Biotecnologie avanzate in medicina-malattie cardiovascolari PDF
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Questi appunti forniscono una panoramica dei concetti chiave dell'accoppiamento elettromeccanico a livello cardiaco, e descrivono vari tipi di fibre cardiache, nonché l'anatomia del sistema di conduzione cardiaca.
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Biotecnologie avanzate in medicina I – Biotecnologie e malattie cardiovascolari Lezione n°1 Prof.ssa Dusi 04/03/2024 ARITMIE CARDIACHE Concetti chiave di accoppiamento elettromeccanico a livello del cuore in toto Il normale funzionamento del cuore dipende dall’accoppiamento di una funzione meccan...
Biotecnologie avanzate in medicina I – Biotecnologie e malattie cardiovascolari Lezione n°1 Prof.ssa Dusi 04/03/2024 ARITMIE CARDIACHE Concetti chiave di accoppiamento elettromeccanico a livello del cuore in toto Il normale funzionamento del cuore dipende dall’accoppiamento di una funzione meccanica e una funzione elettrica, che si chiama accoppiamento elettromeccanico. Il concetto fondamentale è che per garantire il normale funzionamento cardiaco è necessario che ci sia un’attivazione sequenziale atrioventricolare. L’attività elettrica parte a livello atriale viene trasmessa ai ventricoli che poi eiettano il sangue negli altri vasi: l’arteria polmonare e l’aorta. Cosa determina l’attività contrattile? La risposta ad un impulso di tipo elettrico. Il concetto nell’insieme quindi prende il nome di accoppiamento elettromeccanico. Diversi tipi di fibre cardiache Nel cuore distinguiamo fondamentalmente tre tipi di fibre muscolari: Fibre del sistema specifico di eccitamento (tessuto nodale): sono quelle responsabili della genesi del potenziale d’azione cardiaco. Ciò che le caratterizza da un punto di vista molecolare è la capacità di autoeccitarsi, quindi di assemblare spontaneamente e di generare il potenziale d’azione. Queste cellule sono quelle che comunemente definiamo cellule pacemaker. Fibre del sistema specifico di conduzione: sono cellule anch’esse dotate di capacità pacemaker, ma ad una frequenza inferiore rispetto a quelle del tessuto nodale. Normalmentenon esprimono questa funzione di pacemaker, però grazie alla loro capacità di conduzione ad alta velocità consentono una rapida propagazione dell’impulso elettrico che si genera nel tessuto nodale al miocardio ventricolare, che è una massa importante. Per garantire l’attivazione in tempi compatibili con la vita, se consideriamo che adesso a riposo se palpiamo il polso avremo in media tra i 60-65 battiti/minuto; durante lo sforzo normalmente arriva tranquillamente tra i 180-190 battiti/min, per esempio quando andiamo in palestra. Prerequisito fondamentale affinché questa attivazione si possa verificare è che ci siano dei cardiomiociti che siano in grado di trasmettere l’impulso elettrico in maniera estremamente rapida. Fibre del miocardio da lavoro o comune: sono quelle responsabili dell’accoppiamento elettromeccanico, quindi che trasformano il segnale elettrico in un segnale meccanico e grazie a loro il cuore si contrae. 1 Anatomia del sistema di conduzione cardiaco Da un punto di vista strutturale abbiamo il tessuto nodale, che prende il nome di nodo del seno, che è la sede dove si genera normalmente l’impulso cardiaco. A partire dal nodo del seno ci sono (un pochino discusse, ma la maggior parte delle persone degli studi autoptici convengono) sull’esistenza delle tre parti internodali, che riescono a trasmettere l’impulso in maniera un po’ più rapida di quello che sarebbe il passaggio attraverso il muscolo fino al nodo atrioventricolare, che è un altro tessuto nodale. I due tessuti nodali hanno delle frequenze di generazione intrinseca dell’impulso elettrico differenti. Normalmente il nodo del seno si depolarizza in modo spontaneo con una frequenza un pochino più rapida; quindi, diciamo che andando più veloce “mette a tacere” il nodo atrioventricolare, che però anche in caso di patologia può riemergere. A questo punto l’attività elettrica deve essere trasmessa ai ventricoli. I ventricoli hanno una massa, che vuol dire una quantità di cardiomiociti molto importante data dalla somma almeno di 150-200 microgrammi che si devono attivare da un punto di vista meccanico. L’impulso elettrico deve andare in maniera rapida, nell’ordine dei ms, da questa struttura nodale diffondersi ai ventricoli e lo fa attraverso le fibre del sistema di conduzione specializzate nella rapida propagazione dell’impulso elettrico. Questa (a destra) è una rappresentazione stilizzata di tutto il sistema di conduzione cardiaco. Vediamo il nodo senoatriale, il nodo atrioventricolare, una struttura unica intermedia che prende il nome di fascio di His e poi sbocca nelle due branche: la branca di sinistra, che è quella deputata a servire il ventricolo di sinistra, e la branca di destra, deputata a servire il ventricolo di destra. A sua volta poi quella di sinistra si divide in un fascicolo anteriore e un fascicolo posteriore. Alla fine, le fibre si uniscono nelle strutture dette fibre di Purkinje (come ad un albero con due rami e i ramoscelli terminali) che si distribuiscono a tutta la massa cardiaca ventricolare e garantiscono un’attivazione veloce. Questa è un’altra immagine un po’ stilizzata. Se immaginiamo di avere il cuore aperto dal lato di destra, abbiamo l’atrio destro e il ventricolo di destra; invece, nell’altra immagine abbiamo il cuore aperto dall’altro lato sinistro. Si vede un po’ più nel dettaglio il sistema di conduzione e i rapporti anatomici del sistema di conduzione con il muscolo. Per riuscire a “parlare” al muscolo, il sistema elettrico deve essere profondamente intricato con il sistema muscolare. Il sistema elettrico quindi si schiocca all’interno del muscolo. Vediamo il ventricolo di destra con tutta la struttura muscolare che prende il nome di fascio imperatore, che è una struttura meccanica all’interno della quale ci sono delle fibre elettriche che sono essenziali perché ci sia una rapida attivazione elettrica di questa struttura muscolare. 