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lOMoARcPSD|13821321 Un approccio visuale - geografia umana Geografia umana (Università degli Studi di Napoli L'Orientale) Scan to open on Studocu Studocu is not sponsored or endorsed by any college or univers...

lOMoARcPSD|13821321 Un approccio visuale - geografia umana Geografia umana (Università degli Studi di Napoli L'Orientale) Scan to open on Studocu Studocu is not sponsored or endorsed by any college or university Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 CAPITOLO 1 – LE DOMANDE DEI GEOGRAFI Il termine geografia proviene da due parole greche (geo + graphia) che significano scrittura della Terra. La geografia non è solo la descrizione della Terra, bensì si distingue tra una geografia fisica che studia gli ambienti e una geografia umana che si occupa degli esseri umani sulla Terra e studia come le popolazioni, le culture, le società e le economie, con le loro manifestazioni materiali (città, campi, strade ecc) si diversificano nello spazio terrestre, in relazione al variare delle condizioni ambientali e storiche. La prima utilizza i metodi delle scienze naturali, mentre la seconda si rifà alle scienze sociali. La fusione di queste due studi geografici rivolge l’attenzione alla relazione ambiente-società, che si occupa del rischio ambientale, del consumo dei combustibili, del cambiamento climatico, ecc. NATURA E CULTURA → Quando parliamo di natura si intende tutto ciò che è estraneo alla storia e alla creatività umana. Il concetto di cultura, invece, si rifà alla musica, alla poesia, alla teologia, ai vestiti, al cibo, alle abitazioni. Più precisamente, la cultura è una costruzione sociale fatta di pratiche e credenze condivise, che funziona come un sistema dinamico complesso, plasmato dalle persone e dalle collettività, che ne vengono a loro volta plasmate. Il rapporto tra natura e cultura viene definito dallo studioso Luca Cavalli Sforza come l’accumulo della somma dei contributi individuali trasmessi attraverso le generazioni e diffusi all’interno della società. La cultura si fonda su tre argomenti: 1- la cultura è una costruzione sociale che riflette diversi fattori economici, storici, politici, sociali ed ambientali; 2- essa non è qualcosa di fisso, ma si modifica nel tempo; 3- è un sistema dinamico complesso: interagendo tra loro le persone creano ed esprimono una cultura, la quale definisce e influenza le caratteristiche delle persone che ne fanno parte. Le culture si presentano differenziate su base geografica e quindi si parla di culture locali, regionali, nazionali o sovranazionali (Europa). In tutti questi casi c’è un forte legame della cultura con i luoghi odve essa è formata , si trasmette verticalmente da una generazione all’altra. Oggi è nata l’ibridazione delle cultura, a causa della globalizzazione, e tale tende a imporre certi caratteri culturali comuni a tutte le società e territori. Il dualismo tra natura e cultura ha svolto un ruolo importante nello sviluppo di diversi modi di considerare le differenze culturali e sociali. Nell’età moderna si pensava che natura e cultura fossero separate e contrapposte, ovvero l’uomo si poneva al di sopra della natura, la dominava e la trasformava a suo interesse. Oggi si va affermando una corrente di pensiero contraria al dualismo tra natura e cultura, proprio grazie alla loro netta contrapposizione, quindi oggi si pensa che l’uomo, nonostante la sua cultura, sia comunque influenzato da certe leggi fondamentali della natura stessa. IL DETERMINISMO AMBIENTALE → abbraccia la tesi che i fattori naturali terrestri (ambientali) incidano direttamente sullo sviluppo delle caratteristiche fisiche ed intellettuali e culturali degli esseri umani. Dunque l’aspetto climatico ambientale contribuisce allo sviluppo di certe caratteristiche fisiche dell’uomo appartenete a quel territorio, e alla creazione di una certa cultura. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, sotto l’influenza del geografo tedesco FRIEDRICH RATZEL , le teorie del determinismo ambientale ebbero una grande diffusione tra i geografi per poi essere rapidamente abbandonate, alla luce soprattutto di tre elementi di critica: - non era dimostrabile scientificamente la relazione di causa- effetto, che costituiva la base del determinismo ambientale, come se gli individui e le società rispondessero in modo automatico agli stimoli ambientali. - Una seconda critica deriva dall’evidenza che fattori ambientali identici non necessariamente danno luogo a pratiche culturali o comportamenti umani simili. - Il determinismo ambientale era sospettato di essere una ideologia travestita da teoria scientifica per giustificare il colonialismo, cioè il dominio dei principali paesi occidentali su gran parte dell’Africa e dell’Asia, che si presentava in quel periodo. IL POSSIBILISMO GEOGRAFICO → ritiene che ogni ambiente naturale offra una gamma di alternative più o meno vasta e che in uno stesso ambiente naturale società e culture possano modellarsi in modi diversi a seconda delle loro scelte, basate sulle conoscenze e sulle capacità tecniche di cui dispongono. → reazione al determinismo ambientale ad opera della scuola del geografo francese VIDAL DE LA 1 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 BLANCHE. L’idea che ne è alla basa è che i singoli e le collettività possono usare la propria creatività per reagire alle COSTRIZIONI di un particolare ambiente naturale (termine che indica come l’ambiente limiti la scelte e le possibilità che le persone hanno a disposizione). LA TERRA MODIFICATA DALL’AZIONE UMANA → Tale concezione ha contribuito a diffondere la consapevolezza del ruolo dell’azione umana nei cambiamenti dell’ambiente, a partire dall’osservazione di come nel tempo tale azione ha modificato i paesaggi naturali trasformandoli in paesaggi culturali (cioè plasmati dall’azione umana, ad es. Struttura sciistica artificiale). L’idea dell’uomo come agente trasformatore che domina la natura. Il geografo tedesco CARL RITTER vedeva la terra come il campo in cui i popoli civili si sarebbero progressivamente affrancati alla soggezione della natura. Purtroppo però negli ultimi due secoli il nuovo Prometeo si è comportato come se non ci fosse limite alla sua capacità trasformatrice, mentre contemporaneamente si formava una visione della natura come costruzione sociale. LA TERRA COME SISTEMA DINAMICO INTEGRATO E COMPLESSO → Le difficoltà e i rischi insito in un rapporto dualistico con la natura, possono essere superati con una visione più realistica, che vede gli esseri umani intrinsecamente legati al mondo naturale e che può essere così sintetizzata: - La Terra funziona come un sistema costituito da diverse componenti naturali e culturali, che interagiscono con modalità complesse, non riducibili a rapporti lineari di causa-effetto e quindi poco prevedibili; - la Terra è soggetta a continui cambiamenti , che derivano sia da eventi naturali , sia dall’azione umana. - Il sistema culturale è un sottosistema di quello naturale terrestre : può modificarlo in modo durevole solo obbedendo alle leggi naturali che non può modificare a suo piacere. PAESAGGI CULTURALI E REGIONI → Il concetto di paesaggio geografico è stato introdotto dal geografo e naturalista tedesco HUMBOLDT. Tale concetto sostiene che il paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come viene percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dalle azioni di fattori naturali e/o umani e dalle loro interazioni. La lettura del paesaggio culturale e l’analisi regionale sono associate a questa visione della cultura, anche se la prima fa riferimento ad un concetto – quello di paesaggio – che indica al tempo stesso le cose osservabili e il modo di percepirle, mentre l’analisi regionale distingue l’approccio oggettivo da quello soggettivo. Il primo indica lo studio e la definizione di regioni formali (semplice osservazione della superficie per indagare i fattori che determinano le diversità dei territori e suggeriscono la loro divisione in regioni) e funzionali (formate da una grande città e dai centri minori che gravitano su di essa per lavoro e servizi), il secondo di regioni percepite (senso di identità e attaccamento di un gruppo di persone ad un determinato territorio). TIPI DI REGIONI → Le regioni sono innanzitutto una costruzione mentale ,una forma di classificazione dei luoghi per raggruppamenti contigui, che si basa su fatti esistenti e quindi assume rilevanza nella misura in cui tali fatti incidono sulla vita delle regioni stesse. → LA REGIONE FORMALE è un’area definita in base a una o più caratteristiche fisiche o culturali omogenee, cioè presenti nella regione e non in quella confinante. In questa categoria hanno particolare importanza le regioni storiche , ovvero quelle che presentano al loro interno una certa omogeneità socio- culturale dovuta al fatto che nel passato queste regioni sono state a lungo unite politicamente (Provenza). →LA REGIONE FUNZIONALE è un’area i cui luoghi sono connessi tra loro da relazioni più intense di quelle che questi stessi luoghi intrattengono con l’esterno. - Le eco-regioni, cioè le regioni che corrispondono a un ecosistema. - Le regioni funzionali urbane , formate da una grande città e dai centri minori che gravitano su di essa per lavoro e per servizi. - I distretti economici caratterizzati dalle forti relazioni che legano le imprese presenti al loro interno. - Le regioni istituzionali o politiche, cioè gli stati, le unioni di stati e le unità politico amministrative in cui si divide il territorio. → REGIONE PERCEPITA ,individuate in base a criteri soggettivi. Esse derivano dal senso di identità e di attaccamento di un gruppo di persone ad un determinato territorio. I confini di questo tipo di regione tendono ad essere molto variabili , dal momento che il modo in cui il territorio viene interpretato cambia molto a seconda dei soggetti. PENSARE COME UN GEOGRAFO Ragionare come un geografo preclude avere una certa curiosità per i diversi luoghi del mondo e 2 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 connettere tra loro i fatti che si osservano sulla superficie terrestre e sviluppare un’analisi che includa i concetti di: luogo, spazio, diffusione spaziale, interazione spaziale, territorio, scala. LUOGO → Per luogo si intende una località contraddistinta da specifiche caratteristiche fisiche, culturali e sociali. Ciascun luogo può essere identificato tramite la sua ubicazione assoluta, o posizione geometrica, misurata per mezzo della sua latitudine, longitudine e altitudine oppure con riferimento a cosa gli sta intorno, cioè al suo sito →caratteristiche fisiche di un luogo, come forma del suolo, vegetazione, acque, ecc., e alla sua situazione (posizione geografica) → La posizione che un luogo occupa in un contesto regionale più ampio con riferimento alla rete delle comunicazioni e alle possibili relazioni del luogo con tale contesto. I luoghi sono importanti perché offrono un riferimento alle identità umane. Si parla di senso del luogo per indicare il complesso attaccamento emozionale che le persone sviluppano nei confronti di determinate località (sentimento di appartenenza verso una certa area geografica). Questo sentimento si può sviluppare verso un luogo ma anche verso più luoghi. SPAZIO → Per spazio i geografi intendono un’estensione della superficie terrestre di dimensioni non definite. Diversi tipi di spazio: spazio assoluto, cioè un’entità geometrica le cui dimensioni, distanze, direzioni e contenuti possono essere definiti e misurati con precisione con la metrica corrente (metri, chilometri). Lo spazio assoluto è pensato come un contenitore degli oggetti che osserviamo sulla superficie terrestre del quale si possono conoscere i confini, le dimensioni e il contenuto. Ci possono essere diversi