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Questo documento riassume la situazione politica e sociale in Europa tra il 1848 e il 1914, con particolare attenzione all'ascesa dell'imperialismo europeo e alle rivalità tra Gran Bretagna, Impero Asburgico, Francia e Prussia. Sono analizzate le cause e le conseguenze della Prima Guerra Mondiale e l'evoluzione dei vari imperi.
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Storia: età contemporanea (p.151-195) 16.1 | L’europa tra il 1848 e il 1914 Il periodo che va dal 1848 al 1915 si può dividere in due periodi: - 1848 - anni ‘70: trionfo del conservatorismo concretizzato con l’alleanza tra la monarchia, la borghesia e la Chiesa. Fu un periodo di progres...
Storia: età contemporanea (p.151-195) 16.1 | L’europa tra il 1848 e il 1914 Il periodo che va dal 1848 al 1915 si può dividere in due periodi: - 1848 - anni ‘70: trionfo del conservatorismo concretizzato con l’alleanza tra la monarchia, la borghesia e la Chiesa. Fu un periodo di progressi economici (industrializzazione) e scientifici. Nazione dominante a livello mondiale = Gran Bretagna - anni ‘80 - 1915: affermazione imperialismo europeo negli altri continenti. Tentativo Germania di costruire un’egemonia europea e inizio competizione con la Gran Bretagna, questa sarà poi una delle cause della PGM. 16.1.1 | La Gran Bretagna L’apogeo (=apice) liberale (1846-74) Tra il 1848 e il 1874 la GB fu guidata principalmente da governi liberali, in cui spiccarono le personalità di Palmerston e Gladstone. Valori del liberismo inglese furono: libertà di commercio e difesa degli interessi britannici (a volte sconfinavano nel nazionalismo). La prosperità economica inflese era notevole: l'industria moderna, l'agricoltura, il commercio e la flotta avevano produzioni che superavano spesso quelle mondiali nel suo complesso ed erano in continua espansione. Le colonie britanniche inoltre assicurarono l’egemonia inglese su ¼ di mondo. Dal punto di vista politico e sociale: - la classe dirigente aveva il pieno controllo per questo concesse il diritto di voto alla piccola borghesia e a parte della classe operaia - vennero legalizzate le Trade Unions (organizzazioni sindacali) - l’espressione del voto fu resa segreta La GB aveva comunque gravi problemi da affrontare come: - la povertà di larga parte della popolazione (soluzione: emigrazione in Canada, USA, Australia). - il rapporto con l’Irlanda: dopo il fallimentare tentativo di insurrezione del 1848 organizzato da una società segreta chiamata Giovane Irlanda i nazionalisti avevano continuato a cospirare e a compiere atti di terrorismo anti inglesi. Il governo Gladstone applicò (dal 1869) misure volte a migliorare le condizioni dei contadini irlandesi. Fu allora che il movimento indipendentista si ribellò e chiese un proprio parlamento e un governo (Home Rule). Sintomi di crisi nel primato inglese (1874-1914) Nel 1874 il governo passò al conservatore Disraeli, il cui programma si riassumeva nella difesa dell’Impero e nell'attuazione di riforme sociali dirette a conquistare la lealtà degli operai. La persistenza di problemi economici e alcuni fallimenti in politica estera portarono alla caduta di questo governo (1880) e al ritorno del governo Gladstone, che portò un ampliamento del corpo elettorale ma fallì nel concedere l’indipendenza all’Irlanda e si dimise nel 1886. 1 Dagli anni ‘70 l’agricoltura inglese iniziò a subire la concorrenza e ottenne alcuni cattivi raccolti, inoltre il governo continuava ad investire nelle colonie e non nella madrepatria. Questo portò il governo di Salisbury, un conservatore, a chiedere l’appoggio delle masse popolari. L’impero si espanse ancora ma questo causò tensioni con: - la Francia: si rischiò un primo scontro per il possesso delle azioni del Canale di Suez e un secondo per il controllo del Sudan. (= successo diplomatico inglese) - la Germania - la Russia In Asia si creò una frizione tra l’espansionismo inglese in India e quello russo in Afghanistan. Le condizioni economiche dei lavoratori britannici avevano subito un peggioramento, dando così vita ad altre Trade Unions che accolsero le idee socialiste e marxiste. La maggioranza degli operai inglesi, parte del Partito del lavoro, però rimase riformista e non aderì al marxismo. 16.1.2 | L’impero Asburgico Superati i moti del ‘48 l’Impero Asburgico doveva trovare una soluzione al problema della coesistenza di diversi popoli e culture. La situazione si aggravò dopo le sconfitte subite: - nel lombardo-veneto (1859) - dalla prussia (1866) L’imperatore Francesco Giuseppe cercò di risolvere il problema seguendo la via della centralizzazione e della “germanizzazione” ma ciò esasperò gli ungheresi (popolo più numeroso dopo gli austriaci), essi volevano autonomia e ridimensionamento della componente germanica. Nel 1867 l’imperatore dovette accettare la richiesta degli ungheresi di assumere il titolo formale di re d’Ungheria. Lo stato asburgico diventò così Impero Austro-Ungarico (duplice monarchia: un sovrano ma due parlamenti e governi). Nonostante ciò il problema della mancanza di omogeneità culturale permase perché ora le altre minoranze si sentivano oppresse dalla componente ungherese. Punti di forza dell’impero austro-ungarico rimasero: l’esercito e l’apparato burocratico. L’impero inoltre non intraprese nessuna politica coloniale e il diritto di voto venne progressivamente esteso fino a raggiungere nel 1907 il suffragio universale. 16.1.3 | La Francia Napoleone III e il Secondo Impero (1849-70) Vittoria dei conservatori nel 1849 aveva portato a una limitazione del diritto di suffragio e aumentato il controllo del clero sull’istituzione. Il presidente della repubblica, Luigi Napoleone, cercava di ottenere un secondo mandato nonostante ciò fosse contro la costituzione, presentando una proposta di legge che stabiliva il suffragio universale. 2 Questa proposta fu bocciata dal parlamento e ciò gli fornì la giustificazione per realizzare il 2 dicembre 1851 un colpo di Stato: la sede parlamentare fu occupata da soldati, gli oppositori politici furono esiliati (circa 10.000) e il suffragio universale ristabilito. Da quel momento in poi Napoleone realizzò i suoi programmi tramite plebisciti: - primo: presidente della repubblica per 10 anni, potere di redigere una nuova costituzione - secondo: proclamato imperatore, Napoleone III, possibilità di trasmettere ereditariamente il titolo Dal 1859 inizia il periodo dell’Impero liberale. La concessione di libertà funzionò però al contrario: nacque un terzo partito (accanto a quello bonapartista e a quello dell’opposizione) con ideali liberali. Questo partito fu chiamato alla guida del governo nella persone di Ollivier nel 1870. Il regno di Napoleone vide una crescita industriale, degli affari e del commercio. Fallimentare fu invece la politica coloniale. La politica sociale di Napoleone III fu improntata al paternalismo (stato autoritario e antidemocratico) e all’autoritarismo. Nel 1870, il Secondo Impero crollò, a causa della sconfitta militare contro i prussiani a Sedan. La Comune (1871) Dopo l’abdicazione di Napoleone III, i democratici tornarono a proclamare la repubblica ma le elezioni del 1871 furono vinte dai monarchici = il parlamento affidò il governo a Thiers. L’opposizione si polarizzò a Parigi, agitata da idee neo giacobine e socialiste = la città insorse richiamandosi all’esperienza della Comune (del 1793) e cominciò a organizzare apparati statali e amministrativi improntati alla sovranità popolare. La classe operaia era per la prima volta nella storia direttamente al potere. Thiers, con il consenso dei prussiani che occupavano militarmente il paese, inviò 100.000 soldati per pacificare parigi: questo evento passò alla storia come la settimana del sangue (fucilazioni di massa, morti: 20.000 rivoltosi, esiliati: 10.000). La terza repubblica Thiers fu eletto presidente della Repubblica e riuscì a mobilitare le truppe prussiane dal territorio. Nel 1873 fu eletto presidente MacMahon, generale di Napoleone III, egli avrebbe dovuto guidare la Francia verso il ripristino della monarchia ma questo progetto fallì. In quegli anni fu elaborata una sistemazione costituzionale repubblicana che fu conservata in parte fino al 1940: - accanto ad una camera completamente elettiva fu istituito un senato a nomina vitalizia per metà, ed elettiva per l’altra metà - libertà di stampa e riunione furono garantite + sindacati legalizzati - istruzione laicizzata 3 L’economia industriale francese durante gli anni ‘70 segnò il passo. Grande impulso ebbe la politica coloniale, tra il 1890-1941, la Francia diventò la seconda potenza coloniale del mondo. Grande risonanza nel 1894 la ebbe l’affaire Dreyfus, che vide protagonista un ufficiale dell’esercito ebreo, Dreyfus, accusato di spionaggio a favore della Germania e condannato alla deportazione. Fu riconosciuto innocente ma non liberato, cominciò allora una forte protesta da parte della società civile a cui partecipò anche Zola (J’accuse). 16.1.4 | La Prussia La Prussia unificò gli stati tedeschi. In Prussia le classi dominanti erano quelle dei grandi proprietari terrieri (gli Junker), l’esercito e la burocrazia. Dopo il 1849 il re Federico Guglielmo IV attuò una politica conservatrice. Il corpo elettorale era diviso in 3 parti su base censitaria e anche il governo dipendeva direttamente dal Re. Il nuovo kaiser ('imperatore germanico), Guglielmo I, nel 1861 chiamò al governo Otto von Bismarck. Sostenitore dei principi del nazionalismo, della conservazione e dell'assolutismo. La possibilità di un scontro tra Austria e Prussia era ben nota perché entrambe le nazioni volevano l’egemonia sull’area tedesca. Le due nazioni di allearono per strappare alla Danimarca 3 ducati ma si scontrarono per l'assetto da dare ai ducati conquistati. Per risolvere lo scontro si optò per l’utilizzo delle armi ma il parlamento prussiano si rifiutò di concedere i fondi perciò, nonostante questa scelta del parlamento Bismarck riuscì ad aggirare l'opposizione prevalendo sui liberali tedeschi. Dal punto di vista diplomatico Bismarck si alleò con l’Italia (per la nostra terza guerra d’indipendenza) e si assicurò il consenso francese mentre la Gran Bretagna non aveva possibilità di opporsi. La guerra cominciò e terminò dopo un mese e mezzo con la sconfitta dell’Austria nella disfatta di Sadowa. La stipulazione di pace permise a Bismarck di: - annettere i 3 ducati sottratti alla Danimarca - annettere gli stati più settentrionali della confederazione della germania del nord - indebolire l’Austria A questa espansione territoriale prussiana aveva corrisposto anche una crescita economica, avvicinandosi al primato inglese. Questo successo politico ed economico preoccuparono Napoleone III che ostacolò i successivi progressi della Prussia. 4 Bismarck era pronto allo scontro con la Francia. Uno scontro nacque come risultato della controversa successione al trono di Spagna: era stato proposto un principe prussiano ma la Francia si era opposta per paura di un ulteriore arricchimento della Prussia. Questo fu il casus belli di una guerra (dichiarata dalla Francia) che vide la francia sconfitta in due occasioni: - a Metz - a Sedan (sconfitta definitiva) Napoleone III cadde prigionieri e la repubblica francese tentò di continuare a combattere ma i soldati erano impreparati e quindi fu obbligata a chiedere l’armistizio. Con il trattato di Francoforte la Prussia ottenne: - l’Alsazia-Lorena - pagamento di indennità di guerra Nel 1871 fu proclamato l’Impero tedesco, significativamente lo scettro fu offerto a Guglielmo I. Il partito degli Junker governava nella persona di Bismarck che avanzò una politica sociale a favore della classe operaia, allo scopo di assicurare il consenso alla nuova monarchia, mentre procedeva alla germanizzazione della parte polacca dell’Impero. 