2 Nella parte di sinistra del cuore, vediamo la branca di sinistra del fascio di His che si schiocca nel ventricolo di sinistra. Il ventricolo di sinistra ha molta più massa, quindi molti più cardiomiociti, rispetto al ventricolo di destra perché deve espellere il sangue dovendo vincere una resistenza molto più superiore. Anche dal punto di vista elettrico per attivare questa struttura che ha molti più cardiomiociti serviranno più fibre, quindi vediamo anche come le fibre del Purkinje sono quantitativamente più importanti e si distribuiscono molto bene delle strutture muscolari. Questo rapporto è fondamentale che ci sia per garantire la corretta attivazione cardiaca nei tempi fisiologici, compatibili con un’attività cardiaca a riposo e sotto sforzo. Momenti critici per la normale attività elettrica cardiaca Da una parte abbiamo la generazione dell’impulso elettrico, quindi l’attività di pacemaker (vista in precedenza). Una volta che l’impulso elettrico si è generato, bisogna capire che ho una cellula che genera il potenziale d’azione, non posso pensare che lo trasmetta a tutto il cuore. Ci vuole una massa critica di cellule che siano tra di loro accoppiate da un punto di vista proprio elettrico; in condizione elettrotonica si genera un segnale di ampiezza tale elettricamente da riuscire a vincere la resistenza e a propagarsi. Questo avviene nel nodo del seno. Una volta che si è generata l’attività cardiaca nel nodo del seno, deve essere condotta nel sistema di conduzione. Una volta arrivata a livello ventricolare, il cuore (la massa miocardica ventricolare critica) prima si depolarizza, ossia cede il messaggio elettrico di attivazione; dopo che si è attivata si ripolarizza. Questo a livello cardiaco è essenziale perché il cuore non è un muscolo che può andare in contrazione meccanica, ovvero non può contrarsi più volte ripetutamente senza rilasciarsi. A livello cardiaco questo è incompatibile con la vita, perché il cuore deve contrarsi e rilasciarsi ad ogni battito. Dal punto di vista elettrico, l'attivazione del cuore coinvolge un complesso sistema di fibre cardiache. Le fibre del Purkinje, in particolare, sono fondamentali non solo per la loro quantità significativa ma anche per la loro distribuzione efficace nelle strutture muscolari. Questo equilibrio tra quantità e distribuzione delle fibre è cruciale per garantire un'attivazione cardiaca ottimale nei tempi fisiologici, sia durante il riposo che durante l'attività fisica. I momenti critici nella genesi dell'attività cardiaca includono la generazione dell'impulso elettrico, noto come attività del pacemaker, che origina in una specifica area del cuore. Una volta generato, l'impulso elettrico non può essere trasmesso direttamente attraverso l'intero cuore da una singola cellula. È necessario un sincizio di cellule cardiache accoppiate elettricamente, che collaborano per fornire l'energia necessaria alla propagazione dell'impulso. Questo processo, noto come accoppiamento elettrotonico, genera un segnale di ampiezza sufficiente per superare la resistenza e propagarsi attraverso il cuore. Questo avviene principalmente nel nodo del seno. Dopo la generazione dell'attività cardiaca nel nodo del seno, l'impulso deve essere condotto attraverso il sistema di conduzione del cuore. Questo sistema guida l'impulso elettrico dal nodo del seno fino ai ventricoli. Durante questo processo, i ventricoli si depolarizzano, ricevendo il segnale di attivazione, per poi ripolarizzarsi. Questo ciclo è essenziale poiché il cuore non può contrarsi in modo tetanico come i muscoli periferici. Una contrazione continua sarebbe incompatibile con la vita, poiché il cuore 3 deve contrarsi e rilasciarsi ciclicamente per consentire il flusso sanguigno, permettendo al sangue di entrare ed essere espulso. Correlazione anatomo-funzionale Le cellule del tessuto nodale hanno delle proprietà elettriche che sono differenti da quelle del tessuto di conduzione contrattile. Quelle del tessuto nodale si definiscono a risposta lenta, hanno un potenziale d’azione che insorge spontaneamente, lento ed è Ca2+ dipendente. Per il funzionamento di queste cellule è critica la presenza di due canali (che poi vedremo). La mappa dei canali di queste strutture è completamente diversa da quella del tessuto di conduzione e arresto del muscolo, che si definiscono fibrocardiomiociti a risposta rapida. In questo caso il potenziale d’azione ha una morfologia completamente dipendente ed è Na+- relato. Cellule del tessuto nodale A livello del tessuto nodale avremo tendenzialmente il potenziale di riposo del cardiomiocita intorno ai – 60/65 mV. Quello che differenzia queste cellule dalle cellule del miocardio comune (non elettrico) è che il potenziale d’azione nel miocardio comune è tendenzialmente stabile, quindi in assenza di perturbazioni esterne è una linea piatta, mentre invece vediamo in questo caso, la cosiddetta diastole elettrica (fase 4 del potenziale d’azione), il potenziale d’azione si muove da solo. Questa fase che prende nome di depolarizzazione spontanea è un fenomeno che non deriva da qualcos’altro, ma è intrinseco nelle cellule del tessuto nodale e definisce la proprietà che il cuore di quasi tutti gli esseri viventi ha di contrarsi da solo. In assenza di perturbazioni esterne, il cuore da solo è responsabile della genesi del suo ritmo intrinseco e questo lo dobbiamo al fatto che in questa fase 4 del potenziale d’azione, definita anche depolarizzazione diastolica, il potenziale d’azione raggiunge il valore soglia per la genesi del potenziale normale. Quindi abbiamo una fase di depolarizzazione rapida o fase 0, che è Ca2+ dipendente, e poi abbiamo una fase di ripolarizzazione che passa attraverso la fase 1-2 rapide senza plateau e poi c’è una fase 3. Sappiamo come nelle cellule nervose, che parliamo di refrattarietà assoluta quando indipendentemente dall’intensità dello stimolo, comunque, la mia cellula non è eccitabile. Parliamo invece di refrattarietà relativa quando la risposta dipende dall’intensità dello stimolo, quindi uno stimolo sovra soglia è ancora in grado di generare un potenziale d’azione. Cellule del tessuto contrattile Al contrario invece vediamo che le cellule del tessuto contrattile hanno morfologia del potenziale d’azione completamente differente. La differenza principale la fa la fase 4. Nelle cellule del tessuto nodale abbiamo una fase 4 che da sola raggiunge il valore soglia del potenziale d’azione; nelle cellule del tessuto contrattile abbiamo una fase 4 assolutamente stabile, che in assenza di perturbazioni elettriche non è in grado di garantire la generazione di un ampio potenziale