Storia del Cinema PDF
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This document provides a detailed overview of the origins of cinema, encompassing the period from 1895 to 1905. It explores key figures and innovations from different countries, including the development of cameras, projectors, and early film production techniques. The evolution of narrative styles and the rise of early film genres are also highlighted within the text.
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IL CINEMA DELLE ORIGINI (1895-1905) La nascita del cinema non avvenne in un momento preciso: al contrario, emerse dall'insieme di vari contributi che provenivano soprattutto da Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Francia. Edison, Dickson e il kinetoscopio Nel 1884 Eastman inventò la pellicola su ru...
IL CINEMA DELLE ORIGINI (1895-1905) La nascita del cinema non avvenne in un momento preciso: al contrario, emerse dall'insieme di vari contributi che provenivano soprattutto da Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Francia. Edison, Dickson e il kinetoscopio Nel 1884 Eastman inventò la pellicola su rullo. Nel 1888 Thomas A. Edison e il suo assistente William K.L. Dickson costruiscono macchine per riprendere e mostrare immagini in movimento. Dickson tagliò la pellicola di Eastman in nastri larghi circa 35 mm e fece quattro perforazioni sui lati in modo che le ruote dentate potessero trascinare la pellicola. Il kinetoscopio è un apparecchio con uno spioncino all’interno del quale scorre la pellicola (si aziona inserendo una moneta). Edison e Dickson avevano bisogno di film per poter sfruttare commercialmente le loro macchine; quindi, costruirono un piccolo teatro di posa chiamato Black Maria. I film duravano circa venti secondi ed erano brevi estratti da numeri eseguiti da famosi personaggi, ballerini e acrobati. Edison lo diede in affitto a locali e per circa due anni ebbe un grande successo economico, ma fu messo da parte quando altri inventori trovarono il modo per proiettare i film su uno schermo. I contributi europei Un altro dei primi sistemi fu inventato in Germania da Max ed Emil Skladanowsky. Il loro bioskop conteneva due nastri di pellicola larghi 53 mm. I fratelli presentarono uno spettacolo due mesi prima della famosa proiezione dei Lumière al Grand Café a Parigi, ma il loro sistema era troppo ingombrante. In Francia, nel 1894 un concessionario del kinetoscopio chiese ai fratelli Lumière di realizzare pellicole meno costose di quelle di Edison. In poco tempo idearono il cinématographe, che utilizzava la pellicola 35 mm a 16 fm/s. Messo di fronte a una lanterna, diventa anche un proiettore. Il primo film realizzato con questo sistema fu L'uscita dalle fabbriche Lumière, girato nel marzo del 1895. Il 28 dicembre 1895, in una delle sale del Grand Café di Parigi, ebbe luogo una delle più famose proiezioni della storia: i clienti pagarono un franco per assistere a uno spettacolo di venticinque minuti in cui furono proiettati dieci film, ciascuno dei quali lungo circa un minuto (fra questi, un primo piano Auguste Lumière e sua moglie mentre davano da mangiare al loro bambino, un altro consisteva in una scena comica in cui un ragazzo teneva premuta con il piede la canna dell'acqua di un giardiniere che, preso alla sprovvista, finiva per rivolgere il getto su di sé (successivamente intitolato L'innaffiatore annaffiato) e un altro ancora era costituito da un panorama del mare). Dopo qualche settimana, offrivano venti proiezioni al giorno, con lunghe file di spettatori. Essi cercarono di sfruttare questo successo mandando rappresentanti in tutto il mondo a mostrare i film e girarne di nuovi. Alla fine della loro attività avranno prodotto circa 1.422 titoli. Nel Regno Unito, nel 1894 Robert W. Paul, un fabbricante di materiale fotografico, venne incaricato di costruire una macchina simile e nel marzo del 1895 realizzo un apparecchio di facile utilizzo da vendere (e non noleggiare). La situazione in America Woodville Latham con i figli studiò la possibilità di aggiungere alla macchina da presa un ricciolo, semplice ma efficace, in grado di allentare la tensione della pellicola e di permettere la realizzazione di film più lunghi. Il Latham Loop verrà poi brevettato dalla Biograph. Francis C. Jenkins e Thomas Armat esibirono per la prima volta il loro proiettore phantoscope a un'esposizione commerciale ad Atlanta nell'ottobre del 1895. In seguito, si separarono e Armat perfezionò il suo proiettore e lo chiamò vitascope. Esso venne però commercializzato da Edison. La terza importante invenzione per la nascita del cinema negli Stati Uniti si sviluppò dal mutoscope brevettato da Herman Casier nel 1894 che funzionava con un meccanismo di fotografie rotanti. Casier con Dickson e altri fondò l'American Mutoscope Company. La macchina da presa e il proiettore dell'American Mutoscope producevano immagini più grandi e più nitide utilizzando una pellicola 70 mm. Nel 1897 era la società cinematografica più famosa degli Stati Uniti. LA NASCITA DELLA PRODUZIONE E DELL'ESERCIZIO A quel tempo il pubblico aveva a disposizione svariate altre forme di divertimento: rappresentazioni di compagnie drammatiche, conferenze di oratori con lanterne magiche, concerti, spettacoli con fonografi, numeri di varietà e burlesque. Il nuovo mezzo cinematografico si inserì facilmente in questo insieme. La maggior parte dei soggetti era costituita da "panorami" e brevi resoconti di viaggio che offrivano visioni di terre lontane o temi di cronaca e notizie di avvenimenti. Spesso i registi ricreavano gli eventi in studio, sia per risparmiare, sia per ovviare al fatto che l'operatore non era presente sul posto. Molto