Metabolismo Degli Acidi Grassi Nei Tumori Ed Oncometaboliti PDF
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Enrico Bertolaja e Andrea Asni
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Questo documento tratta del metabolismo degli acidi grassi nei tumori ed oncometaboliti. Vengono descritti i due principali pathway, beta-ossidazione e biosintesi, e le 3 fonti di acetato. Inoltre, vengono discusse le mutazioni enzimatiche, gli oncometaboliti e l'insorgenza tumorale, soffermandosi in particolare sulla funzione dei geni housekeeping e sulla perdita di eterozigosi.
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Chimica e Propedeutica Biochimica #6 – Cardaci – Metabolismo degli acidi grassi nei tumori ed oncometaboliti Pag. 1 a 5 Chimica e Propedeutica Biochimica#6 Metabolismo degli acidi grassi nei tumori ed oncometaboliti Prof. Cardaci – 14/05/2024– Autore: Enrico B...
Chimica e Propedeutica Biochimica #6 – Cardaci – Metabolismo degli acidi grassi nei tumori ed oncometaboliti Pag. 1 a 5 Chimica e Propedeutica Biochimica#6 Metabolismo degli acidi grassi nei tumori ed oncometaboliti Prof. Cardaci – 14/05/2024– Autore: Enrico Bertolaja e Andrea Asni – Reviewer: Enrico Bertolaja e Andrea Asni – linea Verde 2029 Betaossidazione e biosintesi degli acidi grassi I due pathway essenziali nel metabolismo dei lipidi sono la betaossidazione degli acidi grassi e la loro biosintesi. La beta ossidazione avviene solitamente nella matrice mitocondriale mentre solo alcuni degli acidi grassi, come quelli a catena lunga, la fanno nei perossisomi. Questi processi degradativi portano alla modificazione di un acido grasso complesso ad uno più semplice, il quale viene successivamente coniugato alla carnitina per essere portato nella matrice ed essere degradato. La biosintesi degli acidi grassi invece, è confinata nel citoplasma e richiede che venga formato AcetilCoA per generare malonilCoA, una molecola che se attivata forma una catena di atomi di carbonio. Com’è possibile formare AcetilCoA? L’AcetilCoA lipogenico può essere generato dalla scissione del citrato in ossalacetato e acetilCoA, ma può essere sintetizzato anche da altri precursori grazie ad un enzima che è in grado di convertire l’acetato in acetilCoA. L’enzima prende il nome di ACSS (acetilCoA sintetasi) che esiste in 2 isoforme: la 1 e la 2. Nella nomenclatura classica, l’isoforma 2 indica quella di origine mitocondriale, ma in questo caso identifica l’isoforma di origine citosolica. La reazione che questo enzima catalizza è energeticamente sfavorevole perciò richiede ATP. L’acetilCoA ha diversi destini metabolici come la biosintesi degli acidi grassi, del colesterolo e dei corpi chetonici (corpi chetonici e colesterolo infatti, nella loro biosintesi hanno in comune diverse reazioni) o come alcune reazioni di acetilazione. L’isoforma 2 aspartica (ACSS2) è inducibile in diverse tipologie di tumore come in situazioni di stress metabolico, quindi è overespressa nei tumori in ipossia e in carenza di nutrienti. Le 3 fonti di Acetato Il concetto appena spiegato, fa comprendere bene come la cellula tumorale, in assenza di nutrienti e in condizioni sfavorevoli, cerchi di ottimizzare una fonte di carboni alternativa come quella dell’acetato. Bisogna però porsi una domanda: da dove viene preso l’acetato? La nostra fonte primaria di acido acetico è la dieta, ma viene anche prodotto fisiologicamente, seppur in concentrazioni minori, dal nostro metabolismo cellulare. Un primo esempio è quello delle reazioni di acetilazione degli istoni, mediate da degli enzimi chiamati istoni acetilasi o acetil transferasi, sono delle reazioni di moltiplicazione epigenetica della cromatina dove il gruppo acetile che acetila gli istoni deriva