione scientifica che va ad indagare oltre che i comportamenti anche le funzioni cognitive. Il cognitivismo ha come obiettivo lo studio sperimentale dei processi mentali e la metafora che creano i cognitivisti: mente come elaboratore incessante di informazioni. Quindi noi siamo elaboratori incessanti di informazioni esterne e possediamo un deposito di memoria dinamico che si riorganizza ogni giorno rispetto alle nuove esperienze, noi siamo la memoria di noi stessi (la nostra identità, le nostre convinzioni, ecc… dipendono dalle esperienze che abbiamo vissuto e dal modo in cui le abbiamo elaborate). Il cognitivismo studia la mente come elemento intermedio tra comportamento e attività cerebrale e neurofisiologica. Un’altra metafora che utilizzavano è la seguente: il nostro cervello è l’hardware e la nostra mente è il software. La differenza tra mente e cervello è che il cervello è il nostro substrato neurale che è circa simile in ogni individuo (nel 1800 si pensava che i malati mentali, i delinquenti, ecc… avessero un cervello diverso da quello altrui ma in realtà non è così) mentre la mente è ciò che cambia ed è più dinamica, pur a parità di funzioni questa è diversa negli individui perché viene condizionata dalle esperienze (una volta si pensava che il patrimonio genetico fosse unico artefice di ciò che si era, in realtà esperienza e patrimonio genetico hanno un’influenza, secondo gli studiosi, del 50% ciascuno sulla crescita/formazione dell’individuo). PSICOLOGIA UMANISTICA È la scuola psicologica che si distacca dalle precedenti che lavoravano più in laboratorio e quindi lavoravano con una misurazione importante dei fenomeni. La psicologia umanistica “esce” dai laboratori e lavora incontrando l’individuo. Carl Rogers fu colui che parlò di una terapia centrata sulla persona, sottolineò che se ci si vuole prendere cura di qualcuno non bisogna solo puntare ad essere competenti, applicativi, ecc… ma bisogna puntare a guardare e occuparsi della persona nella sua complessità, fu infatti colui che inventò il counseling che per lui era una forma di ascolto e di affiancamento della persona con il quale il terapeuta non dice alla persona ciò che deve fare, come deve comportarsi, cosa deve cambiare ma piuttosto sostiene il cambiamento del paziente ascoltandolo con empatia, con rispetto e riconoscendo alla persona ciò che quest’ultima sta provando. Pone quindi al centro l’uomo, la sua esperienza soggettiva e i suoi bisogni fondamentali come quelli di socialità, di autostima, di autoaffermazione (su questo punto il suo paziente più famoso fu Maslow che creò una piramide dei bisogni). Lui dice che ci sono 3 condizioni essenziali del medico che permettono alle persone di affrontare i problemi e sono: Empatia Rispetto Autenticità Quando una persona si sente incontrata da un operatore che possiede queste tre caratteristiche riesce ad essere sé stesso/a e si sente nelle condizioni di sentirsi libera di esprimersi, parlare ed essere aiutata. Sostiene inoltre che quando mi accetto e accetto i miei difetti io mi trovo nella strada per attuare un cambiamento. Anche il terapeuta per aiutare gli altri deve in primis accettare sé stesso e i suoi problemi così da essere in grado di accettare quelli degli altri. 10 PSICOLOGIA DINAMICA Sono scuole che hanno seguito l’approccio relazionale della psicoanalisi. In questo approccio l'attività psichica e la mente dell’individuo sono viste in incessante interazione dinamica con il contesto relazionale e con l’ambiente (anche le neuroscienze cognitive moderne sono interessate a questo aspetto). La relazione interpersonale è ciò che ci fa diventare una persona, si riconosce l’enorme importanza dello sviluppo. 11 Sbobinatore: Viola Benaglia Revisore: Riccardo Capelli Materia: Psicologia generale Docente: Anna Della Vedova Data: 11/10/2024 Lezione n°: 2 Argomenti: Introduzione psicologia generale Domanda: ‘’criticavano Freud perché le sue teorie non erano falsificabili. Ma anche la psicologia non è falsificabile? La Professoressa risponde dicendo che questa è una domanda complessa, infatti quello che si cerca di fare con la psicologia sperimentale fu proprio creare un impianto che permettesse anche la falsificabilità delle ipotesi. Effettivamente la problematica della psicanalisi era che il clinico avvalorava le sue ipotesi esclusivamente attraverso dei casi positivi, e non si curava del contrario, ovvero se le persone potessero avere quel decorso anche in assenza della psicoterapia. La psicologia scientifica ha cercato dunque di procedere con un metodo sperimentale che cerca di comprendere se effettivamente un fenomeno è influenzato da una determinata variabile e non da altre, confrontando anche con condizioni diverse. INTRODUZIONE PSICOLOGIA GENERALE SCUOLE DI PSICOLOGIA Excursus sulle scuole della psicologia (la Professoressa sollecita a studiarle bene siccome c’è sempre domanda sulle scuole all’esame) 1. Gestalt, una scuola che nasce in Germania a inizio 900 ed era composta da ricercatori tra cui Köhler (interessato anche al pensiero e al funzionamento cognitivo degli scimpanzé), Koffka, Lewin e Wertheimer (i quali si sono occupati della percezione visiva). Questi ricercatori avevano un approccio fenomenologico, ovvero si occuparono di comprendere quale è la forma che la nostra mente dà alla realtà quando la conosce e la vede. La scuola della Gestalt infatti analizza la forma che la mente dà all'esperienza attraverso l'organizzazione percettiva. Noi infatti non conosciamo l’essenza cose, il noumeno (rifacendoci alla dicotomia kantiana), perché nel momento in cui vediamo qualcosa la riorganizziamo nella nostra mente. Il nome della scuola richiama proprio questo concetto, la Gestalt è la ‘’forma organizzata’’, infatti il loro motto era ‘’Il tutto è diverso ed è di più della semplice somma delle singole parti’’. I gestaltisti ritengono infatti che ci che avviene quando si è in gruppo è che si crea un’identità e un pensiero di gruppo, dovuti alle relazioni tra le persone e non alla natura stessa delle persone; dunque il gruppo non è riconducibile alla semplice somma delle individualità. A questo pensiero si oppone quello delle scuole che invece sostengono che la realtà deve essere studiata andando a sommare le singole parti che la compongono. La professoressa anticipa la figura 1 (che analizzeremo meglio quando approfondiremo il tema della percezione) per spiegare il concetto di “forma organizzata” e domanda alla classe cosa vede guardando questa immagine. Quello che ingenuamente chiunque crede di vedere è un triangolo bianco appoggiato su un triangolo con il profilo nero e su tre dischi ai vertici. In realtà i gestaltisti affermano che l’immagine rappresenta solo tre cerchi a cui manca una fettina (Pac man) e tre gruppi di segmenti che convergono formando angoli acuti. Questo fenomeno accade perché ci che la nostra mente vede non è ci Figura 1 che c’è disegnato sul foglio. Infatti la nostra mente riorganizza, ed elabora ci che vede attraverso una serie di processi veloci (detti inferenze) i quali fanno si che quando guardiamo qualcosa, prima di cogliere tutti i particolari, interpretiamo l’insieme, perché abbiamo bisogno di un’economia mentale che ci faccia funzionare in fretta. Questo fenomeno riguarda anche la 1 lettura, spesso infatti ci capita di leggere una frase giusta che invece è sbagliata perché la lettura è un processo automatizzato, un’inferenza velocissima dell’aspetto più probabile che pu avere una frase. Riassumendo la scuola della Gestalt ha studiato soprattutto la percezione visiva. 2. Comportamentismo nasce intorno agli anni ’20, apparentemente contraddice il discorso precedente sulla psicologia e la complessità di trovare il proprio paradigma e metodi specifici. Il comportamentismo è una psicologia che si basa sul concetto secondo cui la testa è come una scatola nera nella quale io non posso entrare e nemmeno misurare ciò che pensano gli altri, per questo è necessario osservare il comportamento che al contrario della testa, è misurabile in ogni sua forma. È dunque una scuola che si basa sull'assunto secondo cui l'unica fonte di informazione scientifica è il comportamento osservabile. Ha avuto una grandissima fortuna perché basata sullo studio del comportamento e dell’apprendimento, sono infatti del comportamentismo tutti gli studi sul modo in cui si pu indurre qualcuno a comportarsi in un certo modo. (in poche parole la pubblicità e il marketing nella loro fase più precoce si sono basati su tali principi) Il comportamentismo presenta per dei limiti, infatti l’osservazione del comportamento non andava mai a prendere in considerazione i fattori interni, ad esempio se studiamo un animale che viene sottoposto a determinati stimoli e risponde in un certo modo, guardando solo il comportamento dimentichiamo di considerare se ha già avuto un apprendimento di questo genere o se ha un’aspettativa rispetto a questo