probabilmente il pubblico sapeva che queste scene erano simulate, ma le accettava. Lentamente si affermano anche brevi film di finzione, costruiti ancora da una sola inquadratura. Dal 1899 cominciarono a realizzare film che comprendevano varie inquadrature. Lo spettacolo era generalmente accompagnato dalla musica: nelle sale più modeste era suonata da un solo pianista; nei teatri se ne occupava invece l'orchestra del luogo. Nel corso dello spettacolo potevano anche parlare gli imbonitori per descrivere i paesaggi esotici, gli eventi di attualità, le brevi storie che si svolgevano e per annunciare il titolo, dato che nei film delle origini non apparivano né titoli né didascalie. Già a partire dalla fine dell’Ottocento, alcuni sperimentatori iniziano a colorare manualmente le pellicole, fotogramma per fotogramma, oppure a immergerle interamente in gelatina colorata. A partire dai primi del Novecento la tecnica si perfeziona: inizia a essere possibile colorare soltanto determinate sagome, o alcune porzioni, con colori diversi. A ogni colore corrisponde un significato. Ad esempio, il blu era usato per le scene di notte, il giallo per gli interni notturni, il verde per le scene in natura. Lo sviluppo dell'industria cinematografica francese I fratelli Lumière credevano che il cinema sarebbe stato una moda passeggera e si mossero rapidamente per sfruttare il cinématographe. Inizialmente cercarono di evitare di vendere le macchine e mandarono degli operatori in giro per il mondo a proiettare i loro film in saloni e caffè presi in affitto. Alcuni dei film girati dai loro operatori introdussero importanti innovazioni tecniche. Le prime cineprese erano sorrette da treppiedi fissi che non permettevano alla macchina di effettuare panoramiche. Nel 1896 Promio introdusse il movimento in una ripresa di Venezia, mettendo il treppiede su una gondola e perfezionò questa tecnica posizionando la macchina su navi o treni, anticipando la carrellata. Nel 1905 la ditta cessò la produzione di film, ma i fratelli continuarono le loro sperimentazioni in ambito fotografico. A seguito del successo iniziale del cinématographe dei Lumière, in Francia fecero la loro comparsa altre case di produzione, come la Pathé, la Gaumont e la Star Film di Georges Méliès. Charles Pathé, già venditore e noleggiatore di fonografi, dal 1901 si concentrò principalmente sulla produzione di film, aumentando vertiginosamente i profitti. La sua principale rivale in Francia era una ditta più piccola fondata da Léon Gaumont che, come i Lumière, inizialmente si occupava di materiale fotografico. Nel 1897 la società cominciò a produrre film, principalmente "attualità" riprese da Alice Guy-Blaché, la prima donna regista. La costruzione di uno studio di produzione nel 1905 accrebbe l'importanza di Gaumont. Méliès, proprietario del Théatre Robert-Houdin, era un illusionista. Dopo aver visto il cinématographe, nel 1895 decise di arricchire il suo programma con dei film, ma poiché i fratelli non vendevano i loro apparecchi, chiese un proiettore all'inventore inglese Robert W Paul. Sebbene venga ricordato per i suoi film fantastici, ricchi di trucchi, Méliès girò film di tutti i generi. Nel primo anno girò settantotto film, incluso la Sparizione di una signora al Robert-Houdin del 1896, in cui interpreta un mago che trasforma una donna in uno scheletro. Il trucco consisteva nel fermare la ripresa e sostituire la donna con lo scheletro. La maggior parte dei suoi trucchi era realizzata in fase di ripresa, ma talvolta interveniva anche dopo: col montaggio, senza che lo spettatore se ne accorgesse. Spesso abbelliva le sue elaborate colorandole a mano. Uno dei suoi film più famosi è Il viaggio nella luna del 1902, film comico di fantascienza su un gruppo di scienziati che, a bordo di una navicella spaziale, raggiungono la luna, per poi scapparne dopo essere stati fatti prigionieri da creature aliene. I suoi film continuarono ad avere successo fino al 1905, quando la sua fortuna cominciò a declinare a causa della concorrenza di società più grandi. Nel 1912, coperto di debiti, fu costretto a smettere, dopo aver girato circa cinquecento film. Il Regno Unito e la "Scuola di Brighton" All'inizio la maggior parte dei film inglesi si basava su soggetti molto semplici come "attualità" e "vedute". Alcune di queste erano influenzate dall'uso di collocare la cinepresa su veicoli in movimento, facendo diventare popolare il phantom ride (viaggio fantasma), nato per dare allo spettatore l'illusione di viaggiare. I più importanti produttori formarono un gruppo che venne poi denominato la "Scuola di Brighton". The Big Swallow, di James Williamson del 1900 è un buon esempio dell'ingegnosità dei registi di Brighton: l'inquadratura iniziale ritrae un uomo su uno sfondo bianco che si arrabbia perché non vuole essere ripreso; cammina in avanti avvicinandosi alla macchina da presa e spalanca la bocca come se volesse ingoiarla. Con uno stacco viene sostituita da un fondale nero e si vedono l'operatore e la cinepresa cadere nel vuoto. Un altro stacco ci riporta alla bocca aperta e l'uomo indietreggia, ridendo e masticando. Mary Jane's Mishap del 1903, commedia grottesca di Smith, usa il montaggio in maniera sofisticata. L’inquadratura base di una domestica, ripresa a figura intera in una cucina, viene alternata a parecchi inserti di mezze figure che mostrano le divertenti espressioni del suo viso. I registi di Brighton sono i primi a usare il primo piano, scomporre le scene in più inquadrature, a comporre le sequenze con più scene, elaborando le prime tecniche di montaggio narrativo. Stati Uniti: la concorrenza e la rinascita di Edison Dopo la prima presentazione del vitascope