Diagnostiche Biotecnologiche PDF - Patologia clinica e immunoematologia
Document Details

Uploaded by SweepingBongos8614
UniTo
Professoressa Menegatti
Tags
Related
- Biotecnologie avanzate in medicina-malattie cardiovascolari PDF
- Appunti di Biologia Cellulare: Cartilagine e Patologie Articolare (PDF)
- Biotecnologie Applicate alla Difesa delle Piante - Modulo 1 PDF
- Patologia vegetale per quiz PDF
- Sbobine di Biotecnologie - Ciclo Cellulare e Mitosi PDF
- Biotecnologie Applicate ai Trapianti - Anatomia del Rene PDF
Summary
Questo documento è un estratto da una lezione di diagnostiche biotecnologiche, specificatamente patologia clinica e immunoematologia della Professoressa Menegatti. Il documento esplora diversi aspetti delle patologie, inclusi malattie autoimmuni del fegato, autoanticorpi, analisi, e diagnosi. L'elezione tratta anche i marcatori di autoimmunità e le patologie ad esse correlate.
Full Transcript
DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta Diagnostiche biotecnologiche – patologia clinica e immunoematologia Prof.ssa Menegatti...
DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta Diagnostiche biotecnologiche – patologia clinica e immunoematologia Prof.ssa Menegatti 24/04/2024 Dalle malattie autoimmuni del connettivo passiamo a quelle autoimmunitarie del fegato perché in questo tipo di patologie esistono dei pattern ANA tipici e specifici che vengono usati nel percorso diagnostico di queste patologie. Parliamo di malattie autoimmuni che colpiscono il fegato e che si vanno a collocare, anche se patologie organo specifiche, in quello che è la parte mediana di quel continuum che parte dalla patologia più organo specifica in assoluto: la Tiroidite di Ashimoto per arrivare al Lupus. Le epatiti autoimmuni si vanno a collocare nel mezzo. Sono malattie a bassa prevalenza e nell’ambito della diagnostica epatologica non sono la prima causa di malattia o di disfunzione del fegato a cui si pensa. Malattia infiammatoria su base autoimmune, cronica e di origine sconosciuta. La prevalenza è stimata tra 0,5-1/100.000, quindi va a collocarsi nell’ambito delle malattie rare. Come la maggior parte delle malattie su base autoimmune è più frequente nel sesso femminile che nel sesso maschile e una piccola percentuale (10-15%), di solito sono malattie invalidanti e croniche, evolve come un’epatite fulminante, evento grave e severo che porta alla necessità di trapianto di fegato. La malattia epatica autoimmune non è la prima causa di danno epatico a cui si pensa infatti la diagnosi viene fatta per esclusione, si indagano le cause più frequenti e se non si trova una risposta in queste indagini allora si pone il sospetto di epatite autoimmune. La diagnosi si pone su 4 fattori: Aumento cronico, ma moderato delle transaminasi: Sono i marcatori di danno litico, necrotico del fegato, sono enzimi presenti negli epatociti che vengono rilasciati in circolo in seguito alla distruzione degli epatociti. Marcatore di danno citolitico. L’aumento delle transaminasi è un indice importante e significativo, ma non definisce la causa del danno epatico e quindi l’aumento cronico, ma moderato, di transaminasi in assenza di una causa nota, potrebbe anche banalmente essere un’epatite infettiva che dà danno epatico o di una malattia metabolica ereditaria come il deficit di alfa antitripsina, la malattia di Wilson causata da un alterato metabolismo e accumulo del rame a livello epatico che determina tossicità a livello degli epatociti oppure l’emocromatosi che è un’altra patologia su base genetica dove abbiamo un’alterazione de metabolismo del ferro con accumulo del ferro a livello epatico. Bisogna escludere la causa infettiva, la causa genetica dall’aumento delle transaminasi; Aumento delle gamma globuline: 1,2 volte più elevate della soglia limite della norma; Presenza di autoanticorpi: la presenza dei marcatori auto-anticorpali ci dà un tassello in favore della diagnosi di epatite autoimmune; Biopsia epatica: per molte patologie di danno d’organo l’analisi istologica della lesione dà la diagnosi definitiva, la conferma diagnostica del sospetto. Nella biopsia epatica vengono osservate lesioni attorno allo spazio portale. GAMMA GLOBULINE Le gamma globuline non sono altro che le immunoglobuline. Si chiamano gamma perché la denominazione deriva da un test di laboratorio che si chiama ELETTROFORESI delle SIEROPROTEINE. 