stimolo. Questi aspetti sono stati infatti criticati da altre scuole (in particolare la scuola cognitivista) a tal punto che il comportamentismo puro non esiste più ma si sono unificate le due scuole, proprio per questo oggi si parla di scuole cognitivo-comportamentali. Nonostante questo sono stati “tenuti buoni” gli aspetti meritevoli di tale scuola di pensiero, tra essi soprattutto le ottime tecniche di laboratorio (ad esempio i sistemi di videoregistrazione per verificare come gli animali modificavano il proprio comportamento in seguito a stimoli) 3. Cognitivismo, nasce come critica del comportamentismo negli anni ’50, Il suo obbiettivo è lo studio sperimentale dei processi mentali attraverso i quali le informazioni sono acquisite dal sistema cognitivo ipotizzando delle semplici operazioni che il nostro sistema cognitivo svolge quando risolve un problema e creando dei piccoli test per vedere se la mente svolge effettivamente quei processi. Da qui nasce lo studio della neuropsicologia cognitiva, che oggi si avvale di una serie di test definiti ‘’carta e matita’’ i quali permettono di studiare le funzioni cognitive come ad esempio l’attenzione delle persone. (nei bambini è frequente il test che chiede di verificare quante campanelle sono viste in un determinato momento). In sostanza l’obbiettivo di questi test è di cercare di ipotizzare delle funzioni cognitive e poi misurarle. Questo movimento è importantissimo poiché si è proposto di studiare in modo sperimentali le funzioni cognitive, tra cui la memoria, l’attenzione e il pensiero. La metafora di questa scuola è ‘’la mente come lavoratore incessante di informazione’’ Ci che è straordinario nella nostra mente è che noi funzioniamo incessantemente in una continua e complessa elaborazione di tutto quello che ci accade. Percepiamo, selezioniamo, elaboriamo stimoli di cui spesso non siamo consapevoli e li rappresentiamo. Infine queste rappresentazioni, che sono il frutto dell’apprendimento, guidano la nostra condotta. Quindi il cognitivismo studia la mente come elemento intermedio tra comportamento e attività cerebrale neurofisiologica. Le funzioni cognitive sono la dimostrazione del funzionamento della nostra attività cerebrale. La professoressa fa una riflessione sul fatto che pur essendo a conoscenza delle malattie psichiche, in passato ci fossero manicomi e strutture non adeguate a curare i “malati di mente”. Questo perché in realtà le teorie sopra citate erano poco sviluppate e poco diffuse nella popolazione (e non lo sono tutt’ora, non venendo insegnate come materia nelle scuole). 4. Psicologia umanistica. Basta sul pensiero di Carl Rogers, (un pensiero che si adatta molto alla professione medica), egli fu infatti il primo a parlare di psicoterapia e di approccio incentrati sulla persona, la sua idea era di mettere la persona al centro, e sosteneva che per incontrare le persone dobbiamo avere 3 qualità fondamentali soprattutto per l’operatore sanitario. Nello specifico: 2 l’empatia, è la capacità di sentire e cogliere le emozioni dell’altro; Il rispetto è la capacita di mettere da parte i pregiudizi, che non possono essere cancellati perché la nostra mente continua a catalogare. Nonostante questo quando dobbiamo occuparci e curare le persone dobbiamo conoscere i nostri pregiudizi e aprirci con rispetto, perché il rispetto dell’altro è la possibilità di guardarlo cosi come è; Infine l’autenticità che sta nel fatto di sentirsi bene con se stessi, conoscere i propri limiti e sapere cosa possiamo fare non cadendo nell’onnipotenza. (Le persone capiscono e sentono quando abbiamo questa qualità ed è più disposta ad aprirsi e a collaborare). Secondo Rogers, la persona che incontra qualcuno che è disposto ad ascoltare senza pregiudizi, si trova nella condizione più favorevole al cambiamento, e quindi nell’ambito medico, alla guarigione. I limiti vanno prima di tutto accettati e solo dopo si può agire verso un cambiamento graduale e non netto. Rogers ci espone oltretutto un paradosso molto interessante secondo il quale: quando io riesco ad accettarmi sono già nella condizione di poter cambiare. (figura 2) A volte facciamo fatica a cambiare perché cerchiamo di combattere i nostri difetti quando invece dovremmo accettarli, con la sofferenza che questo implica. Molto importante è quindi Il momento dell’ascolto rispetto all’altro, Figura 2 definito “Counseling” Ascoltare vuol dire capire anche ci che l’altro non dice, quindi ascoltare anche con gli occhi. La professoressa approfondire che l’allievo di Rogers, Maslow ha parlato della teoria dei bisogni irrinunciabili, fondamentali delle persone. PISCHE E RELAZIONI Un aspetto importante dell’idea della teoria dinamica è che la persona si costruisca in un incessante interazione dinamica con il contesto relazionale e con l'ambiente. La relazione interpersonale è ci che ci fa diventare una persona, noi siamo l’esito di tutte le relazioni e di tutti gli incontri che abbiamo fatto, molto importante è quindi anche lo sviluppo. La psicologia psicoanalitica, si rifà alle teorie di Freud, poi sviluppatesi in diverse scuole nel periodo post- freudiano. - L’errore di Cartesio (A. Damasio, 1995)——> secondo Damasio Cartesio (autore della locuzione ‘’cogito ergo sum’’) dava eccessiva rilevanza al raziocinio. A differenza sua Damasio, come nella psicanalisi moderna, dà molta più importanza alle emozioni, ci ricorda che noi entriamo nel mondo come esseri emotivi prima ancora che razionali, il bambino infatti funziona secondo la sensorialità. Per questo suggerisce ‘’ mi emoziono e quindi sono’’. Secondo Damasio dobbiamo dunque partire dalla capacità di rielaborare e provare emozioni per comprendere una persona, perché queste stanno alla base della creazione del pensiero e di quello che siamo. METODO Si definisce metodo l’insieme delle prescrizioni atte a svolgere un’attività in modo ottimale. I protagonisti della storia del metodo sono Cartesio con ‘’il discorso sul metodo’’ e Bacon ovvero il primo che ha messo in atto il metodo sperimentale. Già Socrate evidenziava che ogni attività rivolta al conoscere deve sottostare a delle regole: c'è un rapporto tra la validità di una conoscenza e il metodo con cui è stata raggiunta. Quando apprendiamo qualcosa attraverso un articolo dobbiamo vedere come questa 3 conoscenza è stata ottenuta e se i metodi sono stati spiegati in modo chiaro permettendoci di capire esattamente cosa è stato misurato e come si è arrivati a determinate conclusioni. In filosofia distinguiamo due metodi di base per la conoscenza: metodo induttivo, (dal particolare al generale) metodo ipotetico/deduttivo, (da ipotesi a priori al particolare) Caratteristiche del metodo scientifico e passaggi da tenere a mente: DEFINIZIONE DELL'OGGETTO DI INDAGINE DEFINIZIONE COERENTE DI TUTTE LE COMPONENTI DEL PROCESSO DI CONOSCENZA; DEFINIZIONE DEI METODI E STRUMENTI ATTI A STUDIARE QUEL DATO FENOMENO; METODOLOGIE DI CONFRONTO E RIPETIBILITA’ METODI E RISULTATI. I metodi usati in psicologia sono: Metodo sperimentale, lo usiamo di più in psicologia generale; Metodo clinico, usato in psicologia clinica e nel rapporto con paziente; Metodo comparativo, legato a etologia, comparazione tra comportamento umano e animale. METODO SPERIMENTALE è quello che più spesso viene associato al metodo scientifico (figura 3), anche se sappiamo che con il termine metodo scientifico non riguarda solo lo studio di laboratorio ma esistono anche dei metodi sistematici che sono svolti sul campo. Quando si studia scientificamente un fenomeno si passa attraverso queste fasi: Osservazione, osservo il fenomeno che voglio studiare; Formulazione delle ipotesi, mi domando cosa voglio verificare; le ipotesi possono essere: - Ipotesi indotte: ovvero quelle che si formulano dopo l'osservazione dei fatti e dei fenomeni -Ipotesi dedotte: si formulano da conoscenze/leggi già note. Verifica delle ipotesi, dobbiamo implementare il vero e proprio disegno sperimentale, un procedimento molto complesso che inizia con la definizione operativa delle variabili. (Per esempio l’emozione, i gesti, il rapporti con altri, la comunicazione non verbale) Figura 3 La definizione operativa delle variabili ci dice quale variabile studiare per indagare il fenomeno generale: - variabili indipendenti (VI), ovvero quelle che influenzano il fenomeno - variabili dipendenti (VD), ovvero quelle che noi osserviamo - variabili intervenienti posso influenzare il fenomeno se io non le controllo. Altri aspetti importanti di questa fase: - Scelta del campione che può essere casuale (l’assegnazione casuale dei soggetti è scelta migliore) o è un campione selezionato. - Scelta di procedure e strumenti, come questionario o metodo di video osservazione - Definizione di analisi statistiche 4 -Il campione, per avere una tesi il più generale possibile, deve essere il più omogeneo possibile (sesso ed età). Se voglio verificare qualcosa di più specifico cercher