La Genetica dei Tumori PDF

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Davide Petrilli, Fabrizio Mamone, Valerio Mattei, Prisco Petrosino

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genetica dei tumori biologia patologia medicina

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Questo documento fornisce una panoramica della genetica dei tumori, includendo definizioni, terminologia, cause genetiche e ambientali, e il ruolo del microambiente. Il documento descrive le mutazioni in geni oncosoppressori ed oncogeni e come queste possono causare il cancro.

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Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio...

Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino La genetica dei tumori Cos’è un tumore Il tumore è una formazione che cresce in maniera incontrollata, ma può essere anche benigna. Parliamo invece di cancro quando il tumore (maligno) è in grado di metastatizzare, e quindi invadere altri tessuti. Da un punto di vista genetico, il tumore può essere definito una malattia di base genetica e multifattoriale: ha una causa genetica (alterazioni del DNA possono provocare un tumore) ed è una malattia somatica ed ereditaria, cioè che riguarda cellule somatiche e viene trasmessa fra le cellule affette che si duplicano. Esistono anche delle forme familiari di tumore, in cui non viene trasmessa la malattia ma alcuni geni alterati, che portano una forte probabilità di tumore anche nella progenie. Terminologia: Quando parliamo di cancro non si parla di una singola malattia, ma di un gruppo di patologie accomunate da determinate caratteristiche. In realtà, i tumori sono diversi: carcinomi (tumori delle cellule epiteliali), leucemie e linfomi (del sangue e del sistema immunitario), sarcomi (del tessuto connettivo)[…]. Geneticamente ciascun tipo di carcinoma di un determinato tessuto ha una diversità intrinseca che non è solo dovuta ad alterazione di geni che sono diversi a seconda del carcinoma (più o meno differenziato), ma addirittura mutazioni che riguardano lo sviluppo di quella cellula tumorale e di altri geni che possono essere coinvolti nella maggiore o minore predisposizione alla malattia. Un aspetto importante deriva dal fatto che oggi è molto chiaro che, se è vero che la cellula tumorale ha delle caratteristiche che la rendono tale, in realtà il suo comportamento dipende dall'interazione con l'ambiente esterno e il microambiente. Ciascuna delle caratteristiche di una cellula tumorale rappresentano un vantaggio solo in relazione a questo contesto ambientale, che Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino altrimenti può rappresentare anche uno "svantaggio" per la proliferazione del tumore. Il microambiente è influenzato dalla presenza della cellula tumorale, e risponde con la produzione (da parte di cellule o altre componenti) di elementi che possono condizionare la crescita della cellula tumorale. La distinzione fra tumore e cancro sta nella capacità di metastatizzare e di muoversi nell'organismo proliferando dove vi sono condizioni adatte, caratteristiche tipiche delle cellule di un tumore maligno. Nei casi di tumori benigni, invece, questa capacità di interessare altre regioni dell'organismo non è presente (ciò permette, spesso, la rimozione mirata o chirurgica del tumore). Le mutazioni che stanno alla base della crescita neoplastica non sono mutazioni singole: questa cellula cambia, si evolve, muta nel tempo. La crescita di un tumore è quindi multifattoriale, poiché coinvolge più geni (fattore genetico) ed è influenzata dai fattori ambientali. Possiamo trattare il tumore come una malattia complessa, ma somatica, che riguarda cioè le singole cellule e le mutazioni che in esse avvengono, a partire dalla prima cellula mutata (perché, come detto, la cellula tumorale trasmette le sue caratteristiche, ma muta anche nel tempo). Le cause genetiche sono le mutazioni di geni che favoriscono la crescita tumorale e di geni che reprimono la crescita tumorale (autosoppressoni). Poi vi sono i geni che sono coinvolti indirettamente nel tumore, che favoriscono l'instabilità genetica: una cellula con un difetto di Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino riparazione del DNA, che nel suo ciclo cellulare viene sottoposta a "danni", per esempio mutageni, riscontrerà difficoltà nel correggere o riparare eventuali errori, accumulando mutazioni. Fra queste mutazioni, quelle che cadranno in geni coinvolti nella tumorigenesi aumenteranno il rischio di trasformazione in una cellula tumorale. Le cause ambientali più ovvie sono gli agenti mutageni, fra cui i cancerogeni, che mutano geni coinvolti nella tumorigenesi. Possono essere fisici, chimici o biologici. Possono esserci, inoltre, caratteristiche "locali", come infiammazione cronica, che può determinare un ambiente favorevole alla proliferazione tumorale. Possono inoltre esserci altre cause che, come in ogni patologia complessa, non sempre sono determinabili. I fattori ambientali Fra i fattori ambientali “esterni” più comuni, possiamo distinguere fattori esogeni, che provengono dall’esterno per assunzione (come il fumo e l’alcol o una dieta ricca di grassi) e anche per esposizione (radiazioni ionizzanti oppure il fumo passivo). Possono esserci anche cosiddetti fattori occupazionali, dovuti dall’esposizione (solitamente lavorativa) a sostanze nocive (es. amianto ed arsenico). Anche l’uso di alcuni farmaci e alcuni agenti infettivi possono determinare un ambiente favorevole allo sviluppo di tumore. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino I fattori endogeni, cioè interni all’organismo (ovvero, se vogliamo, il microambiente), più comuni possono essere la predisposizione ereditaria, fattori ormonali, diversa capacità di metabolizzare il carcinoma, alterazioni del sistema immunitario. Tumori ed eziologia virale Quando parliamo di un eziologia virale associata al tumore, in realtà, non ci sono virus che causano tumore, ma vi sono virus che partecipano direttamente (mutagenesi o alterazioni in alcune proteine) o indirettamente (favorendo il tumore) allo sviluppo di formazioni tumorali. