Geografia e Cartografia Storica PDF
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Università degli Studi di Udine
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Questo documento esplora le origini e l'evoluzione della geografia e della cartografia, analizzando il legame tra l'uomo, l'ambiente e la rappresentazione dello spazio. Partendo dalle mappe antiche, come quelle di Abauntz e Bedolina, fino a quelle più complesse, l'autore evidenzia l'importanza della cartografia nel comprendere la storia umana e la visione del mondo in epoche diverse. Il testo analizza le mappe come documenti storici, nonché come strumento di conoscenza e di rappresentazione del territorio.
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Geografia e cartografia storica Alle origini: tra mito e logos Geografia e cartografia: Geografia e cartografia due discipline autonome che costituiscono le due facce di una stessa medaglia, tanto che nel tempo si sono intrecciate e sovrapposte. La geografia ha sempre risposto al significato etimolo...
Geografia e cartografia storica Alle origini: tra mito e logos Geografia e cartografia: Geografia e cartografia due discipline autonome che costituiscono le due facce di una stessa medaglia, tanto che nel tempo si sono intrecciate e sovrapposte. La geografia ha sempre risposto al significato etimologico del termine: geo – grafia, ossia l’arte di descrivere e disegnare la Terra, fino all’Età moderna (XVIII Sec.). Non si può parlare di geografia senza parlare di cartografia: oggi la geografia studia il rapporto uomo-ambiente, mentre la cartografia è la scienza che produce carte geografiche e rappresenta in piano una parte o l’intero globo in modo approssimativo e ridotto. La carta è il modello per presentare il risultato della ricerca geografica. Con l’avvento della geografia moderna il rapporto delle due discipline muta e ciascuna assume uno specifico corpus epistemologico e metodologico. Il legame tra le due discipline è rafforzato se si pensa che le mappe sono state fondamentali per poter plasmare e veicolare la nostra visione del Mondo e il modo di spostarci e orientarci all’interno di esso. Le mappe sono usate per conoscere, immaginare, spostarsi e conoscere il mondo. Le mappe sono testimoni della storia umana, in quanto non contengono solo geografia, ma offrono anche un’immagine della società che le ha create. C’è stato un tempo (e c’è ancora) dove si credeva che il mondo fosse un disco piatto, in cui Gerusalemme era al centro del mondo cristiano e delle mappe, orientando il mondo con l’est in alto, leggendo il Mondo in modo non convenzionale. C’è stato un periodo in cui le attività mercantili esplodono dopo l’Alto Medioevo e le rotte commerciali diventano le protagoniste della cartografia, inaugurando il periodo della cartografia nautica, più scientifica rispetto alle mappe redatte dai geografi. C’è stato un periodo in cui l’Europa e l’Asia ignoravano l’esistenza di un continente che separava i due. Le mappe hanno fatto parte della quotidianità dei modi di esperire il mondo, in un tempo passato, nel presente e nel futuro, in quanto l’utilizzo della cartografia storica serve per ricostruire il passato e per progettare il futuro. La concezione del mondo non è mai stata come quella odierna. La mappa cartografica è il frutto di una stratificazione che ha richiesto impegno e percorsi evolutivi e involutivi per raggiungere lo status quo. Fintanto che l’uomo non è riuscito a sollevarsi in aria, costruire carte geografiche non era una cosa semplice, in quanto chi disegnava il territorio si trovava al suo interno. L’unico modo per vedere la Terra dall’alto era tramite monti o campanili, che pero fornivano un'immagine circoscritta, e non una visione del pianeta nella sua complessità. Come si rappresentava allora una parte della Terra in modo che chiunque potesse ricostruire le conoscenze di chi ha creato la mappa interessata? La ricerca di cartografare ha origine dall’antichità ed è lo strumento conoscitivo dell’evoluzione dell’umanità. Ogni carta geografica offre la rappresentazione grafica di un territorio e l’immagine del periodo storico-culturale della società che ha pensato e prodotto la mappa. Fornisce informazioni tecniche, idee del periodo, finalità e omissioni; ciò che non viene cartografato è molto più importante di ciò che si rappresenta: perché non sono presenti certi elementi? Perciò le carte antiche vanno studiate come importanti testimoni del periodo storico in cui sono state redatte. John Brian Harley afferma che “la cartografia non è solo il disegno di mappe, ma la creazione di Mondi”. Le mappe ci permettono di capire come il mondo è stato compreso, rappresentato, conosciuto e immaginato nel tempo. Le origini: Fin dall’antichità, l’uomo è stato sopraffatto dalla necessità di conoscere l’ambiente circostante e i meccanismi che dominavano l’ambiente, in modo da gestirli meglio per soddisfare i propri bisogni e migliorare la qualità della vita. Da qui nascono la geografia e la cartografia, legate a fini puramente pratici, e non culturali- filosofici. Il territorio viene indagato per rispondere a principi primari, procacciarsi il cibo, difendersi dalla natura (e dagli altri esseri viventi) e trovare un riparo. È una geografia “spontanea” ed empirica. La mappatura del territorio è concreta e realistica, come testimoniato da varie rappresentazioni (incisioni rupestri, cortecce, tavolette d’argilla, pelli, ossa papiri). 1 Mappa di Abauntz (Nord della Spagna): Risale a 14.000 anni fa e raffigura degli elementi fisico-naturali e animali della zona. Mappa di Bedolina (Val Camonica – Brescia, 2300 a.C.): Rappresenta gli spazi agricoli, sentieri di montagna e villaggi; Mappa di Abauntz Queste due esempi territorializzano, ossia definiscono un’area governata dall’uomo. Tavoletta di Nippur (1300 a.C. ca.): Raffigura una vallata di Mappa di Bedolina appezzamenti agricoli attraversati dal fiume Eufrate. Le prime tavolette di argilla della valle dell’Eufrate rappresentano, in modo rudimentale, gli elementi fisico-naturali che caratterizzano il territorio. Gestire il fiume è fondamentale, è un elemento di socialità, attorno a cui ci si riunisce, nascono le prime civiltà; anche dal punto di vista ambientale c’è un clima più mite e la presenza d’acqua permette le coltivazioni. Tuttavia, è anche un pericolo: vi sono esondazioni, ci si chiede il perché accadono e ci si interroga sui meccanismi della natura (maree, Sole, Luna); sono cartografie della quotidianità. Tavoletta di Nippur Papiro di Nubia (1184-1087 a.C.): Vengono disegnati i giacimenti d’oro della regione, la Nubia, appartenenti a Sethi I, faraone della XIX dinastia. È una carta che testimonia le risorse del territorio e l’appartenenza politica ed economica e gestionale del territorio. Guardandola, tuttavia, non viene in mente una carta politica, anche se i suoi contenuti Papiro di Nubia lo sono, riletti in un’ottica moderna. Imago Mundi: Tavoletta d’argilla risalente al VII.V Sec. a.C., raffigura l’immagine del mondo babilonese. La terra è circolare e al suo interno vengono cartografati gli elementi delle quotidianità; è quasi una carta urbana, perché rappresenta i centri attorno ai quali ruota la vita. Emergono elementi antropici, come Assiria Imago Mundi e, naturali, quali l’Eufrate, la palude, l’Oceano e le regioni esterne, volte quasi a far emergere che Babilonia fosse il centro del Mondo. Ai primordi, il bisogno di mappare per un fine pratico ha portato a rappresentare e raffigurare lo spazio, ma anche a instaurare un legame tra il territorio e gli altri elementi del Cosmo, tra uomo e ambiente. La limitata conoscenza dello spazio vissuto, sommata all’incapacità di spiegare, gestire e comprendere i meccanismi della natura, hanno fatto sì che il rapporto uomo-ambiente fosse di idolatria verso i fenomeni naturali rispetto a quelli umani, dato che gli effetti naturali avevano il sopravvento sull’esistenza umana. In questo momento l’uomo teme la natura e la innalza ad una divinità. Dunque, queste forze naturali sono nelle mani di qualcun altro, e la natura viene divinizzata. Il rapporto uomo-ambiente è mistico, tanto che è squilibrato, dove maggiore potere lo ha la natura, dominata da delle divinità. L’aspetto divino crea un rapporto di deferenza tra uomo e natura, e dunque il primo è destinato subire la natura. Gli eventi naturali sono ciclici e ingestibili, come un castigo, e solo quando si imparerà ad accettare la supremazia naturale sull’uomo, egli comincerà a interrogarsi sulla forma, posizione e dimensione del Mondo, a gettare le basi per cartografarlo al di là del proprio spazio vissuto, conoscerne la natura (quantità di acqua e terra, chi abita, il cibo) e trasferirne sotto forma visiva la sua immagine. Inizialmente è intrisa di miti, magia, divinità e misticismo, tanto che i primi a cercare di indagare il Mondo al di fuori del sovrannaturale sono i greci, che gradualmente sfondano la visione mistica con la capacità di dimostrare che il mondo può essere conosciuto e 2 cartografato partendo da dei presupposti astronomico-matematico e filosofici. Ciò accade quando si accetta l’esistenza di uno o più creatori del Cosmo, che costituisce il presupposto per cui si inizia cercare la forma, dimensione e composizione della Terra in funzione al Cosmo, tanto che vi è un legame tra le due. Chi indaga il mondo al di fuori della magia sono i greci, tanto che la Grecia è la culla della geografia e della cartografia. Infatti, la cartografia si fonda sulla geografia razionale greca. I primi geografi vedono il mondo in modo simile a quello mesopotamico: il Mondo è formato da due cupole semisferiche, gli emisferi, uno superiore e uno inferiore, dove al centro, come un divisorio, c’è la Terra, mentalmente vista come un disco piatto, e circondata dal fiume Oceano. All’interno del mondo babilonese vi è Babilonia, personificazione della Terra con forma di torre conica che svetta verso l’alto, che rappresenta la Ziqqurat, il tempo di osservazione utilizzato e sfruttato dai sacerdoti e dalle civiltà che avevano una visione teocratica del mondo. La parte superiore è il regno della luce, dei cieli, e hanno sede le stelle fisse, la luce, gli dèi buoni, gli La visione dell’Universo secondo i astri e il Sole. Nell’emisfero inferiore vi è il regno dell’oscurità, gli abissi, ossia mesopotamici il regno dei morti. La geografia e la cartografia nell’Antica Grecia La Terra secondo gli antichi greci: Questa visione accompagna le prime descrizioni greche del mondo. Solo con il passare del tempo i maggiori eruditi, filosofi, storici, matematici, viaggiatori, con formazione diversa, rappresentano il Mondo in modo completamente diversa fino al 16° secolo. La visione greca del Mondo permea la geo-cartografia fino al 1500, con diverse sfaccettature. L’esplorazione del Mediterraneo fornisce ai greci le conoscenze che hanno permesso loro di supporre molte teorie in merito alla forma, posizione e conformazione della Terra, partendo dalla visione delle popolazioni babilonesi. Omero (VIII Sec. a.C.), ritenuto il precursore e “fondatore” della geografia, descrive il Mondo in modo simile a quello babilonese: un Universo (con “Mondo” si intende “Universo”, ossia l’insieme di sfera celeste e terrestre) composto da due emisferi, quello della luce e quello degli abissi, con al centro una terra piatta circondata dal fiume oceano, che per Omero è origine di tutto. Omero è precursore della geografia per la descrizione accurata del mondo data nell’Iliade e nell’Odissea, dove emerge che la massa terrestre è piana, discoidale, circondata dall’oceano, dalle cui estremità emerge la cupola celeste; al di sotto vi è l’oltretomba, la regione dell’oscurità e delle tenebre. I confini della Terra sono situati presso la costa orientale del Mediterraneo: il Ricostruzione dell’ecumene secondo Omero Mar Nero, la Tracia, la zona della Nubia e le Colonne d’Ercole. A nord della Tracia vi sono gli iperborei, i popoli che abitano la parte estrema del mondo conosciuto; sulla costa africana vi sono i lotofagi (mangiatori di loto). I nomi dei popoli sono collegati al loro rapporto con l’ambiente. È una visione legata alla geografia spontanea, empirica, data dall’esperienza diretta sul territorio che stimolava una fervida immaginazione. Chi provava a superare le Colonne d’Ercole non ha mai fatto ritorno a casa, precipitando nel fiume Oceano che abbracciava il mondo. Il tipo di imbarcazioni era discriminante, in quanto navigare in un mare chiuso come il Mediterraneo è fattibile, farlo Le Colonne d'Ercole nell’Oceano, mare aperto, è molto difficile. 