invece un campione più selezionato (esempio del grado di soddisfazione dei giovani universitari, il campione saranno solo i giovani che frequentano l’università e sarà differente dal risultato che potrebbero dare i giovani lavoratori) Elaborazione dei dati (tramite procedure matematiche e statistiche) e infine la discussione dei risultati (di natura probabilistica) ponendo particolare attenzione alle conclusioni a cui si arriva per evitare : - Errore del I° tipo = credere vera un’ipotesi falsa, si incorre in questo errore se non si controllano alcune variabili, i risultati ottenuti non sono accurati perché altre variabili che non ho preso in considerazione hanno influenzato il risultato. - Errore del 2° tipo= credere falsa un’ipotesi vera, è il meccanismo contrario, io faccio l’esperimento e l’analisi statistica infine scopro che l’ipotesi è errata. In realtà potrebbe non essere cosi, in alcuni casi la mia ipotesi avrebbe potuto essere corretta ma non avendo usato gli strumenti giusti il risultato ottenuto non ha confermato l’ipotesi, ma questo non significa che l’ipotesi presa in analisi fosse sbagliata. Esempio in passato per molti anni le ricerche affermavano che il fumo non era dannoso, in realtà quando si è analizzato questo fenomeno con gli strumenti adeguati si è scoperto che era così. I risultati non sono cristallini ma possono essere ingannevoli, proprio per questo dobbiamo innanzitutto essere attenti che non ci siano state altre variabili che influenzano il fenomeno (questo aspetto riguarda questione falsificabilità, ovvero dobbiamo metterci nella posizione di verificare tutte le condizioni in cui la nostra ipotesi non è vera), ma non dobbiamo nemmeno perderci d’animo se crediamo in un’ipotesi non confermata dall’esperimento perché potrebbe esserci un altro modo per studiare lo stesso tipo di fenomeno che mi dimostri che la nostra ipotesi non era sbagliata. ESPERIMENTO Si è chiesto agli studiosi di valutare l’azione del farmaco contro la depressione: Figura 4 In un primo esperimento (figura 4) gli studiosi hanno preso un campione di persone alle quali è stato sottoposto al tempo 1 un questionario sull’umore per verificare se avessero dei sintomi di depressione, dopodiché al tempo 2 viene loro somministrato un farmaco senza spiegare l’effetto di quest’ultimo, e al tempo 3 viene fatto compilare di nuovo il questionario sull’umore. Se il farmaco funziona a T3 il punteggio dovrebbe essere migliore. Risultati: 5 Figura 5 È un modo adeguato per valutare l’efficienza del farmaco? No, non è sufficiente. Questo (figura 5) è il classico esempio di errore di primo tipo, credo che sia vera un’ipotesi che invece è falsa. Infatti se rifaccio l’esperimento prendendo, non soltanto un gruppo sperimentale, ma anche un gruppo di controllo, (figura 6) posso valutare se i risultati positivi sono dati dal farmaco o sono solo un effetto placebo. (seguendo il metodo della falsificazione delle ipotesi se voglio essere sicuro che un aspetto sia dovuto all’effetto di una certa variabile devo controllare anche la procedura identica senza quella variabile). A T1 viene somministrato un questionario sull’umore, a T2, in modo casuale, a un gruppo viene dato il farmaco e all’altro il placebo, senza che le persone sappiano cosa hanno preso e infine si ridà il questionario. Questo esperimento è detto cieco, perché i pazienti non sanno cosa hanno assunto. Ancora meglio sarebbe l’esperimenti con doppio cieco, dove solo delle persone esterne sanno a chi viene somministrato il farmaco mentre sia chi lo assume che chi lo somministra non ne è a conoscenza. Questo perché anche chi lo somministra può essere influenzato nelle sue espressioni e nei suoi gesti dal fatto che sappia cosa sta somministrando. Figura 6 Si scopre che entrambi i gruppi danno la stessa differenza tra il prima e il dopo (figura 7). Questo significa che il farmaco non funzionava e che le persone solo per il fatto di aver preso un farmaco sono state influenzate. Questo esperimento ci ricorda di fare attenzione perché il metodo sperimentale è un metodo di grande rigore scientifico solo se lo si applica in modo molto preciso, e quindi se non abbiamo un gruppo di controllo non possiamo essere certi che quel farmaco abbia davvero influenzato l’umore. 6 Questo è il paradigma del metodo sperimentale di medicina. Figura 7 METODO CLINICO si concentra sul soggetto, è il metodo che si usa quando c’è il ‘’report del caso singolo’’, ovvero quando un’equipe racconta lo studio di un caso singolo, generalmente dà tante informazioni sulla base delle quali noi progettiamo degli studi sperimentali. Quindi ha una minore sistematicità ma dà informazioni preziose non ricavabili in altro modo. Esempio di uno dei casi più famosi di utilizzo del metodo clinico è il caso di Phineas Gage: nel 1948 questo signore, nella figura 8 ha avuto un incidente che gli ha causato una lesione focale (un’asta gli ha trapassato il cranio), fortunatamente è sopravvissuto, ma si scoprì che la sua personalità cambi completamente. La lesione focale aveva infatti leso il lobo focale, responsabile della capacità di riflessione, di giudizio, della morale, della coscienza e della capacità di inibire gli impulsi. Questo è stato il primo caso in cui si è dimostrato che c’è un’area del cervello che presiede all’inibizione degli impulsi. Da qui si è iniziato a studiare il lobo frontale e il suo funzionamento. Figura 8 METODO COMPARATIVO Confronta i comportamenti di specie animali diverse relazionandole all’uomo: - In laboratorio (studi sull'apprendimento, sul linguaggio, ecc.) - Nel contesto naturale (etologia) i comportamenti sono dettati dall'apprendimento o selezionati dall'evoluzione. MODELLI E IMPLICAZIONI PER LA CURA La psicologia è importante per gli operatori socio-sanitari per capire come relazionarsi al paziente. Questo perché ‘’curare’’ non è solo curare l’organo malato ma significa occuparsi della persona nella sua totalità, compreso quindi anche l’aspetto psicologico. Possiamo distinguere due modelli concettuali della cura contrapposti: 1. Biomedico, retaggio di una medicina di stampo paternalistico, basata su un approccio di tipo «disease centred» e «doctor centred» che dovrebbe essere superato al giorno d’oggi. Si fonda sull’idea che il medico è a conoscenza di tutto e il paziente non è altro che il soggetto passivo il quale deve seguire esclusivamente ciò che il medico dice. Si fonda sull’assunto ‘’Medico dice, paziente fa’’ un rapporto di cura basato sul vincere la malattia non sul prendersi cura della persona. Il modello biomedico si basa sulle seguenti premesse: 7 - Riduzionismo biologico: la malattia è ricondotta esclusivamente alla biologia - Salute = assenza di malattia= persona non considerata. - In questo modello la cura si rivolge solo alla parte malata non alla persona nella sua globalità - Schema eziologico classico dei disturbi: lesione d'organo —> difetto funzionale —> malattia 2. Modello bio-psico-sociale, (figura 9) proposto per la prima volta da Hengel in un articolo pubblicato su ‘’Science’’ Nel ’77. Egli non fece altro che riprendere ciò che trent’anni prima era stato detto dall’OMS ma che fondamentalmente non era applicato. Ovvero basarsi su un approccio centrato sul paziente visto come persona non sulla malattia. Bisogna spiegare al paziente non solo ciò che deve fare ma anche informarlo sulla sua condizione sul suo percorso terapeutico. Secondo il modello multidimensionale proposto dall'OMS (1947) nel suo atto di costituzione, la persona deve essere considerata nella sua globalità. Questo modello ci dice che la salute è condeterminata da: 1) benessere biologico 2) benessere psicologico 3) benessere sociale Questo aspetto sottolinea come la salute sia relativa a uno stato di completo benessere che riguarda tutte queste tre aree fondamentali. Inoltre bisogna tenere a mente che il benessere è influenzato e condeterminato anche dall’interazione dei diversi sistemi in cui la Figura 9 persona è inserita. Noi stiamo ‘’bene‘’ o ‘’male’’ a seconda di come funziona il nostro micro-sistema, ovvero la famiglia, il nostro meso- sistema, dove siamo educati e andiamo a scuola, il nostro eso-sistema ovvero la nostra rete sociale, e infine il nostro macro-sistema ovvero il periodo storico nel quale ci troviamo, che ci influenza. Il benessere dell'individuo si determina nell'interazione dei diversi sistemi di cui fa parte. (figura 10) - Bronfenbrenner, sostiene che supportare le famiglie è una delle chiavi per supportare il benessere di tutta la società, perché la famiglia è il sistema chiave di tutta la società. Un altro concetto centrale del modello bio-psico-sociele è quello di ‘’Empowerment’’attraverso il quale si considera il paziente come una persona, un collaboratore attivo per la sua salute, e non un soggetto passivo; per questo è necessario coinvolgerlo, informarlo e cercare di creare un rapporto di collaborazione in modo che