1 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta Questo test prevede la separazione su una matrice che in passato era la nitrocellulosa mentre oggi si usa l’elettroforesi capillare. Viene separato il siero in un campo elettroforetico. Avremo un tracciato non con singole proteine che migrano in zone diverse ma avremo dei gruppi di proteine simili per peso e caratteristiche biochimiche che migrano per zone. Nella foto si vede il vecchio metodo ovvero un tracciato elettroforetico che prevedeva una separazione in bande e poi una colorazione come in questo caso il blu comassi. Sopra si può vedere la valutazione densitometrica delle bande con dei picchi definiti con delle lettere greche: ALPHA 1, ALPHA 2, BETA e GAMMA con effetto a panettone che corrisponde allo smir che c’è sul fondo. L’unica proteina che migra singolarmente è l’albumina, proteina più abbondante nel siero che da un picco alto e stretto. Le altre regioni non corrispondono ad una singola proteina ma sono gruppi di proteine del plasma che hanno caratteristiche biochimiche simili. Nella regione alpha 1 avremo l’alpha 1 antitripsina come emblema della regione, nell’alpha 2 abbiamo la macroglobulina, nella regione beta c’è il complemento e la ferritina, mentre nella gamma ci sono le immunoglobuline. Ecco perché chiamate anche gammaglobuline. Questo test di laboratorio dà informazioni generali, il motivo per cui il test viene in genere richiesto per individuare le componenti monoclonali (esula dall’epatite autoimmune), ovvero quelle componenti monoclonali che corrispondono alla produzione di un unico tipo di immunoglobuline a causa di una crescita deregolata di un clone di plasmacellule, ad esempio avremo questo test positivo nel mieloma multiplo in cui osserviamo nella regione gamma e talvolta nella regione beta un picco alto e stretto che può essere più o meno elevato a seconda dell’entità della componente monoclonale. Non c’entra nulla con le epatiti autoimmuni se non per il test. Nelle epatiti autoimmuni si ha un aumento dell’altezza del panettone della regione gamma. Aumenta l’altezza del panettone, ma non abbiamo la componente monoclonale. Con aumento delle gamma globuline ci si riferisce a questo test di laboratorio dove abbiamo un aumento di quest’area che corrisponde ad un aumento di intensità della colorazione. La densitometria ci permette di fare delle quantificazioni. CLASSIFICAZIONE EPATITI AUTOIMMUNI Le epatiti autoimmuni si classificano in TIPO 1 e TIPO 2 sulla base di una serie di criteri: 1. ANAGRAFICO (epidemiologico): TIPO 1 è più frequente nella popolazione adulta TIPO 2 frequente nella popolazione pediatrica 2. ASSETTO ANTICORPALE: TIPO 1: Anticorpi anti-muscolo liscio, denominati con l’acronimo di SMA o ASMA e presenza di anticorpi antinucleo ANA che avranno dei pattern di fluorescenza diversi rispetto alle connettiviti perché gli antigeni riconosciuti sono diversi. Inoltre possiamo anche avere altri anticorpi come gli anti SLA/LP che si riferiscono ad un antigene solubile del fegato che non è altro che una proteina associata all’RNA transfer TIPO 2: abbiamo altri tipi di autoanticorpi e la diagnostica differenziale dei due tipi di epatite autoimmune si basa proprio sul diverso assetto anticorpale. Nel tipo 2 abbiamo la presenza di ab anti microsoma di fegato e rene (anti LKM1) che possono essere anche positivi in combinazione con ANA e ASMA e anti LC1 che riconoscono l’enzima formiminotransferasi-ciclodeaminasi. AB ANTI MUSOCLO LISCIO Il muscolo liscio è una struttura complessa, anatomica, composta da numerose proteine. Gli antigeni bersaglio sono in parte noti e in parte no. 2 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta 80% pazienti ASMA positivi hanno ab che riconoscono F-actina come target, mentre nel 20% abbiamo il riconoscimento di altri target presenti nel muscolo liscio. Situazione complessa in cui se andiamo a fare un test immunometrico solo contro gli anti F-actina abbiamo una riduzione di sensibilità. Lo screening degli ASMA verrà fatto in immunofluorescenza. Presenti nell’80% dei pazienti affetti da epatite autoimmune di tipo 1 Spesso sono associati agli ANA. Facciamo un primo screening di immunofluorescenza indiretta dove utilizziamo come substrato il triplice substrato, ovvero una sezione criostatata che contiene una piccola sezione di rene, una di fegato e una di stomaco quindi ogni siero del paziente viene analizzato su questi pozzetti preformati con queste