16.1.5 | La Russia La Russia da tempo aspirava a uno sbocco sul Mediterraneo e ad espandersi in Afghanistan. Con il pretesto di ergersi paladino dei cristiani ortodossi che vivevano nell’Impero ottomano, lo zar, Nicola I, dichiarò guerra ai turchi. Andarono in soccorso dei turchi la Gran Bretagna, la Francia e il regno di Sardegna per contrastare il desiderio espansionistico dello zar. Iniziò così la guerra di Crimea che terminò con la sconfitta russa. Mentre durava ancora la guerra divenne zar Alessandro II che modernizzò la Russia: - concesse un’amnistia politica - ridusse la censura - migliorò l’istruzione universitaria - 1861: abolì la servitù della gleba Nacquero in questo periodo inoltre le basi per la nascita della grande industria russa. I polacchi durante il regno di Alessandro II pensarono di poter ottenere l’indipendenza ma molti vennero arrestati e deportati, nacque nel 1863 un’insurrezione che venne brutalmente repressa. L’assolutismo zarista spinse gli intellettuali ad aspirare ad una rivoluzione generale che sarebbe dovuta partire dal popolo (populismo). Per liberare il popolo però bisognava scontrarsi con l’oppressione poliziesca, quindi Bakunin teorizzò il principio della violenza rivoluzionaria. Di questa teoria fu vittima lo zar che fu assassinato. Egli fu poi succeduto da Alessandro III e poi da Nicola II (ultimo zar di Russia). I loro governi furono repressivi e la risposta del popolo giunse tramite il primo sciopero a San Pietroburgo e tramite la nascita del partito operaio socialdemocratico e del partito socialrivoluzionario. 5 Importante per il partito operaio fu il pensiero del marxista Plechanov che considerava che gli operai avrebbero avuto un ruolo fondamentale nella rivoluzione sociale. 16.2 | L’Italia verso l’unità Cavour aveva preso le distanze dal conservatorismo piemontese a inizio secolo e fu costretto a dimettersi dopo aver mostrato simpatia verso i moti francesi del ‘30. Nel ‘48 entrò in politica e fu eletto deputato, la sua linea di azione fu improntata all’affermazione di un liberismo moderato e parlamentarista. Cavour ottenne il consenso dell'aristocrazia e della borghesia per il suo intento di creare un Regno dell’Alta Italia. Divenuto ministro Cavour stipulò trattati commerciali di stampo liberista e cercò di difendere il diritto alla libertà di stampa. In questa occasione realizzò il decisivo avvicinamento tra liberali e il centro-sinistra di Urbano Rattazzi. Questo connubio (=alleanza) isolò le forze più radicali e quelle conservatrici. Nonostante il fallimento del '48 Mazzini era convinto che servisse un'azione insurrezionale. Per coordinare fondò a Londra il comitato nazionale italiano, ciò risultò comunque inefficace. Il fallimento delle nuove ribellioni segnò l'inizio di una profonda riflessione del movimento mazziniano che porterà la nascita del partito d'azione, che aveva come obiettivo l'instaurazione in Italia dell’unità repubblicana. Più orientati verso un radicale mutamento sociale e non solo politico erano Giuseppe Ferrari e Carlo Pisacane, essi proponevano il diretto coinvolgimento delle masse popolari nella lotta di liberazione. Cavour intanto, divenuto primo ministro del Piemonte, si stava concentrando sulla laicizzazione dello Stato e sulla liberazione dell'economia, egli voleva inoltre instaurare l'egemonia piemontese sulla penisola italiana. La guerra di Crimea fu l’occasione che Cavour utilizzò per guadagnarsi l'appoggio della Gran Bretagna e della Francia. Allo scoppio del conflitto Cavour decise di aderire alla coalizione anti russa e dopo la vittoria, al Congresso di pace di Parigi, ottenne di sedere al tavolo delle grandi potenze e di discutere dalla stazione italiana. L'anno seguente nasceva in Italia la società Nazionale, un organismo che riuniva democratici, moderati e liberali accomunati dell’aspirazione unitaria e intenzionati a realizzarla. Il fallimento degli ultimi moti sotto la guida di Pisacane segnò la definitiva sconfitta del partito d'azione. 16.2.1 | Plombières Nel gennaio 1858 l'ex mazziniano Felice Orsini attentò alla vita di Napoleone III, egli venne catturato ghigliottinato. Napoleone III, consapevole dei pericoli dovuti alla situazione italiana e deciso a sostituire l'influenza austriaca con quella francese rafforzò i rapporti tra il Piemonte e la Francia. 6 Un incontro avvenuto a Plombières nel 1858 definì i caratteri di questa alleanza: la guerra contro l'Austria avrebbe dovuto essere provocata in modo tale da far attaccare per prima l'Austria, così l'accordo con la Francia sarebbe sembrato puramente difensivo. Al termine del conflitto si sarebbero dovuti formare: - uno stato dell'alta Italia (controllato dai Savoia) - uno dell'Italia centrale (al Papa sarebbe rimasta la sovranità su Roma) - uno stato meridionale Tutti sarebbero stati riuniti all'interno di una Confederazione presieduta dal Papa. In cambio dell'aiuto della Francia il Piemonte le avrebbe ceduto Nizza e la Savoia. 16.2.2 | La seconda guerra di indipendenza Il regno sabaudo cercò con perseveranza di provocare il casus belli: il regno di Vittorio Emanuele armò apertamente corpi di volontari, come i cacciatori delle Alpi, al comando di Garibaldi. Infine l’Austria rivolse un ultimatum al regno sardo che, avendolo respinto, fu attaccato dagli Asburgo nell’aprile 1859. Il primo scontro di Magenta segnò la sconfitta delle truppe austriache. A giugno le truppe di Napoleone III e di Vittorio Emanuele entrarono a Milano e sconfissero gli austriaci nelle battaglie di Solferino e San Martino. Nacquero varie rivolte e i rivoltosi richiesero di annettersi al Piemonte, ciò allarmò Napoleone che stava combattendo in Francia contro le accuse di essere complice di forze ribelli. Inoltre la Prussia minacciava di intervenire nel conflitto a favore dell’Austria. Per questi motivi Napoleone III firmò a Villafranca l’armistizio con gli Asburgo. Esso prevedeva che: - Lombardia ceduta alla Francia (che poi l’avrebbe data al Piemonte) - italia centrale: restaurazione sovrani legittimi - Veneto: rimasto agli Asburgo Cavour sorpreso e indignato si dimise e venne sostituito da Rattazzi e La Marmora. Il regno provvisorio dell’Italia centrale chiese l’annessione al Regno Sabaudo. Dopo la pace di Zurigo (1859), Cavour fu richiamato al governo. Egli poté ottenere il riconoscimento per le annessioni operate in Italia centrale in cambio della cessione alla Francia di Nizza e della Savoia. 16.2.3 | La spedizione dei mille Francesco II di Borbone, nuovo re di Napoli, deve affrontare i democratici che organizzano una spedizione per liberare il meridione. Con questo scopo Garibaldi guidò un contingente, con il tacito consenso di Vittorio Emanuele II ma l'opposizione di Cavour. Un migliaio di Garibaldini salparono dal porto di Quarto alla volta della Sicilia. Dopo aver fatto rifornimento di armi e munizioni sbarcarono a Marsala. Dopo i primi vittoriosi scontri di Calatafimi e Milazzo e dopo l'insurrezione del popolo di Palermo, Garibaldi fu accolto calorosamente dalla popolazione locale ebbe presto il controllo di quasi tutta la Sicilia. 7 Visto il successo della spedizione anche Cavour iniziò ad appoggiare la lotta di liberazione della Sicilia. Garibaldi voleva però liberare tutto il Regno delle Due Sicilie, egli entrò dunque in Calabria e poi trionfante a Napoli. Mentre Garibaldi risaliva la penisola, Vittorio Emanuele II marciava verso sud. A Teano Cavour si incontrò simbolicamente con Vittorio Emanuele II e grazie a vari plebisciti i territori del centro del sud della penisola furono annessi al Regno Sabaudo, mentre il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II fu proclamato re d'Italia. 16.2.4 | La Destra storica Pochi mesi dopo la nascita del Regno d’Italia Cavour muore, lasciando in eredità moltissimi problemi da risolvere: - unificazione amministrativa e sviluppo economico unitario - acquisizione delle tre Venezie (tre regioni di etnia e cultura italiana in mano all’Austria) - questione romana e rapporti con il Papato - questione sociale e meridionale Fu la destra storica (schieramento politico conservatore) a cercare di risolvere inizialmente questi problemi. Nella dx storica erano confluiti liberali e moderati in italiani. Ad essa si contrappone la sinistra. Una girandola di governi Dopo Cavour si succedettero governi di brevissima durata: - Bettino Ricasoli: cercò di risolvere la questione romana senza successo. - Urbano Rattazzi: tentò la conquista di Roma ma dopo la minaccia di Napoleone III di intervenire l’impresa fu sconfessata da Vittorio Emanuele II - Marco Minghetti: cerca di ristabilire i rapporti con la Francia con le convenzioni di settembre → Italia si impegna a rispettare i territori pontifici ma in 3 anni le truppe francesi sarebbero dovute andare via dallo stato della chiesa. + Capitale spostata da Torino a Firenze → proteste da parte dei torinesi che furono represse = dimissioni Minghetti - Alfonso la Marmora La terza guerra d'indipendenza Durante il ministero di La Marmora l’Italia entra in guerra con la Prussia contro l’Austria ma per la poca esperienza subisce due sconfitte: - di Custoza - nella battaglia navale di Lissa L’unica vittoria viene conseguita grazie ai volontari di Garibaldi in Trentino, presso Bezzecca. La vittoria prussiana garantì all’Italia l’acquisizione del Veneto. 8 Lo scontro con i democratici L’infelice conduzione della guerra e lo scoppio di una ribellione a Palermo portarono all’ennesimo cambio di governo. Rattazzi dovette confrontarsi con le iniziative dei garibaldini, decisi a conquistare Roma per completare l’unità nazionale. Questo secondo tentativo prevedeva, affianco all’azione dei volontari di Garibaldi, anche una rivolta interna della città organizzata dai patrioti romani. La rivolta però fallì e le truppe garibaldine furono sconfitte a: Villa Glori e a Mentana. La presa di Roma La conquista di Roma poté avvenire solamente dopo la caduta dell’impero francese sconfitto dalla Prussia. Il governo Lanza, allo scoppio della guerra franco-prussiana, decise di attaccare lo Stato Pontificio. Nel 1870 quindi l’esercito italiano entra in città da Porta Pia e unifica l’italia. Papa Pio IX non accettò l’annessione dei territori dello stato pontificio allo stato italiano e decide quindi di: - non riconosce lo stato italiano come stato giuridico, e questo durerà fino al 1929 quando Mussolini stringerà i patti lateranensi con il Cardinale Pietro Gasparri. - emana una bolla: NON EXPEDIT dove chiede a tutti i “veri” cattolici di non intervenire e prendere posizioni nello stato (non votare, non creare partiti,..) Visto il totale rifiuto di comunicare con lo stato nel 1871 venne emessa la Legge delle guarentigie che prevedeva: - riconoscimento del cattolicesimo come religione della nazione - l’extraterritorialità del Vaticano, del Laterano e di Castel Gandolfo - facoltà del pontefice di mantenere un corpo armato - libertà di comunicazione - piene garanzie per l’esercito di ogni potere spirituale La questione meridionale Uno dei problemi più complessi che lo stato dovette affrontare fu la questione meridionale, era infatti notevole il divario economico e sociale tra le regioni del nord e del sud. Con l’unità d’Italia alla povertà della popolazione si aggiunsero: l’introduzione della leva obbligatoria e l’inasprirsi della pressione fiscale. Inoltre l'industria meridionale si trovava a subire la concorrenza delle imprese del Nord. Tutto questo causò al sud molto malcontento che fu espresso con la rivolta palermitana del ‘66 ma soprattutto attraverso il fenomeno del brigantaggio che fu represso con grande durezza da parte dello stato. L’unificazione legislativa, amministrativa ed economica → Unità legislativa = estensione dell’ordinamento piemontese a tutta la nazione. → Unità amministrativa = presero come modello l’amministrazione francese 9 → Unità economica = destra estese la legislazione doganale piemontese (marcatamente liberista), questo causò difficoltà alle industrie nazionali. Per sanare il bilancio e far fronte al crescente debito pubblico aumentò la pressione fiscale, che con la tassa sul macinato, creò grandi proteste. Il maggiore prelievo consentì tuttavia al governo, sotto la direzione di Quintino Sella, di pareggiare il bilancio. 