d’azione. In condizioni classiche il potenziale d’azione dei cardiomiociti del miocardio comune si compone di: Fase 0 che è la depolarizzazione rapida iniziale, dove il potenziale d’azione passa da valori intorno a -85/-90 mV a +10/+20 ed è il termine della depolarizzazione diastolica spontanea; 4 Fase 1 che è la ripolarizzazione rapida iniziale; Fase 2 che è la fase di plateau, che è fondamentale a livello ventricolare per l’accoppiamento eccitazione- contrazione. Se non ci fosse questa fase, non saremmo in grado di avere un equivalente meccanica dell’attività elettrica cardiaca e avremo un potenziale simile a quello del neurone. Questa fase è il periodo refrattario assoluto; Fase 3 che è la fase di ripolarizzazione, circa a metà della quale la cellula diventa nuovamenteeccitabile. Complessivamente il potenziale d’azione cardiaco ha una durata intorno ai 250 msec alle frequenze cardiache a riposo. Questa durata la differenzia dalla durata del neurone proprio perché è fondamentale che ci sia l’accoppiamento eccitazione-contrazione. Correlazione anatomo-funzionale Volendo vedere quello che succede al cuore in toto, passando dal nodo del seno al nodo atrioventricolare, vediamo le differenze del potenziale d’azione. Passando da un tessuto nodale duro, dove c’è la fase 4, e poi in maniera un po’ più morbida il tessuto Ca2+ dipendente ha una fase 1 “arrotondata” e si continua nella fase 2 praticamente inesistente perché non c’è il plateau e poi c’è la fase di ripolarizzazione. Le cellule del tessuto di conduzione hanno una morfologia di tempo intermedia dei cardiomiociti atriali. Il miocardio atriale contrattile assomiglia a quello ventricolare e poi parte il potenziale d’azione a livello dei cardiomiociti ventricolari. Questi fenomeni elettrici che avvengono a livello delle singole cellule nelle camere cardiache le dobbiamo pensare in maniera sequenziale. Il corrispettivo all’elettrocardiogramma di superficie (che vedremo dopo) è un’attività elettrica atriale che si definisce onda P; poi c’è un’attività elettrica ventricolare che è l’attivazione del ventricolo (in verde) che corrisponde alla fase 0 del potenziale d’azione, quindi l’insieme dei cardiomiociti ventricolari che si depolarizza. La massa ventricolare comprende sia il ventricolo sinistro, caratterizzato da spessori muscolari maggiori, sia il ventricolo destro. In un intervallo di tempo fisiologico di circa 80-90 millisecondi, tutte le cellule miocardiche di questa massa ventricolare si contraggono contemporaneamente grazie alla loro depolarizzazione sincronizzata. Questo avviene perché tutte le cellule si depolarizzano elettricamente nel medesimo intervallo di tempo (80/90msec), permettendo così una contrazione coordinata e efficace del cuore. Una volta che si sono depolarizzati, il potenziale di membrana ha raggiunto un valore positivo e ha inizio la ripolarizzazione (fase 3). L’equivalente della ripolarizzazione all’ECG, che è l’espressione a livello del torace di quello che avviene e che possiamo registrare a livello del cuore, è l’onda T che corrisponde sostanzialmente alla fase 3.(in azzurrino) Per darvi un’idea di quanto velocemente avvengono questi fenomeni in vivo, vediamo a livello del 5 nodo senoatriale la velocità è relativamente lenta perché sono cellule Ca2+ dipendenti, dove il loro compito è generare l’impulso, ma poi all’interno del nodo del seno l’impulso ha una velocità tra 0,02-0,1 m/sec, quindi relativamente bassa. Cresce nel miocardio atriale di poco a 0,5-1 m/sec, poi il nodo atrioventricolare in realtà è ancora una sede di rallentamento, perché protegge un po’ la parte bassa del cuore a non andare troppo veloce, soprattutto quando nella parte alta del cuore ci sono delle aritmie. Il fascio di His- Purkinje, le strutture del tessuto di conduzione che si schioccano nella massa ventricolare, arrivano ad una velocità di propagazione dell’impulso compresa tra 1-4 m/sec, quindi la conduzione in questa sede è estremamente rapida. Questo significa che centinaia di migliaia di cardiomiociti si contraggono nel giro di soli 80-90 millisecondi. Tale rapidità di conduzione è essenziale per garantire una risposta immediata del cuore, poiché senza un'elevata velocità di conduzione e un accoppiamento elettrico, il cuore non sarebbe in grado di rispondere prontamente alle richieste del corpo, come ad esempio durante un'attività fisica intensa. Nodo atrioventricolare: il “protettore dei ventricoli” Il valore di 0,005 m/sec del nodo atrioventricolare in realtà non è fisso, ma dipende dalla modulazione del sistema nervoso a livello del nodo atrioventricolare. Il sistema nervoso parasimpatico rallenta e protegge dalla conduzione troppo elevata, invece il sistema nervoso simpatico facilita la conduzione a questo livello. Questo è il motivo per cui se corriamo, possiamo arrivare fino a 200-210 battiti/min, se siamo a riposo e abbiamo un’aritmia, il fatto che questa struttura non sia in grado di propagare gli impulsi in modo molto veloce, protegge la parte bassa del cuore dall’andare troppo veloce. Questo è molto importante perché, se la parte bassa del cuore va troppo veloce, questo può favorire l’insorgenza di aritmie anche maligne o fatali. Il nodo atrioventricolare, quindi, è definito il “protettore dei ventricoli” perché garantisce che, anche se la massa atriale può avere delle aritmie che lo fanno andare anche fino a 300-400 battuti /min, questo fisiologicamente non riesce a trasmettersi alla parte bassa del cuore. Se la parte bassa del cuore va più veloce di 250-260 battuti/min, subentra un’aritmia che si chiama fibrillazione ventricolare che determina l’arresto cardiaco. Canali ionici e potenziale di azione, generazione e conduzione dell’impulso Alla base dell’attività elettrica cardiaca, in generale alla base di qualsiasi fenomeno elettrico, ci sono i canali ionici. In condizioni di riposo il potenziale d’equilibrio della cellula dipende dal tipo di canali che sono espressi a livello della membrana e dal tipo di ioni che sono contenuti da una parte all’altra della cellula, nell’ambito della quale a sua volta ha un ruolo importante il contenuto proteico a livello intracellulare. Il potenziale di riposo è più vicino al potenziale d’equilibrio del K+. Abbiamo visto nel cardiomiocita del miocardio comune è intorno a -85/-90 mV e il potenziale d’equilibrio del K+ è -97 mV e quello del Na+ è +70 mV. In condizioni basali la permeabilità di membrana è maggiore per il K+ rispetto al Na+ e di fatto il potenziale d’equilibrio del cardiomiocita a riposo risulta molto più vicino a quello del K+ rispetto a quello del Na+. 