da un acetilCoA. La rimozione di questi gruppi acetili invece, avviene attraverso enzimi detti istoni deacetilasi e non si rilascia AcetilCoA, bensì acetato. L’acetato viene quindi prodotto fisiologicamente in seguito alla deacetilazione degli istoni. Anche l’idrolisi di metaboliti o di proteine deacetilate comporta la produzione di acetato. Una terza fonte di acetato è il microbiota intestinale. I microvilli intestinali sono in grado di fermentare delle fibre, come la cellulosa, che noi non saremmo in grado di degradare da soli. Il legame glicosidico della cellulosa viene scisso da questi batteri, i quali formano dei piccoli metaboliti (short chain fatty acids) che hanno un gruppo carbossilico e una piccola catena carboniosa composta da 2 a 5 atomi di carbonio. Degli esempi sono l’acetato, il propionato o il butirrato. Gli short chain fatty acids verranno successivamente metabolizzati ad acetilCoA o a succinilCoA a seconda del punto di ingresso nel ciclo di Krebs o verranno usati come modulatori allosterici di enzimi. Essi svolgono inoltre una funzione ormonale, infatti fungono da ligandi di recettori di membrana, generalmente accoppiati a proteine G. Una volta si sono legati, il recettore cambia conformazione attivando una cascata di segnale che coinvolge l’azione di small G proteins per indurre una risposta fosforilativa. Chimica e Propedeutica Biochimica #6 – Cardaci – Metabolismo degli acidi grassi nei tumori ed oncometaboliti Pag. 2 a 5 Mutazioni enzimatiche, oncometaboliti e insorgenza tumorale Fino ai primi anni del 2000 si pensava che le alterazioni metaboliche che avvengono nel cancro hanno la funzione di predisporre la cellula neoplastica al raddoppiamento della propria massa molecolare, poi si è stato scoperto che gli enzimi del nostro metabolismo possono essere mutati predisponendo l’organismo all’insorgenza di tumori. Questa scoperta ha consentito di generare l’ipotesi secondo la quale sono le alterazioni stesse a fungere da «oncogenic drivers» e quindi a causare uno squilibrio proliferativo. Per procedere con il discorso, dove tratteremo di mutazioni a carico degli enzimi del ciclo di Krebs, è necessario introdurre il concetto di «oncometabolita» che definisce un metabolita che può essere prodotto fisiologicamente o meno e che raggiunge concentrazioni molto elevate nelle cellule tumorali. A seguito di queste concentrazioni elevate, il metabolita acquista delle nuove funzioni che prima gli erano precluse. Il primo dei 3 enzimi del ciclo di Krebs che possono subire mutazioni e diventare degli oncogenic drivers ad essere stato trovato mutato, in diversi tumori, è la succinato deidrogenasi. Solo successivamente sono stati trovati mutati anche la fumarato idratasi e l’isocitrato deidrogenasi. Due di questi enzimi (succinato deidrogenasi e fumarato idratasi) sono codificati da geni nucleari e che vanno incontro a mutazioni inattivanti (loss of function). Parlando della loro struttura, la succinato deidrogenasi è un complesso di 4 subunità (ognuna delle quali è codificata da un gene diverso) e la fumarato idratasi è un omodimero. FH (fumarato idratasi) e SDH (succinato deidrogenasi) perdono la loro funzione catalitica e possono essere considerati «oncosoppressori» (non sono oncogeni perchè essi inducono mutazioni attivanti, mentre gli oncosoppressori mutazioni inattivanti). La succinato deidrogenasi in condizioni normali ha come compito quello di ossidare il succinato a fumarato. Quando questa capacità viene persa, ne consegue che il succinato non viene più ossidato e si accumula intracellularmente, raggiungendo concentrazioni millimolari. Il fumarato invece è un metabolita che viene idratato a malato dalla fumarato idratasi (fumarasi). Anche in questo caso se