Atelier: "Pianificare il territorio" - Geologia e Idrogeologia nella pianificazione PDF - A.A. 2023-2024

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Politecnico di Torino

2024

Glenda Taddia

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geological planning hydrogeology territorial planning engineering

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This document is a schedule, program and syllabus for the module "Geologia e Idrogeologia nella pianificazione" (Geology and Hydrogeology in Planning) part of the Atelier: "Pianificare il territorio" at the Politecnico di Torino. It details the course content, calendar, exam format, and faculty.

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Atelier: «Pianificare il territorio» Modulo: Geologia e Idrogeologia nella pianificazione Glenda TADDIA Ufficio +39 011 0907702 E-mail: [email protected] A.A. 2023-2024 Aula 7VM ma...

Atelier: «Pianificare il territorio» Modulo: Geologia e Idrogeologia nella pianificazione Glenda TADDIA Ufficio +39 011 0907702 E-mail: [email protected] A.A. 2023-2024 Aula 7VM martedì 8:30-11:30 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Tre componenti 1. Pianificazione di area vasta (Prof. Staricco) 8 CFU 2. Analisi del paesaggio (Prof.ssa Salizzoni ) 6 CFU 3. Geologia e Idrogeologia nella pianificazione(Prof.ssa Taddia) 4 CFU TOT: 18 CFU 2 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Calendario (indicativo) Lun 10-13 (7V) Mar 8.30-11.30 (7VM) Mar 11.30-14.30 (7VM) Gio 8.30-13.00 Marzo 04-mar 05-mar 05-mar 07-mar Salizzoni 11-mar 12-mar 12-mar 14-mar Staricco 18-mar 19-mar 19-mar 21-mar Taddia 25-mar 26-mar 26-mar 28-mar Aprile 01-apr 02-apr 02-apr 04-apr Escursione 08-apr 09-apr 09-apr 11-apr Revisioni congiunte 15-apr 16-apr 16-apr 18-apr Vacanze pasquali 22-apr 23-apr 23-apr 25-apr Maggio 29-apr 30-apr 30-apr 02-mag 06-mag 07-mag 07-mag 09-mag 13-mag 14-mag 14-mag 16-mag 20-mag 21-mag 21-mag 23-mag 27-mag 28-mag 28-mag 30-mag Giugno 03-giu 04-giu 04-giu 06-giu 10-giu 11-giu 11-giu 13-giu 3 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Modalità d’esame:  Il voto finale sarà la media dei voti delle tre componenti.  Per ognuno delle tre componenti, il voto sarà la media pesata dei risultati delle due prove: scritto e orale.  Le due prove scritto e orale possono tenersi in sessioni differenti.  La prova scritta individuale sarà articolata nelle tre diverse componenti (peso: 30/50%)  La durata dell’esame scritto dei 3 moduli sarà di 1 ora e mezza totale. 4 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Modalità d’esame:  Nel caso non si ottenga la sufficienza su una o due delle tre parti della prova scritta, si dovrà risostenere tali parti insufficienti nelle successive sessioni di esame.  L’esame orale verterà sulla presentazione dell’elaborato prodotto con esposizione delle cartografie, tutti i componenti del gruppo dovranno avere padronanza del lavoro completo nella sua totalità (peso: 50/70%). Durata della prova scritta:  3 componenti: 90 minuti  2 componenti: 70 minuti  1 componente: 45 minuti 5 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Ambito territoriale di studio: Zona 5 Pinerolese 6 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Ambito territoriale di studio: Zona 5 Pinerolese A – Val Chisone / Val Germanasca B – Pianura Nord C – Val Pellice 7 D – Pianura Sud Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Definizione dei gruppi Gruppi di 4 persone Inserire composizione nel file Excel condiviso su Google Drive: https://docs.google.com/spreadsheets/d/1av1jSVvZmcrnZ2coXjDLiaBm1Sy9GTn1O5XP e1mKr5w/edit?usp=sharing Inserire per ogni gruppo: - nome e cognome dei 4 componenti; - preferenze per l’area su cui lavorare (in ordine: prima scelta, seconda scelta, terza scelta). 8 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione LA COMPONENTE GEOLOGIA E IDROGEOLOGIA NELLA PIANIFICAZIONE 9 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione FENOMENI IDROGEOLOGICI: 1. FENOMENI GRAVITATIVI/FRANE - Nomenclatura e classificazione - interventi di mitigazione e opere di stabilizzazione - accessibilità e recupero dati cartografici - revisione delle mappe 2. FENOMENI DI DINAMICA FLUVIALE E TORRENTIZIA - Concetti generali - opere di difesa idraulica Programma - accessibilità e recupero dati cartografici della - revisione delle mappe componente 3. FENOMENI DI IDROGEOLOGIA SOTTERRANEA: SORGENTI E POZZI geologia e - Circolazione idrica sotterranea idrogeologia: - protezione delle risorse idriche sotterranee - accessibilità e recupero dati cartografici - revisione delle mappe 4. FENOMENI VALANGHIVI - Nomenclatura e classificazione - interventi di mitigazione - accessibilità e recupero dati cartografici 10 - revisione delle mappe Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Elaborati cartografici componente geologia e idrogeologia: 2 Tavole in formato A0, con frontalino omogeneo per tutte le cartografie che comprende nomi degli autori, titolo della mappa, scala di rappresentazione. 1. FENOMENI GRAVITATIVI E AREE DI DISSESTO: aree interessate da potenziali dissesti gravitativi e classificazione tipologica del fenomeno. 2. CARTA IDROGEOLOGICA SCHEMATICA E RAPPRESENTAZIONE DELLA VULNERABILITA’: individuazione delle principali tematiche idrogeologiche superficiali e sotterranee con particolare attenzione all’urbanizzato. 11 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Cartografia di inizio Componenti Paesaggio, Territorio e Idrogeologia integrate Tavole in formato A0 e scala 1:25.000 1. Schematizzazione territoriale sintetica delle sinergie, integrazioni e conflittualità tra le tre componenti Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Revisione Cartografica:  Al termine di ogni capitolo effettueremo 1 lezione (3 ore) di introduzione alla revisione cartografica a tema.  Al termine del programma teorico le restanti lezioni saranno dedicate alla revisione cartografica della componente geologica.  In data 02 Maggio sarà dedicata una lezione di revisione cartografica collettiva di interdisciplinarietà delle tre componenti del corso definendo le sinergie e i conflitti. 13 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Modalità d’esame della Componente Geologia e Idrogeologia: L’esame scritto contiene 10 domande a risposta chiusa e 2 domande a risposta aperta: Valore della risposta corretta: + 1 punti PROVA SCRITTA Valore della risposta sbagliata: - 0,5 punti Valore della risposta bianca: 0 punti Valore delle risposte aperte: MAX 10 punti ciascuna L’esame orale consisterà in una esposizione dei singoli elementi del Gruppo PROVA ORALE sull’elaborato cartografico prodotto prestando particolare attenzione all’interazione delle tre componenti del corso e descrizione di situazioni di particolare interesse riscontrate durante la produzione dell’elaborato. La relazione tecnico-scientifica prodotta con le carte tematiche relative PRODUZIONE DELL’ELABORATO CARTOGRAFICO verranno prese in considerazione dai docenti delle tre componenti e saranno E RELAZIONE TECNICO-SCIENTIFICA parte integrante della votazione complessiva dell’esame. Le relazioni saranno consegnate in cartaceo una settimana prima della data dell’esame che si intende sostenere. 14 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Uscita Didattica – GEOLOGIA E IDROGEOLOGIA NELLA PIANIFICAZIONE: Zona 5 Pinerolese Individuazione dei principali fenomeni idrogeologici che interessano l’urbanizzato e la viabilità: - Fenomeni gravitativi (stato di attività) - Fenomeni idrogeologici - Fenomeni valanghivi 15 Geologia e Idrogeologia nella Pianificazione Corpo Docente della componente geologia e idrogeologica Prof. Glenda TADDIA Dipartimento di Ingegneria dell'Ambiente, del Territorio, e delle Infrastrutture (DIATI ingresso 3) – C.so Duca degli Abruzzi, 24 Torino – 1° Piano Tel. +39 011 090 7702 E-mail: [email protected] PhD Martina GIZZI Dipartimento di Ingegneria dell'Ambiente, del Territorio, e delle Infrastrutture (DIATI ingresso 3) – C.so Duca degli Abruzzi, 24 Torino – 1° Piano E-mail: [email protected] Dr.ssa Roberta NARCISI Dipartimento di Ingegneria dell'Ambiente, del Territorio, e delle Infrastrutture (DIATI ingresso 3) – C.so Duca degli Abruzzi, 24 Torino – 1° Piano E-mail: [email protected] Atelier: «Pianificare il territorio» Modulo: Geologia e Idrogeologia nella pianificazione Glenda TADDIA Ufficio +39 011 0907702 E-mail: [email protected] A.A. 2023-2024 Aula 7VM martedì 8:30-11:30 IL PAESAGGIO GEOLOGICO I fenomeni geologici e geomorfologici costituiscono quasi sempre una delle principali componenti del paesaggio e in molti casi hanno una rilevanza superiore alle componenti biologiche. Dolomiti - Trentino Etna - Sicilia Atri - Abruzzo Delta del Po 2 IL PAESAGGIO GEOLOGICO Per PIANIFICARE il corretto uso o la salvaguardia di questi beni ambientali, è opportuno che non solo gli addetti ai lavori, ma anche le persone curiose o colte, sappiano individuare il processo di formazione di questi fenomeni, le loro tendenze evolutive, le loro potenzialità e vulnerabilità. Il paesaggio geologico di una regione va considerato, al pari ad esempio di quello vegetazionale, come una risorsa da gestire e da fruire. L’osservazione delle componenti geomorfologiche comporta una serie di valutazioni, o una gamma di interessi che i diversi fruitori intendono soddisfare, che possono andare dall’interesse scientifico fino al puro godimento estetico. 