3 Dalla geografia mitico-religiosa alle prime speculazioni: I pensatori ionici sono i primi a studiare il Mondo al di fuori della visione mitica, cercando un principio (archè) per spiegare tutte le cose. L’esplorazione e le conquiste ampliano la conoscenza su forma, dimensione e posizione della Terra. L’uomo si pone domande su sé stesso e specula sulla conoscenza diretta, facendo riflessioni di natura logico-esistenziale. Nel VI Sec. a.C. nasce il pensiero filosofico: la convergenza tra riflessioni dei natura umana, associate all’impulso di espansione dei propri domini, fa scaturire i presupposti per una geografia e cartografia non più spontanea, dunque di stampo induttiva, ma deduttiva, ipotizzando, in base a delle intuizioni, come potesse essere il Mondo. Una geografia che esce dalla mitologia e dal sovrannaturale si origina con la nascita del pensiero filosofico e vuole spiegare i fenomeni naturali, tra cui l’uomo (che ne fa parte), con argomenti comprovati. La descrizione terrestre deve essere supportata da dati oggettivi. L’esigenza di supportare la descrizione corografica del Mondo e di dati concreti è il motivo che caratterizza tutta l’attività umana, in particolare la geografia e cartografia, che sia descrizione del Mondo o sua rappresentazione. Dal VI Sec. a.C., realizzare le mappe celesti e terrestri è l’obiettivo principale. La geometria gioca un ruolo essenziale, in quanto i greci disponevano di una solida formazione geometrica e interpretavano i vari aspetti della realtà attraverso figure e formule geometriche. I fenomeni erano interpretati attraverso un parallelismo tra geometria, astronomia e cartografia. Ritenevano che le cartografie dovessero essere proiezioni delle figure geometriche, in quanto la realtà fisica era copia imperfetta di quei corpi, strettamente legata alla conformazione dei corpi celesti. C’è una formazione platonica, la quale afferma che ci sono idee e forme che configurano il mondo fisico e che la mente le cattura attraverso l’intelletto (e non i sensi), pensando in accordo con esse. Le forme regolari sono viste in tutto il mondo sensibile, nella forma e traiettoria degli elementi naturali. Le forme geometriche sono nel Mondo celeste e terrestre: per questo l’attività di mappatura non era un’attività empirica, ma teorica. La cartografazione della Terra è una ricerca di armonia con il mondo celeste. I greci osservavano il mondo celeste e volevano trasporre le regole celesti alla sfera terrestre. La Terra è copia imperfetta del mondo celeste, e nel caos terrestre bisogna trovare una regola che dia ordine alla realtà sensibile, fisica. Bisognava spiegare l’ecumene e i moti astrali in un’unica teoria cosmologica, su premesse filosofico-geometriche. I pensatori ionici e la scuola filosofica di Mileto (VI Sec. a.C.): La cartografia è legata più ai filosofi che ai viaggiatori: questi ultimi, infatti, si trovavano in contrasto con le mappature del Mondo fornite dai filosofi, tanto che venivano derisi. Chi esperiva il Mondo metteva in discussione e negava la veridicità delle carte, senza alcun valore pratico, in quanto basate su postulati e teorie geometrico-filosofiche e concettuali. Dalle critiche di chi descrive il mondo, una si chiede: “Come si può descrivere il mondo senza conoscerlo?”. Dai commenti di seconda o terza mano comprendiamo il modo di cartografare il mondo all’epoca; non ci sono fonti dirette. Anassimandro (610 – 546 a.C.): È il primo a cartografare l’ecumene ed il primo cartografo della storia. Astronomo di eccezionale valore, si interessa agli aspetti tecnici di come rappresentare il mondo conosciuto. La carta di Anassimandro raffigura la terra piatta e circolare, strutturata in due continenti, Europa e Asia, al cui interno vi è il Nord Africa, quella parte che sta sulle sponde del Mediterraneo. Si immaginava che le parti di terra fossero egualmente distribuite rispetto al bacino del Mediterraneo, ossia l’asse centrale della visione ecumenica dei greci. Gli elementi idrografici, rappresentanti delle insenature del fiume Oceano sono il Mar Mediterraneo, Ricostruzione della carta di mare chiuso che ingloba la maggior quantità d’acqua, il Nilo e il Phasis, il quale Anassimandro sfocia nel Mar Nero. La mappa è ellocentrica, in quanto vi è la Grecia, in particolare Delfi e il suo oracolo, al centro della Terra. Anassimandro orienta la mappa seguendo la stella polare, ossia con il nord in alto, e il Mediterraneo separa l’Europa e l’Asia (divide il Mondo in due o tre parti). Agli estremi vi è la cupola del cielo. 4 Non tutta la superficie terrestre è abitata: egli si propone di indagare l’ecumene, ossia la terra abitata e abitabile, opposta all’anecumene. Il concetto di ecumene è fondamentale: Strabone afferma che chiamiamo il così il mondo conosciuto. Cartografare l’ecumene significa mappare il mondo che si conosce. Ecateo di Mileto (550 – 480 a.C.): “Il geografo di razza”: il metodo per mappare la Terra è quello di basarsi su fonti dirette, esperite. Sulla base della mappa di Anassimandro vi è la mappa di Ecateo di Mileto, che tramite la ricostruzione risale a una decina di anni dopo quella di Anassimandro. La mappa amplia l’ecumene avvalendosi dell’esperienza in qualità di viaggiatore e commerciante lungo le coste mediterranee, in Asia e in Egitto. Amplia e perfeziona la visione di Anassimandro e aggiunge dei dettagli riguardo i porti e le città costiere del Mediterraneo. La mappa faceva parte della Periegesi, divisa in due volumi. Stila la mappa fondendo la concezione logico-filosofica greca con l’esperienza diretta, accumulata per motivi commerciali. Alla base vi è comunque la geometria. La mappa di Ecateo ai tempi ha avuto grande risonanza tra gli eruditi del tempo, anche se non è stata accettata all’unanimità, in quanto la tipologia cartografica utilizzata da Ecateo era basata su teorie geometriche. Sostituisce alla descrizione lineare dei Peripli una geografia delle superfici basata soprattutto su teorie geometriche. Dunque, immaginava la disposizione delle terre emerse in maniera geometrica, rispetto al disco piatto della Terra. Immaginava forme Ricostruzione della carta di Ecateo regolari e simmetriche anche dove non ce n’erano. Questa è la maggior critica mossa alla mappa di Ecateo, che sembra non metta proprio a frutto la propria esperienza diretta, ma resti invasato con la concezione greca. Erodoto di Alicarnasso (484 ca. – 430 a.C.): La critica viene mossa da Erodoto di Alicarnasso, considerato uno dei padri della storia, che narrò la guerra tra greci e persiani. Egli respinge l’idea che la realtà sia sempre riproducibile geometricamente e mette in discussione la forma piatta della Terra. Discute la teoria secondo cui il mondo abitato si divide in Europa ed Asia ed il fatto che la Terra è circondata dall’acqua. Afferma che non si può accettare questa teoria (terra circolare, simmetrica a nord e sud e che galleggia in mezzo all’oceano), tanto che non si esperisce cosa vi è al di là dell’India e delle Colonne d’Ercole. Critica chi usa il compasso per disegnare la Terra, dunque come un cerchio perfetto. Dalla ricostruzione della teoria di Erodoto, il Mondo non assume la forma tipica delle mappe ioniche (circolare, circondata dal fiume Oceano e divisa in Europa e Asia), ma l’immagine della concezione di Erodoto lascia aperta all’esplorazione e all’immaginazione ciò che sta alla parte Ricostruzione dell’ecumene secondo Erodoto estrema dell’Asia. L’esigenza è quella di redigere carte ecumeniche. Il sapere geo-cartografico al tempo dei greci: La cultura greca si dimostra, oltre che con i Pensatori Ionici, anche con i Pitagorici, i quali superano la visione ionica, enunciando il principio della sfericità della Terra, formulato partendo da un postulato geometrico applicato all’osservazione del cielo. Guardando la forma del Sole e della Luna e del fenomeno delle proiezioni delle ombre che si possono cogliere durante le eclissi lunari, si ritiene che la sfera sia la forma geometrica più idonea a raffigurare anche il mondo sensibile, visto che contraddistingue il Sole e la Luna, che hanno dei comportamenti misurabili attraverso teoremi geometrici e matematici. La forma circolare è idonea a spiegare il caos terrestre, e la terra è proiezione del mondo celeste. Il contributo di Aristotele: Il punto di vista filosofico-astronomico è sostenuto dagli eruditi, tra cui Aristotele, che, nel testo “Sul cielo” (340 a.C.), argomenta dimostrando e osservando che la terra non è un disco piatto, ma una sfera. Questo argomento si basa sull’eclissi lunare, che osserva che l’ombra che la Terra proietta quando ci 5 si interpone tra il Sole e la Luna è sferica. Aristotele era convinto che la Terra fosse al centro dell’Universo e che il moto circolare fosse quello perfetto. La figura di Aristotele rappresenta la rivendicazione della scienza rispetto alla filosofia e dell’esperienza rispetto alla teoria. Quest’osservazione viene supportata da altre osservazioni: Analogia tra Sole, Luna, Terra e gli altri pianeti all’interno del sistema cosmico; Esperienza diretta dei viaggiatori, commercianti e studiosi del tempo: le stelle che si vedono, spostandosi a latitudini diverse, non sono sempre le stesse; La durata del giorno e della notte sono diverse quando ci si trova a latitudini differenti; L’angolo che la stella polare forma con il piano dell’orizzonte cambia a seconda della latitudine; Le lunghezze delle ombre proiettate dagli oggetti sono diverse a seconda della latitudine; Chi abitava sull’acropoli, osservando l’orizzonte verso il Pireo (il porto di Atene), notava che le navi che arrivavano e partivano, scompaiono e appaiono sulla linea dell’orizzonte in maniera diversa. Da un punto di vista ciò accredita la sfericità della Terra, e convalida agli eruditi, fissi sulle loro scrivanie, il fatto che l’Oceano circonda la Terra ed è un tutt’uno con il cielo, sul quale si appoggia e galleggiano le stelle; Esiste una variazione dell’orizzonte sensibile: man mano che ci si solleva dal piano, la