Anatomia Umana II PDF

Summary

Questo documento presenta una panoramica su dolore neuropatico e nocicettivo e gli effetti del placebo. Discute le componenti del dolore e le differenze tra dolore neuropatico e nocicettivo. Vengono descritti alcuni meccanismi coinvolti nel dolore e le relative risposte del sistema nervoso.

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andando a diminuire l’intensità del dolore (es: da un’intensità di 100 a 70). Dunque, la teoria del gate control è incentrata sulle interazioni tra neuroni del corno dorsale del midollo spinale: neuroni sensitivi nocicettivi (C) e non nocicettivi (Aβ), neuroni di proiezione e interneur...

andando a diminuire l’intensità del dolore (es: da un’intensità di 100 a 70). Dunque, la teoria del gate control è incentrata sulle interazioni tra neuroni del corno dorsale del midollo spinale: neuroni sensitivi nocicettivi (C) e non nocicettivi (Aβ), neuroni di proiezione e interneuroni inibitori. Nella versione originaria di questa ipotesi (illustrata in figura), il neurone di proiezione viene eccitato da entrambi i tipi di neuroni sensitivi e viene inibito da interneuroni inibitori localizzati negli strati superficiali del corno dorsale. I due tipi di fibre sensitive terminano anche a livello degli interneuroni inibitori: le fibre C inibiscono questi interneuroni e, perciò, provocano un aumento dell'attività del neurone di proiezione; invece, le fibre Aβ eccitano gli interneuroni e, di conseguenza, sopprimono l'attività dei neuroni di proiezione. EFFETTO PLACEBO L’effetto placebo o risposta placebo è la conseguenza della somministrazione del placebo ovvero un farmaco senza alcuna proprietà terapeutica. Per quando riguarda il dolore, nel caso di attivazione della modulazione effettiva, al sistema limbico, il placebo (farmaco “falso”) provoca gli stessi effetti antidolorifici di un normale farmaco, come una morfina o un oppioide. Ad esempio, se in caso di dolore, prima del farmaco “falso”, viene dato il naloxone ovvero un antagonista degli oppioidi, il sistema oppioide può essere attivato lo stesso dal pensiero, tramite il sistema limbico. NB: Nel nostro cervello è presente il cosiddetto sistema glinfatico (“gli” sta per glia), il quale è un sistema di rimozione di sostanze di scarto ovvero un sistema linfatico particolare (e non un privilegio immunologico dato dall’assenza del linfatico, come si pensava). Esso appartiene ai linfatici meningei e al SNC, in cui le glia, le microglia e gli astrociti rivestono un ruolo importante. DOLORE NEUROPATICO E NOCICETTIVO Il dolore presenta 5 componenti: la sensoriale (periferica), l’affettiva, la vegetativa, la cognitiva e la motoria (riflessi, contrazione muscolare algogena, posture antalgiche). Dato che ancora non si conosce la sede della regione dolorifica, si può solo affermare l’importanza del talamo, delle vie talamo-corticali, delle vie della sensibilità e l’esistenza di una rete del dolore, chiamata “neuromatrice del dolore”. Generalmente, però, il dolore viene diviso in neuropatico e nocicettivo. Il dolore neuropatico è quello dato dall’attivazione diretta dei nocicettori presenti sulle fibre nervose con conseguente sensazione di bruciore e dolore urente. Lo ritroviamo nel tunnel carpale, nell’herpes 40 zoster o fuoco di Sant’Antonio (nevralgia erpetica), in una plessopatia che intacca un nervo o nella neuropatia diabetica. Per quanto riguarda quest’ultima patologia, è riconosciuto che le persone con il diabete possono presentare uno scompenso legato alla mancanza di canali recettoriali per il dolore; quindi, in questo caso l’assenza di percezione del dolore è un evento negativo. NB: Un altro esempio di assenza di percezione dolore vista come evento negativo è una sindrome congenita, la canalopatia (le persone affette da questa patologia non possono avere esperienze del dolore), che dobbiamo ricordare essere differente dalla ciliopatia. Il dolore neuropatico può essere sia periferico che centrale (a livello del cervello) ed è causato da tumori, problemi vascolari, emorragie e sclerosi multipla (malattia autoimmune, presenta immunoglobuline e linfociti T all’interno del sistema nervoso). In alcuni casi, i pazienti affetti da questa patologia soffrono di nevralgia del trigemino, poiché il ponte con i nuclei dei secondi motoneuroni viene demielinizzato; se la demielinizzazione coinvolge anche il nervo ottico, la persona con sclerosi multipla va incontro a neurite ottica. Nel caso di dolore neuropatico ACUTO possono essere utilizzati i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei, come l’acido acetilsalicilico ovvero la comune aspirina), mentre nel dolore neuropatico CRONICO intervengono gli antiepilettici (iperpolarizzano la cellula e deprimono il sistema nervoso e quindi anche la nocicezione), che agiscono mimando l’azione inibitrice dei GABA (anche questi, quindi, iperpolarizzano, non facendo partire il potenziale d’azione e deprimendo la funzionalità del sistema). Su questo canale insistono anche gli ansiolitici come le benzodiazepine, gli ipnotici (che sono antiepilettici) e i barbiturici (anch’esse molecole che mimano l’azione dei GABA). Il dolore nocicettivo, invece, è derivato da un trauma, una frattura, una lesione o un taglio accompagnato da un processo flogistico. Inoltre, vi sono recettori interdipendenti con i canali specifici per il dolore, come nel caso dei TRP polimodali e dei meccanorecettori, che, se stressati continuamente, non solo agiscono da meccanocettori ma diventano anche recettori per il dolore. In caso di infiammazione, le molecole come istamina, serotonina, prostaglandine, bradichinina, ATP, che sono prodotte direttamente o indirettamente dagli stravasi cellulari, abbassano la soglia per il dolore (a causa di questi neurotrasmettitori dell’infiammazione, il dolore si percepisce più facilmente). A livello di una ferita della nostra cute, si ha vasodilatazione, le cellule accorrono nel sito della dilatazione e vengono rilasciate citochine. La terminazione nervosa riceve gli stimoli algogeni, che vanno al corno posteriore; il neurone non si comporta passivamente (non si va solo in un senso, dalla periferia al centro del neurone, ma anche dal corpo alla periferia), ma risponde modificandosi da un punto di vista funzionale-biochimico attraverso la liberazione a livello centrale di BDNF (fattore neurotrofico cerebrale), una neurotrofina che agisce come mediatore del dolore. NB: La produzione locale di citochine infiammatorie quali l'interleuchina-1 (IL-1) e il fattore di necrosi tumorale (TNF, tumor necrosis factor) promuove la sintesi e la liberazione del fattore di crescita nervoso (NGF, nerve growth factor) da tipi diversi di cellule della periferia. L'NGF si lega a recettori TrkA 41 presenti a livello delle terminazioni delle fibre primarie nocicettive (fig. A), innescando così modificazioni post-transizionali locali nell'espressione di canali ionici che aumentano l'eccitabilità dei nocicettori. A seguito del trasporto retrogrado di endosomi di segnalazione al corpo cellulare (fig. B) si ha un aumento dell'espressione del fattore neurotrofico derivato dal cervello BDNF (fig. C) e la sua liberazione dalle terminazioni sensitive a livello del midollo spinale (fig. D) incrementa ulteriormente l'eccitabilità e facilita l'attivazione dei neuroni del corno dorsale. Quindi, quando nel sito di infiammazione vengono prodotte sostanze come ATP, BDNF, CGRP (calcitonin gene-related peptide), DAMP (danger-associated molecular patterns), Glu (glutammato), NPY (neuropeptide Y), SOM (somatostatina), SP (substance P), che aumentano la vasodilatazione e la corsa di altre cellule, si parla di infiammazione indotta dal neurone ovvero di infiammazione neurogena. Riassumendo, in questi casi di flogosi dovuta a un trauma, sono reclutate citochine, alcune delle quali vengono captate dal neurone e portate nel nucleo, che cambia la propria funzionalità in relazione ad esse e produce molecole che aumentano la sensibilità recettoriale e dolorifica (distinguiamo così sensibilizzazione periferica e centrale). A questo livello avviene anche la modulazione del dolore attraverso l’interneurone oppioide con la via top-down, che scende dal locus coeruleus noradrenergico e dal nucleo magno del rafe serotoninergico. Schematicamente sulla destra vediamo le molecole coinvolte nell'analgesia periferica mediata dal sistema oppioide. Leucociti contenenti peptidi oppioidi migrano dal vaso al tessuto infiammatorio, dove liberano peptidi sotto lo stimolo di numerosi fattori quali chemochine, CRH e noradrenalina. Recettori oppioidi, sintetizzati nel ganglio delle radici dorsali e trasportati sia verso il corno posteriore del midollo spinale sia verso la terminazione periferica del neurone afferente primario, in condizioni di infiammazione aumentano la loro espressione e sono disponibili per il legame sia con i peptidi oppioidi liberati sia con molecole esogene applicate in periferia. In presenza di ipersensibilità periferica si può parlare di allodinia, se uno stimolo non algogeno induce dolore, oppure anche di iperalgesia, che, invece, porta a percepire uno stimolo doloroso a un livello estremo, come se fosse un dolore più forte. Ovviamente gli organi non hanno tutti gli stessi stimoli dolorifici e le stesse modalità di indurre dolore, ad esempio: - il cervello non ha recettori algogeni e non può provocarci dolore, per cui alla testa quello che si può verificare è un dolore meningeo dovuto ai vasi; - nel torace, il parenchima polmonare non ha recettori algogeni, come anche gli organi in cavità addominale. La pleura, che riveste i polmoni e che si divide in parietale e viscerale (come il pericardio e il peritoneo), presenta recettori dolorifici solo lungo la pleura parietale ovvero quella attaccata alla gabbia toracica. Nel caso di una pleurite o di uno pneumotorace ovvero 42 un foro a livello della pleura, il dolore puntorio percepito quando si respira è dato proprio dai recettori algogeni della pleura parietale; - il cuore ha il suo induttore di dolore nell’infarto, nell’ischemia (dolore retrosternale), ma non è sensibile al tatto o alla manipolazione delle pareti dei ventricoli; - nella cavità addominale, il peritoneo parietale possiede recettori dolorifici e può essere quindi soggetto alla peritonite. In generale, qualsiasi patologia interessi il peritoneo parietale (come, ad esempio, anche il meccanismo riflesso dell’addome acuto) provoca un dolore importante e in particolare, si causa un ulteriore dolore da contrazione muscolare dei muscoli retti dell’addome, che rendono l’addome stesso rigido e piatto come una tavola. Bisogna far attenzione al fatto che il dolore agli organi interni è spesso percepito sulla superficie corporea e questa sensazione è nota come dolore riferito, che, essendo un dolore lontano dalla sede di origine, è differente dal dolore irradiato. Infatti, il dolore irradiato è presente nella zona dove c’è la causa del dolore e da lì si irradia, come nel caso della lombosciatalgia (in cui il dolore può arrivare fino al piede) o di un’ernia discale. Le zone di Head (fig. 18.5), di dolore riferito, mostrano quelle zone lontane dalla regione dove vi è la causa del dolore. Secondo una teoria del dolore riferito, i nocicettori da più posizioni convergono su un unico tratto ascendente nel midollo spinale (via spino-talamica). Per questo i segnali di dolore provenienti dalla pelle sono più comuni del dolore agli organi interni e il cervello associa l'attivazione del percorso del dolore con la pelle stessa. Ad esempio, nel caso di infarto, il paziente può riferire dolore alla spalla (raramente l’infarto si presenta solo con un dolore alla spalla senza alcun dolore nella regione retrosternale) oppure a livello dei genitali nel caso di colica renale (in cui il dolore ha origine dalla parete posteriore dell’addome). Un dolore alla spalla è con più probabilità causato da un trauma piuttosto che da un infarto, perciò il secondo neurone sensoriale riferisce un numero maggiore di volte i traumi alla spalla rispetto all’infarto e di conseguenza il cervello è come se poi scambiasse quel dolore per un trauma alla spalla e non per un infarto. SINDROME DELL’ARTO FANTASMA Un caso particolare riguarda la sindrome dell’arto fantasma: a causa di una riorganizzazione plastica del cervello, si continua a percepire il dolore riferito a un arto mancante, che effettivamente non esiste più. Ad esempio, in pazienti con mano e avambraccio amputati, le fibre vanno a riorganizzarsi nelle zone vicine come braccio e volto; perciò, stimoli applicati a particolari aree cutanee della faccia e del braccio possono evocare sensazioni riferite alla mano mancante. Caso contrario si ha nella somato- agnosia: pur essendo presente l’arto, esso non viene riconosciuto come proprio e manca la sua percezione a causa di un deficit del sistema nervoso. 43 Nella risonanza a destra (differente da quella sulla sinistra di un soggetto sano), vediamo che avviene una riorganizzazione corticale nel momento in cui viene chiesto al paziente di muovere la bocca: questo perché il movimento della bocca invade anche quello dell’avambraccio fantasma, attivando più corteccia. Non esiste una terapia vera e propria che curi tale sindrome, ma il neuroscienziato indiano Ramachandran ideò uno strumento semplicissimo per far apprendere al paziente un modo per riappropriarsi dell’arto mancante: una scatola di legno abbastanza grande da fare posto all'arto da trattare e uno specchio a dividerla in due, così che, infilando un braccio nella scatola, si abbia l'illusione, guardando dall'alto e di lato, di vedere due braccia, pur esistendone solo una e la sua immagine speculare. Nel caso di sindattilia (ovvero della fusione) delle ultime quattro dita, la rappresentazione corticale della mano, però, può essere modificata a seguito della correzione chirurgica di tale malformazione. VIA DEI CORDONI POSTERIORI O LEMNISCALE (LEMNISCO MEDIALE) La via dei cordoni posteriori o lemniscale è la via della propriocezione cosciente e della sensibilità tattile epicritica o discriminativa. Questa via rimanda oltre