6 Le perturbazioni di questo equilibrio sostanzialmente sono alla base della genesi del potenziale d’azione. Qui abbiamo una fotografia di quello che succede a livello dei due lati della membrana in condizioni di riposo, ovvero una distribuzione degli ioni che a sua volta è determinata in maniera critica dalle proteine intracellulari e poi abbiamo quello che succede in condizioni di attivazione, quindi quando si genera un potenziale d’azione. Quindi questo è quello che abbiamo visto prima, quindi il potenziale di equilibrio monionico, il potenziale di Neste, e quindi appunto definito da questa formula. Quello che definisce il potenziale a riposo del cardiomiocita in toto è il rapporto di permeabilità tra gli ioni. Tanto più la permeabilità è maggiore per uno ione, tanto più il potenziale di riposo di membrana si avvicinerà al potenziale di equilibrio di quello ione. Come abbiamo già detto, in condizioni di riposo la permeabilità al K+ è molto maggiore rispetto a quella al Na+. Il Na+ invece è fondamentale per la fase 0 del potenziale d’azione; in condizioni normali il potenziale di riposo è negativo, se io consento al Na+ di muoversi secondo gradiente elettrochimico, il Na+ tenderà a spostarsi e il potenziale d’azione diventerà positivo. Proprietà generali dei canali ionici 1- Permeabilità Le proprietà generali dei canali ionici sono fondamentali per determinare la permeabilità della membrana e quello che caratterizza ogni canale è il tipo di risposta alle perturbazioni, ovvero come un canale può modificare la propria permeabilità. Ci sono dei canali per esempio voltaggio- dipendenti, ossia quando si modifica il potenziale di membrana, si aprono; ci sono canali ligando-dipendenti, in cui l’apertura del canale dipende dal legame di un ligando all’interno o all’esterno della membrana. Le proprietà fondamentali di ciascun canale sono: la permeabilità e il gating. La permeabilità è legata alla selettività, quindi dipende dal tipo di ioni che lasciano passare, mentre il gating è la proprietà che anche determina il funzionamento del canale in termini di cinetica, quindi proprietà di apertura e di chiusura o attivazione e inattivazione del canale. 7 Trasportatori attivi I trasportatori attivi sono dei sistemi che consumano energia. Il trasportatore attivo primario più famoso è la pompa Na+/K+, che per ogni 3Na+ che vengono espulsi dalla cellula internalizza 2K+, e questo processo intrinsecamente consuma ATP. In alternativa ci sono dei trasportatori secondari che sfruttano l’energia che richiede la pompa Na+/K+ per trasportare ioni con una direzione che può essere anche opposta; per esempio, lo scambiatore Na+/Ca2+ normalmente espelle Ca2+ dalla cellula in circostanze di sovraccarico, quindi anche lui è moderatamente elettrogenico, per ogni ione Ca2+ internalizza 3Na+ (3 cariche positive dentro, 2 fuori,quindi moderatamente elettrogeni a). Ci anche co-trasportatori, come il co- trasportatore Na+/Glu (glucosio). Tutti questi indirettamente consumano energia perché ogni volta che entra Na+ nella cellula, per farlo uscire la pompa Na+/K+ deve consumare energia per pompare fuori il Na+ e internalizzare K+. Proprietà generali dei canali ionici 2- Rettificazione La permeabilità del canale a sua volta dipende stechiometricamente dal fatto che il canale passando energeticamente da una configurazione all’altra, ha delle configurazioni energeticamente avvantaggiate. Il passaggio da uno stato all’altro correla con il passaggio dello ione. Ci sono poi dei canali che hanno la proprietà peculiare di rettificazione, ovvero consentono il passaggio degli ioni soltanto in una direzione. Questo è molto importante per garantire dei processi, come la fase 2 del potenziale d’azione, in cui c’è il plateau e il potenziale rimane fisso. Questo succede perché in quella fase il potenziale d’azione è intorno allo 0, di per sé il K+ che è abbondante nella cellula tenderebbe ad uscire e il canale rettificante fa sì che possa passare il K+ in un’unica direzione, che è l’entrata. Il meccanismo che sta alla base della rettificazione di solito è il legame all’interno del canale di cationi polivalenti e magnesio (Mg). Sostanzialmente la rettificazione è una proprietà tale per cui gli ioni sono in grado di mediare il passaggio soltanto in una direzione. Questo fa sì che, se il canale si attiva, quindi lo ione seguendo il gradiente elettrochimico dovrebbe muoversi verso una direzione, possa non farlo quando il canale consente solo il passaggio dal verso opposto. Un tipico esempio sono i canali K+ rettificatori inversi, detti canali K1. Questi canali sono fondamentali per il mantenimento della normale morfologia del potenziale d’azione perché a cavallo della fase 2 vediamo che non c’è passaggio di K+, mentre invece il passaggio si verifica soltanto al termine della fase 3 durante la quale c’è una netta sterzata verso la ripolarizzazione. 8 Questo è fondamentale per consentire il plateau perché, se non ci fosse e passassimo dalla fase 1 alla fase 3 e poi di nuovo al potenziale di riposo, non ci potrebbe essere l’accoppiamento eccitazione-contrazione. A livello cardiaco, sempre non pensando che la natura è finalistica, in ogni caso la spiegazione di tutto quello che si verifica e le proprietà dei canali è tale per cui si sono selezionati i canali che sono in grado di garantire l’esistenza di questa fase, ovvero la fase di plateau. Durante la fase di plateau il K+ che è abbondante all’interno della cellula tenderebbe ad uscire e facendo questo sarebbe impossibile la fase 2. Grazie a questa proprietà di rettificazione del canale, il canale consente soltanto il movimento di ingresso che si verifica durante questa fase, quando abbiamo una variazione del potenziale elettrochimico. Proprietà generali dei canali ionici 3- Gating Abbiamo visto che ci sono i canali voltaggio-dipendenti, i canali ligando-dipendenti la cui apertura viene dettata dal legame con il ligando oppure perché sono accoppiati con il recettore. Ci sono anche dei canali accoppiati con mediatori intracellulari, come il calcio, l’ATP, le proteine G e ci sono dei canali che sono oggetto di