di Edison a New York nell'aprile del 1896, le proiezioni di film si diffusero rapidamente in tutto il Paese. Dato che i film non erano sottoposti al diritto d'autore e che le copie erano vendute invece di essere noleggiate, era difficile controllare la circolazione delle pellicole. In poco tempo entrarono in funzione centinaia di proiettori e fu possibile assistere alle proiezioni in teatri di varietà, parchi di divertimento, negozi trasformati in piccole sale, luoghi di villeggiatura, fiere e persino nelle chiese e nei teatri d'opera. Nel 1894 William Dickson lascia la Edison e fonda l’American Mutoscope Company. In seguito, venne ostacolata da una causa di Edison, che portava in tribunale ditte concorrenti per presunte violazioni delle leggi sui brevetti e i diritti d'autore. La AMC vinse la causa nel 1902. Nel 1903 cominciò a produrre film con pellicole 35 mm e nel 1908 assunse uno dei più importanti registi del cinema muto, David W. Griffith. Per fronteggiare la concorrenza, Edison realizzò film più lunghi, chiamando uno dei più importanti registi americani del periodo: Edwin S. Porter, il regista che più contribuisce allo sviluppo del linguaggio del cinema americano delle origini. Porter integra le invenzioni di Méliès con le intuizioni linguistiche della scuola di Brighton. Life of an American Fireman: il film parla di un pompiere che, assopendosi, sogna una donna e un bambino in pericolo durante un incendio. Il film finisce con due lunghe inquadrature della stessa azione da due punti di vista diversi, uno esterno alla casa e uno interno a essa. Nel 1903 Porter girò La capanna dello Zio Tom. Il film era costituito da scene da una inquadratura collegate da didascalie, le prime a essere usate in un film americano. Un altro importante film di Porter è La grande rapina al treno (1903). In quattordici inquadrature è narrata la storia di una banda di ladri che assale un treno. Nel film era incluso anche un'inquadratura in cui uno dei ladri viene ripreso mentre spara un colpo verso l'obiettivo della macchina da presa, che i gestori delle sale potevano scegliere se collocare all'inizio della proiezione o alla fine, dal momento che non aveva uno scopo narrativo ma serviva principalmente ad attrarre l'attenzione degli spettatori. In seguito, Porter lasciò Edison per diventare un produttore indipendente, ma non seppe resistere all'assalto degli altri produttori che stavano entrando nel mercato. IL CINEMA DELL’INTEGRAZIONE NARRATIVA (1906-1915) Francia: Pathé vs Gaumont Negli anni 1905 e 1906 l'industria francese dominava il mercato internazionale ed era in una fase di notevole sviluppo. Le due principali società, la Pathé e la Gaumont, continuavano a espandersi, mentre nuove case di produzione nascevano per soddisfare le richieste sempre più pressanti degli esercenti. La Pathé, una grande società con tre diversi studi, fu anche una delle prime a basarsi su un sistema di concentrazione verticale che comportava il controllo della produzione, della distribuzione e dell'esercizio. La Pathé costruiva macchine da presa e proiettori, produceva film e fabbricava la pellicola su cui stampare le copie da distribuire. A partire dal 1906 acquisì anche le sale. L’anno seguente cominciò a distribuire i suoi film dandoli a noleggio. Nel giro di pochi anni iniziò a distribuire anche film realizzati da altre compagnie. Nel 1905 vi lavoravano sei registi che giravano ognuno un film a settimana. Questi potevano essere documentari di attualità, film storici, film a trucchi, drammi, numeri di varietà e inseguimenti. Anche l'espansione della principale rivale della Pathé, la Gaumont, fu rapida. Fu Alice Guy-Blaché a insegnare loro il mestiere e lei stessa cominciò a realizzare film più lunghi. Tra di loro vi era lo sceneggiatore e regista Louis Feuillade, che assunse la supervisione dei film Gaumont dopo che Alice Guy-Blaché se ne andò nel 1908. Tra le società più piccole va menzionata la Film d'Art, sorta nel 1908 con l'obiettivo di intercettare il gusto dell’élite culturale, con produzioni tendenti a un elevazione culturale del pubblico e non necessariamente indirizzate all’intrattenimento. Una delle sue prime produzioni fu L’assassinio del duca di Guisa (1908). Ciononostante, la Film d'Art perse molto del denaro investito nelle sue opere e fu venduta nel 1911. Italia: l'importanza del la messa in scena L’talia arrivò un po' più tardi sulla scena della produzione cinematografica, che però a partire dal 1905 si sviluppò rapidamente sulla base del modello francese. Sebbene i film venissero prodotti in parecchie città, in breve tempo emersero come principali case di produzione la Cines a Roma (fondata nel 1906), la Ambrosio Film (1905) e la Itala Film (1906) a Torino. Queste società, a cui mancava personale specializzato, chiamarono alcuni artisti dalla Francia. Di conseguenza alcuni film italiani erano imitazioni o addirittura remake di film francesi. In Italia il cinema fu considerato come nuova forma d'arte prima che in altri Paesi: i produttori si cimentarono nella realizzazione dei "film d'arte". Non tutti i film italiani erano però in costume. A partire dal 1909, i produttori ricominciarono a imitare i francesi realizzando parecchie serie comiche. Questi erano più economici, vivaci e spontanei di quelli storici, ma la moda declinò gradualmente negli anni Dieci. Danimarca: Ole Olsen e lo Nordisk Ole Olsen fondò una casa di produzione, la Nordisk, nel 1906 e cominciò presto ad aprire uffici di distribuzione all'estero, raggiungendo il successo nel 1907 con Caccia al leone. I film in breve tempo divennero famosi in tutto il mondo per l'eccellente recitazione. La casa si specializzò nel poliziesco, nel dramma, in