che ai fusi neuromuscolari e agli organi tendinei del Golgi, per quanto riguarda la propriocezione, anche ai corpuscoli ovvero le terminazioni libere dell’epidermide che trasportano il dolore: corpuscoli di Meissner, con struttura elicoidale; corpuscoli di Merkel, dischi o lemnischi di derivazione neurocrestale, che hanno una sinapsi neuroepiteliale e anche la funzione di produrre citochine; bulbi terminali di Krause, che sono delle terminazioni presenti solo a livello delle labbra, della lingua e della congiuntiva dell’occhio; terminazioni che abbracciano il fusto del pelo e danno informazioni sulla mobilità dei peli. Ricordiamo, inoltre, che i corpuscoli di Meissner e Pacini sono a rapido adattamento (fasici: sparano all’inizio e alla fine dello stimolo); invece, i corpuscoli di Merkel e Ruffini sono a lento adattamento (analogici: immaginando la pressione sul palmo della mano, quando comincia tale pressione e si continuano a comprimere tali recettori, questi continuano a funzionare). NB: I cheratinociti, tipiche cellule dell’epidermide, presentano dei recettori termici. Le manovre più famose per saggiare l‘acuità sensitiva di un paziente sono “la discriminazione dei due punti’’ con il metodo del compasso e la “grafestesia’’ scrivendo sulla cute del paziente. Dall’immagine a sx, per quanto riguarda la prima, notiamo che più un punto è sensibile, più avrà un campo recettoriale piccolo e quindi, i bracci del compasso tenderanno ad avvicinarsi tra loro, discriminando un angolo che può arrivare fino al congiungimento che lascia percepire un solo braccio. La seconda, invece, si fa solitamente a occhi chiusi e consiste nella scrittura da parte del medico di lettere e numeri 44 attraverso dei piccoli lapis o le unghie su varie parti del corpo (come se incidesse sulla cute), così da saggiare la sensibilità e il riconoscimento del paziente. Ovviamente, la maggiore acuità sensitiva risulta essere a livello dei polpastrelli con entrambe le manovre. Specularmente all’omuncolo motorio esiste un omuncolo sensitivo, sproporzionato anch’esso, con le mani, la faccia, la lingua e le labbra che sono molto più rappresentate, poiché a questi livelli ci sono molti più neuroni sensitivi che aspettano di recepire gli stimoli sensitivi. In particolare, dato che a livello dei polpastrelli e del palmo della mano la sensibilità è maggiore, questi saranno rappresentati da un numero molto più grande di neuroni corticali rispetto a quelli del tronco. Dunque, in questa zona si ha un numero di neuroni più cospicuo, i campi recettivi sono più piccoli e in questi campi ci sono tanti recettori. All’interno di un campo recettivo di Merkel, che è uguale a quello di Meissner, in qualsiasi posto cada uno dei bracci del compasso, il corpuscolo viene sempre stimolato; questo perché la fibra innerva più recettori. Per quanto riguarda i corpuscoli di Pacini e Ruffini, invece, la fibra va a innervare un recettore solo, per cui la sensibilità è molto più debole e il compasso deve arrivare proprio sul corpuscolo per stimolarlo. Per sentire due punti bisogna avere quindi due campi recettivi. Sia in periferia che a livello corticale, dove le funzioni sono più complesse, esiste un meccanismo di salvaguardia e controllo chiamato “meccanismo di inibizione”, che serve a far sì che lo stimolo sia più concentrato e, quindi, meglio discriminato. Nell’immagine accanto si vedono i vari neuroni (A, B, C, D, E) con i corpuscoli recettivi e il campo (zona tratteggiata da A a E) della cellula F (ipotizziamo che questa sia il secondo neurone sensitivo che poi andrà al talamo). Se si andasse a stimolare per esempio in C, si andrebbe a stimolare inevitabilmente anche F. Diverso sarebbe, invece, se ad essere stimolati fossero A ed E: in questo caso entrerebbe in gioco il sistema di inibizione laterale (un freno), che va ad arginare lo stimolo e ad evitare che ci sia la diffusione di esso; quest’ultimo, infatti, per essere preciso, deve mantenersi costante all’80% centralmente, senza impattare al 15% lateralmente. La soglia dei due punti è una misura della distanza minima che devono avere due stimoli perché siano percepiti come distinti. Questa distanza è diversa nelle varie regioni del corpo. Dato che nella mano dell'uomo l'acuità tattile è massima nella punta delle dita (basti pensare al fatto che i polpastrelli vengano usati dai non vedenti per distinguere i puntini che compongono le lettere dell’alfabeto di Braille), a questo livello la soglia dei due punti è di circa 2 mm, ma raggiunge il valore di 10 mm a livello del palmo della mano e di 40 mm a livello del braccio, della coscia e del dorso. La massima capacità discriminativa è posseduta dalla punta delle dita, dalle labbra e dalla lingua, che sono le regioni in cui i campi recettivi hanno le dimensioni minori e presentano più neuroni sensitivi in attesa di recepire stimoli sensitivi. 45 In questa immagine vengono rappresentati i campi recettivi dei vari recettori: nella parte in alto troviamo la rappresentazione dei campi recettoriali di Merkel e Meissner (essi sono molto più piccoli e presentano 10- 20 recettori che vengono innervati da una fibra sensitiva; qui un braccio del compasso potrebbe cadere ovunque e stimolare in modo molto diffuso); nella seconda parte, invece, vediamo rappresentati i campi recettivi di Pacini e Ruffini, che sono molto più grandi (a partire dalle zone rosse più intense fino ad arrivare alla parte rosata dove l’acuità sensitiva è meno importante). Questi ultimi, infatti, sono recettori di pressione che agiscono in maniera aspecifica, per cui il braccio del compasso deve cadere precisamente sul corpuscolo per poterlo stimolare (la fibra sensitiva innerva un solo recettore). Quindi, nei campi recettivi piccoli riusciamo a distinguere perfettamente due punti distinti, anche se vicini, perché vengono stimolati due piccoli campi diversi; nei campi recettivi più grandi è più difficile distinguere due punti, perché essi cadono nello stesso grande campo (per sentire due punti, ho bisogno di due campi recettivi come nella fig sulla destra). Dunque, la discriminazione spaziale si basa sulla più alta innervazione, sulla più alta densità recettoriale (prima fig. sulla sx: recettori di Merkel o corpuscoli di Meissner) e sulla grandezza del campo recettivo, che compromette la sensibilità ai due punti (il fatto che i campi recettivi siano piccoli aumenta la sensibilità). Dall’organizzazione somatotopica del midollo spinale sono visibili i cordoni posteriori (caratterizzati dalla via lemniscale, che comprende il tratto epicritico e la propriocezione cosciente), i cordoni anteriori (propriocezione incosciente) e i cordoni laterali (lo spinocerebellare dorsale e ventrale). Il cordone posteriore comprende due tratti ascendenti, suddivisi da un setto intermedio: il fascicolo gracile o di Goll e il fascicolo cuneato o di Burdach, che insieme costituiscono la porzione iniziale del lemnisco mediale (un’importante via sensitiva, comprendente quindi il senso di posizione, di vibrazione e di pressione). Possiamo capire dall’immagine che le fibre originanti dagli arti inferiori (S) sono più mediali; andando sempre più lateralmente troviamo le fibre lombari (L), toraciche (T), fino alle più laterali che sono le cervicali (C), che corrispondono alla parte più alta. Queste fibre poi saliranno nei nuclei del bulbo gracile e cuneato e assieme alle fibre arcuate, andranno a formare il lemnisco mediale, per poi raggiungere il talamo e la corteccia sensitiva primaria. 