parte visibile si amplia, cosa che non accadrebbe se la Terra fosse un disco piano; L’ombra della Terra è circolare durante l’eclissi lunari. La scuola pitagorica (IV – III Sec. a.C.): Nonostante ciò, la Terra continua ad essere rappresentata come un disco piatto, in quanto queste prove erano portate dai naviganti, e non degli eruditi. Ma come si poteva disegnare in piano un corpo tridimensionale come quello terrestre? È un problema strutturale-metodologico che fa nascere il bisogno di creare nuovi metodi per disegnare la Terra (e anche la sua altra faccia). Nonostante le difficoltà, sono i greci a detenere il primato nell’invenzione di coordinate geografiche indispensabili e di riferimento per rappresentare in piano la terra. Eudosso di Cnido (408 – 355 a.C.): uno dei primi, o il primo, a proporre delle teorie astronomiche per misurare la latitudine e la definizione dei termini di latitudine, equatore e tropici. Per farlo, escogita la teoria delle sfere omocentriche, che struttura l’Universo in tante sfere concentriche (come una matrioska) che si articolano attorno alla Terra, fissa al centro dell’Universo. Tutte le altre otto sfere (misurabili matematicamente), per motivi gravitazionali, vengono attratte dal Ricostruzione dell’Universo centro della Terra in una forma di rotazione circolare (regolarità geometrica), dove secondo Eudosso di Cnido ruotano il Sole, la Luna, le stelle fisse e i pianeti. Questa teoria viene accolta anche da Aristotele Dicearco da Messina (350 – 290 a.C.): allievo di Aristotele, costruisce la prima carta del Mondo di forma quadrangolare e inventa il primo parallelo della storia, il diàfragma, una linea che partiva dalle Colonne d‘Ercole e arrivava fino all’Asia Centrale. La linea è necessaria per posizionare meglio i luoghi all’interno di una carta, tanto che passa per punti noti e considerati alla stessa latitudine, dove era stato osservato che la durata del giorno era la medesima (Sicilia, Atene, Rodi, Monte Tauro e Monte Immaus). L’esistenza del diàfragma permetteva di disegnare meglio le coste mediterranee, e dunque l’ecumene. Si Ricostruzione della carta di Dicearco da Messina nota la necessita di esplorare e conoscere meglio l’est, l’Asia, povera di indicazioni, in quanto si cartografa meglio, grazie agli elementi idrografici, orografici e antropici, i bacini del Mediterraneo. 6 Individuiamo tre indirizzi di approccio nel rapporto che i geografi hanno con il territorio: 1. Teorico-matematico-astronomico: studia forma, dimensione e posizione della Terra rispetto al Sole e agli altri pianeti attraverso il principio di osservazione, metodi deduttivi e induttivi e fondamenti filosofici; es. Dicearco da Messina; 2. Corografico-descrittivo: descrive una porzione di territorio, non l’intera Terra (anche perché mappare l’intera Terra all’epoca era impossibile); utilizza il principio di osservazione e metodi deduttivi e induttivi; es. Ecateo di Mileto; 3. Cartografico: l’arte di mappare il Mondo ed è la sintesi dei due indirizzi precedenti; es. Anassimandro. L’orizzonte geografico: per terra e per mare: L’impresa di Alessandro Magno (356 – 323 a.C.) allarga il bagaglio culturale dei luoghi e l’orizzonte geografico. Il materiale sui nuovi territori serve per creare nuove descrizioni e mappe, grazie alle notizie che provengono dai commercianti, dai viaggiatori e militari. La conoscenza del mondo è sempre più pratica e dettagliata. Pitea di Marsiglia si spinge al di là dei confini conosciuti perché naviga a nord rispetto al Mediterraneo, navigando lungo le coste atlantiche Ricostruzione del viaggio compiuto intorno al 325 a.C. da Pitea di Marsiglia fino all’Arcipelago britannico, arrivando a toccare l’Isola di Thule (è la parte più a nord del mondo Ricostruzione delle imprese di Alessandro conosciuto, pare che sia l’Islanda, l’Isola di Shepard o un’isola Magno (356-323 a.C.) immaginaria). Le esperienze dei viaggiatori, coadiuvate dagli studi di chi teorizza il Mondo, permettono di dare vita alle prime opere cartografiche che mediano tra teoria e pratica. I primi due indirizzi conducono all’indirizzo cartografico, in quanto per rappresentare la Terra su un supporto bidimensionale bisogna definirne forma, dimensione e posizione (1° indirizzo) e dopodiché bisogna riempire la carta con informazioni fisico-naturali-antropiche che derivano dalla descrizione di chi esperisce il Mondo (2° indirizzo). Da Eratostene a Strabone Contesto socioculturale: Qual è il fondamento che fa emergere la necessità di costruire nuove mappe? L’allargamento dell’orizzonte geografico grazie a viaggi, commerci e conquiste militari. Nell’antichità classica quest’esigenza cresce nell’età ellenistica (336 – 30 a.C.), in cui la geografia greca raggiunge il suo apice dal punto di vista descrittivo e cartografico, in sintonia con il fervore culturale del tempo, caratterizzato da uno spirito di universalità e praticità che animava la cultura greca e i centri di cultura, in particolare Alessandria d’Egitto. In questo periodo la cartografia assume un significato più scientifico. Alessandria è il centro nevralgico dello sviluppo culturale e intorno al 300 a.C. risulta un ritrovo per uomini di cultura e scienza per compiere ricerche, redigere carte e coadiuvare teoria e pratica con notizie dirette. La biblioteca di Alessandria metteva a disposizione un enorme numero di opere (pare più di 700mila) e in questo contesto si esplica il pensiero di Eratostene di Cirene. Eratostene e Strabone: “Geografie” a confronto: Eratostene era un sostenitore accanito del concetto di geografia come “arte di disegnare la Terra”, perciò era necessario conoscere forma e dimensione della Terra; Strabone, invece, affermava che la geografia era descrizione degli spazi della terra e del mare dove si svolgeva l’attività umana. Eratostene si contrappone a Strabone, creando due fazioni: gli eratostenici (teorici) e gli straboniani (pratici). 7 Eratostene di Cirene (274 – 194 a.C.): Si occupa di matematica, astronomia, filosofia, poesia, letteratura, geografia e storia. Dopo aver compiuto gli studi a Cirene e ad Atene, viene chiamato in Egitto da Tolomeo III Evegete, per diventare tutore del figlio del re e direttore della Biblioteca di Alessandria, dove opera in un contesto culturale altamente significativo. Per egli è necessario separare scienza e filosofia, suddividendo in diverse branche le due scienze, in quanto a ciascuna di esse compete una determinata specializzazione. Questo bisogno nasce probabilmente dalla difficoltà del supporto filosofico alla scienza, concentrata a dover rispondere a dei fatti reali, e non tanto a dei postulati concettuali. La sfericità della terra, per diventare un contenuto paradigmatico ha avuto bisogno del supporto pratico, per verificare l’ipotesi. Pertanto, il modus operandi eratostenico è proficuo per la geografia, che vuole staccarsi da dei postulati filosofici, in modo da diventare una disciplina reale. È il primo a utilizzare il termine “Geografia” per intitolare un’opera di tre volumi (oggi andata distrutta) che serviva a coadiuvare il linguaggio geografico con quello testuale. Nell’opera descrive i processi e le osservazioni che compie per cartografare il Mondo: 1. Nel primo libro traccia la storia della geografia da Omero alle imprese di Alessandro Magno; 2. Nel secondo volume tratta di geografia fisico-astronomica, in particolare la dimensione della superficie terrestre e i processi che ha adottato per determinarla; 3. Nel terzo tomo descrive delle parti della Terra, commentando la carta del Mondo da lui elaborata. Per lui, il fine ultimo della geografia è rappresentare cartograficamente la Terra su basi scientifiche. La carta del Mondo è una sintesi di tutte le notizie dirette e indirette ricavate dalle numerose fonti della biblioteca. Rappresentazione dell’ecumene e il reticolo geografico: La rappresentazione dell’ecumene e è diversa rispetto alle immagini ioniche, in quanto raffigura l’espansione dell’orizzonte geografico. Ci si estende dall’Isola di Thule (Islanda, Isola di Shepard) all’Isola di Taprobane (Isola di Ceylon, Sri Lanka), a sud dell’India, in direzione nord-sud, latitudine. Da est a ovest si estende dalle Colonne d’Ercole fino al Gange, nell’Asia Centrale. È il frutto delle conquiste militari del tempo e dei viaggi di navigatori e commercianti. È una rappresentazione che assume dei connotati moderni, visto che poggia su un elementare reticolo geografico di meridiani e paralleli che incamera le conoscenze del tempo; il diàfragma è il parallelo centrale. Inventa il progenitore del moderno reticolato geografico utilizzando un sistema di linee rette orizzontali e verticali, poste a distanze ineguali e passanti per località note, per disegnare la Terra e localizzare i vari luoghi. I meridiani e i paralleli non sono equidistanti, ma portano il toponimo del luogo che Ricostruzione della carta di Eratostene di Cirene attraversano (es. parallelo di Cadice, meridiano delle Colonne d’Ercole, ecc.). Sono i luoghi in cui si sono fatte delle osservazioni: i paralleli sono i luoghi che Eratostene aveva compreso e studiato che la durata della notte era la medesima. Man mano che ci si allontana dal bacino Mediterraneo, la descrizione dei luoghi va scemando. La forma del Mondo pare quella di una grande isola che galleggia in mezzo all’Oceano: la parte continentale è composta da Asia, Europa e Africa, ma sono visti in un’ottica sbilanciata, e i primi due sono quelli più ricchi di elementi, come Il Mar Nero, il Mar Caspio, il Golfo Arabico, il Golfo Persico, il Mar Mediterraneo e il fiume Oceano. 8 Circonferenza terrestre: Eratostene misura la lunghezza della circonferenza della sfera terrestre, fornendo un dato molto vicino a quello reale (39.700 km). Parte dal presupposto che le due località per svolgere il calcolo matematico, Siene (Assuan, vicina al Tropico del Cancro) e Alessandria d’Egitto, fossero sullo stesso meridiano. Conoscendo la distanza fra le due, pari a 5000 stadi (1 stadio = 15 Km), utilizzando uno gnomone, ossia un’asta che proietta l’ombra, e l’osservazione diretta di ciò che succede nel giorno del Solstizio d’Estate (21 giugno), in cui il Sole si trova allo I calcoli effettuati da Eratostene di Cirene Zenit, nel punto più alto sull’orizzonte, osserva l’ombra che il Sole proietta nelle due località e misura l’angolo d’ombra che si crea, confutando se il Sole proiettasse l’ombra nelle due località (verificando ulteriormente se illuminasse il fondo dei pozzi). Osserva che a Siene i raggi del Sole sono perpendicolari al piano dell’orizzonte, dunque non proiettano alcuna ombra, mentre ad Alessandria i raggi colpiscono lo gnomone, conficcato in terreno pianeggiante, formando un cono d’ombra equivalente a 1/50 dell’angolo giro (7° 20’). Con una proporzione calcola l’arco di meridiano (7° 20’ : 360° = 5000 : x). Sfrutta la proprietà delle rette parallele tagliate da una trasversale che formano angoli alterni interni e l’osservazione diretta. Ciò fa di Eratostene uno dei maggiori esponenti della geografia e della cartografia, oltre alla fondazione dell’indirizzo eratostenico, i cui studiosi cercano di misurare la circonferenza terrestre, tra cui Posidonio. Eratostene diventa importante non per la carta del Mondo, ma per la misurazione della superficie terrestre e per aver inaugurato