studio intenso specialmente negli ultimi anni che sono attivati da stress fisici, come la temperatura, o anche stress di tipo pressorio, quindi meccanici puri. I canali attivati da stress meccanici sono molto importanti a livello cardiaco, in quanto le valvole unendosi possono cambiare lo stato di stretching intracellulari dei cardiomiociti, pertanto vi sono delle aritmie legate al fatto che questi canali possono aprirsi in relazione ad un importante stress meccanico. Quindi, quando vi sono importanti problemi valvolari, le pareti cardiache sono molto tese, questo può favorire la genesi delle aritmie. Inoltre, ci sono anche dei canali detti weak, quindi deboli, che non sono in grado di garantire le proprietà di gating, si aprono e si chiudono e quindi il passaggio degli ioni non è una questione probabilistica, bensì è come se ogni ione si muovesse in base al proprio equilibrio elettrochimico. Tra i canali ligando-dipendenti, quelli più studiati a livello cardiaco sono i KCA, ovverosia i canali al potassio attivati dall’acetilcolina. In condizioni basali, il canale è chiuso. I recettori cardiaci per l’acetilcolina si dividono in due tipi principali: i recettori muscarinici di tipo M2 e i recettori nicotinici. Quelli presenti a livello cardiaco sono principalmente i recettori muscarinici di tipo M2, che sono accoppiati con una proteina G (o serpentina) per esercitare la loro azione. Quando l’acetilcolina si lega al recettore muscarinico di tipo M2, la subunità alfa della proteina G si dissocia dal recettore, innescando una cascata di segnali intracellulari che portano a varie risposte fisiologiche. Quando i recettori M2 sono attivati, inducono l’apertura dei canali del potassio, che normalmente sono chiusi. Questa apertura consente al potassio di fluire fuori dalla cellula cardiaca, avvicinandola al suo potenziale di equilibrio per il potassio,quindi tende a iperpolarizzare la cellula. Quest’ultima ha un potenziale di riposo di -85 quando il canale è chiuso, se il canale si apre tenderà ad andare verso -97, nonché potenziale di equilibrio del potassio, pertanto tenderà a diventare più negativa e questo si definisce iperpolarizzazione. Più il potenziale è negativo, più la cellula ci mette ad arrivare al potenziale soglia. Questo tipo di attivazione la ritroviamo sul sistema parasimpatico, cioè quello che 9 si attiva quando siamo a riposo, fa sì che la fase 4 sia più lenta, così facendo il successivo impulso ci mette di più ad arrivare. In questo tipo di canale, riducono il potenziale d’azione e aumentano la pendenza diastolica spontanea delle cellule pacemaker. Questo tipo di canali sono molto abbondanti a livello atriale, a livello del nodo seno-atriale e atrio-ventricolare. L’azione di questi canali è molto importante nel controllo basale del cuore, che si estrinseca battito-battito, in quanto ha una conseguenza diretta quando l’acetilcolina si lega al canale e ne determina l’attivazione. È un processo che si esplica nel giro di pochi millisecondi. Un altro tipo di canale ligando-dipendenti sono quelli sensibili all’ATP ed anche definiti come canali attivati dall’ADP. Questo tipo di canali è contenuto in maniera abbondante in tutte le diverse regioni del cuore e la loro probabilità di apertura dipende dal rapporto ADP-ATP, ovverosia dipendono dallo stato redox della cellula. Perciò, ad esempio, durante un’ischemia o un infarto, il rapporto ADP-ATP aumenta perché si riduce l’ATP che viene consumato e aumenta l’ADP. In questo modo, questi canali vengono attivati, ciò riduce il potenziale d’azione, la durata della depolarizzazione a livello dell’elettrocardiogramma si riduce e questo non è altro che ciò che avviene nella singola cellula in cui la durata del potenziale d’azione si riduce. La durata del potenziale d’azione si traduce anche in una ridotta generazione di forza, in quanto abbiamo visto che l’accoppiamento elettro-meccanico dipende dalla durata del potenziale d’azione e questo, soprattutto in circostanze di alta sollecitazione del cuore come durante un’ischemia, può avere un effetto protettivo. Questi sono i canali citati prima attivati dallo stretch: articolo del 2010,uno dei primi che si focalizza sull’importanza di questi canali. Da un punto di vista clinico per anni si sapeva che il cuore è una valvola che perde e viene sottoposta ad un aumentato stretch meccanico, tende a fare aritmie, ma non avevamo capito perché. Questi canali hanno contribuito significativamente alla comprensione del legame tra lo stretch meccanico e la sollecitazione meccanica del cuore, anche in relazione alla sua capacità di contrarsi meno e dilatarsi, aumentando così la suscettibilità allo sviluppo di aritmie. È noto che tutti gli altri canali subiscono un'ampia rimodellazione a livello di trascrizione genica e post-trascrizionale, influenzando tutti i livelli della cascata proteica. Tuttavia, è stata scoperta una relazione diretta, causa- effetto, tra lo stretch meccanico e le aritmie. La scoperta di questi canali ha contribuito a fornire un meccanismo molecolare che spiega questa relazione. I canali attivati dallo stretch possono essere visti come canali normalmente inattivi ma che diventano attivi in modo più pronunciato in risposta allo stretch. Alcuni di essi possono essere molto specifici, come i canali cationici in generale o quelli che consentono esclusivamente il passaggio del potassio. L'attivazione di questi canali, in condizioni di stretch, porta a una riduzione della durata del potenziale d'azione. Questa riduzione della durata del potenziale d'azione è un meccanismo proaritmico significativo per aritmie come la fibrillazione atriale, che colpisce la parte superiore del cuore. 