3 IL PAESAGGIO GEOLOGICO Il paesaggio geologico ovviamente è spesso soggetto a pericoli. Gli effetti dei pericoli geologici sono le manifestazioni di alcuni processi geologici esogeni ed endogeni. PROCESSI ESOGENI: sono tutti quei fenomeni esterni che modellano il paesaggio: - Le precipitazioni atmosferiche - I venti - I corsi d’acqua - I ghiacciai - Il mare PROCESSI ENDOGENI: sono tutti quei fenomeni che si originano internamente alla terra e che modellano il paesaggio: - Vulcani - Terremoti 4 IL PAESAGGIO GEOLOGICO Siamo abituati a considerare immutabile il paesaggio geologico, ma in alcune situazioni, quali sono quelle connesse appunto ai pericoli geologici, ci accorgiamo che esso è dotato di elevata dinamicità di trasformazione o se vogliamo di distruzione se i fenomeni sono visti sotto l’ottica dell’insediamento umano. L’UOMO COME AGENTE GEOLOGICO L’uomo specialmente quello attuale, attraverso la tecnologia è diventato uno dei principali agenti della dinamica esterna del pianeta: egli ha realizzato situazioni di erosione, trasporto e sedimentazione, ha determinato subsidenze accelerate, ha creato enormi rilievi (anche con lo scarico di rifiuti) o estese depressioni, ha modificato l’idrologia di corpi idrici, ecc…, di entità paragonabile a quelle esercitate dagli agenti esogeni naturali. 5 IL PAESAGGIO GEOLOGICO - Sfruttamento delle risorse geologiche: cave, miniere, estrazione di fluidi dal sottosuolo con relativi abbassamenti del suolo. - L’urbanizzazione: con conseguenti riporti di materiale o scavi. - Le opere di difesa del suolo e quelle idrauliche: con conseguenti variazioni del processo erosione/sedimentazione. - L’industrializzazione: con la creazione di discariche di rifiuti solidi industriali 6 IL PAESAGGIO GEOLOGICO Il ruolo del tecnico esperto - Dato per assodato che nel paesaggio insistono aree più o meno «sensibili» dal punto di vista geologico e geomorfologico, occorre imparare a sensibilizzare il cittadino attraverso gli occhi dell’esperto. - Le opere di difesa del territorio sono complesse e costose e per fornire risultati positivi nel medio-lungo periodo devono basarsi su conoscenze multidisciplinari e interdisciplinari: non basta l’ingegnere con i suoi calcoli, spesso basati sul presupposto che il terreno sia omogeneo, isotropo; esso deve essere affiancato da pianificatori esperti dell’urbanizzato e del paesaggio, geologi, naturalisti, biologi ecc… per progettare ed eseguire interventi che tengano conto della biodiversità e della geodiversità, dei processi naturali in continua evoluzione. - La figura del pianificatore oggigiorno è una figura importantissima che funge da esperto e collante tra diverse discipline, deve saper leggere e interpretare carte tematiche di diversa origine per poter progettare ed eseguire opere e interventi atti alla salvaguardia dell’ambiente. 7 FENOMENI IDROGEOLOGICI FENOMENI IDROGEOLOGICI: fenomeni il cui sviluppo è condizionato fondamentalmente dall’acqua, dalle caratteristiche delle rocce e dei terreni e dalle forme del rilievo terrestre e quindi, nell’insieme, dalla storia geologica di una determinata area. Si tratta, di processi naturali che implicano movimenti di volumi idrici (anche sotto forma di neve e ghiaccio) e spostamento di materiali solidi, spesso in miscele nelle quali le due componenti sono variamente rappresentate. 1. FENOMENI GRAVITATIVI/FRANE 2. FENOMENI DI DINAMICA FLUVIALE/ ALLUVIONALE 3. FENOMENI VALANGHIVI N.B. Il termine non risulta letteralmente corretto poiché nel lessico internazionale il termine “Idrogeologia” viene attribuito alla scienza che studia la distribuzione ed il movimento dell’acqua nel sottosuolo, con particolare riferimento alla ricerca ed utilizzazione delle risorse idriche sotterranee. 8 FENOMENI GRAVITATIVI Frana del Vajont – 9 ottobre 1963 9 FENOMENI GRAVITATIVI FENOMENO GRAVITIATIVI/FRANE: il termine definisce genericamente qualsiasi movimento di masse rocciose e/o di terreni, controllato dalla forza di gravità. A fenomeno completamente avvenuto, l'effetto macroscopico più immediato di una frana è evidenziato dalla presenza di una zona di svuotamento nella parte alta del settore interessato dal dissesto (zona di distacco o nicchia) e di una o più forme di accumulo al piede del versante (accumulo di frana). 10 FENOMENI GRAVITATIVI TERMINOLOGIA 11 FENOMENI GRAVITATIVI TERMINOLOGIA Nicchia di distacco: zona del versante da cui ha avuto origine il distacco, è definita da una superficie generalmente molto ripida, con profilo arcuato che delimita a monte la zona di corona. Corpo di frana: porzione del pendio che è franato o sta per franare. Accumulo di frana: detriti rocciosi o di materiale sciolto che, dopo aver percorso un tragitto più o meno lungo, si sono arrestati ammucchiandosi alla base del versante. 12 FENOMENI GRAVITATIVI CAUSE PREDISPONENTI E SCATENANTI Cause preparatorie o predisponenti: fattori intrinsechi di instabilità legati, essenzialmente, alle caratteristiche dei materiali costituenti il pendio: Caratteristiche litologiche Caratteristiche strutturali Caratteristiche tessiturali Caratteristiche giaciturali Rocce massive - marmo 13 Giacitura rocce Rocce scistose – scisti bitumonosi FENOMENI GRAVITATIVI CAUSE PREDISPONENTI E SCATENANTI Cause scatenanti: agiscono su un pendio intrinsecamente “indebolito” e sono così definite perché innescano il movimento franoso: Intense precipitazioni Attività sismica Attività antropica Sovraccarichi di versante 14 Tagli alla base del versante Saturazione del terreno FENOMENI GRAVITATIVI FASI EVOLUTIVE Quasi tutti i fenomeni di instabilità dei versanti presentano modalità evolutive caratterizzate da più fasi tra le quali possono schematicamente essere distinte: 1. Una fase preparatoria più o meno prolungata e discontinua; 2. Una o più fasi pulsatorie di collasso; 3. Una fase di assestamento che può portare ad un equilibrio definitivo e temporaneo. Nel contesto delle attività di prevenzione la fase preparatoria riveste ovviamente la massima importanza oltre che per quanto riguarda il suo riconoscimento fin dai primi indizi, anche per porre in atto il più adeguato sistema di sorveglianza sull'evoluzione del fenomeno. La fase preparatoria si manifesta spesso attraverso una serie di indizi premonitori che, pur potendo da luogo a luogo apparire più o meno evidenti e significativi, consentono di riconoscere e delineare una certa zona di instabilità potenziale o quanto meno richiamano l'attenzione ai fini di più approfondite verifiche successive. 15 FENOMENI GRAVITATIVI STATO DI ATTIVITA’ DELLE FRANE Criteri per la definizione dello stato di attività di una frana ( Cruden &Varnes, 1996): ATTIVA: attualmente in movimento. SOSPESA: si è mossa entro l’ultimo ciclo stagionale ma non è attiva attualmente. RIATTIVATA: di nuovo attiva dopo essere stata inattiva. INATTIVA: si è mossa per l’ultima volta prima dell’ultimo ciclo stagionale. 16 FENOMENI GRAVITATIVI STATO DI ATTIVITA’ DELLE FRANE Le frane INATTIVE si possono dividere ulteriormente in: QUIESCENTE: frana inattiva che può essere riattivata dalle sue cause originarie. NATURALMENTE STABILIZZATA: frana inattiva che è stata protetta dalle sue cause originarie senza interventi antropici. ARTIFICIALMENTE STABILIZZATA: frana inattiva che è stata protetta dalle sue cause originarie da apposite misure di stabilizzazione RELITTA (PALEOFRANA): frana inattiva che si è sviluppata in condizioni geomorfologiche o climatiche considerevolmente diverse da quelle attuali. 17 FENOMENI GRAVITATIVI STATO DI ATTIVITA’ DELLE FRANE – NUOVI CRITERI 2018 Nuovi Criteri per la definizione dello stato di attività di una frana ( Campobasso et al, 2018): ATTIVA: in evoluzione sotto l’azione dell’agente genetico principale per processi in atto o riattivabili, per lo stesso tipo di processo, nell’attuale ambiente morfoclimatico. RELITTA: non più in evoluzione sotto l’azione dell’agente genetico che le ha generate e non più riattivabili per lo stesso processo nel contesto geomorfologico e nelle condizioni morfoclimatiche attuali, a meno di modificazioni antropiche e di significativi eventi naturali. 18 FENOMENI GRAVITATIVI VELOCITA’ DEI FENOMENI GRAVITATIVI Scala di intensità delle frane basata sulla velocità e sul danno prodotto (da Cruden & Varnes, 1994, Australian Geomechanics Society, 2002). 