piccole frazioni di tessuto. Vengono lette contemporaneamente queste 3 sezioni per ogni paziente. In fegato e rene avremo positività particolarmente per le pareti dei vasi. Unico problema degli ASMA è che sono presenti frequentemente a basso titolo e quindi è possibile dare una positività che in realtà non c’è. Anche nel caso degli ASMA abbiamo bisogno di diluire il siero, come abbiamo visto per gli ANA. In questo caso la diluizione di partenza è 1:40. Si fa un primo test 1:40 e poi si può titolare nel momento in cui c’è una positività intensa. Sezione di stomaco, tonaca muscolare che risulta evidentemente fluorescente (muscolo liscio) e vi sono vasi sezionati trasversalmente, vena e arteriola hanno sezione diversa. Villi intestinali che hanno al loro interno delle porzioni di fibre di muscolo liscio ANA (anticorpi anti-nucleo) Gli antigeni bersaglio in questo caso sono nucleari, eterogenei e non definiti. Se andiamo a fare il test immunometrico per gli anti-DNA ecc. difficilmente troveremo la positività. Anche in questo caso dobbiamo eseguire l’immunofluorescenza indiretta. Hanno una bassa specificità e alta sensibilità perché gli ANA sono positivi anche per le connettiviti e quindi poco specifici per le epatiti autoimmuni. La ricerca delle specificità anticorpali non aggiunge nulla alla diagnosi (interessa sapere se c’è una positività ANA). In genere se la richiesta degli ANA viene eseguita per sospetto di epatite autoimmune viene eseguito solo l’ANA screening, non parte il reflex degli ana cioè la determinazione delle singole specificità il pattern più comune è l’omogeneo usualmente a titolo elevato e il meno frequente è il granulare. Tutto ciò mi dice come il solo test ANA in fluorescenza ha una specificità limitata, ma non solo per l’epatite autoimmune, ma anche per le connettiviti. 3 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta ANTICORPI ANTI ANTIGENE SOLUBILE (SLA) Presente nelle epatiti autoimmuni di tipo 1 Ha una bassa sensibilità, cioè presente solo nel 16% dei pazienti, però ha un’alta specificità, il 99%. Il ritrovare questo tipo di auto ab da una conferma importante di epatite autoimmune di tipo 1. Antigene bersaglio fa parte della famiglia degli transfer RNA (non importa sapere il nome) Marker prognostico di malattia severa e di recidiva dopo la sospensione della terapia. Marker che ha un peso importante nonostante la sua bassa sensibilità. Non si vede in immunofluorescenza indiretta. Per forza serve un test immunometrico per cercare in modo specifico gli anti-SLA. Entriamo nell’ambito complicato di organizzazione del laboratorio perché, con una patologia che ha una prevalenza di 1: 100.000, un conto è fare un vetrino e un conto è fare un test immunometrico dove bisogna mettere insieme almeno 20-30 campioni. EPATITE AUTOIMMUNE DI TIPO 2 Più frequente nei pazienti pediatrici, nei bambini e caratterizzata da ab anti microsoma di fegato e rene. Il microsoma è un’entità complessa, si ha LMK1 che è il più frequente. Anche qua la rilevazione è la immunofluorescenza indiretta su triplo substrato (fegato, stomaco e rene). Qui vediamo a cosa corrispondono a livello molecolare gli anti-LKM1 e poi gli altri che sono meno frequenti. ANTI LKM1 e LKM3 Gli anti LKM1 corrispondono a livello molecolare a diversi elementi. L’antigene bersaglio degli anti LKM1 è il citocromo P 450 2D6 e deve essere presente a titolo superiore di 1:40 ed è associato al 90% dei casi di epatite autoimmune di tipo 2, ha una discreta sensibilità e specificità. Abbiamo poi altri antigeni riconosciuti, come per anti-LKM3 che riconosce 1UDP- glucoronosil-transferasi, anche qui maggiore di 1:40 ed è possibile averli nell’8%dei pazienti. Con l’analisi in immunofluorescenza indiretta noi identifichiamo entrambi. Ci sono poi gli anti LM1 che sono presenti anche nella sindrome poliendocrina. Gli anti LKM1 sono molto particolari, facili da leggere perché se presenti sono presenti ad alto titoloquindi a 1:40 abbiamo una fluorescenza assolutamente evidente. La sezione di stomaco è buia, completamente negativo. Il fegato è marcato intensamente tutto, tutt ala sezione è intensamente marcata mentre il rene ha una marcatura a macchia di leopardo, molto particolar perché abbiamo una fluorescenza non uniforme ma marcata solo a livello dei tubuli prossimali. Alcuni tubuli sono marcati e altri no. Questo tipo di pattern è abbastanza caratteristico e facilmente rilevabile. 