l’enzima viene mutato, il fumarato non viene più degradato, accumulandosi nella cellula. Ciò che succede all’isocitrato deidrogenasi è un po’ diverso. Ne esistono 3 isoforme e catalizzano una reazione reversibile da isocitrato ad alpha-chetoglutarato o viceversa, a seconda delle necessità cellulari. Questo enzima, a differenza degli altri due, subisce delle mutazioni attivanti quindi IDH è un oncogene. L’enzima comunque non è che funziona meglio, si limita ad acquistare una nuova funzione «neomorfica», ovvero, la capacità di sintetizzare un nuovo metabolita che è il 2-idrossiglutarato (2HG), molto abbondante in particolari tipi di tumore. Diossigenasi alpha-chetoglutarato dipendenti e prolil-idrossilasi Succinato, fumarato e 2-idrossiglutarato sono 3 metaboliti che hanno una struttura molto simile tra loro e conservano la capacità di agire da modulatori di determinati enzimi conosciuti come «diossigenasi alpha-chetoglutarato dipendenti». Questi enzimi usano l’ossigeno molecolare per idrossilare delle proteine o dei metaboliti e per farlo usano l’alpha-chetoglutarato come substrato. L’alpha-chetuglutarato inverte un carbonio e 2 ossigeni liberando una molecola di CO2. Un atomo dell’ossigeno molecolare viene incorporato nel sito della molecola liberando succinato mentre l’altro ossigeno viene incorporato sulla proteina che deve essere idrossilata. Queste diossigenasi quindi idrossilano substrati proteici, richiedono acido ascorbico (vitamina C) come cofattore, ferro che transita continuamente tra lo stato ridotto e ossidato e consumano alpha-chetoglutarato rilasciando succinato. La classe delle diossigenasi è molto ampia, infatti, ne esistono 60-100 tipi diversi e comprendono anche le prolil-idrossilasi che idrossilano la subunità alpha del fattore di trascrizione HIF. Ma cosa succede quando nella cellula si accumula il succinato che è un prodotto di reazione di idrossilazione? In seguito ad un suo accumulo, ad esempio dopo disfunzioni della succinato deidrogenasi, la reazione è inibita dato che i prodotti hanno raggiunto una concentrazione maggiore dei reagenti. Lo stesso avviene in seguito all’accumulo di fumarato o all’accumulo di 2-idrossiglutarato. Queste due molecole infatti, hanno una struttura molto simile a quella del succinato e quindi mimano il comportamento dell’accumulo di succinato. Riassumendo, quando questi 3 metaboliti si accumulano, inibiscono le diossigenasi alpha-chetoglutarato dipendenti con conseguenti patologie. Pseudoipossia e ipermetilazione del DNA Quali sono questi eventi di tipo patologico? Per capirlo dobbiamo comprendere quali sono i membri di questa classe enzimatica, ovvero, le prolil-idrossilasi che idrossilano il fattore di trascrizione HIF. Quando queste vengono inibite in seguito all’accumulo degli oncometaboliti, HIF non viene più degradato e si induce pseudoipossia. Si riscontreranno poi problemi legati alla biosintesi del collagene poiché essa necessita di un gran numero di reazioni di idrossilazione a carico delle proline e delle lisine, catalizzate da enzimi che fanno parte di quella classe enzimatica precedentemente citata. Siccome il collagene è una proteina che viene secreta all’esterno della cellula, se alterato renderebbe la matrice Chimica e Propedeutica Biochimica #6 – Cardaci – Metabolismo degli acidi grassi nei tumori ed oncometaboliti Pag. 3 a 5 extracelllulare più lassa (meno compatta) e favorirebbe la metastatizzazione. Infine, anche a livello delle modificazioni epigenetiche della cromatina possono esserci delle complicazioni. In questo caso agiscono degli enzimi che catalizzano reazioni reversibili detti demetilasi. La reazione di demetilazione prevede una serie di modificazioni intermedie come l’idrossilazione del residuo