tipi di spazio: spazio-tempo o spazio relativo è uno spazio le cui proprietà variano a seconda dei contenuti, cioè dei fenomeni che vi si svolgono. Un tipo di spazio relativo è lo Spazio relazionale: definito dalle interazioni umane e dalle percezioni tra gli eventi. Esso è mutevole in quanto definito dalle contingenze, cioè dal fatto che il risultato delle interazioni e delle percezioni umane varia a seconda delle persone e degli oggetti che vengono coinvolti. Quando due paesi avviano degli scambi commerciali, creano uno spazio relazionale di tipo commerciale, che esiste fino a quando vengono soddisfatte queste condizioni contingenti. Gli scambi commerciali, le interazioni politiche ed economiche possono incidere sulla produzione di spazi relativi, i quali si possono definire, di conseguenza, come costruzioni sociali. A questo punto possiamo dire che lo spazio geografico è sempre uno spazio relativo e relazionale, in quanto le sue proprietà dipendono dalle relazioni e dalle interazioni che sussistono tra i soggetti e oggetti che ogni geografia mette in scena. Ogni geografia è la costruzione mentale di uno spazio relazionale, che risponde all’esigenza sociale di conoscere la posizione di certi oggetti e soggetti e le relazioni che li legano tra loro. Adottare una prospettiva spaziale significa prestare particolare attenzione alle differenze tra un luogo e l’altro, tra uno spazio e l’altro, nelle dinamiche della società e nei rapporti tra ambiente e società. La variazione spaziale e la correzione spaziale sono altri concetti chiave utilizzati dai geografi, entrambi usati sullo studio della distribuzione spaziale dei fenomeni. DISTRIBUZIONE SPAZIALE→ disposizione dei fenomeni sulla superficie terrestre; VARIAZIONE SPAZIALE → cambiamenti nella distribuzione di un fenomeno da un luogo all’altro; CORRELAZIONE SPAZIALE → il grado in cui due o più fenomeni condividono una stessa distribuzione e variazione spaziale. DIFFUSIONE SPAZIALE → movimento di persone, idee, mode, malattie, da un luogo all’altro con tempi e modalità differenti a seconda del fenomeno considerato. 4 tipi di diffusione: - rilocalizzazione → le migrazioni sono la tipologia più diffusa. - contagio → si verifica quando un fenomeno si diffonde tra persone che vengono a contatto tra loro. - gerarchica → avviene dall’alto verso il basso, secondo una successione ordinata di rango. Es. mode che si diffondono da personaggi in vista alle persone comuni. - stimolo → diffusione di un’idea, una pratica o fenomeno contribuisce a generare una nuova idea es. idea fast-food quindi significativa produzione e commercializzazione dei beni. Non solo i diversi tipi di diffusione spesso agiscono sullo stesso fenomeno, ma il ritmo e la direzione della diffusione spaziale sono influenzati anche dalla presenza di barrire assorbenti e barriere permeabili. INTERAZIONE SPAZIALE E GLOBALIZZAZIONE → La globalizzazione è la crescente interconnessione e interdipendenza tra persone e luoghi in tutto il mondo, è il risultato del dilatarsi progressivo a tutto il pianeta dell’interazione spaziale. In senso generale, si ha quando certi fenomeni naturali o umani, come le reti di infrastrutture o come le comunicazioni virtuali coprono l’intero globo terrestre , permettendo a 3 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 tutti i luoghi della Terra di interagire tra loro. In senso più ristretto si intende il dominio che le relazioni di mercato a scala mondiale hanno su tutte le altre attività ed espressioni sociali e culturali. Per interazione spaziale si intende l’insieme delle relazioni che si sviluppano reciprocamente tra soggetti che occupano luoghi e regioni sia vicine, sia lontane tra loro, come risultato del movimento di persone, beni ed informazioni. Interazione spaziale: relazione tra due o più soggetti nel corso della quale essi si scambiano idee, merci, servizi e modificano le loro azioni in relazione alle idee e ai comportamenti reciproci. La forza trainante di tale unificazione mondiale è stata l’economia capitalistica di mercato. Molto parziale è tuttora la globalizzazione del mercato del lavoro, che riguarda solo poche categorie molto qualificate, mentre i lavoratori non qualificati dei paesi poveri che cercano di raggiungere i paesi ricchi per trovare lavoro, o vengono respinti o diventano “clandestini”. Ancora assente è poi la globalizzazione legislativa, specie per quanto riguarda i diritti umani e la possibilità di regolamentare i mercati finanziari allo scopo di evitare le crisi economiche globali , che riflettono negativamente sulla vita di miliardi di esseri umani. - LA PRIMA LEGGE DELLA GEOGRAFIA DI TOBLER RECITA “OGNI COSA È CORRELATA A OGNI ALTRA COSA , MA LE COSE VICINE SONO PIÙ CORRELATE DI QUELLE LONTANE”. - L’interazione spaziale è influenzata da 3 fattori: complementarietà → si verifica quando un luogo o regione trovano altrove una risposta alla propria esigenza di beni e servizi creando un’interazione su distanze più o meno lunghe. È la complementarietà a creare le basi per il commercio, per la cooperazione (scambi di opere d’arte tra musei) e si può parlare di complementarietà anche tra città e regioni quando ad esempio le persone si recano in un’altra città più o meno lontana per acquistare beni e servizi che non trovano nella città in cui risiedono. La complementarietà è frutto della variazione spaziale. Trasferibilità → è inversamente proporzionale all’energia necessaria e quindi al costo per lo spostamento di un bene, ad es. Oggi grazie a internet l’informazione è il bene più trasferibile, oppure bene piccolo ma valoroso come i gioielli facili da spostare. La trasferibilità è influenzata dall’attrito della distanza, ovvero il modo in cui la distanza può ostacolare gli spostamenti da un luogo all’altro o l’interazione tra luoghi diversi. Il terzo fattore è l’intervento di opportunità alternative → ovvero l’esistenza di un luogo che, a parità di costi di trasferimento, possa offrire un bene richiesto a condizioni più vantaggiose. Le opportunità alternative possono incidere sull’interazione spaziale tra luoghi, ovvero se cambio benzinaio è perché da un altro risparmio, traggo vantaggio da un’opportunità alternativa. Esse rendono evidente l’importanza dell’accessibilità, cioè la facilità di accesso ad un luogo. Anche se esistono diversi modi di misurare l’accessibilità, essa viene espressa solitamente in termini di tempi o costi di viaggio. L’accessibilità aumenta non solo con la vicinanza dei luoghi ma anche con la connettività dei luoghi ,ovvero col numero e col tipo di connessioni che li caratterizzano. L’intensità dell’interazione spaziale, quando richiede contatto fisico tra le persone, di regola diminuisce con la distanza. I modelli geografici che descrivono certi tipi di interazione , come gli spostamenti della popolazione per accedere ai luoghi di lavoro utilizzano per analogia la legge di Newton. L’effetto decrescente della distanza descrive il calo di un’attività o di una funzione all’aumentare della distanza dal suo punto di origine. Nell’interazione umana infatti la distanza lineare è soltanto un aspetto della trasferibilità : costi e tempo spesso rappresentano misure di distanza più significative. Le innovazioni tecnologiche nei trasporti e nelle comunicazioni hanno reso possibile ridurre l’attrito della distanza, facendo sembrare i luoghi più vicini l’uno all’altro ,in termini di tempo e spazio. Questo processo, che il geografo DAVID HARVEY ha chiamato la compressione spazio-temporale è data dalla riduzione dell’attrito della distanza e fa sembrare i luoghi più vicini anche se rimangono lontani, accentuata sempre più dalla globalizzazione e dalla diffusione delle innovazioni tecnologiche nei trasporti e nelle comunicazioni. IL TERRITORIO →si definisce lo spazio delle interazioni tra soggetti (individui e collettività), correlato con l’insieme delle interazioni tra gli stessi soggetti e l’ambiente esterno. Si concretizzano nello spazio geografico umanizzato (o antropizzato) e nella varietà dei suoi paesaggi. Tra queste relazioni si possono distinguere quelle dei soggetti tra di loro e quelle che i soggetti intrattengono con l’ambiente esterno. Questa distinzione si trova già nella duplice etimologia della parola latina territorium, che da un lato rimanda a terrere (terrorizzare/spaventare) e dall’altro a terere (arare). Il primo significato riguarda il rapporto difensivo nei confronti di altri, quando intendiamo escluderli da uno spazio che consideriamo nostro. Nel secondo significato pensiamo allo spazio come a ciò che produce quando ci occorre. In realtà i due significati si legano strettamente tra loro. Infatti Il motivo per cui si difende un territorio è che esso 4 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 fornisce le risorse che assicurano sopravvivenza e indipendenza a un gruppo umano più o meno grande. Questo porta alla cooperazione, scambio e reciprocità tra i vari territori che permettono l’utilizzo delle risorse territoriali. Qualsiasi relazione sociale ha sempre un legame con i rapporti che intratteniamo con il territorio come fonte primaria di quanto può soddisfare i nostri bisogni. LA SCALA → è ciò che ci permette di rappresentare la Terra, o una sua parte, in dimensione ridotta, come accade per esempio nel caso dei mappamondi. Due tipi di scale: - scala cartografica che esprime il rapporto tra le distanze sulla carta e le distanze reali sulla superficie terrestre e sono divise in grande scala e piccola scala attraverso un rapporto aritmetico (1:10.000 1cm corrisponde a 100 metri); - scala geografica (o d’osservazione) che indica invece il livello di analisi utilizzato per un determinato studio o progetto, ad esempio la casa, il quartiere, una città, una regione, un continente o tutto il mondo. La definizione di scala grande o piccola segue una logica opposta a quella relativa alle mappe: la scala d’osservazione è piccola quanto più lo spazio esaminato è ristretto e il livello d’analisi dettagliato. GLI STRUMENTI DELLA GEOGRAFIA → Distinzione tra tecniche e strumenti. Le prime sono il prodotto delle conoscenze e capacità operative, mentre i secondi sono attrezzi che utilizziamo per migliorare alcune nostre procedure e metodologie, come ad esempio la raccolta di dati e la loro visualizzazione. LE CARTE GEOGRAFICHE → sono rappresentazioni della Terra in dimensioni ridotte. Esse sono anche simboliche perché i diversi oggetti sono rappresentati da simboli, per es. Le città con dei cerchietti; infine sono approssimative, non solo perché è impossibile rappresentare esattamente in piano la superficie curva della Terra, ma anche perché gli oggetti vengono rappresentati solo in parte. Esse hanno inoltre una legenda, cioè una spiegazione dei simboli usati e una scala, che indica di quanto è stata ridotta la superficie rappresentata. È difficile rappresentare la superficie curva della Terra, quindi si ricorre a trasformazioni geometriche, dette proiezioni cartografiche. - EQUIDISTANTI → Vi sono proiezioni che mantengono le proporzioni tra le distanze: sono di questo tipo le carte stradali; - EQUIVALENTI → possono invece mantenere proporzioni le aree: carte politiche ed economiche. - ISOGONE → possono mantenere esatti gli angoli tra meridiani e paralleli contemporaneamente, come le carte nautiche. Nessuna proiezione può conservare proporzionali distanze , le aree e gli angoli tra meridiani e paralleli contemporaneamente. Per questo, a seconda della proiezione utilizzata , variano le forme dei continenti e le distanze tra i punti. Le deformazioni saranno maggiori quanto più è vasta la superficie rappresentata. A seconda della porzione di superficie terrestre che si vuole rappresentare, le carte prendono nomi diversi: - mappamondi o planisferi → rappresentano il mondo intero. - carte geografiche → sono