il filone degli studi eratostenici, i cui studiosi tentano di approfondire la dimensione della superficie terrestre. Cratete di Mallo (II Sec. a.C.): Cratete di Mallo è a capo della scuola di Pergamo e si dedica all’esegesi omerica con questioni storiche, mitologiche, geografiche oltre che di critica del testo, subendo l’influsso dello stoicismo. È un esponente dell’indirizzo straboniano, in quanto nella sua elaborazione del Mondo si cimenta nella descrizione della Terra come una sfera la cui abitabilità è formata dall’intersezione dell’Oceano meridionale e settentrionale e che divide il Mondo in quattro zone abitabili: 1. L’ecumene conosciuto, attorno al bacino del Mediterraneo; 2. La terra dei Perieci, paralleli all’ecumene conosciuto; 3. La terra degli Anteci, a sud dell’ecumene conosciuto; 4. La terra degli Antipodi, opposti all’ecumene conosciuto, che vivono a testa in giù. La concezione del Mondo e delle altre terre è sempre in relazione a sé, al mondo conosciuto. La visione di Cratete è dottrinale, si basa su un metodo deduttivo e non si basa sull’esperienza diretta, ma convalida la sfericità della Terra, di cui si conosce la dimensione e di cui i cartografi greci si preoccupano di cartografare la parte La visione del Mondo secondo esperita, in quanto si disegna ciò che si conosce. Cratete di Mallo Cratere di Mallo critica Eratostene per l’unicità dell’ecumene abitato, ossia intende dire che non è possibile che esista una sola terra abitata e abitabile, viste le dimensioni. Non vede l’ecumene come un’isola senza contatti con altri esseri viventi; infatti, ipotizza l’esistenza di altre tre terre, masse continentali abitate o abitabili. Ipparco di Nicea (200 – 150 a.C.): Ipparco di Nicea, “il grande astronomo”, nasce a Nicea in Bitinia, vive per qualche periodo ad Alessandria, ma svolge le proprie attività a Rodi. Egli si dedica in modo integrale a varie attività: Studia gli astri e i fenomeni ad essi collegati, scoprendo la precessione degli equinozi, ossia il movimento che l’asse terrestre subisce per una forza di attrazione esercitata dalla Luna e dal Sole. Studia le eclissi di Sole e di Luna per comprendere il perché dell’ombra semicircolare che si proietta durante le eclissi di Luna. Importante è la catalogazione delle stelle, in quanto ne identifica, nomina e studia oltre mille. 9 Studia la culminazione delle stelle; le stelle sono fisse ed è la Terra a muoversi nell’arco delle ventiquattro ore. Definisce anche la durata delle stagioni. Possono sembrare argomenti scollegati dalla geografia, ma per dare forma e posizione agli elementi serve prima dare dei punti di riferimento (es. stella polare per orientarsi, il sorgere e tramontare del sole per spostarsi, le maree e le fasi lunari). Dunque, c’è un legame tra gli astri e la Terra. Si occupa anche di geografia e della connessione con l’astronomia. Pare che Eratostene abbia redatto la carta in modo frettoloso, senza calcolare le longitudini e le latitudini, visto che i meridiani e i paralleli non seguivano dati angolari, ma dati lineari, e dunque non c’è scientificità. Ipparco afferma che serve maggiore scientificità, e la mappa si può redigere solo dopo aver raccolto dei dati scientifici. Il disegno della Terra su un supporto bidimensionale deve seguire delle proprietà trigonometriche, ossia quelle che in geometria si applicano al triangolo. Ipparco di Nicea è al contempo un sostenitore e un critico di Eratostene, in quanto lo supporta e cerca di contribuire per una maggiore scientificità per la redazione di carte e mappe più reali possibili. Posidonio di Apamea (135 – 50 a.C.): Pensatore, filosofo, storico, astronomo, naturalista e viaggiatore, indaga le scienze della natura e della storia. Fa parte di coloro che sostengono che la geografia deve redigere carte. È un personaggio complesso e interessante e autore di numerosi scritti, dei quali però si ha solo conoscenza indiretta grazie ai suoi successori. È un geografo moderno per l’età, in quanto con lui la geografia esplica il suo ruolo scientifico, ossia indaga il rapporto uomo-ambiente. Studia i fenomeni naturali e le caratteristiche fisiche- naturali che caratterizzano le varie parti dell’ecumene. Facendo ciò, mette in relazione le due cose alle manifestazioni degli elementi fisici: spiega la corrispondenza tra l’andamento delle maree e le fasi lunari e indaga le trasformazioni della superficie terrestre (terremoti, vulcani, ecc.). Vuole anche contribuire a rendere scientifica e veritiera la misurazione dell’arco di meridiano, utilizzando come stella di riferimento la stella Canopo, la seconda più brillante del cielo (situata nell’area nord-occidentale), risultando più piccola di quella di Eratostene; misura 180.000 stadi (28.000 – 32.000 km in base al valore dello stadio, 1 stadio = 155 – 165 m). Ciò è un elemento centrale per la rappresentazione del Mondo, in quanto la misurazione della circonferenza terrestre verrà utilizzata da Claudio Tolomeo, l’ultimo e maggiore esponente della geografia e della cartografia classica. Eratostene e Strabone a confronto: Gli eratostenici si oppongono a Strabone, il quale, nei suoi libri ripropone in modo critico la visione di chi imita Eratostene, ossia i suoi sostenitori, come Ipparco di Nicea, Posidonio di Apamea e Cratete di Mallo. Ciò fa emergere il ruolo della geografia, che non è la mappatura del Mondo e la ricerca della forma esatta della Terra, ma deve essere didattico, dottrinale: essa deve raccontare le caratteristiche fisiche-naturali del mondo. È una geografia meno matematica e più pratica. Strabone (64 a.C. – 24/26 d.C.): Il geografo greco per antonomasia, nasce ad Amasea città del Ponto (Turchia). È contemporaneo di Augusto e studioso di matrice greca, ma è sostenitore del modus vivendi romano. Egli segna il passaggio dal modo di fare geografia alessandrino a quello romano. È uno studioso versatile, quasi un letterario, anche se compie diversi viaggi (Mar Nero, Etiopia, Armenia, Etruria, Isole al largo della costa greca), dove osserva le caratteristiche dei territori, recandosi molte volte a Roma. Scrive i Commentari Storici, un’opera divisa in 47 libri andata perduta. Geographia: Scrive anche un’opera geografica conservata praticamente integra, intitolata Geographia, scritta in greco e composta da 17 libri. È ritenuta un monumento erudito e scientifico e insieme di conoscenze del tempo che sarebbero andate perdute se non fossero state scritte. Redige la Geographia nei suoi ultimi anni di vita, quando Augusto è al culmine della sua potenza e assicura la pace romana nel bacino mediterraneo e organizza l’amministrazione delle province imperiali. In questo momento, Augusto ordina ad Agrippa di redigere una carta del mondo romano conquistato per indottrinare e certificare cosa fosse la politica e amministrazione romana. Per contribuire a questo processo, Strabone scrive la Geographia, per fornire una descrizione utile a chi doveva 10 governare e non aveva cognizione di causa dei territori da amministrare e del mondo abitato. Era una guida che descriveva le caratteristiche fisiche dei territori, soprattutto perché le relaziona con la difficoltà di amministrare i territori. I 17 libri sono così suddividi: Libri I-II: è introduzione alla geografia e storia della geografia antica, da Omero al periodo contemporaneo; esalta e scredita coloro che si erano occupati di geografia per redigere mappe, tralasciando la descrizione del Mondo; Libri III-X: descrizione dell’Europa; Libri XI-XVI: descrizione dell’Asia; Libro XVII: descrizione dell’Africa. Le informazioni derivano da fonti diverse (scritte e orali) e dall’esperienza personale (viaggi per terra e per mare). Strabone vuole descrivere le varie regioni della Terra. Le descrizioni fanno emergere il legame tra natura e uomo; ad esempio, le regioni montuose offrono stili di vita precari, ma con buone amministrazioni possono essere rese civili. Ciò determina che le leggi naturali determinano il comportamento umano, ma una buona gestione governativa riesce a tamponare il gap che è insito nell’uomo in quegli ambienti e a giustificare l’azione espansionistica romana, che prendeva sotto la propria ala dei popoli in condizioni precarie. Strabone parla dei legami che si possono instaurare tra le popolazioni, i quali possono essere complementari, con risvolti positivi (assoggettamento concordato) o negativi (conflittualità). È sottile la disanima tra elementi fisici e organizzazione antropica e geopolitica, in quanto Strabone vuole fornire una descrizione utile del mondo abitato. Descrive anche le città, prediligendo il metodo di fondazione delle città romano, basato sulla geometria rigida e sul pragmatismo (scacchiera, cardo, decumano) rispetto a quello greco, più concentrato sulla bellezza e l’armonia. Fornisce una sintesi di tutto ciò che si sa del mondo abitato e delle diverse condizioni di vita, sottolineando l’influenza del potere politico sulla felicita dei popoli e sui benefici di una buona amministrazione, contrariamente a Eratostene, più concentrato all’aspetto astronomico-matematico. Marino di Tiro e Claudio Tolomeo: una visione del Mondo che durerà secoli Claudio Tolomeo è uno studioso e geografo greco vissuto nel secondo secolo d.C., le cui opere e ricerche sono destinate a durare nei secoli, in quanto rimangono il cardine attorno a cui ruota il sapere geocartografico fino al 1500, dopo l’epoca delle grandi scoperte. Grazie a lui conosciamo la visione del Mondo di Marino di Tiro, geografo greco vissuto tra 70 e 130 d.C. in Libano. Marino di Tiro (70 – 130 d.C.): È l’autore di un importante opera descrittiva di tutta la Terra, da cui emerge il suo collegamento alle teorie ecumeniche di Eratostene, Ipparco di Nicea e Posidonio di Apamea, per quanto riguarda la visione del Mondo e la sua rappresentazione cartografica. Il suo merito è quello di aver approfondito i processi utili a rappresentare in piano la Terra, a differenza degli altri autori già analizzati. Introduce il grado sessagesimale dell’arco (la 360esima parte dell’angolo giro) nella misurazione delle longitudinali e delle latitudini. È il primo a rappresentare la Terra con una proiezione ortogonale cilindrica, nella quale i paralleli e i meridiani sono rappresentati con segmenti che formano un reticolo quadrato. Getta le basi per una misurazione oggettiva dell’ecumene, aggiungendo anche informazioni sulle caratteristiche fisiche- naturali e antropiche del Mondo derivanti dall’espansione romana; infatti, il maggior contributo di Marino di Tiro è nella geografia descrittiva. La descrizione di Marino è la base delle ricerche compiute da Tolomeo, tanto che ci si chiede se ciò che afferma Tolomeo nelle sue opere sia frutto delle sue idee o una copia di ciò che diceva Marino di Tiro. 11 Claudio Tolomeo (100 – 178 d.C.): È il cardine attorno a cui ruota la visione del Mondo fino al 1500 e si conosce poco della sua biografia. Contemporaneo ad Adriano e Antonio Pio, Tolomeo nasce nell’Egitto romano nel II° secolo d.C. da una famiglia greca e svolge il ruolo astronomo, matematico e geografo ad Alessandria d’Egitto, tanto diventare “l’alessandrino”, in quanto è un grande studioso originario di Alessandria. Approfittando del patrimonio librario custodito nella famosa biblioteca Claudio Tolomeo fondata nel III secolo a.C. da