il paziente diventi protagonista del proprio percorso di cura, infatti la salute non significa semplice assenza di malattia. Questo in un’ottica paternalistica sembra togliere potere a medico, in realtà è la base che permette al medico di poter vivere una vita serena. Quindi la medicina moderna sottolinea l’importanza di comunicare con il paziente e di coinvolgerlo nel processo di cura. Figura 10 Il primo studio che aveva dimostrato che l’aspetto della comunicazione medico-paziente è importante è andato ad analizzare i resoconti delle mamme che si recavano dai pediatri. Da questa analisi emerse che 8 le mamme che sentivano che il pediatra le aveva coinvolte, e informate sui processi di cura dei propri figli, avevano bambini perfettamente aderenti alla terapia, mentre le mamme che avevamo parlato con dottori molto professionali ma freddi, distaccati e non interessati a collaborare con loro, avevano bambini che non erano aderenti alla terapia. Da qui si è dunque cominciato a studiare come l’aderenza dei pazienti alla terapia possa essere legata alla buona relazione con il medico e si è scoperto che è effettivamente così. Negli Usa si è invece scoperto che le cause di ‘’malpractice’’, ovvero le cause per cui il paziente fa causa al medico, calano molto nelle situazioni di pazienti con un buon rapporto comunicativo con il medico. Un altro concetto base del modello bio-psico-sociale è che la cura deve puntare ad una qualità della vita più elevata possibile. Questo modello rimarca l’importanza non soltanto della prevenzione ma anche della promozione della salute. Concludiamo con la frase dell’OMS che è il cuore del modello bio-psico sociale “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente un'assenza di malattia o infermità". 9 Il suo caso clinico ha permesso di approfondire le funzioni delle aree prefrontali e del lobo frontale. Da lì si è cominciato a interrogarsi sulle funzioni legate a questa specifica area, la più recente della nostra neocorteccia, che riguarda molte funzioni, tra cui il controllo degli impulsi, la capacità di giudizio, di valutazione, il ragionamento critico, ma soprattutto la capacità di contenere i propri impulsi più fisiologici. Grazie a questo caso clinico si è potuto apprendere moltissimo sul funzionamento dell’encefalo di queste aree e da qui sono partiti molti studi anche di tipo sperimentale. METODO COMPARATIVO È il metodo che mette a confronto il comportamento di specie animali relazionandole all’uomo; quindi, si studia magari la socialità dei gruppi degli animali, i modi in cui vengono regolate le relazioni, le interazioni, i comportamenti. DOMANDA DELLO STUDENTE: La macchina della verità funziona davvero? Funziona ma ha dei grossi limiti, infatti rivela un cambiamento che però è aspecifico. Noi non possiamo dire in assoluto che quel cambiamento voglia dire sta mentendo, oppure se questa persona può avere dei traumi, perché la macchina della verità evidenzia la relazione fra uno stimolo che viene dato e una reazione del soggetto; quindi, dipenderà dalla capacità di chi fa le domande di essere molto neutro, le domande devono essere effettuate in modo non induttivo LA PERCEZIONE La percezione è un processo psichico che si pone alla base della nostra conoscenza del mondo fisico e di ogni attività cognitiva (nulla è stato nella mente che non sia stato prima nei sensi). La percezione coincide con la nostra capacità di saper tradurre e mettersi in contatto con gli stimoli interni ed esterni che captiamo. Tuttavia, sorge una domanda: “La percezione è una semplice riproduzione degli stimoli che si presentano ai nostri organi di senso che ci fornisce di una riproduzione fedele dell’oggetto fisico che si presenta ai nostri occhi, oppure è un atto elaborativo più complesso?”. Il nostro cervello è in grado di costruire delle rappresentazioni di fenomeni, oggetti e situazioni anche in assenza di tutti gli elementi necessari per ottenerle, alcuni esempi di ciò possono essere la realtà virtuale e le illusioni ottiche. Perciò si può dedurre che il nostro cervello, anche solo con il semplice contatto con il mondo fisico, è in grado di attuare funzioni integrative psichiche che vanno ben oltre alla semplice riproduzione degli stimoli e che ne organizzano la percezione permettendoci di percepire ciò che accade intorno a noi in modo più completo. 6 SENSAZIONE E PERCEZIONE Per anni sono sorti molti dibattiti tra figure come biologi, fisiologi e psicologi riguardo a quale potesse essere la differenza tra quella che è la sensazione e la percezione: PERCEZIONE La percezione raggiunge la sua definizione finale di “Complessa funzione di organizzazione degli eventi sensoriali e ciò che noi percepiamo non è altro che il vissuto fenomenico prodotto dall’organizzazione sensoriale”. Il nostro organismo è in grado di captare e di interpretare in modo corretto le informazioni che riceve dall’interno e l’ambiente esterno producendo così la capacità di percezione. SENSAZIONE La sensazione viene definita invece come l’unità base della percezione che contiene le informazioni prodotte dagli stimoli. Il meccanismo che ci permette di percepire le informazioni sensoriali correttamente è quello dei canali di comunicazione del Sistema Nervoso, il quale grazie ai recettori ci permette di captare e tradurre gli stimoli in segnali, la cui qualità dipende dall’intensità e la durata dello stimolo, che viaggiano lungo le vie sensoriali. I recettori sensoriali si suddividono in due categorie: Esterocettori, che rappresentano i nostri cinque sensi, e gli Enterocettori, che invece si occupano della gestione dell’equilibrio, visceri e propriocezione. Quando si parla di recettori sensoriali si parla anche del cosiddetto realismo ingenuo che consiste nel pensare che i recettori siano in grado di fornire una rappresentazione estremamente precisa del mondo esterno. Quando si parla di recettori e vie di comunicazione sensoriali si parla anche del cosiddetto realismo ingenuo, ovvero il pensiero secondo cui i recettori siano in grado di fornire una rappresentazione estremamente precisa del mondo esterno; tuttavia, il processo non è così semplice e lineare perché è richiesta una complessa interpretazione e organizzazione dei segnali. Le rappresentazioni percettive sono un’unità di informazione di maggiore complessità e che comportano il processo di organizzazione degli stimoli sensoriali. I recettori sono specifici a seconda dello stimolo che sono istruiti a captare (caldo, freddo, pressione, etc.…) e con l’eccitazione trasformano lo stimolo in segnale elettrico. Il segnale elettrico viaggia attraverso le vie di comunicazione arrivando in alcune “stazioni” prima di raggiungere il cervello per essere processato assieme a segnali sensoriali diversi dal talamo e le aree sensitive della corteccia cerebrale (per quanto riguarda gli stimoli olfattivi l’informazione è processata nel bulbo olfattivo chiamato anche cervello olfattivo prima di passare alla corteccia). In conclusione, sensazione e percezione sono la stessa cosa? NO, perché la percezione comprende la componente di organizzazione delle informazioni sensoriali portando 7 all’arricchimento del segnale, mentre la sensazione compie il compito di trasduzione e trasmissione. SOGLIE PERCETTIVE Gli esseri umani non sono in grado di percepire completamente tutto ciò che li circonda, la spiegazione di ciò può ridursi alla semplice mancanza dei recettori appropriati (come per i feromoni o le radiazioni) o al valore delle soglie percettive che è necessario per lo stimolo superare per produrre il segnale. Si distinguono due tipi di soglie che vincolano la nostra percezione: SOGLIA PERCETTIVA ASSOLUTA La soglia assoluta rappresenta l’intensità minima che lo stimolo deve possedere affinché questo possa essere percepito SOGLIA PERCETTIVA DIFFERNZIALE La soglia percettiva rappresenta la variazione di intensità minima affinché possa essere percepita la differenza tra due stimoli (come un rumore molto forte che sussegue ad uno di medio o basso volume) PERCEZIONE VISIVA La percezione visiva è quella permessa nel nostro organismo dagli occhi, i quali possiedono dei recettori che permettono di tradurre la radiazione luminosa in segnale elettrico interpretabile dal nostro cervello per mezzo di specifici recettori localizzati 8 sulla retina. L’immagine che i nostri occhi percepiscono tuttavia è un’immagine capovolta per via della rifrazione della luce attraverso la cornea e la lente all'interno dell'occhio, Il cervello, poi, elabora queste informazioni e le interpreta correttamente, facendoci percepire il mondo esterno come se fosse correttamente orientato. Nell’occhio innerva il nervo ottico ed è presente sulla retina in prossimità di esso il punto cieco. Il punto cieco è causato da un’assenza di recettori e questa mancanza è compensata dal nostro sistema cognitivo che riproduce in base al contesto una sorta di riempimento (lo stesso principio può essere notato quando il nostro cervello ci permette di escludere il nostro naso dal campo visivo). ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA SECONDO LA SCUOLA GESTALT Dallo studio svolto dalla Scuola Gestalt nasce l’insieme dei principi che regolano la visione delle cose così come ci appaiono grazie alla percezione visiva. Questi principi vanno a costituire l’organizzazione percettiva e sono: 1. LEGGI DELLA FORMA 2. FATTORI STRUTTURALI E FUNZIONALI 3. COSTANZA PERCETTIVA 4. CONTRASTO ED EGUAGLIAMENTO 5. ARTICOLAZIONE FIGURA-SFONDO 6. CAMPO PERCETTIVO LEGGI DELLA FORMA Le leggi della forma sono principi fondamentali che descrivono come le persone organizzano automaticamente le informazioni visive. Le leggi della forma sono: LEGGE DELLA VICINANZA Gli elementi più vicini tra di loro tendono ad essere percepiti in modo unitario 9 LEGGE DELLA SOMIGLIANZA Gli elementi simili tra loro tendono ad essere percepiti come un gruppo. La somiglianza nella forma, colore, dimensione o altro attributo contribuisce alla percezione di un'unità. LEGGE DELLA DIREZIONE O BUONA CONTINUAZIONE La mente umana tende a percepire linee continue piuttosto che cambiamenti improvvisi di direzione. Questo principio favorisce la percezione di continuità e regolarità. LEGGE DELLA CHIUSURA La mente ha la tendenza a percepire le figure come chiuse o complete anche se mancano alcune parti. Questa legge incoraggia la chiusura di figure geometriche o forme 10 LEGGE DELLA BUONA FORMA La mente umana ha la tendenza a organizzare gli elementi in modi che siano semplici e ordinati. Questo principio favorisce la percezione di figure fluide e chiare. LEGGE DELL’ESPERIENZA PASSATA Gli elementi che danno origine a figure conosciute tendono ad essere percepiti unitariamente FATTORI STRUTTURALI E FUNZIONALI I fattori strutturali secondo la Gestalt sono legati alla natura e alla distribuzione spazio-temporale degli stimoli, all’anatomia e fisiologia delle strutture nervose. sono insiti nel modo in cui è strutturato il nostro sistema nervoso (per cui se non sono presenti i recettori per un certo stimolo non lo posso vedere, se ho recettori lenti percepirò in modo diverso rispetto a coloro che hanno recettori veloci) e il modo in cui funzionano i nostri recettori. Una particolarità della percezione visiva è che abbiamo dei recettori sensoriali che hanno la caratteristica dell’inibizione laterale, ossia all’attivarsi di un recettore si disattiva quello limitrofo e questo dà luogo a una serie di illusioni ottiche. I fattori strutturali possono essere oppure specifici per degli stimoli che inducono certe reazioni. I fattori strutturali sono dunque legati alla natura e alla distribuzione spazio-temporale degli stimoli, all’anatomia e fisiologia delle strutture nervose. 11 12 I fattori strutturali comprendono: INTEGRAZIONE (La mente umana ha una tendenza naturale a percepire le parti di un oggetto come un insieme integrato piuttosto che come singoli elementi isolati) SEPARAZIONE (La mente è in grado di separare e distinguere le figure da uno sfondo. Questo processo aiuta a definire gli oggetti e a dare significato alle forme) SIMMETRIA (La simmetria è spesso percepita come più armoniosa e stabile. La mente cerca modelli simmetrici e organizza le informazioni in modo da creare una percezione di equilibrio) CHIUSURA (La mente umana ha la tendenza a percepire le forme come chiuse o complete anche quando mancano alcune parti. Questo principio contribuisce alla percezione di oggetti ben definiti). I fattori funzionali invece sono correlati a bisogni, interessi, stati d’animo, personalità ed esperienze dell’individuo. Tra i fattori funzionali troviamo: SELEZIONE Nell’ambiente percepiamo solamente una porzione selezionata degli stimoli che ci circondano e il legame affettivo può costituire un fattore determinante per la selezione percettiva. La selezione riguarda la scelta consapevole o inconscia di determinati elementi o dettagli in un ambiente o in un insieme di informazioni. Per esempio, quando si guarda un paesaggio, la mente può selezionare automaticamente dettagli rilevanti, come un oggetto in movimento o un colore vivido, ignorando altri dettagli meno importanti. SENSIBILIZZAZIONE La percezione di uno stimolo può essere favorita o contrastata dalle condizioni contingenti, spontanee o indotte. La sensibilizzazione implica un aumento della consapevolezza o della percezione nei confronti di determinati stimoli, rendendoli più salienti. Per fare un esempio se qualcuno menziona il tuo nome in una conversazione affollata, la tua mente, sensibilizzata al suono del tuo nome, potrebbe concentrarsi su quella parte della conversazione. DIFESA Secondo il fattore funzionale della difesa un contenuto affettivo potrebbe ostacolare le nostre capacità di percezione. La difesa riguarda il modo in cui la mente gestisce informazioni emotivamente cariche o minacciose, cercando di preservare l'equilibrio psicologico. Per esempio, se una persona ha vissuto un'esperienza traumatica, la mente potrebbe difendersi riducendo la consapevolezza o la memoria di quegli eventi come meccanismo di coping. 13 COSTANZA PERCETTIVA Le costanze sono modalità secondo le quali la nostra mente tende a organizzare gli stimoli, principalmente visivi, ma anche gli altri stimoli, secondo una modalità che aiuta la nostra mente a muoversi in un mondo che è pieno di stimoli e che mette il nostro sistema cognitivo nella posizione di doverli organizzare per potersi muovere nel modo più economico ed utile. Le costanze sono tendenze che noi abbiamo a vedere gli stimoli come costanti anche in condizioni in cui quello che arriva ai nostri sensi è solo un aspetto deformato dello stimolo, perché magari lo stimolo si sta allontanando, è sotto una luce diversa, oppure è posto in un contesto particolare. Si è scoperto che la nostra mente tende ad organizzare la realtà in modo tale che si mantengano stabili le caratteristiche fenomeniche di una certa configurazione percettiva, pur al variare delle condizioni obiettive in cui noi percepiamo determinati stimoli. La costanza percettiva ha la funzione di permetterci di riconoscere gli oggetti nelle più svariate condizioni di presentazione. COSTANZA DI CHIAREZZA Se voi guardate questa litografia, vedete la scacchiera, e se guardate le diverse tesserine degli scacchi vi dà l’impressione di vederne alcune chiare ed alcune scure. Anche se c’è l’ombra proiettata dal cilindro verde, voi vedete comunque la B più o meno della stessa chiarezza delle altre tessere chiare e la A come le tessere scure. Se però io vi faccio vedere questo (figura a destra, n.d.r.), vi potete accorgere che la B, in verità, proiettava ai nostri occhi un colore molto più simile a quello della tessera A che non quello delle tessere chiare, proprio perché l'ombra del cilindro prevedeva una condizione di stimolazione diversa e quindi rendeva più scuro quello che noi vedevamo. In realtà noi non abbiamo per niente l’impressione di vedere l’ombra. Spesso si usano queste bande dello stesso colore di un altro stimolo per far vedere che noi siamo percependo in modo "erroneo” uno stimolo. 14 Quindi la costanza di chiarezza è considerata anche un aspetto abbastanza misterioso, perché abbastanza difficile da spiegare, e in definitiva è la tendenza di un oggetto a mantenere una chiarezza costante nonostante si modifichi l’intensità della luce che lo illumina COSTANZA DI COLORE Se osserviamo queste fragole ci sembrano delle fragole rosse sotto una luce particolare, che è la verità, cioè queste fragole sono viste così perché sono sotto una luce particolare. Usando delle bande di grigio e mettendo il colore dell’immagine a confronto, le fragole risultano proprio di una tonalità “grigione”. Lo stesso vi potrebbe succedere trovandovi in un negozio a vendere dei cappotti, dei vestiti, vorreste proprio vedere il colore dei vestiti, ma in questo negozio bizzarro c’è una luce strana e proprio per questo riuscireste a malapena a capire che un cappotto è blu e un cappotto è giallo, ma, come per le fragole, i vestiti apparirebbero di un colore completamente diverso. Tornando alla nostra immagine, “grigio” è il vero colore che viene proiettato ai nostri occhi, ma il nostro cervello è in grado di aggiustare, in altre parole fa degli adattamenti. Quindi la costanza di colore è la tendenza a percepire il colore dell’oggetto costante, nonostante varia la posizione spettrale della luce in cui si trova. COSTANZA DI FORMA Osservando queste tre figure potremmo dire tranquillamente la figura A, la B e la C sono tutte lo stesso oggetto che si sta muovendo. È lo stesso discorso di quando vediamo la porta che si apre: la porta proietta sulla nostra retina un oggetto rettangolare ma, a mano 15 a mano che si apre, diventa sempre più un trapezio fino a diventare una riga; eppure, la nostra mente riesce sempre a leggere questo oggetto come una porta. Quindi la