19 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI La modalità di franamento dipendono dal tipo di materiali coinvolti, dalle quantità d'acqua in essi contenute e dalla geometria delle superfici su cui muovono. Varnes (1978) e Cruden & Varnes (1995) propongono una classificazione che si basa su: 1. tipologia di materiale coinvolto 2. meccanismo di movimento 20 Classificazione di Varnes (1978) FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  CROLLI: massa (blocchi di roccia, detrito o terra) in movimento per caduta libera staccatasi da un versante molto ripido o verticale. È un fenomeno da rapido a estremamente rapido. Generalmente il distacco avviene in corrispondenza di superfici di discontinuità molto inclinate e preesistenti, non sono rare comunque le superfici di neoformazione. Modello schematico di crollo di roccia Modello schematico di crollo di detrito Gli elementi distaccati quando raggiungono il piano campagna possono accumularsi nell’area d’impatto oppure subire ulteriori spostamenti per rotolamento e rimbalzo, 21 percorrendo in tal modo anche notevoli distanze. Fratture da detensionamento Nicchia di distacco Area di accumulo FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  Crollo di roccia- Sondrio Accumulo legato a un crollo di roccia - Sondrio  23 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  RIBALTAMENTI: il movimento ha luogo per l’esistenza di un momento ribaltante attorno ad un punto di rotazione posto al disotto del baricentro della massa interessata. Si sviluppano su versanti ripidi e il trasporto si ha nell’aria. Dopo il loro innesco, dall’accumulo di frana diventa impossibile riconoscere un crollo da un ribaltamento; questi ultimi processi possono riconoscersi solo durante la loro fase incipiente. Modello schematico di ribaltamento di roccia Sequenza ribaltamento di 24 roccia FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI Fenomeni di ribaltamento sono resi evidenti dalla presenza di inflessione dei blocchi. 25 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI FORME CARATTERIZZANTI AREE SOGGETTE A CROLLI E/O RIBALTAMENTI DIFFUSI : 1) Falda detritica  Modello schematico di una falda detritica generata per il susseguirsi di fenomeni di distacco, da un versante roccioso, di elementi lapidei eterometrici, con dimensioni variabili da millimetriche a plurimetriche. Il ripetersi di fenomeni di crollo ha generato una falda detritica ai piedi di una dorsale carbonatica intensamente fratturata e fessurata per tettonica, processi di termoclastismo e crioclastismo. Gran Sasso (TE).  26 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI FORME CARATTERIZZANTI AREE SOGGETTE A CROLLI E/O RIBALTAMENTI DIFFUSI : 2) Cono detritico : formato dall’accumulo di materiale di forma angolosa e di dimensioni molto variabili.  Cono detritico formatosi ai piedi di un canalone, che interessa una parte rocciosa costituita da litotipi carbonatici intensamente fratturati - Gran Sasso (TE). 27 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  SCORRIMENTI: il movimento ha luogo lungo una o più superfici di taglio. Si distinguono: 1. Scorrimenti traslativi: si ha uno scivolamento lungo una superficie planare preesistente al movimento franoso, quale una superficie di stratificazione o di frattura o di faglia o di scistosità ecc. Modelli schematici evolutivi di scorrimenti traslativi in depositi stratificati, disposti a franapoggio e contenenti interstrati poco coerenti, che favoriscono il movimento. Gli spostamenti avvengono lungo delle superfici planari, corrispondenti a dei piani di stratificazione.  28 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  Scorrimento traslativo – alluvione Piemonte 1994 Scorrimento traslativo di roccia 29 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI Modelli schematici di un versante interessato dalla progressiva evoluzione di uno scorrimento traslativo. La superficie planare di scorrimento, corrispondente ad un piano di stratificazione disposto a franapoggio. La figura a) mostra che il movimento è stato favorito dallo scalzamento al piede del versante prodotto dall’azione erosiva di un corso d’acqua. La figura c) evidenzia che lo stesso corso d’acqua, successivamente incide il corpo di frana accumulatosi ai piedi del versante figura b). 30 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI 2. Scorrimenti rotazionali: il movimento ha luogo lungo una o più superfici di taglio di neoformazione concave, e consiste nella rotazione di una massa rocciosa che si realizza attorno ad un punto posizionato al di sopra del baricentro della stessa massa.  Modello schematico di scorrimento rotazionale. Modello schematico tridimensionale di uno scorrimento rotazionale multiplo. 31 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  Scorrimento rotazionale- Cassano allo Jonio Scorrimento rotazionale  32 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  COLAMENTI: Si distingue inoltre fra: 1) Colamenti lenti : movimenti generalmente a bassa velocità, che coinvolgono terreni ad elevato contenuto argilloso e basso contenuto d’acqua (in versanti non molto ripidi). 2) Colamenti rapidi : movimenti a velocità generalmente elevata che interessano perlopiù terreni sciolti in presenza di un significativo contenuto d’acqua. 33 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI 1) Colamenti lenti : Si manifestano diffusamente in zone costituite da strati argillosi e sabbiosi o comunque da materiali detritici prevalentemente fini. L’innesco è nella maggioranza dei casi legato all’effetto della saturazione dei materiali da parte dell’acqua meteorica. I movimenti persistono anche sui settori a modestissima inclinazione. Le superfici di taglio hanno breve durata. Presentano forma piuttosto stretta e allungata e si allargano nella parte terminale dell’ accumulo. La forma è variabile in base al contenuto d’acqua. Modello schematico di un colamento lento. Spesso che fenomeni diversi confluiscono in un unico impluvio, formando un solo colamento, che può percorrere anche notevoli distanze. Si osserva la caratteristica forma a lobo 34 dell’accumulo di frana. FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI Panoramica di un versante interessato da molteplici colamenti lenti - Volterra Colamenti lenti - Castropignano Ben visibili sia la zona di nicchia che quella di accumulo. 35 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI 2) Colamenti rapidi : Le caratteristiche geomorfologiche delle colate rapide si differenziano notevolmente a seconda che prevalga il materiale di grandi dimensioni o che predomini la componente fine. Si sviluppano su versanti acclivi o mediamente acclivi in seguito a piogge brevi e intense e/o prolungate. In base alla granulometria si distinguono: Colate rapide di fango (mud flows) Colate rapide di detrito (debris flows) Modello schematico di colamento rapido  36 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI Debris flow un “rapido movimento in massa, controllato dalla gravità, di una miscela di solidi granulari, acqua e aria, che si pone in una posizione intermedia tra i processi di frana e di piena, con caratteristiche meccaniche ben distinte da tali processi” (Costa, 1984). Modello schematico di un debris flow  Morfologicamente le colate presentano: una o più zone di innesco (zone di nicchia) un settore mediano caratterizzato da una zona di trasporto stretta e allungata un settore di accumulo solitamente a forma di cono. 37 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  Colata rapida di detrito - Fenis Colate rapide di coalescenti - Malborghetto 38  Nicchia di distacco colata rapida di detrito FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  ESPANDIMENTI LATERALI: movimenti dove lo spostamento della massa rocciosa o di terreno coesivo avviene prevalentemente in senso orizzontale lungo fratture di trazione o di taglio. Si manifestano in particolari condizioni morfostrutturali in cui è presente una sovrapposizione fra materiali ad elevato contrasto di competenza che danno luogo a deformazioni differenziali. Le deformazioni avvengono anche su pendenze molto basse. Gli spandimenti laterali sono evidenziati dalla disarticolazione e suddivisione in blocchi della roccia sovrastante che subisce anche cedimenti. Non si riconosce né una superficie basale di scorrimento né una zona di deformazione plastica ben definita. Modello schematico di un espandimento laterale  39 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI Espansione laterale- località Rocca Tagliata - Bussi (AQ). Si osserva la profonda trincea che ha diviso la rupe, costituita da una successione calcareo- marnosa, poggiante su depositi plastici arenaceo- pelitici. Al fenomeno di espansione laterale sono associati altri movimenti franosi, tra i quali crolli di materiale detritico, 40 visibili nella parte sinistra dell’immagine. FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  FENOMENI COMPLESSI: il movimento risulta dalla combinazione di due o più tipologie di frana. 41 Frana complessa: si tratta di un crollo-scivolamento rotazionale evoluto in colata - Cortenova (LC) FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI Esistono anche altre tipologie di frane che Varnes non tratta in modo esplicito:  SPROFONDAMENTI: si verificano per il crollo della volta di una cavità sotterranea, antropica o naturale, che abbia risentimento a piano campagna. Si producono in superficie strutture tipiche chiamate camini di collasso - sinkhole. Esempi di sinkholes Sprofondamento - Grosseto 42 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  DGPV (Deformazione Gravitativa Profonda di Versante): movimento di massa molto complesso che si attua attraverso una deformazione perlopiù lenta e progressiva della massa rocciosa, senza che siano apprezzabili superfici di rottura continue dell’ammasso roccioso che porta al collasso di parti di questo. Strutture geomorfologiche tipiche di una DGPV (Agliardi F. et ali., 2001). 