uno dei generali di Alessandro Magno, realizzò innumerevoli ricerche dal carattere marcatamente empirico, metodo che caratterizzerà il suo modus operandi, a differenza di molti altri studiosi suoi contemporanei (Tacito, Pomponio Mela, Plinio il Vecchio). Tolomeo interagisce con viaggiatori, marinai e militari per farsi raccontare la loro interazione con il mondo. La maturità scientifica la raggiunge nell’epoca in cui l’Egitto è sotto il dominio romano. Studia l’ecumene tramite fonti dirette e indirette, usando come principio assoluto la dimostrazione concreta di ciò che asserisce, una coordinazione tra scienze umane e fisiche. Studia l’astronomia e l’astrologia, attraverso cui si costruisce il reticolo geografico, fondamentale per poter localizzare gli elementi nelle mappe. Fa parte di coloro che sostengono che la geografia è la produzione di mappe generali del mondo conosciuto. È ritenuto il maggior esponente della geografia e cartografia classica e l’ultimo degli studiosi dell’epoca classica, in quanto nelle sue opere getta le basi per la cartografia moderna, scientifica. Pubblicazioni: si passa da trattati monumentali a opere minori, quasi opuscoli/articoli propedeutici a comprendere i costrutti fondamentali delle opere monumentali. Analizziamo tre opere tolemaiche, anche se la più attinente alla cartografia si chiama Geografia, ma anche quella astronomica-matematica e astrologica sono importanti e propedeutiche alla Geografia. Megale matematikè sintassis mathes, conosciuta come Almagesto, opera astronomica in 13 libri; Tetràbiblos, noto come Le previsioni astrologiche, opera in 4 libri, è una summa di principi astrologici collegati alla geografia astronomica-matematica nella realizzazione della cartografia dell’ecumene; Introduzione alla Geographia, nota come Geografia, opera cartografica in 8 libri. Giungono a noi non dai testi originali, ma tramite copie in greco e latino dell’età bizantina, di cui si conoscono molti esemplari, manoscritti e stampe. I XIII libri dell’Almagesto: è un trattato astronomico-matematico. il nome “Almagesto” deriva dall’utilizzo fatto dagli arabi dell’opera, che deriva dal greco Megasti (indica il superlativo), in quanto ritenuta la più grande opera astronomico-matematica del tempo, di cui il suffisso “grande” identifica l’autorità di Tolomeo e dei contenuti dell’opera. Rappresenta il massimo livello raggiunto dagli antichi nello studio dell’astronomia sferica; dunque, della geometria della sfera e delle osservazioni geometriche applicate ad essa. Argomento fondamentale è il sistema geocentrico: Tolomeo vuole dimostrare (appartiene alla fisica aristotelica) che l’Universo e il cielo sono sferici, ovvero La visione dell'Universo secondo Tolomeo che esiste un’attrazione dei gravi verso il centro e che all’interno della sfera ci sta immobile la Terra. C’è la sfera celeste e immobile al centro c’è la Terra, minuscola in confronto al sistema planetario. I pianeti descrivono orbite circolari attorno alla Terra e il Sole e la Luna possiedono una propria orbita (Sfera armillare) Esistono principi matematici filosofici dimostrabili attraverso l’osservazione astronomica. Ci sono principi evidenti di cui non si deve occupare un geografo, secondo Strabone, ma i geometri, che studiano la geometria dei corpi. Tolomeo descrive e spiega i calcoli matematici da seguire per determinare le coordinate sferiche, dunque latitudini e longitudini, partendo dalle teorie dei suoi predecessori, Eratostene, e più in particolare Ipparco di Nicea, la sua fonte principale che utilizza per dimostrare la veridicità dei suoi enunciati, ossia la sfericità della Terra che, in quanto parte del cosmo sferico, si fonda sulla matematica della sfera e sui principi 12 che si applicano per calcolare le dimensioni di essa attraverso l’osservazione. Si studiano anche gli angoli e i lati che si calcolano applicando il teorema dei triangoli alla superficie sferica. Si articola in tredici libri, partendo dal chiarimento dei concetti dell’astronomia geocentrica e dei teoremi di trigonometria sferica, giungendo all’applicazione i teoremi per l’osservazione dei vari pianeti, come il Sole e la Luna, per determinare longitudini e latitudini, in quanto servono delle coordinate di riferimento. Applica alla sfera i calcoli geometrici studiando le relazioni tra lati e angoli dei triangoli costruiti all’interno di una sfera. Libro I: fondamenti dell’astronomia, moti circolari e trigonometria sferica. Libro II: problemi della sfera celeste. I cieli sono sferici e ruotano, mentre la Terra no. L’ultima parte dell’Universo è quella delle stelle fisse, incastonate. Libro III: moti del Sole e durata dell’anno. Libro IV: analisi della Luna e dei suoi movimenti. Libro V: calcolo delle distanze tra Sole, Luna e Terra. Libro VI: tratta dell’astrolabio, strumento grazie a cui si calcola l’angolo e la distanza attraverso il triangolo che si forma tra il piano dell’orizzonte e l’ombra proiettata dal Sole, e di altri strumenti utili all’osservazione. Libro VII: studio e osservazione delle eclissi di Sole e di Luna. Libro VIII: cataloga 1028 stelle. Libro IX-XIII: esposizione della visione geocentrica, intersezione di cerchi attorno a cui ruotano il Sole, la Luna e i pianeti, i quali ruotano secondo proprie orbite, per spiegare i moti apparenti e giustificare la visione dei pianeti in base a dove li si vede. È un sistema geometrico basato su geometrica e trigonometria della sfera. I IV libri del Tetràbiblos: opera astrologica (opus quadripartita perché divisa in quattro libri) che interpreta l’astrologia come applicazione pratica dell’astronomia matematica. Emerge come siano fondamentali le influenze astrali sul Mondo e sui singoli individui, soprattutto sugli aspetti della geografia. Le proprietà degli astri influenzano i fenomeni umani e terrestri raccontati dalla geografia e dalla cartografia. Le configurazioni celesti sono manifestazioni del rapporto uomo-ambiente. Non è importante il contenuto, ma l’esposizione sistematica del sapere astrologico: il moto degli astri segue una logica matematica, secondo il sistema di cerchi e fasce che girano intorno alla Terra e caratterizzano il sistema cosmico. Libro I: introduce l’astrologia come applicazione pratica della matematica. Libro II: influenze astrali sugli avvenimenti terreni e sul mondo. Libro III: influenze astrali sugli individui. Libro IV: influenze astrali in chiave relazionale. Ne deduce che le influenze astrali sono la causa dei comportamenti umani e degli aspetti fisico-naturali della superficie terrestre; come le influenze astrali sono connesse agli eventi naturali. Così l’astrologia perde la sua connotazione magica/misteriosa, che per Tolomeo è una scienza, accessibile a chiunque per prevedere la posizione dei pianeti nel sistema cosmico, attraverso l’applicazione di principi matematici. Tolomeo si occupa prima del grande (primi due libri, Cosmo e Mondo) per passare al piccolo (individuo). Nei primi due libri esamina le influenze astrali La visione astrologica di Tolomeo sulla Terra: le aree del pianeta, ripartite in longitudine e latitudine, sono in corrispondenza diretta con le costellazioni zodiacali, dunque i pianeti; da ciò dipendono i climi, i cataclismi, i terremoti, le maree, le catastrofi, le indoli delle popolazioni e le fortune dei regni. Per Tolomeo è fondamentale conoscere giorno, ora della nascita per comprendere la posizione degli astri e la loro influenza sui comportamenti umani. Da ciò ci sono delle ripercussioni sulla vita dell’individuo. Analizza in modo sistematico la genealogia dell’uomo in funzione della posizione degli astri nel giorno della nascita. Ciò perché Tolomeo si basa sulla fisica aristotelica e sulla teoria della materia che vede ogni corpo formato da quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco) e dei quattro umori (secco, umido, freddo, caldo) che li caratterizzano e influiscono sulle 13 situazioni della superficie terrestre: ecco perché ogni costellazione e segno zodiacale influiscono su un particolare umore. A seconda della percentuale di composizione di un corpo si spiega l’influenza degli umori nella composizione degli elementi. Queste teorie (del Tetràbiblos e dell’Almagesto) sono trattate in modo divulgativo nella ”Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco”. Gli VIII libri della Geografia: Opera in 8 libri del II secolo d.C. in cui Tolomeo sostiene che il compito della geografia è la mappatura della superficie terrestre. Non c’è spazio per descrizioni letterarie: non racconta il Mondo, ma spiega i metodi per rappresentarlo. Per meglio far comprendere il suo significato di geografia, la paragona a un volto umano, che da una visione d’insieme, a differenza della corografia, una parte del volto umano, che si occupa dei singoli dettagli, dei particolari. Per fornire una visione generale del mondo, Tolomeo ricorre agli studi esperiti per redigere in precedenza l’Almagesto e il Tetràbiblos. Aveva dimostrato i principi fondanti per determinare le coordinate geografiche all’interno della geometria e trigonometria sferica, ossia la forma della superficie terrestre (il soggetto da mappare). La Geografia è la sintesi delle conoscenze dell’antichità classica, visto Geografia e Corografia a confronto che studiando ad Alessandria d’Egitto, Tolomeo consulta le opere antiche e incamera i dati delle esperienze dirette dei viaggiatori e commercianti, dei peripli greci e itinerarie romani. Libro I: principi della disciplina, di cosa di occupa la geografia e il suo obiettivo, ossia cartografare il mondo. C’è bisogno di avere coordinate. Libri II-VII: c’è la necessità di avere coordinate geografiche; dunque, Tolomeo fornisce i dati di oltre 8000 località e i corrispettivi indici di latitudine e longitudine, applicando i principi astronomici e matematici dell’Almagesto. Libro VIII: regole per costruire una carta geografica, veicolando il concetto che seguendole chiunque avrebbe potuto redigere una carta del proprio territorio. Alla Geografia sono annesse 27 carte geografiche: 1 planisfero; 10 tavole dedicate all’Europa; 4 tavole dedicate all’Africa; 12 tavole dedicate all’Asia. Ci si domanda se le carte siano state realizzate da Tolomeo o da qualcun altro seguendo le sue regole. Alcuni codici tolemaici sembrano redatti dopo il II° secolo e pare impossibile che le carte siano giunte in formato originale, superando i secoli bui del Medioevo. Tuttavia, è un dato di fatto che la Geografia tolemaica sia stata per gli arabi una fonte di cultura e indottrinamento fondamentale per motivi religiosi ed espansionistici. Dalla metà del 300 fino all’invenzione della stampa, la Geografia è stata editata molte volte, diventando il “bestseller” e il testo di riferimento geocartografico. Tolomeo diventa massimo esponente della cultura greca quando Alessandria è sotto dominio romano. Individua 7 climi in cui la temperatura dipende dalla latitudine, calcolata in relazione alla lunghezza del giorno durante il solstizio d’estate, che cambia a seconda del luogo in cui viene misurata. L’inclinazione del Sole determina la durata del giorno e l’incidenza della temperatura, e dunque l’indice di vivibilità e produttività delle singole fasce. Ecco perché nell’antichità si pensava che le zone sud tropicali fossero inabitabili. Il clima incide