16.2.5 | La Sinistra storica Dopo un nuovo ministero Minghetti, il re chiamò al governo un rappresentante della Sinistra, che aveva incrementato i suoi consensi nelle elezioni del 1874. Il nuovo esecutivo fu formato da Agostino Depretis. Questa successione della sinistra storica alla destra è conosciuta come “rivoluzione parlamentare”, si inaugurò infatti un periodo di riforme: - estensione obbligo scolastico fino ai 9 anni - ampliamento corpo elettorale - non fu introdotto il suffragio universale ma il diritto di voto venne legato al grado di istruzione e al censo - il governò avviò una politica fiscale favorevole per la media borghesia. Depretis cominciò però ad attuare il trasformismo, ossia ridimensionò il suo programma, inizialmente decisamente riformatore, per far convergere sulle proprie posizioni anche parte dei partiti avversari. In politica estera viene sancita la triplice alleanza (1882) con la Germania e l’Austria. L’eccidio di Dogali, Etiopia, dove morirono molti soldati italiani causò le dimissioni di Depretis che fu sostituito da Francesco Crispi. Inoltre già nel 1878 Umberto I aveva succeduto il padre, Vittorio Emanuele II. Crispi Grande ammiratore di Bismarck. Riprese il progetto dell'espansione coloniale italiana inviando una nuova spedizione militare in Africa orientale e fondando la colonia Eritrea. Impose alle popolazioni locali il trattato uccialli con cui il Negus di Etiopia riconosceva le conquiste italiane. In politica interna Crispi rafforzò il potere dell’esecutivo e del suo controllo sulla vita del paese, ne fu esempio il nuovo codice penale. Inoltre un nuova riforma incrementò il corpo elettorale nelle elezioni amministrative rendendo elettivi alcuni organi e cariche locali che però rimanevano sotto lo stretto controllo centrale. Il difficile momento economico condusse Crispi a progettare un inasprimento della pressione fiscale, ma il voto contrario della Camera portò alla caduta del suo governo. 10 Il movimento operaio e contadino In Italia la lentezza dello sviluppo capitalistico fece sì che un movimento operaio si sviluppasse con molto ritardo rispetto ad altri Paesi europei. L’intenzione socialista si estese in Italia inizialmente grazie a Bakunin (anarchico), ma dopo il fallimento di alcune azioni sovversive fu invece la corrente socialista a guadagnare consensi, arrivando fino alla fondazione del Partito operaio italiano (1882). Nel 1892 sarebbe nato il partito dei lavoratori italiani, poi diventato Partito socialista italiano (1895). Principali esponenti ne sarebbero stati: - Andrea Costa, primo parlamentare di questo schieramento - Filippo Turati - Antonio Labriola 16.2.6 | Giolitti L’azione politica di Giolitti tra 1892 e 1911 Dopo il breve governo di Rudinì, salì al governo Giovanni Giolitti, che si sarebbe adoperato per accentuare il carattere liberale dello Stato. Il suo primo ministero fu molto breve a causa dello scoppio dello scandalo dell'irregolare gestione della Banca Roma, in cui Giolitti stesso fu coinvolto e per la nascita in Sicilia del movimento dei Fasci. Giolitti aveva rifiutato di proclamare lo stato di assedio e per questo di era dimesso; a sostituirlo fu Crispi. Crispi restituì impulso all’espansione coloniale ma una nuova sconfitta ad Adna lo obbligò alle dimissioni. Allora salì nuovamente al governo Rudinì che dovette affrontare la crisi economica. In seguito all’aumento del prezzo del pane a Milano scoppiò una rivolta che fu repressa con grande violenza dal generale Bava Beccaris. La durezza della repressione aumentò con il governo successivo, quello di Pelloux, le cui proposte di legge miravano a una drastica riduzione delle libertà democratiche. Per questo socialisti e liberisti si opposero al governo e Pelloux si dimise. Pelloux fu sostituito da Giuseppe Saracco. Nel 1900 l’anarchico Gaetano Bresci uccise a Monza Umberto I, che fu sostituito dal giglio Vittorio Emanuele III. Dopo l’ennesima crisi di governo salì al potere il liberale Zanardelli, che chiamò Giolitti agli Interni. Dopo le dimissioni di Zanardelli, tornò al potere Giolitti. Egli agì con prudenza nei confronti delle rivendicazioni socialiste cercando di separare dal partito l’ala più moderata per legarla a sé. Giolitti propose quindi a Turati di entrare nel suo governo ma egli rifiutò e i socialisti si avvicinarono ad ideali ancora più radicali. Il governo di Giolitti entrò in difficoltà per il progetto della statalizzazione delle ferrovie, fu quindi successo da Fortis e Sonnino, dopo i quali Giolitti tornò al potere. 11 Durante questo incarico Giolitti si mosse in direzione di un riformismo moderato ma erano crescenti le agitazioni sociali, mentre nel campo sindacale nacque la Confederazione Generale del Lavoro (CGdL) = aggregazione delle diverse organizzazioni. L’azione politica di Giolitti tra 1911 e 1914 I provvedimenti più importanti di questo periodo attuati da Giolitti furono: - la riforma dell'istruzione elementare - l’introduzione del suffragio universale maschile → Giolitti sperava di indebolire l’opposizione della sinistra alla guerra in Libia L’impresa in Libia aveva infatti un valore simbolico oltre che strategico (per la posizione geografica) ed inoltre soddisfava l’intento di soddisfare le ambizioni del capitalismo finanziario e dell’industria pesante. A queste motivazioni si aggiunse quella di favorire l’emigrazione in Africa della popolazione più povera. Inoltre le precedenti trattative internazionali con Francia, Inghilterra e Russia avevano legittimato le pretese italiane su questa regione africana. La guerra VS la Turchia, sotto il cui dominio stava la Libia cominciò nel 1911 e terminò solamente nel 1912 (grande sforzo bellico necessario). La Pace di Losanna sancì la sovranità italiana sulla Libia e l’occupazione di Rodi e del Dodecaneso greco. Le elezioni del 1913 ebbero come risultato la maggioranza dell’opposizione e le dimissioni del primo ministro. Queste furono le prime elezioni a suffragio universale maschile e aveva visto i liberali ricorrere al sostegno dei cattolici per ottenere il numero maggiore possibile di elettori. L’accordo tra liberali e cattolici, il patto Gentiloni, prevede che l’unione elettorale cattolica si impegnasse a far votare per i candidati liberali in cambio dell'assicurazione che il nuovo governo non avrebbe cominciato nessun provvedimento lesivo degli interessi cattolici. A Giolitti subentrò Antonio Salandra che agì con durezza contro i moti nati nel 1914 cui protagonisti erano Nenni, Mussolini e l’anarchico Malatesta. La morte di 3 dimostranti sctenò episodi di aperta rivolta che assunse in alcuni casi caratteri rivoluzionari e repubblicani. Si parla di questo evento come settimana rossa. L’economia italiana dalla destra storica a Giolitti La politica della destra aveva imposto un forte fiscalismo ma in compenso aveva anche contribuito alla creazione di strutture necessarie a uno stato unitario. Il peso delle esazioni era però ricaduto soprattutto sulle classi meno abbienti. Caratteristiche dominanti della crescita dell’economia italiana tra i due secoli furono: - il protezionismo nei confronti della produzione agricola - il continuo sostegno dello stato allo sviluppo industriale del Nord Il processo di industrializzazione si sarebbe poi intensificato all'inizio del nuovo secondo. 12 16.3 | La Prima guerra mondiale 16.3.1 | Le cause Le cause del primo conflitto mondiale si possono individuare nelle tensioni che covavano tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX tra le principali nazioni europee. I motivi di attrito erano numerosi e sembravano tutti condurre a uno scontro definitivo. La Germania era stata più volte frustrata nelle sue aspirazioni colonialiste, aumentate non solo da motivi di orgoglio nazionalistico, ma anche dalla necessità di assicurarsi materie prime, mercati e sbocchi per il capitale finanziario; la Germania era infatti diventata un'autentica potenza economica. Per questo, si era nel tempo creata una forte rivalità con la Gran Bretagna, soprattutto per quanto riguardava il controllo dei mari settentrionali. Da parte sua, la Francia nutriva propositi di rivincita (revanscismo) contro la Germania e l'ambizione di recuperare l'Alsazia-Lorena. L'Austria-Ungheria era invece in attrito con la Russia per le contrastanti aspirazioni sui Balcani e la politica panslavista degli zar. Un ruolo significativo dovevano avere anche le tensioni nascenti dalle spinte nazionali all'interno degli imperi multietnici, come quello austriaco e quello ottomano. Nel 1914 si accese la scintilla che doveva portare alla guerra: l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, venne assassinato insieme alla moglie in un attentato compiuto a Sarajevo dallo studente serbo Gavrilo Princip. La situazione precipitò: l'Austria con un ultimatum pretese di imporre alla Serbia una serie di condizioni che, se accolte, avrebbero fatto dello Stato slavo solo un semplice satellite dell'Impero. Forte di l'esplicito sostegno russo, la Serbia respinse l'ultimatum; rifiutando ogni soluzione diplomatica e confidando in una guerra rapida e definitiva, l'imperatore Francesco Giuseppe, il 28 luglio 1914, dichiarò guerra alla Serbia. Il succedersi degli avvenimenti fu incalzante. La Russia allertò le sue truppe in sostegno della Serbia, ma, essendo stato coinvolto nella mobilitazione tutto il suo fronte occidentale, la Germania si sentì direttamente minacciata e intimò con un ultimatum alla Russia di revocare la mobilitazione: al rifiuto dello zar, le dichiarò guerra (1° agosto). La Germania aveva indirizzato alla Francia (legata da un trattato alla Russia) un altro ultimatum, con la richiesta di rimanere neutrale, ma questa rispose mobilitando le proprie forze: seguì la dichiarazione tedesca di guerra alla Francia (3 agosto). Lo stesso giorno, l'Italia si proclamò neutrale, in ciò seguita dalla Romania. Il 4 agosto entrò in guerra la Gran Bretagna a sostegno del Belgio, la cui neutralità era stata violata dai tedeschi che muovevano verso la Francia. Fu poi la volta delle dichiarazioni di guerra del Giappone contro la Germania (23 agosto) e della Turchia, al contrario, a fianco degli Imperi centrali (1° novembre). Questi ultimi speravano in una guerra rapida: la Germania in particolare, disponeva di forze di terra di qualità superiore a quelle nemiche e sperava di ripetere l'impresa della guerra lampo del 1870 contro la Francia (piano Schlieffen). Non avevano però 13 valutato in tutta la sua importanza il peso della Gran Bretagna, la quale poteva lanciare nel conflitto le risorse quasi illimitate del suo immenso Impero, messe a disposizione anche degli alleati soprattutto sotto forma di prestiti. Sui mari, poi, la supremazia inglese era incontestabile e ben presto avreb- doveva risolversi be gravato sugli imperi centrali la mancanza di rifornimenti dovuta al blocco navale. Entrambi gli schieramenti, tuttavia, potevano vantare un efficiente apparato industriale, un'avanzata tecnologia e un convinto sostegno popolare; anche la maggior parte delle forze socialiste aderirono infatti alle singole cause nazionali, appoggiando i rispettivi governi. 