4 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta ANTICORPI ANTI CITOSOL ( LC1) Possono essere o presenti da soli o associati agli anti LKM1. 24-32% associato e 10% isolato. L’antigene bersaglio è la formimminotransferasi ciclodeamminasi. Spesso se abbiamo una positività combinata anti LKM1 e anti LC1 non riusciamo a vederla perché il pattern di anti LC1 è una marcatura omogenea e intensa della sezione di fegato, stomaco e rene negativo. Ma se ho positività anti LKM1 e anti LC1 io vedrò il fegato intensamente marcato ma vedrò anche il rene con i tubuli marcati e quindi non riesco a distinguere se è una arcatura singola o combinata con anti LC1, per cui avrò la necessità di eseguire un test immunometrico anti LC1 per confermare o no questo ab. Marcatore importante perché è un marker prognostico negativo che indica una condizione grave che può evolvere in cirrosi epatica. Anche il titolo anticorpale correla con la malattia. Cosa caratteristica di vetrini di pazienti con epatite autoimmune è la torbidità della sezione dovuta dalla presenza di un siero che contiene molte componenti COME VENGONO USATI QUESTI MARCATORI NELLA DIAGNOSI DI EPATITE AUTOIMMUNE? I marcatori di autoimmunità non sono in grado da soli di fare diagnosi, ma contribuiscono alla diagnosi con degli score ovvero dei punteggi di probabilità. SCORE PER LA DIAGNOSI DI AIH Abbiamo una serie di fattori che sono tutti fattori che o per motivi epidemiologici sono associati alla malattia. Il punteggio deriva da una serie di studi di valutazione statistica. Genere femminile sappiamo che ha un rischio maggiore di ammalarsi e di conseguenza ha un punteggio frutto di numerosi studi epidemiologici, metanalisi in cui è stato studiato statisticamente il rischio di sviluppare la malattia nella popolazione (+2) La presenza di fosfatasi alcalina maggiore di 3 toglie 2 punti perché la fosfatasi alcalina è marcatore a livello epatico di colestasi. Di conseguenza se io ho un danno epatico con fosfatasi alcalina elevata vuol dire che è possibile che il danno sia un danno da colestasi Rapporto AST ALT minore di 1.5 dà l’indicazione se il danno è di tipo alcolico oppure no. Se il rapporto è >2, siamo sicuri che il danno è di tipo tossico da sostanze mentre se 1:80 siamo a +3, se 1:80 è +2. la negatività per 5 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta gli autoanticorpi di per sé non esclude la diagnosi di epatite autoimmune perché è solo uno dei tasselli del puzzle. Ab anti-mitocondrio hanno un punteggio pesantemente negativo perché sono dei marcatori altamente specifici e sensibili di un'altra condizione autoimmune ovvero la cirrosi biliare primitiva Marcatori virali. L’epatite virale è molto più frequente di quella autoimmune e quindi se sono positivi il punteggio è negativo -3, se negativi +3 Uso di farmaci epatotossici -4 punti Abuso alcolico che sappiamo essere un fattore di danno epatico. se l’alcol è 60g al giorno abbiamo -2 punti Aplotipo HLA predisponente perché l’HLA è pesantemente coinvolto nelle epatiti autoimmuni. HLA di classe 2 costituisce un insieme di molecole che presentano l’antigene, di conseguenza sono coinvolti nella deregolazione del sistema immunitario Altre malattie autoimmuni +2. In realtà la condizione di autoimmunità deve essere considerata come una condizione di deregolazione del sistema immunitario in toto dove i diversi organi possono essere coinvolti Altri autoanticorpi coinvolti nell’epatite autoimmune +2 Lesione a livello anatomico: caratteristiche morfologiche osservate sulla biopsia epatica: Infiltrato di plasmacellule, Rosette Fegato grasso con granulomi -3 Risposta alla terapia con regressione di malattia +3 Se facciamo la somma arriviamo ad un punteggio di score pretrattamento: da 10-15 probabile, >15 diagnosi certa. Score nei pazienti che non sono mai stati curati e di conseguenza abbiamo una condizione naive, ovvero intonsa, ma ovviamente i pazienti possono essere stati trattati anche per altre patologie autoimmuni e quindi nel post treatment score il punteggio aumenta un po’. Nel post treatment score il punteggio aumenta, da 12-17 probabile, >17 diagnosi definitiva. Gli autoanticorpi partecipano alla diagnosi, ma il valore di 15 può essere anche raggiunto con una negatività per ANA, SMA o LKM1. CIRROSI BILIARE PRIMITIVA Non abbiamo un danno citolitico degli epatociti, ma abbiamo un danno colestatico. Epatopatia colestatica cronica, con