10 Un interessante studio ha dimostrato che un peptide di tarantola è in grado di inibire la fibrillazione atriale agendo proprio sull'inibizione dei canali attivati dallo stretch. Questi canali, quando attivati, riducono la durata del potenziale d'azione, favorendo l'insorgenza di aritmie. Il peptide di tarantola, invece, aumenta la durata del potenziale d'azione, agendo come un anti-aritmico. Prima della scoperta di questi canali, non era chiaro perché la maggior parte dei farmaci utilizzati per trattare le aritmie agisse bloccando direttamente i canali cardiaci. Questi canali non fanno parte dei canali normalmente coinvolti nelle fasi del potenziale d'azione, ma hanno un ruolo specifico nella durata d'azione. Ciò significa che esistono trigger specifici, come lo stretch meccanico, e agenti bloccanti specifici, che includono anche agenti farmacologici. L’inattivazione Dal punto di vista delle proprietà dei canali ionici come chiusura, ci sono canali che passano attraverso uno stato di chiusura e uno stato di apertura. Invece, ci sono alcuni canali come sodio, potassio e calcio che esistono in tre stati: lo stato chiuso, aperto e inattivato. L’inattivazione è un fenomeno dovuto all’ingresso della porzione intracellulare del canale che blocca il canale e ne impedisce il passaggio di cationi, come nel caso dell’impedimento dell’ingresso di sodio all’interno della cellula che la depolarizza. Tipicamente, i canali del sodio e del calcio hanno un modo di inattivarsi che dipende da un meccanismo denominato “ball and chain”, in cui vi è una palla nella parte intracellulare del canale che impedisce il passaggio di cationi. Per poter essere nuovamente attivato, questo cancello di inattivazione deve essere eliminato dalla porzione intracellulare. Ed infine, un altro tipo di inattivazione è quella di tipo C o lenta è propria dei canali del calcio. Quindi, vi è uno stadio in cui il canale è attivato, in cui il sodio entra all’interno della cellula ed è ciò che succede durante la fase 0, ovvero di depolarizzazione. A questo, segue il fenomeno di recupero di inattivazione da quando il canale si apre a quando la palla interna blocca il passaggio degli ioni e poi c’è il fenomeno tempo-dipendente di recupero dell’attivazione, che nei canali sodio cardiaco è piuttosto lento segnando la chiusura del canale quantomeno finché il potenziale rimanga positivo, in quanto in caso contrario continueremmo ad avere contrazioni. Quindi, sono tutti meccanismi protettivi che garantiscono il fatto che una volta che il canale del sodio si è aperto per un consistente numero di millisecondi non possa essere riattivato perché, non solo passa da uno stato aperto ad uno chiuso, ma vi è questo fenomeno dell’inattivazione che ha una durata temporale importante e garantisce che per tutto il tempo il cardiomiocita sia in refrattarietà assoluta, perché non c’è il numero minimo di canali del sodio necessari per generare il nuovo potenziale d’azione. Quando finisce la refrattarietà assoluta, durante la fase 3, si può generare il nuovo potenziale d’azione. Quindi, questi canali si possono sostanziale trovare in 3 stati. Struttura dei canali 11 Dal punto di vista strutturale, e ci interessa nelle malattie che vedremo geneticamente determinate, i canali del potassio si distinguono tra quelli costituiti da 6 segmenti transmembranali, da 4 e da 2. Cambia il modo in cui i canali si assemblano l’uno con l’altro. I canali al potassio, ciascuno dei quali è costituito da segmenti transmembranali e per costituire il canale nella sua interezza, bisogna sempre mettere insieme diverse proteine. Questo è importante perché, se a livello genetico ho una variante genetica che influenza la costituzione di una proteina: se ho un canale che deriva dall’assemblaggio di 4 unità, ne posso avere una che esprime la variante e le altre tre sane. A seconda del meccanismo della variante, le tre sane possono essere sufficienti oppure ci può essere il cosiddetto effetto di dominanza negativa per cui è sufficiente che una di queste 4 trasporta la variazione paterna di una variante patogenetica, per cui l’intero funzionamento del canale è compromesso. Per cui, anche se ho metà del patrimonio genetico della variante patogenetica, posso avere una riduzione complessiva della corrente superiore al 50% proprio per questo meccanismo. La cosa importante da sapere sui canali del potassio è che sono dei canali polimerici, nel senso che ogni canale deriva dall’assemblaggio di diversi monomeri proteici e il numero dei monomeri dipende a seconda che siano 2 o 4 segmenti. Invece, diverso è il caso dei canali del sodio o del calcio in quanto sono costituiti da un’unica porzione, quindi in quel caso la variante patogenetica a livello proteico si esprime completamente. Questo è ciò che succede nel caso di un cardiomiocita in toto, ciò che succede tra una cellula e l’altra è la cosiddetta conduzione elettrotonica: una sorta di riserva di cariche positive che vengono trasmesse alla cellula vicina, fanno sì che il potenziale di riposo passi dal potenziale di membrana -85 al valore soglia per l’apertura dei canali del sodio, che nel miocardio comune è intorno a -60 micron. Dal punto di vista molecolare, questo si traduce in una diversa espressione dei canali. Andando a vedere il nodo del seno (parte alta a destra), quello che caratterizza il tessuto a livello del nodo del seno che si definisce calcio- dipendente è l’espressione dei canali del calcio. Il tessuto paronodale esprime sia calcio, sodio e ANP che è il marcatore del muscolo atriale cardiaco. Mentre il tessuto atriale destro è ricco di ANP ed esprime anche sodio, ma sicuramente meno calcio. Le cellule del tessuto nodale sono cariche-dipendenti e questo ci interessa perché chi ha problemi al cuore mette il pacemaker. In tempi futuri, se saremo in grado di differenziare i cardiomiociti calcio-dipendenti con attività pacemaker, potremmo essere in grado di far esprimere i canali del calcio e di generare un nuovo pacemaker senza mettere ciò che facciamo adesso. Questo è un riassunto di ciò che succede durante il potenziale d’azione.Quindi, vi sono diversi canali ionici che comprendono: quelli del sodio fondamentali per la fase 0, nonché per la depolarizzazione rapida iniziale, i canali del calcio voltaggio- dipendenti di tipo L fondamentali per la fase 2 o fase di plateau, e i canali del potassio che a seconda delle loro proprietà si aprono in fasi diverse. 