quelle che rappresentano un continente o un paese o una vasta regione (carte turistiche e stradali); scala che va da 1:50 milioni a 1:100.000. - carte topografiche → per rappresentare in modo dettagliato una porzione di territorio. Scala compresa tra 100.000 e 10.000 - mappa → La carta più dettagliata, se rappresenta una città è detta anche pianta. Scala inferiore a 10.000. Le carte generali si distinguono in : - fisiche che rappresentano i tratti naturali fondamentali (fiumi, mari, monti); - politiche che riportano i confini degli Stati, le vie di comunicazione, le città e quanto è opera dell’uomo. - tematiche che rappresentano anche cose che non si vedono nel paesaggio, come le caratteristiche sociali o economiche della popolazione. Un cartogramma può rappresentare le attività umane , le caratteristiche sociali e culturali delle popolazioni e dell’ambiente in cui vivono. Un cartogramma molto usato in geografia è il cartogramma a mosaico che parte da una tabella nella quale sono elencate le aree geografiche da rappresentare (comuni, regioni, Stati) con a fianco il dato corrispondente, i dati vengono poi divisi in classi di frequenza, ovvero gruppi di valori a cui viene assegnato un colore o un simbolo geometrico. IL TELERILEVAMENTO (REMOTE SENSING) → è uno strumento capace di rilevare alcuni fenomeni relativi alla superficie terrestre e raccogliere informazioni su di essi, attraverso sensori attaccati sui 5 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 satelliti. Esso serve soprattutto per rilevare le condizioni metereologiche e la localizzazione della fuori uscita di petrolio. UN SISTEMA GPS (GLOBAL POSITIONING SYSTEM) → utilizza una costellazione di satelliti artificiali e i segnali radio da essi trasmessi per determinare la posizione assoluta di persone, luoghi o elementi della superficie terrestre, misurando il tempo che il ricevitore GPS impiega per ricevere il segnale dal satellite e calcolando, di conseguenza la distanza del satellite dal ricevitore. Attraverso la trigonometria è possibile calcolare la longitudine, latitudine e altitudine del punto in cui si trova. Oggi il termine significa più in generale l’utilizzo di diversi satelliti per determinare la posizione diun oggetto sulla superficie terrestre. Primo satellite GPS lanciato nel 1970, la copertura totale della superficie terrestre raggiunta nel 1995. Esso serve principalmente a facilitare il calcolo delle proprietà private, terreni agricoli, censire le diverse specie di piante e animali. La diffusione delle tecnologie GPS solleva alcune questioni delicate ,soprattutto in merito al confine sottile tra l’offerta del servizio e la sorveglianza. IL GIS (GEOGRAPHIC INFORMATION SYSTEM) → migliora la funzionalità delle carte e delle analisi spaziali di dati geo-referenziati, cioè dei dati a cui è attribuita una precisa localizzazione sulla superficie terrestre. La georeferenziazione dei dati può avvenire in modo diretto o indiretto: il primo si riferisce alla latitudine e longitudine; il secondo deriva le coordinate geografiche da altre informazioni di tipo spaziale, come un indirizzo o codice postale. Il GIS è costituito da una combinazione di hardware e software che permette di inserire, gestire, analizzare e visualizzare i dati geo-referenziati. Inoltre esso può effettuare analisi statistiche e calcoli complessi consentendo di selezionare la strada migliore tra due luoghi e la localizzazione di un negozio che assicura accessibilità alla clientela potenziale. Tuttavia il GIS ha due limiti: il primo è che per utilizzarlo è necessario possedere sia il software del programma, quasi sempre a pagamento, sia le apparecchiature hardware adeguate che sono costosi (servono qualche migliaia di euro), questo limita l’accessibilità ai potenti della società che hanno risorse economiche e tecniche sufficienti per acquistarlo e utilizzarlo; il secondo aspetto critico è legato alla visione del mondo che propone, ovvero è possibile creare delle carte con il GIS stando semplicemente seduti difronte al computer, senza mai visitare di persona il luogo e si tende ad esaltare solo una piccola parte di ciò che quel luogo può offrirci. CAPITOLO 2 – LA GEOGRAFIA CULTURALE E LA GLOBALIZZAZIONE La globalizzazione è l’insieme dei processi che contribuiscono a incrementare l’interconnessione e l’interdipendenza tra le persone, i luoghi e le organizzazioni di tutto il mondo. Alcune manifestazioni si possono trovare nella geografia del cibo e dei vestiti. Sebbene la globalizzazione di cui si parla sia il frutto, relativamente recente, della diffusione del capitalismo e del commercio e della finanza internazionale, la tendenza all’interconnessione spaziale su lunghe distanze è in atto da molto tempo. Per esempio il commercio di spezie tra l’Asia, l’Africa e i mercati europei ci ricorda come esistessero connessioni intercontinentali già nel XV secolo. Essa implica un’espansione orizzontale (da luogo a luogo), attraverso veloci flussi di beni, persone e idee che connettono tutti i luoghi della Terra e un’espansione verticale (dai soggetti locali alle grandi organizzazioni mondiali) che istituzionalizza ,rafforza e rende stabili questi legami,radicandoli nei vari luoghi. Essa è stata favorita da 5 fattori: 1- La ricerca di mercati su scala globale, conseguente all’affermazione del capitalismo. Questo include l’individualizzazione di luoghi dove le materie prime costano meno; 2- Le innovazioni tecnologiche più efficaci, specialmente nei trasporti e telecomunicazioni; 3- Riduzione dei costi e tempi dei trasporti e delle comunicazioni; 4- Un aumento dei flussi di capitale finanziario, come risultato del commercio, degli investimenti internazionali; 5- La diffusione di politiche e leggi che hanno favorito i 4 precedenti fattori. 6 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 CAPITALISMO→ sistema economico e sociale in cui il capitale produttivo è detenuto di regola da privati (individui o società), che lo utilizzano per ottenere profitti dalla vendita dei beni e servizi prodotti da lavoratori dipendenti, per poi reinvestirli in attività produttive o finanziarie al fine di accrescere il capitale stesso CAPITALE→ insieme dei mezzi di produzione che, combinandosi con il lavoro salariato, permettono la produzione dei beni e servizi. Esso comprende il denaro (capitale finanziario), gli immobili, i macchinari, gli impianti produttivi, ecc. Uno dei cambiamenti politici legati all’affermazione della globalizzazione è la creazione, nel 1995, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO - World Trade Organization). L’obiettivo principale della WTO, del quale fanno parte più di 150 stati, è quello di istituire ed attuare una regolamentazione in senso liberista del commercio internazionale. Tra gli aspetti principali della globalizzazione ci sono l’aumento dell’importanza del ruolo e delle imprese multinazionali nell’economia mondiale e l’incremento degli investimenti diretti all’estero e dei flussi di capitale che si spostano in tutto il mondo. Ciò che caratterizza le imprese multinazionali o transnazionali è il possesso di uffici e stabilimenti in vari stati. Per finanziare la propria attività, le multinazionali trasferiscono denaro proprio, o preso in prestito da banche multinazionali , ai paesi stranieri nei quali tengono le sedi o degli interessi , mettendo in atto quelli che vengono definiti investimenti diretti all’estero (IDE). GLI IMPATTI CULTURALI DELLA GLOBALIZZAZIONE LA CULTURA DI MASSA → è il fenomeno che si riferisce a prodotti di grande diffusione, come la musica, videogiochi, programmi televisivi, abbigliamento, gli svaghi. Essa è influenzata dai mass media, dalla tv, da internet. Si tratta delle pratiche, delle attitudini e le preferenze condivise da un gran numero di persone e considerate parte del modello dominante. I diversi modi in cui vengono considerate le conseguenze culturali della globalizzazione si possono ricondurre alla diffusione spaziale, osservando come essa avvenga per diverse modalità, spesso presenti contemporaneamente, come la diffusione gerarchica e la diffusione per contagio. Talvolta un ruolo importante viene svolto dalla diffusione gerarchica inversa che agisce dal basso verso l’alto ,secondo uno schema bottom up. Riguardo agli effetti della globalizzazione, gli scienziati sociali hanno proposto uno schema semplice, che si basa su tre tesi, o concetti chiave: l’omogeneizzazione, la polarizzazione e la glocalizzazione. L’omogeneizzazione → mira a far sì che la globalizzazione tenda a far convergere i gusti, le convinzioni e le pratiche culturali, rendendole simili in tutto il mondo. La diffusione globale di catene come i fast food, di ristoranti, alberghi ecc viene spesso citata come una prova a sostegno della tesi dell’omogeneizzazione. Una delle sue conseguenze è la TRASFORMAZIONE DEI LUOGHI IN NON LUOGHI. L’antropologo francese Marc Augè li ha definiti come spazi locali simili in tutto il mondo senza storia ne identità specifica, sovente frequentati da grandi folle, ma dove i soggetti che le compongono non hanno relazioni tra loro come avviene invece in un villaggio o in un quartiere urbano. Si tratta per lo più di luoghi urbani: centri commerciali, grandi stazioni, aeroporti, che hanno perso le caratteristiche che rendevano ciascun luogo unico. Poiché nel mondo contemporaneo, la maggio parte delle trasformazioni culturali, sociali ed economiche è una conseguenza del capitalismo, ne consegue che i paesi più avanzati esercitano un’influenza economica preponderante sul resto del mondo. I sostenitori di questa tesi mettono in evidenza come essa sia una forma di colonizzazione culturale, che porta all’affermazione di valori e modelli come il consumismo, la libertà e l’individualismo, i quali entrano in conflitto con quelli delle culture locali, minacciando di cancellarle. Secondo la teoria della polarizzazione, invece, la globalizzazione tende a creare un’unica cultura di massa globale, per aumentare il senso di identità delle diverse società e culture, generando divisioni e conflitti tra persone e paesi di cultura diversa. Si tratta del fenomeno per il quale tutte le relazioni tra centri fanno capo ad un nodo centrale, dal quale gli altri dipendono totalmente. I sostenitori di questa tesi ritengono che la globalizzazione abbia fomentato le forze più separatiste e integraliste, aumentando i rischi per la sicurezza, non solo degli individui, ma anche degli stati. Ad esempio un discorso simile si potrebbe fare per il terrorismo internazionale e le reti criminali transfrontaliere. RETI GLOBALI E SISTEMI LOCALI: LA GLOCALIZZAZIONE La glocalizzazione → è il processo per cui gli attori globali e quelli locali interagiscono, influenzandosi a vicenda. Oltre a produrre forze omologatrici, la globalizzazione può anche stimolare la consapevolezza delle diversità locali, fenomeno indicato con il termine neolocalismo che indica il rinnovato interesse per il 7 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 sostegno e la promozione delle specificità di ciascun luogo. A questa auto-affermazione delle società locali è legata la terza tesi relativa alle conseguenze culturali della globalizzazione ,quella della glocalizzazione. Uno degli effetti della globalizzazione economica è quello di mettere in competizione tra loro i vari territori, in quanto sedi di risorse potenziali che possono essere valorizzate applicando ad esse il denaro e le conoscenze che circolano nelle reti globali. Tale competizione riguarda soggetti privati ,pubblici e misti che, vivendo in uno stesso territorio, si conoscono, hanno una identità territoriale comune e possono mettersi in rete tra loro per elaborare e condividere progetti di sviluppo, combinando risorse locali con risorse che circolano nelle reti globali. Tale insieme di potenzialità rientra