43 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI DGPV – Praly (TO) 44 FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI 45 DGPV – Sauze d’Oulx (TO) FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI 46 DGPV – Sauze d’Oulx (TO) FENOMENI GRAVITATIVI TIPOLOGIE DI FENOMENI GRAVITATIVI  DGPV - Comune di Bormio (SO). La presenza della DGPV è evidenziata dalla presenza di alcuni caratteristici elementi geomorfologici quali: la scarpata situata nella parte alta del versante rivolta verso valle (evidenziata con una linea tratteggiata); le numerose trincee (alcune delle quali sono evidenziate dalle frecce) e i vari fenomeni franosi posti nella parte bassa del versante. Struttura a graben della DGPV  Cima Vigna Soliva (BG). 47 Atelier: «Pianificare il territorio» Modulo: Geologia e Idrogeologia nella pianificazione Glenda TADDIA Ufficio +39 011 0907702 E-mail: [email protected] A.A. 2023-2024 Aula 7VM martedì 8:30-11:30 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII Nel caso in cui dai risultati dell’analisi di stabilità di un versante emerga che il pendio si trovi in una situazione di equilibrio limite o di potenziale non equilibrio, sorge la necessità di intervenire sul pendio stesso con opportune opere atte a migliorarne o a ripristinarne la stabilità. Gli interventi di stabilizzazione dei versanti sono quindi necessari sia nelle zone in cui il movimento franoso si è già verificato, sia nelle aree potenzialmente instabili. - modello fisico-evolutivo del dissesto reale o potenziale - relazione ai fattori predisponenti e scatenanti il dissesto stesso Nella progettazione di un’opera di stabilizzazione, occorre tener conto dell’eventuale presenza e dell’importanza di infrastrutture (civili, industriali, viarie….) nell’area in esaame al fine di dimensionare adeguatamente, in termini di tecniche prescelte, di tempi di realizzazione e di costi, il progetto di stabilizzazione. 2 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII Gli interventi di stabilizzazione possono essere così classificati: - Interventi sulla geometria del pendio; - Opere di sostegno; - Opere di drenaggio; - Trattamenti del terreno; - Interventi di rinforzo; - Interventi di destabilizzazione superficiale; - Opere di protezione passiva 3 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII INTERVENTI SULLA GEOMETRIA DEL PENDIO Per aumentare la stabilità di un versante incrementando il suo fattore di sicurezza, si può intervenire rimodellando il versante stesso: - Gli sbancamenti: sono opere di scavo eseguite a monte del pendio instabile al fine di diminuire le forze destabilizzanti alleggerendo la porzione di terreno potenzialmente instabile. - Le riprofilature consentono di diminuire la resistenza al taglio mobilitata riducendo la pendenza del versante con un’unica livelletta e con gradonature a terrazzo. In questo intervento le acque meteoriche vengono raccolte da un sistema di drenaggio superficiale costituito da canalette longitudinali poste alla base di ogni gradone che possano poi raccordarsi a canalette di scarico trasversali al pendio. 4 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII INTERVENTI SULLA GEOMETRIA DEL PENDIO Esempi di riprofilatura 5 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Le opere di sostegno hanno lo scopo di contrastare le spinte esercitate da un fronte di terreno instabile. Devono essere fondate su porzioni stabili del versante (per esempio a profondità maggiore delle superficie di scivolamento). È indispensabile che a tergo delle opere di sostegno e dei rilevati venga predisposto un efficace sistema di drenaggio tale da impedire l’insorgere di sovrapressioni al piede del versante. Le opere di sostegno possono essere: - Rigide - Flessibili - Deformabili 6 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Opere di sostegno rigide 1) Muri a gravità: sono strutture pesanti, resistenti che agiscono opponendosi con il proprio peso alle sollecitazioni a cui sono sottoposte 2) Muri a mensola: hanno una fondazione completamente interrata con vincolo di incastro alla struttura in elevazione 7 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Opere di sostegno rigide 8 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Opere di sostegno rigide 9 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Opere di sostegno flessibili 1) Le paratie: sono costituite da pali affiancati che possono essere infissi (cioè installati nel terreno senza asportazione di materiale) o trivellati (cioè con asportazione del terreno e successivo getto del conglomerato cementizio) 2) I diaframmi sono dei pannelli, lineari o a «T», in cemento armato, che vengono gettati nel terreno entro una trincea preventivamente scavata. Possono raggiungere lunghezze notevoli (oltre 20m) 3) I micropali sono pali di piccolo diametro (300 mm se trivellati e 150 mm se infissi) che contengono un elemento strutturale per trasferire i carichi e/o limitare le deformazioni. L’armatura può essere costituita da tubi o profilati in acciaio; il materiale di riempimento può essere costituito da miscela cementizia o betoncino. 10 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Micropali Paratie Diaframmi 11 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Opere di sostegno deformabili 1) Crib-walls: detti anche muri cellulari. Si tratta di muri speciali costituiti da una maglia rettangolare di elementi prefabbricati in calcestruzzo riempiti di materiale con granulometria tale da consentire lo sviluppo di vegetazione naturale o artificiale e il rinverdimento del paramento esterno. 2) Terra armata: si tratta di un rilevato in terra la cui capacità portante è aumentata grazie all’infissione di nastri in acciaio suborizzontali, vincolati, sulla superficie esterna del rilevato, a delle piastre prefabbricate, ottagonali o a croce grega di calcestruzzo tra loro affiancate. 3) Terra rinforzata: si tratta di un rilevato costituito da strati sovrapposti di terreno compattato, con spessori di 25-50 cm, intercalati a geotessile o a georeti. 12 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Crib-walls 13 Terra Armata FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Opere di sostegno deformabili 4) Muretti a secco: hanno altezza massima di 1m, con fondazioni profonde 0,5-0,8m e sono costituiti da blocchi di roccia decimetrici. Si prestano bene nella sistemazione di ghiaioni asciutti o di terreni con grande quantità di materiale grossolano di notevoli dimensioni che forniscono il materiale da costruzione. 5) Muretti di gabbioni: sono costituiti da una rete di filo di ferro zincato con maglie esagonali, riempita da pietrame. Si utilizzano dove non sono disponibili blocchi di roccia di dimensioni sufficienti per la realizzazione di muretti a secco. 6) Graticciate o viminate: sono costituite da paletti di legno, lunghi circa 1m, alti 10-25 cm, con diametri di 5-8 cm, infissi nel terreno con un’inclinazione di 45° e intrecciati con rami di salice. 7) Fascinate: sono formate da fascine di 25-50 cm di diametro, appoggiate a paletti infissi nel terreno e a questi fissate. Si utilizzano rami di salice o di pioppo. 8) Staccionate: simili alle fascinate, se ne distinguono per il fatto che le traverse sono costituite da tavole o tondame. 14 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Muretto a secco Muretti a gabbioni 15 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI SOSTEGNO Fascinate Viminate 16 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI DRENAGGIO Gli interventi di drenaggio sono sicuramente gli interventi che vengono maggiormente impiegati nella sistemazione dei versanti instabili: infatti dopo la gravità, l’acqua è il più importante fattore di instabilità di un pendio. Scopo: eliminare o ridurre la presenza di acqua nel terreno sia sulla superficie che a varia profondità, così da impedire l’aumento delle pressioni interstiziali. Le opere di drenaggio possono essere: - Superficiali - Profonde 17 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI DRENAGGIO Opere di drenaggio superficiali: hanno la funzione di intercettare le acque superficiali che altrimenti defluirebbero sul terreno provocando fenomeni di erosione. Evitano pertanto la degenerazione di un dissesto idrogeologico in una vera e propria frana. 1. Canalette superficiali: allontanano dall’area di frana tutte le acque superficiali, particolarmente quelle stagnanti entro depressioni create dal dissesto. Vengono messe lungo la linea di massima pendenza e utilizzate in corrispondenza dissesti idrogeologici legati a fenomeni di erosione accelerata e di frane di scivolamento e colamento entro terreni a bassa permeabilità. 