Genetica Medica - L'Evoluzione del Cancro PDF

Summary

Questo documento descrive l'evoluzione del cancro, mettendo in luce come diverse mutazioni genetiche possano portare alla formazione di cellule tumorali. Vengono analizzate le cause, i meccanismi di selezione naturale e l'importanza dell'invecchiamento nella predisposizione a sviluppare tumori. Il documento descrive anche le differenze tra tumori benigni e maligni, la classificazione dei tumori e il ruolo degli oncogeni e oncosoppressori.

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12.2 Genetica medica 06/12/2024 L’EVOLUZIONE DEL CANCRO Per quanto riguarda l’evoluzione del cancro, una sola mutazione non può convertire la cellula somatica in cellula malig...

12.2 Genetica medica 06/12/2024 L’EVOLUZIONE DEL CANCRO Per quanto riguarda l’evoluzione del cancro, una sola mutazione non può convertire la cellula somatica in cellula maligna. Ogni giorno siamo infatti sottoposti a mutazioni a carico del nostro genoma, la maggior parte delle quali noi ripariamo, sebbene il meccanismo di riparazione venga meno con l’invecchiamento. Se tuttavia una sola mutazione potesse convertire la cellula somatica in cellula maligna, questo sarebbe sfavorevole dal punto di vista evoluzionistico. Nella maggior parte dei casi, quindi, per convertire una cellula normale in una cancerosa sono necessarie 6/7 mutazioni indipendenti, ma una mutazione può aumentare la probabilità di insorgenza di altre cellule cancerose. È come se una mutazione preparasse il terreno, favorendo la mutazione di altre cellule. La probabilità teorica che questo avvenga è estremamente bassa: in una stima compiuta su 1013 cellule, il tasso di mutazione per cellula è di 10-5 - 10-6. Fortunatamente, quindi, questo non è un evento così frequente. SELEZIONE NATURALE E CANCRO Quali sono i meccanismi che rendono possibile e relativamente frequente un tale evento molto improbabile? Riferendosi alla stima appena riportata, tale evento dovrebbe essere rarissimo; in realtà i tumori, soprattutto oltre ad una certa fascia d’età, non sono così rari. Ci sono infatti alcune mutazioni genetiche che favoriscono la proliferazione cellulare, fornendo un vantaggio selettivo alla cellula in cui la mutazione si è verificata. Si forma di conseguenza una popolazione di cellule target per la successiva mutazione. Come è stato affermato in precedenza, servono 6-7 mutazioni, ma generalmente, se una mutazione è già presente, questa prepara il terreno affinché altre se ne manifestino. Se le mutazioni sequenziali hanno inizio, questo può quindi facilmente evolvere nella formazione di un tumore maligno. Il nostro organismo ha dei sistemi di difesa che proteggono dalla proliferazione incontrollata (immunosorveglianza). Le cellule tumorali con il tempo acquisiscono però delle strategie, che riescono a inattivare anche tali meccanismi di difesa. Il CANCRO E L’INVECCHIAMENTO Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta 12.2 Genetica medica 06/12/2024 Una delle motivazioni per cui i tumori sono una classica patologia dei soggetti più anziani è che il timo, che produce i linfociti T (principale arma di difesa contro i tumori), tende ad atrofizzarsi e rendersi più piccolo già in età adolescenziale, producendo sempre meno linfociti T con l’invecchiamento. Questo significa che, man mano che si invecchia, si avrà una produzione sempre più scarsa di queste cellule e il timo diventerà sempre meno capace di riconoscere ed eliminare le cellule mutate. La professoressa sottolinea che si sentirà parlare della CAR T-cell therapy, ossia un’innovativa metodologia di cura cellulare contro il cancro, basata sulla stimolazione delle cellule CAR T per reindirizzare il sistema all’eliminazione delle cellule cancerose. Come si osserva nel grafico in figura, generalmente la probabilità di contrarre il cancro aumenta in maniera esponenziale dopo una certa fascia di età. CLASSIFICAZIONE DEI TUMORI 1. Invasività Sulla base del grado di invasività, i tumori si possono classificare in benigni e maligni. - Tumori benigni: sono caratterizzati da un’eccessiva proliferazione cellulare, senza però che si verifichi alcuna invasione dei tessuti circostanti (la capacità di vascolarizzazione ed angiogenesi viene dunque meno). Le cellule in questo caso conservano le caratteristiche principali del tessuto d’origine (è raro che queste si differenzino: rimarranno piuttosto sempre cellule del fegato, cellule dell’occhio, ecc.), quindi il tumore rimane localizzato. Una semplice chirurgia consente l’asportazione della massa tumorale benigna e c’è un basso rischio di recidiva. - Tumori maligni: presentano una spiccata capacità di invasione dei tessuti circostanti e di disseminazione in sedi distanti (metastatizzazione). Nei tumori maligni si ha inoltre una perdita da parte delle cellule cancerose delle caratteristiche di differenziazione (diventano queste cellule indifferenziate, come se fossero delle cellule staminali), aumenta l’indice proliferativo e i trattamenti generalmente sono chemioterapia, radioterapia o chirurgia. In figura si nota come, a partire da una cellula mutata, inizino a popolarsi altre cellule alterate. Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta 12.2 Genetica medica 06/12/2024 La differenza tra un tumore benigno e un tumore maligno è che il primo è localizzato e non possiede la capacità di vascolarizzare, mentre il secondo invade progressivamente il tessuto adiacente e, tramite il circolo sanguigno, può vascolarizzare e inviare cellule cancerose in altri tessuti. 2. Tessuto d’origine Oltre che in base al grado di invasività, i tumori si possono classificare anche in base al tessuto d’origine. Un tumore può infatti riguardare, per esempio, il tessuto connettivo, il sistema linfatico, emopoietico, muscolare, epiteliale o i melanociti. I nei sono tumori benigni, che tuttavia è necessario monitorare, perché potrebbero potenzialmente trasformarsi in tumori maligni. Confrontando un adenoma (tumore benigno del colon) e un adenocarcinoma (tumore maligno del colon), si nota la differenza a livello cellulare, ma anche a livello istologico. Nel tumore maligno le cellule sono totalmente disorganizzate, hanno perso la loro forma e hanno iniziato a vascolarizzare. Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta 12.2 Genetica medica 06/12/2024 Nello sviluppo di un carcinoma, sostanzialmente, l’epitelio di superficie displastica (descritto in figura dall’immagine centrale in basso), rispetto all’epitelio di superficie normale, inizia a modificare i margini. Nel caso di un tumore che invade il tessuto circostante (come si nota in figura in basso a destra), si ha invece la formazione di ramificazioni anche in altri tessuti. DISTRIBUZIONE DEI TUMORI Ci sono tumori più concentrati in certe zone del mondo, piuttosto che in altre. Questo è influenzato dall’ambiente, ma anche dal nostro assetto genetico. Se un soggetto nasce con una predisposizione a sviluppare un tumore, ad esempio il melanoma, e si espone in maniera poco attenta ai raggi UV o ad agenti chimici inquinanti, questo possiede un substrato favorevole alla mutazione (ovviamente non è detto che sviluppi il tumore). Ci sono alcuni tumori sesso dipendenti. C’è una prevalenza di certi tumori nelle donne e di altri negli uomini. La professoressa sottolinea che, anche come genetisti, spesso si riscontra grande difficoltà nello studio dei tumori. Esistono a questo proposito gli oncogenetisti, specializzati nello studio dell’ampio mondo dei tumori. Anche l’analisi dei dati associati alle condizioni tumorali è estraneamente complessa. Ci sono dei tumori ereditari, ma, la maggior parte di questi, sono tumori sporadici. Dal punto di vista genetico, infatti, i tumori si possono classificare in: - Sporadici: tumori causati da mutazioni a livello delle cellule somatiche, che possono verificarsi a seguito dell’esposizione a fattori ambientali (es. fumo di sigaretta, raggi UV). Questo non avviene sempre: ci sono individui che, pur non avendo mai fumato e non essendo mai stati esposti a fattori di rischio, sviluppano tumori ai polmoni. Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta 12.2 Genetica medica 06/12/2024 Nonostante ciò, si può tranquillamente affermare che esiste una serie di fattori ambientali in grado di favorire lo sviluppo di certi tipi di tumore (es. Rosalind Franklin, la scopritrice della doppia elica, è morta precocemente perché, oltre alla predisposizione, si è esposta ai raggi X per molto tempo). - Tumori ereditari: rappresentano circa il 5% dei tumori. Sono causati da mutazioni trasmesse in maniera ereditaria (si parla di DNA germinale): viene ereditato un backgroud genetico (mutazione genetica) favorevole all’insorgenza della malattia, ma non la malattia stessa. Un individuo può dunque ereditare una determinata mutazione a carico del DNA germinale, ma, per un caso fortuito, non sviluppare mai la malattia. Gli individui portatori della mutazione hanno un rischio più alto di sviluppare la patologia rispetto al resto della popolazione. Questo tipo di tumori ereditari è caratterizzato dalla presenza di casi multipli in una famiglia in più