che è metilato, quindi prima di giungere alla completa demetilazione della citosina si deve transitare attraverso uno stato intermedio chiamato idrossi-metil-citosina usando le diossigenasi. Quando esse non funzionano a seguito dell’accumulo degli oncometaboliti, ne consegue che si accumulano le metil- citosine o gli istoni metilati con un conseguente fenotipo di ipermetilazione. Geni housekeeping Le mutazioni a carico di questi enzimi non avvengono in tutti tumori, ma possiamo intenderle come tessuto-specifiche, tenendo a mente che avvengono con tropismo molecolare. Infatti alcuni enzimi sono mutati a livello del rene, altri nei gliomi. Grazie a questi enzimi del ciclo di Krebs, possiamo introdurre il concetto di «house keeping» (mantenere la propria casa). I geni cosiddetti «domestici» o «housekeeping» sono quei geni che codificano proteine coinvolte in processi metabolici fondamentali per ogni cellula vivente, come gli enzimi citati fino ad ora. Grazie all’house keeping gli enzimi assicurano un corretto funzionamento della cellula. Quando gli enzimi sono mutati, la cellula ne fa a meno e l’house keeping viene a mancare. La cellula tumorale deve quindi adattarsi alle nuove funzioni causate dalle mutazioni, ma una volta avvenuto l’adattamento, dall’altro lato deve capire come sfruttare questa mutazione. Come abbiamo detto non tutti i tessuti sono capaci di tamponare il difetto metabolico. Gli enzimi risultano mutati solo in quei tessuti che sono capaci di tamponare la mutazione e quindi la perdita della funzione di house keeping. Cosa succederebbe se ci fosse una completa perdita sistemica? Le mutazioni omozigoti della fumarato idratasi causano una malattia genetica molto rara (fumaric aciduria) che porta all’accumulo di fumarato, modificando l’enzima che catalizza la trasformazione del metabolita appena citato in malato. Questa malattia porta il fumarato a raggiungere concentrazioni millimolari (molto elevate) in ambiente intracellulare causando un’estrema acidità con conseguenti malformazioni cerebrali ed encefalopatie. Al contrario delle cellule wildtype però, le cellule tumorali sono in grado di compensare una perdita locale di fumarato idratasi. Loss of heterozygosity Un individuo può nascere con uno dei due alleli mutato, ma avendone uno wildtype, non manifesterà la malattia. Casualmente però, nella vita adulta l’allele sano va incontro a una mutazione inattivante e la cellula va incontro ad una completa loss of function di tipo somatico, sviluppando il tumore ad essa associata. Il concetto appena spiegato prende il nome di «loss of heterozygosity» ed è identico per FH e SDH. Gli individui che nascono con una completa inattivazione vanno incontro ad una patologia detta «Leigh syndrome» che colpisce il sistema nervoso centrale causandone malformazioni. Nei topi queste mutazioni portano direttamente alla morte del feto. Adattamenti metabolici dei tumori Fumarato Idratasi (FH) In seguito alla completa perdita di funzione della fumarato idratasi (FH), che avviene somaticamente nella cellula tumorale, il fumarato non può più essere trasformato a malato, accumulandosi all’interno della cellula. Di conseguenza il ciclo di Krebs subisce un troncamento, e quindi non sarà più un ciclo, bensì un pathway di tipo lineare. Il fumarato quindi si accumula, andando a determinare un fenotipo pseudotossico. La stessa cosa accadrà in caso di mancanza della succinato deidrogenasi. Il primo adattamento che è stato osservato, avviene nelle cellule deficienti di FH ed è il potenziamento della sintesi e degradazione dell’eme. L’eme viene sintetizzato a partire dal Succinil-CoA, prodotto a sua volta nel ciclo di Krebs. Se si sintetizza più eme, si sottraggono carboni al ciclo di Krebs e cosi