Summary

Questo documento presenta appunti di psicologia clinica che trattano temi come la psicopatologia, la storia della psicologia e la concezione di malattia. Gli appunti esplorano il confronto tra un approccio essenzialista e uno anti-essenzialista allo studio della psicopatologia e soffermano l'attenzione sulla natura relazionale dell'intervento psicologico.

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SOMMARIO Sommario............................................................................................................................................................... 1 Introduzione.............................................................................................................

SOMMARIO Sommario............................................................................................................................................................... 1 Introduzione............................................................................................................................................................ 1 COS’è LA PSICOLOGIA CLINICA?.................................................................................................................. 2 The mith of mental illness.................................................................................................................................... 3 STORIA DELLA PSICOLGIA................................................................................................................................ 4 Psicologia classica o moderna.............................................................................................................................. 4 Situattività........................................................................................................................................................... 5 PSICOPATOLOGIA: ESSENZIALISMO VS ANTI-ESSENZIALISMO................................................................ 6 CONCEZIONE ESSENZIALISTA ED ANTI-ESSENZIALISTA A CONFRONTO:........................................... 6 Forme di riduzionismo entro una concezione essenzialista.................................................................................... 7 Criticità delle tradizionali tassonomie................................................................................................................... 7 Confronti tra popolazione generale e popolazione clinica...................................................................................... 7 FATTORI DI SPETTRO..................................................................................................................................... 8 Cos’è il fattore p?................................................................................................................................................ 9 La psicopatologia come rigidità........................................................................................................................... 9 Psicopatologia e suo rapporto con l’intervento......................................................................................................... 9 L’UTILITà DELLE CATEGORIE PSICOPATOLOGICHE................................................................................. 9 la concezione di servizio dell’intervento psicologico...........................................................................................10 Il progetto del fruitore.........................................................................................................................................11 Il modello di adattamento....................................................................................................................................11 Logica di patologia e logica di servizio...............................................................................................................11 ORGANIZZAZIONE DELLA PERSONALITà......................................................................................................12 Struttura, carattere e sintomi...............................................................................................................................12 Tipologie di disturbo...........................................................................................................................................13 Categorie diagnostiche della psicologia dell’io....................................................................................................13 L’organizzazione borderline................................................................................................................................14 INTRODUZIONE 1. PRIMA PARTE: o piani organizzazione personalità, meccanismi di difesa e tipologia di personalità del paziente; o strutture di personalità diverse da disparità di personalità (questi elementi sono importanti per il setting clinico ma non parlano di problematiche). 