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Partecipazione diretta: mutagenesi inserzionale oppure, come nel caso del papilloma, inattivazione di oncosoppressori della cellula (i principali regolatori del blocco del ciclo cellulare, ovvero p53 ed Rb). Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino  Il vaccino per il papilloma previene questa causa diretta, evitando una situazione favorevole allo sviluppo del carcinoma (in questo caso dell'utero). Vi sono poi virus che possono agire, in parte, direttamente (alterando le caratteristiche della cellula infettata), ma anche in maniera indiretta, per esempio l'infezione da hbv (epatite b) può provocare fibrosi del fegato e creare un ambiente dove c'è infiammazione (microambiente favorevole alla formazione di carcinoma). Non a caso, i tumori che si sviluppano in situazione di cirrosi o fibrosi del fegato sono la maggior parte, rispetto a quelli che si sviluppano in situazione di fegato sano. Addirittura, in condizione di fegato cirrotico o fibrotico, si possono formare anche forme indipendenti dello stesso tumore. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Un tumore è un evento “raro” Un concetto importante è che, nonostante il tumore resti una delle cause principali di morte, in realtà lo sviluppo del cancro non è così "favorito", a meno che non si prenda in analisi un ambiente estremamente mutageno. Comunemente, visto che la mutazione che insorge in una cellula somatica è una mutazione, che può essere spontanea o indotta, e cade in modo casuale sul genoma, non è detto che interessi geni coinvolti nella tumorgenesi. Inoltre, la cellula e l'organismo hanno dei meccanismi di protezione che tengono sotto controllo, entro certi limiti, lo sviluppo della malattia (i meccanismi di riparazione del danno). Al di là dei sistemi di riparazione, anche il sistema immunitario agisce (o può essere indotto ad agire mediante terapia) contro il tumore. Vi sono poi i meccanismi di apoptosi e senescenza cellulare. Quest'ultima è un meccanismo di difesa in cui la cellula smette di ereditare, rimane nel tessuto e viene successivamente fagocitata ed eliminata dall'organismo. Se il primo evento mutageno attiva un oncogene si attiva senescenza; solo se a questo seguono altri elementi, la cellula invece si trasforma. Per chiarire una questione sull'invechiamento cellulare, esso non è legato solo all'accorciamento dei telomeri, ma può essere indotta anche da danni al DNA, agenti chimici o altri fattori (senescenza prematura). Caratteristiche delle cellule tumorali Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino La tabella in alto mostra le caratteristiche principali della cellula tumorale, dette hallmarks (“tratti distintivi”), disposte ordinatamente. Esse sono, brevemente:  Capacità di essere indipendente da fattori di crescita (per produzione dello stesso fattore di crescita o per mutazione che non lo rende necessario) o mutazioni che la rendono insensibile a segnali di stop (Rb o p53);  Capacità di sfuggire allo stimolo apoptotico endogeno o esogeno;  Capacità di stimolare angiogenesi, ovvero generazione di nuovi vasi sanguigni a partire da precedenti (può essere una condizione patologica);  Capacità di dividersi “infinitamente”, senza mai entrare in senescenza (qui rientrano le telomerasi, ancora attive nella cellula tumorale)  Capacità di "invadere" (solitamente metastasi), di staccarsi dalla matrice cellulare e muoversi nell'organismo attraverso i tessuti. Molto spesso parliamo della cellula tumorale come una cellula che acquisisce caratteristiche (quelle sopracitate), ma in realtà non tutte queste caratteristiche sono presenti in tutte le cellule tumorali contemporaneamente. Inoltre, a questo guadagno di caratteristiche, è accompagnata una perdita di una caratteristica utile alla cellula tumorale: i meccanismi di controllo omeostatico. Questi meccanismi omeostatici sono tutti meccanismi di controllo alla quale la cellula tumorale sfugge. Inoltre la cellula tumorale è una cellula che accumula un gran numero di proteine mutate. La cellula tumorale in questo modo è avvantaggiata rispetto alle altre cellule, perché se in un Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino tessuto si hanno un certo numero di cellule e si ha un equilibrio, dovuto al numero costante di cellule che si trovano nel tessuto stesso, se in questo tessuto vi è un aumento delle cellule, ci saranno altrettante cellule che andranno incontro ad apoptosi per rimanere costante (nel caso di cellule normali). Nel caso invece di una cellula tumorale questo equilibrio (numero di cellule in un tessuto) non viene sentito, perché ha perso tutti i meccanismi di controllo omeostatico, ed è quindi per essa un grande vantaggio rispetto a una cellula normale. Questo però, oltre ad essere un vantaggio per la cellula tumorale, rappresenta anche il suo limite (debolezza), perché avendo perso questi meccanismi di controllo significa che risponde meno a situazioni a cui una cellula normale sarebbe in grado di rispondere. Una cellula tumorale deve convivere con tutta una serie di alterazioni ma questo accumulo di proteine mutate fa sì che questa cellula abbia un equilibrio più delicato rispetto alle altre. Se una cellula accumula un alto tasso di proteine mutate c’è bisogno che vi sia un buon sistema di pulizia, cioè un funzionamento dei sistemi di degradazione delle proteine, attraverso il proteasoma, migliore, oppure l’autofagia che elimina grosse masse di proteine. Questo accumulo di mutazioni fa sì che se noi introducessimo dei farmaci per bloccare la funzione del proteasoma o l’autofagia la cellula risulta più dipendente da questi processi e quindi riesce a rispondere meno bene di una cellula normale. Per questi motivi la cellula tumorale è molto più sensibile alla chemioterapia o alla radioterapia rispetto a una cellula normale, perché quest’ultima può riparare il danno, avendo ancora i meccanismi di controllo al danno del DNA (vantaggio della cellula normale rispetto a quella tumorale), mentre invece la cellula tumorale avendoli persi non può. Per questo motivo molte terapie si basano su questa debolezza delle cellule tumorali. La cellula tumorale va vista come un individuo all’interno di una popolazione, che si trova in un particolare microambiente. Le cellule tumorali sono meglio adattate al microambiente rispetto