12 Quelli transient outward sono quelli che si aprono durate la fase 1, responsabili della ripolarizzazione rapida iniziale. Poi, ci sono i cosiddetti raddrizzatori ritardati che hanno due componenti: quella lenta, che si apre verso la fine della fase 3, e quella rapida, che tende ad aprirsi un po’ prima verso la fase 2. Questi canali hanno proprietà di rettificazione, ovverosia consentono il passaggio degli ioni potassio solo in un’unica direzione, in quanto se così non fosse nella misura in cui si aprono ci sarebbe un abbondante flusso di ioni potassio che potrebbe potenziare dalla fase 1 alla fase 4, senza avere il plateau. E poi ci sono i canali It1, attivi in condizioni basali, responsabili del fatto che il potenziale di riposo sia vicino al potenziale di equilibrio del potassio e sono perciò fondamentali perché nelle cellule del miocardio comune il potenziale di riposo stia fisso in assenza di perturbazioni esterne intorno a -80 micron. Volendo andare nel dettaglio nel differenziare l’atrio dal ventricolo, ci sono alcune differenze: ci sono i canali visti prima (sodio, calcio, componenti slow e rapida R, e così via), ma la differenza sostanziale è la ku(?) che fa sempre parte della famiglia dei raddrizzatori ritardati e che però è espressa in maniera selettiva a livello atriale. Questo è un importante target farmacologico per impedire le aritmie atriali, senza determinare alcun effetto a livello ventricolare, dato che questo target è espresso solo a livello atriale. Questa è l’ultima parte dell’accoppiamento elettro-meccanico, quindi quello che è il rapporto tra l’attività elettrica e l’attività meccanica. Quest’ultima all’inizio, quando si aprono i canali del calcio voltaggio-dipendenti di tipo L, che promuovono il rilascio di calcio dal reticolo sarcoplasmatico (fenomeno che si chiama – calcium induced calcium release) e questo fa sì che il cardiomiocita si contragga. La fase critica è la fase di plateau: se non ci fosse, non ci sarebbe la contrazione. La contrazione richiede del tempo per verificarsi. La pendenza può essere modificata dal sistema nervoso. Quando facciamo attività (correre), la frequenza diventa maggiore, il potenziale d’azione si accorcia e la pendenza diventa maggiore perché abbiamo bisogno che tutto accada più velocemente. Invece, quando il cuore va più piano la pendenza diventa minore, perché se abbiamo 45/50 battiti al minuto avremo più tempo per il rilassamento elettrico e il corrispettivo meccanico. Il potenziale d’azione ha le caratteristiche viste prima, ma non sono omogenee nei tre strati. E’ importante sapere che i preparati di sezione ventricolari vengono molto utilizzati per studiare le differenti durate del potenziale d’azione nei tre strati: l’endocardio (interno), epicardio (esterno) e quello intermedio definito dalle cellule M o midmyocardial. Quando vediamo il potenziale d’azione nei tre strati, le cellule dello strato epicardico sono quelle in cui il potenziale d’azione dura meno, le cellule dello strato M, invece, sono quelle in cui dura di più. 13 La differenza del potenziale d’azione tra le cellule esterne e le cellule intermedie prende il nome di gradiente transtubulare e il suo corrispettivo all’elettrocardiogramma in superficie è il tempo che decorre tra il picco di questa componente dell’onda T e la sua fine. Quest’intervallo viene utilizzato clinicamente come marcatore surrogato della dispersione transtubulare, ovverosia della differenza tra la durata del potenziale d’azione delle cellule epicardiche e quello nelle cellule M (superiore). Questo ci interessa soprattutto in circostanze patologiche, perché non soltanto in basale il potenziale d’azione ha una durata diversa, ma la differenza fra i tre strati e, soprattutto nelle cellule dello strato intermedio, diventa ancora più evidente in condizioni patologiche. Ipokaliemia ovvero bassi livelli di potassio extracellulare associati ad un farmaco che blocca IKR, quest’ultimo blocca la componente rapida della corrente al potassio rettificatrice ritardata. In condizioni patologiche come questa c’è un prolungamento del potenziale d’azione in tutti e 3 gli stati ma rimane più pronunciato nelle M-cell. La differenza tra epicardio e M-cell dello diventa amplificata, questo corrisponde in clinica ad un aumentato rischio di aritmie ventricolari. Questo è l’elettrocardiogramma di cui abbiamo parlato a grandi linee, adesso non è altro che l’illustrazione nel tempo dell’attività elettrica del cuore. L’elettrocardiogramma (ECG) è la registrazione, nel tempo, dell’attività elettrica del cuore; i cambiamenti di polarità delle cellule cardiache generano un campo elettrico all’esterno, registrabile. Le variazioni istantanee della grandezza, direzione e verso di questo campo elettrico si riflettono in variazioni di potenziale registrabili in superficie. L’ampiezza del campo elettrico dipende dal numero delle cellule attivate e dal loro sincronismo, mentre la direzione dipende dall’orientamento spaziale delle variazioni elettriche e infine il verso dipende dalla presenza dal segno dell’evento elettrico (depolarizzazione/ripolarizzazione) e dalla direzione. Quello che registriamo è la differenza di corrente tra i due poli, quindi avrò una direzione, un verso e una grandezza definito momento del dipolo, che dipende anche dalla massa di cardiomiociti che sono oggetto del fenomeno elettrico. Quello che si va a verificare a livello del mio dipolo dipende dall’orientamento del dipolo rispetto ai fenomeni elettrici che si verificano; se sono propriamente perpendicolari non si registrerà nulla, se sono completamenti paralleli avrà un'ampiezza piena, se sono orientati nelle varie combinazioni di gradazione avremo soltanto una parte. 14 Postulati di EINTHOVEN Per approssimazione dei i principi della elettrocardiografia assumiamo che Il torace è un conduttore sferico omogeneo con al centro il cuore; le forze elettriche cardiache si generano al centro del conduttore e sono rappresentate da un unico vettore, di cui l’elettrocardiogramma mi esprime la direzione e il verso. I punti di unione arti e tronco sono i vertici di un triangolo equilatero inscritto all’interno del torace sferico (Triangolo di Einthoven), proiettando fenomeni elettrici cardiaci a livello di questo triangolo. Si vede il triangolo con derivazioni cosiddette perfette degli arti che sono derivazioni bipolari, si va a isolare l’ambiente elettrico dalle derivazioni ciascuna delle quali ha un dipolo. L’elettrocardiogramma si posiziona a livello degli arti superiori destro e sinistro e a livello degli arti inferiori; la derivazione a zero è la cosiddetta messa a terra. Derivazioni elettrocardiografiche Derivazioni bipolari: agli arti che mi esplorano l’attività cardiaca frontale. Le derivazioni periferiche ovvero D1, D2, D3, aVR, aVL, aVF esplorano l’attività cardiaca sul piano frontale. Si trovano posizionati a livello del cuore rispettivamente: D1(0°), D2(+60°), D3(+120°), aVL(-30°), aVF(+90°) Derivazioni