costanza di forma è la tendenza a percepire la forma di un oggetto costante nonostante si modificheranno le sue modalità di presentazione. A volte noi vediamo degli oggetti ribaltati o messi in diagonale e ci mettiamo un po' a capire di cosa di tratta, ma poi li riconosciamo CONTRASTO ED EGUAGLIAMENTO Altri aspetti che riguardano il nostro modo di percepire e la particolarità della percezione sono i fenomeni del contrasto dell’eguagliamento. CONTRASTO Il fenomeno del contrasto secondo me lo conosciamo un po' tutti, perché noi sappiamo che a volte accostare dei colori fa risaltare di più un colore piuttosto che un altro, oppure addirittura indossare dei colori piuttosto che altri, perché ci fanno stare meglio, ci fanno “risaltare”. Quindi abbiamo delle conoscenze a riguardo. Così noi sappiamo che una stanza colorata di un certo colore darà l’impressione di più grande o più piccola. Allora, guardate il fenomeno del contrasto: questo rosso e questo rosso sono uguali? Sono uguali, però non sembrano uguali. Quello che noi percepiamo non sono gli stimoli ma i rapporti tra stimoli. Il nostro cervello lavora sui rapporti tra gli stimoli, non sugli stimoli in assoluto, tant'è vero che questo rosso ci sembra così perché è su uno sfondo di questo genere, e quest’altro (quadrato di destra, n.d.r.) ci sembra così perché è su uno sfondo di tutt’altro altro genere e confina con questo colore (grigio chiaro) e quest’altro confina con questo (grigio più scuro). Quindi la nostra mente è più sensibile alle relazioni tra gli stimoli, che non agli stimoli in quanto tali. Il contrasto è il fenomeno che determina 16 l'esaltazione della differenza fra il colore, oppure della differenza di chiarezza, di due superfici adiacenti, per cui possono sembrare una più chiara e una più scura, oppure una molto brillante e una meno brillante ecc. EGUAGLIAMENTO O ASSIMILAZIONE L’eguagliamento è il fenomeno opposto, cioè due superfici adiacenti “si contattano” in qualche modo, per cui in questo caso il verde può sembrare più scuro in questa figura (quadrati in basso, n.d.r.) che non in questa (quadrati in alto, n.d.r.), proprio a causa della diversità delle superfici adiacenti. Abbiamo l'impressione che uno sia leggermente più chiaro e più brillante e l’altro un pochino più scuro e più fosco. CONTRASTO DI CHIAREZZA I due quadrati grigi piccoli sono di una tonalità di grigio uguale, ma sembrano due tonalità di grigio differenti (uno appare più scuro e uno più chiaro). Infatti è molto evidente che la nostra percezione dipende dal rapporto tra stimoli (in questo caso il quadrato piccolo e quello grande in cui sono inseriti). Quindi il contrasto di chiarezza è l’esaltazione della differenza tra la chiarezza di due superfici adiacenti e ci ricorda il concetto che noi non percepiamo gli stimoli ma rapporti tra stimoli. Le bande di Mach sono molto interessanti: questo è il fenomeno per cui, sulla base di un’azione recettoriale di inibizione laterale, si crea un forte impatto che dà luogo a questi margini, per come è fatta la figura. Ma se provate a mettere una biro che non mi faccia vedere la 17 linea che divide una banda dall’altra i colori sembrano uguali. C’è un fenomeno di contrasto per cui il contrasto è presente o sparisce a seconda che esista una sorta di margine tra le due aree. Anche in questo caso l’elemento chiave è non come noi ci rapportiamo agli stimoli in quanto tali ma ai loro reciproci rapporti. L’effetto white è molto simile all’effetto precedente del contrasto di chiarezza: questo grigio (banda di grigio verticale sulle righe bianche, a sinistra, n.d.r.), è inutile dire, non è diverso da questo (banda di grigio sulle righe nere, a destra) nella sostanza, ma è molto diverso per come noi lo recepiamo, perché qua ci sembra molto più chiaro mentre nell’altra ci sembra molto più scuro. ARTICOLAZIONE FIGURA-SFONDO Altro fenomeno interessante è quello dell'articolazione figura-sfondo: è il modo che noi abbiamo comunemente per rapportarci ad un paesaggio con il nostro campo visivo. Prediligiamo degli aspetti che sono il focus del nostro interesse, e questi sono le figure, ed altri aspetti che funzionano da sfondo. Questo è un fenomeno che si presenta molto precocemente nello sviluppo in quanto è stato osservato anche nei bambini molto piccoli e nei neonati, fin dai primi giorni di vita. Come è fatta questa articolazione? Leggi sulle caratteristiche della figura rispetto allo sfondo: la figura ha una forma, mentre lo sfondo è informe 1. i margini appartengono alla figura 2. la figura attrae l'attenzione più dello sfondo 3. la figura appare più vicina 4. la figura ha un colore di superficie che è un colore denso 5. lo sfondo ha un colore diverso 6. la figura si ricorda meglio Come mai noi percepiamo la figura rispetto allo sfondo più facilmente in certe condizioni che in altre? Si è scoperto che le figure che sono simmetriche perché sono convesse, piccole, incluse, e orientate in modo verticale o orizzontale, quindi non in diagonale, tendono ad essere percepite come figure che si stagliano su uno sfondo. 18 Vediamo qualche esempio. Secondo voi qual è la figura e qual è lo sfondo? Ci sono più livelli: potete dire che c’è uno sfondo bianco con questa configurazione (indica i triangoli neri, n.d.r.) oppure, in alternativa (indica i triangoli più piccoli bianchi), qual è la figura secondo voi? La ventola è più facilmente la figura, perché le pale bianche sono piccole, incluse, sono orientate verticalmente e orizzontalmente e sono simmetriche. Qualcuno avrebbe potuto vedere anche una girandola nera? Tendenzialmente non la vede nessuno perché non è la più piccola ed è orientata in diagonale, quindi più facilmente prevale l'altra figura. E qua che cosa vi sembra di vedere nella prima e nella seconda figura? Generalmente le persone vedono delle ellissi, degli ovali bianchi e neri perché sono figure convesse e incluse; si potrebbero anche vedere dei calici o delle colonne ma quasi mai le persone indicano quelle come figure rispetto allo sfondo Qui c’è l’effetto convessità: è più facile generalmente vedere come figure quelle convesse rispetto a quelle concave. 19 Sempre nel campo dell’articolazione figura-sfondo ci sono quei fenomeni particolari che sono le figure completamente reversibili. Questa qua è la famosa figura di Rubin: Un esempio è la famosa figura reversibile di Rubin. In questa immagine ci sembra di vedere due visi, due profili oppure una coppa, un calice al centro. La particolarità è la totale reversibilità, cioè se si vedono i visi, questi diventano la figura e il nero diventa lo sfondo; se invece si vede il calice, i visi scompaiono. Ciò significa che non si possono vedere insieme queste due distinte figure, perché esiste la funzione unilaterale del margine: se il margine appartiene alla coppa, è la coppa la figura, mentre quando il margine appartiene al nero, sono i visi le figure e il resto diventa lo sfondo. Il margine, dunque, ha una funzione unilaterale per segregare la figura dal resto. Il margine ha una funzione unilaterale per segregare la figura dal resto. Naturalmente la figura si può prestare alle due interpretazioni, che si susseguono nel corso della percezione. PERCEZIONE DELLO SPAZIO Altro aspetto interessante, è rappresentato da questa domanda: com'è possibile che noi vediamo la realtà a tre dimensioni quando in realtà l'immagine che viene proiettata sulla nostra retina è un’immagine bidimensionale? Come facciamo noi a farla diventare tridimensionale? Per rendere l’idea della tridimensionalità bisogna creare delle condizioni che il nostro cervello possa sfruttare nella percezione. In altre parole, il nostro cervello utilizza degli indizi. Quali sono gli indizi che dicono al nostro cervello: quella è una configurazione tridimensionale invece quell’altra è bidimensionale? Perché noi siamo perfettamente in grado di distinguere tra una configurazione bidimensionale, ad esempio un foglio disegnato, e una configurazione tridimensionale, ad esempio un soprammobile, un oggetto, un corpo che ha tre dimensioni? INDIZI FISIOLOGICI Sono caratteristiche specifiche del nostro sistema visivo 1. Accomodazione del cristallino. Il nostro cristallino fa dei mutamenti o degli adattamenti che ci dicono che stiamo esaminando una situazione di tipo bi- o tridimensionale. È il processo attraverso il quale viene modificata la curvatura del cristallino per consentire la messa a fuoco sulla retina di oggetti che si 20 trovano a diverse distanze dall’osservatore. 2. Convergenza. È la rotazione degli occhi nella loro orbita che consente di puntare entrambi sull’oggetto osservato. 