sulle possibilità organizzative dell’uomo all’interno di un’organizzazione spaziale. Si cerca di collegare gli eventi astronomici a quelli umani: sono principi fondamentali per Tolomeo che vuole realizzare una carta del mondo. L’ecumene su carta: Compito della geografia è quello di disegnare la Terra, conoscendone la forma, ossia sferica. Tolomeo, grazie agli studi dell’Almagesto, definisce la dimensione della circonferenza terrestre, stimata intorno ai 180.000 stadi. Il calcolo acquisisce la misurazione di Posidonio di Apamea (che prende come 14 riferimento la stella Canopo), e non di Eratostene di Cirene. A Marino di Tiro, la misurazione di Posidonio era parsa più affidabile di quella di Eratostene. Tolomeo non ignora gli studi di Eratostene, ma sbaglia la misura dello stadio. Tolomeo esplicita l’estensione longitudinale e latitudinale della Terra: Estensione latitudinale è di circa 80° e comprende le terre che si trovano tra l’Isola di Thule e Agisymba (Etiopia). Estensione longitudinale è di 180° e parte dalle Isole Fortunate (Canarie) alla Sera Metropolis in Asia Centrale. Marino di Tiro calcola 225°, ma Tolomeo riduce questa misura. Eratostene, invece, aveva individuato 250 stadi e 50 a livello di latitudine. Tolomeo interpreta i dati dei suoi predecessori in funzione al suo obiettivo, ossia quello di creare una copia 1:1 del Mondo conosciuto. Tolomeo ritiene che la conformazione fisica della superficie terrestre non sia quella di un’isola galleggiante in mezzo all’Oceano, ma che il mondo esperito sia molto più esteso e articolato di quanto si pensa. Infatti, nella rappresentazione dell’ecumene, Tolomeo non cartografa un Mondo circondato dall’Oceano, ma ipotizza una fascia di terra incognita che collega l’Asia all’Africa, creando la visione di un continente Euro-asiatico-africano. I continenti conosciuti sono l’Europa, l’Oriente e ciò che si conosce dell’Africa, in quanto i limiti sono le colonne d’Ercole e Agisymba. L’ecumene si sviluppa prettamente nell’emisfero settentrionale, in quanto cartografa ciò che conosce, visto che a sud non poteva esserci vita, date le condizioni di vita estreme (la terra poteva esserci, ma non era abitabile). A Tolomeo servono i dati per disegnare la carta del Mondo: infatti, stabiliti gli indici di latitudine e longitudine, il problema ora è quello di trasferire in piano la superficie sferica (tridimensionale ➔ bidimensionale). Oggi sappiamo che per rappresentare la Terra si usano le proiezioni geografiche, ossia dei principi matematici applicati alla geometria piana. Tuttavia, nessuna protezione può trasferire perfettamente in piano la superficie sferica: è impossibile, in quanto c’è sempre un minimo margine di errore (per via delle dimensioni e della corrispettiva scala, in quanto deve essere rimpicciolita e approssimata). Le proiezioni riducono l’indice di approssimazione e distorsione. Coordinate geografiche: servono per determinare la posizione di un punto sulla superficie terrestre. Sono la latitudine e la longitudine: Latitudine: la distanza angolare di un punto dall’Equatore, misurata in gradi (es. 10°) e frazioni di grado (es. 1/360) sull’arco di meridiano passante per un punto; si parla di latitudine nord o sud a secondo che il punto si trovi nell’emisfero boreale o in quello australe. Longitudine: distanza angolare di un punto dal meridiano fondamentale, misurata in gradi e frazioni di grado sull’arco di parallelo passante per quel punto; si parla di longitudine E oppure W a seconda che il punto si trovi a oriente o a occidente del meridiano fondamentale Proiezioni geografiche: è la rappresentazione della figura della sfera terrestre su una superficie piana, secondo dei principi che permettono di ridurre al minimo le deformazioni conseguenti a tale operazione. La proiezione è detta: Isogona quando conserva sulla carta gli angoli che una data direzione forma con i meridiani e i paralleli; Equidistante quando le distanze misurate sulla carta sono proporzionali a quelle della sfera; Equivalente quando la proporzionalità è conservata per le superfici. Tolomeo si cimenta nel creare delle proiezioni per rappresentare in piano la superficie terrestre: infatti, deve escogitare un modo per creare una corrispondenza tra il reale e la rappresentazione. L’obiettivo se lo pone per superare e criticare le rappresentazioni ecumeniche di Eratostene e Marino di Tiro. Crea una griglia ortogonale in cui i meridiani sono rette parallele tra loro e perpendicolari ai paralleli. L’immagine non è idonea a rappresentare la Terra, in quanto sembra è piatta, e non circolare, non fornendo scientificità e realismo. Dunque, Tolomeo ipotizza tre proiezioni: due volte a rappresentare la Terra nel suo insieme e una volta a rappresentare i singoli territori per supportare le descrizioni corografiche: 15 Proiezione conica equidistante (1a): mantiene inalterate le distanze. I meridiani sono linee rette convergenti in un unico punto H (non il polo di Nord), i paralleli di latitudine sono archi circolari concentrici con H come centro. Le distanze sono preservate lungo i meridiani e lungo il parallelo di Rodi, e si conserva il rapporto fra le distanze lungo il parallelo a 63° e quelle lungo il parallelo dell’Equatore. Queste condizioni determinano completamente la proiezione. Tolomeo cambiava invece proiezione a sud dell'Equatore Proiezione conica equidistante dividendo il parallelo MZN come se si trovasse a 16;25° nord, evitando così distorsioni a spese della coerenza matematica. Per questo i meridiani a sud dell’Equatore sono linee spezzate. Crea questa proiezione per dare l’immagine sferica della Terra, mantenendo gli indici di latitudine e longitudine e indicandoli in gradi. Proiezione conica modificata (2a): è quella che predilige. È più complessa e rappresenta i meridiani con archi di circonferenza, proprio per rendere reale l’immagine sferica della Terra. Il meridiano centrale è quello delle Isole Fortunate, (Isole Canarie) ed è rappresentato d a un segmento verticale. Partendo da esso, proietta, rispettando gli indici di longitudine e latitudine, la griglia dei meridiani e paralleli, Proiezione conica modificata considerandoli come circonferenze. Considera tre circonferenze: l’Equatore e i due Tropici. Immagina di proiettare i punti della superficie terrestre all’interno di un cono. Cartografa anche i 12 punti che equivalgono ai venti, importanti perché determinano i climi. Proiezione ortogonale cilindrica (3a): usata anche da Eratostene di Cirene e Marino di Tiro. Tolomeo la usa solo per disegnare le carte regionali. È una proiezione cilindrica semplice in cui i meridiani sono rette parallele tra loro e perpendicolari ai paralleli, allineati sul parallelo di Rodi. Proiezione ortogonale cilindrica Importante considerare che siamo nel II° d.C. L’attuazione di tutti i principi sopra spiegati porta ad una cartografazione del Mondo non corretta; tuttavia, è un progresso rispetto alle rappresentazioni di Marino di Tiro ed Eratostene. In entrambe le proiezioni l’Oceano Indiano è rappresentato come un mare chiuso (“un grande stagno”), in quanto si sono applicati i dati della griglia delle coordinate geografiche che Tolomeo ha stabilito in funzione ai calcoli seguiti da Posidonio di Apamea; egli media i calcoli di Eratostene, Marino di Tiro e Posidonio. Dunque, risulta un Mondo più continentale e le acque sono racchiuse in dei bacini chiusi (non fanno parte del fiume Oceano che circonda il Mondo). L’Asia è molto estesa, sproporzionato rispetto alle reali dimensioni. Non c’è un continente che separa l’Europa dall’Asia (America), ma sono collegate da una “terra incognita” inabitabile a est dell’Africa. Considerare l’Oceano Indiano un mare chiuso significa applicare la stessa concettualizzazione geografica del Mediterraneo, ipotizzando le stesse condizioni fisiche-ambientali. L’isola in mezzo all’Oceano Proiezione conica equidistante Indiano è l’Isola di Ceylon (Taprobane). Non è una 16 cartografia piena di errori, ma rappresenta l’immagine delle conoscenze dell’epoca. Dell’Africa si conosce la parte settentrionale, che comunica con il mondo greco-latino. Il Nilo nasce dai nevosi monti della Luna ed è la culla delle civiltà, procedendo al contrario rispetto a ciò che si conosce. Il Mondo viene ampliato verso nord e oriente. Il Mar Caspio è un mare chiuso, ma le notizie sui paesi dell’Asia centrale si ampliano, tanto che la Penisola della Malacca viene cartografata. L’India viene raffigurata al di là del Gange, fino alla Cina. Le coste dell’Oceano Indiano vengono perfezionate e sono caratterizzate da insenature, ossia il Golfo Arabico, il Golfo Persico, il Golfo del Bengala e il mare cinese. Il continente africano, parlando dell’Etiopia e delle terre prossime al bacino del Nilo, è caratterizzato da laghi e da cime montuose, chiamate “Nevosi Monti della Luna”, in quanto quando vengono illuminati da essa sembrano innevati. Sono osservazioni condotte all’interno del bacino mediterraneo, ossia anche l’area maggiormente cartografata. Tuttavia, la rappresentazione orografica e idrografica è molto ricca e presa con sufficiente cognizione di causa, dando un’immagine consona alle caratteristiche dei territori. La mappa è costruita su un reticolo geografico formato da indici di latitudine e longitudine e secondo una proiezione, grazie a cui la carta viene considerata moderna, visto che si basa su dei dati matematici e sugli strumenti dell’epoca. Gli indici di latitudine non sono riferiti al diàfragma, ma all’Equatore, mentre le longitudini sono riferite al meridiano delle Isole Fortunate, e non Rodi. Ciò porta Tolomeo ad essere fautore di un’ipotesi continentale del Mondo, in cui le terre sono maggiori delle acque e si estendono verso est. La difficolta di Tolomeo è stata quella di tradurre le distanze in misure Proiezione conica modificata angolari, dando alla parte orientale un’estensione maggiore di quella reale. Queste considerazioni sono più valide e immediate se si osserva la seconda proiezione di Tolomeo, in cui riassume la forma del Mondo con la sua costituzione (fiumi, mari, città). Rende maggiormente l’idea del Mondo come una sfera tramite i principi di latitudine e longitudine e rappresentandola in piano. Alcuni elementi non corrispondono al reale perché redatti in un certo momento storico, viste le conoscenze dell’epoca. La proiezione della penisola italiana è deformata, in quanto segue i parametri stabiliti da Tolomeo. L’Italia fa una torsione, la crescita Proiezione ortogonale cilindrica longitudinale è notevole, compaiono i tratti orografici principali (Alpi, Appennini), l’apparato fluviale e gli elementi antropici (città, confini, barriere) che derivano dalle descrizioni dei testi letterari in circolazione. È orientata con il Nord in alto. Sicilia e Sardegna non ci sono, in quanto erano due realtà territoriali non associate all’Italia. Nonostante ciò, i metodi tolemaici sono la base per la cartografazione di tutte le altre carte. Dalle mappe tolemaiche si apre il periodo delle grandi scoperte. Tolomeo riporta elementi naturali e antropici, frutto dell’esperienza e diretta mediata da peripli, itinerari e viaggi compiuti da terzi. Cartografa degli elementi fisico-naturali esperiti o ipotizzati in alcune particolari situazioni, a seconda della percezione che si aveva