16.3.2 Gli anni di guerra: 1914-15 Violando la neutralità del Belgio, i tedeschi miravano a sfondare il fronte francese nel suo punto più debole, a nord-ovest, che infatti si trovò pericolosamente esposto dopo la caduta di Namur. Parigi stessa fu minacciata, tanto che il governo dovette trasferirsi nel Sud, a Bordeaux: l'esercito francese fu costretto ad attestarsi non lontano dalla capitale, dando battaglia della Marna il 6 settembre (due milioni di uomini furono impegnati in sei giorni di combattimenti) e riuscendo a fermare l'avanzata tedesca. I fronti si stabilirono su una linea più arretrata rispetto a Parigi e iniziò una pesante guerra di posizione e di logoramento. Tuttavia, mentre i francesi potevano consolidare la loro linea di trincea in attesa degli aiuti inglesi, i tedeschi erano impegnati anche sul fronte orientale contro i russi. Questi ultimi furono duramente sconfitti nelle battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri (30 agosto e 15 settembre), ma riuscirono a guadagnare posizioni contro gli austriaci in Galizia. In quei primi mesi, mentre la Serbia attaccava con alterne fortune l'Austria, la guerra si combatteva già anche fuori d'Europa: i giapponesi avevano conquistato le basi tedesche in Cina, mentre francesi e inglesi avevano occupato quasi tutte le colonie tedesche in Africa; inoltre, una squadra navale tedesca era stata annientata dagli inglesi al largo delle isole Falkland. Nel 1915 scesero in campo l'Italia a fianco delle potenze occidentali e la Bulgaria con gli Imperi centrali. Questi ultimi avevano intanto conseguito alcuni successi contro la Russia, la quale aveva dovuto dividere le sue forze per fronteggiare anche la Turchia, il cui dominio sulla zona degli Stretti dava grandi vantaggi agli Imperi. Di fronte a un'offensiva nemica combinata, i russi furono costretti a ritirarsi da Polonia, Lituania e Curlandia. Sul fronte occidentale intanto gli anglo-francesi avevano tentato senza successo una serie di offensive. I tedeschi risposero utilizzando, per la prima volta, il gas asfissiante, che fu chiamato anche iprite perché venne sperimentato nella battaglia di Ypres. Sostanzialmente, però, perdura l'immobilismo, alimentato da uno stillicidio di morti da entrambe le parti. Nel frattempo, l'Italia aveva impegnato gli austroungarici sui propri confini. Alcuni successi erano stati colti inizialmente, sia per il valore delle truppe sia per una temporanea superiorità numerica italiana, ma poi gli 14 austriaci si arroccarono dietro le fortificazioni sul Carso, contro le quali si spensero con gravi perdite le prime quattro offensive dell'Isonzo. La Serbia, alle prese con gli austriaci, subì un tracollo per l'entrata in guerra della Bulgaria: sbaragliato sul campo, l'esercito serbo con a capo il re fu salvato dalla flotta italiana, che lo traghettò a Corfù, da dove poté essere reimpiegato. Il 1915 si chiudeva quindi con un notevole vantaggio degli imperi centrali, non solo per le vittorie conseguite, ma anche per il controllo acquisito su territori ricchi di materie prime e di industrie. A ciò gli alleati potevano opporre solo i limitati successi italiani. Per quanto riguardava la lotta sui mari, già nel 1915 i tedeschi avevano scatenato una vasta offensiva sottomarina, dichiarando zona di guerra i mari del Nord e le acque britanniche, attaccando anche le navi mercantili e i trasporti civili dei Paesi nemici. Analogamente, pur duramente colpita, la flotta inglese istituì un blocco navale che lentamente soffocava gli Imperi centrali. Inoltre, l'affondamento del piroscafo inglese Lusitania, che provocò la morte anche di 128 cittadini statunitensi, causò una dura presa di posizione del governo americano contro la Germania, al punto che la guerra sottomarina totale dei tedeschi dovette essere interrotta. 16.3.3 Le ragioni dell'intervento italiano L'italia era legata all'Austria-Ungheria e alla Germania da un'alleanza difensiva detta Triplice Alleanza. Dato questo suo carattere, al momento della dichiarazione di guerra austriaca alla Serbia nessun obbligo di intervento poteva essere imposto all'Italia (che non era neppure stata consultata), la quale aveva quindi del tutto legittimamente proclamato la propria neutralità. Di fatto, la maggioranza del Parlamento e del Paese era contraria a un intervento a fianco dell'Austria, mentre esiste un'attiva minoranza, portatrice di ideali e interessi assai compositi, favorevole a un intervento nel campo opposto. In primo luogo, vi era il cosiddetto interventismo di sinistra, che annovera repubblica-ni, garibaldini, democratici, riformisti e soprattutto le organizzazioni irredentiste, che perforavano il completamento dell'Unità nazionale fino ai suoi confini "naturali". Su posizioni interventiste convergevano, nello schieramento politico opposto, anche i nazionalisti, che dalla vittoria si attendevano la nascita di un Impero italiano; abbastanza vicini a tali aspirazioni erano anche ambienti della grande industria, interessati alle forniture che lo Stato avrebbe richiesto in caso di guerra. Infine una parte dell'élite culturale, studenti universitari e intellettuali, magari poco numerosi ma influenti, caldeggiava l'entrata in guerra: il poeta futurista Marinetti, il "vate" d'Italia D'Annunzio e Benito Mussolini, il quale per il suo acceso interventismo era stato espulso dal PSI e aveva fondato un suo quotidiano, «il Popolo d'Italia». Favorevole alla guerra era anche un settore del liberalismo italiano che, non riconoscendosi in Giolitti, esprimeva, sulle pagine del già influente «Corriere della Sera», la propria preoccupazione per la caduta di prestigio internazionale che sarebbe derivata all'Italia se si fosse mantenuta neutrale. Con tutto ciò, al principio della guerra, in Italia lo schieramento più numeroso era quello non interventista. Vi partecipavano i giolittiani, che 15 ritenevano il Paese impreparato allo sforzo bellico, i cattolici e lo stesso papa Benedetto XV, nonché il fronte socialista, interprete del pacifismo operaio e contadino, nonostante i socialisti di altri Paesi avessero aderito alle cause nazionali Il fallimento della guerra-lampo tedesca prospetta sotto una luce ancora più favorevole un'alleanza dell'italia con le forze della Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia, Russia): i ministri Salandra e Sonnino firmarono così, nell'aprile 1915, il Patto di Londra, senza informare il Parlamento e con il solo consenso del re. Con esso l'Italia si impegnava a scendere in guerra contro l'Austria e in cambio le si garantiva l'acquisizione del Trentino, di Trieste, Gorizia e dell'istria, ma anche di terre abitate da popolazioni tedesche e slave (il Tirolo, il Quarnaro, la Dalmazia). Il protettorato sull'Albania, ingenti prestiti inglesi e vaghe promesse di acquisizioni coloniali completano il patto: come si vede, il disegno italiano aveva travalicato l'obiettivo dell'Unità nazionale ed era diventato apertamente imperialistico, in linea, del resto, con le politiche perseguite dai maggiori Stati europei. Per ottenere il voto di ratifica del Parlamento, che rimaneva a maggioranza non interventista, vennero organizzate e incoraggiate una serie di dimostrazioni di piazza dei settori più estremi del fronte interventista (le radiose giornate di maggio, non esenti da violenze, ebbero carattere schiettamente nazionalista), che il re finse di interpretare come manifestazione della volontà interventista dell'intera nazione, esercitando una indebita pressione sui parlamentari. Il 20 maggio il Parlamento cedette, anche a causa del rifiuto di Giolitti di guidare l'opposizione neutralista, e votò a grande maggioranza la concessione dei pieni poteri al governo in caso di guerra. Il 23 l'Italia indirizzò un ultimatum all'Austria e il 24 maggio 1915 le dichiarò guerra; non però, per il momento, alla Germania (si attese per questo il 1916). Eventi 1916 Forti delle vittorie ottenute sul fronte orientale, i tedeschi decisero di sferrare un nuovo attacco alle linee francesi. Il 21 febbraio iniziò la terribile offensiva di Verdun, combattuta da entrambe le parti con un vasto ricorso all'artiglieria pesante, utilizzata per preparare e coprire drammatiche cariche alla baionetta delle fanterie: gli scontri nel settore durarono circa 4 mesi e uccisero direttamente più di 600.000 soldati. L'esercito britannico venne in aiuto all'alleato scatenando a sua volta un'offensiva in un altro settore, che distogliesse forze tedesche da Verdun: la battaglia della Somme, in cui per la prima volta nella storia furono impiegati i carri armati, costò la vita nei mesi successivi a un milione di uomini. A est, intanto, i russi condussero un attacco vittorioso in Galizia e Bucovina e, con tale successo, attrassero nel conflitto, a fianco della Triplice Intesa, anche la Romania. Tuttavia quest'ultima, assalita simultaneamente da austriaci, tedeschi e bulgari, fu rapidamente sconfitta e occupata, mettendo così a disposizione del nemico le sue notevoli risorse agricole e le sue riserve petrolifere. Sul fronte italiano, gli austriaci diedero corso alla cosiddetta Strafexpedition, cioè una "spedizione punitiva" contro l'Italia che aveva tradito la precedente alleanza. Le linee 16 italiane furono sfondate in Trentino e solo la resistenza sul Pasubio e sull'Altopiano di Asiago chiuse il passo agli austriaci, pronti a dilagare nella pianura vicentina. Sul fronte carsico le ripetute offensive dell'Isonzo consentirono agli italiani la presa di Gorizia. Nel frattempo, i turchi dominavano il teatro di guerra in Asia Minore, controllando i Dardanelli e dopo aver ricacciato le truppe britanniche in Mesopotamia. Per contrastarli, il colonnello inglese Lawrence (noto poi come Lawrence d'Arabia) suscitò in Mesopotamia la rivolta degli arabi, promettendo loro la libertà dal dominio turco. Sui mari, durante il 1916, si svolse la battaglia dello Jütland tra la flotta inglese e quella tedesca, il più importante scontro navale della guerra. Entrambe le parti riportarono gravi danni: in termini assoluti quelli inglesi furono maggiori, e in questo senso la vittoria andò forse ai tedeschi, ma dal momento che la loro flotta da allora non fu più impegnata in scontri in mare aperto, la supremazia inglese sui mari non ne fu scalfita. L'esperienza della guerra di trincea e di posizione stava dimostrando come la forza militare di un Paese fosse direttamente proporzionale al suo apparato industriale, che doveva sostenere lo sforzo produttivo del conflitto. In questo senso gli Imperi centrali, nonostante le conquiste realizzate, erano in condizione di inferiorità rispetto alla Gran Bretagna e alla Francia e la Germania cercò di porvi rimedio con la cosiddetta pianificazione germanica, una strategia economica che chiamava tutte le energie nazionali al servizio della guerra. Fu decretata la leva di massa, furono impiegate al lavoro nelle fabbriche le donne, la produzione industriale fu destinata quasi esclusivamente alle forniture militari, vennero intensificate la propaganda ideologica e la repressione contro le correnti pacifiste e socialiste che, col perdurare della guerra, avevano ripreso vigore. Queste misure erano in realtà comuni a tutti quanti gli Stati in lotta. Ovunque, la necessità di vincere la guerra spinse a una più o meno marcata pianificazione delle produzioni e a una restrizione delle libertà civili e parlamentari. Nello stesso tempo però, cresceva tra la popolazione dei Paesi belligeranti la richiesta della pace. Già nel 1915 partiti socialisti italiano e svizzero avevano indetto una conferenza a Zimmerwald, esprimendosi per una cessazione della guerra "senza annessioni e senza indennità". Gli eventi del 1917 1917 fu un anno decisivo per il corso del conflitto. I tedeschi, per spezzare il blocco navale britannico, proclamarono la guerra sottomarina a oltranza, anche contro le navi neutrali che si dirigevano verso porti inglesi o di loro alleati. Questa decisione, tuttavia, provocò l'ingresso in guerra degli Stati Uniti (6 aprile). I primi contingenti statunitensi giunsero in Francia solo nel giugno 1917, ma il loro intervento fu immediatamente significativo sul piano economico