2. SECONDA PARTE: o teoria generale dell'intervento o la psicologia clinica non coincide solo con l'ambiente psicoterapeutico, lavorando anche nella formazione, consulenza lavorativa, comunità…; o cambia la tipologia di osservazione, si capirà cosa osservare. La relazione clinica è solo una cornice dell'intervento o è l'intervento? Dipende dalla tipologia della formazione; o questioni di setting: Il nostro non è un lavoro di cura. COS’È LA PSICOLOGIA CLINICA? Esistono due macro-categorie: 1. è la disciplina che studia comportamento, individui, processi mentali e disagi individuali, ed è volta alla cura del disagio individuale e si definisce come logica della correzione del deficit. 2. è una scienza delle relazioni, più che dell’individuo. L’intervento va a sostenere le situazioni e i contesti (Logica della promozione dello sviluppo). Dire che è scienza delle relazioni significa evidenziare il punto di vista delle relazioni che l’individuo ha con il mondo e che lavoriamo per le relazioni. La psicologia è definita non dall’ambito ma da un metodo e da un approccio. Le persone interpretano la loro esperienza costruendo la propria realtà, leggiamo sulle interpretazioni che le persone fanno della loro esperienza, consentendo i significati e i motivi per cui le persone fanno questa esperienza che cambiano i significati. I significati si costruiscono dentro le matrici familiari, i sistemi di relazione in cui siamo iscritti, e in generale tutte le esperienze che veicolano significati, modi di rispondere, di pensare. Se ci basiamo sulla definizione di psicologia clinica come cura dell’individuo, tendiamo a pensare che lo psicologo si occupi di disturbi, problematiche e in termini di psicopatologia, tendiamo a pensare che se il nostro paziente non ha tutti i sintomi da manuale diagnostico lo possiamo liquidare. Decidere dove e quando inizia il problema: ogni cliente che arriva ai colloqui sta continuando qualcosa, nessuno ci porta una verità storica bensì una verità narrativa. Delle volte succede che le nostre risposte siano condizionate dalla nostra esperienza, quindi bisogna essere in grado di distinguere la nostra storia da quella dei clienti. È nostro compito valutare se la natura degli eventi raccontati possa essere considerata problematica. Il concetto di malattia, di disturbo, di cura, sono concetti psichici non psicologici: bisogna capire che i processi dei nostri pazienti sono gli stessi nostri. Non esiste una distinzione medica tra ciò che è normale e ciò che non lo è, dobbiamo pensare la nostra posizione come un puntino che è anche dinamico e si sposta da un vertice all’altro. Ci muoviamo lungo questo puntino, anche nelle situazioni di disagio, e si deve tenere conto delle risorse disponibili: : un bambino piccolo interpreta la relazione con la madre in termini di dipendenza. Questo è molto tardativo per il bambino, perché dipende tutto dal care giver. Se questa stessa interpretazione è data da un giovane adulto, può essere più problematico perché questo impedisce di intraprendere progetti di vita importanti. I nostri modi di interpretare dunque dipendono dalla situazione con cui ci stiamo confrontando. Un altro esempio sono le sfide specifiche: se ad esempio, tendo ad essere di umore basso dopo un lutto, questa non è una cosa patologica ma può essere una cosa normale, bensì una cosa sana. Anche le risorse disponibili sono un fattore importante: esse sono ciò che possiamo usare e ci sostiene (il contesto della nostra famiglia, per esempio: un conto è affrontare un problema in una famiglia che sostiene, un conto è non). Il concetto di normalità varia attraverso tempo e spazio; infatti, fino al secolo scorso se una donna aspirava a qualcosa di diverso a diventare moglie e madre poteva essere considerata malata. Ma anche da famiglia a famiglia quello che è considerato sano e normale in un’altra famiglia può non esserlo. THE MITH OF MENTAL ILLNESS La malattia mentale è un contenuto. Infine, la definizione di psicopatologia non potrebbe essere universale ma dipende dal contesto. : tendiamo a pensare come patologico l’atto di lavarsi le mani, ma tendiamo meno a considerare patologico l’atto di frenare la macchina quando passa un gatto nero.Tendiamo a pensare che la dipendenza del gioco è malattia e che quella del lavoro no semplicemente perché comunemente accettata. Molte persone che vengono prese in carico non rientrano nelle categorie diagnostiche presenti nei manuali, ma se si presentano da noi vuol dire che avvertono un disagio, motivo per cui bisogna lavorare con soggettività e non oggettività. Non si può pensare che una persona con un problema come quello dell’hikikomori sia nata con quel disturbo e quella problematica; se invece