46 NB: Ricorda che la somatotopia delle fibre dolorifiche, degli α-motoneuroni e del fascio corticospinale (della motricità volontaria) è differente. La via lemniscale si divide in due vie: - la via bassa della sensibilità tattile epicritica e propriocettiva cosciente, che comprende l’arto inferiore e la parte bassa del tronco, viaggia medialmente nel fascicolo gracile fino al nucleo gracile (dalla parte sacrale, le fibre ascendenti salgono verso i cordoni posteriori e arriva a C7); - la via alta della sensibilità tattile epicritica e propriocettiva cosciente, che comprende l’arto superiore e la parte alta del tronco, viaggia nel fascicolo cuneato fino al nucleo cuneato. La via dei cordoni posteriori è più corta rispetto, ad esempio, alla via spino-talamo-corticale, perché dal midollo spinale risale fino al bulbo. terminando nel proprio nucleo (gracile o cuneato). A livello di C7, c'è l’ingresso delle fibre per la sensibilità tattile propriocettiva cosciente, che interessano il fascicolo cuneato da C7 a T1 (entrambi i tipi di fibre giungono omolateralmente al nucleo cuneato). Queste fibre, in particolare, sono dette arciformi e attraversano la linea mediana costituendo il lemnisco mediale, per poi giungere al talamo, ai nuclei ventro-postero-laterali del talamo, alla corteccia sensitiva primaria e non solo. FASCI SPINOCEREBELLARI (VIA DELLA PROPRIOCEZIONE INCOSCIENTE) Anche per quanto riguarda la via della propriocezione incosciente si distinguono una via bassa (interessa l’arto inferiore e la parte bassa del tronco) e una via alta. La via propriocettiva incosciente bassa è trasportata dal fascio spinocerebellare posteriore, ma la propriocezione incosciente solo degli arti inferiori è trasportata dal fascio spinocerebellare anteriore. Il fascio spinocerebellare posteriore o di Flechsig origina dai segmenti sacrali ed entra nel midollo dal cordone bianco posteriore per poi sinaptare a livello del corno intermedio mediale (il cosiddetto nucleo di Clarke), dal quale il secondo neurone sensitivo della via propriocettiva incosciente bassa ascende, partendo dal cordone laterale nella parte posteriore (o dorsale) e arrivando al cervelletto attraverso i peduncoli cerebellari inferiori. Si tratta, quindi, di una via omolaterale. Infatti, a differenza dei fasci della motricità volontaria e della 47 sensibilità volontaria che, in riferimento al cervello (la coscienza), sono crociati, il cervelletto si divide in due emisferi cerebellari dove l’emisfero di destra controlla l’emisoma di destra e l’emisfero di sinistra l’emisoma di sinistra. NB: Nel nucleo di Clarke alloggiano le fibre pregangliari del simpatico e va da L2-T1. Le fibre più basse di L2, per esempio S5, quando entrano non trovano il nucleo di Clarke, ma salgono nei cordoni posteriori per poi arrivare a L2, dove è presente il nucleo di Clarke e da cui parte il secondo neurone sensitivo. Al di sopra di T1 (via propriocettiva incosciente alta) c’è un suo equivalente a sostituirlo, al di sotto di L2 non c’è alcun sostituente. Il fascio spinocerebellare anteriore o di Gowers è una via ventrale, il cui primo neurone va a sinaptare nella sostanza grigia del midollo spinale e il secondo neurone (spinal border cell) va nella parte anteriore del cordone laterale, senza salire omolateralmente all’emisfero cerebellare. Quindi, si tratta di una via crociata, anche se le informazioni devono arrivare all’emisfero cerebellare omolaterale: nel caso in cui, per esempio, l’informazione debba finire nell’emisfero di destra, sale da sinistra fino ad arrivare al ponte alto/mesencefalo; qui incrocia per la seconda volta in modo tale da raggiungere il suo emisfero di competenza attraverso il peduncolo cerebellare superiore. A differenza della via di Flechsig, che è soprattutto periferica (ci informa, ad esempio sull’estensione o flessione di un arto), le spinal border cells, pur ricevendo sempre informazioni dalla periferia, hanno anche informazioni discendenti dalla corteccia, cioè i piani motori, che fungono da comparatori: quando arriva un’informazione circa il movimento da eseguire (ad esempio un pugno), questi neuroni ne fanno una “fotografia” (in quanto la flessione delle dita comporta l’attivazione degli organi tendinei del Golgi e dei fusi neuromuscolari) e la paragonano al risultato sensitivo, derivato dall’esecuzione dell’azione. Dunque, le spinal border cells sono maggiormente coinvolte nei movimenti attivi. La via propriocettiva incosciente bassa, oltre al cervelletto, si ferma anche in un nucleo vicino al gracile, chiamato Z o di Pompeiano, così da collegarsi alla corteccia (alla parte cosciente), e attraverso il lemnisco mediale incrocia. Allo stesso tempo va anche ad un nucleo molto importante nell’apprendimento motorio, il nucleo olivare, inferiore a livello del bulbo. La via propriocettiva incosciente alta (fascio cuneocerebellare) va da C1 a C8/T1. Il primo neurone, non trovando il nucleo di Clarke, sale fino al bulbo e si ferma nel suo equivalente ovvero il nucleo cuneato accessorio, che è più laterale rispetto al gracile; poi da qui il secondo neurone giunge al cervelletto attraverso il peduncolo cerebellare inferiore. Inoltre, questa via dà un collaterale al nucleo cuneato, ascende e oltrepassa la linea mediana per arrivare al cervello. D’altronde, anche qui è presente il contributo al nucleo olivare. 48 NB: Nel bulbo si ha la via del fascicolo gracile, quella del cuneato e quella del cuneato accessorio. La spinal border cell alta (la via spinocerebellare rostrale) arriva a livello mesencefalico, incrocia e, attraverso il peduncolo cerebellare superiore, arriva al cervelletto. In conclusione, queste vie (sia alta sia bassa) non sono mai completamente “incoscienti” o completamente coscienti e sono in costante comunicazione e collaborazione tra di loro. AREE ASSOCIATIVE, PERCEZIONE E MOTRICITÀ Nel talamo, la stazione a cui giungono i cordoni posteriori, si possono riconoscere i nuclei ventro-postero-mediali (in cui si ferma il trigemino) e i nuclei ventro-postero-laterali (dove si fermano i cordoni). Inoltre, si possono riconoscere i vari tipi di sensibilità, tutti ben distinti e autonomi tra loro. Abbiamo le aree associative primarie (SI) in cui ci sono le aree S1, S2 ed S3 (quest’ultima divisa in 3A e 3B), che mantengono la specificità dei cordoni anche a livello della corteccia per poter analizzare al meglio l’oggetto nella sua visione tridimensionale. Quest’area sarà in collegamento con le cortecce associative polimodali e unimodali per conferire all’oggetto della percezione un significato globale (quindi caratteristiche oggettive