di un territorio. Dunque, non sempre si può trovare una corrispondenza esatta con i territori di oggi. 17 Le criticità delle tavole tolemaiche: Abbiamo visto l’applicazione pratica dei principi tolemaici, ora analizziamo le criticità delle tavole tolemaiche: Allungamento smisurato del Mondo abitato e delle sue varie parti Terra più piccola del reale Visione continentale Le acque sono racchiuse in bacini separati Si esclude l’esistenza di un continente situato tra Europa e Asia L’Oceano Indiano è un grande mare chiuso Il Mar Mediterraneo è sproporzionato in lunghezza L’Africa è salda all’Asia da una terra ignota Le opere tolemaiche e la loro sorte: Nel periodo tardo antico, l’Almagesto e la Geografia vengono riprese e copiate dagli eruditi del tempo (Pappo di Alessandria, Ammiano Marcellino, Cassiodoro). Il sistema geocentrico rimane valido fino alla rivoluzione copernicana. Dal V secolo d.C., della Geografia, in Europa Occidentale si perdono le tracce, continuando ad interessare il mondo bizantino, seppur in periodi alterni. La Geografia perde interesse in Occidente soprattutto per la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, rappresentando un’involuzione. Si ritorna a una visione del mondo ionica, dove la Terra è piatta e circondata dall’Oceano. La geografia cambia e non esiste più il termine: ciò di cui si occupava la geografia ora se ne occupa la geometria, e diventa lo strumento per indottrinare i fedeli e veicolare la visione del Mondo delle Sacre Scritture. Non ci domanda più della forma, dimensione e posizione della Terra, ma si vuole rendere ufficiali i contenuti sacri. Ciò che di greco-romano coincide con la visione biblica viene accettato. La differenza è che gli studi tolemaici sono a disposizione di poche persone. La geografia perde di significato e contenuto. Ciò che accade nel mondo bizantino è in contrapposizione a quello che succede nel mondo arabo dal IX secolo in poi, in cui si utilizzano la Geografia e l’Almagesto come “pane quotidiano”: per esigenze religiose, per pregare, recarsi nelle città sante ed espandere il proprio dominio. Gli arabi sono consci che più si conosce il territorio, più semplice è l’espansione dei propri territori. Grazie agli arabi i testi tolemaici sono stati mantenuti in vita e non tradotti in chiave biblica, e soprattutto la Geografia ritorna a circolare e accessibile a tutti (commercianti, militari, viaggiatori, marinai). Durante l’Alto Medioevo le opere tolemaiche vengono ignorate e abiurate. La loro riscoperta avviene ad inizio Quattrocento, nel contesto dell’Umanesimo. La diffusione avviene grazie alla traduzione latina dei Codici greci e all’invenzione della stampa. In Italia, la Geographia arriva a Firenze tra il 1397 e il 1400. Crisolòra Manuele (1350 – 1415): Tra gli eruditi, la Geografia non mediata in chiave teologica, dunque vista in chiave scientifica, viene riscoperta attraverso la tradizione bizantina per opera di Crisolòra Manuele, che riporta in Italia le opere tolemaiche. Nel mezzo dell’assedio turco di Costantinopoli, arriva a chiedere aiuto allo Stato Pontificio contro i turchi. Opera e agisce a Costantinopoli, giunge in Italia in un contesto Pre- umanesimo/Rinascimentale/fine Medioevo, incontra altri letterati, come Roberto Rossi, Leonardo Bruni, Iàcopo Angelo da Scarperia, il quale lavora presso la curia romana e con cui instaura un rapporto di amicizia e di studio. Per qualche anno il Crisolòra svolge il mestiere di insegnante di greco per degli intellettuali, su invito del banchiere Palla Strozzi, Manuele Crisolòra e veicola la cultura greca e le opere greche di Tolomeo. Iàcopo Angelo da Scarperia (1360 - 1410): Da Scarperia conosce il greco, in quanto nel 1397 si reca a Costantinopoli per imparare la lingua. Crisolòra e da Scarperia collaborano, tanto che da Scarperia riaccompagna Crisolòra a Costantinopoli. Nel momento in cui Crisolòra spiega le opere tolemaiche, da Scarperia tocca con mano l’Almagesto e la Geografia, quando gli chiede aiuto per tradurle dal greco al latino. Infatti, la prima versione latina completa della Geographia tolemaica si deve a da Scarperia, che la traduce nella cancelleria papale a Roma, tra il 1406 e il 1410, durante il periodo il cui svolge il mestiere scrittore apostolico 18 presso la sede papale. Su invito della cardinale Pietro Filargo (il futuro antipapa Alessandro V), traduce il libro e lo chiama Cosmographia, in quanto il termine “geografia” non esiste nel Medioevo, mentre il termine “cosmographia” suggerisce un concetto più ampio che va oltre la semplice descrizione della Terra, implicando uno studio dell’Universo e della posizione della Terra in esso, e quindi integrando elementi astronomici e cosmologici. Questa scelta terminologica è in linea con la visione rinascimentale che cerca di ampliare la prospettiva dell’uomo sull’Universo e di collegare strettamente geografia, astronomia e filosofia naturale. L’adozione del termine “cosmographia” riflette l’ambizione di dare un respiro più ampio al lavoro di Tolomeo, presentandolo come un’opera che non solo descrive la Terra, ma ne esamina anche la Iàcopo Angelo da relazione con il cosmo. Per esempio, Plinio usa il termine “cosmografia” quando deve Scarperia descrivere il Mondo. Il titolo permane per secoli nel frontespizio delle traduzioni tolemaiche della versione latina. Da Scarperia traduce in latino solo gli 8 libri, non preoccupandosi di tradurre le 27 carte annesse. Il testo ha notevole successo e si diffonde anche fuori dall’Italia, in quanto nel 1414, durante il Concilio di Costanza, viene regalata e presentata come l’opera magna degli studi condotti dagli umanisti fiorentini, visti ora come i maggiori conoscitori dell’opera tolemaica. L’opera è scientifica e si fonda su dati e calcoli. La Geographia tolemaica rinasce grazie alla traduzione di da Scarperia e viene rapidamente copiata e rieditata molteplici volte. Dei codici tolemaici esistono copie manoscritte e copie stampate, alcune senza mappe, altre con. Le carte circolano anche sciolte, ma anche le edizioni sciolte sono state redatte in maniera pedissequa secondo le regole tolemaiche. La differenza è che nelle varie edizioni le carte migliorano esteticamente, abbellite e impreziosite. La prima edizione a stampa: Vicenza, 1464, senza mappe; Bologna, 1474-1477, con mappe. Seguono l’edizione romana (1478), il rifacimento in versi di Niccolò Berlinghieri (1480 ca.), l’edizione di Ulma (1482). Il manoscritto più antico e autorevole a noi noto è l’Urbinate greco 82 (XII o XIII Sec.). Geografia e cartografia al tempo dei Romani Nella geografia romana, il mondo greco è dato per scontato. Le conoscenze greche geografiche sono la base concettuale per la geografia romana. I due popoli entrano in contatto grazie ad un’incontro/scontro e le conoscenze greche vengono assorbite dai romani, che le danno poi per scontate. Tuttavia, i romani non usano la geografia per studiare i moti terrestri, le proiezioni, la forma della Terra, ecc. (sono informazioni assodate). Il popolo romano usa la geografia per fini pratici, utilitaristici. I romani misurano la Terra con delle pietre, con opere materiali, lungo ogni strada esperita. Nella cartografazione greca si articola l’astronomia, mentre la geografia romana si focalizza sul “fare”, sull’”agire”. Questo viene esaltato dalla cartografazione romana, che la distingue nettamente da quella greca. Durante il periodo repubblicano (VI sec. a.C.) e imperiale (I sec. d.C.) i romani realizzano descrizioni della Terra in forma grafica e/o testuale per scopi gestionali, amministrativi, divulgativi e celebrativi. Se i greci utilizzano il metodo deduttivo, i romani sono esempio del metodo induttivo, cartografando il mondo a partire dall’esperienza diretta. Dunque, la scientificità greca è parte della conoscenza romana e ciò che non viene esplicitato. La mappatura del territorio è legata all’espansione e all’amministrazione dei territori imperiali, oltre a testimoniare la grandezza e la potenza dell’impero. Sono numerosi gli esempi di cartografia romana, come la carta del Mondo di Vipsania, Itineraria, Formae, Tabulae. 19 Dall’Orbis Pictus agli Itineraria: Nei Commentari di Marco Vipsanio Agrippa si trova la visione geografica del mondo, in quanto Ottaviano Augusto lo incarica di redigere una carta del mondo che evidenzi il suo dominio, dimostri la sua capacità amministrativa e dia immaginazione dell’opera espansionistica dell’impero. Ha un fine politico, celebrativo. Agrippa redige l’Orbis Pictus (o Mappa di Vipsania); Augusto sceglie proprio lui perché ha esperienza diretta in campo geografico e delle teorie tolemaiche. Dopo la morte di Augusto, la mappa che rappresentava l’Orbis Terrae viene riprodotta su pietra (da qui il nome Orbis Pictus) e si trova nel Porticus Vipsania, vicino Campo Marzio. La mappa testimonia il mondo conquistato dai romani e le loro potenzialità su esso. Rende anche visibili e pratici gli incarichi politici e amministrativi che dovevano essere presi in carico da chi doveva gestire le colonie. Fornisce una visione referenziale dei possibili Ricostruzione dell’Orbis Pictus presidi nella gestione imperiale, lontano dall’Urbe. La gestione del territorio sottintende la morfologia dei territori e degli usi e costumi degli uomini. Rende visibile il conosciuto e il non conosciuto. La mappa è andata perduta e le indicazioni geografiche derivano dai Commentari (poi ampliati da altri autori), un testo che accompagnava la progettazione della mappa, da cui deriva l’imponenza della carta stessa (pare 2x3 m), il cui Mondo è involuto rispetto alla visione tolemaica, tripartito e completamente circondato dal mare, forse per rendere evidente la potenza romana. Ci sono degli autori latini che in maniera indiretta trattano di geografia: Pomponio Mela, vive intorno al I Sec. d.C. ed è autore della De chorographia, la più antica opera di geografia in latino, giunta fino a noi. È composta da tre libri in cui descrive il mondo conosciuto, comprova la visione greca dei tre continenti seguendo un’introduzione generale e descrive i luoghi della Terra. Immagina di navigare all’interno delle Colonne d’Ercole fino al Nord Europa (nel Mar Nero), le coste dell’Asia, il Nord Africa (separato dall’Asia dal Nilo) per poi ripartire dalle Colonne d’Ercole per descrivere l’Oceano lungo la costa. Dunque, descrive il mondo secondo due direzioni, quella del Mare Interno e quella del Mare Esterno. È una descrizione dei caratteri fisico-naturali e degli usi e costumi degli abitanti dei tre continenti. Si avvale della conoscenza diretta e dell’immaginazione. Descrive il mondo sotto forma di racconto, senza essere scientifico. Descrivendo prima il Mondo Interno e poi il Mare Esterno, fornisce visioni frammentarie dei continenti, che vanno a collidere con la visione del momento. Immaginando di ricostruire la mappa dalle descrizioni di Pomponio Mela, senza indici di latitudine e latitudine, rimane solo una pura descrizione delle caratteristiche dei territori e degli elementi utili e ostacoli per chi viaggia e per i militari, e gli usi e costumi, per capire se un popolo è più assoggettabile o meno. È una visione che mira all’espansione. Plinio il Vecchio vive attorno al I sec. d.C. e scrive la Naturalis Historia, la più corposa enciclopedia delle scienze naturali in latino, giunta sino a noi. Dedica 7 dei 77 libri alla geografia, da cui si può ricostruire la mappa mentale della visione dell’epoca. Tratta della struttura del Cosmo e della geografia fisica della Terra. Descrive le terre conosciute come Pomponio Mela, compiendo un doppio percorso. Le uniche descrizioni del mondo romano giunte a noi sono testimoniate dalle opere descrittive. Non ci sono opere romane che descrivono la geografia come i greci. Geografia ed empirismo romano: La praticità della geografia per i romani non specula sul Cosmo e sulla forma, posizione e dimensioni della Terra. La Mappa di Vipsania e le opere descrittive non rendono bene il modus operandi romano, in quanto si esplicita meglio negli Itineraria, nelle Formae e nella Tabulae derivanti dalle operazioni di organizzazione territoriale. 