facendo si previene l’aumento eccessivo di fumarato a livello intracellulare. Per mantenere il fumarato all’interno di un determinato range fisiologico, uno stratagemma è quello di creare una via di fuga per gli atomi di carbonio dal ciclo di Krebs ad un altro pathway. Chimica e Propedeutica Biochimica #6 – Cardaci – Metabolismo degli acidi grassi nei tumori ed oncometaboliti Pag. 4 a 5 Un altro modo per detossificare l’eccesso di fumarato nell’organismo, mantenendo sempre la sua concentrazione in un determinato range, è quello di trasformare il fumarato in qualcos’altro, ovvero, in argininosuccinato, collegando cosi il ciclo di Krebs al ciclo dell’Urea (Krebs Bicycle), entrambi scoperti da Hans Krebs.Infatti entrambi i cicli hanno come elemento comune il fumarato. Inoltre, esiste un enzima, ovvero, l’arginino-succinato liasi. Esso normalmente scinde l’arginino succinato in arginina e fumarato, ma essendo reversibile ha la capacità di funzionare anche al contrario quando nella cellula vi sono alte concentrazioni di fumarato e bisogna quindi abbassarle per evitarne un accumulo. Per questo motivo lo condensa con l’arginina e produce argininosuccinato. L’attività invertita dell’arginino-succinato liasi, comporta che l’arginina venga consumata e non più prodotta. Quindi le cellule tumorali FH mutate diventano auxotrofiche (cellule che non producono più un qualcosa) dell’arginina, non avendola più. Questo crea una potenziale finestra terapeutica, perché si può sfruttare questa mancanza, somministrando in ambito preclinico, degli enzimi in grado di degradare arginina, diminuendone i livelli circolanti nell’organismo, sfavorendo la crescita di tumori FH mutati. Vi sono poi altre alterazioni a carico dell’enzima FH. Il fumarato è un metabolita reattivo perché è capace di legare delle cisteine reattive (si trovano sotto forma di anione tiolato). L’addotto che si forma è covalente ed è chiamato succinilcisteina. La reazione che porta alla formazione di quest’ultima si chiama succinazione ed è il legame del fumarato con una cisteina. Questa reazione non è da confondere con la succiniliazione che si riferisce al legame del Succinil-CoA alle lisine. Queste cisteine possono essere libere nella cellula o possono trovarsi all’interno di proteine o addirittura nel glutatione. Tutta questa chimica è stata anche sfruttata in farmacologia. Infatti esiste un farmaco noto con il nome di “Tecfidera”, utilizzato per trattare la sclerosi multipla. Il Tecfidera è costituito da dimetilfumarato, un analogo del fumarato nel quale sono stati aggiunti dei gruppi metilici alle estremità che lo rendono più lipofilico, aumentando la capacità di essere internalizzato nelle cellule. La conseguenza di questa succinazione è l’esistenza di una proteina particolarmente importante in questo contesto che è un fattore di trascrizione, chiamato NRF2. NRF2 è il fattore di trascrizione considerato il master regulator della risposta antiossidante. È presente nel citoplasma e in condizioni basali è legato alla proteina Keap-1, la quale possiede a sua volta delle cisteine ridotte. Quando queste cisteine si ossidano o vengono succinate, si induce un cambiamento conformazionale di Keap-1 che comporta la dissociazione dello stesso da NRF2. Una volta nel nucleo, NRF2 trascrive enzimi antiossidanti. Ciò che succede avviene in caso di stress elettrofilico che mima la condizione di stress ossidativo. Succinato Deidrogenasi (SDH) Quello che è stato visto dai ricercatori che se ne sono occupati è che le cellule che sono prive di succinato deidrogenasi tentano di massimizzare non solo l’uptake di glucosio, ma anche l’uptake di piruvato che può essere utilizzato come fonte nutrizionale. Inoltre, questi ricercatori hanno visto