e delle forniture 17 militari. In primavera gli anglo-francesi scatenarono sul fronte occidentale una serie di assalti sull'Aisne e nelle Fiandre, ma senza risultati nonostante le perdite, ancora una volta, elevatissime. La continua carneficina cui erano esposte senza riguardo le truppe di trincea suscitò episodi di ribellione e ammutinamento tra i soldati: gli atti di indisciplina e la renitenza alla leva erano diventati frequentissimi in tutti gli eserciti e, con essi, la repressione più ottusa e disumana da parte dei comandi. L'ingresso americano nella guerra fu tanto più prezioso in quanto, nel medesimo anno, la Russia abbandonò il conflitto. Dopo l'insurrezione di San Pietroburgo del 3 marzo e l'abdicazione dello zar, il nuovo governo aveva cercato per qualche mese di proseguire la guerra ma, con l'avvento della più radicale Rivoluzione d'Ottobre, il nuovo esecutivo decretò la fine della guerra. I negoziati iniziarono in dicembre e, nel marzo 1918, portarono alla pace di Brest-Litovsk, in base alla quale la Russia cedeva alla Germania la Polonia, l'Estonia, la Lettonia, la Lituania e riconosceva l'indipendenza all'Ucraina. Sul fronte italiano, l'undicesima battaglia dell'Isonzo aveva portato alla conquista dell'Altopiano della Bainsizza nel settembre 1917. Tuttavia, l'afflusso di sette divisioni tedesche, ormai disimpegnate dal fronte orientale, consentì agli austriaci la preparazione di un'offensiva che venne scatenata sul fronte carsico il 24 ottobre dello stesso anno e travolse le linee italiane nella drammatica disfatta di Caporetto (1° novembre). La disorganizzazione e l'incapacità dei comandi trasformarono in rotta lo sfondamento del fronte, che fu ricostituito solo lungo la barriera naturale del Piave. L'entità della sconfitta portò alla destituzione del generalissimo Cadorna, sostituito da Armando Diaz, e le dimissioni del capo del governo Boselli, cui successe Emanuele Orlando. Il bilancio della guerra era migliore, per l'Intesa, sul fronte mediorientale, dove i britannici impegnano i turchi a Salonicco e avevano ottenuto importanti successi a Gaza, Giaffa e Gerusalemme. Il 1917, sebbene l'armistizio con la Russia avesse loro consentito di trasferire sul fronte occidentale una cospicua massa di truppe, non aveva dato agli Imperi centrali i risultati sperati: il fronte francese non aveva ceduto e, in ultima analisi, anche quello italiano aveva retto. 16.3.6 | 1918: La fine della guerra L'ultimo anno di guerra sembrò iniziare bene per gli Imperi centrali. Nel marzo, i tedeschi travolsero gli inglesi sulla Somme e penetrarono per 50 chilometri oltre le loro linee, da dove fu possibile iniziare il cannoneggiamento su Parigi con il supercannone Bertha. Gli alleati risposero unificando il comando supremo, affidato al francese Foch. Una nuova offensiva tedesca nelle Fiandre ebbe poco successo e una terza culminò nella seconda battaglia della Marna (17 luglio). Quando l'assalto tedesco si spense, senza apprezzabili arretramenti delle linee anglofrancesi, iniziò un vittorioso contrattacco francese, i britannici impiegarono 450 carri armati in una vittoriosa battaglia ad Amiens, mentre cresceva l'apporto del contingente americano, che raggiunse il milione di uomini, senza contare il formidabile appoggio logistico. In agosto, i tedeschi ripiegarono dovunque lungo il fronte occidentale e fermenti di ribellione serpeggiavano nelle loro forze armate. 18 L'intero blocco politico facente capo agli Imperi centrali fu travolto da crisi interne e militari: la Bulgaria dovette chiedere la pace il 28 settembre; la Turchia due giorni dopo. In giugno gli austriaci avevano scatenato un'ultima offensiva contro gli Italiani che difendevano la linea del Piave. Questi ultimi erano però passati al contrattacco, scatenando la vittoriosa offensiva di Vittorio Veneto (29 ottobre), che si dimostrò definitiva. L'Impero austro-ungarico, provato da una lotta su più fronti lunga quattro anni e ormai orfano del sostegno dell'alleato tedesco, non era in più in grado né di contrastare l'urto offensivo degli eserciti nemici né di mantenere il controllo interno sulle spinte centrifughe delle etnie e delle nazionalità che lo costitui-vano. Vista la debolezza del governo centrale, cechi, ungheresi, sloveni, croati e polacchi proclamarono la loro indipendenza. Per fermare la vittoriosa avanzata italiana, l'Austria si vide dunque costretta a firmare l'armistizio con l'Italia il 3 novembre a Villa Giusti. A questa data solo la Germania si trovava ancora in armi, benché ormai sia la flotta sia l'esercito fossero incontrollabili per via di ammutinamenti e ribellioni. L'estrema tensione anche della situazione interna portò non solo alla fine della guerra ma anche alla dissoluzione della forma istituzionale dell'Impero: 1'8 novembre venne proclamata la Repubblica, l'11 fu firmato l'armistizio. La prima guerra mondiale era finita. I trattati di pace La Conferenza generale per la pace si aprì a Parigi il 18 gennaio 1919, con la partecipazione di 32 Paesi vincitori e l'esclusione dei vinti. Il ruolo fondamentale spetta però alle quattro maggiori potenze occidentali: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia. Vennero quindi siglati i seguenti trattati: Versailles con la Germania; Saint-Germain-en-Laye con l'Austria; Neuilly con la Bulgaria; Trianon con l'Ungheria; Sèvres con la Turchia. Nella Conferenza si scontrarono la volontà francese di procedere a l'annichilimento della Germania e quella degli Stati Uniti e della Gran Bretagna di mostrare invece maggior clemenza. Emerse però anche la divergenza tra il programma, da un lato, del presidente americano Wilson di garantire la libertà di commercio mondiale, assicurare una stabile concertazione internazionale tra Stati e venire incontro alle aspirazioni nazionali dei popoli europei ancora in cerca di indipendenza e, in misura minore, dei popoli delle colonie; e, dall'altro lato, le aspirazioni europee di proseguire la propria politica colonialista. È anche il caso di ricordare, tuttavia, che Wilson poteva permettersi di essere generoso in Europa e in Africa, dove gli USA non avevano interessi diretti, dato che gli interessi imperialisti statunitensi si orientavano verso il centro America. La Gran Bretagna finì tuttavia per appoggiare le richieste francesi. Così, in definitiva, alla Germania venne addossata tutta la responsabilità morale della guerra: le fu imposta la restituzione dell'Alsazia-Lorena alla Francia, dello Schleswig settentrionale alla Danimarca, di parte della Slesia, della Pomerania e della Posnania alla Polonia. Inoltre, i francesi ottennero il diritto di sfruttare economicamente il ricco bacino carbonifero della Saar per 15 anni. Le clausole militari prevedevano inoltre l'abolizione della leva, 19 imponevano all'esercito un limite massimo di 100.000 unità, il divieto di riarmo e la totale militarizzazione della valle del Reno. Le colonie tedesche furono spartite tra Francia, Gran Bretagna e Giappone. Inoltre, i tedeschi furono impegnati a fornire enormi quantità di carbone, bestiame, navi ai vincitori e soprattutto a pagare un'indennità di guerra pesantissima, che avrebbe gravato per decenni sullo sviluppo economico del Paese. L'Impero austro-ungarico cessò di esistere. Dalla sua scissione nacquero nuovi Stati, come Cecoslovacchia, Ungheria e Jugoslavia, mentre ulteriori territori furono ceduti: Trentino e istria all'Italia, Bucovina alla Romania e Galizia alla Polonia. L'erede del potente Impero asburgico fu così una piccola nazione, priva di sbocchi sul mare; all'Austria fu inoltre interdetta per trattato la possibilità di unirsi in un solo Stato con la Germania, soluzione che invece alcuni auspicavano. L'Ungheria, che fu considerata a tutti gli effetti uno Stato belligerante, dovette cedere territori alla Romania, alla Cecoslovacchia e alla Jugoslavia, sottostare a limitazioni per quanto riguardava le proprie forze armate e pagare un'indennità di guerra. La Bulgaria cedette la Tracia alla Grecia e la Dobrogea alla Romania. Un altro Impero scompariva dalla carta geografica: quello ottomano. I greci ottennero Smirne e parte della Tracia, i francesi la Siria, gli inglesi l'Iraq e la Palestina, oltre al controllo della zona degli Stretti (aperti alla libera navigazione) e di Arabia, Yemen e Transgiordania, territori formalmente indipendenti. La Turchia che ne risultava era dunque ridotta a semplice Stato nazionale. Infine, l'assenza al tavolo di pace del governo russo, erede dell'Impero zarista, favorì la costituzione di nuovi Stati: Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia. Wilson riuscì inoltre a ottenere dalla conferenza l'istituzione della Società delle Nazioni, la quale avrebbe dovuto provvedere al mantenimento della pace tramite la mediazione e la limitazione degli armamenti. Un ruolo dominante era però attribuito a cinque potenze: USA, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone. Per amara ironia, il Congresso americano successivamente vietò l'ingresso degli USA nella Società, la quale, già priva di strumenti effettivi di azione, venne così a ridursi a ente puramente formale. || primo dopoguerra 16.4.1 Russia e URSS Le rivoluzioni russe La Russia aveva conosciuto una prima rivoluzione nel 1905, con scioperi, sommosse e dure repressioni (domenica di sangue a San Pietroburgo), la quale aveva indotto lo zar a emanare una costituzione e concedere un Parlamento elettivo (Duma). Nel 1917, catalizzata dalle asprezze della prima guerra mondiale, scoppiò una seconda rivoluzione, detta rivoluzione di febbraio (il 23 febbraio secondo il calendario giuliano in vigore in Russia, '8 marzo secondo il calendario occidentale). I soldati incaricati di reprimere le sommosse degli operai si unirono invece con questi ultimi, determinando la fuga e l'abdicazione dello zar. Si giunse all'elezione di un 20 Consiglio di delegati nella capitale (Soviet), formato da elementi social rivoluzionari e menscevichi, fatto che spinse la borghesia, preoccupata dalla possibile escalation rivoluzionaria e socialista, a prendere il potere, tramite la Duma che essa controllava, e a formare un governo provvisorio. Presieduto da un aristocratico, il principe 'vov, gli obiettivi primari del nuovo esecutivo erano la continuazione della guerra e la trasformazione del Paese sul modello delle democrazie occidentali. Anche le correnti liberali si riconoscevano in questo program-ma, che risultava accettabile inoltre ai gruppi menscevichi e socialrivoluzionari, quanto meno disposti a una fase riformista e democratico-borghese sulla via di una più radicale trasformazione degli assetti sociali. Solo i bolscevichi rifiutarono di sostenere il secondo governo L'vov (maggio 1917), di cui il socialista Kerenskij fu ministro della Guerra. Tuttavia la guerra andava male, i soldati desideravano tornare alle loro case, le masse contadine esasperate, si appropriavano dei latifondi mentre i Soviet cittadini- a maggioranza bolscevica - si comportavano come centri di potere alternativi al Governo. In aprile era rientrato in patria Lenin dall'esilio svizzero e subito pubblicò le celebri Tesi d'aprile, con le quali propugnava un'effettiva democrazia proletaria, fondata sul controllo del popolo sui suoi rappresentanti, la fine dello Stato poliziesco e, da ultimo, la pace immediata. La borghesia compì un estremo tentativo per salvarsi, procedendo a un rimpasto di Governo e affidando la guida a Kerenskij. Di fronte però alla minaccia di colpo di Stato perpetrata dal generale Kornilov, Kerenskij dovette chiedere proprio l'aiuto dei bolscevichi, che nel frattempo avevano enormemente accresciuta la loro forza tra le masse popolari. La crisi fu superata, ma ormai i bolscevichi pretendevano la guida dell'esecutivo. La notte tra il 6 e il 7 novembre (24 ottobre per il calendario giuliano), si ebbe così la terza