2. Fossi di guardia: si tratta di uno scavo a «U» o trapezoidale rivestito in calcestruzzo e situato a monte della nicchia di distacco in modo da raccogliere le acque superficiali provenienti da monte. Le tipologie di frana alle quali tali opere si adattano sono analoghe a quanto visto per le canalette superficiali. 18 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI DRENAGGIO 3. Dreni intercettori: viene realizzata una trincea riempita da materiale drenante, a monte della nicchia di distacco e a valle del fosso di guardia, per intercettare le acque che si infiltrano nel terreno di copertura e abbassare la supperficie piezoemtrica. Si adattano a scivolamenti e colamenti di depositi superficiali caratterizzati da una permeabilità elevata. 4. Intasamento e sigillatura: si tratta di sigillare le fratture beanti formatesi a seguito di eventi franosi che si verificano in roccia (crolli, scivolamenti e ribaltamenti) in corrispondenza della nicchia. Tale sigillatura avviene attraverso iniezioni di argilla compatta, cemento o resine. 5. Protezione con teli: si tratta di teli in politene (impermeabili) che vengono stesi per proteggere dall’azione erosiva delle acque meteoriche aree prive di vegetazione soggetta a fenomeni di erosione. 19 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI DRENAGGIO Canalette superficiali Fossi di guardia Protezione con teli 20 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI DRENAGGIO Opere di drenaggio profonde: hanno la funzione di modificare il reticolo di filtrazione interno al versante instabile con abbassamento della superficie piezometrica. Per tale ragione la loro messa in posa necessita di una progettazione piuttosto sofisticata, dal momento che è necessario riconoscere le modalità di circolazione idrica sotterranea del pendio potenzialmente soggetto a franamento. 1. Tubi drenanti suborizzontali: rappresentano il sistema di drenaggio più semplice da realizzare ed il meno costoso. La messa in posto avviene tramite trivellazione a rotazione o a rotopercussione suborizzontali o leggermente inclinati verso l’alto. Entro i fori vengono successivamente inseriti tubi (generalmente in pvc) forati o fenestrati rivestiti con geotessili; le lunghezze che possono raggiungere sono dell’ordine di 50-60 m. 21 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI DRENAGGIO 2. Trincee drenanti: sono strutture allungate, con profondità massime dell’ordine di 5-6 m e larghezze di poco inferiori al metro, disposte parallelamente alla direzione di massima pendenza del versante. In questo modo si evita il rischio di riattivare con lo scavo un ulteriore movimento del pendio. L’azione drenante della trincea è svolta da un filtro in terreno naturale oppure da un geotessile. Il fondo è composto in calcestruzzo. Nel caso di trincea con geotessile, sulla base in calcestruzzo viene appoggiato un tubo in cemento ad elementi accostati oppure un tubo forato per la raccolta delle acque drenate. Queste opere si adattano a frane di scivolamento con superfici di scorrimento poco profonde in terreni sciolti ad elevata permeabilità. 22 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI DRENAGGIO 3. Pozzi drenanti: sono necessari laddove non si conosce con esattezza l’andamento dei livelli preferenziali di raccolta sotterranea delle acque oppure quando il livello da drenare è costituito dall’alternanza di orizzonti con marcata differenza di permeabilità. L’acqua viene raccolta mediante pompaggio per essere poi convogliata agli scarichi. 4. Gallerie drenanti: sono opere estremamente costose, da adottare per le frane di grandi dimensioni, in situazioni idrogeologiche che comportino la necessità di captare notevi afflussi idrici concentrati lungo le vie preferenziali (zona di faglia o di intensa fratturazione, contatti tra rocce e terreni di copertura). Le gallerie possono essere vuote oppure riempite con materiale drenante come le trincee. 23 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI DRENAGGIO Trincea drenante con geotessile Galleria drenante e rete di tubi suborizzontali 24 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII TRATTAMENTI DEL TERRENO Questi interventi hanno lo scopo di migliorare la resistenza al taglio del materiale, aumentandone la coesione e/o l’attrito. La loro applicazione richiede indagini molto approfondite e pertanto nella stabilizzazione di pendii soggetti a frane, avviene solo in casi particolari. I trattamenti di terreno possono essere: - Iniezioni di miscele consolidanti - Stabilizzazione chimica - Elettrosmosi ed elettrosilicatazione - congelamento 25 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII TRATTAMENTI DEL TERRENO Iniezione di miscele consolidanti: per la stabilizzazione di pendii naturali caratterizzati da rocce deboli e/o fessurate, zone di faglia e terreni privi di coesione, si può ricorrere a iniezioni di miscele consolidanti. Si tratta di iniettare, in corrispondenza dei fori di sondaggio, delle miscele che vanno a riempire le cavità presenti nelle rocce o nei terreni. Miscele stabili (acqua e cemento) caratterizzate da un basso contenuto di acqua; vengono additivate con fluidificanti; Sospensioni cementizie: acqua e cemento con elevati rapporti di acqua/cemento vengono rese stabili con aggiunta di minime percentuali di additivo colloidale (bentonite); Miscele chimiche: sono soluzioni che non prevedono la presenza di cemento e possono essere inorganiche, organiche o sintetiche. 26 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII TRATTAMENTI DEL TERRENO Le pressioni di iniezione variano a seconda delle caratteristiche del mezzo, dalla miscela di iniezione, del raggio di azione che si vuole raggiungere, dalla profondità e delle condizioni al contorno. Un metodo che consiste nell’iniezione di miscele cementizie ad altissima pressione è il Jet- grouting la cui peculiarità risiede nella capacità di disgregare il terreno, miscelandolo contemporaneamente con un fluido cementizio stabilizzante fino a formare una colonna di materiale avevte caratteristiche migliori rispetto a quelle del terreno originario. L’applicazione di questa tecnologia permette di evitare i problemi propri delle iniezioni cementizie tradizionali come la scarsa penetrabilità in terreni poco permeabili e quelli delle soluzioni chimiche che hanno invece limitata durabilità e alto potere inquinante. 27 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII TRATTAMENTI DEL TERRENO Stabilizzazione chimica: si tratta di un metodo utilizzabile per la sistemazione di pendii costituiti da argille a elevata plasticità. Questa tecnica permette di cambiare le caratteristiche di plasticità del terreno mediante scambio ionico realizzato per mezzo di soluzioni immesse nel terreno stesso. 28 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII INTERVENTI DI RINFORZO Comportano l’inserimento nel materiale da consolidare di elementi strutturali più resistenti e rigidi del terreno stesso. Essi determinano un miglioramento del comportamento del terreno in termini di resistenza e un miglioramento delle caratteristiche di deformabilità. Gli elementi strutturali da inserire nel materiale da consolidare sono: - Tiranti di ancoraggio; - Chiodi e bulloni 29 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII TRATTAMENTI DEL TERRENO Tiranti di ancoraggio: sono elementi strutturali operanti in trazione e capaci di trasmettere forze al materiale; vengono utilizzati per la stabilizzazione di versanti rocciosi soggetti a fenomeni di ribaltamento o di crollo. 30 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII TRATTAMENTI DEL TERRENO 31 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII TRATTAMENTI DEL TERRENO Chiodi e bulloni: vengono anch’essi utilizzati in ammassi rocciosi per stabilizzare, vincolando a porzioni di roccia intatta, blocchi di materiale isolati da fratture. I bulloni (diametro maggiore di 25 mm e lunghezze fino a 12 m) sono aste che vengono inserite in fori realizzati in precedenza, successivamente ancorate, nella parte terminale alla roccia sana e tensionate in prossimità dalla superficie esterna con una piastra e un dado. I chiodi sono ancoraggi costituiti da barre o tubi di acciaio integralmente connessi al terreno e operanti in un dominio di trazione e taglio. La connessione al terreno può essere ottenuta con cementazione mediante miscele cementizie o chimiche o con mezzi meccanici. 32 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII TRATTAMENTI DEL TERRENO Bullone ancorato e cementato Chiodo di ancoraggio 33 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII INTERVENTI DI STABILIZZAZIONE SUPERFICIALE La stabilizzazione di una parete rocciosa può avvenire tramite spritz beton o altri simili rivestendo la parete stessa con un sottile strato di cemento. Il cemento, mescolato con acqua e inerti, viene spruzzato in pressione sulla superficie rocciosa e penetra nelle fratture sigillandole. 