un’evoluzione molto lenta e indolente, malattia autoimmune caratterizzata da lesione dei dotti biliari intraepatici e può evolvere in insufficienza epatica Prevalenza del sesso femminile, 90%. L’età di insorgenza è dai 50-80 anni Può essere associata ad altri tipi di malattie autoimmuni come per esempio la sindrome di Sjogren o la sclerodermia motivo per cui le malattie autoimmuni del fegato non sono messe nell’elenco con le organo specifiche perché spesso in associazione con delle connettiviti 6 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta La diagnosi, sempre clinica, si fa forte di un marcatore autoanticorpale particolarmente performante ovvero la presenza di anticorpi anti-mitocondrio. Possiamo avere diverse specificità di mitocondrio, quindi, avrà tutta una serie di possibili target. Quelli che vengono riconosciuti più frequentemente sono: gli AMA-M2 e riconoscono la subunità 2 della piruvato deidrogenasi, rilevati nel triplice substrato (immunofluorescenza indiretta) Anti gp210 nucleoporina e gli anticorpi anti sp100 e PML che danno un pattern a nuclear dots. Quando si sospetta una connettivite pura, cioè si hanno dei segni di connettivite, si sospetta una Sjogren o una sclerodermia o un lupus, è evidente che viene richiesto l’’ANA screening, ma nel momento in cui sospetto una patologia autoimmune che coinvolge il fegato, quello che viene richiesta è un immunofluorescenza su triplice substrato + ANA. Ma non perché ci aspettiamo di trovar egli anticorpi di anti DNA doppia elica, ma perché ci aspettiamo di trovare o un pattern granulare omogeneo indefinito nell’epatite autoimmune oppure perché ci aspettiamo di trovare dei pattern specifici della cirrosi biliare primitiva. Nuclear rim e nuclear dots sono i pattern associati a queste specificità. Gli ab anti-mitocondrio sono particolarmente performanti come marcatore perché sono presenti nel 90-95 % dei pazienti con cirrosi biliare primitiva con specificità alta molto alta 98%. Siamo quasi ai livelli del marcatore della celiachia, ovvero degli anticorpi antri transglutamminasi che hanno una sensibilità e specificità entrambi molto vicine dal 95 al 98%. Gli antigeni bersaglio possono essere tanti ma in genere solo gli AMA M2 sono significativi per la cirrosi biliare primitiva Iter diagnostico: triplice substrato dove si vede la positività sui mitocondri dove vediamo il citoplasma delle cellule puntinato perché i mitocondri sono tanti nel citoplasma, il secondo passaggio è il dosaggio in immunometria degli AMA M2 che sono i più significativi. Abbiamo positività anche per Hep2. stomaco: intensamente fluorescente Rene: intensamente fluorescente Fegato: intensamente fluorescente Hep2 con nucleo scuro e citoplasma allungato tutto bersagliato di segnali fluorescenti. Rispetto agli ASMA dove avevamo il nucleo centrale del villo marcato in questo caso abbiamo le cellule epiteliali che sono marcate 7 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta ANTICORPI ANTI-NUCLEO Nella cirrosi biliare primitiva abbiamo degli ANA che hanno delle specificità e dei pattern particolari. - Anti GP210, anti P62 pattern fluoroscopico rim like una specie di marcatura a livello perinucleare con dei baffi che entrano nel nucleo. - Anti sp100 e anti PML hanno pattern fluoroscopico detto nuclear dots. Abbiamo tutto scuro e poi dai 5-7 pallini molto fluorescenti, più grossi dei centromeri e più piccoli dei nucleoli che troviamo sul nucleo. - Bassa sensibilità, ma alta specificità situazione in cui pochi pazienti sono positivi, ma quelli positivi hanno un punteggio molto alto a favore della diagnosi. - Possono identificare dei sottogruppi di pazienti. - Marcatori di rapida progressione, prognosi negativa. Alcuni pazienti con cirrosi biliare primitiva hanno anticorpi anti-centromero che sono presenti nel 15-20% dei pazienti e alcuni possono avere anche gli ASMA positivi, circa il 50%, però a basso titolo. Se il sospetto è di malattia epatica autoimmune in senso ampio, sia epatite che dotti biliari, è evidente che bisogna valutare un quadro di insieme. Gli ASMA fra tutti i marcatori sono i più difficili da interpretare perchè sono presenti a basso titolo con un minimo di positività di fondo. COLANGITE SCLEROSANTE Malattia colestatica cronica ad andamento progressivo caratterizzata dalla distruzione infiammatoria di segmenti dell’albero biliare intra ed extra epatico. Più frequente nei maschi. L’età di