nel concetto generale di milieu territoriale locale e in particolare in quello di capitale territoriale. Esso fa leva su tutte le caratteristiche che nel corso del tempo si sono per così dire sedimentate e legate stabilmente a un territorio e che possono in qualche modo costituire le prese per lo sviluppo. Si tratta di condizioni naturali originarie che nel corso della lunga durata storica si sono combinate variamente con i prodotti della cultura materiale e immateriale con il cosiddetto capitale sociale e con i capitale istituzionale locale. L’insieme formato da una rete di soggetti e da un milieu territoriale in continua interazione tra loro costituisce il sistema locale territoriale. → sistema formato da una rete locale di soggetti he cooperano per valorizzare le risorse specifiche del loro contesto territoriale, interagendo con le reti globali della finanza , della conoscenza e delle grandi imprese che operano su scala globale. Secondo la tesi della glocalizzazione il rapporto delle reti globali con i sistemi locali non è sempre un rapporto di dominanza – dipendenza che porta fatalmente a cancellare le specificità e le identità locali. Questo accade se i soggetti locali non sanno reagire e auto-organizzarsi per dare risposte autonome agli stimoli globali. Per fare ciò essi devono collegarsi in rete tra loro e far valere le risorse del loro milieu territoriale. La glocalizzazione è quindi il risultato di una relazione tra forze globali e locali, tale per cui le forze locali si globalizzano e quelle globali si localizzano. Raramente il rapporto tra le due forze è paritario, in quanto è vero che le reti globali hanno bisogno per operare e ancorarsi a un certo numero di nodi locali, ma chi controlla queste reti di regola può scegliere tra più possibili nodi ,mentre i sistemi locali devono competere tra loro nel trasformare le proprie risorse identitarie in vantaggi competitivi capaci di attrarre gli investitori globali. LA MERCIFICAZIONE DELLA CULTURA La cultura è una creazione sociale che consiste nell’insieme dinamico delle pratiche e delle credenze condivise da un gruppo di persone. Vi è la cultura materiale che include gli artefatti, strumenti, mobili, abitazioni creati dall’uomo e la cultura immateriale che non è tangibile, ed è legata alle tradizioni orali e alle pratiche di comportamento, come le ricette, le canzoni, le feste, le lingue. La geografia culturale è una branca della geografia umana che attribuisce particolare importanza alle idee e alle attività delle persone e come esse si relazionano con l’ambiente e il paesaggio. I geografi sono particolarmente interessati alla mercificazione → che è la trasformazione in un bene di mercato di un oggetto, un concetto o una procedura, originariamente privi di una natura commerciale. Il consumo → è in senso generale, l’utilizzo di beni per soddisfare i bisogni e i desideri dell’uomo. Le relazioni sociali sono influenzate dai beni materiali , anche a causa dei significati che possono trasmettere. Le persone che condividono la stessa matrice culturale possiedono anche gli stessi codici per interpretare questi simboli e i loro significati. PUBBLICITÀ, MERCIFICAZIONE E PRATICHE CULTURALI. La pubblicità influenza i modelli di consumo sia localmente sia globalmente ed è studiata per influenzare il comportamento dei consumatori, con la creazione di bisogni attraverso l’uso di immagini, testi, simboli e slogan. Ad es. De Beers lanciò la pubblicità che “un diamante è per sempre” facendo credere che il diamante significhi l’amore eterno e che siano simbolo di bellezza, felicità e prestigio sociale. L’azienda De Beers è riuscita a stabilire un cartello dei diamanti e a controllare l’offerta e la domanda di queste pietre preziose in tutto il mondo. Un cartello → è un’associazione di individui o imprese che controllano la produzione o la vendita di un bene o di un insieme di beni, spesso su scala globale. Questa strategia, che consisteva nello stringere patti con gli altri produttori di diamanti , spingendoli ad entrare a far parte del cartello, ha portato la De Beers a controllare la percentuale del totale dell’offerta globale di diamanti grezzi che variava tra il 66 % e l’80%, ottenendo quindi , il potere di decidere quando vendere i diamanti e quanti venderne determinandone così il prezzo sul mercato. La De Beers riuscì così a creare per un prodotto non raro l’illusione che la loro offerta sia scarsa. 8 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 In Angola, questo portò alle cosiddette guerre dei diamanti o fenomeno dei Diamanti insanguinati sono chiamati così perché venduti per finanziare guerre o attività terroristiche. Il mercato non solo ha influenzato le culture materiali ma coinvolge con forza sempre maggiore anche le culture immateriali delle comunità indigene, che rappresentano una possibile opportunità di scambi commerciali e guadagni economici. Un noto esempio è rappresentato dall’ haka ,danza rituale collettiva tipica della cultura immateriale degli indigeni Maori, che è entrata a far parte delle logiche del mercato, a causa del suo utilizzo da parte degli All Blacks ,i giocatori della nazionale neozelandese di rugby. La mercificazione dell’haka viene contestata perché in realtà non sarebbe una danza di guerra e i movimenti effettuati dai giocatori della nazionale di rugby nemmeno rispetterebbero la danza originale, inoltre si creano controversie riguardo al copyright che spetterebbe al popolo Maori e non agli All Blacks, anche se non è possibile stabilire un inventore della danza. L’INDUSTRIA DEL PATRIMONIO → sono le imprese che gestiscono o traggono profitti dalle eredità del passato, come tradizioni musicali, musei, monumenti o siti storici e archeologici. Il geografo David Lowenthal , ha tracciato un’ evoluzione sul significato del termine “heritage” che, fino a poco tempo fa, indicava quasi esclusivamente l’eredità, mentre oggi indica il patrimonio inteso come beni culturali del passato. La trasformazione del patrimonio in un’attrazione implica una mercificazione del passato. Ciò può essere fonte di tensioni quando a uno stesso bene culturale è attribuito un significato diverso o è oggetto di pratiche d’uso diverse come capita per le moschee oggetto di visita turistica. IL PATRIMONIO DELL’UMANITÀ DELL’UNESCO → sono luoghi specifici (come una foresta, montagna, città, edificio) che sono stati riconosciuti a livello internazionale come sito di eccezionale qualità culturale o naturale. L’UNESCO → è l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza, la Cultura, fu fondata nel 1945 per incoraggiare la collaborazione tra le nazioni nelle aree dell’educazione, scienza, cultura e comunicazione. Attualmente conta 192 membri, vale a dire tutti i paesi del mondo. Nel 1972 l’UNESCO ha adottato la Convenzione sulla Protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale dell’umanità , gettando le basi per un comitato per il Patrimonio mondiale dell’umanità tra i cui compiti c’è quello di creare un elenco di siti , culturali e naturali, caratterizzati da un valore universale eccezionale. Alla lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità è stato riconosciuto un importante ruolo nell’aumento della consapevolezza riguardo alle risorse culturali globali e nell’aver stimolato lo sviluppo di nuove destinazioni turistiche, anche se non sono mancate le critiche. - Il primo è l’eccessiva percentuale di siti europei, compresi edifici e luoghi legati alla cristianità, che riflette un certo pregiudizio eurocentrico. - Secondo, quando un patrimonio viene riconosciuto genera un flusso di turisti che in alcuni casi può interferire con l’utilizzo locale del bene e sovente ne minaccia la conservazione. - Terzo, la gestione e la conservazione di questi siti può diventare molto costosa. - Quarto, alcuni critici mettono in discussione l’opportunità di parlare di un patrimonio mondiale, dal momento che l’eredità culturale è sempre legata alle caratteristiche del gruppo al quale essa appartiene. In realtà il vero patrimonio è la DIVERSITÀ CULTURALE → è il contrario dell’omogeneità culturale e consiste nel fatto che i diversi gruppi umani, alle diverse scale, fin a quella locale, conservino le loro differenze culturali pur trasferendosi continuamente. GEOGRAFIA CULTURALE E SAPERI LOCALI Il folklore si distingue dalla cultura di massa e si riferisce in particolare a quei gruppi di persone i cui membri condividono gli stessi tratti culturali e vivono prevalentemente in aree rurali, con meno occasioni di contatto con l’economia di mercato globalizzata. In Italia Antonio Gramsci ed Ernesto de Martino ,sempre riferendosi alle società rurali meno industrializzate , hanno introdotto il concetto di cultura popolare per indicare quella parte di cultura tradizionale, non ancora propriamente trasformata in cultura di massa che la oppone alla cultura colta o egemonica propria delle classi dominanti. Oggi, con l’avanzare della modernizzazione delle campagne e della globalizzazione è sempre più difficile distinguere tra cultura di massa , folklore e cultura popolare, per cui si preferisce parlare di cultura locale. → ovvero le pratiche, i comportamenti e le preferenze condivise dai membri di una comunità che interagisce con le caratteristiche naturali e storiche di un certo ambiente sociale. Con sapere locale si indica la conoscenza collettiva di una comunità, che deriva dalle attività e dalle esperienze quotidiane di ciascuno dei suoi membri con milieu sociale e territoriale in cui è inserito. È 9 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 definito con chiarezza da tre caratteristiche: - viene tramandato oralmente e sono rare le fonti che lo attestano; - è dinamico e muta continuamente a nuove scoperte o informazioni; - non è un’entità unica, all’interno di una comunità vi sono diversi saperi locali, ad es. relativi all’uso del suolo. Le conoscenze locali offrono gli strumenti per la risoluzione dei problemi, contribuendo all’affermazione di un modello di sviluppo sostenibile → che soddisfa i bisogni economici del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. GEOGRAFIA DELLE MEDICINE TRADIZIONALI → Le medicine tradizionali rappresentano una riserva fondamentale di saperi locali. La medicina tradizionale→ costituisce la base del sistema sanitario di una nazione ed è composta da pratiche mediche derivate da conoscenze e credenze antiche sul funzionamento del corpo umano, utilizzate per mantenere la salute o guarire delle situazioni di malessere. Un Approccio olistico alla medicina considera la salute come somma della persona ovvero non solo fisicamente ma anche mentalmente e psicologicamente. L’approccio personalizzato contempla invece la possibilità che a due persone che presentano esattamente gli stessi sintomi vengano prescritti trattamenti diversi. Una medicina contrapposta alla medicina tradizionale è la medicina allopatica (moderna)→ ovvero costituita da pratiche mediche che cercano di curare o prevenire le malattie attraverso farmaci testati e sperimentati secondo le procedure scientifiche o sperimentazioni cliniche. L’agopuntura → è ad esempio un elemento importante della medicina cinese ed è un’antica forma di medicina tradizionale cinese, che induce la guarigione attraverso l’inserimento di lunghi aghi in alcuni punti specifici del corpo. In Cina la costituzione riconosce legalmente la medicina tradizionale e garantisce il diritto che essa possa venire sempre utilizzata, in un regime di perfetta coesistenza con la medicina allopatica. ACQUA, GENERE E SAPERE LOCALE Spesso saperi relativi a questioni come l’utilizzo di piante medicinali o le risorse idriche mostrano una profonda consapevolezza delle caratteristiche dei luoghi e del funzionamento dell’ambiente. Ad esempio, In Africa hanno imparato che l’acqua anche se non