opere melodrammatiche. Gli elementi principali erano «gli effetti di luce, le storie, il realismo degli interni, lo straordinario uso di esterni naturali e urbani, uno stile naturalistico di recitazione, l'enfasi sul fato e sulle passioni». L’industria danese fu fiorente fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, quando vide chiudersi i mercati internazionali, mentre i suoi registi e attori più importanti trovarono lavoro all' estero. L'INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA AMERICANA Tra il 1905 e il 1907 si verificò un aumento notevole delle sale. Si trattava generalmente di magazzini che contenevano meno di duecento posti a sedere; l'entrata costava un nickel (da qui il termine nickelodeon) se il programma durava dai quindici ai sessanta minuti. I nickelodeons si diffusero per diverse ragioni. Quando le compagnie di produzione si dedicarono ai film narrativi, abbandonando i documentari, andare al cinema divenne una forma di intrattenimento regolare. Il costo del biglietto era generalmente contenuto; gli spettatori si sedevano su panchine o su sedie di legno. I produttori invece che vendere i film cominciarono a concederli a noleggio. In questo modo gli esercenti non erano più obbligati a proiettare lo stesso film per ammortizzare il costo d'acquisto e potevano cambiare la loro programmazione due, tre, anche sette volte alla settimana. I nickelodeons potevano programmare film in continuazione, dalla tarda mattinata a mezzanotte. Fuori dal cinema venivano esposti i titoli dei film con dei manifesti. Quasi sempre vi era un accompagnamento sonoro. I fratelli Warner cominciarono come gestori di nickelodeons. CarI Leammle, il futuro fondatore della Universal, aprì il suo primo nickelodeon a Chicago nel 1906; Louis B. Mayer, che divenne la seconda "M" della MGM (Metro-Goldwyn Mayer), gestiva un piccolo cinema nel Massachusetts. Molti dirigenti degli Studios cominciarono gestendo nickelodeons. Questi contribuirono a creare la struttura base dello studio system hollywoodiano negli anni Dieci. La Motion Picture Patents Company La rivalità fra la AM&B e la Edison si inasprì nel 1908 e il mercato cinematografico si trovò presto nel caos. Gli esercenti avevano bisogno di un numero maggiore di film, ma i produttori, impegnati nel farsi la guerra, non riuscivano a distribuirne un numero adeguato. Infine, la Edison e la AM&B crearono una nuova società che, possedendo tutti i brevetti esistenti, avrebbe controllato tutte le altre e riscosso la tassa dovuta per produrre film: nel dicembre del 1908 venne così creata la Motion Picture Patents Company (MPPC). La MPPC sperava di controllare tutte le tre fasi dell'industria: la produzione, la distribuzione e l'esercizio. La Eastman Kodak accettò di vendere materiale fotografico solo ai membri della MPPC, i quali, in cambio, si impegnarono a non comprare nessun'altra pellicola. I membri della MPPC cercarono di eliminare tutte le altre case di produzione minacciando di citarle in giudizio per violazione della legge sui brevetti. Lo stesso valeva per gli esercenti dato che la MPPC possedeva anche i brevetti dei proiettori. Non tutti i produttori, distributori ed esercenti erano disposti a pagare tributi alla Edison e alla AM&B. I cinema senza licenza costituivano una parte del mercato che i produttori e distributori ribelli potevano rifornire. Essi vennero presto chiamati: "gli indipendenti". Nel 1909 la MPPC subì il primo attacco: Carl Leammle, a capo della più vasta società americana di distribuzione, fondò la Independent Motion Picture (IMP) Corporation, sulle cui basi sarebbe nata la Universal. Nel giro di pochi anni sorse più di una dozzina di compagnie indipendenti in tutto il Paese. Le sale indipendenti potevano noleggiare i film dalle società europee escluse dall'accordo MPPC e usare cineprese che adottavano meccanismi diversi. Tra il 1909 e il 1911 la MPPC intentò cause contro quasi tutti i produttori indipendenti. Nel 1912 il governo americano intentò un processo contro la MPPC poiché si configurava come trust e la sentenza di condanna fu emessa nel 1915. Il trust limitava la durata dei film a una o due bobine, ritenendo che il pubblico fosse incapace di apprezzare film più lunghi. Proibiva di pubblicizzare il nome degli attori, per evitare che quelli più popolari potessero chiedere salari più alti. Controllo sociale e autocensura In generale i nickelodeons e le sale cinematografiche non godevano di buona fama: alcuni gruppi religiosi li consideravano come luoghi pericolosi che traviavano i giovani, mentre i film erano ritenuti esempi negativi che inducevano alla prostituzione e al furto. Sia i membri della MPPC sia i produttori indipendenti cercarono di migliorare l'immagine pubblica del cinema distribuendo film che miravano ad attirare spettatori delle classi medio-alte. I film divennero così più lunghi e complessi dal punto di vista narrativo per controbilanciare i popolari inseguimenti slapstick e i polizieschi. Tali cambiamenti, finalizzati ad attrarre un pubblico più raffinato, si accompagnarono a un miglioramento delle sale o la costruzione di nuove. Il prezzo d'ingresso aumentò e i programmi divennero più articolati. La nascita del lungometraggio Nel 1909 alcuni produttori americani cominciarono a realizzare film di durata superiore a un rullo, ma siccome il rigido sistema della MPPC permetteva di distribuire un solo rullo alla settimana, gli esercenti potevano proiettarne soltanto una parte alla volta. In Europa, dove il sistema era più flessibile, i film con più rulli erano frequenti e, quando furono importati negli Stati Uniti, vennero proiettati nelle sale nella loro interezza, con il prezzo del biglietto