3. Disparazione retinica. I nostri occhi sono posti in due punti molto vicini ma diversi nella nostra testa; quindi, dobbiamo pensare per vedere un oggetto si forma sulle nostre retine la proiezione di due immagini di quell’oggetto, una che proietta ad un occhio e una che proietta all’altro. La nostra visione è il frutto dell'integrazione di queste due immagini. Il fatto che le due immagini siano lievemente diverse, ovvero che non ci possa essere una sovrapposizione perfetta, contribuisce a creare l'effetto della tridimensionalità. Guardate questa illusione ottica: questo tipo di configurazione crea nella nostra mente l’illusione del movimento, che in realtà è completamente assente. Quindi vuol dire che il tipo di stimolazione che viene portata ai nostri occhi dà origine ad una serie di processi che ci danno l'impressione di vedere il movimento. INDIZI PITTORICI I pittori hanno scoperto molto prima degli psicologi che è possibile rappresentare la tridimensionalità utilizzando degli accorgimenti specifici: interposizione, grandezza e prospettiva. 1. Interposizione è il fatto che io disegno due triangoli e poi metto delle puntine che escono la mia mente considera l'interposizione come idea che ci sia prima c’è il triangolo bianco e dopo il triangolo con il bordo nero 21 2. Grandezza le figure più piccole vengono considerate più lontane. In questa illusione si può osservare questo aspetto. Queste tre figure sono identiche sia come forma che come altezza, però noi le percepiamo diverse. Quello più distante sembra più grande, poi vediamo un uomo medio e poi uno ancora più piccolo. Oltre alla prospettiva, questa idea è data dal fatto che noi non vediamo le figure così come sono (cosa che invece noi pensiamo), ma vediamo le figure in relazione al contesto. Vediamo il cosiddetto gradiente di trama: le distanze tra l’uomo più piccolo e quello medio ci sembra maggiore di quella tra l’uomo medio e quello grande; le distanze tra i pannelli che sono in terra e quelli che ci sono lateralmente diventano via via più piccole. Quello che il nostro cervello decodifica è il rapporto tra la stazza del primo personaggio e le condizioni di contesto (larghezza delle piastrelle e delle righe che ci sono sul muro) e continua a farlo anche rispetto a tutte le altre figure. La nostra mente crede che se le righe sono più piccole, la figura è più grande. Quindi è una decodifica che la nostra mente fa del rapporto tra la forma che stiamo guardando e il contesto che la contorna. 3. OMBREGGIATURA dà l'idea di dove cade la luce 4. PROSPETTIVA le linee convergono su un unico punto in lontananza e danno l’impressione di profondità 22 ILLUSIONI OTTICHE Queste tre figure sono identiche, sia come forma che come altezza. Però noi le percepiamo uguali? No, perché? Potremmo pensare che questo sia il papà (figura di destra, n.d.r.) e questi sono i figli (altre due figure, n.d.r.) oppure li percepiamo come un gigante, un uomo e un nanetto oppure un uomo, un ragazzo e un bambino. INDIZI DINAMICI 1. Parallasse di movimento Quando rileviamo dei corpi in movimento gli oggetti più vicini sembrano muoversi più velocemente di quelli lontani. Questo è il motivo per cui, vi sarà capitato, vedendo da lontano il faro di una moto, dopo un secondo ve la trovate addosso. È un fenomeno particolare perché la moto è molto veloce e quando è lontana sembra muoversi più lentamente di quando noi la vediamo vicina; questo avviene più con la moto che con 23 l’automobile perché, probabilmente, essendo l’auto più voluminosa abbiamo la percezione di un movimento più lento. 2. Percezione del movimento Attraverso sistemi percettivi di diverso tipo. Come facciamo secondo voi a capire che un corpo è in movimento? Se non abbiamo un sistema di riferimento o un punto fisso, non riusciamo a dire che qualcosa si sta muovendo. L’esempio più classico è il treno: non sapete se vi state muovendo voi o se si stanno muovendo gli altri. Immaginate di essere sul treno, soprattutto in quelle stazioni tipo Milano che è una stazione chiusa, dove quindi non si vede il cielo, con il vostro treno “parcheggiato” tra due treni che ad un certo punto si muove. Si cercano degli stimoli propriocettivi, perché se io mi sto muovendo probabilmente sento il treno che si muove nel senso del corpo, ma guardando fuori, siccome non ho un punto di riferimento, ho solo me e l’altro treno, non so in realtà chi si sta muovendo. TIPOLOGIE DI MOVIMENTO MOVIMENTO REALE è un processo attivo che elabora l’insieme delle informazioni presenti nel sistema di riferimento in cui l’oggetto si muove. MOVIMENTO AUTOCINETICO è il movimento apparente di un punto luminoso, in realtà fisso, in una situazione di perfetta oscurità. Può capitare, ad esempio agli astronomi: se voi Fissate un corpo celeste e continuate a fissarlo nell’oscurità vi sembra che si muova mentre in realtà non si muove ma sono i movimenti saccadici, che sono i continui movimenti della pupilla. MOVIMENTO STROBOSCOPICO è quel tipo di movimento che è alla base dell’animazione; quindi, dei film e dei cartoni animati, che si verifica perché dei fotogrammi o delle figure si ripetono in una sequenza molto molto veloce, con delle piccole variazioni. Se ricordate nei vecchi film di Disney si vedeva che erano fatte passare le figurine e sembrava di vedere il personaggio che si muoveva, perché disegnato nelle varie posizioni. Quindi il movimento stroboscopico è una percezione di movimento a seguito di presentazione di interfasi temporali di stimoli statici. Altro esempio è rappresentato dalle insegne pubblicitarie, quelle che si accendono, “a serpentone”, che danno l’idea di movimento ma in realtà non sono altro che una luce dietro l’altra che si accede. Oppure la ola: l’onda è una percezione di movimento, ma si tratta di persone che si muovono una dietro l’altra e che danno l’impressione di un unico corpo in movimento quando in realtà sono solo il susseguirsi di una persona per volta che si muove. 24 PERCEZIONE SUBLIMINALE Sulla percezione subliminale ci sono degli elementi molto più sperimentali. Negli anni ’50 un primissimo esperimento ha fatto riflettere sul fatto che il nostro sistema cognitivo ha la capacità di elaborare stimoli che sono presentati sottosoglia, senza consapevolezza, e di come questo possa influenzare le nostre risposte. NB: gli stimoli per essere percepiti consapevolmente devono restare a disposizione dei nostri sensi circa mezzo secondo, dai 300 ai 500 msec. Quando sono più veloci, se arrivano per esempio a 15 msec di velocità, la nostra mente li registra però noi non ne siamo minimamente consapevoli. L’esperimento (M. Eagle, 1956): ad un gruppo è stato presentato un filmato con delle immagini subliminali, ovvero immagini presentate così velocemente che non venivano realizzate o percepite consapevolmente; nelle immagini subliminali c’era un giovane che si comportava in modo aggressivo. Ad un altro gruppo vedeva un filmato dove nelle immagini subliminali c’era un giovane che si comportava invece in maniera mite. successivamente a queste stesse persone era stato fatto vedere un filmato dove il giovane che si vedeva in modo subliminale invece si vedeva pienamente ed aveva un comportamento assolutamente neutro si chiedeva infine alle persone di esprimere un giudizio su questo giovane: le persone che avevano visto subliminalmente il giovane aggressivo avevano dei giudizi meno positivi rispetto a quelli che l’avevano visto nelle immagini subliminali comportarsi in modo mite Da questo studio partirono le riflessioni sul fatto che il nostro sistema cognitivo capta tutta una serie di stimoli, quello che viene chiamato il priming, e poi le risposte successive possono essere condizionate da queste piccole esperienze subliminali. Questo è il motivo per cui sarebbe assolutamente proibito inserire dei fotogrammi all’interno di pellicole con dei contenuti che possano cercare di persuadere le persone o far provare loro delle emozioni. La percezione subliminale è un aspetto molto interessante sul tema delle percezioni che è stato in seguito portato avanti dalla neuropsicologia cognitiva. (Domanda: Un esempio è l’esperimento fatto a Time Square con le immagini subliminali della Coca Cola che inducevano a consumarne di più? – Risposta: sul libro che ho consigliato c’è tutto l’aspetto sperimentale di questa che è un po’ una leggenda, non si sa se sia stata una cosa veramente sperimentata o sia più una leggenda, quella dell’inserimento dei fotogrammi della Coca-Cola e così la gente ne beveva di più. L’idea comunque è quella). 