34 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA Sono così definite perché si limitano a proteggere «passivamente» le infrastrutture adiacenti ai versanti instabili soggetti a fenomeni di crollo e/o ribaltamento, senza agire sulle cause responsabili del dissesto. Le opere più significative sono: - Reti paramassi; - Rilevati e valli paramassi; - Barriere paramassi; - Gallerie artificiali. 35 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA Reti Paramassi: sono costituiti da fili di acciaio zincato intrecciate in maglie poligonali; possono essere armate o rinforzate mediante funi di armatura. Tali opere aderiscono corticalmente ai versanti e sono a essi vincolate per mezzo di un sistema di ancoraggi meccanici. Rilevati e valli paramassi: sono terrapieni a sezione trapezoidale, costituiti da materiale grossolano, ubicati alla base dei versanti instabili. Possono avere uno sviluppo lineare notevole (circa fino a 700 m). Il sistema difensivo è completato da uno scavo sagomato (vallo) posto immediatamente a monte del terrapieno. Il vallo rallenta i blocchi rocciosi prima che questi raggiungano il rilevato. 36 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA Reti paramassi 37 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA Reti paramassi 38 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA 39 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA 40 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA Rilevati paramassi 41 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA Barriere Paramassi: sono strutture elastiche ad elevato assorbimento di energia dimensionate e ubicate in modo tale da arrestare i blocchi rocciosi. 42 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA Rilevati paramassi 43 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA 44 FENOMENI GRAVITATIVI OPERE DI STABILIZZAZIONE E SISTEMAZIONE DEI PENDII OPERE DI PROTEZIONE PASSIVA Gallerie artificiali: proteggono dai crolli rocciosi sia le strade sia le ferrovie. Si costruiscono in calcestruzzo e sul loro tetto si colloca uno strato di materiale granulare per attutire l’impatto dei blocchi ed evitare che rimbalzino. 45 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO DI SCHEDA DI RILEVAMENTO - PIEMONTE P.R.G.C. 46 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO DI LEGENDA -APAT 47 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO DI LEGENDA -APAT 48 FENOMENI GRAVITATIVI RISCHI GEOLOGICI Abbiamo visto come i fenomeni gravitativi possono costituire rischi geologici dal momento che sono in relazione, direttamente o indirettamente, con le attività umane.  Valutazione  Prevenzione  attenuazione Interazione tra il mezzo geologico e attività umane equilibrio Condizioni naturali Utilizzo del territorio 49 FENOMENI GRAVITATIVI RISCHI GEOLOGICI I danni associati ad un determinato processo geologico dipendono da: - velocità, entità ed estensione dello stesso; - La possibilità di prevenzione e previsione e il tempo di allertamento (alcuni fenomeni come i terremoti non possono essere previsti); - La possibilità di agire sul processo e di controllarlo o di proteggere gli eventi esposti ai suoi effetti. 50 FENOMENI GRAVITATIVI RISCHI GEOLOGICI Pericolo Fenomeno potenzialmente distruttivo (distacco di un blocco di roccia di un certo volume da una zona del versante). Pericolosità Probabilità che un fenomeno potenzialmente distruttivo di una certa intensità si verifichi in un periodo di tempo in una certa area. Esposizione Probabilità che un elemento (un bene, una struttura o una persona) sia esposto al rischio. Vulnerabilità Grado di perdita di un elemento a rischio a seguito dell’impatto, con valore da 0 (nessuna perdita) a 1 (perdita totale). E’ funzione delle caratteristiche dell’elemento a rischio e dell’intensità del fenomeno. Rischio Probabilità di avere un danno di una certa entità in un certo periodo di tempo. 51 FENOMENI GRAVITATIVI RISCHIO E PERICOLOSITA’ DA FRANA Conoscere i processi Conoscere quanti e che possono causare i quali danni si possono danni verificare - Innesco ed evoluzione - Interazione tra dei fenomeni l’ambiente naturale ed antropico RISCHIO Analisi di pericolosità Analisi di vulnerabilità ($$$/anno) 52 FENOMENI GRAVITATIVI RISCHIO E PERICOLOSITA’ DA FRANA Il rischio si valuta a partire dalla pericolosità corrispondente ad un determinato processo (causa) degli effetti dello stesso sugli elementi esposti al pericolo (conseguenze). Questi effetti sugli elementi esposti (edifici, infrastrutture, persone, beni, ecc…) possono essere espressi da diversi parametri: vulnerabilità, perdite, costi, esposizione, ecc…. Il rischio viene riferito, come la pericolosità, a un periodo di tempo dato, e si può valutare con metodo deterministico o probabilistico. R=PxVxC P è la probabilità del processo considerato V è la vulnerabilità degli elementi esposti all’azione del processo C è il costo o il valore degli stessi 53 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI Nel seguito si descrive la metodologia di carattere qualitativo proposta nell’ articolo “CRITERI GENERALI PER LA VALUTAZIONE DEI LIVELLI DI PERICOLOSITÀ E DI RISCHIO DA FRANA, CON INDICAZIONE DELLE NORMATIVE E DELLE TIPOLOGIE DI INTERVENTO DA ADOTTARE PER LA MITIGAZIONE DEL RISCHIO”. (Canuti, Casagli & Tarchiani) La valutazione del rischio è ottenuta attraverso delle matrici di rischio che permettono di incrociare i diversi elementi che concorrono alla determinazione di una data classe di rischio. 54 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI INTENSITA’ DESCRIZIONE I0 Nulla Non si ritengono possibili frane di entità apprezzabile I1 Lieve Sono presenti, o si possono presumibilmente verificare, solo frane di modesta entità I2 Media Sono presenti, o si possono presumibilmente verificare, solo frane di entità intermedia I3 Elevata Sono presenti, o si possono presumibilmente verificare, solo frane di maggiore entità 55 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI 56 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI 1) VALUTAZIONE PERICOLOSITA’ DEI FENOMENI FRANOSI Le informazioni necessarie per la zonizzazione del pericolo di frane riguardano lo stato di natura (cause ed effetti dell’instabilità). Per una valutazione probabilistica della pericolosità è necessario possedere informazioni dettagliate ed uniformemente distribuite sul territorio relative a: 1. ricorrenza temporale dei fenomeni franosi 2. cause (precipitazioni, sismi, erosione, azioni antropiche) Ad oggi sono solamente disponibili informazioni frammentarie e disomogenee, che non consentono una valutazione dettagliata a livello provinciale e regionale. Nel documento si propone quindi la VALUTAZIONE DI UN GRADO DI PERICOLOSITÀ RELATIVA senza prevedere in modo esplicito il tempo di ritorno dell’evento calamitoso. 57 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI L’individuazione delle aree a pericolosità più elevata si basa sulla valutazione dei seguenti parametri: presenza di fenomeni franosi attivi in s.l. (attivi, sospesi e riattivati) presenza dei fenomeni franosi inattivi in s.l. (quiescenti e stabilizzati) Sarà inoltre necessario identificare: presenza di indicatori geomorfologici rappresentanti indizi precursori di fenomeni di instabilità presenza di caratteri fisici del territorio rappresentanti fattori predisponenti di fenomeni di instabilità 58 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI L’individuazione delle aree a pericolosità più elevata si basa sulla valutazione dei parametri rappresentati nella ”Carta inventario dei fenomeni franosi - IFFI”. http://www.progettoiffi.isprambiente.it/cartanetiffi 59 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI Per la zonazione della pericolosità si può far riferimento al concetto di area o bacino di pericolosità. Bacino di pericolosità: area in cui sono riunite le condizioni che stanno alla base del meccanismo dell’instabilità. - Nel caso di fenomeni franosi o processi erosivi per il bacino di pericolosità è l’area di estensione del versante. - Nel caso invece di colata o flusso detritico il bacino di pericolosità può coincidere con il bacino in senso idrografico. Vengono distinte quattro tipi di classi di pericolosità : Ho o NULLA H1 o MODERATA H2 o ELEVATA H3 o ESTREMAMENTE ELEVATA 60 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI 61 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI 2) VALUTAZIONE INTENSITA’ DEI FENOMENI FRANOSI L’intensità dell’evento atteso dipende da: caratteristiche geometriche della frana caratteristiche meccaniche della frana ed è determinata a partire dall’analisi delle caratteristiche delle frane avvenute in passato. 62 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI Per una VALUTAZIONE SEMPLIFICATA DELL’INTENSITÀ vengono proposte quattro classi generali per la zonazione del territorio, correlate empiricamente alla tipologia di fenomeno franoso. 