maggiorato. Nel 1912 Adolph Zukor importò trionfalmente la regina Elisabetta e La signora delle camelie. Il successo obbligò le case di produzione americane a realizzare film lunghi da distribuire in un'unica soluzione. Nel 1911 la Vitagraph fece uscire Vaniry Fair (Charles Kent), composto da tre rulli (circa 45 min), come un unico film. Intorno alla metà degli anni Dieci, il lungometraggio divenne la misura standard della programmazione delle sale. Lo star system Le società vendevano film con il proprio marchio di produzione. Gli spettatori sapevano così se vedessero un film Edison, un Vitagraph o un Pathé, ma non conoscevano né i registi né gli attori perché non erano citati. Dopo il 1908 - 1909, quando i produttori iniziarono a offrire loro contratti più lunghi, gli spettatori cominciarono a vedere le stesse facce film dopo film, e inevitabilmente dimostrarono interesse per i loro interpreti preferiti chiedendo agli esercenti il nome, oppure scrivendo agli studi per avere le loro fotografie. Nel 1910 alcune case di produzione cominciarono a sfruttare i loro attori famosi a fini pubblicitari con poster delle star alle anteprime dei film. Il trasferimento a Hollywood Nei primi anni Dieci l'area intorno a Los Angeles si impose come il principale centro di produzione degli Stati Uniti. I vantaggi di questa zona erano numerosi: il suo clima assolato e asciutto permetteva le riprese in esterni per la maggior parte dell'anno; il sud della California offriva una notevole varietà di paesaggi, compresi l'oceano, il deserto, le montagne, la foresta e la campagna; e la lontananza dal sistema della MPPC. IL PROBLEMA DELLA CHIAREZZA NARRATIVA Dal 1917 si era codificato un sistema di regole formali ricorrenti in tutto il cinema americano, poi chiamato cinema hollywoodiano classico. Il principale problema che i registi dovettero affrontare fu quello di rendere comprensibili al pubblico i rapporti di causa-effetto, spazio e tempo dei film. Se, per il montaggio, le azioni fossero state ripetute, lo spettatore spesso non avrebbe capito che lo stesso evento era mostrato due volte. I film sempre più frequentemente mettevano in atto una catena narrativa di cause ed effetti: un avvenimento portava a un effetto che, a sua volta, scatenava un altro effetto e così via. Seguendo una serie di obiettivi che il personaggio si prefissava e i conflitti che ne derivavano, lo spettatore poteva capire lo svolgimento della storia. Tutti gli elementi linguistici del cinema muto - profondità di campo, didascalie, posizione della macchina da presa e recitazione, colore, scenografia, illuminazione e montaggio - furono posti al servizio della chiarezza narrativa. Profondità di campo Fin dai primi anni i registi riprendevano l’azione in profondità di campo. Soprattutto nelle scene in esterno, un particolare sviluppo della trama poteva essere sottolineato dall’avvicinamento dell’attore alla macchina da presa. A partire dal 1906, i registi cominciarono a conferire maggiore profondità anche alle scene riprese in interno. In questo modo la costruzione in profondità poteva guidare l'occhio dello spettatore verso gli elementi più importanti dell'azione. Didascalie Prima del 1905 i film non aveva didascalie. Nel periodo dei nickelodeons i film, diventati più lunghi, richiesero l’utilizzo delle didascalie. Le didascalie erano di due tipi. Il tipo descrittivo era il più usato, il testo riassumeva l'azione che stava per iniziare o semplicemente la presentava. Il secondo tipo era narrativo: le informazioni sembrano provenire direttamente dall'azione, per esempio attraverso i dialoghi. Recitazione e macchina da presa La posizione della macchina da presa era importante perché l'azione fosse comprensibile allo spettatore. A partire dal 1908 le tecniche per inquadrare l'azione cambiarono. I registi cominciarono a collocare la macchina più vicino agli attori in modo che la loro mimica facciale fosse più evidente (piano americano). Griffith esplorò le possibilità di dare maggior risalto alle espressioni del viso. Nel 1912 cominciò a insegnare a delle attrici ad esprimere varie emozioni attraverso leggeri mutamenti di gesti ed espressioni. Un'altra tecnica che cambiò fu l'uso delle angolazioni della macchina da presa dall’alto e dal basso. Nei primi film di finzione, si inquadrava da un'altezza convenzionale, a livello del petto o della vita. A partire dal 1911, i registi cominciarono a inquadrare l'azione da sopra o sotto quel livello. Negli stessi anni, il cavalletto fu corredato di testa girevole. In questo modo poteva ruotare per effettuare panoramiche orizzontali, o verticali. Questa capacità di seguire l'azione migliorò anche la comprensibilità delle scene. Scenografia e illuminazione All'inizio dell'epoca dei nickelodeons, molti film di finzione impiegavano ancora fondali dipinti sullo stile di quelli teatrali, insieme a qualche arredo scenico. Negli anni a seguire si usarono sempre di più set tridimensionali e utilizzando un’illuminazione artificiale, per rendere l’immagine più nitida. L'inizio della continuità narrativa Poiché il montaggio unisce una serie di inquadrature, la chiarezza narrativa dipende dal fatto che lo spettatore comprenda il rapporto spaziale e temporale fra di esse. In questo periodo i registi svilupparono delle tecniche avrebbero fornito i presupposti per il principio di continuità narrativa del montaggio. Questo sistema comprendeva tre modi fondamentali per unire le sequenze: il montaggio alternato, il montaggio analitico e il montaggio contiguo. Il montaggio alternato caratterizzato dallo stacco di inquadrature in luoghi diversi, per presentare fatti che avvengono contemporaneamente. Il montaggio analitico crea dinamismo