pensiamo che la mente è razionale e che noi ci costruiamo nel bel mezzo delle relazioni è possibile capire che determinati atteggiamenti abbiamo a che fare con quell’individuo o con la sua famiglia. Alcuni comportamenti possono essere amplificati da quello che avviene o da come agiamo. : una madre che si relaziona al comportamento anoressico della figlia. Si percepisce la situazione della madre, si sente il dolore; ma se non c’è una domanda di presa in carico da parte della figlia, probabilmente lei crede che è la famiglia il problema e quindi noi possiamo lavorare con la madre e tutta la famiglia, ma non con lei se non percepisce che ha bisogno di una mano. Questo implica che la presa in carico deriva da come le persone si sentono, dal modo in cui si approcciano alla realtà, al loro modo di fare. Se ci siamo rivolti ad uno psicologo è perché pensiamo che ci sono sentimenti critici con cui ci stiamo confrontando o ci piacerebbe non pensare allo stesso modo; non bisogna aspettarsi che cambi il mondo, ma il modo in cui noi ci relazioniamo ad adesso. STORIA DELLA PSICOLGIA PSICOLOGIA CLASSICA O MODERNA È sviluppata come conoscenza dell’individuo ed è formata da un postulato fondamentale: l’individuo oggetto della conoscenza è un’entità individuale, prendiamo le distanze dall’idea che l’individuo è un’entità unitaria. Di fatto significa che la psicologia classica è stata associata all’assunzione della persona che vedo di fronte a me, ne posso raccogliere le caratteristiche, l’essenza in maniera oggettiva, totalmente incondizionata dal mio punto di osservazione, se sono uno psicologo competente e do gli strumenti diagnostici giusti. Noi pensiamo alla mente come ad un blocco di marmo: questo a prescindere da chi viene guardato alla stessa forma le stesse caratteristiche per tutti. Da un altro punto di vista la mente può essere un liquido: una cosa è l’acqua nel bicchiere, una cosa è l’acqua nel mare o quella nella bottiglia. Diverse teorie hanno usato diverse unità di osservazione, diverso modo di percepire il rapporto tra osservatore ed osservato. Basta pensare al fatto che noi non siamo la stessa cosa con i nostri amici, i nostri genitori o anche tra i due genitori. SITUATTIVITÀ Antirealismo: un postulato della psicologia post-moderna che esprime che quello che osserviamo ha a che fare con le nostre lenti, come noi lo vediamo, che siano del terapeuta o della persona con cui entriamo in rapporto. Esistono delle verità che non vediamo proprio, alcuni problemi non vengono nominati e ci sembra che non esistano. Ad esempio, la madre vede il mutismo della figlia ma non vede il problema del controllo. Persone nella stessa esperienza agiscono in modo diverso: : un paziente racconta di un adolescente che, sentendosi in difficoltà rispetto a delle nuove situazioni, si confida alla madre; la madre gli risponde di prendere un appuntamento da uno psicologo. Il paziente racconta tenendo conto del suo vissuto con la madre che non si occupa di lui, come se la madre stesse scaricando la situazione a qualcun altro. Un’altra persona sentendo questa storia ebbe la stessa esperienza, ma la madre la abbracciò dicendo “Ci sono io” e a lei sembrò che stesse sottovalutando la gravità del problema. Questo non significa che una narrazione sia più giusta dell’altra perché tutti noi organizziamo la nostra relazione con la realtà in modo diverso. Continuamente noi contribuiamo a costruire la realtà delle nostre situazioni, una narrazione non è come l’altra. La percezione della minaccia, ad esempio, è più forte della minaccia reale ma non per questo non crea situazioni dell’allarme concrete. Anche noi psicologi possiamo osservare un certo punto di vista e non un altro. La prima persona su cui dobbiamo osservare il nostro pensiero siamo noi, in casi preoccupanti del sintomo noi non vediamo uno sciame intero di cose che capitano in quella famiglia perché magari siamo presi da determinate situazioni specifiche e ci perdiamo il quadro più grande. Noi siamo convinti che un paziente ha un determinato disturbo e ci soffermiamo su quello, perdendoci il resto della situazione. Quello che viene dopo è importante, anche se noi abbiamo un’ipotesi su qualcosa. Qualunque storia venga prodotta è una storia creata, mantenuta o ripensata culturalmente e intersoggettivamente. La maggioranza delle nostre percezioni le prendiamo tramite quello che osserviamo. un paziente ha ricevuto il la sua vita, quindi, è organizzata messaggio che chi si sulla risposta di richieste di allontana non gli vuole accudimento da parte della famiglia, bene anche se il messaggio implicito è: “sentiti libera di fare la tua vita”. PSICOPATOLOGIA: ESSENZIALISMO VS ANTI- ESSENZIALISMO CONCEZIONE ESSENZIALISTA ED ANTI-ESSENZIALISTA A CONFRONTO: Nella concezione essenzialista le categorie diagnostiche riflettono le caratteristiche