rivoluzione, detta d'ottobre, culminata nell'assalto al Palazzo d'Inverno di San Pietroburgo. La conquista del potere fu sancita il giorno stesso dal Congresso dei Soviet, che votò la cessazione immediata della guerra, l'istituzione di un governo rivoluzionario con Lenin presidente e l'esproprio delle terre ai latifondisti. Social Rivoluzionari e menscevichi protestano per il colpo di Stato, ma scelsero una via legalitaria e attesero i risultati delle elezioni per l'Assemblea costituente, che furono indette l'anno successivo, una volta scongiurato il rientro in armi del fuggiasco Kerenskij. Tuttavia, poiché le elezioni diedero una nettissima vittoria ai socialrivoluzionari, i bolscevichi sciolsero l'Assemblea denunciandola come roccaforte della borghesia e proclamarono la dittatura del proletariato. Si trattò, naturalmente, di una abiura definitiva delle regole democratiche. Furono subito intavolate le trattative di pace con la Germania, che vennero concluse solo a condizioni numerosissime. Le nuove sfide per il governo bolscevico sarebbero state l'esportazione della Rivoluzione e la ricostruzione dell'economia nazionale. Nasce l'URSS Poco dopo la stipulazione della pace di Brest-Litovsk con la Germania, la capitale della Russia fu trasferita da San Pietroburgo a Mosca e fu proclamata ufficialmente la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. Oltre alla distribuzione ai 21 contadini delle terre espropriate, il governo realizzò alcune fondamentali riforme, come la parificazione giuridica tra i sessi, la separazione della Chiesa dallo Stato, la creazione dei nuovi tribunali del popolo, la sostituzione della polizia zarista e la nazionalizzazione delle imprese industriali e bancarie. Un grave problema era costituito dalla mancanza di un adeguato apparato burocratico e amministrativo: quello zarista infatti, composto da uomini di estrazione borghese o nobile, si rifiutava di collaborare o compiva addirittura atti di sabotaggio. Frattanto, i tre generali Alekseev, Kornilov e Denikin avevano radunato nella zona del Don truppe controrivoluzionarie, direttamente sostenute dalle potenze dell'Intesa, che punivano così la defezione russa e insieme contrastavano la rivoluzione bolscevica. A queste forze fu dato il nome di Armate Bianche. In Siberia operava invece, contro il governo, un esercito formato da disertori e prigionieri cecoslovacchi, guidato da ufficiali zaristi, che avanzò fino alla regione degli Urali. Lo scontro tra armi bianche e rivoluzionarie, che assunse un marcato carattere di guerra civile, durò dal 1917 al 1920. Per resistere, i bolscevichi accentrano i poteri militari nella persona di Trockij. Venne creata l'Armata Rossa, reclutata tra contadini e operai, mentre la polizia bolscevica scatenava un'ondata di "terrore rosso", con arresti ed esecuzioni sommarie, per controbilanciare il "terrore bianco" delle zone controllate dai controrivoluzionari. Anche lo zar e la sua famiglia vennero uccisi, a Ekaterinburg, nel timore che potessero venire liberati. Nello stesso anno in cui i bolscevichi concluse vittoriosamente la guerra, il 1920, la Polonia aggredì la Russia e le strappò ampi territori. La pace fu siglata a Riga nel 1921. Nell'inverno del 1921, una terribile carestia provocò milioni di morti. L'economia nazionale, da sempre arretrata, era infatti stata devastata dalle vicende degli ultimi anni: si calcola che tra il 1914 e il 1921 siano morti 28 milioni di russi. Lenin si risolse allora a varare una nuova politica economica (NEP), basata sulla riduzione delle tasse, la liberalizzazione del commercio e il rilancio delle piccole e medie imprese private. Frattanto, i bolscevichi avevano decisamente monopolizzato il potere: gli altri partiti erano stati sciolti, sollevazioni e scioperi furono tacitati con fucilazioni e deportazioni. La dittatura del proletariato era diventata la dittatura dei bolscevichi. Il 30 dicembre 1922 venne ufficialmente proclamata l'Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste (URSS), che comprendeva oltre alla Russia, l'Armenia, la Georgia, l'Azerbaigian, la Bielorussia e l'Ucraina, cui si aggiunsero tra il 1924 e il 1929 il Kazakistan, il Kirghizistan, 'Uzbekistan, il Tajikistan e il Turkmenistan. Nel 1923 fu varata la nuova Costituzione. Nel 1924 Lenin morì e la guida del partito unico e dell'URSS fu assunta da Stalin, il più spregiudicato tra i capi bolscevichi, che emarginò, esiliò e in alcuni casi eliminò fisicamente i suoi oppositori, primo tra tutti 22 Trockij. Stalin desiderava trasformare l'URSS in una grande potenza con un'industria solida, mentre il progetto di Trockij (di "rivoluzione permanente") veniva sostituito da quello di "socialismo in un solo Paese". Di conseguenza, l'URSS strinse patti di non aggressione con le potenze occidentali ed entrò a far parte della Società delle Nazioni. Economicamente, fu abbandonata la NEP e avviata la collettivizzazione forzata delle terre e dell'agricoltura, con l'eliminazione dei piccoli proprietari (kulaki), fu imposta l'industrializzazione accelerata del Paese con il primo "piano quinquennale". Intanto andava accentuandosi il carattere personale e repressivo del governo di Stalin, realizzato con epurazioni di massa dei dirigenti bolscevichi, dei quadri dell'industria di Stato e dei vertici militari (purghe staliniane). Gli Stati democratici tra le due guerre Il conflitto mondiale aveva provocato perdite umane e materiali terribili, soprattutto in Europa, che alla sua conclusione si tradussero in una crisi economica caratterizzata da una forte inflazione. Cresceva, tra le masse che avevano patito gli orrori della guerra prima e le ristrettezze della crisi poi, la simpatia per le idee socialiste. Per contro, l'orientamento della borghesia e degli industriali si spostò a destra, a scapito dei precedenti atteggiamenti liberali. In questo contesto l'intervento diretto dello Stato nella gestione dell'economia nazionale era valutato positivamente dalle classi imprenditoriali che venivano così sostenute nel loro sforzo di riconversione delle produzioni. Anche la Chiesa, in quanto istituzione in grado di influenzare le masse, era considerata un valido baluardo contro possibili derive di tipo socialista o addirittura rivoluzionario. Gran Bretagna Le elezioni del 1918, per la prima volta a suffragio universale anche per le donne, diedero la vittoria ai conservatori e ai liberali. I laburisti ebbero un certo successo, ma le agitazioni dei lavoratori degli anni seguenti rimasero circoscritte sempre e solo sul piano sindacale, senza aperture rivoluzionarie. L'enorme Impero coloniale stava subendo una crisi e una trasformazione. Nel 1921 fu riconosciuto lo status di Dominion all'Irlanda. Nel 1931 fu emanato lo Statuto di Westminster, con il quale Canada, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica diventarono Stati indipendenti e si federarono, su un piano di parità, con la Gran Bretagna (Commonwealth). L'Egitto raggiunse l'indipendenza nel 1936, pur restando la zona di Suez sotto il controllo degli inglesi. La Palestina fu affidata nel 1920 a un mandato britannico, rivelatosi presto di ardua gestione per le opposte e simultanee pretese nazionali che su quella terra vantano le comunità di ebrei e di arabi. In India, la più importante colonia britannica, cominciò a operare al termine della guerra mondiale la figura carismatica di Gandhi (1869-1948), il quale guidò le aspirazioni indipendentiste del suo popolo, utilizzando mezzi di lotta non violenti (disobbedienza civile, resistenza passiva, boicottaggio) che costrinsero il governo inglese a concedere l'India Act 23 (1935), con il quale il Paese ottenne una condizione intermedia tra quella di colonia e quella di Stato libero. Francia La guerra aveva devastato le zone più ricche del Paese. Nel dopoguerra si ebbe inflazione e caduta dei salari che comportano una ripresa delle agitazioni operaie a guida socialista. Tuttavia, nel 1920 la scissione tra socialisti e comunisti indebolì il fronte dei lavoratori e favorì la vittoria elettorale della borghesia, sostenuta dai piccoli e medi proprietari terrieri. Essi tennero il potere fino al 1924, anno in cui una coalizione delle sinistre riuscì a conquistare il governo, senza però poi realizzare risultati di rilievo. Il potere tornò quindi ai conservatori, che promossero politiche sempre più reazionarie, anche vicine al fascismo italiano, e che nel 1934 tentarono un vero e proprio colpo di Stato. La reazione a esso fu tanto forte che, nel 1936, i socialisti vinsero le elezioni (governo Blum). Questa volta, importanti risultati di politica sociale furono conseguiti: contratti collettivi, aumenti salariali, settimana lavorativa di 40 ore, ferie retribuite ecc. USA A partire dal 1920, gli Stati Uniti intrapresero per un ventennio una politica isolazionista, di cui furono espressione, tra l'altro, provvedimenti contro i lavoratori stranieri e la restrizione dell'immigrazione asiatica ed europea. Imperava un nazionalismo conformista, incentrato sulla difesa dello "spirito americano". Per quanto riguarda gli USA, gli anni 1920-33 furono detti del proibizionismo, per il divieto di fabbricare e vendere bevande alcoliche. Fino al 1929, gli USA conobbero una forte crescita economica: la filosofia del Paese era del resto quella della libera iniziativa e del capitalismo più rampante, valori condivisi anche dall'americano medio, come dimostrava il forte calo degli iscritti alle associazioni sindacali. Nel 1929, però, esplose irreparabile una crisi economica dovuta da un lato a un eccesso di produzione e all'incapacità di assorbirla nel mercato interno, dall'altro alla precarietà delle speculazioni di Borsa, i cui titoli crollarono nel celebre martedì nero di Wall Street, il 29 ottobre 1929. Nel 1932 fu eletto presidente Franklin Delano Roosevelt, chiamato a risolvere i gravi problemi della recessione e della disoccupazione. Egli avviò un nuovo corso economico (New Deal), basato su misure a sostegno dell'agricoltura, crediti statali, svalutazione del dollaro - per rilanciare le esportazioni - e in generale su un forte intervento dello Stato in ambito economico e su un rilevante incremento della spesa pubblica, per sostenere la crescita dell'occupazione e dei consumi interni. La repubblica di Weimar Repubblica di Weimar: Dopo la fuga del Kaiser Guglielmo II nel 1918, viene proclamata la Repubblica. Il primo governo, guidato dai socialdemocratici, affronta 24 un periodo di tensione, con una forte presenza di gruppi comunisti. La repressione delle rivolte comuniste avviene anche grazie all'uso di milizie di estrema destra, responsabili dell'assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. Nel 1919 viene creata una nuova Costituzione a Weimar, che dà il nome alla Repubblica. Difficoltà economiche: La Germania è colpita da enormi difficoltà economiche legate alla ricostruzione post-bellica e al pagamento delle indennità di guerra. La situazione peggiora con l'occupazione francese della Ruhr nel 1923. Un leggero miglioramento arriva nel 1924 grazie agli aiuti esteri, ma la crisi del 1929 causa un crollo economico, con 6 milioni di disoccupati. Ascesa del nazismo: Nel 1920 nasce il Partito nazionalsocialista (NSDAP) guidato da Adolf Hitler. Il programma nazista combina idee populiste e anticapitaliste con ideologie di estrema destra, tra cui antisemitismo, anticomunismo e ripudio del Trattato di Versailles. Nonostante un iniziale tentativo fallito di colpo di Stato nel 1923, la crisi economica del 1929 permette ai nazisti di guadagnare consenso, diventando il primo partito nelle elezioni del 1932. Nel 1933, Hitler viene nominato cancelliere. Consolidamento del potere: Dopo l'incendio del Reichstag nel 1933, il governo emana leggi repressive contro i comunisti e abroga la Costituzione di Weimar. Hitler ottiene pieni poteri e