che in seguito al troncamento del ciclo di Krebs, le cellule mutanti per SDH non possono sintetizzare l’ossalacetato, usando gli atomi di carbonio derivanti dal metabolismo della glutammina all’interno del ciclo di Krebs. Ne consegue l’esistenza di un problema riguardante la biosintesi di ossalacetato per cellule mutanti per SDH. Quindi come sintetizzare ossalacetato in maniera alternativa? Per mantenere una fonte biosinteca dell’ossalacetato, le cellule mutanti per SDH usano il piruvato carbossilandolo ad ossalacetato grazie all’enzima piruvato carbossilasi. Questo spiega perché le cellule tumorali tendono a consumare piruvato, dato che viene utilizzato per mantenere l’attività biosintetica dell’ossalacetato. Chimica e Propedeutica Biochimica #6 – Cardaci – Metabolismo degli acidi grassi nei tumori ed oncometaboliti Pag. 5 a 5 Isocitrato deidrogenasi (IDH) L’isocitrato deidrogenasi è considerato un oncogene perché subisce delle mutazioni attivanti che comportano l’acquisizione di una nuova funzione, ovvero, la sintesi del 2-idrossiglutarato (2HG). Ma esso come viene sintetizzato? In natura esistono 3 tipi di isocitrato deidrogenasi. Le isoforme 1 e 2 utilizzano il NADP e il NADPH che quindi risulta essere essenziale per il meccanismo di biosintesi di questo metabolita. Le isocitrato deidrogenasi in condizioni normali sono enzimi omodimerici quindi sono costituiti da 2 subunità che si legano insieme. In condizioni in cui IDH1 o IDH2 risultano mutate (queste mutazioni avvengono in condizioni di eterozigosi, dunque non sono mutazioni silenti), esse subiscono una mutazione somatica a carico di uno dei due alleli dell’enzima in questione. La cellula tumorale comincia a produrre un 50% di subunità wildtype e un 50% di subunità mutate. Queste subunità si associano tra loro formando un eterodimero. In questo eterodimero, la subunità wildtype catalizza la decarbossilazione, quella mutata catalizza la riduzione di alfachetoglutarato, usando NADPH, a 2-idrossiglutarato. Il residuo amminoacido che viene mutato sia in IDH1 che in IDH2 è sempre un’arginina, la quale è presente nel sito catalitico. Il 2-idrossiglutarato può essere prodotto non solo in condizioni non tumorali, ma anche in condizioni patologiche. Infatti esiste una malattia che si chiama 2-idrossiglutarato aciduria, molto rara, causata da una mutazione bi-allelica sistemica, che viene ereditata dalla nascita. Inoltre il 2-idrossiglutarato è una molecola che in condizioni fisiologiche viene prodotta in piccole quantità ed ha un’attività spuria, dunque sintetizza molecole diverse. L'isocitrato deidrogenasi è un'importante enzima coinvolto nel ciclo di Krebs ed è responsabile della conversione di isocitrato in 2-ossoglutarato. Tuttavia, mutazioni che compromettono la funzione di questo enzima possono portare all'accumulo patologico di 2-ossoglutarato, noto come aciduria 2-ossoglutarica. Questo eccesso di 2-ossoglutarato, se non adeguatamente eliminato, può causare problemi di salute. Per questo motivo, esistono enzimi come la 2-ossoglutarato deidrogenasi che aiutano a detossificare questa molecola. Nel contesto delle leucemie, le mutazioni bialleliche che colpiscono l'isocitrato deidrogenasi possono portare ad un aumento di 2-ossoglutarato. Questo a sua volta, può indurre un'eccessiva metilazione del DNA, bloccando il normale processo di differenziamento delle cellule ematopoietiche e contribuendo alla progressione della malattia. Per trattare questa condizione, è stata sviluppata una molecola inibitrice specifica che mira alla forma mutata dell'isocitrato deidrogenasi. Questo trattamento mirato offre una nuova speranza ai pazienti leucemici, aprendo nuove possibilità terapeutiche per gestire la malattia in modo più efficace.