unipolari: sono quelle precordiali vanno ad esplorare attività cardiaca su un piano orizzontale e si mettono a livello toracico. Queste derivazioni sono 6 e hanno i nomi che vanno da V1 a V6; V4 si posizionano a livello del quarto spazio intercostale più precisamente a destra e sinistra dello sterno, V3 sta esattamente in mezzo tra V2 e V4 e dopo ci sono V5 e 6 che hanno uno spazio in mezzo a lato. Quindi l’elettrocardiogramma ha 12 derivazioni. Quando vedo l’attivazione della parte bassa dell'elettrocardiogramma (che va dal basso verso l’alto) vuol dire che in una sede di conduzione si ha un processo patologico, l’impulso elettrico viaggia lungo il sistema di conduzione ma va più lento attraverso i cardiomiociti. Se guardo un'unica derivazione non ho una visione spaziale, ma temporale. L’onda P che corrisponde alla depolarizzazione degli atri, il QRS che corrisponde alla depolarizzazione dei ventricoli. La ripolarizzazione degli atri non è visibile sul tracciato ECG in quanto coincide con la depolarizzazione ventricolare. Le variazioni di 15 potenziale relative a questo evento sono pertanto mascherate da quelle associate all’attivazione dei ventricoli; la ripolarizzazione dei ventricoli che corrisponde alla fase 1-2-3 del potenziale d’azione ha il suo rispettivo nell’onda P. Se vediamo che gli intervalli sono troppo prolungati significa che c’è un’alterazione nella generazione dell’impulso o nella conduzione dalla parte alta alla parte bassa del cuore; se il QRS supera i 120 millisec vuol dire che il sistema di conduzione ha un processo patologico. RIASSUNTO: L’onda di ripolarizzazione ventricolare (onda T) ha la stessa polarità dell’onda di depolarizzazione ventricolare (onda R) perché la depolarizzazione si propaga dall’endocardio verso l’epicardio mentre la ripolarizzazione in direzione opposta (epicardio endocardio). Quando l’attività elettrica parte dal nodo del seno inizia a depolarizzarsi le membrane, nell'elettrocardiogramma inizio a vedere l’onda P, quando tutta la massa atriale si è depolarizzata l'onda P termina e inizia la fase del segmento P-Q. I fenomeni sono consequenziali perché gli atrii quando si attivano, si contraggono e danno un contributo per spingere il sangue dagli atri alla parte bassa dei ventricoli. Una volta terminata la depolarizzazione degli atri è il turno dei ventricoli, abbiamo detto che la depolarizzazione parte dal sistema elettrico Q-P, a livello del setto interventricolare, poi sfruttando i rami delle fibre del tessuto di conduzione ovvero le fibre del Purkinje si estende a tutto il miocardio ventricolare, generando l'inizio dell’onda Q, poi R e S. Una volta che i cardiomiociti dei ventricoli hanno il potenziale d’azione da -85 a + 20, ha inizio la contrazione fino a che la cellula non si ripolarizza con la fine dell’onda T. Quando anche l’onda T è finita la mia diastole elettrica (è finita la ripolarizzazione), adesso la cellula è nuovamente pronta per una nuova stimolazione. A seconda di quanto dopo si riforma l’onda P successiva, determina la frequenza cardiaca. L’intervallo QT all’ ECG di superficie esprime la durata globale dell’attività elettrica ventricolare (depolarizzazione+ripolarizzazione), deriva dalla somma del QRS (depolarizzazione) ed SP che è ripolarizzazione. In clinica lo usiamo per valutare la ripolarizzazione ovvero la fase 1-2-3. Variazioni patologiche della durata di tale intervallo, sia in un senso che nell’altro, si associano ad un maggior rischio di aritmie ventricolari maligne e quindi di morte cardiaca improvvisa. I canali che sono implicati nel processo di ripolarizzazione sono tanti e fa sì che questo processo sia ridondante, questo è un meccanismo di difesa dell’organismo perché, se si ha una variante genetica che determina una riduzione di un canale tale per cui una cellula ci metterebbe di più a ripolarizzarsi (insorgenza di aritmie), si vanno a sfruttare tutti gli altri canali che tendono ad assestarsi per compensare il canale mutato. Questo ha dei limiti del funzionamento dell’omeostasi superato range si vedrà che la durata del potenziale d’azione si allunga o si riduce. 16 Aritmie cardiache Le aritmie cardiache consistono in una alterazione della normale attivazione elettrica cardiaca. Possiamo distinguere aritmie dovute a: -Anormalità nella genesi dell’impulso all’attivazione cardiaca. -Disturbo della conduzione con alterata sequenza di attivazione cardiaca. Le aritmie cardiache possono compromettere l'efficienza emodinamica della pompa cardiaca, generando quindi situazioni di pericolo per la vita del paziente. Le aritmie cardiache si possono classificare: In base alla sede di origine – Sopraventricolari, quando originano al di sopra del fascio di His (atriali e nodali) – Ventricolari, quando iniziano dal fascio di His o dal miocardio ventricolare In base alla frequenza cardiaca – Tachiaritmie (o aritmie ipercinetiche), a frequenza > 100 battiti/min – Bradiaritmie, a frequenza < 60 battiti/min Le aritmie nello specifico la tachicardia si distingue in sopraventricolari, ventricolari, le bradicardie e le extrasistole che anche loro possono essere sopraventricolari e ventricolari. In condizioni normali si vede l’onda P il QRS e T che vengono uno dopo l'altro con un tempo di 0,860sec; tachicardia sinusale c’è meno distanza 0,57sec e più o meno stiamo andando a 100 battiti al minuto; extrasistole ventricolare c’è un QRS di forma completamente diversa perché non è preceduto da un onda P, è un battito ectopico ovvero ha un insorgenza diversa dal normale che origina dai ventricoli; aritmie atriali dove ci sono onde P patologiche o onde F che vengono trasmesse alla parte bassa del cuore in maniera rapida. Una persona che va a 150 battiti al minuto ha in alternativa le onde F che possono essere trasmesse molto piano: la parte alta del cuore è un'aritmia perché va veloce, la parte bassa invece va piano quindi è bradicardica. Aritmia fibrillazione atriale in cui gli intervalli tra un battito e l’altro sono irregolari e infine posso avere una aritmia fibrillazione ventricolare che di fatto è incompatibile con la vita in cui il cuore va a 300-350 battiti al minuto. Su questo ritmo cardiaco quando si dà uno shock con il defibrillatore, se va tutto bene, si ripristina il normale ritmo cardiaco. L’intervallo tra onda P e il successivo QRS è aumentato