25 ILLUSIONI OTTICHE pt.2 Le illusioni ottiche sono un fenomeno che dimostra una non perfetta corrispondenza fra dato fisico e dato fenomenico. C’è un lavoro psichico, di organizzazione tra lo stimolo e il nostro percetto, e le illusioni ottiche ne sono la dimostrazione lampante. Si distinguono dalle: ILLUSIONI PSICHICHE sono percezioni distorte o deformate di un oggetto, poiché riguardano una sorta di proiezione, situazioni personali. (Esempio: se sono molto triste e preoccupata, passando per una stanza potrei vedere un cappotto appoggiato nella penombra, malamente su una poltrona e potrei avere un’illusione psichica, poiché potrei pensare che ci sia qualcuno che non sta bene e sta dormendo su quella poltrona. Questa non è un’allucinazione, poiché non sono convinta ci sia una persona, ma ho avuto l’impressione di vederla alla vista del cappotto e ciò è dovuto al mio stato d’animo.). ALLUCINAZIONI sono un problema molto grave della percezione; in questo caso si ha la convinzione di avere la percezione di un oggetto ma che in realtà non esiste. È quindi un disturbo della percezione che riguarda la percezione senza oggetto ed è legata a delle situazioni di grave problematica mentale. In questa immagine si vedono una signora anziana e una ragazza. (Una cosa interessante delle illusioni ottiche è che talvolta è difficile vedere entrambe le figure, ma una volta che si vede la figura che inizialmente era impossibile da trovare, non si riesce più a non vederla.) Si vedono sia un coniglio che una papera. (Può essere difficile vedere il coniglio perché ci immaginiamo generalmente il coniglio con le orecchie dritte, mentre qui ha le orecchie indietro). 26 Si vede sia un sassofonista che un viso. Alcune persone hanno visto prima il suonatore; questo accade per l’impostazione soggettiva, la quale afferma che vediamo prima le cose che ci sono più familiari, che ci piacciono o ci preoccupano maggiormente. Si vede la faccia di un indiano d’America e anche un eschimese (una persona con un cappotto) Si vede una faccia, oppure due facce che si guardano o anche una candela. Illusione di Ebbinghaus: i due cerchi centrali sono uguali, ma quello a destra appare più grande perché circondato da petali più piccoli di quelli di sinistra; appare grosso in relazione ai petali. Percepiamo infatti un oggetto, uno stimolo, in relazione tra stimoli. Le righe sembrano storte, sghembe; in realtà non è così, poiché se isoliamo un cerchio vediamo che dentro c’è un quadrato perfetto. Probabilmente questa illusione è data da un contagio tra le righe rotonde e arcuate e quelle parallele che fa sì che vediamo le righe rosse molli. 27 Sembra che le fasce siano tutte sovrapposte e storte, ma le realtà le linee nere sono rette e perfettamente parallele. Quello che inganna è lo sfalsamento tra i quadrati bianchi e neri e viceversa. Illusione di Ponzo, molto famosa: i due segmenti sono uguali, ma uno sembra grande e uno piccolo, perché il rapporto è con le celle. Le celle diventano man mano più piccole; il nostro cervello fa il rapporto tra lo stimolo e il contesto e lo stimolo ci sembra più grande o più piccolo a seconda di tutta la stimolazione che fa parte della superficie di contesto. Questa illusione ottica è chiamata contrasto simultaneo: ci dà l’impressione di vedere puntini neri che si muovono e anche questo dipende dall’attivazione e disattivazione delle cellule sensibili a questo tipo di stimolazione. Se ci concentriamo sul puntino nero al centro, fissandolo per almeno 10-15 secondi, poi allontaniamo e avviciniamo la testa si vedono i due cerchi girare in senso opposto. 28 In questa illusione sembra che sia un movimento della figura che invece non esiste- Questa illusione ottica mostra sia la scritta “Liar” (se osservata di lato) sia il profilo di un uomo (se osservato verticalmente) In questa illusione si vede un cavallo, ma se vista di lato si può vedere anche una rana. Si può vedere un lago o anche un feto. 29 Questa illusione appartiene a quelle che sono definite figure impossibili (di questo genere sono famose le rappresentanti di Escher). Non si capisce né l’inizio né la fine. Se fissiamo per circa 30 secondi la resistenza si vede la lampadina accesa. Se fissiamo per circa 15 secondi il puntino chiaro che si trova sulla punta di naso della figura qui sotto, ci sembra di avere il volto di Obama. L’ATTENZIONE L’attenzione è un’altra funzione cognitiva. I processi cognitivi non avvengono in un’area isolata, ma sono continuamente integrati e lavorano insieme. Essere multitasking è un chiaro modo, una dimostrazione, che diamo “poca attenzione alla nostra attenzione”, richiediamo un grandissimo lavoro continuamente alla nostra attenzione, che è un meccanismo complesso ma anche delicato, che talvolta ci affatica. L’attenzione è l’attività per cui focalizziamo i nostri sforzi mentali e le nostre risorse cognitive su un determinato evento. Utilizzare l’attenzione significa focalizzare una sorgente d’informazione sulla quale andiamo a dirigere le nostre risorse. L’attenzione può essere definita come l’attività mediante la quale dirigiamo le nostre risorse cognitive su una serie di eventi e allo stesso tempo abbiamo la capacità di escluderne altri che non ci interessano o non dovrebbero interferire con il nostro compito (gli altri stimoli vengono messi sullo sfondo). 30 Insieme alla percezione, l’attenzione è deputata alla decodifica delle informazioni provenienti dalla realtà esterna o può essere diretta anche sui nostri processi interni. Quindi percezione e attenzione lavorano praticamente sempre insieme. È anche definita la porta principale della coscienza perché per essere consapevoli di qualcosa necessariamente dobbiamo selezionare questo qualcosa attentamente. La nostra attenzione funziona come un fascio di luce che ci rende consapevoli delle cose che avvengono in determinati stimoli o insieme di stimoli. Esistono diversi tipi di attenzione: ATTENZIONE SELETTIVA l’attenzione in generale, che consideriamo come fenomeno di consapevolezza ed esperienza; è la capacità di elaborare in modo privilegiato una parte dell’informazione, escludendo l’altra parte dell'informazione che per noi non è rilevante. L’attenzione selettiva può essere rivolta a pensieri, parole, situazioni, rappresentazioni, ma anche dedicata allo spazio (in questo caso si parla di attenzione spaziale). ATTENZIONE SPAZIALE attenzione dedicata allo spazio; suddivide il campo visivo in un focus ed uno sfondo. Un punto centrale che ha appassionato il dibattito degli studiosi sull’attenzione intorno agli anni ‘ 50 era il seguente quesito: “”Se noi elaboriamo in modo privilegiato una parte delle informazioni, cosa succede all’altra parte dell’informazione che non abbiamo selezionato attentamente?” A tal proposito gli studiosi si sono divisi: alcuni sostenevano che elaboriamo anche quella parte, altri invece sostenevano che sia totalmente eliminata, altri ancora sostenevano che viene elaborata ma in modo diverso e alla fine una serie di teorie successive è riuscita a comprendere come funziona la nostra elaborazione delle informazioni, sia della parte d’informazione selezionata in modo attentivo e consapevole sia di quella non selezionata. ATTENZIONE SOSTENUTA attenzione che può essere mantenuta volontariamente su un compito e usiamo le nostre energie per mantenerla su quel compito. Per stare attenti dobbiamo convogliare la nostra attenzione e sostenere la direzione in quell’ambito. Infatti, ad un certo punto l’attenzione cerca di cambiare direzione e stare attenti costa fatica, per questo c’è bisogno di piccole pause e momenti di recupero (stare attenti è uno degli aspetti più dispendiosi della nostra attività psichica). È stata creata a tal proposito una curva dell’attenzione, per cui dopo 20/30/45 minuti decade l’attenzione; ogni 45 minuti infatti sarebbe necessaria una pausa. ATTENZIONE SPONTANEA si orienta in modo automatico. Ad esempio, se percepiamo un forte rumore o una luce che lampeggia ci giriamo immediatamente, ma anche qualche stimolo interessante, come un insetto che inizia a volare, può attirare la nostra attenzione perché orientiamo la nostra attenzione in quella direzione in modo spontaneo. 31 ATTENZIONE DIVISA può essere orientata su diverse attività, contemporaneamente su due target (multitasking). Questo tipo di attenzione è stato molto studiato dagli psicologi, poiché hanno fatto molti esperimenti con quello che viene chiamato il doppio compito (ad esempio chiedevano ai soggetti se comparissero dei cerchi rossi sullo schermo e contemporaneamente contare all’indietro sottraendo 7 partendo da 100). Questo aveva lo scopo di comprendere quale dei compiti viene fatto meglio, se siamo in grado di farli entrambi insieme o se uno danneggia l’altro. Si è scoperto che ci sono capacità che ci permettono di svolgere due compiti insieme quando quest’ultimi hanno determinate caratteristiche, ma molto spesso svolgere due compiti contemporaneamente comporta una sottrazione di risorse e quindi espone all’errore. 32 SBOBINATORE: Cordioli Anna REVISORE: Gibertini Eleonora EVENTUALE RIASSUNTO DELLA LEZIONE PRECEDENTE La docente riprende e prosegue l’argomento trattato nell’ultima lezione L’ATTENZIONE Nella lezione precedente si era fornita la definizione di attenzione, come la nostra specifica capacità di allocare le risorse cognitive verso un compito. È una delle nostre facoltà cognitive più importanti, a volte sottovalutata e sfruttata (esempio: noi tendiamo a fare più cose in una volta). Questo aspetto dell’attenzione divisa è stato studiato come

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