nella stessa sequenza dividendola in più inquadrature. Il montaggio contiguo caratterizzato da personaggi che escono dall'inquadratura per poi riapparire in quella successiva, tipico degli inseguimenti. Nello stesso periodo cominciarono anche a utilizzare il doppio raccordo di sguardo: un personaggio guarda fuori campo un altro personaggio che, nell'inquadratura successiva, osserva nella direzione opposta rispetto al primo. Questo tipo di montaggio, con qualche ulteriore elaborazione, è conosciuto come campo/controcampo. CINEMATOGRAFIE NAZIONALI, CLASSICISMO HOLLYWOODIANO E PRIMA GUERRA MONDIALE (1913-1919) L’Europa e la nascita delle cinematografie nazionali Italia Il cinema italiano prosperò nella prima metà degli anni Dieci. I trionfi maggiori continuavano a essere riservati a film storici, come Cabiria (1914, Giovanni Pastrone) ambientato nella Cartagine del terzo secolo a.C. racconta le vicende di una bambina rapita dai pirati all'indomani dell'eruzione dell'Etna per essere offerta in sacrificio al dio Moloch. La bambina viene più volte catturata e più volte liberata dallo schiavo Maciste e dal romano Fulvio Axilla. Il regista fu capace di valorizzare un patrimonio paesaggistico e culturale italiano. Parteciparono alla produzione autori di fama come Gabriele D’annunzio, si organizzarono première presso i maggiori teatri nazionali e le recensioni gli permisero di imporsi tra gli intellettuali, mentre altri aspetti fecero leva su un pubblico più vasto. Nella scenografia furono utilizzate apposite costruzioni in muratura in sostituzione dei fondali dipinti o si utilizzarono modellini. Venne utilizzato il carrello, che permetteva l’esplorazione dello spazio in profondità. Anche questo genere altrettanto velocemente declinò dopo il 1923, anno in cui il sistema del cinema italiano entrò in crisi. Un secondo genere del cinema italiano si sviluppò come diretta conseguenza della nascita dello star system. Numerose attrici divennero immensamente popolari. I film raccontavano storie di passioni e intrighi dell'alta borghesia o dell'aristocrazia, condite con una miscela tragica di erotismo e morte, con costumi esotici e lussureggianti che contribuivano al suo successo. Il genere rimase popolarissimo per tutta la seconda metà degli anni Dieci, per poi declinare rapidamente nel decennio successivo. Francia All'inizio degli anni Dieci l'industria francese viveva ancora un periodo di prosperità. La richiesta di film da parte del pubblico si manteneva elevata e si costruivano nuove sale. La Gaumont aumentò la produzione affidandosi ai suoi due più importanti registi, Léonce Perret e Louis Feuillade. La Pathé nel 1913 decise di tagliare il settore della produzione, troppo costoso, per concentrarsi sulla distribuzione e l'esercizio: dopo aver rotto i rapporti con la MPPC, creò una società di distribuzione propria. Questa scelta, inizialmente premiata, alla lunga si rivelò infruttuosa e dopo il 1919 si trovò relegata in una posizione marginale del mercato, dominato dalle grandi compagnie che producevano lungometraggi. Oggi il serial viene normalmente ricordato come una forma di cinema popolare negli anni Trenta- Cinquanta, ma in realtà era l'attrazione principale già negli anni Dieci. La struttura a episodi può essere considerata come una sorta di transizione tra i film da un solo rullo e i lungometraggi. Il serial presentava un intreccio attraverso vari episodi, i quali finivano sempre in un momento culminante, con il personaggio principale in pericolo. Questi cliffhangers inducevano a tornare a vedere i successivi episodi. Svezia A partire dagli anni Dieci la Svezia produsse in maniera inaspettata alcuni film importanti e innovativi, grazie a tre registi: Georg af Klercker, Mauritz Stiller e Victor Sjostrom, che lavoravano senza budget cospicui. La Svezia fu tra i primi Paesi a creare una cinematografia che rispecchiava la propria identità culturale, con una particolare attenzione al paesaggio nordico, alla letteratura e alle tradizioni locali. I film prodotti in questi anni concedono un’attenzione particolare ai paesaggi, alle luci, alla varietà di inquadrature, con uno stile naturalistico e un costante ricorso alla profondità di campo. Il cinema svedese costituì la più importante alternativa a Hollywood dopo la guerra, ma questo successo fu anche la causa del suo declino: la Svenska decise di puntare su costosi film destinati all'esportazione, ma solo pochi riuscirono a imporsi e nel 1921 la produzione crollò. L'AMERICA ALLA CONQUISTA DEL MERCATO MONDIALE La prima ad aprire un ufficio di distribuzione fu la Vitagraph, con succursali a Londra e a Parigi. Dal 1909 altre società americane si rivolsero ai mercati stranieri, dando vita a un fenomeno di espansione distributiva che continuò fino alla metà degli anni Venti. Francia, Italia e altri paesi si davano battaglia, ma la Prima guerra mondiale determinò un forte cambiamento assegnando a Hollywood una posizione dominante. L’ingresso in guerra comportò il trasferimento del personale al fronte. In Francia, dove gli stabilimenti della Pathé erano costretti a produrre munizioni e a utilizzare i teatri di posa come caserme, la produzione cessò quasi del tutto. Molti Paesi si rivolsero all’industria hollywoodiana, che ebbe così l’occasione di accaparrarsi il mercato internazionale. I budget erano stabiliti in base alle aspettative di guadagno e questo sistema fu mantenuto anche al termine del conflitto mondiale. I film cercavano di recuperare i costi sul mercato interno per poi essere venduti all'estero a basso prezzo, battendo la concorrenza. Le case di produzione hollywoodiane poterono investire maggiori capitali. Gli altri Paesi, costretti a budget