di un individuo, che vengono ritenute innate o essenziali nelle persone. X è un giocatore patologico; Y è uno psicotico Nella concezione anti-essenzialista invece le categorie diagnostiche non rappresentano ciò che l’individuo è, ma il modo che le persone utilizzano per dar senso alle differenze e per comprendere il mondo. Un comprtamento può essere interpretato in modi diversi a seconda del contesto. "Giovanni è un bambino tranquillo" o "dipendente?", o "Beatrice è egoista" o "sofferente?". La concezione essenzialista concepisce la psicopatologia in termini categoriali dicotomici: i disturbi mentali sono visti come distinti e separati dai comportamenti normali La concezione anti-essenzialista propone un modello dimensionale per cui i disturbi psicologici non sono completamente separati dai comportamenti normali, ma sono delle varianti estreme di fenomeni psicologici comuni. FORME DI RIDUZIONISMO ENTRO UNA CONCEZIONE ESSENZIALISTA Nella concezione essenzialista vi è un’ulteriore semplificazione, tramite due processi:  UNIFICAZIONE CATEGORIALE FORZATA: le categorie psichiatriche (ossessioni, fobie…) sono trattate come entità omogenee (l’ossessione, la fobia…), trascurando la complessità e diversità di ciascuna di esse  PERSONIFICAZIONE: le categorie psicopatologiche vengono correlate a persone concrete (il depresso, l’isterico…), trascurando che le persone possono mostrare tratti di disturbi diversi in momenti o in fasi differenti CRITICITÀ DELLE TRADIZIONALI TASSONOMIE Le classificazioni diagnostiche tradizionali presentano molte criticità, tra cui:  Confini arbitrari tra psicopatologia e normalità  Confini non chiari entro i disturbi  Frequente co-occorrenza di disturbi  Eterogeneità entro i disturbi  Instabilità diagnostica: i disturbi non sono sempre ben definiti e cambiano nel tempo, rendendo le diagnosi poco stabili  Mancato fit con le categorie diagnostiche per molte persone, pur manifestando elevato stress e bisogno di aiuto CONFRONTI TRA POPOLAZIONE GENERALE E POPOLAZIONE CLINICA Le similarità biologiche e le similarità nella struttura dimensionale della personalità tra popolazione generale e popolazione clinica, ha condotto la ricerca a sostenere che: 1. Nella psicopatologia esiste un continuum con il normale funzionamento 2. I disturbi non sono totalmente distinguibili; essi costituiscono manifestazioni specifiche di un unico coerente dominio di variazioni psicologiche. La ricerca ha sostenuto l’idea che i diversi disturbi si organizzino intorno a dimensioni trans-diagnostiche o spettri:  Internalizzazione: disturbo d’ansia, depressione, somatizzazione…  Esternalizzazione: dipendenze, disturbo anti-sociale…  Disturbo del pensiero: legato ad esperienze psicotiche FATTORI DI SPETTRO Lahey e colleghi hanno proposto l'esistenza, in aggiunta alla propensione a specifiche forme di psicopatologia, di un fattore generale di psicopatologia, chiamato fattore P, che riassume la propensione di una persona a sviluppare disturbi mentali comuni. Quello che ha portato i ricercatori a pensare ciò, è stato:  Riscontro in diverse culture e sistemi diagnostici  Sviluppo dal punto di vista longitudinale e dello sviluppo  Relazioni genetiche e ambientali tra i disturbi  Comunanze nel funzionamento interpersonale Si parla di modello gerarchico bifattoriale: Gli elementi a favore dell’esistenza di un unico fattore generale della psicopatologia sono principalmente due: 1. Correlazione non solo a livello di disturbo ma anche a livello di spettro 2. forti patterns di comorbidità (presenza di due o più malattie nello stesso soggetto) sequenziale: i disturbi mentali presenti in un determinato periodo predicono l’occorrenza futura dello stesso disturbo, così come di disturbi differenti Caspi e colleghi (2014) hanno trovato ulteriori evidenze all’ipotesi di unica dimensione generale e hanno coniato il termine “P Factor” per rappresentarla. È stata definita “P” perché molto simile al “fattore g” dell’intelligenza generale. Così come la dimensione g riflette il grado di abilità mentale, la dimensione P rappresenta la severità (da bassa ad alta) della psicopatologia, con il disturbo del pensiero all’estremità. Più è alto il punteggio su p, peggiore è:  la storia familiare di malattia psichiatrica;  la compromissione delle funzioni cerebrali nei primi anni di vita;  la storia dello sviluppo evolutivo;  la compromissione della vita adulta. COS’È IL FATTORE P? Non è ancora chiaro cosa rappresenti esattamente il fattore P. Alcune ipotesi includono:  un fattore generale e super ordinato di personalità  un diffuso stato negativo spiacevole, spesso definito neuroticismo o emozionalità negativa  la presenza di disturbi del pensiero che entrano nei vari disturbi mentali LA PSICOPATOLOGIA COME RIGIDITÀ Un'altra ipotesi proposta è che la psicopatologia possa essere vista come una