affiancate da quelle soggettive che lo rendono “nostro’’). NB: Le aree associative polimodali (come la parte posteriore del lobo parietale, occipitale e temporale, l’area prefrontale e l’area limbica) hanno vari tipi di sensibilità come quella somestesica, visiva, acustica, gustativa. Invece, nelle aree unimodali converge un solo tipo di sensibilità. Proseguendo troviamo le aree associative secondarie (SII – si pronuncia “esse due” ma è diverso da S2 di SI) che sono gerarchicamente più evolute dal punto di vista cognitivo; infatti, aggiungono altre caratteristiche all’oggetto parzialmente costruito da SI. Quest’area è collocata sul labbro superiore del solco laterale o di Silvio ed è dunque parietale. Nella prima immagine a sx possiamo riconoscere tutte aree associative polimodali: (a) la parte posteriore del lobo parietale, (b) la parte prefrontale e (c) l’area limbica. Come vediamo dall’immagine, l’area S1 ha ben 4 mappe che sottolineano sia la plasticità che la ridondanza del cervello, ma allo stesso tempo possono essere utili per sopperire a determinati danni. Molto importante è l’esempio del pollice e dell’indice, che, rispetto alle altre dita della mano, detengono una 49 motricità ben distinta dalla sensibilità, sono più autonomi e precisi allo stesso tempo, in modo da distinguere le due caratteristiche e metterle in comunicazione tra loro. Essi, infatti, in una rappresentazione somatotopica li vediamo molto più rappresentati nella corteccia sensitiva rispetto alle altre dita. L’oggetto della nostra percezione si disseziona in periferia e via via che si sale si costruisce. Non è solo un viaggio bottom-up, ma anche top-down. Quando vediamo un oggetto che già conosciamo non abbiamo la necessità di vederne tutti i particolari per riconoscerlo, ma se l’abbiamo già in memoria basta una semplice operazione cognitiva per andare a ricostruire da un particolare tutto l’insieme. Il cervello non è trasparente agli oggetti della percezione, non fa fotografie, ma esiste un meccanismo cognitivo. Ci sono diverse teorie: secondo una teoria la sensibilità è un’esperienza diretta che imprime il cervello come fosse una tavoletta di cera; l’altra teoria dice che il cervello non è tabula rasa, ma ha vincoli cognitivi, circuiti neuronali con i quali analizza il mondo esterno, fa domande e ipotesi, e poi le verifica con i sensi. Quindi c’è una parte attiva, un lavoro precedente per cui da un particolare ricostruisco l’immagine visiva. Le aree associative nascono dal momento in cui si è venuti a conoscenza, durante determinati interventi chirurgici, che stimolando specifiche aree cerebrali si aveva un formicolio e un leggero movimento in specifiche aree del corpo; sempre con questo espediente si giunse alla conclusione che le aree, che se stimolate, invece, non producevano nessun effetto, erano inevitabilmente associate al pensiero e alle strategie (infatti, si trattava di aree che maturavano più tardivamente la concentrazione della sostanza grigia e della mielinizzazione rispetto a SI e all’area 4 di Brodmann ovvero la sensitiva e motrice primaria). Dall’area associativa primaria si può arrivare nella parte premotoria della corteccia frontale, andando attraverso la parte posteriore del lobo parietale o area 5 (anche attraverso la 7, 39 e 40, tutte aree della SI): si può quindi avere un’interconnessione biunivoca (in entrambi i sensi) tra la corteccia parietale posteriore e la corteccia frontale. L’area somestesica secondaria è in collegamento con l’insula ossia la corteccia polimodale del sistema limbico, che si trova profondamente alla scissura di Silvio, e la parte mediale del lobo temporale, che presenta l'ippocampo. Quest’ultimo è un di GPS naturale, codificatore della memoria, caratterizzato da cellule di posizione, place cells, e al livello di una corteccia vicina all’ippocampo, ossia la corteccia entorinale, le grid cells. Possiamo vedere come l’area unimodale (ossia quella somestesica secondaria) vada a completare la percezione di un oggetto attraverso l’area polimodale del sistema limbico con un esempio: se a occhi chiusi ci danno in mano un oggetto viscido e nella nostra esperienza questo ci crea disgusto, è interessata l’insula, poichè essa è la zona del disgusto oltre che quella a cui arrivano le afferenze gustative. Quindi, connotiamo l’oggetto che abbiamo nelle mani, che per noi è disgustoso, completando la sua percezione, oppure il percorso prosegue verso il livello 50 parietale, verso il tatto attivo, che vede nella mano il suo strumento principale. Infatti, la mano è uno strumento cognitivo dove percezione e motricità collaborano e funzionano autonomamente e contemporaneamente: quindi, il tatto attivo consiste nel riconoscimento dell’oggetto della nostra percezione utilizzando la sensibilità per arrivare alla conoscenza e il tutto è dato dal dialogo tra la parte motrice e la parte sensitiva percettiva. Nel SNC si fanno costantemente programmi motori in base alle conseguenze sensitive, che conseguono appunto alla messa in opera del programma motorio stesso. Dunque, viene formato un programma motorio, efficace per raggiungere l’oggetto, e viene prima spedito al controllore delle conseguenze sensitive che lo valuterà utile o meno in base alle conseguenze del movimento, il tutto ovviamente percepito dalla corteccia. Si fa l’esempio di un giocatore di tennis che deve prendere una pallina che gli è stata lanciata e in base alla proprie conoscenze su peso, forma e superficie stabilisce un programma motorio secondo il quale riesce a prenderla con sole due dita della mano e con una certa inclinazione dell’avambraccio; se a sua insaputa questa pallina contenesse del piombo e risultasse più pesante, si verrebbe a verificare che il programma motorio precedentemente fornito non fosse efficace in base alle conseguenze sensitive che si sono avute dopo la presa inefficace della pallina, perciò viene rifiutato e viene escogitato un altro piano motorio adatto alle nuove caratteristiche appena apprese dell’oggetto. Un altro esempio può essere il riconoscimento di un oggetto ad occhi bendati: viene posta una biro tra le mani, con il primo tatto posso già ipotizzare che si tratti di una biro, ma per averne conferma mando un programma motorio che va a verificare se è presente un cappuccio con un foro; quindi si deve avere la capacità di prevedere le conseguenze sensitive dell’atto motorio ed eventualmente accettarle o modificarle. Tutto questo meccanismo di attenzione selettiva richiede un grande dispendio energetico e viene agevolato dall’abitudine (ad esempio, una volta fatta l’abitudine con l’alfabeto di Braille non s’impiega più tanto tempo per riconoscere una lettera). Molto importante è la previsione e il controllo in tutti questi atti motori: se noi prevediamo un determinato movimento riusciamo anche a prevedere le conseguenze sensitive e quindi a controllare il movimento che ne deriva. Ad esempio, se ci facciamo il solletico da soli, riuscendo a prevederlo, non abbiamo alcuna reazione inaspettata, mentre se fatto da un terzo si può