molto più limitati, incontrarono molte difficoltà nel competere, poiché era quasi più economico comprare film americani che finanziare produzioni proprie. IL CINEMA CLASSICO HOLLYWOODIANO A partire dagli anni Dieci le case indipendenti crebbero fino a creare la base per lo studio system. Alcune figure professionali - come il produttore - divennero centrali e le celebrità furono in grado di controllare somme enormi di denaro fino a diventare i produttori di sé stessi. Verso lo studio system Il sistema degli Studios hollywoodiani è stato paragonato alle fabbriche in quanto pensato per sfornare film in serie, come in una catena di montaggio. In realtà ogni film era diverso e richiedeva una differente pianificazione; in ogni caso avevano sviluppato metodi di produzione il più efficienti possibile. La versione di sceneggiatura utilizzata per le riprese era detta continuity e divideva l'azione in inquadrature numerate: permette di coordinare il lavoro, organizzare le riprese, dare ritmo al film. Il cinema a Hollywood negli anni Dieci I registi continuarono a fare uso del montaggio alternato secondo modalità sempre più complesse; a scomporre in diverse inquadrature sequenze riprese in uno spazio unitario per mostrare i particolari; ad armonizzare gli spostamenti di attori e oggetti a ogni stacco, per fare in modo che le differenze tra inquadrature diverse fossero meno evidenti. Le inquadrature in soggettiva venivano usate più di frequente e con maggiore flessibilità, come le riprese in campo/controcampo per le situazioni di dialogo. Questo tipo di costruzione dello spazio era molto diverso da quello utilizzato negli stessi anni nel cinema europeo: i registi ricorrevano più raramente al montaggio e privilegiavano inquadrature con lenti movimenti di macchina. Nei primi anni Venti, tuttavia, il continuity system fu adottato più spesso anche in Europa, fino a diventare una scelta comune dopo l'introduzione del sonoro. Alla metà degli anni Dieci risalgono i primi esperimenti per ottenere particolari effetti di luce. Tra la fine degli anni Dieci e l'inizio degli anni Venti ci fu una notevole quantità di lampade diverse per le varie soluzioni sceniche. Film e registi D.W Griffith lasciò la Biograph Company nel 1913, dopo aver diretto più di quattrocento cortometraggi in sei anni, per l'impossibilità di superare i due rulli di pellicola. Nel 1915 realizzò La nascita di una nazione, di una lunghezza di 12 rulli, racconta la storia della guerra civile americana incentrata su due famiglie amiche divise tra gli opposti schieramenti del conflitto. A conferire un carattere leggendario al film: alti costi di produzione di oltre 100.000 dollari; l’eccezionale durata, superiore alle tre ore; le chiacchierate première e le rivolte sociali che hanno portato al sequestro del film per ben 120 volte. Nel successivo film tentò di superare sé stesso: Intolerance, distribuito nel 1916, era più lungo del precedente (quattordici rulli, circa tre ore e mezzo). Griffith univa quattro storie separate e ambientate in diverse epoche per sottolineare la natura immutabile dell'intolleranza. Utilizza in modo innovativo il montaggio per collegare differenti dimensioni spaziali e temporali. La forza innovativa risiede anche nello stile di ripresa, ad esempio per realizzare una scena monta la cinepresa su un montacarichi per creare un movimento in picchiata. Griffith fu il regista più famoso della sua epoca e il suo nome fu presto collegato con le più importanti innovazioni tecniche. Egli riuscì a mantenere un considerevole controllo sui suoi film, nonostante la crescente invadenza dei produttori. Assieme a Griffith, Cecil DeMille viene considerato il padre del cinema narrativo americano. È il regista che più sperimenta con le luci artificiali, utilizzando lampade usate nel teatro. Illuminava solo specifiche porzioni di scena per ottenere effetti di luce particolari. Slapstick comedy e western Un genere particolarmente importante era la slapstick comedy, in cui si distinse il regista-produttore Mack Sennett, che riunì alcuni comici famosi, fra cui Charlie Chaplin, Ben Turpin e Mabel Normand, che spesso diressero i propri film. È un genere fondato su una comicità elementare, che sfrutta il linguaggio del corpo e si articola intorno a gag semplici ed efficaci. Chaplin interpreta molti film alla Keystone, alla Essanay, alla Mutual e alla First National. Conosciuto come il vagabondo con la bombetta, il bastone e le scarpe troppo grandi. Altri comici furono Roscoe "Fatty" Arbuckle e la sua spalla Buster Keaton, che sarebbe diventato famoso negli anni Venti. Il western continuò a essere popolare per tutti gli anni Dieci. Una delle star più famose fu William S. Hart, il quale incarnò il ruolo del "buono-cattivo" che divenne tipico di molte future star del western. Nel 1919 Mary Pickford, Douglas Fairbanks e Charlie Chaplin si associarono con Griffith per creare la United Artists, una casa di distribuzione che si sarebbe occupata solo dei film prodotti da loro in modo indipendente. Nonostante l'abbandono di Griffith pochi anni dopo, la nuova società fu la possibilità per gli artisti di esercitare un controllo sulle proprie opere, impensabile nelle produzioni dei grandi Studios. LA FRANCIA NEGLI ANNI VENTI L'INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA FRANCESE DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE La produzione cinematografica in Francia subì un rapido declino durante la Prima guerra mondiale, a causa dell'assorbimento delle risorse causato dall'impegno militare. Negli anni Venti crebbero le importazioni di film stranieri, mentre le esportazioni rimasero modeste. Così divenne manifesta la necessità di un cinema