forma di rigidità psicologica, ovvero la persistenza di determinati pattern (affettivi, cognitivi o comportamentali) anche quando risultano disadattivi. La rigidità è caratterizzata da una bassa flessibilità e da un forte desiderio di strutturare l’ambiente in modo da ridurre il carico cognitivo. «Rachel si preoccupa per la propria prestazione a lavoro e fa del suo meglio perché il lavoro sia perfetto. Il perfezionismo di Rachel le consente di produrre un lavoro di alta qualità, ma lei persiste nel perfezionare il suo lavoro anche quando questo significa non rispettare le scadenze, e, perciò, non lavorare più efficacemente» PSICOPATOLOGIA E SUO RAPPORTO CON L’INTERVENTO L’UTILITÀ DELLE CATEGORIE PSICOPATOLOGICHE Anche in una prospettiva anti-essenzialista, le categorie diagnostiche non sono completamente prive di utilità clinica. Esse svolgono due funzioni principali:  Funzione semiotica: Rappresentano un modo di dare significato ai problemi psicologici. Le persone spesso si rivolgono allo psicologo interpretando i loro problemi in termini di disturbo mentale. Formulare una domanda di aiuto basata su una diagnosi fornisce materiale di riflessione per comprendere meglio chi chiede aiuto.  Funzione clinica: Le categorie diagnostiche aiutano a descrivere configurazioni psicologiche tipiche che orientano il lavoro clinico. Riconoscere un disturbo può aiutare lo psicologo a: o Organizzare le modalità di lavoro (il setting terapeutico). o Selezionare e modulare il tipo di interventi (interpretativi o di supporto). o Anticipare il tipo di impatto delle proprie azioni. o Comprendere meglio i comportamenti e i discorsi del paziente. o Individuare i modi di regolazione della relazione I problemi sorgono quando le categorie psicopatologiche, invece che in termini descrittivi di pattern di funzionamento, vengono interpretate in modo normativo, cioè come deviazioni da un modello di normalità atteso, e non più come semplici descrizioni di pattern di funzionamento. Mentre sul piano descrittivo la categoria psicopatologica mappa un certo stato dei fatti, quando interpretata normativamente tale configurazione acquista il significato di scarto: lo stato dei fatti che la categoria riferisce (si tratti di impulsività, disinibizione…) non è più considerato, in quanto tale, ma in quanto deviazione dalla normalità attesa. Sul piano interpretativo, concentrarsi sulla "deviazione" dalla norma, anziché sulla specifica esperienza soggettiva del paziente, porta il clinico a vedere solo "narcisismo" o "depressione", senza considerare la persona che soffre di queste condizioni (il depresso, il narcisista…). Inoltre, si rischia di trattare la condizione soggettiva del paziente (come il sentirsi emotivamente anestetizzato) solo come un effetto della patologia, ignorando la complessità e il vissuto unico del paziente. Sul piano dell’intervento, la connotazione della psicopatologia come deviazione, si riflette in una concezione ortopedica della funzione psicologica, mirata a "correggere" la deviazione e a ripristinare la normalità. Questo approccio ignora l’esistenza del paziente e il suo progetto unico, riducendo l'intervento a un tentativo di normalizzazione. LA CONCEZIONE DI SERVIZIO DELL’INTERVENT O PSICOLOGICO Un'alternativa all'approccio normativo è concepire l'intervento psicologico come un servizio che supporta il progetto personale del paziente. Ogni persona ha un progetto di vita unico, che può essere compromesso da un modello di adattamento che non funziona più. IL PROGETTO DEL FRUITORE Il fruitore si rivolge allo psicologo perché vuole affrontare una condizione critica, con l’aiuto dell’esperto. La criticità lamentata dal fruitore non ha un significato univoco; acquisisce il suo significato (quello che sostanzia il valore di utilità del servizio), nel contesto del progetto del fruitore. : una persona può vivere una crisi sentimentale, ma il significato di questa crisi può variare enormemente da un caso all’altro. Alcuni possono sentire il bisogno di ripensare profondamente il loro modo di essere, mentre altri possono soffrire per la perdita di un legame essenziale per loro. Lo psicologo deve comprendere cosa significa quella crisi per quella persona e adattare il suo intervento di conseguenza. IL MODELLO DI ADATTAMENTO Un modello di adattamento è un modello che, fino ad un certo punto nella vita della persona, ha alimentato modalità di rapporto con il mondo con le quali la persona si è identificata, indipendentemente dai costi esistenziali che tale identificazione ha comportato. Tuttavia, quando questo modello non funziona più a causa di nuove condizioni di vita (come nuovi compiti evolutivi o cambiamenti di contesto), la persona può decidere di rivolgersi allo psicologo. Il compito dello psicologo è aiutare la persona a trovare nuovi modi di adattarsi. LOGICA DI PATOLOGIA E LOGICA DI SERVIZIO  Nella logica della patologia: Il focus è sulla deviazione dalla norma, e l’intervento viene attivato quando un pattern di funzionamento mentale è considerato critico.  