reagire diversamente, poiché è un qualcosa di imprevisto. Dunque, questa è la cosiddetta altalena cognitiva tra motricità e percezione (quando bisogna riconoscere un oggetto tramite l’uso della vista, bisogna interrogare sempre il piano motorio e le conseguenze sensitive dei gesti). Collegata a quanto detto è la Sindrome di Balint, caratterizzata da un’atassia ottica ovvero un’impossibilità di raggiungere oggetti quando tale atto è guidato dalla vista; questo raggiungimento di oggetti risulta più facile ad occhi chiusi. Interessante è il funzionamento della fovea dell’occhio, una piccola parte della retina periferica (assimilabile ai polpastrelli): se mi trovo davanti ad un paesaggio e in lontananza inizio a notare i particolari (case, alberi, strade) devo necessariamente girare la testa e concentrare tutta la mia attenzione nell’oggetto che voglio cogliere, devo cioè inserirlo nella fovea, che ha la massima acuità visiva. Quindi, si tratta di una “manipolazione a distanza’’, perché similmente al riconoscimento dei particolari di un oggetto che tocchiamo con i 51 polpastrelli, la retina, che, normalmente riconosce la presenza dell’oggetto, per poterne vedere i particolari deve concentrarlo nella fovea. PATOLOGIE DEL MIDOLLO La siringomielia consiste nell’espansione del canale centrale del midollo spinale (canale ependimale), che va a danneggiare soprattutto le fibre che incrociano ovvero le fibre dolorifiche. Inoltre, si ha una dissociazione sensitiva. La disfunzione di radici nervose multiple al di sotto di L1-L2 è definita sindrome della cauda equina. Le cause più frequenti sono ernie, meningiomi, schwannomi. Inoltre, questa sindrome deve essere messa in diagnosi differenziale con le patologie basse del cono midollare (che termina a L2). Se il deficit sensitivo interessa S2-S5 si definisce anestesia a sella, che è simmetrica e può interessare sia il cono midollare che la cauda equina. Quindi, fare una diagnosi differenziale non risulta facile. Il coinvolgimento delle radici S2, S3, S4 può essere anche causa di vescica atonica con ritenzione urinaria, ridotto tono rettale, incontinenza fecale e disfunzione erettile. Sindromi dei cordoni posteriori: - La sindrome tabetica, oggi debellata, è causata dalla neurosifilide (agente causale: batterio detto Treponema Pallidum), che può colpire anche altre parti del sistema nervoso oltre ai cordoni posteriori. - La sindrome delle colonne posteriori può causare la perdita del tatto epicritico e della propriocezione cosciente. Il cervelletto, infatti, è l’organo che coordina il movimento e le contrazioni muscolari per la stazione eretta e per la deambulazione. Se non funziona il cervelletto si hanno problemi di equilibrio; se, invece, a non funzionare sono i cordoni posteriori, che non portano le informazioni propriocettive al cervelletto, si vengono ad avere patologie simil-cerebellari, poiché esso non riceve tutte e 3 le afferenze necessarie che vengono organizzate per garantire la deambulazione (fibre sensitive propriocettive coscienti, informazioni dai canalicoli semicircolari dell’orecchio interno e vista). In particolare, se il deficit interessa la stazione eretta è detto distasia, disbasia nel caso di un deficit nella deambulazione. La mancata coordinazione di entrambi provoca, invece, atassia (cerebellare se non funziona il cervelletto; sensitiva se non funzionano i codoni posteriori: può essere dovuta a una mielite, a una sclerosi multipla o ad un deficit di vitamina B12). Un’atassia sensitiva è l’atassia di Friedrich, che è una malattia autosomica recessiva dovuta ad una tripletta GAA patologica, che provoca un 52 deficit di frataxina (proteina mitocondriale). Il segno di Romberg è utile per una diagnosi differenziale tra atassia cerebellare o sensitiva: dapprima si chiede al paziente di mantenere la stazione eretta, se barcolla è cerebellare, mentre se barcolla meno è sensitiva; poi si chiede di chiudere gli occhi (si toglie la vista dalle 3 afferenze dei cordoni posteriori), con la cerebellare si barcolla poco rispetto alla sensitiva in cui c’è un maggiore disequilibrio nel mantenere la stazione eretta. L’atassico cerebellare non solo ha un Romberg negativo (perché non barcolla molto a occhi chiusi), ma ha anche una disartria, un movimento patologico degli occhi detto nistagmo. Lo shock spinale è una vera e propria lesione al midollo, che lascia vederne quasi totalmente una sezione trasversale; può essere causato da traumatismi, incidenti stradali ecc. Al di sotto della lesione vengono persi tutti i tipi di sensibilità (oltre alla perdita del controllo vasomotorio, la cute sarà pallida e fredda) e viene perso anche il controllo motorio (tetraplegia se la lesione è alta, emiplegia se la lesione è bassa). Si tratta di una malattia double phase, poiché nella prima fase con segno di Babinski negativo causa paralisi flaccida, ipotonia, ipotrofia, areflessia, fascicolazioni e fibrillazioni, nella seconda fase anche paralisi spastica (come nelle lesioni del primo neurone di moto) e iperreflessia con Babinski positivo. In quest’ultima fase, si ha, quindi, un fenomeno di liberazione dove si ha un’esaltazione dei riflessi a causa di un deficit nel primo motoneurone e non si ha né la modulazione né l’inibizione di alcuni riflessi. La sindrome di Brown-Sèquar è la patologia di un emimidollo a livello cervicale, dove le radici entrano nel midollo o escono, se sono motrici a livello del plesso brachiale. A seguito di questo tipo di danneggiamento, si avrà una perdita di tutta la sensibilità e della motricità dell’arto superiore, perché vengono interessati i secondi motoneuroni che vanno ad innervare i muscoli dell’arto superiore (a livello dell’arto superiore si avrà quindi una paralisi flaccida). Inoltre, viene colpito il nucleo di Clarke, che comprende la sensibilità propriocettiva incosciente dorsale, che viene quindi persa. Le spinal border cells trasportano la propriocezione incosciente controlaterale, ma incrociano due volte (a livello del midollo spinale e a livello mesencefalico), quindi daranno sia un contributo all’atassia omolaterale che controlaterale. Si avrà anche la perdita della sensibilità propriocettiva cosciente e la sensibilità tattile epicritica trasportate dal fascio gracile e 53 dal fascio cuneato del cordone posteriore omolaterale all’emimidollo lesionato. Dato che il secondo neurone della sensibilità dolorifica incrocia con direzione obliqua, in questo caso non si perde la parte controlaterale alla lesione, ma solo la nocicezione delle parti inferiori del corpo (perché i secondi neuroni della sensibilità dolorifica dei due metameri inferiori non incroceranno subito, ma andranno a incrociare a livello dell’emimidollo lesionato). Sostanzialmente si ha una perdita della sensibilità omolaterale che arriva a livello della lesione, mentre la perdita del dolore controlaterale si ha dai 2-3 metameri più in basso. NB: Il centro semiovale è la sostanza bianca che comprende anche la corona radiata (rappresentata dal fascio corticospinale). Se quest’ultima viene tagliata, verranno interessate tutte le fibre del fascio corticospinale e si avrà un’emiplegia controlaterale alla lesione; se invece c’è un danno a livello della corteccia cerebrale, viene interessato un numero minore di fibre dello stesso fascio. La sindrome di Bernard-Horner consiste in una leggera ptosi palpebrale (non funziona il tarsale di Muller), miosi fissa e anidrosi. I neuroni pre-gangliari simpatici (T1-L2) vengono controllati dall’ipotalamo, da cui scendono dei fasci che vanno a controllare le funzioni vegetative del corpo. In caso di lesione dell’emimidollo vengono interessati questi fasci toracici e cervicali pre-gangliari, che sarebbero andati a sinaptare nei gangli cervicali simpatici. Quindi, i gangli cervicali simpatici sono funzionanti (non si tratta di una Bernard- Horner periferica) come anche le fibre post-gangliari. Ciò che non funziona è il controllo superiore ipotalamico sui neuroni pre-gangliari simpatici e dunque, non si ha il controllo della sudorazione, della miosi/midriasi e della rima palpebrale. 