è visibile in superficie ,in alcuni luoghi si raccoglie all’interno o al di sotto dello strato sabbioso. Nella maggior parte dei casi sono le donne ad essersi fatte carico di compiti inizialmente affidati agli uomini , come la manutenzione delle pompe e la depurazione dell’acqua, grazie al loro tradizionale ruolo nella gestione delle attività domestiche quotidiane. In alcune parti del Medio Oriente uno degli elementi più diffusi è il Qanat → sistema idraulico persiano che usa condotti e tunnel per estrarre l’acqua dal sottosuolo e portarla dove serve. ARCHITETTURA TRADIZIONALE → strutture architettoniche di uso comune (abitazioni, edifici, chiese) presenti in un determinato luogo, periodo storico o comunità. Lo studio di questo tipo di architettura ha avuto per più di un secolo rapporti molto stretti con la geografia umana in virtù delle prospettive che riesce ad offrire sull’utilizzo dello spazio da parte dell’uomo, sia per quanto riguarda la forma delle case e degli edifici e il loro rapporto con il sito, sia relativamente alla pianta dei villaggi o di altri tipi di insediamenti. Essa risponde a specifici bisogni, in accordo con i valori, le economie e i modi di vita delle culture che la producono. Un esempio è il feng shui ovvero l’arte cinese di costruire una casa o disegnare un paesaggio tenendo conto dell’armonia tra le forze cosmiche della natura e l’ambiente costruito rispettando quei principi di yin e yang. Questa arte comprende lo studio della morfologia del terreno e la localizzazione delle acque. CAPITOLO 3 – POPOLAZIONE E MIGRAZIONE Quando i geografi vogliono studiare la pressione esercitata da una certa popolazione sul territorio, calcolano la sua densità che può essere aritmetica o fisiologica. Densità aritmetica → è il rapporto tra la superficie di un’area e il numero di suoi abitanti, di solito si misura in ab/km2. Densità fisiologica → è il rapporto tra la superficie agricola produttiva di un determinato territorio e il numero dei suoi abitanti. Quasi il 70% della popolazione mondiale vive entro 400 km dalla coste e si concentra in una porzione della superficie terrestre che non supera il 10%. È importante ricordare che la popolazione della Terra sta diventando sempre più urbana e più della metà degli abitanti del mondo vive in città. LA FERTILITÀ → indica la possibilità di avere dei figli, fa riferimento al numero di nascite all’interno di una determinata popolazione (natalità). La condizione demografica cambia a seconda della natalità e mortalità ed esse sono condizionati da fattori biologici, economici, sociali, politici e culturali. Per 10 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 misurare la fertilità i geografi utilizzano due indicatori: tasso di natalità (numero annuo di anti vivi ogni mille abitanti) e tasso di fecondità di una popolazione (numero medio annuo dei nati vivi per donna in età feconda tra i 15 e i 50 anni. Questi fattori consentono di valutare le dimensioni dei nuclei familiari e di effettuare delle previsioni sulle tendenze numeriche della popolazione. Quando questo tasso ha un valore di 2,1 figli per donna si dice che la popolazione ha raggiunto il livello di sostituzione delle generazioni, quello necessario ad una popolazione per consentire di riprodursi senza diminuire di numero. La fertilità varia di paese in paese e da regione a regione. Essa può venire condizionata sia da fattori biologici sia da modelli culturali che regolano la riproduzione. I tassi di fecondità più elevati sono riconducibili a popolazioni in cui le donne diventano sessualmente attive molto presto e che si sposanoin giovane età. In alcuni paesi in via di sviluppo, dove le discriminazioni di genere pongono spesso le donne in una condizione subordinata, impedendo loro di esprimersi riguardo alla pianificazione familiare, i figli vengono considerati come un investimento economico, per il contributo che possono portare alla famiglia in termini di lavoro e guadagni oltre ad essere una fonte di sostegno per gli anziani. Anche se spesso alla povertà vengono associati alti tassi di fecondità, la relazione tra questi due fattori è più complessa di come sembra ed è legata al fatto che le persone con un reddito inferiore hanno spesso un grado di istruzione più basso. I governi possono controllare la fertilità ,introducendo politiche nataliste o anti nataliste, mirate ad incentivare o limitare la crescita della popolazione, influenzando i tassi di fecondità. La Francia ad esempio ha un tasso di fecondità più elevato rispetto agli altri paesi europei grazie a politiche nataliste a sostegno delle famiglie con più di due figli. La Cina al contrario ha applicato rigide Leggi anti natalità imposte dallo Stato per regolare il tasso demografico in quanto si riteneva che la crescita esplosiva della popolazione avrebbe limitato lo sviluppo del paese, la cosiddetta politica del figlio unico. Queste politiche hanno portato il tasso di fecondità a scendere al di sotto del livello di sostituzione delle generazioni , con la conseguenza che nei prossimi decenni ci sarà un numero crescente di anziani a carico della popolazione più giovane e questo ha indotto il governo ad allentare questo tipo di leggi. TASSO DI MORTALITÀ è il rapporto tra il numero delle morti in una certa popolazione in un dato periodo di tempo e l’ammontare medio della popolazione nello stesso periodo (numero annuo di morti ogni 1000 abitanti). Paesi con basso tasso di mortalità è per esempio il Qatar e il Kuwait (2 morti ogni 1000 abitanti). Alto tasso di mortalità è il Lesotho e la Sierra Leone (con 23 morti, epidemie, aids). Anche la mortalità ha una grande variabilità geografica dovuta a fattori politici (guerre), naturali (terremoti), ecc. Un fattore naturale di variabilità spazio-temporale della mortalità che nel passato ha giocato un ruolo preponderante è rappresentato dalle epidemie, oggi molto contenute dalle misure sanitarie adottate su scala nazionale e internazionale. Tra i fattori politico sociali che incidono sui tassi di mortalità di un determinato territorio ci sono le guerre e le guerriglie locali. Una forte variabilità deriva anche dalle caratteristiche de sistemi sanitari nazionali. È importante ricordare però che i tassi di mortalità non sono indicatori della qualità della vita o della salute della popolazione di un paese, per indagare le quali i demografi preferiscono ricorrere a dati come la speranza della vita e i tassi di mortalità infantile. LA SPERANZA DI VITA → indica la lunghezza media della vita delle persone, in base ai tassi di mortalità correnti nel paese dove vivono. Nel mondo la speranza di vita media, sommando quella degli uomini e quella delle donne, è cresciuta molto nell’ultimo secolo, passando dai 29 anni nel 1900 ai 67 anni di oggi. La speranza di vita può variare molto in seguito ad una crescita della povertà o allo scoppio di guerre o rivolte in un paese. Un secondo importante indicatore della qualità della vita di una popolazione è il tasso di mortalità infantile → è il numero dei nati, ogni mille, che muoiono prima di compiere un anno di età. LA COMBINAZIONE DELLA POPOLAZIONE E I SUOI CAMBIAMENTI Ogni popolazione è caratterizzata da un aspecifica composizione, data dalle caratteristiche dei gruppi che la compongono. L’analisi della composizione di una popolazione fornisce anche strumenti utili per prevedere in che modo questa popolazione potrà variare in futuro. LA PIRAMIDE DELLE ETÀ → è un istogramma che rappresenta la composizione di una popolazione divisa per classi di età e per genere (M e F), è la percentuale di persone nate in un determinato periodo di tempo. L’asse verticale di una piramide delle età raffigura le classi d’età (o coorti) della popolazione 11 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 rappresentata, ovvero la percentuale di persone nate in un determinato periodo di tempo, a partire dalla coorte più giovane, rappresentata dai bambini fino a 4 anni. La piramide suddivide la componente femminile da quella maschile di ciascuna classe d’età, collocando solitamente i maschi sulla sinistra dell’asse e le femmine sulla destra. L’asse orizzontale indica invece la percentuale con la quale ciascuna classe di età contribuisce al totale della popolazione. I demografi osservano con particolare attenzione la popolazione di età inferiore a 15 anni o superiore ai 65, composta da persone definite dipendenti in quanto la maggior parte di esse ,non essendo in età lavorativa, non è in grado di procurarsi i mezzi di sussistenza. L’INDICE DI DIPENDENZA permette di fare previsioni sui cambiamenti ai quali la società di un paese andrà incontro nel futuro, in base alla sia evoluzione demografica. Esso è il rapporto tra la popolazione in età lavorativa e la popolazione con meno di 15 e più di 65 anni. Gli stati con una popolazione giovane si preoccupano di avere abbastanza strutture scolastiche e posti di lavoro disponibili per i prossimi anni. Al contrario, un’elevata percentuale di anziani, può far prevedere la necessità di incrementare l’immigrazione da altri paesi per far fronte all’offerta di lavoro delle imprese. IL TASSO DI CRESCITA NATURALE → è la percentuale annua di crescita di una popolazione, senza considerare i flussi migratori. Una popolazione ha un tasso di crescita naturale quando il numero delle nascite è superiore al numero delle morti. I demografi calcolano il tasso di crescita naturale sottraendo il tasso di mortalità al tasso di natalità e convertendo il risultato in percentuale. Spesso i geografi si servono dei tassi di crescita naturale per calcolare il tempo di raddoppio della popolazione, ovvero il numero di anni necessario affinché questa duplichi le proprie dimensione, che consente di mettere in relazione le attuali tendenze demografiche di una certa popolazione con la sua effettiva consistenza futura. IL MODELLO DELLA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA mette in relazione i cambiamenti nel tasso di crescita naturale della popolazione con i cambiamenti sociali derivati dai progressi della medicina, dall’urbanizzazione e dall’industrializzazione. La transizione demografica →è il passaggio di un paese, nel corso del tempo, da tassi di natalità e mortalità elevati, a valori molto inferiori. Il modello di transizione demografica ha però il grosso limite di non prendere in considerazione le migrazioni, offrendo perciò una rappresentazione solo parziale dei cambiamenti demografici. Esso funziona abbastanza bene per il passato ma non fornisce sempre previsioni attendibili. Da decenni, i demografi e i geografi medici hanno osservato che ,quando un paese entra nella transizione demografica, si verifica un cambiamento nella tipologia di malattie che determinano la mortalità della popolazione. Questa transizione epidemiologica è caratterizzata dal passaggio dalla massiccia diffusione di malattie infettive a quella di malattie croniche, in seguito ai cambiamenti nello stile di vita dovuti all’urbanizzazione e all’industrializzazione. Le malattie infettive si diffondono da una persona all’altra attraverso la trasmissione di agenti patogeni, come accade con l’influenza causata da un virus. Le malattie croniche invece sono quelle che portano ad un deterioramento del corpo nel lungo periodo, come l’artrosi o patologie legato ad uno stile di vita urbano, tra le quali le malattie cardiache e il diabete. LE DIFFERENZE DI SESSO E DI GENERE Il concetto di ruolo di genere indica le aspettative sociali, le responsabilità o i diritti che spesso vengono associati all’essere femmina o maschio, secondo un discorso dominante nella società che si aspetta, ad esempio, che una femmina si comporti in modo da rafforzare e riflettere il proprio ruolo di genere e la propria identità femminile. L’identità sessuale di una persona, però, può anche non essere legata