comparsa è più precoce tra i 20 e 40 anni, a differenza dei 50-80 cirrosi biliare primitiva, e se vogliamo fare un paragone rispetto a quelli che sono i test diagnostici di queste patologie possiamo osservare la tabella: - La presentazione clinica è simile, perché la presentazione clinica del danno epatico è aspecifica. Il primo segno di danno epatico colestatico è il prurito in tutto il corpo che non si risolve con gli antistaminici o il cortisone, perché non è un prurito da reazione di ipersensibilità, ma un prurito dato dal rilascio in circolo biliari che si depositano sulla cute e creano irritazione. Prurito senza soluzione perché la soluzione è l’eliminazione di sali biliari. Altri elementi comuni di danno epatico sono l’astenia, il calo di peso, dolore all’ipocondrio desto e l’ittero. Abbastanza difficile dai sintomi discriminare la causa. - AMA nella CBP sono + mentre sono – nella CS, inoltre nella CBP abbiamo questo marcatore essere molto sensibile e molto specifico - P ANCA + nella CS e – nei CBP che sono dei marcatori subdoli. Stanno per anticorpi anti- citoplasma dei neutrofili che sono usati come marcatori in un'altra famiglia di patologie, ma possono essere positivi nella colangite sclerosante - Imaging: la colangiografia, ovvero la visualizzazione di tutto quell’albero biliare, i dotti con un test invasivo, ma necessario in cui avremo un quadro diverso - avremo un quadro diverso anche a livello istologico nella biopsia epatica 8 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta - Malattie associate a queste due forme. CBP: sembra che sia associato alla famiglia delle connettiviti perché si trova associata a queste patologie (tabella), nella CS: c’è un altro gruppo di patologie che hanno un’eziopatogenesi diversa ANCA: ANTICORPI ANTI CITOPLASMA DEI NEUTROFILI Gli ANCA sono dei marcatori per un gruppo specifico di malattie del connettivo che si chiamano vasculiti. Gli ANCA sono dei marcatori di un sottogruppo di questa famiglia di patologie. Sono stati descritti la pria volta nel 73 in una donna con glomerulonefrite rapidamente progressiva perché in realtà gli ANCA sono marcatori di vasculite dei piccoli vasi. Gli organi principalmente coinvolti sono quelli con una vascolarizzazione molto fine e delicata, questi organi sono il rene e il polmone. Le vasculiti ANCA associate danno prevalentemente dei segni a livelli renale e polmonare. L’acronimo è dato da anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili. I neutrofili hanno oltre ad un'altra serie di marcatori presentano il citoplasma, i granuli primari, secondari e secretori. Ognuno di questi granuli contiene una molteplicità di enzimi, mediatori che servono alle funzioni dei neutrofili. Quando noi parliamo di anticorpi ANCA parliamo di un insieme eterogeneo di anticorpi che riconoscono antigeni diversi. Questo è vero in parte perché è sto dimostrato che, per quanto riguarda le vasculiti ANCA associate le due molecole che vengono riconosciute dagli anca sono la mieloperossidasi e la proteinasi 3 che sono localizzate entrambe nei granuli primari. Per osservare la presenza dei marcatori basta fare due test Elisa, questo in parte è vero ma è stato dimostrato nel corso della storia di questi marcatori che c’erano moltissime discrepanze tra i risultati in immunofluorescenza indiretta e quelli in immunometria. I pazienti negativi per gli antimieloperossidasi e gli anti proteinasi 3 in immunometria in realtà se testati in immunofluorescenza danno una positività e per questo motivo c’è stata una lunga battaglia tra i sostenitori dell’utilizzo soltanto dell’immunometria e di quelli che sostenevano che l’immunometria da sola non bastava ma bisognava fare l’immunofluorescenza. È stato dimostrato che i kit Elisa di prima generazione, di fine anni 80 e inizio anni 90, avevano dei bias di costruzione. Abbiamo già visto che kit elisa diversi hanno sensibilità diverse dovute alla modalità con cui l’antigene è dissato sul substrato (esempio della prof distesa sul lungo oppur dritta nel pozzetto da 96 della piastra elisa che può essere riconosciuta in modo più efficace in un modo o nell’altro). I test che venivano eseguiti in immunometria negli anni90 e 2000 avevano questo limite, non erano in grado di identificare tutti gli ANCA ed è per questo molti risultavano ANCA negativi all’immunometria e positivi all’immunofluorescenza. Il miglioramento della tecnologia, il fatto che si