generazioni e da un’età di insorgenza più precoce rispetto ai casi sporadici. In base al tipo di tumore, gli oncologi e i genetisti che si occupano di oncogenetica seguono un algoritmo diagnostico per decidere se testare o meno certi soggetti dal punto di vista genetico. GENI ASSOCIATI AL CANCRO I geni dei tumori si suddividono in due categorie: - Oncogeni: geni la cui normale attività promuove la proliferazione, la sopravvivenza cellulare e la resistenza all’apoptosi. Le versioni non mutate di tali geni prendono il nome di proto-oncogeni; - Oncosoppressori: geni che, in condizioni fisiologiche, hanno il compito di contrastare la proliferazione cellulare, controllare la stabilità genomica e regolare l’apoptosi. Facendo un paragone, oncogeni e oncosoppressori potrebbero essere rispettivamente associati a freno ed acceleratore. Gli oncogeni, a questo proposito, fungerebbero da acceleratore, mentre gli oncosoppressori da freno. ONCOGENI In condizioni fisiologiche gli oncogeni sono noti come proto-oncogeni e regolano processi cellulari come proliferazione, sopravvivenza cellulare, resistenza all’apoptosi. In questa categoria è sufficiente una mutazione di un singolo allele (effetto autosomico dominante) per innescare la tumorigenesi. Il proto-oncogene diventa oncogene quando il gene presenta una o più mutazioni, che cambiano le proprietà della proteina codificata, o quando c’è effettivamente la formazione delle proteine di gene diffusione, che innesca una proliferazione continua (come nel caso di BCR-ABL). Gli oncogeni furono identificati negli anni 60, quando si scoprì che alcuni tumori animali erano causati da virus. Ne è un esempio il virus del sarcoma di Rous (RSV), un retrovirus capace di introdurre il sarcoma nei polli. Il gene responsabile della trasformazione neoplastica nelle cellule infettate è v-Src. Rous iniziò a studiare una massa tumorale sul petto di una gallina, inoculò le cellule tumorali della gallina malata in una sana della stessa specie e osservò la comparsa del tumore anche nell’individuo sano. Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta 12.2 Genetica medica 06/12/2024 In un secondo momento Rous decise di prelevare un pezzetto del sarcoma, ridurlo in piccoli pezzi e, dopo averlo mischiato con la sabbia, lo filtrò e lo inoculò nuovamente in altri soggetti sani, senza quindi la presenza di cellule e batteri; anche in questo caso si assisté alla comparsa del tumore. Questo esperimento dimostrò che alla base del tumore c’era un virus. Tra gli oncogeni è possibile citare i geni della famiglia RAS. I geni della famiglia RAS sono geni estremamente importanti in oncologia, in quanto questi geni sono frequentemente mutati nei tumori. Mutazioni a carico di RAS sono ad esempio: - Mutazioni di KRAS, associate ad adenocarcinomi del pancreas tumori del colon-retto; - Mutazioni di NRAS, associate a melanomi, tumori della tiroide e leucemie; - Mutazioni di HRAS, associate a tumori della vescica. ONCOSOPPRESSORI Gli oncosoppressori sono geni che, in condizioni fisiologiche, dovrebbero contrastare la proliferazione e regolare i processi di riparazione del DNA, ma, se mutati, fanno si che questi meccanismi vengono meno. Per i geni appartenenti a questa categoria esiste la teoria delle due ipotesi di Knudson. Tale teoria sostiene che non basta una mutazione a carico di una singola copia di un gene, ma devono essere presenti due mutazioni a carico dello stesso gene, quindi su entrambi gli alleli, affinché possa manifestarsi il tumore. La ‘’two hit hypothesis’’, proposta nel 1971 da Alfred Knudson, ha permesso di spiegare perché alcuni tumori possono essere squisitamente ereditari o sporadici. Nella forma ereditaria viene trasmessa una prima mutazione inattivante, definita “first hit”, a carico di un gene oncosoppressore e la seconda mutazione si verifica invece in una cellula somatica. Nella forma sporadica in una cellula somatica devono verificarsi due mutazioni contemporaneamente a carico dell’oncosoppressore, una in ciascun allele. Questa seconda opzione è meno probabile. ESEMPI DI GENI ONCOSOPPRESSORI RETINOBLASTOMA Il Retinoblastoma è un tumore dell’infanzia, generalmente causato dalla trasformazione neoplastica delle cellule neuronali precursori della retina. Il gene coinvolto in questa patologia è il gene RB1, un oncosoppressore. Tale patologia riguarda circa il 3% dei tumori in età pediatrica. Ci sono due forme di Retinoblastoma: 1. Forma ereditaria: Il paziente ha ereditato a livello del DNA germinale una mutazione a carico di RB1, ma, affinché si manifesti il tumore, deve