alle cellule non mutate. Questa mutazione delle cellule tumorali può essere vista come una variabilità, la quale subisce nel microambiente una selezione naturale che favorisce le cellule più adatte nella popolazione. Le mutazioni casuali possono essere vantaggiose in un determinato ambiente, ma non in un altro, e quindi verranno selezionate quelle viste come positive (vantaggiose). Per cui se quel cambiamento è vantaggioso si avrà un genotipo con il corrispondente fenotipo ed il più adatto sarà in grado di riprodursi, e ciò è quel che avviene nel microambiente tissutale. Quindi la cellula tumorale compete con le altre cellule per la disponibilità di fattori di crescita o per il riconoscimento da parte del sistema immunitario e se acquisisce delle caratteristiche può crescere senza fattori di crescita e trarne un vantaggio, oppure non va incontro ad apoptosi anche se riceve il segnale di morte, non smette di dividersi se arriva un segnale che inibisce la proliferazione, e quindi risulta essere avvantaggiata rispetto alle altre nel microambiente. Tutte le caratteristiche delle cellule tumorali possono essere studiate in coltura, o in organismi animali, ovvero sia la crescita incontrollata, sia la resistenza all'apoptosi, si può anche osservare quanto questa cellula tumorale sia in grado di muoversi. Saper definire una malattia genetica deriva dal fatto che vengono trasmessi geni che identificano la malattia tumorale, alcuni virus possono indurre il tumore, ovvero il virus trasmette alla cellula il proprio materiale genetico, il tumore può essere dovuto anche ad agenti mutageni, alcuni dei quali che sono cancerogeni, alcuni tipi di tumori hanno una familiarità, questo ci dice che c'è una base genetica e quindi l'associazione tra alterazioni cromosomiche e tumori (ovvero un'alterazione cromosomica che varia l'espressione dei geni). Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino A oncogeni e oncosoppressori si aggiungono dei geni che possono essere considerati dei mutatori, che possono essere dei geni che concorrono a manifestazioni di tipo tumorale, perché nel caso di un tumore questi geni coinvolgono i geni della riparazione del DNA che vengono persi da mutazioni (perdono la loro funzione) e dare quindi un’instabilità genomica, che può predisporre a mutazioni tumorali. Mutazioni a carico di oncogeni e oncosoppressori. Il proto-oncogene, che può diventare oncogene, ha subito delle mutazioni, che di solito sono di guadagno di funzione di diverso tipo, dove il gene può essere over-espresso o espresso nel momento in cui non dovrebbe essere espresso. Queste mutazioni possono andare a causare mutazioni puntiformi o nella sequenza regolativa, delezioni, inserzioni che alterano alcuni domini, un'amplificazione genica, alterazioni o riarrangiamenti cromosomici, che possono alterare l'espressione genica e attivare l'oncogene. Ad esempio nell'oncogene classico avviene una mutazione puntiforme di Ras (che è una molecola importante per la trasduzione del segnale da parte di molti fattori di crescita, ma non solo) che lo rende oncogene (bisogna ricordare che ogni oncogene sviluppa una determinata funzione, ma spesso le proteine hanno funzioni più complesse), si tratta di una mutazione del codone 12 che lo rende non in grado di idrolizzare GTP, e di conseguenza provoca una serie di patologie in quanto Ras è implicato nella trasduzione del segnale che vanno dalla via delle AMP chinasi, alla proliferazione cellulare, alla motilità cellulare. Quindi se vi è una modificazione di Ras che diventa oncogena, ci possono essere tutta questa serie di problematiche di trasduzione e di resistenza all'apoptosi. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Un altro esempio di modalità di attivazione di un oncogene è l'amplificazione genica che si riscontra nel gene N-myc, che è un fattore di trascrizione, e la sua espressione porta a una continua trascrizione dei geni target che spinge la cellula verso la proliferazione. Poi vi sono una serie di traslocazioni cromosomiche che possono portare diversi effetti nella cellula in cui avvengono, per esempio nel linfoma Burkitt nella traslocazione 8-14 il gene c-myc, un fattore trascrizionale coinvolto principalmente nella proliferazione cellulare, viene spostato grazie alla traslocazione in corrispondenza dei geni della catena pesante dell'immunoglobulina che sono cellule B-attivamente trascritte, quindi questa traslocazione fa sì che c-myc sia sotto un controllo trasduzionale incontrollato e viene over-espresso. Un'altra conseguenza della traslocazione cromosomica è quella di portare a fusione due geni, cosa che avviene nella leucemia mieloide cronica, quando avviene la formazione del cromosoma philadelphia dovuta alla fusione (riavvicinamento) del gene BCR e con la chinasi c-abl. Questa fusione provoca la formazione di una proteina che normalmente non esiste nella cellula e la porta ad essere una chinasi deregolata, poiché la chinasi controlla una serie di eventi e l'effetto di questa fusione genica porta ad attivare in maniera incontrollata il ciclo cellulare, porta un'inibizione Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino dell'RNA quindi accumulo di mutazioni ed instabilità genomica, quindi traslocazioni che hanno differenti effetti. Gli oncosoppressori possono essere dei regolatori del ciclo cellulare negativi, delle proteine che controllano checkpoint da danno, degli enzimi di riparazione del DNA, e vengono normalmente attivati da mutazioni di perdita di funzioni, perché, la perdita del freno determina un’acquisizione di una caratteristica neoplastica. VI saranno mutazioni puntiformi, di inserzione e delezione, perdita di eterozigosi. Quello che si osserva in molte cellule tumorali è la metilazione del DNA dei promotori di geni oncosoppressori, rendendo la cromatina meno accessibile ai fattori trascrizionali, quindi la metilazione del DNA è un processo di silenziamento. Tutte queste caratteristiche sono state identificate nei vari oncosoppressori, quindi si possono avere delle mutazioni dal punto di vista genetico che sono per lo più da perdita delle funzioni. Poi vi è la presenza di oncosoppressori dove è possibile osservare sia la presenza di mutazioni dominanti recessive, ma anche