20 Gli Itineraria: Sono degli elenchi di toponimi ed elementi fisico-naturali che si incontrano nel Mondo. È una geografia tassonomica, accompagnata da note che esplicitano aspetti significativi di ogni luogo e ne permettono il riconoscimento immediato. Il nome di un luogo permette di orientarsi, senza indici di longitudine e latitudine. Il genere degli Itineraria è una forma elementare di georeferenziazione di un luogo. L’itineraria è documento frutto dell’esperienza sul territorio Un comandante: “Per prima cosa deve curare di avere che permette di avere una visione del modo di utilizzare la itinerari redatti nella maniera più completa di tutte le regioni geografia all’epoca. È il genere più altamente geografico del nelle quali si combatta, in modo che possa conoscere bene le tempo, che non si basa su un reticolo di meridiani e distanze tra i luoghi non solo per il numero delle miglia, ma paralleli. Sono la forma più consolidata e antica della anche per la qualità delle strade; deve poi prendere in considerazione le vie più brevi, le deviazioni, i monti, i fiumi, geografia romana. La geografia era uno strumento di lavoro descritti con precisione fino al punto che i comandanti più per chi percorreva il territorio, per qualsivoglia fine. La loro esperti confermano di aver avuto, per le province nelle quali la importanza è ribadita in diverse occasioni, anche dagli necessità li portava, non soltanto itinerari scritti, ma anche organi ufficiali, ossia da coloro che descrivono il mondo itinerari disegnati, in modo che colui che stava per partire, potesse scegliere la strada giusta non soltanto col consiglio conosciuto. Il pragmatismo romano emerge dagli itinerari, della mente, ma anche con l’aiuto della vista”. indispensabili per conoscere il mondo, soprattutto per chi doveva amministrarlo. Publio Flavio Vegezio, Epitome rei militaris (III, 6) Gli itineraria non contengono informazioni decorative, ma fisico-naturali e antropiche indispensabili. Non c’è spazio per ciò che non è utile e distrae; la scientificità è data dalla corrispondenza tra il dato reale e quello cartografato, frutto dell’esperienza diretta sul territorio. L’aspetto diacronico e quello sincronico si fondono. Le indicazioni sono spazio-temporali e dirette e non lasciano spazio all’interpretazione (es. tre giorni a cavallo per percorrere un tratto da una tappa all’altra). Il genere degli Itineraria era già stato sperimentato nei peripli (es. Pitea di Marsiglia). Il punto massimo degli Itineraria è il periodo romano. Descrivono i percorsi che i romani effettuano lungo i tre continenti, che permettono di ricavare la visione romana del mondo e denunciano la presenza di elementi fisico-antropici esistenti e non. Gli Itineraria romani di età imperiale si dividono in due tipi: Itineraria scripta o adnotata Itineraria picta o disegnata Itineraria scripta o adnotata: Sono elenchi di percorsi definiti in ordine di successione ed esplicitano un insieme di tracciati rigorosamente definiti come percorsi. Di conseguenza, sono descritti come una guida metropolitana, un elenco di luoghi che bisogna attraversare per arrivare ad una destinazione. Sono accompagnati da alcune indicazioni fondamentali che esplicitano il servizio che una località fornisce. Si possono trovare: Mutationes – stazione per cambio cavalli Mansio – stazione per ristoro e pernottamento Civitas – città importante lungo il percorso Statio – presidi miliari, località rilevanti in quanto situate sui confini o in concomitanza con traffici commerciali dove riscuotere dazi (es. dogana) Dunque, si specifica il servizio di un luogo. Ogni tappa è riportata in termini di distanza, indicata in miglia romane, espresse in dicitura milia passum (mpm, 1 miglio romano corrisponde a circa 1480 metri). Sono informazioni che danno le caratteristiche di un luogo in un contesto geografico. Solitamente, ogni due mutatio si trovava una mansio, ossia ogni 20-30 km, distanza percorribile in un giorno a cavallo o a piedi. Ecco perché la distanza è ordinale e spazio-temporale. Le strutture e gli edifici delle stazioni erano presenti lungo la strada, o leggermente nella parte interna, e non differivano molto dalle case rurali romane. L’indicazione contenuta nell’itineraria esplicitava la distinzione tra i luoghi accessibili rispetto alle ville private. Tutti gli elementi strutturali che impedivano l’avanzamento spedito 21 delle truppe venivano modificati dai romani. L’impatto romano è “possibilista”, usano le risorse del territorio, a differenza dei “deterministi” greci. Quando fondano gli accampanti si basano sul cardine massimo (verticale, in direzione nord-su; basti pensare al cardine di una porta), e decumano (orizzontale, in direzione est-ovest). Attraverso le annotazioni degli elenchi si può ricostruire il complesso territoriale geografico del periodo, in quanto la geografia romana si esplicita nell’uso del territorio. Non ci sono testi originali, ma trascrizioni medievali. Gli esempi più importanti di Itineraria scripta sono: Itinerarium Antonini (III-IV Sec. d.C.): prende il nome da Antonino Augusto (riferito ad Antonino Caracalla), è l’insieme di percorsi marittimi e terrestri. È composto da un itinerarium marittimum e un itinerarium provinciarum. o I tracciati riportati dall’itinerarium marittimum si possono classificare all’interno di un itinerarium che riporta le rotte all’interno del Mar Mediterraneo, ma anche le prime sperimentazioni delle traversate di piccolo cabotaggio e in mare aperto. Riporta le vie d’acqua, percorsi che si articolano lungo la linea di costa e in mare aperto. o I percorsi terrestri sono oltre 250 e attraversano l’Italia e le provincie dell’Impero. Nei tracciati terrestri non si elencano le singole mutationes, ma le mansio e le civitas. È un itinerarium atipico, in quanto riporta anche molte notizie Itinerarium Antonini storiche, quasi un atlante ante litteram. Pare poco funzionale ai viaggiatori, ai miliari e ai commercianti, e più destinato agli eruditi del tempo, in grado di apprezzare l’aspetto storico e artistico del territorio. La gestione delle mansio fa comprendere meglio la distribuzione dei centri di potere rispetto all’attività agricola. Itinerarium Gaditanum (IV Sec. d.C.): Percorso che inizia da Cadice (l’antica Gaditanum), in Spagna, parte finale della via Augusta Pertica, e termina a Roma. Il percorso è riportato in quattro colonne che adornano dei “vasi di Vicarello” (fonte termale vicino al Lago di Bracciano), ritrovati casualmente nella metà dell’800, dove sono Cartografate le tappe per arrivare da Cadice fino a Roma. Itinerarium Burdigalense o Gerosolimitano (III Sec. d.C.): Il titolo completo che si trova sui codici è Itinerarium a Burdigala Hierusalemusque et ab Itinerarium Gaditanum Heraclea per Aulonam et per urbem Romam, Mediolanum usque. Il percorso riporta le mansiones, le civitas e le mutationes. Si snoda da Burdigala (Bordeaux) a Gerusalemme. Il titolo in latino esplicita le località che l’itinerario segue: da Bordeaux a Gerusalemme e da Eraclea per la città di Roma fino a Milano. Denuncia una singolarità dell’itinerario: indica un percorso per l’andata e uno per il ritorno. Da Bordeaux si arriva a Milano, si procede verso la via Aquileia, e ci si addentra nella penisola balcanica. Dopodiché, si va verso Costantinopoli e Gerusalemme. Al ritorno, a Costantinopoli si svolta a Ovest e si attraversa il canale di Otranto per giungere a Roma e successivamente proseguire verso Milano e Bordeaux. Secondo i critici, è una fusione di un itinerarium scripta e un percorso ad loca santa, per fare tappa nei luoghi con valenza religiosa. Questi percorsi ad loca santa prendono piede soprattutto nel Medioevo, diventando uno degli Itinerarium Burdigalense o Gerosolimitano strumenti conoscitivi per veicolare informazioni 22 geomorfologiche e per esplicitare le indoli dei popoli, soprattutto per evangelizzarli. L’itinerarium Burdigalense è un elenco di mutationes, mansio e civitas, vicino a cui è indicata la distanza che le separa in miglia romane (parasanghe in territori orientali e leghe nelle Gallie). Itineraria picta o disegnata: Non sono elenchi di tappe, ma dei disegni e mappe che cartografano, secondo un ordine sequenziale, i luoghi che si incontrano lungo un percorso, arricchiti dalla rappresentazione degli elementi fisico naturali e antropici che accompagnano i luoghi, permettendo di orientarsi meglio. Ci si orienta con le miglia di distanza e con gli elementi fisico-antropici disegnati. L’utilizzo di questi itineraria come strumento di viaggio è andato perduto, tanto che ci rimane solo un esemplare. Tabula Peutingeriana (Codex Vindobonensis 324): L’unico esemplare giunto a noi è la Tabula Peutingeriana, ossia il Codex Vindobonensis 324, oggi conservato a Vienna presso la Biblioteca Nazionale; è un monumento cartografico. Scoperto da Konrad Celtes, bibliotecario dell’Imperatore Massimiliano I d’Asburgo, in una biblioteca di Worms alla fine del XV Sec., il documento viene lasciato in eredità a Konrad Peutinger, cancelliere e antiquario di Augsburg (Augusta), da cui prende il nome la Tabula. È dipinta su una pergamena costituita da 12 segmenti incollati tra di Gli XI segmenta della Tabula Peutingeriana loro che raggiungono una lunghezza di oltre 7 m (740 Tabula Peutingeriana 23 cm) e una di larghezza di 34 cm. È una pergamena che si arrotolava e srotolava per essere consultata nella parte interessata. Il primo segmento è andato perduto, e probabilmente è scomparso perché è quello che era incollato al bastoncino per arrotolare la pergamena. Dunque, oggi la pergamena non misura 7,40 m, ma 6,45/7m. All’interno è cartografato l’intero mondo conosciuto, ossia l’Europa, l’Asia e l’Africa separati dal Mediterraneo, dal Tanais/Don, e dal Nilo. I continenti sono circondati dall’oceano. La Tabula è orientata con l’est in alto. La cartografazione procede da sinistra verso destra, in modo da adempiere all’ordine e allo scopo della pergamena, il cui disegno si sviluppa longitudinalmente. Il rapporto tra longitudine e latitudine è 21:1 rendendo difficile trovare corrispondenza tra il reale e la rappresentazione. Dei territori è cartografato ciò che si conosce negli 11 fogli. Il segmentum mancante: Secondo Miller, il primo segmentum, ricostruito nel 1916, avrebbe dovuto rappresentare l’Isola di Thule, la Spagna, l’Islanda, parte della Gran Bretagna e la parte nord- occidentale dell’Africa, con le colonne d’Ercole, il limite massimo del mondo allora conosciuto.