al suo assetto cromosomico, come dimostra chi si definisce transgender. La nostra identità di individui viene plasmata non solo dal nostro sesso ma anche dal nostro genere, così come dall’etnia alla quale apparteniamo, dalla nostra famiglia e da altri dettagli biografici. Tuttavia fino agli anni 70 i geografi hanno ignorato il ruolo della sessualità nel definire l’identità delle persone, contribuendo a sostenere l’idea del tutto infondata che per capire il mondo sia necessario un approccio conforme alla norma eterosessuale, cioè una visione binaria dei sessi, basata sulla definizione di ruoli di genere maschili e femminili nettamente separati. Genere → caratteristiche culturali o sociali che nel pensare comune di una società vengono attribuite all’appartenenza al sesso maschile o femminile. Oggi i geografi hanno iniziato anche a considerare il modo in cui sessualità di tipo diverso possono influenzare la configurazione e l’utilizzo dello spazio. La sessualità → elemento fondamentale dell’identità sociale ed individuale, che deriva da orientamenti, attitudini, desideri e pratiche di tipo sessuale. Anche l’omosessualità contribuisce all’identità di un paese, infatti nel mondo occidentale si hanno gettato le basi del movimento per i diritti degli omosessuali, mentre nel mondo islamico rimane refrattario. Spesso tale 12 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 genere influenza persino la divisione del lavoro. Ad esempio in Tanzania gli uomini vanno a lavorare mentre le donne si occupano delle faccende di casa e della famiglia, mentre in Ghana le donne si occupano anche di commercio nei mercati cittadini. L’INDICE DI MASCOLINITÀ è uno strumento per analizzare la composizione di una popolazione per sesso, ovvero il rapporto in percentuale tra il numero dei maschi e quello delle femmine di una popolazione. I fattori che possono creare una disparità tra il numero di uomini e donne è il tasso di mortalità degli uomini che hanno durata media inferiore rispetto alle donne. Anche le guerre, che solitamente incidono in misura maggiore sulla popolazione maschile, e le dinamiche migratorie possono incidere sull’indice di mascolinità. I mass media e varie istituzioni religiose, educative, politiche o aziendali contribuiscono a rafforzare le divisioni dei ruoli di genere, come dimostra il fatto che anche in molti paesi democratici le donne per molto tempo non furono ammesse al voto. Il diritto fu loro concesso dal 1918 negli USA e nel Regno Unito e in Italia e Francia nel 1946. Alcune donne islamiche e induiste pratica la purdah, ovvero indossano abiti che coprono interamente il corpo lasciando scoperte solo piccole porzioni del volto. Non sempre i ruoli di genere portano ad una segregazione lavorativa di uomini e donne. La persistenza di ruoli di genere può contribuire allo sviluppo di stereotipi sui lavori da uomini o da donne che a loro volta possono generare barriere sociali e limitazioni alle opportunità delle donne, creando delle disuguaglianze di genere → è la disparità tra uomini e donne per quanto riguarda opportunità, diritti, benefici, comportamenti e status sociale. Una marcata disuguaglianza di genere può indicare l’istituzionalizzazione delle differenze di status tra uomini e donne. Per status si intende l’attribuzione alle conoscenze e alle capacità di una persona di un valore, attraverso il quale definire la posizione sociale di chi le possiede. LA CAPACITÀ DI CARICO DI UN TERRITORIO LA TEORIA MALTHUSIANA DELLA POPOLAZIONE → All’epoca in cui Malthus scrisse il proprio saggio sul principio della popolazione, l’Inghilterra si trovava nella seconda fase della transizione demografica e assisteva , quindi, ad un veloce incremento della propria popolazione. La teoria dell’economista Malthus sosteneva che, mentre le risorse alimentari possono aumentare in modo aritmetico, la popolazione cresce in maniera esponenziale, con il risultato che, di fronte ad una crescita demografica, il numero di persone che vivono in un paese supera presto la dimensione massima sostenibile dalle risorse alimentari di quel paese. Questo favorirebbe l’apparizione di ostacoli repressivi, come le carestie o le epidemie, che aumentano la mortalità e riducono la popolazione, rendendo di fatto le dimensioni della popolazione di uno stato direttamente collegate alla sua capacità produttiva alimentare. Per evitare questi terribili eventi, secondo Malthus le persone avrebbero dovuto volontariamente mettere in atto degli ostacoli preventivi, come i matrimoni tardivi e l’astinenza sessuale. Col tempo si è affermata l’idea che ogni territorio e il mondo intero abbiano una certa capacità di carico, dovuta alla limitazione delle sue risorse e quindi del numero di persone che possono viverci in condizioni di vita accettabili. LA POVERTÀ E L’INSICUREZZA ALIMENTARE Uno dei principali problemi legati all’aumento della popolazione è quello della insicurezza alimentare, ovvero l’impossibilità fisica o economica, di alcune persone di accedere al cibo, a causa di fattori come povertà, sovrappopolazione, guerre e conflitti o disastri naturali. La più grave conseguenza della povertà è la fame (bisogno fisiologico di mangiare), la denutrizione (consiste in un’alimentazione insufficiente) e la malnutrizione (consiste in un’alimentazione carente di alcuni alimenti indispensabili come le proteine, le vitamine e il ferro). Nonostante a partire dagli anni 70 la disponibilità mondiale di cibo sia nel complesso aumentata grazie alla rivoluzione verde, tuttavia fame e denutrizione sono presenti per 3 motivi: - in ambiente rurale molti contadini vivono ancora di agricoltura di sussistenza, ma non producono abbastanza per i loro bisogni o per cause naturali o per l’uso di tecniche arretrate; - in ambiente cittadino vi sono persone troppo povere per acquistare alimenti, anche se questi sono disponibili. - circa 30 milioni di persone soffrono di fame e carestie a causa delle guerre; queste persone per sopravvivere dipendono dagli aiuti umanitari. LE MIGRAZIONI Oltre a tener di conto il tasso di natalità e mortalità di un paese, dobbiamo considerare anche le migrazioni, concetto che indica uno spostamento permanente e perciò va distinto dalla circolazione delle 13 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 persone che comprende migrazioni temporanee e movimenti pendolari. La migrazione → è lo spostamento permanente o di un lungo termine di un individuo o un gruppo di persone dal proprio luogo d’origine ad un altro luogo. La circolazione → è lo spostamento temporaneo, spesso ciclico, dal proprio luogo d’origine ad un altro luogo. Comprende le migrazioni temporanee e i movimenti pendolari. Ogni migrazione prevede un’emigrazione, la partenza da un luogo e un’immigrazione, l’arrivo in un altro luogo. Il calcolo del saldo migratorio netto considera i cambiamenti nella popolazione di un determinato luogo in seguito alle immigrazioni e alle emigrazioni: saldo migratorio netto = immigrati – emigrati. Il cambiamento demografico quindi può essere calcolato attraverso l’equazione demografica, che considera la crescita naturale di una popolazione e il suo saldo migratorio in un determinato periodo di tempo. LE MIGRAZIONI VOLONTARIE E LE MIGRAZIONI FORZATE → La maggior parte delle migrazione può essere attribuita a due categorie: le migrazioni volontarie e le migrazioni forzate. Le migrazioni forzate si verificano quando una persona, un gruppo sociale , un governo o altro costringono un altro individuo o un gruppo di persone a cambiare luogo di residenza, senza che questi ultimi abbiano alcuna voce in capitolo relativamente alla destinazione, ai tempi di migrazioni o altro. Le migrazioni volontarie sono invece trasferimenti di lunga durata, o permanenti, effettuati in seguito ad una scelta, anche se spesso questa è dovuta a situazioni particolarmente difficili in patria, che offrono una possibilità di scelta molto limitata. La maggior parte della migrazioni appartiene a quest’ultima categoria. Un ruolo molto importante nella costruzione di questa scelta è svolto dalle reti sociali, sia in termini di legami personali, che di trasmissione delle informazioni. Le migrazioni volontarie avvengono in quanto il migrante si confronta con un insieme di fattori di spinta e fattori di attrazione che contribuiscono alla scelta di emigrare, un confronto sociale, politico ed economico col paese estero. In generale tra le migrazioni volontarie occorre distinguere quelle in cui la scelta è necessitata da condizioni di estrema povertà e insicurezza e quelle in cui la scelta dipende dal desiderio e dalle opportunità di migliorare condizioni di vita normali. Si parla di migrazione internazionale quando un individuo si traferisce in maniera permanente o per un lungo periodo di tempo in uno stato diverso da quello di origine. Nello scorso secolo molti migranti internazionali hanno emigrato verso altri paesi per motivi di lavoro. Una delle ragioni per cui le migrazioni internazionali sono molto più difficili da organizzare rispetto a quelle nazionali, sta sia nei costi, sia nelle formalità legate ai passaporti e ai visti di ingresso e permanenza nel nuovo paese. Le migrazioni internazionali assumono carattere globale quando si svolgono tra diversi continenti come è accaduto sempre più spesso negli ultimi cento anni, in seguito alla colonizzazione europea ,alla decolonizzazione e poi alla globalizzazione. L’Europa ha vissuto la più grande emigrazione di massa della propria popolazione a cavallo tra il XIX e il XX secolo, in seguito a guerre, carestie e altri fattori sociali, politici ed economici: si calcola che ,tra il 1880 e il 1914 , circa 30 milioni di europei abbiano attraversato l’Oceano Atlantico in cerca di vita migliore. Nel primo decennio del nostro secolo si sono verificati notevoli cambiamenti nei flussi migratori. In primo luogo il numero di persone che lasciano il loro paese per un altro è aumentato notevolmente ed è tuttora in crescita. I PROFUGHI AMBIENTALI sono coloro che emigrano per cause legate ai cambiamenti climatici del pianeta, quali siccità e desertificazione, innalzamento del livello marino, inondazioni. Le migrazioni ambientali si presentano problematiche perché si risolvono sempre più spesso nello sradicamento definitivo di milioni di persone dalle loro terre. Tali profughi comprendono intere famiglie con bambini che necessitano istruzioni e anziani non più autosufficienti, senza più averi e questo aggrava sui paesi confinanti che li ospitano. L’Italia, per la sua posizione a cavallo tra un continente particolarmente vulnerabile quale l’Africa e l’Europa mediterranea anch’essa a rischio siccità, sarà particolarmente coinvolta nel problema, anche a causa del grande sviluppo delle coste che rappresentano un facile approdo. In questa situazione non è sufficiente l’intervento umanitario dei singoli paesi coinvolti, ma è l’intera comunità mondiale che deve farsi carico del problema. - Le migrazioni nell’America settentrionale Gli Stati Uniti e il Canada erano, nel secolo scorso, le principali destinazioni migratorie del mondo, accogliendo quasi la metà del totale mondiale dei migranti. Oggi essi provengono in gran part dall’Asia e dall’America Latina. Il numero massimo di immigrati si ebbe negli Stati Uniti tra il 1995 e il 2000. Sia gli USA che il Canada fissano ogni anno delle quote massime al numero di immigrati che possono essere 14 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 accolti, oggi queste sono basate su categorie di migranti e non sulla provenienza. Negli Stati Uniti gli immigrati regolari sono considerati residenti legali permanenti, in possesso di un documento chiamato “green card”, e sono inseriti in un censimento che viene aggiornato costantemente, in base ai nuovi arrivi ed ai cambiamenti di status degli immigrati già