54 ANATOMIA UMANA II (PROF BARNI) MACROARGOMENTO: TRONCO ENCEFALICO, SONNO, IPOTALAMO E NEUROIPOFISI ANNA ACCORINTI ALESSIA PROGANÒ Gerarchia di modulazione del sistema nervoso e teorie evolutive sul suo sviluppo La diapositiva a lato riporta una schematizzazione della “gerarchia di modulazione” presente all’interno del sistema nervoso. Procedendo dal basso verso l’alto, vi è il susseguirsi di strutture sempre più complesse, per cui le strutture superiori hanno il compito di modulare quelle inferiori. All’interno della corteccia avviene l’integrazione dei livelli più inferiori (ipotalamo e tronco encefalico) e, avendo la corteccia un’organizzazione di base più complessa, i nostri gradi di libertà - che aumentano salendo in questa scala gerarchica - sono qui massimizzati, e i nostri stili cognitivi sono i più sofisticati. Il cervello tripartito: la teoria di MacLean Secondo la teoria del medico e neuroscienziato statunitense Paul Donald MacLean - già precedentemente formulata da Edinger - il cervello umano si è evoluto, nel corso di milioni di anni, in 3 fasi: cervello antico o rettile detto anche rettiliano, posizionato nel tronco dell’encefalo, e contenente i gangli della base, cervello intermedio o sistema limbico o paleocorteccia, detto anche cervello mammifero, cervello dell’homo Sapiens o neocorteccia, detto anche cervello nuovo. Ciascuno di essi rappresenta un momento evolutivo ben preciso della storia umana; i primi due li abbiamo ereditati dal percorso filogenetico che ha portato all’uomo di oggi, il terzo si è sviluppato nel corso della storia dell’uomo. È quasi come se, nell’ambito dei comportamenti animali, nel corso del tempo si fosse verificato un progresso dovuto ad una stratificazione. Questa proposta, però, si basava su un’idea evolutiva lineare - attualmente riconosciuta come errata - secondo la quale il cervello di un animale si stratifica divenendo gradualmente più complesso (es. matrioske), per cui l’evoluzione lavorerebbe sempre a favore del progresso, concetto che non collima né con le attuali conoscenze sull’organizzazione morfo-funzionale dei cervelli dei vari animali, né con le più recenti concezioni delle dinamiche evolutive. Oggi è noto che l’evoluzione è “a cespuglio”, per cui non c’è un reale target di perfezione da raggiungere. Es. una ranocchia, non riconosce che gli oggetti in volo, che mangia, sono gli stessi che ha fra le zampe e che, quindi, per il fatto di essere immobili, non è spinta a mangiare. Ciò però non vuol dire che abbia un atteggiamento cognitivo sbagliato: la nicchia ecologica della ranocchia (lo stagno, ad 55 esempio) prevede centinaia di migliaia di oggetti in volo, e occupare spazi e circuiti nel cervello per appurare se la zanzara in volo è la stessa di quella che è ferma tra le sue zampe, è inutile. L’interrogativo posto dai filosofi Giorgio Vallortigara e Felice Cimatti - “Quanto dev’essere complesso un cervello per risolvere situazioni complesse?” - non ha ancora trovato risposta. Non è utile fare un paragone tra sviluppi cognitivi e nicchie diverse: gli animali che non si sono estinti sono la prova che la complessità dei loro cervelli, maggiore o minore che sia, derivata dall’adattamento all’ ambiente in cui vivono, è sufficiente per le loro nicchie. Quindi l’evoluzione non ha nessun fine, non seleziona né la complessità né il progresso, bensì il cambiamento: l’end-point sono la sopravvivenza e la riproduzione. In un articolo divulgativo di Vallortigara, egli parla della teoria di MacLean, definendola errata tramite le sue argomentazioni. Per esempio, si parla della scoperta che un cervello semplice, come quello degli insetti, è in grado di comportarsi in modo complesso, dal momento che riconosce un suo simile tramite la faccia (comportamento che finora ascrivevamo solo a Homo Sapiens); o ancora, che il cervello degli uccelli, privo di neocorteccia in quanto non sono mammiferi, presenta strutture capaci di imitare/mimare la complessità di una corteccia, definite “neocortecce in fìeri” (in via di formazione). In un altro articolo si parla addirittura di una coscienza da ascrivere e correlare a strutture che, anche se non possiedono la complessità della neocorteccia, ne preannunciano la complessità. Questa premessa allo studio del tronco encefalico prende le mosse dal fatto che esso, insieme ai gangli della base, è considerato facente parte di quella struttura “rettiliana”, concetto da non considerare però come verità assoluta, in quanto fa parte di una teoria da rivedere, correggere e analizzare con spirito critico, seguendo i continui aggiornamenti delle dinamiche evolutive e delle nuove conoscenze sul comportamento umano, non umano e sui contributi dell’intelligenza artificiale. Come approccio metodologico, è importante capire quali siano o possano esserne i substrati fisici (in questo caso il cervello) – anche di animali non primati con cervelli “meno complessi” - o le reti artificiali che possono mimare, agire, permettere quei comportamenti complessi che si pensavano essere prerogativa esclusiva dell’Homo Sapiens. Il tronco encefalico Il tronco encefalico si presenta come una struttura assile del SNC e, insieme al cervelletto, è situato nella fossa endocranica posteriore, al di sotto del tentorio del cervelletto, ovvero quello sdoppiamento della dura madre che si va a inserire anteriormente sui processi clinoidei anteriori e posteriori dello sfenoide. In questa sezione, possiamo osservare lo sviluppo in senso caudo-craniale del tronco dell’encefalo: -bulbo o midollo allungato (freccia rossa), che presenta come limite caudale il punto in cui originano i primi nervi cervicali spinali; -ponte (freccia nera); -mesencefalo (freccia rosa), che si continuerà cranialmente nel diencefalo; quest’ultimo ha, a sua volta, come limite craniale il forame del Pacchioni, e dunque la continuazione anteriore del tentorio del cervelletto. 