trasforma lo Stato in un regime totalitario, mettendo fuori legge tutti i partiti tranne quello nazista e creando la Gestapo. Nel 1934, durante la "Notte dei lunghi coltelli", elimina i capi delle SA, consolidando ulteriormente il suo potere. Alla morte di Hindenburg, assume anche la presidenza dello Stato, diventando il leader assoluto della Germania. La vittoria mutilata L'Italia si sentì tradita dalle grandi potenze, poiché non ricevette i territori promessi dal Patto di Londra, in particolare Fiume e la Dalmazia. Questo portò a forti tensioni politiche interne e al crescente malcontento. Il governo di Orlando tentò di protestare, ma senza successo, portando alla sua caduta. Successivamente, la questione di Fiume fu risolta solo con il Trattato di Rapallo nel 1920. Il clima politico e sociale italiano era estremamente teso a causa dei problemi economici e sociali del dopoguerra, culminando nel "biennio rosso", un periodo di scioperi e agitazioni sociali. Nonostante i tentativi di riforma da parte del governo di Giolitti, il fallimento nel contenere la nascita del fascismo portò a una crisi dello Stato liberale. Infine, il testo racconta l'ascesa del fascismo sotto Benito Mussolini, che sfruttò la crisi politica per consolidare il suo potere. La marcia su Roma del 1922 segnò l'inizio della dittatura fascista, mentre le istituzioni liberali furono gradualmente smantellate. Il punto di svolta fu l'omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti nel 1924, che 25 dimostrò l'intolleranza del regime verso le opposizioni, portando alla fine della democrazia parlamentare in Italia. Lo stato fascista Forma istituzionale: Leggi fascistissime (1925-26): Concentrano il potere nell'esecutivo, esautorano il Parlamento, e aboliscono le cariche elettive locali, sostituendo i sindaci con i podestà nominati dal governo. Mussolini, come capo del governo, decide l'ordine del giorno delle sedute parlamentari. Partiti e stampa: Solo il Partito Fascista rimane legale; gli altri partiti vengono sciolti e i giornali antifascisti soppressi. Viene istituito un Tribunale speciale per la difesa dello Stato e l'OVRA, la polizia segreta antifascista. Monopolio sull'educazione: Il regime controlla l'educazione giovanile attraverso l'Opera nazionale Balilla e i Gruppi universitari fascisti. Elezioni: Nel 1928, una nuova legge elettorale trasforma le elezioni in un plebiscito, con una sola lista approvata dal Gran Consiglio del fascismo. Politica economica: Corporativismo: Sostituisce la CGdL con corporazioni nazionali sotto il controllo governativo. Scioperi e serrate sono proibiti. La Carta del Lavoro del 1927 espone il programma corporativo fascista. Autarchia: Promossa per raggiungere l'autosufficienza economica, riducendo le importazioni e sfruttando le risorse nazionali. Iniziative come la battaglia del grano e la politica monetaria mirano a controllare l'economia. Interventi pubblici: Il regime promuove opere pubbliche per contrastare la disoccupazione, come la bonifica delle paludi pontine e la costruzione di nuove città. Statalismo: Dopo la crisi del 1929, aumenta l'intervento dello Stato nell'economia con la creazione di istituti come l'IMI e l'IRI. Patti Lateranensi (1929): Concordato con la Chiesa cattolica: Risolve la "questione romana", riconoscendo il Vaticano come Stato sovrano e stabilendo il cattolicesimo come religione di Stato. Opposizione e resistenza: Repressione: Dopo il 1926, la resistenza al fascismo diventa un crimine. Molti intellettuali e politici sono costretti all'esilio, mentre l'opposizione comunista riesce a mantenere attività clandestine. Politica estera: Relazioni internazionali: Fino al 1935, l'Italia mantiene buoni rapporti con la Gran Bretagna, ma l'espansione coloniale e la guerra d'Etiopia portano al deterioramento delle relazioni con le potenze occidentali. 26 Alleanza con la Germania: L'opposizione inglese alla politica coloniale italiana porta al riavvicinamento con la Germania di Hitler, cementato dalla partecipazione alla guerra civile spagnola e dalla firma del Patto d'Acciaio nel 1939. Politica antisemita (1938): Leggi razziali: Introducono la discriminazione contro gli ebrei, escludendoli da pubblici uffici e dall'istruzione, tra altre restrizioni, seguendo il modello tedesco. Questo riassunto copre le principali trasformazioni dello Stato italiano sotto il regime fascista, che portano alla creazione di un regime totalitario, con un controllo completo sulla società e sulla vita politica, economica e culturale del Paese. Regimi fascisti europei Spagna: Guerra civile (1936-1939): Iniziata dopo il colpo di Stato militare contro il governo repubblicano. Le forze fasciste di Francisco Franco, sostenute da Mussolini e Hitler, vincono contro il Fronte popolare (repubblicani, socialisti, comunisti), che riceveva supporto dall'URSS e dai volontari delle Brigate Internazionali. Portogallo: Salazar (1926): Un colpo di Stato militare porta al potere Antonio Oliveira de Salazar, instaurando un regime autoritario. Romania e Grecia: Dittature militari: Stabilite rispettivamente nel 1934 e 1936. Estonia e Lettonia: Dittature: I regimi autoritari si affermano in entrambi i Paesi. Polonia: Regime di Pilsudski: Un regime militare consolidato, che prosegue anche dopo la morte del maresciallo nel 1935. Jugoslavia e Bulgaria: Monarchie autoritarie: In Jugoslavia, il re Alessandro instaura un partito unico, mentre in Bulgaria, il re Boris impone una dittatura monarchica. Questo quadro mostra come il fascismo e il militarismo si siano diffusi in molte parti d'Europa, non solo in Italia e Germania, in un periodo di crisi politica e sociale. Verso la guerra Alleanze e Preparativi per la Guerra: 27 1936: Creazione dell'asse Roma-Berlino e firma del patto anti-Comintern tra Italia, Germania e Giappone, formando l'asse Roma-Berlino-Tokyo. 1938: Annessione dell'Austria da parte della Germania, senza opposizione da parte dell'Italia, grazie all'alleanza tra i due Paesi. Successivamente, Hitler ottiene l'annessione dei Sudeti (parte della Cecoslovacchia) durante la conferenza di Monaco, mediata da Mussolini. La Cecoslovacchia non fu coinvolta nelle decisioni. 1939: Germania occupa la Boemia e la Moravia, mentre la Slovacchia diventa uno Stato satellite tedesco. L'Italia invade l'Albania, che viene annessa ufficialmente al Regno d'Italia. Viene firmato il "Patto d'Acciaio" tra Italia e Germania per una stretta collaborazione. Trattative Diplomatiche e Inizio della Guerra: Agosto 1939: Firma del Patto Ribbentrop-Molotov tra Germania e URSS, un accordo di non aggressione decennale che includeva un protocollo segreto per la spartizione della Polonia. 1 settembre 1939: La Germania invade la Polonia, dando inizio alla Seconda Guerra Mondiale. La Gran Bretagna e la Francia, disilluse dalle violazioni tedesche degli accordi di Monaco, offrono un'alleanza difensiva alla Polonia. Caratteristiche della Guerra: La Seconda Guerra Mondiale è definita "totale" per il numero di nazioni coinvolte, la mobilitazione di risorse senza precedenti e l'impatto sulla popolazione civile, inclusa la resistenza all'invasore. Come nella Prima Guerra Mondiale, la vittoria era legata alle capacità industriali, produttive e tecnologiche dei belligeranti. Il conflitto aveva anche un carattere ideologico, contrapponeva le democrazie occidentali ai totalitarismi fascisti, mobilitando ampi settori della popolazione civile nei movimenti di resistenza. Gli eventi del 1939-1940 Invasione della Polonia e la Divisione del Paese: Settembre 1939: La Germania invade la Polonia, seguita dall'URSS che attacca dai confini orientali. La Polonia, nonostante una resistenza coraggiosa, viene sconfitta e divisa tra Germania (che annette Danzica e altre regioni) e URSS (che acquisisce parti di Ucraina e Bielorussia). Guerra sul Fronte Occidentale: 1940: Dopo un'iniziale fase di stallo (la "strana guerra") tra Francia e Germania, Hitler invade i Paesi Bassi, il Belgio e il Lussemburgo per aggirare la linea Maginot. Le forze anglo-francesi sono costrette a ritirarsi a Dunkerque e a evacuare verso la Gran Bretagna. La Germania occupa Parigi e la Francia si arrende, firmando l'armistizio il 22 giugno 1940. Nasce il regime collaborazionista della Repubblica di Vichy, guidato dal maresciallo Pétain. Tuttavia, parte dell'esercito francese si rifugia in Gran Bretagna sotto la guida del generale De Gaulle. 28 Battaglia d'Inghilterra: Agosto 1940: Hitler lancia un'offensiva aerea contro la Gran Bretagna. Tuttavia, la Royal Air Force riesce a resistere e a mantenere la superiorità aerea, grazie anche alla leadership di Winston Churchill. L'invasione della Gran Bretagna (Operazione Leone Marino) viene rimandata indefinitamente. Coinvolgimento dell'Italia e la "Guerra Parallela": Giugno 1940: Mussolini, preoccupato di non ottenere vantaggi territoriali dopo la sconfitta della Francia, dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna. Le truppe italiane ottengono successi limitati in Francia e in Africa contro gli inglesi. Invasione della Grecia: Mussolini decide di invadere la Grecia, ma l'iniziativa si rivela un fallimento. Le truppe italiane, mal preparate, subiscono un contrattacco greco. Anche nel Mediterraneo, la Marina italiana subisce sconfitte contro la flotta britannica. Richiesta di Aiuto alla Germania: A causa delle difficoltà militari, Mussolini è costretto a chiedere l'aiuto della Germania, segnando la fine dell'illusione della "guerra parallela" italiana. Gli eventi del 1941 Coinvolgimento degli Stati Uniti: Rielezione di Roosevelt: Franklin D. Roosevelt viene rieletto per la terza volta come presidente degli Stati Uniti, che mantengono una posizione di "non belligeranza" ma forniscono sostegno massiccio alla Gran Bretagna e alla Cina. Carta Atlantica: Nel 1941, Roosevelt e Churchill firmano la Carta Atlantica, un documento che delinea principi democratici contro il fascismo e l'ordine mondiale futuro. Fronte Africano e Mediterraneo: Sconfitta navale italiana: La flotta italiana subisce una pesante sconfitta a Capo Matapán contro la flotta britannica. La potenza industriale britannica permette di recuperare rapidamente le perdite, mentre l'industria italiana è incapace di fare altrettanto. Controffensiva dell'Asse in Nord Africa: Con l'arrivo dell'Afrikakorps di Rommel, l'Asse avvia una controffensiva in Libia, ma le colonie italiane in Africa orientale (Somalia, Etiopia, Eritrea) cadono nelle mani degli inglesi. Fronte Orientale: Invasione della Jugoslavia e Grecia: Germania e Italia attaccano la Jugoslavia e la Grecia, conquistandole rapidamente. Tuttavia, in Jugoslavia inizia una resistenza guerrigliera guidata dai partigiani di Tito. Operazione Barbarossa: A giugno, Hitler avvia l'invasione dell'URSS, violando il patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop. L'offensiva tedesca, che include anche 29 truppe italiane, avanza rapidamente, conquistando vaste aree e assediando città chiave come Leningrado e Sebastopoli. Tuttavia, l'inverno e la resistenza sovietica fermano l'avanzata tedesca a pochi chilometri da Mosca. Attacco a Pearl Harbor: 7 dicembre 1941: Il Giappone attacca a sorpresa la base navale americana di Pearl Harbor, distruggendo gran parte della flotta del Pacifico. Questo attacco porta gli Stati Uniti a entrare in guerra, sfruttando il loro enorme potenziale industriale. Dopo Pearl Harbor, il Giappone continua la sua avanzata in Asia, conquistando Thailandia, Filippine e Hong Kong, mentre la flotta britannica viene estromessa dal Pacifico. Gli eventi del 1942 Avanzata dell'Asse: Fronte Africano: Le potenze dell'Asse, principalmente Germania e Italia, ottengono successi iniziali, respingendo i britannici fino ad Alessandria. Franco-Russa: In Russia, l'Armata Nazista raggiunge la linea del Don e assedia Leningrado e Stalingrado. I rastrellamenti e le deportazioni degli ebrei, con circa 6 milioni di vittime, continuano sotto l'occupazione nazista. Fronte del Pacifico: I giapponesi conquistano Singapore, Giava e Rangoon, sconfiggendo gli americani a Bataan e Corregidor. Ripresa degli Alleati: Fronte Africano: I britannici, con il supporto americano, vincono la battaglia di El Alamein (ottobre 1942), costringendo le truppe di Rommel alla ritirata. Gli Alleati sbarcano in Marocco, Algeria e Tunisia, chiudendo le forze dell'Asse tra due fronti. Frente Orientale: A Stalingrado, la sesta armata tedesca subisce una pesante sconfitta e viene costretta alla ritirata, con pesanti perdite per entrambe le parti. La ritirata dei tedeschi e i rigori dell'inverno russo aumentano il numero delle vittime. Fronte del Pacifico: Gli Stati Uniti ottengono vittorie cruciali nelle battaglie del Mar dei Coralli e di Midway e prendono Guadalcanal. I giapponesi, incapaci di rimpiazzare le perdite, si limitano a difendere le posizioni conquistate. Alleanza tra Gran Bretagna e URSS: Nel 1942, Gran Bretagna e URSS estendono la loro alleanza, e gli Stati Uniti offrono aiuti tramite la legge "affitti e prestiti", fornendo rifornimenti ai Paesi alleati. Gli eventi del 1943 Caduta di Mussolini e Repubblica Sociale Italiana: Sbarco in Sicilia: Tra il 9 e il 10 luglio 1943, truppe anglo-americane sbarcano in Sicilia, minando la stabilità del regime fascista e accelerando il declino di Mussolini. 