dominanti negative, cioè che porteranno sempre ad una perdita delle funzioni, ma in realtà questa perdita di funzione agisce anche sul prodotto dell'allele wild-type. Vi sarà la presenza di mutazioni dominanti da acquisto di funzioni a carico di oncosoppressori, ad esempio P53, l’oncosoppressore in realtà non svolge più la funzione di oncosoppressore ma acquisisce una funzione da oncogene proprio per effetto della mutazione. Poi vi potrà essere anche un cambiamento del dosaggio genico che può cambiare la risposta della cellula. Le classiche mutazioni recessive sono quelle degli oncosoppressori e che quindi perdono la funzione in uno dei due alleli. Quindi avendo ad esempio una proteina mutata del retinoblastoma che presenta due alleli uno che da la proteina mutata e l’altra che codifica per una proteina wild-type la mutazione è recessiva perché chiaramente ci sono delle proteine funzionanti che svolgono normalmente la loro funzione, e quindi l’eterozigote non esprime la mutazione e non ha un difetto. Una mutazione dominante negativa che si osserva in un oncosoppressore come P53 è dovuta al fatto che P53 funziona come un tetramero. In eterozigosi può succedere che la proteina mutante può legare (se appunto non ha subito delle modifiche nel Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino sito di legame) la proteina wild-type e se questo avviene ci possono essere dei tetrameri inattivi e non si andrà a legare con il DNA. Quindi questa mutazione può essere una mutazione che abbia fatto perdere a P53 la capacità di legare il DNA, ma che mantiene ancora la capacità di interagire con la wild-type per cui la mutazione risulta dominante. La mutazione può essere quindi più o meno grave, bisogna capire quanto la funzione venga persa o se venga persa totalmente o parzialmente. L’oncosoppressore Rb (così chiamato perché può far sviluppare il retinoblastoma, ovvero un tumore della retina) ha il compito di bloccare la cellula in uno stadio del ciclo cellulare prevenendone divisioni errate o dannose, è poi coinvolta anche nel differenziamento. La mutazione di Rb è una mutazione recessiva, e questo non dà luogo solo ad una proliferazione incontrollata, ma anche altri tipi di conseguenze. Essendo una mutazione recessiva in eterozigosi la cellula non è trasformata, però se l'altro allele viene perso casualmente, a causa di una mutazione casuale, c’è una perdita dell'eterozigosi. La perdita dell'eterozigosi è spinta da meccanismi genetici che possono favorire la perdita del secondo allele e quindi far sì che quella cellula che perde entrambe le copie abbia lo sviluppo del tumore. Nel retinoblastoma, che risulta essere un tumore della retina, vi sono due forme: una ereditaria ed una sporadica. Nella forma sporadica raramente si ha un tumore in entrambi gli occhi, invece nella forma familiare ci possono essere anche dei tumori bilaterali. Normalmente soprattutto nelle forme familiari c’è la trasmissione di un allele mutato che viene trasmesso e nel caso in cui venga perso anche il secondo allele può portare allo sviluppo di questo tipo di tumore, quindi molecolarmente la mutazione è da perdita di funzione, me se si andasse a guardare la predisposizione di sviluppare un tumore, quindi un albero genealogico di retinoblastoma ci accorgiamo che la trasmissione è dominante, questo perché la perdita del secondo allele viene spinta da meccanismi genetici, che prendono il nome di LOH, che ha precise basi genetiche. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Un aspetto molto interessante degli oncosoppressori è quello che riguarda P53 che è considerato il guardiano del genoma. Ha moltissime funzioni nella cellula, è coinvolto nella regolarizzazione del differenziamento, nelle divisioni delle cellule staminali, nella senescenza, nell’angiogenesi, ed è una proteina fondamentale nei check-point da danno che in qualche modo decide la scelta della cellula e la riparazione del DNA, le proliferazioni e il rientro nel ciclo cellulare. Viene attivata da una serie di danni come danno ossidativo, ipossia, danno al DNA, attivazioni di oncogeni, e darà tutta una serie di funzioni protettive. La perdita di questo oncosoppressore riguarda più del 50% dei pazienti con tumore, nei tumori epatici il 30%. Ma anche dove P53 non è mutata, vi possono essere altri problemi e altre mutazioni: la proteina rimane nel citoplasma o non viene tradotta o espressa, e quindi P53 non risulta attiva. Esiste un tumore ereditario a carico di questo gene che è la sindrome di Li-Fraumeni, sindrome rara ma estremamente grave, perché gli individui sono soggetti a sviluppare dei tumori di diverso tipo. Mentre il retinoblastoma è principalmente tumore della retina, più qualche altro tipo di tumore più raro, il, P53 può causare molti tumori, molti di questi rari, quali tumori in organi doppi, quindi bilaterali. Ci sono alcune funzioni che sono state ben identificate da questi mutanti, le quali possono essere dominanti negativi, che cadono principalmente nel dominio di legame al DNA facendo perdere alla proteina la capacità di legare il DNA. Le dominanti negative fanno perdere la funzione in modo dominante, altre sono invece delle mutazioni da guadagno di funzione, cioè la proteina mutante non lega i classici target del P53 ma ne lega altri e quindi si comporta da oncogene, quindi attivando la trascrizione di alcuni geni può provocare la trasmissione in maniera dominante. Esiste una forma gravissima familiare di mutazione di P53 che porta a una sindrome (Li- Fraumeni syndrome) nella quale si eredita, se si è portatori, in tutte le cellule la perdita della proteina fondamentale per mantenere la stabilità genomica, perché fra tutte le funzioni che sono state identificate da P53 quella della risposta al danno fa da controllore dell’integrità genomica, ed è una funzione fondamentale ai fini della protezione da tumore. Avere tutte le cellule con P53 è uno dei primi step fondamentali per lo sviluppo del tumore con trasmissione dominante e risulta essere una sindrome piuttosto pesante. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Altri oncosoppressori importanti sono BRCA1 e BRCA2 che sono coinvolti nel tumore familiare della mammella e che se è mutato dà una probabilità molto elevata di sviluppare un carcinoma mammario ereditario ma anche una certa probabilità a sviluppare dei carcinomi ovarici, ma mai una certezza. Questa proteina è una proteina che viene attivata dal DNA, dalle chinasi che sono importanti per la risposta al danno e che serve a bloccare il ciclo cellulare, regolare l’espressione genica e indurre una riparazione del danno; per cui una perdita di BRCA1 o BRCA2, provoca una instabilità genomica, perché il danno non viene riparato ma anche una proliferazione incontrollata, strettamente correlato con lo sviluppo della neoplasia. Un altro oncosoppressore è la APC che una sua mutazione è causa della poliposi adenomatosa familiare, che provoca tumori aggressivi. Questa proteina fa parte di un complesso in cui sono presenti delle chinasi come CSK3-beta ed altri fattori che servono a degradare alcune proteine, fra questa la beta-catenina, che oltre ad essere presente nei complessi delle adesioni delle giunzioni aderenti, ha anche una funzione doppia di fattore trascrizionale. La beta-catenina nucleare se non viene degradata da questo complesso (nel caso in cui APC è mutata) entra nel nucleo e attiva l’espressione genica dei geni coinvolti nel ciclo cellulare. Anche della APC esiste la forma familiare quindi la forma ereditaria. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino L’oncosoppressore FHIT, è un oncosoppressore mutato nel 90% dei pazienti fumatori, strettamente correlato con le parti cancerogeni presenti nel fumo di sigaretta, ovviamente non tutti i fumatori sviluppano tumore, perché questa prima mutazione è semplicemente un primo passo verso la trasformazione, ma fin quando non si accumulano altri tipi di mutazioni quel tumore non si svilupperà, ma quasi tutti i fumatori sviluppano mutazioni in questo oncosoppressore. Anche i non fumatori possono avere questo gene mutato, ma ovviamente la probabilità è ridotta. Nella cellula tumorale non c’è solo la perdita del controllo del ciclo cellulare ma anche la perdita di controllo dell’apoptosi, cioè una risposta inadeguata o mancata risposta a stimoli apoptotici che possono essere endogeni o esogeni. Una cellula tumorale evade l’apoptosi e si accumulano mutazioni attivanti gli oncogeni come per esempio la proteina BCL2 che è un anti-apoptotico, se Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino over espressa protegge la cellula da stimoli apoptotici sia endogeni che esogeni, oppure la perdita del CD95 o il recettore FAS che è responsabile di segnali apoptotici estrinseci, quindi dall’esterno, se viene persa l’espressione del FAS la via estrinseca dell’apoptosi viene inibita. Ma nelle cellule tumorali si possono avere anche delle mutazioni che portano ad aumento della capacità di sopravvivenza. Per esempio una maggiore espressione di fattori o recettori di sopravvivenza come l’IGF che porta sia segnali di blocco dell’apoptosi, che blocca proteine pre-apoptotiche come BAT e BCL2 ma anche attiva segnali di proliferazione, quindi l’over espressione di questo recettore nella cellula tumorale conferisce un vantaggio sia proliferativo che di sopravvivenza. La cellula tumorale può acquisire attraverso varie mutazioni anche la capacità di stimolare l’angiogenesi che sarà vantaggiosa in tumori che crescono in grandi masse come i carcinomi, perché attiva in maniera costitutiva una maggiore quantità di attivatori dell’angiogenesi come VEGF o il TGF-beta. La capacità della cellula tumorale di sostenere l’angiogenesi è un aspetto importante che viene targhettato da vari agenti terapeutici, si stanno studiando delle molecole che riducono la capacità del tumore di sviluppare nuovi vasi e quindi di aumentare la capacità di crescere e poi di progredire. Un altro aspetto molto importante è la capacità del tumore una volta progredito di assumere caratteristiche invasive e metastatiche. Affinché la cellula tumorale diventi metastatica deve acquisire delle mutazioni e quindi più capacità. Per metastasi si intende che a partire da un tumore primario si staccano gruppi di cellule (dopo aver subito la mutazione) che attraversano la circolazione sanguigna o linfatica, andando a sviluppare micro o macro metastasi, ma questo dipende molto dall’ambiente che troveranno una volta arrivate a livello di siti secondari. In questo processo metastatico si presuppone che la cellula abbia acquisito tutta una serie di caratteristiche, alcune di queste caratteristiche sono quelle che prendono il nome di transizione epitelio mesenchimale, che è un processo di transdifferenziazione di una cellula epiteliale, che perde le sue caratteristiche di cellula epiteliale e che la porta ad essere una cellula simile al mesenchimal- like, quindi che può digerire la matrice, che può perdere l’adesione alla cellula, ha una capacità di movimento come un fibroblasto, è in grado di resistere all’apoptosi e tutto questo avviene ad opera Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino di tutta una serie di mutazioni complesse. Tutto questo se avviene in una cellula normale è un processo reversibile (non dannoso) e che avviene a determinate condizioni fisiologiche, ma su una cellula tumorale le conferisce un vantaggio, perché le consente di diventare metastatica. Quindi se una cellula tumorale acquisisce queste caratteristiche può degradare la matrice ed entrare nei vasi, può anche superare la morte cellulare da perdita dell’adesione, grazie all’acquisizione di queste caratteristiche, perché essenziali per sopravvivere al di fuori del tessuto di origine. Quando la cellula arriva su un altro tessuto per formare la metastasi spesso queste cellule, che da epiteliali sono diventate mesenchimali, possono essere reversibili attraverso una transizione mesenchima epitelio e ritornano ad essere epiteliali, ovviamente questa reversione non può essere totale, ma è sufficiente per riacquisire alcune caratteristiche che ci fanno capire che questa è una metastasi che deriva da un determinato tessuto, perché qualche caratteristica del tessuto di origine continua a mantenerla anche se la cellula nel frattempo ha acquisito mutazioni che la rendono adatta a crescere in questo ambiente e che quindi poi si differenzia chiaramente dal tessuto di origine. Ovviamente affinché si formi una cellula metastatica non è