56 Il mesencefalo è il “cervello di mezzo” e connette il diencefalo all’encefalo posteriore, mentre la porzione subito al di sotto è il rombencefalo, suddiviso in metencefalo (ponte e cervelletto) e midollo allungato (bulbo). Frattura dell’impiccato. Il dente dell’epistrofeo (freccia viola), situato in corrispondenza della parte bassa del bulbo, se fratturato può portarsi posteriormente, determinando la distruzione dei centri cardiorespiratori e, dunque, la morte. Parte ventrale del tronco dell’encefalo. La parte anteriore del tronco dell’encefalo prende il nome di base o piede ed è caratterizzata dal passaggio dei fasci di fibre che scendono o ascendono, e da pochi nuclei. La superficie ventrale del mesencefalo presenta due voluminosi peduncoli cerebrali che delimitano la fossa inter-peduncolare. La massa principale del ponte è costituita da fibre a decorso trasversale che determinano la comparsa di numerosi solchi superficiali. A livello del bulbo, lungo la fessura mediana anteriore è presente anche la decussazione delle piramidi; lateralmente a ciascuna piramide è presente l’oliva bulbare e posteriormente ad essa il peduncolo cerebellare inferiore. Parte dorsale del tronco dell’encefalo. La parte posteriore del tronco dell’encefalo è la calotta o tegmento e presenta nuclei in maggior numero rispetto alla base, ed essi determinano dei rigonfiamenti. La parte dorsale del tronco encefalico ospita, inoltre, una struttura importante, quella dei plessi corioidei, situati all’interno del terzo ventricolo (freccia blu) e del quarto ventricolo (freccia arancione), i quali sono adibiti alla produzione del liquido cefalorachidiano (detto anche liquor). In particolare: la parte dorsale del mesencefalo (freccia bianca) è bagnata dal liquido che circola nell’acquedotto di Silvio (il quale separa un’ulteriore struttura, il tetto del mesencefalo, dalla restante parte del mesencefalo stesso); la parte dorsale del ponte e del bulbo sono bagnate dal liquido che circola nel quarto ventricolo. Questo “canale” (freccia gialla) si continua caudalmente con un’apertura (freccia azzurra) che permette al liquor di circolare fino agli spazi subaracnoidei e, attraverso i due forami di Luschka e il forame impari di Magendie, di entrare anche nel canale centrale ependimale del midollo spinale. 57 Da una visione traversale del tronco dell’encefalo, si nota che esso presenta alcuni solchi: solco mediano anteriore, solco posteriore, solco anterolaterale e solco posterolaterale. Il quarto ventricolo. Il quarto ventricolo è dotato di un tetto e di un pavimento. Il tetto, detto anche fastigium, è costituito dall’incontro dei peduncoli cerebellari superiori e inferiori, e assume la forma di un angolo aperto in avanti. Il pavimento è rappresentato dalla parte dorsale del ponte e del bulbo, ed è caratterizzato da varie protuberanze dovute ad aggregazioni di neuroni e nuclei che, dalla parte del tegmento o calotta del ponte o del bulbo, proiettano verso il quarto ventricolo. La morfologia del pavimento del quarto ventricolo è a mo’ di losanga (immagine a sinistra), formata da due triangoli con una base comune. I sottili fili che delimitano trasversalmente la parte centrale sono le strie acustiche (o midollari), e possono essere considerate come la base comune dei due triangoli: triangolo superiore (o pontino) e triangolo inferiore (o bulbare). L’angolo inferiore posteriore del triangolo bulbare prende il nome di obex. In questa sorta di losanga è presente un solco mediano (immagine a destra), ai lati del quale si trova una struttura cilindriforme, l’eminenza mediana. Le eminenze mediane sono delimitate medialmente dal solco mediano, mentre il limite laterale è rappresentato dal solco laterale. Osserviamo, a livello della parte bulbare del pavimento del quarto ventricolo: -ala bianca esterna (nuclei vestibolari); -ala bianca interna (trigono o rilievo dell’ipoglosso); -ala grigia o cinerea (trigono o rilievo del vago), con alcune protuberanze dovute ad aggregati nucleari. A livello del confine bulbo-pontino vi sono i nuclei vestibolari e cocleari, che servono come recettori per le vie acustiche. È visibile l’area postrema (bulbo), ovvero una di quelle aree in cui la barriera ematoencefalica non è presente, e a questo livello, i neuroni sono specializzati nel rilevare le sostanze tossiche che possono essere presenti nel circolo. Es. Il meccanismo del vomito può essere indotto da varie cause, anche psichiche, emotive e oncologiche. In particolare, se è presente una sostanza tossica in circolo, essa raggiunge l’apparato dell’area postrema, andando a stimolare direttamente il centro del vomito. Ciò indurrà quell’insieme 58 di comportamenti, come ad esempio le contrazioni muscolari, che porteranno allo svuotamento dello stomaco. Si tratta di un meccanismo importante in quanto anche alcuni farmaci (per esempio nella chemioterapia), attraverso quest’apertura nella barriera ematoencefalica, possono indurre il vomito. Analizzando gli imaging cerebrali (immagine accanto), è necessario saper distinguere strutture quali: -il corpo calloso (freccia verde), formato, procedendo dall’avanti al dietro, dal rostro, dal ginocchio, dal corpo e dallo splenio; -il setto pellucido (freccia arancione); -il fornice (freccia blu); -il talamo (freccia viola); -il clivus (freccia rossa), ovvero l’articolazione tra osso occipitale e sfenoide, sul quale poggia la parte ventrale/anteriore del ponte. -l’acquedotto di Silvio; -tetto e pavimento del quarto ventricolo; -una struttura caratteristica e distintiva (freccia bianca) del tetto del mesencefalo (parte alta del tronco encefalico), è costituita dai tubercoli quadrigemini o lamina quadrigemina, con i collicoli superiori (ottici) e i collicoli inferiori (acustici). Da una visione postero-laterale del tronco dell’encefalo, si può apprezzare l’emergenza, al di sotto dei collicoli, del IV nervo, unico nervo mesencefalico che, già crociato, origina posteriormente. In senso cranio-caudale si osservano alcune strutture diencefaliche. -L’epifisi (freccia nera) insieme alla stria midollare, all’abenula e alla commessura posteriore, forma l’epitalamo. -La parte posteriore del talamo (possiamo vedere i due talami, frecce rosse), ospita un importante nucleo chiamato pulvinar (alcuni testi lo fanno coincidere con la parte posteriore stessa del talamo). -Le due prominenze dei corpi genicolati laterale e mediale (freccia gialla e freccia bianca), fanno parte del meta-talamo; il ganglio genicolato laterale ospita la prima sinapsi della via visiva e, alla sua sinistra, si può apprezzare una sottile struttura che rappresenta il “braccio” che lo collega al collicolo superiore (vie ottiche). Il corpo genicolato mediale è connesso similmente al collicolo inferiore (vie acustiche). -Al lato e al di sotto dei collicoli, vi è il peduncolo cerebrale (al di sotto della freccia bianca). -Il pavimento del quarto ventricolo (freccia verde) è visibile grazie alla sezione dei peduncoli cerebellari e alla rimozione del cervelletto. -Caudalmente vi è il solco posteriore del midollo spinale che arriva cranialmente anche a livello bulbare. 59

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