30 Destituzione di Mussolini: Il Gran Consiglio del Fascismo destituisce Mussolini nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943. Il re nomina Pietro Badoglio come nuovo capo del governo, avviando segretamente trattative di pace con gli Alleati. Armistizio e Occupazione Tedesca: L'armistizio viene firmato a Cassibile il 3 settembre e reso pubblico l'8. La Germania reagisce occupando l'Italia, costringendo re e Badoglio a fuggire a Brindisi e lasciando l'Italia in caos. Molti soldati italiani vengono arrestati o deportati. Repubblica Sociale Italiana: Mussolini viene liberato dai tedeschi e installato a capo della Repubblica Sociale Italiana (RSI) o Repubblica di Salò. Il governo di Badoglio dichiara guerra alla Germania e collabora con gli Alleati, mentre a Nord si sviluppa una guerra civile tra le forze della RSI e i partigiani. Altri fronti: Fronte Orientale: I sovietici avanzano e liberano Leningrado dall'assedio. Entro novembre, l'Armata Rossa raggiunge Kiev e respinge un tentativo di controffensiva tedesca. Fronte del Pacifico: I giapponesi, nonostante l'uso dei kamikaze, perdono le isole Gilbert, Marshall e Salomone e subiscono una pesante sconfitta nel Mare di Bismarck. Gli eventi del 1944 Fronte Italiano: Cambio di Governo: Badoglio viene sostituito da Bonomi e il re Vittorio Emanuele III affida la luogotenenza al figlio Umberto. Offensiva Alleata: Le forze anglo-americane avanzano lentamente in Italia a causa di una cattiva direzione delle operazioni e della resistenza tedesca. Firenze viene liberata ad agosto e Roma il 4 giugno, dopo gli sbarchi ad Anzio (22 gennaio) e la battaglia di Montecassino (18 maggio). Resistenza Partigiana: La resistenza aumenta, con brigate combattenti e atti di sabotaggio. Il Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia (CLNAI) guida la lotta contro i nazifascisti, che prosegue durante l'inverno. Sbarco in Normandia: Operazione Overlord: Tra il 5 e il 6 giugno, gli Alleati sbarcano in Normandia, con supporto da servizi segreti e resistenza francese. La liberazione di Parigi avviene il 24 agosto e, in settembre, i nazisti abbandonano anche il Belgio. Fronte Orientale: Avanzata Sovietica: I sovietici avanzano in Polonia, ma non supportano l'insurrezione di Varsavia, lasciando la città distrutta. I sovietici entrano in Ungheria e bombardano Budapest, mentre Romania, Bulgaria, Grecia e Jugoslavia vengono liberate con l’aiuto dei partigiani. Fronte Aeronavale del Pacifico: 31 Riconquista Americana: Gli Stati Uniti ristabiliscono la loro egemonia nel Pacifico con vittorie continue, tra cui la battaglia di Leyte, che consente la riconquista delle Filippine. L'industria bellica americana supera l'inferiorità giapponese in termini di navale e armamenti. 1945, l'ultimo anno di guerra Conferenza di Jalta: Data e Partecipanti: Il 4 febbraio 1945, Stalin, Roosevelt e Churchill si incontrano a Jalta, in Crimea. Decisioni Chiave: ○ Divisione della Germania in zone d'occupazione. ○ Principio della sovranità popolare dei Paesi liberati, disatteso da accordi segreti che definivano zone d'influenza. ○ Creazione dell'ONU con i cinque grandi vincitori (USA, URSS, Gran Bretagna, Francia, Cina) come membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Italia: Resistenza e Fine del Fascismo: Il 25 aprile, i partigiani lanciano l'insurrezione generale; Genova, Milano e Torino liberano le città dai nazisti. La Repubblica Sociale Italiana viene abbattuta e Mussolini viene catturato e giustiziato il 28 aprile. Capitolazione Tedesca: L'armata tedesca in Italia si arrende il 29 aprile. Fronte Occidentale: Avanzata Alleata: Dopo aver respinto una controffensiva tedesca nelle Ardenne, le forze anglo-americane avanzano in Germania, conquistando diverse città tra cui Colonia e Norimberga. Fronte Orientale: Avanzata Sovietica: I sovietici entrano in Baviera e si congiungono con le forze alleate, stringendo la morsa su Berlino. Hitler si suicida il 30 aprile. La capitolazione tedesca viene firmata l'8 maggio, ponendo fine alla guerra in Europa. Fronte del Pacifico: Uso della Bomba Atomica: Gli USA, con il nuovo presidente Truman (dopo la morte di Roosevelt il 12 aprile), lanciano la bomba atomica su Hiroshima il 6 agosto, uccidendo circa 90.000 persone. Il 9 agosto, una seconda bomba è sganciata su Nagasaki. Entrata dell'URSS in Guerra: L'8 agosto, l'URSS dichiara guerra al Giappone e avvia l'invasione della Manciuria e della Corea. Capitolazione del Giappone: Il Giappone accetta la resa incondizionata il 14 agosto e firma ufficialmente l'armistizio il 2 settembre a bordo della corazzata Missouri nella baia di Tokyo. 32 Trattati di pace: Durante le conferenze di Teheran (1943) e Jalta (1945), Gran Bretagna, USA e URSS delinearono l'assetto postbellico dell'Europa. Decisero di dividere la Germania in quattro zone di occupazione, mentre la questione polacca rimase irrisolta. A Potsdam, nel luglio 1945, si definì il trattamento della Germania. I trattati di pace con gli alleati della Germania furono firmati nel 1947. L'Italia perse Briga e Tenda a favore della Francia e parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia, mentre Trieste divenne territorio libero. Le colonie italiane furono perse. La sfera d'influenza sovietica si espanse in Europa orientale, mentre gli USA fornirono aiuti economici all'Europa occidentale, creando due blocchi contrapposti. La Germania rimase divisa tra Repubblica Federale Tedesca (occidentale) e Repubblica Democratica Tedesca (orientale), con Berlino divisa dal Muro dal 1961. Guerra fredda: Il muro di Berlino, eretto nel 1961, divenne simbolo della contrapposizione tra i blocchi della NATO (USA) e del Patto di Varsavia (URSS). Essendo entrambe le potenze dotate di armi nucleari, un confronto diretto era impossibile, e i conflitti si trasferirono in aree periferiche strategiche. ONU: Fondata nel 1945 da 51 Stati, l'ONU aveva lo scopo di garantire pace e cooperazione. I suoi principali organi sono l'Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza, con cinque membri permanenti (USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina) dotati di diritto di veto. Politicamente, l'ONU è stata spesso influenzata dagli interessi delle grandi potenze, ma ha svolto un ruolo importante negli aiuti umanitari e nello sviluppo. Chiesa cattolica: Il dopoguerra vide una stagione di riforme nella Chiesa cattolica, in particolare grazie a Giovanni XXIII e al Concilio Vaticano II. Nel 1978, Giovanni Paolo II divenne il primo papa non italiano dal 1521. Nel 2005, Benedetto XVI successe al pontificato, ma si dimise nel 2013, e gli succedette Papa Francesco, il primo papa sudamericano. Paesi europei occidentali nel dopoguerra Gran Bretagna: Dopo la sconfitta di Churchill nel 1945, i laburisti presero il potere e avviarono riforme per creare uno Stato assistenziale (Welfare State) e nazionalizzarono diverse industrie. Tuttavia, i conservatori ridussero queste riforme a causa dell'inflazione e del debito pubblico. Francia: Charles De Gaulle fu la figura centrale del dopoguerra, portando alla creazione della Quarta Repubblica (1946), caratterizzata da governi brevi. Nel 1958, la Quinta Repubblica, con un forte sistema presidenziale, vide De Gaulle come presidente fino al 1969. Il gollismo continuò fino al 1981, quando François Mitterrand, con l'Unione delle Sinistre, prese il potere. Germania Occidentale: La Germania Ovest conobbe una ripresa economica straordinaria grazie ai cancellieri Conrad Adenauer e Ludwig Erhard. Il paese fu governato da coalizioni tra democristiani e socialdemocratici. Spagna: Dopo la morte di Franco nel 1975, la Spagna restaurò la monarchia costituzionale con Juan Carlos e tenne le prime elezioni libere nel 1977. Nel 1982 entrò nella NATO e nel 1985 nella CEE. Portogallo: Il regime di Salazar terminò nel 1974 con la Rivoluzione dei Garofani. Dopo un periodo turbolento, il paese adottò una costituzione democratica nel 1976, con il primo presidente Eanes e governi alternati tra centro e socialisti. 33 Grecia: Dopo la dittatura militare (1967-1974), la Grecia tornò alla democrazia. La monarchia fu abolita e nel 1975 fu approvata una nuova Costituzione. Integrazione europea: L'Europa occidentale si orientò verso una cooperazione economica, culminata con la trasformazione della Comunità Economica Europea in Unione Europea con il Trattato di Maastricht del 1991. Gli USA dal dopoguerra a oggi Dopoguerra e Guerra Fredda: Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti emergono come superpotenza, sia militare che economica. La "dottrina Truman" guida la politica estera americana, con l'obiettivo di sostenere le economie dei Paesi amici e contrastare il comunismo. Nel 1950, gli USA intervengono nella guerra di Corea, che si conclude nel 1953 con la divisione permanente del Paese. Durante gli anni '50, il maccartismo domina la politica interna, con una caccia alle streghe contro i sospetti comunisti. Dwight Eisenhower diventa presidente nel 1952, e sotto la sua guida si acuiscono la Guerra Fredda, i conflitti razziali e la recessione economica. Anni '60 e Guerra del Vietnam: John F. Kennedy viene eletto presidente nel 1960, ma il suo mandato produce risultati modesti. Sul piano estero, pone le basi per l'intervento in Vietnam e fallisce nell'invasione di Cuba. Viene assassinato nel 1963, e Lyndon Johnson prosegue la sua politica, intensificando l'impegno in Vietnam. Negli anni '60, cresce la lotta per i diritti civili sotto la guida di Martin Luther King, assassinato nel 1968. Nel 1968, Richard Nixon diventa presidente, ma è costretto a dimettersi nel 1974 a causa dello scandalo Watergate. Durante il suo mandato, gli USA vincono la corsa allo spazio, con Neil Armstrong che sbarca sulla Luna nel 1969. Anni '80 e Fine della Guerra Fredda: Ronald Reagan viene eletto nel 1980, rilanciando l'iniziativa privata e il ruolo di superpotenza degli USA. Nonostante iniziali tensioni con l'URSS, la politica estera di Reagan cambia con l'arrivo della perestrojka di Gorbaciov. George Bush (padre) segue la politica di Reagan e nel 1991 guida la Guerra del Golfo per liberare il Kuwait occupato dall'Iraq. Dal 1992 ad oggi: Bill Clinton diventa presidente nel 1992, e viene rieletto nel 1996. Nel 2001, George W. Bush (figlio) assume la presidenza. Dopo l'attacco terroristico dell'11 settembre, gli USA lanciano l'operazione E