Nella logica di servizio: Il pattern di funzionamento mentale non è né positivo né negativo di per sé, ma diventa critico solo se interferisce con il progetto di vita del paziente. L’intervento è quindi giustificato dalla necessità di sostenere il paziente nel suo percorso unico, non nel correggere una deviazione. L’intervento psicologico, in una logica di servizio, non si concentra principalmente sull’identificazione della psicopatologia. Al contrario, è orientato a comprendere la domanda del paziente, gli eventi critici che l’hanno spinta a chiedere aiuto, e le condizioni soggettive che rendono problematico il suo modello di adattamento. Il servizio che lo psicologo fornisce deve essere disegnato sulla base delle circostanze uniche del paziente e del suo progetto di vita. ORGANIZZAZIONE DELLA PERSONALITÀ STRUTTURA, CARATTERE E SINTOMI La personalità ha una struttura stabile e invisibile. La struttura è un insieme di meccanismi psichici ed è il modo in cui questi meccanismi interagiscono tra loro, attraverso schemi specifici o latenti. La personalità ha un carattere: è il funzionamento relazionale e visibile di ogni struttura di base. Ha anche dei sintomi; essi sono gli aspetti disadattivi del carattere. Per comprendere meglio il concetto di struttura stabile, si può far riferimento all’esempio del minerale cristallizzato (Freud, 1932): Se lasciamo cadere un minerale cristallizzato, questo blocco si spezza, ma questa rottura non si produce mai in un modo qualunque o variabile: le rotture si producono sempre secondo le stesse linee di scissione, gli stessi limiti, le stesse angolazioni, le stesse direzioni, le stesse forme di sezione (…) Dal momento in cui è diventato cristallo, dunque struttura fissa, una qualsiasi sostanza minerale non può rompersi in modo qualunque. Lo stesso vale per le strutture profonde della personalità psichica. Sia a livello della malattia che al livello del carattere ben adattato, non si può passare da un ordinamento strutturale ad un altro. Una struttura basilare venuta a fissarsi dopo l’adolescenza secondo il tipo strutturale nevrotico, per esempio, non può passare poi al tipo strutturale psicotico, e viceversa TIPOLOGIE DI DISTURBO  Malattie esogene ed endogene: sono state distinte da Kraeplin, uno psichiatra. Le malattie esogene sono quelle curabili, quelle endogene quelle incurabili. Un esempio è quello della schizofrenia: in passato era ritenuta malattia endogena, in quanto era incurabile. Ad oggi possiamo dire che non esistono malattie incurabili e che non possiamo avere fantasie trasformative. Freud differenzia:  Livello nevrotico: ha una percezione abbastanza appropriata con la realtà  Livello psicotico: si ha una perdita di contatto con la realtà La nevrosi ubbidisce al Super-Io e rimuove le esigenze personali. Nella psicosi avviene una rottura tra l’Io e la realtà: l’Io soccombe all’Es che crea una realtà delirante. I meccanismi di difesa in merito sono:  Primitivi: rompono il contatto con la realtà; sono tipici della psicosi  Secondari: sono tipici della nevrosi CATEGORIE DIAGNOSTICHE DELLA PSICOLOGIA DELL’IO  Nevrosi sintomatiche: si manifestano attraverso sintomi che il paziente riconosce come “inutili”. In questo caso: o ci si allea con il terapeuta per far fuori il sintomo o le problematicità si manifestano ad un certo punto della nostra vita  Nevrosi del carattere: sono costanti e di lunga data. Non generano sensazioni di colpa o di angoscia. Si è ostili al terapeuta, quindi quest’ultimo deve: o Rendere egodistonico ciò che appare egosintotico: non deve sollecitare al senso di colpa o Sviluppare l’alleanza terapeutica L’ORGANIZZAZIONE BORDERLINE Intorno al 1950, molti analisti osservarono che alcuni pazienti non riferivano deliri o allucinazioni e non potevano essere considerati psicotici, ma erano anche privi della stabilità e prevedibilità dei pazienti di livello nevrotico e sembravano sofferenti in modo più globale e meno comprensibile. Nel corso del trattamento, diventavano temporaneamente psicotici. Nasce così l’organizzazione borderline. Per capire il funzionamento mentale che va dal più disturbato a quello più sano, gli studiosi prendono in considerazione:  Livello evolutivo: Ciò che descrive il grado di individuazione o patologia è il livello evolutivo. Ci sono tre livelli: o Normale-nevrotico o Borderline o Psicotico  Stile difensivo: identifica il tipo di carattere (paranoide, depressivo, schizoide…). Se lo stile difensivo è rigido e fa difficoltà ad adattarsi, si parla di disturbo della personalità; se così non è, indica i “tratti” della personalità.

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