63 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI 3) VALUTAZIONE ELEMENTI A RISCHIO Le tipologie di elementi a rischio possono essere suddivise in prima approssimazione in 4 classi (E0, E1, E2 e E3). Nella classificazione degli elementi a rischio sono considerate anche le possibili sorgenti di rischio indotto quali impianti industriali o discariche che, in caso di coinvolgimento in un fenomeno franoso, possono costituire fonti di inquinamento. Nella tabella è riportata una classificazione dell’importanza dei diversi elementi a rischio in termini di "valore relativo" che tiene conto implicitamente non solo del valore intrinseco delle strutture e delle infrastrutture ma anche di criteri legati ad esigenze di protezione civile (es. presenza o meno di persone in forma stabile o occasionale), di attività produttive e di gerarchizzazione delle vie di comunicazione. 64 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI 3) VALUTAZIONE DANNO POTENZIALE Il danno potenziale esprime l’aliquota del valore dell’elemento a rischio che può venire compromessa in seguito al verificarsi del fenomeno franoso. Esso è indipendente dalla probabilità di occorrenza del fenomeno, ovvero dalla pericolosità. D=V*E Il danno potenziale (D) esprime l’entità dei danni dato il verificarsi di un fenomeno franoso ed è definito dal prodotto del valore degli elementi a rischio (E) per la loro vulnerabilità (V). 65 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI In un analisi preliminare del rischio a livello provinciale e regionale il danno potenziale può essere valutato con una metodologia semplificata che prescinde dalla precisa valutazione del valore degli elementi a rischio e della loro vulnerabilità. L’analisi si effettua considerando una classificazione schematica del territorio in zone omogenee di urbanizzazione ed utilizzo del suolo. Per ogni zona viene previsto il danno potenziale in base sia alla tipologia di elemento a rischio, compreso il relativo valore, che all’intensità dei fenomeni franosi, dando implicitamente una valutazione della vulnerabilità. La mappatura si ottiene attraverso il confronto della "carta mosaico degli strumenti urbanistici" con la "carta inventario dei fenomeni franosi" mediante la matrice rappresentata di seguito. 66 FENOMENI GRAVITATIVI ESEMPIO ANALISI PERICOLOSITA’ E RISCHIO FENOMENI FRANOSI Vengono proposte quattro classi generali di danno potenziale ottenute dall’incrocio fra le quattro classi di intensità e le quattro classi di elementi a rischio definiti in precedenza. 67 Atelier: «Pianificare il territorio» Modulo: Geologia e Idrogeologia nella pianificazione Glenda TADDIA Ufficio +39 011 0907702 E-mail: [email protected] A.A. 2022-2023 Aula 5V martedì 8:30-11:30 LE ACQUE DIVERSE TIPOLOGIE DI ACQUE 2 LE ACQUE SISTEMA IDROLOGICO E BILANCIO Il ciclo idrologico è il processo di circolazione dell’acqua sulla superficie e nel sottosuolo. Un sistema idrologico è un sistema dinamico che rappresenta una frazione del ciclo 3 globale dell’acqua. LE ACQUE SISTEMA IDROLOGICO E BILANCIO 4 LE ACQUE SISTEMA IDROLOGICO E BILANCIO Esistono in letteratura numerose espressioni dell'equazione del bilancio idrologico, tutte riconducibili allo schema: INPUT = OUTPUT (+ variazioni del contenuto idrico) Ciò che varia nelle formulazioni proposte dai diversi autori è la modalità di valutazione delle varie componenti di input e di output. In generale l’equazione del bilancio idrico si può scrivere come: P=I+R+E Dove: P: precipitazioni atmosferiche I: infiltrazione efficace R: ruscellamento superficiale E: evapotraspirazione reale 5 LE ACQUE SISTEMA IDROLOGICO E BILANCIO P = E + R + I 6 LE ACQUE SUPERFICIALI DEFINIZIONI Bacino idrografico relativo alla sezione di un corso, detta sezione di chiusura, la porzione del territorio che raccoglie tutte le acque che defluiscono attraverso la sezione. Il bacino idrografico è delimitato dallo spartiacque topografico. 7 LE ACQUE SUPERFICIALI DEFINIZIONI 8 LE ACQUE SUPERFICIALI DEFINIZIONI Reticolo idrografico: è il complesso di collettori fluviali che raccolgono i deflussi idrici superficiali e li convogliano alla sezione terminale del bacino. 9 LE ACQUE SUPERFICIALI DEFINIZIONI PORTATA : quantità di acqua che passa nell’unità di tempo attraverso una sezione trasversale del corso d’acqua. Il suo valore è espresso in metri cubi al secondo. PIENA : innalzamento del livello medio di un corso d’acqua. PIENA ORDINARIA : il valore di portata che viene superato nel 75% dei casi osservati nell’arco di più decenni. TEMPO DI RITORNO : è il tempo medio intercorrente tra il verificarsi di due eventi successivi (piena) di entità uguale o superiore ad un valore di assegnata intensità o il numero di anni in cui l’evento (piena) di intensità assegnata viene eguagliato o superato in media una volta. PORTATA DI PROGETTO : valore di portata, normalmente correlato a un tempo di ritorno, assunto per il dimensionamento di un’opera idraulica o di un intervento di sistemazione idraulica di un corso d’acqua. 10 FENOMENI FLUVIALI CLASSIFICAZIONE ALVEO TIPO Tipologie di alvei e ambienti 11 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA In altri casi avvengono cambiamenti radicali e concentrati in breve tempo (eventi di piena). Le modificazioni possono riguardare: erosioni di sponda deposito dei sedimenti con formazione di isole abbassamento del fondo alveo 12 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA Molti corsi d’acqua naturali dimostrano un accentuato grado di instabilità naturale, mentre in altri casi i fenomeni di instabilità sono prevalentemente da ricondurre all’effetto di fattori antropici. Il grado di instabilità dipende da: caratteristiche degli eventi idrologici materiale costituente l’alveo e le sponde estensione della vegetazione di sponda uso del suolo nelle aree golenali 13 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA EVENTO DI PIENA è caratterizzato da un deflusso d'acqua superiore a quello che normalmente transita lungo l'alveo. In tali circostanze l'energia da dissipare cresce con l'aumentare della piena ed è quindi proprio durante tali fenomenologie che si manifestano con maggiore violenza gli effetti della dinamica fluviale. Quando la corrente idrica ha un'elevata quantità di energia da dissipare, le trasformazioni non rimangono circoscritte all'interno dell'alveo, ma possono coinvolgere la pianura circostante con gravi effetti di impatto sulle strutture antropiche, qualora queste vengano ad interferire con l'evoluzione naturale del fenomeno. PRIMA DOPO 14 Marche Fiume Tesino 2014 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA  Fiume Tanaro - Garessio (CN) Alluvione Garessio (CN) 2016  15 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA  Ponte sul Tanaro - Garessio (CN) PRIMA DOPO Alluvione Garessio (CN) 2016  16 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA Effetti di un evento di piena: 1. Sollecitazioni meccaniche: la massa d'acqua sottopone ad intensi e prolungati sforzi sia gli elementi naturali dell'alveo che le strutture artificiali (opere di difesa, derivazioni, attraversamenti) soprattutto se poste perpendicolarmente alla direzione della corrente e ingombre di materiale fluitato. Potenziali motivi di impedimento al libero deflusso delle acque per accumulo di tronchi d'albero sul lato a monte di un'opera di attraversamento. L'eventuale sbarramento può produrre esondazioni a monte e pericolose spinte sul manufatto. 17 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA 2. Processi erosivi e deposizionali: i fenomeni di erosione, trasporto e deposito del materiale presente in alveo assumono un ruolo preminente sulle modificazioni delle vie di deflusso. Tali azioni, operanti anche con quantità d'acqua relativamente modesta determinando in questo caso solo piccoli spostamenti di sabbie e ghiaie e minute, in condizioni idrometriche di piena possono mobilizzare notevoli volumi di materiale, consentendo al corso d'acqua di incidere nuovi canali, colmare altri precedentemente attivi o riconquistare posizioni abbandonati al lungo tempo. Formazione di un alveo abbandonato 18 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA Alvei abbandonati 19 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA Fiume Po alla confluenza con il Sesia: stato attuale (a sinistra) e modificazioni planimetriche dell’alveo inciso nel periodo 1958-1988 (a destra). 20 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA In casi estremi si può constatare un completo rimaneggiamento dei depositi alluvionali che ha come risultato finale una radicale trasformazione dell'assetto plano-altimetrico della fascia fluviale. 3. Esondazioni: quando il volume delle acque di piena non può più essere contenuto all'interno delle sponde, queste vengono superate e il flusso che si origina segue una dinamica di propagazione che dipende essenzialmente dalla quantità d'acqua che fuoriesce, dalla velocità della corrente di esondazione, dalla morfologia delle zone circostanti. Allagamento per fuoriuscita delle acque di piena attraverso un varco prodotto da21cedimento del rilevato arginale. A destra il Fiume Serchio. FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA  I Murazzi - Torino durante l’evento alluvionale del 30 Maggio 2008 22 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA Durante le piene lungo i corsi d'acqua arginati può manifestarsi una serie di fenomeni che portano quasi sempre al cedimento, localizzato od esteso, dei rilevati arginali e quindi ad una più o meno violenta fuoriuscita d'acqua. Le cause più frequenti sono:  Tracimazione: l'acqua, superato il coronamento dell'argine, precipita per raggiungere il piano-campagna. Nel punto di impatto si innesca un processo erosivo la cui intensità aumenta con l'aumentare sia della quantità d'acqua tracimata, sia del dislivello superato. Con il perdurare della tracimazione il rilevato arginale, generalmente costruito in terra, viene più o meno rapidamente demolito. Illustrazione schematica di un fenomeno di tracimazione d'argine con conseguente escavazione al piede esterno di quest'ultimo.  