esserci una seconda mutazione a carico delle cellule della retina. È questa una forma più rara rispetto alla forma sporadica, che riguarda circa il 40% dei casi, ha una trasmissione autosomica dominante a penetranza incompleta, ma comunque molto elevata, è bilaterale e multifocale. L’età di insorgenza media è attorno ai 15 mesi. Nelle forme ereditarie di Retinoblastoma si ha una prima mutazione a carico del gene RB1 e una seconda mutazione (“second hit”) a carico delle cellule della retina. La mutazione germinale può essere ereditata o verificarsi de novo. Per entrambe le mutazioni le conseguenze saranno uguali, perché la mutazione è già presente allo stadio dello zigote. Quando in una cellula somatica della retina si verifica il secondo evento, inizia lo sviluppo del tumore. Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta 12.2 Genetica medica 06/12/2024 2. Forma sporadica: In questo caso sono necessarie due mutazioni, che devono avvenire entrambe a livello delle cellule della retina (a livello somatico) e devono essere presenti nella stessa cellula. Questa forma riguarda il 60% dei casi, è normalmente unilaterale e monofocale, con età di insorgenza media di circa 29 mesi. Questa forma è meno grave, dal momento che coinvolge uno solo dei due occhi, e ha un’insorgenza più tardiva (è più difficile che si manifesti il “second hit” ed è localizzato). Nella forma sporadica, entrambe le mutazioni devono per forza avvenire a livello somatico, in un determinato tessuto. Affinché la condizione patologica si presenti, le molecole devono essere fisicamente presenti nella stessa cellula (àcondizione più complessa). Le cellule in cui si è verificata una sola mutazione, così come le loro discendenti, acquisiranno proprietà tumorali solo se e quando si verificherà la seconda mutazione. Nello schema in figura sono rappresentate tre possibili condizioni: - Nel primo caso è rappresentato un individuo normale, che può avere ereditato una mutazione germinale a carico del gene RB1, ma, non possedendo l’altra mutazione sulla cellula somatica, non svilupperà il tumore. - Nel secondo caso è descritta invece una situazione di Retinoblastoma ereditario, dove può succedere che un individuo abbia ereditato da uno dei due genitori la prima mutazione e la seconda mutazione si sviluppi sulla cellula somatica. - Nel terzo caso è presentato un Retinoblastoma non ereditario sporadico, dove effettivamente le due mutazioni avvengono a livello della stessa cellula del tessuto. Questo è il motivo per cui all’inizio della lezione è stato affermato che il cancro è difficilmente puramente ereditario: il meccanismo del Retinoblastoma è esemplificativo anche di altri tumori ereditari. Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta 12.2 Genetica medica 06/12/2024 Nel Retinoblastoma ereditario, ricapitolando, si avrà una patologia bilaterale (che colpisce entrambi gli occhi), un rischio più elevato di sviluppare altri tumori e un’insorgenza più precoce. Nel Retinoblastoma sporadico, invece, si svilupperà una patologia monolaterale, non aumenterà il rischio di avere altri tumori (perché il Retinoblastoma sporadico è localizzato e specifico delle cellule colpite) e l’insorgenza sarà più tardiva. GENI BRCA1 BRCA2 Questi geni, che sono degli oncosoppressori, regolano fisiologicamente i processi di riparazione del DNA. Se i geni in questione sono mutati, i meccanismi di riparazione vengono meno. Mutazioni germinali (ereditate o de novo) a carico del DNA germinale in BRCA1 e BRCA2 sono responsabili del 5-10% dei carcinomi mammari e ovarici. Questo significa che le donne con mutazioni ereditarie a carico di questi geni hanno una probabilità di sviluppare il carcinoma mammario intorno al 40%-90% (percentuale variabile) rispetto alla popolazione generale (13%). La peculiarità consiste nel fatto che generalmente lo sviluppo del tumore è più precoce e può coinvolgere entrambi i seni. Un’altra caratteristica specifica è che i geni BRCA1 e BRCA2, se mutati, aumentano il rischio di sviluppare anche altri tumori come il tumore alle tube, tumori peritoneali, melanomi e l’anemia di Fanconi (patologia rara delle cellule del sangue (ma non solo), con insorgenza già nei primi anni di età, che coinvolge il gene BRCA2). PREVENZIONE La professoressa propone l’esempio di Angelina Jolie, che si è fatta asportare il seno e le ovaie, in via preventiva, perché presentava una mutazione a carico del gene BRCA1, ereditata per via matrilineare. In scopo preventivo, Angelina Jolie è andata in contro ad una mastectomia, al fine di non sviluppare