necessario che vengano attivati solamente i geni della transizione epitelio mesenchimale, ma è necessario che avvengano altri tipi mutazioni. La transizione epitelio mesenchimale è un processo che può favorire la metastasi, ma non ne è la causa primaria. Per quanto invece riguarda la mutazione di una cellula che va incontro a senescenza la cellula tumorale, spesso, attiva dei meccanismi o ha delle mutazioni che le permettono di non andare incontro a senescenza, perché riesce a mantenere i telomeri lunghi dei cromosomi. Questo o grazie a una mutazione che riattiva la telomerasi di cellule differenziate dove non dovrebbe esserci (i telomeri dovrebbero essere accorciati per ridurre la capacità proliferativa di quelle cellule), o ci sono dei meccanismi alternativi con cui la cellula riesce ad allungare i telomeri ridotti, attraverso un meccanismo di ricombinazione omologa a livello telomerico detto ALT, che permette di allungare i telomeri indipendentemente dalla telomerasi (in pratica nella stessa si usano i telomeri più lunghi di un cromosoma per copiarli e aiutare i cromosomi con i telomeri più corti). Nella maggior parte dei casi c’è una riattivazione della telomerasi. Una cellula che accorcia i telomeri va incontro a fusioni, perché le estremità diventano instabili, e si crea instabilità genetica, tutto questo di solito porta alla Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino morte della cellula, che viene eliminata per apoptosi. Ma se la cellula ha delle mutazioni, ad esempio nella telomerasi, che riallunga i telomeri di questi cromosomi alterati, questa mutazione può riuscire a mantenere la cellula in vita, questo porta quella cellula a compiere un passo verso l’instabilità genomica che può portare alla formazione di un carcinoma. L’effetto Warburg è un cambiamento del metabolismo che conferisce la capacità alle cellule tumorali, anche in presenza di ossigeno, di internalizzare molto glucosio per la continua crescita della massa tumorale. Si tratta quindi della produzione di energia per una cellula che sta compiendo azioni che comunemente non dovrebbe svolgere. Le cellule tumorali per potersi mantenere in vita, per tutte le mutazioni e alterazioni che ha, deve avere dei sistemi di degradazione di proteine e un metabolismo molto efficienti o può avere bisogno di più componenti (macromolecole), perché se così non fosse la cellula non riuscirebbe a gestire questa quantità di materiale e tutte le sue mutazioni. In terapia si possono sfruttare queste necessità delle cellule tumorali, ad esempio per quanto riguarda i processi di degradazione delle proteine, per impedire la degradazione delle proteine e portando una cellula tumorale, che si trova già in una condizione di anomalia, alla morte. La capacità del tumore di sfuggire al sistema immunitario La cellula tumorale esprime tutta una serie di proteine alterate e mutate. Parte di queste proteine vengono esposte sulla superficie della cellula e possono essere riconosciute come alterate dal sistema immunitario che reagisce e quindi distrugge la cellula. Quindi la cellula tumorale in qualche modo per sopravvivere deve aver sviluppato una modalità per essere meno visibile al sistema immunitario. La cellula tumorale riesce in ciò, ad esempio, esprimendo un recettore che riconosce una molecola sulle cellule che serve a frenare la risposta immunitaria contro il self, per cui questa interazione impedisce alle cellule T citotossiche di riconoscere le cellule perché blocca il segnale di attivazione dall’antigene. In questo modo la cellula tumorale è in grado di risultare invisibile al sistema immunitario. Se noi interferiamo con questa molecola ad esempio mediante anticorpi rendiamo nuovamente visibili le cellule tumorali. Quando la cellula perde la sua capacità differenziativa e soprattutto il rapporto proliferazione- differenziamento, riacquisisce una capacità di ciclare che non aveva, e diviene più aggressiva, infatti i tumori che hanno una maggiore capacità proliferativa sono tumorigenici, quelli che danno una progenie tumorale. Più le cellule tumorali sono differenziate più il tumore è aggressivo (ciò è stato osservato studiando un carcinoma tiroideo). Solo le cellule staminali sono tumorigeniche, per cui il tumore origina da cancer stem cells. Una cellula staminale che muta ha già capacità proliferativa che è uno step avanti per produrre tumore, ma se il tumore differenziato ha una serie di mutazioni che la riportano indietro resta una cancer stem cell che genera tumore. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino P53 sarà coinvolta anche nella decisione della cellula staminale di dividersi per la via simmetrica o asimmetrica. Una cellula staminale normale si divide per via asimmetrica, dando una cellula un po’ più differenziata e un’altra cellula staminale. L’assenza di P53 spinge la divisione cellulare verso la via simmetrica, e quindi aumenta il pool di cellule staminali, che se mutate possono dare cancer stem cell. Ereditarietà dei tumori Molti di questi geni sono oncosoppressori o geni mutatori che perdono la loro funzione. Se viene ereditato un allele mutato la proteina funziona, perché possiede l’altro allele, pertanto bisogna che sia eliminato anche l’altro allele (funzionante) per avere la trasformazione. Questa eliminazione del secondo allele può avvenire in cellule somatiche in seguito a due eventi indipendenti nello stesso locus casualmente. Se invece viene ereditata familiarmente una mutazione, basta una mutazione casuale sull‘allele sano ed è quindi più elevata la probabilità che si sviluppi il tumore. Ciò che viene ereditato non è il tumore, ma è una mutazione in un allele di un oncoppressore, quindi un gene che è coinvolto nella tumorigenesi che da solo non è capace di sviluppare il tumore, però è chiaro che partire già dalla nascita con una mutazione può portare con più facilità ad una seconda mutazione, ovviamente questa seconda mutazione può essere casuale. La probabilità che avvenga una mutazione nel secondo allele non è alta ma può avvenire per un meccanismo genetico specifico che è la perdita di eterozigosità, cioè ci sono dei meccanismi genetici che favoriscono la perdita del secondo allele, questo fa si che per chi ha una mutazione di un oncosoppressore di una cellula somatica, ha una maggiore probabilità a perdere il secondo allele e quindi che questa trasmissione pur essendo recessiva diventa dominante. Infatti se un individuo ha trasmesso un allele mutato è molto probabile che la generazione successiva svilupperà la malattia. Tutto questo, inoltre, favorisce lo sviluppo della malattia in organi doppi (entrambi hanno la malattia), si parla quindi di tumori bilaterali. I meccanismi che possono portare alla perdita di eterozigosità sono: la conversione genica, la non disgiunzione mitotica e la ricombinazione mitotica. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Conversione genica: conversione di un allele normale in un allele mutato. Non disgiunzione mitotica: disomiauniparentale che porta ad avere lo stesso allele mutato. Ricombinazione mitotica: che porta ad avere nella stessa cellula due alleli mutati. Ricordando il meccanismo riparazione della ricombinazione omologa, se la ricombinazione avviene tra due cromatidi fratelli (identici), a seconda dei meccanismi può non succede niente, perché l’informazione è la stessa, ma se il danno che viene riparato riguarda una sequenza genica e la ricombinazione avviene tra cromosomi omologhi che portano un’informazione diversa, c’è uno spostamento dell’informazione oppure ci può essere una situazione di conversione genica, così o l‘allele mutato viene deleto e viene copiato l’allele wild-type divenendo quest’ultimo o viceversa, andando così a perdere l’eterozigosità. Ma ci sono altri meccanismi di perdita dell’eterozigosi, come la non disgiunzione mitotica: abbiamo una cellula somatica in mitosi, i due cromatidi non si sono separati allora andranno a finire nella stessa cellula dove ci sono tre cromosomi. Questa cellula probabilmente verrà eliminata, ma la trisomia a volte viene corretta eliminando un cromosoma e la cellula ritorna più o meno normale con due cromosomi come la cellula originale, quindi c’è una correzione della trisomia. È chiaro che se viene perso uno dei cromosomi che porta alla mutazione si ritorna ad una situazione normale, con un cromosoma con l'allele wild-type ed uno con l'allele mutato, ma se ad essere perso è l’altro cromosoma ciò che abbiamo è una disomia, per cui questi cromosomi derivano dai genitori che portano la mutazione di conseguenza si è persa l'eterozigosi. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Nel caso di una ricombinazione mitotica dove la probabilità di un crossing over è estremamente raro ma può avvenire, nel caso avvenga una ricombinazione tra i due cromosomi con scambio di informazione, le cellule si dividono e può succedere che una stessa cellula può ricevere i due cromosomi mutati e l'altra i due cromosomi wyld-tipe, quindi questa prima cellula potrà dare origine al tumore. Siamo sempre in mitosi, quindi stiamo parlando sempre di cellula somatica. Queste caratteristiche viste possono dare origine a due copie di alleli entrambi mutati. Questi meccanismi agiscono perché possono avvenire normalmente nella cellula. Questo può non solo avvenire se stiamo parlando di geni o alleli di oncosoppressori o di geni che sono coinvolti nella trasformazione, questo potrebbe avvenire anche nelle cellule che hanno una mutazione o in un altro gene che causa una malattia genetica. La perdita di eterozigosi può avvenire in qualsiasi punto del genoma, solo che se avviene in una cellula somatica coinvolta nella mutazione tumorale, in particolare di oncosoppressori in cui ha senso la perdita di eterozigosi, perché è recessiva, possiamo avere una predisposizione a sviluppare un tumore e questo spiega la trasmissione dominante in queste patologie. ALBERO GENEALOGICO LI-FRAUMENI Nella sindrome di Li-Fraumeni si osservano alberi genealogici caratteristici con tumori bilaterali per cui tutti sono interessati dallo stesso tumore (caso rarissimo). I capi di insorgenza aumentano di generazione in generazione per l’accumulo di mutazioni. In più compaiono tumori molto rari come ad esempio l’osteosarcoma(molto raro). Possono comparire tumori diversi (ossia che non appartengono alla stessa metastasi) in un singolo individuo. I tumori possono essere sviluppati in Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino età molto precoce. Quindi avere mutazioni al P53 è un segno rilevante perché si avranno di conseguenza alte probabilità di sviluppare tumori. La proprietà della cellula tumorale è intrinseca, vuol dire che la cellula ha le caratteristiche che la rendono una cellula con proprietà tumorali, ma in realtà sembra più chiaro che alcune caratteristiche della cellula vengono in qualche modo definite sulla base di dove si trova questa cellula e delle interazioni che la cellula effettua con il microambiente tumorale nel quale la cellula tumorale si trova. Questo microambiente tumorale comprende tutta una serie di componenti, che sono componenti importanti, sono componenti cellulari, cellule stromali, cellule infiammatorie, cellule endoteliali, ma poi ci sono delle componenti non cellulari che comunque sono presenti nel microambiente e questi componenti risultano in modo che possano la proprietà della cellula, esempio la matrice, che tipo di matrice c’è, se cambia la consistenza, la presenza di ossigeno o presenza di micro vescicole, per esempio i lisosomi, sono importanti per capire non solo come il tumore comunica con il microambiente, ma poi sono utilizzate a scopo terapeutico. La cellula tumorale riesce a parlare con altre cellule, tipo cellulo stromali, fibroblasti, puo parlare nelle due direzioni con cellule del sistema immunitario oppure con le cellule endoteliali e puà anche modificare la matrice e la matrice può influenzare la qualità delle cellule tumorali. Sono tutte componenti imprescindibili che fanno una cellula tumorale ma che possono esprimere funzionalmente in determinati contesti. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Quando parliamo di ambiente tumorali, negli ultimi anni, si è fatta strada un concetto che è molto importante, la “nicchia tumorale”. Abbiamo tre fasi di nicchia tumorale, ma è importante una in particolare quella “pre-metastatica”, ovvero è quel microambiente presente in un punto diverso dal dove sta la cellula tumorale e dove potrebbe arrivare la cellula che sta muovendo e farla arrivare, quindi è una sorta di microambiente preparatorio all’arrivo della cellula tumorale. La cosa interessante è che lo stesso tumore primario che prepara la nicchia pre-metastatica, cioè è come il tumore primario, le cellule prima di muoversi, entrano in questi ambienti cellulari che preparano l’arrivo della cellula metastatica. Cosa sono questi fattori di condizionamento che partono dal tumore primario? questi fattori sono fattori cosiddetti secreti dal tumore, ma sono anche fattori di crescita, citochine, ma anche componenti di matrice extracellulare e vescicole extracellulari, in particolari quelle microvescicole più piccole che prendono il nome di “esosomi”. Questi fattori prodotti al tumore primario possono fare varie cose, nel senso possono andare in circolo con l’apparato cardiocircolatorio e il linfatico, possono favorire una permeabilità dei vasi, possono alterare la funzionalità di cellule residenti e a livello del midollo possono portare allo spostamento di cellule infiammatorie. Tutte queste componenti, in questo sito secondario, vanno a Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino creare un microambiente che è favorevole alla crescita di una cellula che potrebbe arrivare dal tumore primario, quindi un’ambiente infiammatorio, un’ambiente dove c’è immunosoppressione, quindi tutto un microambiente è pronto per avere la cellula tumorale. In questa segnalazione una notevole importanza l’hanno proprio queste vescicole “esosomi”, ovvero delle vescicole di piccole dimensioni che contengono questo sistema di membrane che hanno delle proteine transmembrana, e che hanno delle proteine di adesione che riconoscono recettori su cellule target; per cui ogni cellula produce esosomi, questi esosomi hanno delle cellule target, una volta raggiunto il loro target che riconoscono attraverso molecole di adesione trasferiscono il loro contenuto nella cellula target. La cellula di partenza se è di tipo diverso o se produce un contenuto diverso, l’esosoma in qualche modo ha un contenuto specifico che è specifico al tipo cellulare, e questo contenuto è ciò che è importante, perchè questo esosoma ci sono alcune molecole tra cui proteine codificanti e mRna codificanti che sono coinvolte nella regolazione dell’espressione genica; per cui le cellule tumorali produce micro mRna che sono oncogeniciperchè vanno ad attaccare questi geni di oncosoppressori una volta passata all’altra cellula, la cellula avrà quest’informazione. Quindi dal punto di vista fisiologico servono per comunicare, è una comunicazione cellula cellula che avviene sia in modo paracrino, ovvero da vicino, ma anche a grandi distanze; ma quello che è importante è il luogo della classificazione, e in particolare nell’organotropismo, perchè l’esosoma arriva a classificare il suo contenuto in certi distretti, non in tutti, questo spiegherebbe perchè certi tumori sono preferenzialmente sviluppati in tessuti e non in altri; L’organotropismo della metastasi Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino può essere determinato dal tipo di tumore primario che produce determinati esosomi che conoscono certe cellule target soprattutto in alcuni distretti e lo fanno sempre attraverso queste proteine di adesione, ad esempio l’integrine avB5 che favorisce il tropismo del fegato, e l’integrine a6B1 che favorisce il tropismo per il polmone. Un’altra componente importante della nicchia è rappresentata dalla matrice extracellulare, che serve a fare funzione, trasmette il segnale alle cellule tramite integrine, può essere un serbatoio di fattori di crescita, ma dà anche dei segnali di traduzione meccanica, cioè abbiamo parlato prima di fibrosi, un tessuto fibrotico che è un tessuto più duro rispetto ad un tessuto normale, quindi aumenta la lunghezza del tessuto, per cui è meno elastico, è più rigido, e un tessuto più rigido può dare un segnale all’interno della cellula che per la traduzione di un segnale che può portare ad esempio a diminuire il differenziamento cellulare, oppure produrre proliferazione cellulare; quindi un’ambiente fibrotico può favorire certe caratteristiche tumorali all’interno della cellula. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Abbiamo parlato prima di terapie, le terapie comuni a molti tumori si basano ancora su chemioterapia; bensì le terapie tumorali possono essere 1) o contro cellula 2) quella di indurre un differenziamento, perchè una cellula differenziata non sarà metastatica, quindi indurre un differenziamento in un tumore laddove è possibile, come nel caso della leucemia acuta promielocitica, dove i globuli di differenziamento causano il tumore, se noi differenziamo queste cellule, stringiamo il differenziamento e curiamo con questa tipo di terapia Altre tipo di terapie sono ad esempio il rafforzamento del sistema immunitario, sui sistemi immunitari riconosce le cellule target; però queste terapie oltre a colpire cellule target, vanno a colpire microambienti. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino Per ogni aspetto della cellula tumorale che conosciamo studiamo delle terapie ad hoc. Grande spazio è dato all’ingegnerizzazione delle cellule del sistema immunitario, in particolare i linfociti T, sono linfociti che possono essere presi dal paziente, modificati e reinseriti, è una terapia genica che serve per esporre su questi linfociti un recettore che riconosce l’andatore tumorale su certe cellule. Se noi conosciamo geneticamente, oggi abbiamo tutte le conoscenze per sequenziare ogni singola cellula, se noi riusciamo a personalizzare la terapia, cioè a conoscere quali variazioni sono in generale, sappiamo quali geni sono alterati o quelli a maggior suscettibilità a portare tumore. Quindi l’idea è di procedere verso una terapia personalizzata che ci permette di decidere la terapia giusta e quella più conveniente. Biologia e genetica 17/05/2024 Davide Petrilli, Fabrizio Mamone Valerio Mattei, Prisco Petrosino I marcatori tumorali sono molecole prodotte dal tessuto tumorale, e poichè molte di queste sono presenti nel sangue, urina e tessuti sono utilizzate nella diagnosi di alcuni tipi di cancro. Solo pochi marcatori vengono utilizzati, gli altri invece no perchè hanno una bassa sensibilità e specificità.