presenti nel paese. Gli immigrati irregolari sono invece quelle persone che sono arrivate nel paese con un visto temporaneo, ma non hanno abbandonato il paese alla sua scadenza, oppure hanno attraversato il confine di nascosto , senza passare per i controlli doganali. - America Latina Fino agli anni 50 del 1900 l’America latina era una delle principali destinazioni dell’immigrazione, proveniente principalmente da Spagna, Portogallo e Italia, ma anche Germania, Giappone e altri paesi. Dopo di allora la tendenza si invertì soprattutto a causa dell’instabilità economica e politica e l’America latina è ora una delle regioni di provenienza di migranti diretti verso regioni più ricche. - Europa L’Europa storicamente è stata terra d’emigrazione ma a partire dagli anni 50 del 1900, quando paesi come la Francia e la Germania si trovarono ad affrontare una carenza di manodopera, richiamando lavoratori da altri paesi, soprattutto dall’Europa meridionale dove la disoccupazione era particolarmente elevata. Anche se gran parte di questi immigrati arrivò con lo status di lavoratore ospite, che consentiva loro di vivere e lavorare nel paese ospitante, molti di essi non ritornarono mai nel loro paese d’origine, avviando anzi una catena migratoria, che portò altri membri della loro famiglia e della loro comunità a raggiungerli. Negli anni 80 e 90 queste tendenze migratorie hanno visto grandi cambiamenti , a causa di due importanti eventi: la caduta del blocco sovietico, che ha messo fine al rigido controllo degli spostamenti degli abitanti dell’est Europa , e le guerre nei Balcani, che hanno costretto soprattutto i bosniaci a fuggire dall’ex Jugoslavia e chiedere asilo politico e lo status di rifugiati in altri paesi europei. Un rifugiato → è chi fugge in un paese diverso dal proprio per garantire la propria sicurezza personale o per scampare ad una persecuzione. L’asilo politico → è la protezione dalla persecuzione garantita da uno stato ai rifugiati provenienti da un paese straniero (es. caso Lampedusa). Anche se la maggior parte delle richieste d’asilo viene rifiutata, per tutta la durata dell’esame della richiesta lo stato che se ne occupa ha il dovere di ospitare il potenziale rifugiato e garantirgli la possibilità di soddisfare le proprie necessità quotidiane. Questo tipo di immigrazione crea diversi problemi: - la disuguaglianza spaziale dei flussi degli immigrati, che si concentrano nei paesi dell’Europa meridionale più facilmente accessibili, come Grecia, Italia e Spagna. - in molti paesi europei, storicamente non abituati a una massiccia immigrazione, l’arrivo di un gran numero di stranieri ha rinvigorito le forze politiche più ostili nei confronti dei nuovi arrivati. Migrazioni in Italia Fino alla metà del XX secolo , l’Italia, insieme a Spagna, Grecia e Portogallo fu tradizionalmente esportatrice di manodopera. Dal nostro paese partivano moltissimi migranti in cerca di lavoro. Fino al XIX secolo la maggior parte dei migranti si recava in America; in molte città, come New York , si creano interi quartieri popolati da italiani. In seguito , a partire dagli anni 70 , con lo sviluppo dell’industria e il conseguente aumento dei posti di lavoro, l’emigrazione verso l’estero diminuì notevolmente e l’Italia da paese di emigranti divenne invece un paese di immigrazione. I principali fattori che hanno favorito il flusso migratorio in Italia sono due: - la vicinanza alle sponde meridionali e orientali del Mediterraneo e il grande sviluppo delle coste che ne fanno la principale porta d’ingresso dell’Europa, sia per i cittadini dei paesi balcanici. - la differenza socioeconomica tra l’Italia e i paesi di provenienza degli emigranti, che funziona da richiamo per molte persone che sperano di migliorare le loro condizioni di vita. Le concentrazioni maggiori si hanno a Roma e Milano, ma sono presenti in tutte le città italiane. A partire dagli anni 70, fino alla fine del secolo scorso il gruppo più numeroso era rappresentato da cittadini detti comunemente extracomunitari provenienti soprattutto dall’Albania, da paesi africani, sud americani e asiatici. Dall’inizio del XXI secolo agli extracomunitari si sono aggiunti, approfittando della libera circolazione della manodopera tra i paesi comunitari, numerosi lavoratori provenienti dall’Est Europa, soprattutto romeni. - Africa Gli africani costituiscono il 9% di tutti i migranti internazionali e sono molte le migrazioni tra gli stati del 15 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 continente. Per molti anni le miniere e le piantagioni aperte dagli Europei nelle colonie hanno sfruttato la forza lavoro africana, gettando le basi per flussi migratori che durano tuttora. In paesi come il Sudafrica, ricchi di miniere di carbone, oro, diamanti o come la Libia , ricca di petrolio, attirano numerosi lavoratori dai paesi circostanti. Inoltre sono presenti anche numerosi profughi interni:→ persone costrette ad abbandonare le proprie località d’origine per migrare verso un’altra regione dello stesso paese. Soprattutto si tratta di flussi provenienti dall’Africa sub sahariana verso il nord del continente, verso Marocco, Libia e Tunisia. Di qui molti migranti cercano poi di raggiungere l’Europa. La maggior parte dei paesi in via di sviluppo deve affrontare la questione della cosiddetta fuga di cervelli → ovvero l’emigrazione verso l’estero delle persone più istruite e preparate, che vanno in cerca di luoghi dove possano ottenere guadagni superiori e una migliore qualità della vita. L’Africa è la regione del mondo dove il problema della fuga di cervelli raggiunge le proporzioni più preoccupanti: ogni anno oltre il 10% dei professionisti del settore sanitario dei paesi africani emigra, mettendo a rischio la capacità di questi stati di gestire l’epidemia di AIDS e altre gravi emergenze sanitarie. Nel continente africano le guerre continuano ad incidere in modo decisivo sui flussi migratori , provocando massicce migrazioni forzate e costringendo molte persone ad abbandonar le proprie case. - Asia Gli asiatici, invece, costituiscono il 25% dei migranti in tutto il mondo, la maggior parte che si sposta tra un paese e l’altro dello stesso continente. Negli anni 70, le crescenti economie dei paesi produttori di petrolio del Medio Oriente hanno attirato milioni di immigrati , la maggior parte asiatici , che cercavano lavoro nei pozzi di petrolio e nelle imprese edili. Un aspetto importante delle migrazioni asiatiche è rappresentato dal movimento dei rifugiati, presenti in Asia in proporzioni superiori a quelle delle altre regioni del mondo, in particolare provenienti da paesi di guerra come l’Afghanistan e l’Iraq. Nell’Asia orientale e meridionale, la maggior parte delle migrazioni avviene all’interno dei confini dello stesso paese, in particolare nelle aree rurali verso le città, come accade in Cina. In alcune parti dell’Asia molte donne e molti bambini sono costretti a migrare a causa del traffico di esseri umani ,usato spesso per rifornire il mercato della prostituzione o per ottenere forza lavoro da sfruttare. I paesi maggiormente coinvolti sono quelli del sud est asiatico. A partire dagli anni 90, molti esperti hanno iniziato ad interrogarsi sull’impatto della globalizzazione sulle migrazioni internazionali, in particolare quelle del contesto latino americano. Da questi studi è emerso che spesso tra gli aspetti dell’identità del migrante c’è il TRANSNAZIONALISMO → è il processo mediante il quale i migranti costituiscono reti di interazioni che legano tra loro il paese d’origine e quello di insediamento (identità del migrante, il cui sviluppo è favorito dalla globalizzazione). Ciò dimostra che la migrazione implica un sistema di circolazione nel quale i flussi migratori non sono semplicemente unidirezionali ma mettono in moto dei contro flussi in senso opposto. La testimonianza più evidente è data dalle rimesse dei migranti → sono le somme di denaro, beni e servizi che i migranti inviano in patria. CAPITOLO 4 – GEOGRAFIA DELLE LINGUE L’interconnessione e l’interazione tra chi vive in una stessa regione o in diverse regioni del mondo dipende in buona parte dalla capacità di comunicare, infatti ciascuno di noi usa il linguaggio nel corso della propria vita dandolo per scontato e dimenticando quanto sia importante per il funzionamento della società e per definire la nostra identità. Infatti una geografia delle lingue corrisponde a una geografia delle culture. Le lingue si distribuiscono sul pianeta per regioni omogenee , caratterizzate dal fatto che in ciascuna di esse la maggioranza degli uomini e delle donne comunicano tra loro in una determinata lingua. Quando due o più persone parlano la stessa lingua si innesca un processo di interazione comunicativa che identifica comunemente gli oggetti e esprime i concetti complessi, essa definisce la nostra identità. Ogni lingua presenta poi al suo interno varianti geografiche e sociali dette dialetti. Alcuni dialetti sono considerati vere e proprie lingue. Il linguaggio → è un sistema di comunicazione basato su simboli ai quali vengono attribuiti significati condivisi. Il dialetto → è una varietà linguistica usata tra di loro da abitanti originari di una particolare area geografica, in aggiunta alla lingua ufficiale. La lingua → è un idioma che si è imposto sugli altri in un’area più o meno vasta per motivi letterari, 16 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 sociali o politici. La lingua minoritaria → è una lingua tradizionalmente usata nel territorio di una lingua ufficiale da un gruppo di persone meno numeroso del resto della popolazione. TIPI DI LINGUAGGIO Anche se simo abituati a considerare la lingua come un sistema di comunicazione parlato o scritto, esistono tipologie di linguaggio che non possono essere sviluppate oralmente e tantomeno sotto forma scritta. - Il linguaggio dei segni è utilizzato per comunicare con persone che non sono in grado di sentire o parlare, sostituendo i suoni con i movimenti del corpo e delle mani. Esso è diverso da paese a paese, al punto che una persona in grado di esprimersi attraverso il linguaggio dei segni americano potrebbe non essere in grado di capire il linguaggio dei segni britannico. Il linguaggio dei segni è un tipo particolare di linguaggio del corpo ovvero un sistema di comunicazione basato sui gesti, le espressioni del volto attraverso il quale si può esprimere sentimenti ed emozioni. Un altro tipo di linguaggio è la lingua tattile, la cui più nota espressione è il sistema Braille, che si serve di una serie di punti in rilievo per rappresentare lettere, numeri o simboli. Questo particolare sisrema di comunicazione esiste solo in forma scritta, come alcuni linguaggi specializzati come il linguaggio di programmazione dei computer. Un’ulteriore distinzione è quella tra lingue naturali e lingue artificiali. La lingua naturale → è una lingua nata e evolutasi nel corso della storia delle comunità umane. La lingua artificiale → è una lingua inventata intenzionalmente dall’uomo per facilitare la comunicazione tra parlanti lingue diverse. Alcune lingue artificiali sono state ideate con il proposito di creare una lingua universale che potesse essere parlata e compresa in tutto il mondo, come nel caso dell’esperanto, inventato da un medico polacco nel XIX secolo, con una grammatica molto semplice e regolare, teoricamente più facile da imparare di quella delle lingue naturali. La realtà però è che solo se ci fosse una cultura universale ci potrebbe essere una lingua universale. LA DIFFUSIONE DELLE LINGUE E LE FAMIGLIE LINGUISTICHE Oggi esistono circa 6.900 lingue diverse nel mondo. I geografi e i linguisti considerano le lingue anche da un punto di vista delle relazioni storiche che ciascuna ha con tutte le altre. Anche se sappiamo che una sorta di lingua esisteva già almeno 30 mila