il tumore. Nonostante non ci fosse la probabilità del 100% di sviluppare il tumore, dal momento che con una mutazione ereditaria la probabilità di insorgenza tumorale oscilla tra il 40 e il 90%, l’attrice ha deciso di subire l’intervento chirurgico. Ad oggi ci sono tre geni (BRCA1, BRCA2 e un altro gene associato ad una forte familiarità per questo tipo di tumori), le cui mutazioni possono essere affrontate tramite chirurgia preventiva. Per tutti gli altri casi questo non è ancora possibile. La professoressa mostra una lettera, pubblicata in una prestigiosa rivista scientifica, intitolata “Longer term effects of the Angelina Jolie effect: increased risk-reducing mastectomy rates in BRCA Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta 12.2 Genetica medica 06/12/2024 carriers and other high-risk women”, che dimostra come, a seguito della pubblicazione della notizia dell’intervento di Angelina Jolie, si è diffusa una maggiore attenzione. In termini di prevenzione, dunque, la mastectomia e la salpingo-ovariectomia bilaterale preventiva, sono metodi efficaci per ridurre il rischio di una donna di sviluppare il cancro al seno e all’ovaio, anche se ci sono altre terapie approvate, comunque molto efficaci nelle donne che hanno mutazioni a carico di questi geni. È inoltre fondamentale che ci sia anche un programma di sorveglianza clinico-strumentale intensiva nelle donne con mutazioni a carico di questi geni o nei soggetti con una familiarità o un’insorgenza molto precoce di alcune forme di tumori familiari. Anche gli uomini con mutazioni a carico di BRCA1 E BRCA2 sono esposti ad un rischio aumentato (1%-6%) di sviluppare il tumore alla mammella. Quando si analizzano casi familiari di tumore alla mammella, anche gli uomini all’interno della famiglia dovrebbero sottoporsi ad una visita e ad un esame radiologico. Il problema consiste nel fatto che pochi pensano che anche l’uomo potrebbe essere coinvolto; dunque, il tumore viene diagnosticato tardivamente e risulta più aggressivo. Compiendo analisi di dati per altre patologie genetiche, può capitare di trovare degli incidental findings (incidentalomi), ossia mutazioni note e patogenetiche a carico, per esempio, di questi due geni, in pazienti entrati per analisi di altro tipo o addirittura in genitori di un bambino con un’altra patologia genetica. Si apre a questo punto la tematica, se sia meglio comunicare o meno il risultato. Ovviamente tutte le persone che si sottopongono ad un test genetico firmano un consenso informato, fanno una consulenza genetica e, nel corso del colloquio, esprimono il proprio desiderio/dissenso nell’essere informati di eventuali mutazioni, identificate a carico di geni noti malattia, qualora l’analisi debba essere espansa a tutto il genoma. La professoressa afferma che in certi casi si è riusciti ad anticipare la diagnosi di diverso tempo (notizia scioccante, ma sicuramente molto utile). È questo il caso di un ragazzino che aveva ereditato una mutazione a carico di questi geni. GENE APC Un altro gene coinvolto nei tumori familiari/ereditari è l’APC, associato alla Poliposi Adenomatosa Familiare del colon (FAP). In questo caso le mutazioni somatiche sporadiche o la perdita di funzione del gene APC sono eventi precoci, che portano a sviluppare questo tipo di tumori. Nel 5% dei casi si parla di mutazioni ereditarie a trasmissione autosomica dominante (un po’ come BRCA1 e BRCA2). Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta 12.2 Genetica medica 06/12/2024 L’insorgenza della FAP può iniziare dai 16 ai 35 anni con piena penetranza e generalmente si ha la presenza di centinaia/migliaia di polipi precancerosi a livello del colon che, se non trattati, portano allo sviluppo del cancro del colon-retto nel 93% dei pazienti entro i 50 anni. Questa situazione deve essere dunque assolutamente controllata e, nei casi di tumori familiari, il gene APC deve essere sottoposto a screening. La diagnosi clinica viene solitamente confermata con test genetici. Se è identificata una mutazione a carico di questo gene, il test genetico deve essere esteso ai consanguinei di primo grado e deve essere svolta un’accurata sorveglianza clinica. Ci sono alcuni gruppi etnici, come gli ebrei ashkenaziti, in cui la frequenza della mutazione a carico di geni oncosoppressori è estremamente alta nella popolazione generale. Questo perché, dal punto di vista evoluzionistico, la condizione non è un blocco della catena dell’evoluzione. Sbobinatore: Alice Cleber Revisore: Maria Vittoria Villalta

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