possano costruire degli elisa più sensibile, ha fatto si che ad oggi l’immunofluorescenza possa essere anche abbandonata. È possibile costruire dei kit elisa con una sensibilità analitica simile all’immunofluorescenza. Tra le metodiche per l’identificazione degli ANCA abbiamo: 9 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta Immunofluorescenza indiretta su leucociti, granulociti fissati in etanolo/formalina Elisa per mieloperossidasi e proteinasi 3 L’immunofluorescenza indiretta su leucociti fissati in formalina PR3 capture elisa L’immunofluorescenza indiretta sui granulociti umani fissati in etanolo dava origine a due tipi di pattern: 1- C-ANCA (citoplasmatico oppure classico ANCA): marcatura su granulociti con nucleo segmentato negativo con fluorescenza citoplasmatica. Associati alla positività agli autoanticorpi che riconoscono la proteinasi 3 2- P-ANCA(perinuclear ANCA=: marcatura peri nucleare. Non si vede tanto il controno della cellula ma si vedono strutture irregolari che non sono altro che i nuclei segmentati marcati. Si vede che è perinucleare perché c’è un bel contorno verde e poi sfumato all’interno. Non è una marcatura nucleare associati agli ab anti mieloperossidasi. P ANCA associati alla positività agli anticorpi anti mieloperossidasi 3- Alcuni pazienti si presentano con un quadro atipico ANCA ATIPICO. Gli pANCA e ANA sono diversi perché gli ANA hanno il nucleo omogeneo e marcato mentre i pANCA no. Gli esperimenti iniziali che venivano eseguiti in immunofluorescenza su cellule fissate in etanolo hanno dimostrato pattern diversi per due antigeni che sono nello stesso granulo. Sia la mieloperossidasi che la proteinasi 3 sono nei granuli primari. Teoricamente dovrebbero dare lo stesso pattern. Dovremmo essere in una situazione da non poter distinguere i granuli dal pattern di fluorescenza. Questo non è così perché in realtà la fissazione della cellula in etanolo che è molto più rapida di quella in formalina e va bene per le cellule, causa la rottura delle membrane dei granuli. Le proteine che sono contenute nei granuli si ritrovano libere nel citoplasma. Le proteine neutre che non hanno carica o con poca carica, rimangono esattamente dove era il granulo ovvero nel citoplasma mentre le proteine che sono cationiche molto cariche positivamente vengono attratte dalla membrana nucleare che è carica negativamente e per questo motivo le paline blu che sono la mielopreossidasi, una volta libere nel citoplasma si vanno a localizzare attorno al nucleo. È evidente che se fisso le cellule in formalina anziché in etanolo potrò solo distinguere ANCA negativo da ANCA positivo ma non potrò discriminare un c ANCA da un p ANCA. La fissazione in etanolo permette di distinguere i 2 pattern. Lo stesso siero analizzato in immunofluorescenza indiretta o su vetrini fissati in etanolo e vetrini fissati in formalina dove viene mantenuta la struttura del nucleo e la positività è anche puntinata perché i granuli sono rimasti integri. Le patologie per cui gli anca vengono usati come marcatori sono le vasculiti dei piccoli vasi. In particolare, queste 3: 1. Granulomatosi di Wegener, chiamata anche granulomatosi con micropoliangioite (GPA) 10 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta 2. Poliangite microscopica (MPA) 3. Sindrome di Churg Strauss chiamata anche granulomatosi eosinofila con micropoliangioite (EGPA) Le vasculiti sono delle patologie da immunocomplessi che si depositano nelle pareti dei vasi e danno origine ad un processo infiammatorio con necrosi dei vasi. Ipersensibilità di tipo 3, si formano immunocomplessi circolanti che vanno sulla parete dei vasi. Anche se noi sospettiamo una granulomatosi di Wegener devono essere testati entrambi sia P ANCA che C ANCA perché in questa malattia abbiamo una sensibilità che va da 56 a 95% per l’antiproteinasi 3 mentre dal 5 al 23% per l’antimieloperossidasi. Se noi dosiamo entrambi arriviamo ad una sensibilità che va dall’85 al 95%. Una situazione speculare la possiamo aver per la poliangite microscopica dove molti meno pazienti sono positivi per PR3 ANCA ma molti di più sono positivi per l’anti mieloperossidasi anche se non tutti quindi non possiamo decidere una o l’altra malattia sulla base di questo perché non è giusto. Anche in questo caso dosando entrambi arriviamo a duna sensibilità dal 70 al 96%. La sindrome di Churg Strauss non ha una preferenza per un anca e per di più arriviamo