anni fa, è impossibile stabilirne con precisione una data di nascita. Molto di quello che sappiamo sull’evoluzione del linguaggio e delle lingue deriva d manufatti storici o da testi scritti sopravvissuti fino e per questo esistono molti punti oscuri nella ricostruzione storica del loro percorso, anche perché molte lingue primitive non furono mai messe per iscritto. Un gruppo internazionale di biologi, diretti dal genetista Luigi Luca Cavalli Sforza ha usato come tracciante delle migrazioni e delle relazioni tra lingue nel passato, i dati genetici delle popolazioni odierne e li ha confrontati, arrivando a stabilire che geni, popolazioni e lingue si sono irradiati parallelamente attraverso una serie di migrazioni della nostra specie che hanno avuto origine dall’Africa orientale e hanno portato al popolamento del pianeta nel corso di alcune decine di migliaia di anni. Espressioni come famiglia linguistica esprimono il fatto che molte lingue condividono una lontana origine storica comune, al punto che si possono individuare 90 diverse famiglie linguistiche, delle quali le 6 maggiori comprendono la maggior parte dei parlanti del mondo. Quasi la metà degli abitanti del mondo parlano lingue indoeuropee, il resto sono arabo, cinese e giapponese. Lo sviluppo dell’agricoltura ha incrementato le migrazioni, trasformando così la distribuzione delle lingue e delle famiglie linguistiche in tutto il mondo. Le lingue indoeuropee , suddivie in diversi gruppi, rappresentano la famiglia linguistica con il maggior numero di parlanti, circa la metà degli abitanti della terra e la più vasta diffusione geografica. Uno dei più importanti gruppi di questa famiglia è quello delle lingue romanze, che derivano tutte dal latino, una lingua italica che iniziò a venire parlata dagli abitanti di Roma intorno al VI secolo. La crescita e l’espansione dell’impero romano portò alla diffusione della lingua latina, che allora si divideva in latino classico e latino volgare. LE MINORANZE LINGUISTICHE sono comunità storicamente insediate in un territorio, che oltre alla lingua ufficiale del Paese, parlano una lingua minoritaria diversa dalla lingua più diffusa in un dato paese. Su 11 lingue europee ufficiali, vi sono 60 minoranze linguistiche. La varietà di linguaggi rappresenta una ricchezza che è importante conservare, come un patrimonio che non soltanto ha un 17 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 valore storico, ma anche socio culturale. LA DIFFUSIONE DELLE LINGUE E LA GLOBALIZZAZIONE La diffusione delle lingue viene condizionata anche da forze politiche, economiche e religiose. Un esempio è la grande espansione inglese tramite il colonialismo, che ha portato la lingua inglese ben oltre la Gran Bretagna. Le forze economiche possono influenzare in diversi modi la diffusione delle lingue, ad esempio attraverso il turismo o gli affari con l’estero. È intuitivo che parlare correttamente una lingua straniera può aumentare le possibilità di una persona di trovare un lavoro o incrementare i propri guadagni ed è questa una delle spinte che porta molti immigrati a sforzarsi di imparare la lingua del nuovo paese in cui vivono. Anche la religione rappresenta un importante fattore di diffusione delle lingue. Lo dimostrano i numerosi mussulmani che parlano arabo per essere in grado di leggere il Corano in lingua originale. E ciò porta a una diffusione dell’idioma molto più estesa rispetto a quella dei suoi territori d’origine. La geografia linguistica studia non solo la diffusione delle lingue ma anche il modo in cui esse vengono utilizzate nei vari contesti. LA DOMINANZA LINGUISTICA → è la situazione in cui una lingua si trova ad essere più influente e importante rispetto ad un’altra. Il cinese, per esempio, è la lingua più parlata nel mondo, con oltre un miliardo di parlanti, ma la sua estensione è molto meno vasta rispetto all’inglese. Un altro tema di grande importanza è rappresentato dal legame tra uno stato indipendente e la sua lingue. Nel ondo esistono 6900 lingue ma solo 200 stati, determinando quello che viene chiamato gap linguistico, ovvero l’esistenza di un grandissimo numero di lingue senza stato, perciò considerate minoritarie. Esse non vengono utilizzate negli atti ufficiale dello stato ma vengono parlate quotidianamente dai popoli ai quali appartengono e rappresentano una componente fondamentale della loro identità. Quasi sempre uno degli atti formali di uno stato indipendente è rappresentato dalla scelta della lingua ufficiale, o più lingue ufficiali in alcuni casi, solitamente indicata nella costituzione. Le lingue si evolvono sia tempo sia tra un luogo e l’altro. Il prestito linguistico è una parola che entra a far parte del vocabolario di una lingua, pur provenendo da una lingua diversa. LA LINGUA PIDGIN E LE LINGUE CREOLE La mobilità tra gli uomini e le migrazioni sono tra le principali forze che influenzano i cambiamenti linguistici, frammentando le comunità di parlanti o gettando le basi per lo sviluppo di nuovi utilizzi delle lingue, come dimostrano le diverse varietà di inglese parlate negli USA, in Canada o in Australia, oltre al britannico. Come la separazione di persone che parlano la stessa lingua , anche il contatto tra parlanti di diverse comunità, costrette a parlare tra loro in qualche modo può provocare cambiamenti linguistici che sfociano nella nascita delle cosiddette lingue pidgin → è una lingua che mescola termini e pratiche grammaticali di due o più lingue che sono venute in contatto. Queste lingue, connotate da una mescolanza linguistica spesso molto creativa, sono spesso lingue veicolate solo per via orale e raramente sono la prima lingua imparata da una persona e talvolta sopravvivono solo fino a che si mantengono le circostanze di contatto tra le comunità di parlanti che le hanno generate. La lingue creola → è una lingua che si sviluppa a partire da un pidgin e che viene insegnata come prima lingua. Infatti il termine creolizzazione descrive un processo di cambiamento linguistico che espande le funzioni e gli usi delle lingue pidgin, come nel caso nell’inglese creolo hawaiano. LA LINGUA FRANCA → (ovvero lingua europea) è una lingua che viene usata, al posto del pidgin, per favorire gli scambi commerciali o gli affari tra persone che parlano lingue diverse, lingua comune a tutti i marinai e commercianti dal medioevo al XX secolo, fatta di parole italiane, veneziane , genovesi, catalane. Secondo molti il fatto che l’inglese venga usato per comunicaare da milioni di persone in tutto il mondo e sia la lingua prevalente in molti contesti internazionali, come le comunicazioni in mare, in aviazione, la scienza, la tecnologia ecc fa di esso la lingua franca globale dei nostri tempi. Ciò non significa però che l’inglese sia destinato a divenire la lingua universale del nostro millennio. Per due motivi: - le forze della globalizzazione generano effetti diversi a seconda dei contesti locali. - anche se in alcuni contesti l’inglese è la lingua dominante, come nel campo della ricerca scientifica o del commercio, il numero di persone che impara l’inglese come seconda o terza lingua è nettamente superiore a chi la parla come madrelingua. Oggi il mondo sta sperimentando il più alto tasso di estinzione delle lingue nella storia. Si calcola che scompaia una lingua ogni due settimane e, secondo gli esperti, circa la metà delle lingue sulla Terra sarebbe in pericolo e, se non si facesse niente per invertire questa tendenza, rischieremmo di assistere a una vera e propria estinzione linguistica di massa. Le regioni nelle quali il numero di lingue in pericolo è 18 Downloaded by Parzivall_GG ([email protected]) lOMoARcPSD|13821321 maggiore sono soprattutto le Americhe, la Siberia e l’Australia, dove ad essere in pericolo sono le lingue delle popolazioni native. Una lingua in pericolo è una lingua che non viene più insegnata ai bambini dai loro genitori, né utilizzata nelle conversazioni quotidiane in famiglia (riguarda specialmente le lingue native dell’Australia, Siberia). Una lingua estinta è una lingua senza più parlanti in vita. Vengono anche chiamate “lingue morte”. L’estinzione delle lingue è uno dei fattori che influenzano la distribuzione e la mescolanza degli idiomi nel mondo. Le ricerche in campo linguistico privilegiano le regioni del mondo nelle quali sono presenti le lingue in via d’estinzione o lingue delle quali non sappiamo molto. Il metodo che i geografi e i linguisti usano per stabilire la diversità linguistica di una regione si basa sull’indice di diversità linguistica → che esprime la probabilità che due individui residenti nello stesso stato, scelti a caso, condividano la stessa madrelingua. DIALETTI E TOPONIMI La lingua non è solo un mezzo di comunicazione, bensì è anche un’espressione dell’identità culturale e personale di un individuo o gruppo. È proprio la lingua infatti il principale criterio che identifica molti gruppi culturali presenti nel mondo. È il caso dei dialetti. LE REGIONI DIALETTALI → I dialetti sono idiomi subordinati ad altri, generalmente affini, che in un certo momento della storia si sono imposti come lingue sovraregionali, di regola nazionali. In Italia ad esempio, fu scelto per la prima volta come linguaggio letterario nel medioevo da autori particolarmente famosi come Dante, Petrarca e Boccaccio. I dialetti sono diversi l’uno dall’altro, in base alla loro grammatica, al loro vocabolario e alla pronuncia delle parole. Quando sentiamo parlare italiano con accento diverso, significa che quell’individuo nella sua regione parla un dialetto e di questo se ne occupa la geografia dialettale, che studia la distribuzione spaziale dell’uso dei diversi dialetti (es. car pronunciato cah). Le comunità di schiavi afro-americani, che provenivano da popolazioni che parlavano lingue differenti, utilizzavano un inglese diverso da quello dei bianchi, anche come forma di resistenza linguistica nei confronti dell’oppressione. I DIALETTI ITALIANI → Com’è noto, l’italiano deriva dal toscano letterario, che dopo essere stato utilizzato dai grandi scrittori, che lo ritennero tra i linguaggi parlati al loro tempo in Italia, quello che meglio si ricollegava al latino, nel corso dei secoli si è poi trasformato nella lingua italiana. Nel 1861, quando per la prima volta il nostro paese fu unificato nel Regno d’Italia, la maggioranza degli italiani si esprimeva ancora nel dialetto locale e la lingua italiana era parlata solo da una minoranza di persone colte. In seguito, grazie all’istruzione obbligatoria, alla leva militare, alle trasmissioni radio e poi alla televisione, la conoscenza dell’ italiano si è diffusa in tutta la penisola. Oggi l’italiano è lingua ufficiale in Italia, Svizzera, a San Marino e nella Città del Vaticano. È inoltre una delle 27 lingue ufficiali dell’Unione Europea. In Italia il 44% parla italiano corretto, il 51% lo alterna con un dialetto, il 5% parla solo dialetto. La maggior parte delle lingue e dei dialetti in Italia, a cominciare dalla lingua italiana, derivano dal latino. Esso si modificò nel tempo e si ibridò con le lingue originarie parlate da etruschi, celti, greci, ecc., di cui restano tracce nei linguaggi odierni. I dialetti italiani sono molto numerosi e si dividono in 6 grandi gruppi: - gallo italico - veneto (entrambi dell’Italia padana e settentrionale) - toscano corso - marchigiano – umbro – romanesco - abruzzese – molisano –pugliese –campano – lucano - siculo – calabrese meridionale – salentino. LINGUE STANDARD → Quando nello stesso paese si parla più di un idioma, uno di questi può venire considerato, o in alcuni casi riconosciuto ufficialmente, come quello in base al quale si definiscono norme di utilizzo della lingua standard del paese. La scelta dell’idioma standard rispecchia la domin

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