23 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA  Sifonamento: in questo caso le acque si infiltrano attraverso il materiale che costituisce l'argine e, seguendo vie preferenziali, raggiungono la parte esterna del manufatto. Lungo il tragitto asportano materiale dalla struttura e ne minano la stabilità. Infiltrazione d'acqua all'interno del corpo arginale con fuoriuscita sul fianco esterno (sifonamento).  24 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA  Erosione al piede: quando la capacità erosiva della corrente fluviale si esercita lateralmente asportando materiali al piede di un argine in froldo (*), questo può venire progressivamente indebolito fino alla completa distruzione. Parziale demolizione del lato interno di un argine per erosione al piede esercitata dalla corrente fluviale. (*) Argine in froldo: argine costruito lungo la linea di sponda naturale e può essere quindi sfiorato dalle correnti veloci che si generano in alveo durante le piene. Gli argini principali o "maestri" sono collocati in genere ad una certa distanza dall'alveo essendone separati da un'area detta "golenale". 25 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA 3 marzo 2024 https://www.arpa.piemonte.it/rischi_naturali/snippets_arpa/piene/index.html FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA 4 marzo 2024 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA 28 FENOMENI FLUVIALI DINAMICA FLUVIALE - EVENTI DI PIENA 29 FENOMENI TORRENTIZI ESEMPIO DI CARTOGRAFIA SISTEMA FLUVIALE - PIEMONTE 30 FENOMENI TORRENTIZI ESEMPIO DI CARTOGRAFIA SISTEMA FLUVIALE - PIEMONTE 31 FENOMENI TORRENTIZI ESEMPIO DI SCHEDA RILEVAMENTO SISTEMA FLUVIALE - PIEMONTE 32 FENOMENI FLUVIALI FASCE FLUVIALI Il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) è lo strumento attuato dall’Autorità di Bacino del fiume Po, ai sensi della L. 183/89, allo scopo di garantire al territorio del bacino del fiume Po un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico. Il Piano, oltre a definire prescrizioni immediatamente vincolanti, prescrive che, gli Enti territorialmente interessati dal Piano sono tenuti a rispettare le prescrizioni nel settore urbanistico, con l’obbligo di adeguare i propri strumenti urbanistici. Per il perseguimento degli obiettivi del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), l’ambito Ambito territoriale del bacino idrografico interessato territoriale è suddiviso in fasce dalla delimitazione delle fasce fluviali. dette Fasce Fluviali. 33 FENOMENI FLUVIALI FASCE FLUVIALI Le Fasce Fluviali sono il risultato dell'inviluppo di aree allagabili per portate di piena a diverso tempo di ritorno, di aree sede di potenziale riattivazione di forme fluviali relitte non fossili e aree di elevato pregio naturalistico, ambientale e di interesse storico, artistico, culturale strettamente collegate all'ambito fluviale. Le Fasce sono lo strumento di piano per raggiungere, nei corsi d'acqua principali del bacino del fiume Po, assetti più sicuri e naturali. Vengono distinte tre tipologie di fasce: FASCIA A FASCIA B FASCIA C Schema esplicativo per la definizione delle fasce fluviali  34 FENOMENI FLUVIALI FASCE FLUVIALI 35 FENOMENI FLUVIALI FASCE FLUVIALI Di seguito le definizioni adottate per le fasce fluviali, contenute nell’ Allegato alle “Norme di attuazione per le fasce fluviali “:  Fascia A di deflusso della piena: è costituita dalla porzione di alveo che è sede prevalente, per la piena di riferimento, del deflusso della corrente, ovvero che è costituita dall’insieme delle forme fluviali riattivabili durante gli stati di piena.  Fascia B di esondazione: esterna alla precedente, è costituita dalla porzione di alveo interessata da inondazione al verificarsi dell’evento di piena di riferimento. Con l’accumulo temporaneo in tale fascia di parte del volume di piena si attua la laminazione dell’onda di piena con riduzione delle portate di colmo. Il limite della fascia si estende fino al punto in cui le quote naturali del terreno sono superiori ai livelli idrici corrispondenti alla piena di riferimento ovvero sino alle opere idrauliche di controllo delle inondazioni (argini o altre opere di contenimento), dimensionate per la stessa portata. La piena di riferimento per la fascia stessa ha tempo di ritorno 200 anni.  Fascia C di inondazione per piena catastrofica; è costituita dalla porzione di territorio esterna alla precedente (Fascia B), che può essere interessata da inondazione al verificarsi di eventi di piena più gravosi di quelli di riferimento. La 36 Fascia C è delimitata assumendo la piena teorica con tempo di ritorno di 500 anni. FENOMENI FLUVIALI FASCE FLUVIALI Tavole di delimitazione delle fasce fluviali – Tavola 155080 - Ceronda sezione 37 II FENOMENI FLUVIALI FASCE FLUVIALI  Nella fascia di deflusso della piena (Fascia A), in quanto porzione di alveo atta ad assicurare il deflusso della piena, assecondare la naturale tendenza evolutiva del corso d'acqua e il recupero delle componenti naturali dell'alveo stesso, sono esclusivamente consentiti interventi di manutenzione degli edifici esistenti.  Nella fascia di esondazione (Fascia B), in quanto porzione di alveo atta a laminare la piena di riferimento e in coerenza con la minore severità delle condizioni piena che si manifestano, sono consentiti interventi di ristrutturazione e ampliamento delle attività produttive agricole.  Nell’area di inondazione per piena catastrofica (Fascia C), in quanto territorio interessato da eventi di portata eccezionale, con ricorrenza statistica meno elevata, compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti.  E’ inoltre previsto, per i territori in Fascia C, delimitati con segno grafico indicato come “limite di progetto tra la Fascia B e la Fascia C” nelle tavole grafiche, cioè territori interessati da nuove opere di difesa, che il Comune competente, nelle more della realizzazione delle opere stesse, applichi le restrizioni alla edificazione previste per la Fascia B. 38 FENOMENI TORRENTIZI Conoide di Lanzo 39 FENOMENI TORRENTIZI DINAMICA TORRENTIZIA Nell'ambiente montano il reticolo idrografico secondario è costituito in gran parte da incisioni torrentizie ed elevata pendenza nelle quali, per effetto di piogge intense, si possono generare improvvise pulsazioni di piena. Questi eventi talora si manifestano con estrema violenza, provocando radicali modificazioni degli alvei ed effetti anche gravissimi sulle conoidi e allo sbocco nelle vallate principali. La pericolosità dei processi deriva Esempio di interferenza tra attività torrentizia e principalmente dalle ingenti quantità di infrastrutture. Confluenza nel Torrente Orco, materiale solido spostate e dal breve Comune di Noasca (TO). intervallo di tempo entro il quale questi fenomeni solitamente si innescano e si esauriscono. 40 FENOMENI TORRENTIZI DINAMICA TORRENTIZIA Le piene nei torrenti hanno un’elevata capacità erosiva sul fondo e sulle sponde degli alvei, che può determinare: regressione e abbassamento del profilo longitudinale degli impluvi completa asportazione dei materiali sciolti presenti affioramento del substrato roccioso Il materiale solido preso in carico può raggiungere ingenti quantità, poiché può amplificarsi notevolmente durante lo spostamento della piena verso valle, generando notevoli variazioni della portata solida lungo l’asta torrentizia. Il materiale detritico trasportato può essere alimentato, anche, dai depositi franati dai versanti sovrastanti e dal materiale vegetale accatastato in alveo. Il più vistoso e caratteristico riscontro morfologico dell'azione pulsatoria di rimozione, trascinamento e infine deposito dei materiali è rappresentato proprio dalle conoidi alluvionali. 41 FENOMENI TORRENTIZI CONOIDI ALLUVIONALI Il risultato dell’attività torrentizia è visibile allo sbocco delle aste tributarie nel fondovalle: a causa della diminuzione di pendenza dell’asta torrentizia l’energia della corrente diminuisce bruscamente determinando la deposizione del materiale solido trasportato, formando i conoidi alluvionali. CONOIDE ALLUVIONALE: forme deposito a ventaglio e pendenza generalmente modesta attraverso le quali in genere i bacini tributari si raccordano al fondovalle principale. Schema conoide alluvionale Conoide alluvionale abitato St Marcel - AO 42 FENOMENI TORRENTIZI CONOIDI ALLUVIONALI 

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