ad una sensibilità totale del 56%. Tuttavia è una patologia abbastanza riconoscibile perché vengono coinvolti gli eosinofili che vengono facilmente rilevati a livello delle lesioni, istologico. Questi pazienti in genere hanno delle patologie polmonari o glomerulonefriti e quindi fanno poi la biopsia renale dove vengono identificati gli eosinofili a livello istologico. Gli ANCA possono essere positivi anche in altre patologie come la colangite sclerosante ma non solo. La possiamo trovare anche in altre patologie reumatiche come l’artrite reumatoide, lupus e sclerosi sistematica. Possiamo avere o p ANCA o ANCA atipici. Gli antigeni bersaglio difficilmente sono noti. Mai richiedere gli ANCA se non sospetto una vasculite. È necessario che la richiesta del ANCA avvenga con dei dati clinici importanti. Anche gli ANCA in immunofluorescenza possono avere una specificità bassa, quindi è molto importante l’indicazione clinica. In patologie come la colangite sclerosante o la IBD che sono le malattie infiammatorie croniche dell’intestino la valutazione in immunofluorescenza degli ANCA può avere una qualche utilità perché ci permette di discriminare le due IBD principali che sono il morbo di Crohn e la colite ulcerosa perché nella rettocolite ulcerosa possiamo avere degli ANCA che sono positivi nel 50- 80% dei casi, ovviamente non interessa l’antigene bersaglio che non è la mieloperossidasi e la proteinasi 3. Stessa cosa nell’epatite autoimmune dove possiamo avere gli ANCA con antigene bersaglio sconosciuto. Nelle altre malattie non ha alcuna utilità dosare gli ANCA. Gli ANCA servono per identificare le vasculiti dei piccoli vasi che si chiamano anche vasculiti ANCA associati perché la positività ANCA ha un ruolo nella patologia. Quelli che vendiamo sono degli epifenomeni ovvero degli anticorpi che si producono ma non hanno nessun significato clinico in queste patologie. 11 DIAGNOSTICHE BIOTECNOLOGICHE – Patologia clinica e immunoematologia Lezione 12, 24/04/24 Professoressa Menegatti Virginia Botta INDICAZIONI CLINICHE AL TEST ANCA - Glomerulonefrite - Emorragia polmonare (abbiamo detto che rene e polmone sono gli organi più colpiti) - Vasculite cutaneo ovvero lesioni e ulcere a livello cutaneo - Noduli polmonari multipli - Malattia cronica distruttiva delle vie aeree superiosi - Sinusite ed otite da lunga data - Stenosi tracheale subglottica - Mononeurite multipla o neuropatia periferica - Massa retroorbitaria I P ANCA nelle IBD hanno un piccolissimo ruolo perché permettono di distinguere il morbo di crohn dalla rettocolite ulcerosa. Sono entrambe malattie infiammatorie croniche dell’intestino ma hanno delle caratteristiche molto diverse dal punto di vista dell’imaging perché mentre il morbo può colpire qualsiasi tratto del tubo digerente a partire addirittura dalla parte alta dell’intestino e le lesioni possono essere segmentarie ovvero un pezzettino coinvolto e un pezzettino di intestino sano. La rettocolite ulcerosa colpisce in modo continuo e solo la parte del colon terminale. La diagnosi è una diagnosi clinica e di imaging, bisogna purtroppo fare dei test endoscopici per poter identificare le lesioni. Possiamo avere un piccolo aiuto da dei marker sierologici che sono i P ANCA con pattern perinucleare con antigene non noto per la rettocolite e ASCA che sono gli anticorpi anti saccaromices cervisie per il crohn. Il test con significatività piccola, prevede il dosaggio sia di ASCA che di P ANCA e il dosaggio combinato dei due marcatori da un indicazione se la patologia è una rettocolite ulcerosa piuttosto che una malattia di crohn. Dosando entrambi i marcatori io posso avere entrambi negativi ma nel caso in cui io abbia ASCA negativo e ANCA positivo la diagnosi propende verso la rettocolite ulcerosa, stessa cosa se i p ANCA sono negativi e ASCA positivi per quello che riguarda il morbo di Crohn. C’è comunque una grossa porzione dei pazienti che non sno positivi ne per gli ASCA che ANCA. Per la malattia di crohn oltre agli ASCA esistono anche altri autoanticorpi che son anticorpi anti glicani. La sensibilità degli ANCA e ASCA non è geniale, difficilmente arriva al 70% però abbiamo una buona specificità, devono essere dosati contemporaneamente aumenta la specificità. La sensibilità rimane uguale ma la specificità se uniti aumenta. I p ANCA nella rettocolite ulcerosa sono atipici, sembrano ANCA ma non lo sono, inoltre non si sa cosa riconoscono. 12