nazionale in grado di opporsi alla concorrenza. La produzione, a parte le rare società, si frantumò in una costellazione di piccole case attive per la durata di un film o poco più. Di conseguenza, buona parte dei film era a basso costo. La media dei costi per un lungometraggio si aggirava intorno ai 30.000 dollari, mentre il budget per un film prodotto a Hollywood superava i 400.000 dollari. A differenza dei registi americani, che avevano sperimentato l'illuminazione artificiale, i registi francesi lavoravano soprattutto con la luce naturale. Lo sviluppo delle tecniche di illuminazione crebbe negli anni Venti, ma con costi ancora troppo elevati per un utilizzo diffuso. Gli studi non disponevano di larghi spazi circostanti. In parte per queste limitazioni e in parte per un desiderio di realismo, i registi francesi si servirono di castelli, vecchi palazzi e altri edifici storici, oppure ricorsero al paesaggio naturale. Autori e film del dopoguerra Uno dei generi che, diversamente dagli altri Paesi, continuava ad avere successo in Francia era il serial. Ma le pressioni sociali contro la glorificazione della malavita spinsero a introdurre dei cambiamenti. Un genere minore fu il fantastico, il cui principale esponente fu René Clair. L'IMPRESSIONISMO FRANCESE Tra il 1918 e il 1923 una nuova generazione di autori cercò di esplorare le possibilità del cinema come forma d'arte. I loro film evidenziavano la bellezza pittorica dell'immagine e un indagine psicologica. Gli autori furono facilitati dalla crisi che affliggeva l'industria francese. Uno dei più celebri fu Jean Epstein. La teoria impressionista Gli autori impressionisti consideravano il cinema come una forma d'arte. Essi cercavano di creare un'esperienza emotiva per lo spettatore, suggerendo ed evocando più che mostrare chiaramente. Per loro il lavoro dell'arte era quello di suscitare emozioni transitorie, "impressioni". Nel tentativo di definire in maniera più precisa la natura dell'immagine cinematografica, alcuni teorici fecero uso dell'idea di photogénie. Louis Delluc fu il primo a diffondere l'idea di photogénie come qualità che distingueva l'immagine filmica dall'oggetto originale: trasformato in immagine, l'oggetto acquistava una nuova espressività, rivelandosi allo spettatore in una luce totalmente differente. I teorici attribuivano al cinema la capacità di mettere a nudo l'anima delle persone e l'essenza degli oggetti. Gli impressionisti identificavano la matrice principale del film nel “ritmo visivo”, attenti alle emozioni piuttosto che alle storie. Caratteri formali dell'impressionismo Le tecniche di ripresa e di montaggio servivano a suggerire la soggettività dei personaggi, spesso tramite immagini mentali (visioni, sogni o ricordi), rese con inquadrature in soggettiva, oppure come percezioni degli eventi. Tecniche come la sovrimpressione o il flashback, usate per mostrare il pensiero e le emozioni. Molto usate erano le immagini in ralenti e i movimenti di macchina erano impiegati per suggerire il punto di vista del personaggio. Si sperimentò un montaggio veloce per esplorare lo stato mentale dei personaggi. L'intreccio era spesso subordinato alle motivazioni psicologiche; e anche se i meccanismi di causa ed effetto venivano rispettati, i fattori scatenanti riguardavano i conflitti o le ossessioni dei protagonisti. La fine dell'impressionismo Epstein sperimentò storie sempre più semplici in uno stile quasi documentario, utilizzando attori non professionisti ed eliminando il vistoso lavoro sul montaggio e sui movimenti di macchina. Un altro aspetto di debolezza del cinema impressionista derivava dalla concorrenza dei film di altre correnti sperimentali, come il dadaismo e il surrealismo. Verso la fine degli anni Venti, la distribuzione perse interesse per i film impressionisti e pochi furono esportati. CINEMA SPERIMENTALE AL DI FUORI DELL'INDUSTRIA La diffusione del "cinema d'arte" Negli anni successivi alla Prima guerra mondiale, emerse una distinzione tra il cinema commerciale e quello artistico. Il "film d'arte” fece nascere riviste, cineclub e sale specializzate, mostre e conferenze a cui prendevano parte gli autori. Gli incontri comprendevano discussione di film e altre forme artistiche. Il cinema fu riconosciuto tra le arti maggiori, influenzato dai movimenti impressionista ed espressionista. I cineclub si diffusero inizialmente a Parigi e poi in tutta Europa. Dadaismo Il dadaismo, nato nel 1915 in risposta alla Prima guerra mondiale, propose un'arte basata sull'assurdo e l'immaginazione, rifiutando i valori tradizionali. I dadaisti utilizzavano tecniche come il collage e l'assemblaggio. Marcel Duchamp, collaborando con Man Ray, creò il film Anémic cinéma nel 1926, rompendo con il cinema tradizionale e introducendo un nuovo stile ludico e "anemico". Surrealismo Un analogo disprezzo per la tradizione estetica ortodossa e un gusto per gli accostamenti imprevedibili univano gli artisti dadaisti a quelli surrealisti. Tuttavia, il surrealismo fu influenzato dalla psicoanalisi e dall'inconscio. I film surrealisti traducevano i sogni in immagini, spesso con storie anomale e allusioni sessuali. Un Chien Andalou di Bunuel e Dalí incarnò il surrealismo nel 1929. L’anno successivo Bunuel girò L’age d'or, un film provocatorio pieno di allusioni erotiche e il finale mostra Cristo che esce da un’orgia sadica, che causò scandalo e fu proibito per decenni. Il surrealismo europeo declinò nel 1933, ma continuò a influenzare l'arte postbellica. LA GERMANIA NEGLI ANNI VENTI IL CINEMA DURANTE E DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE Nei primi anni Dieci, il cinema in Germania era marginale, ma i produttori iniziarono a trasporre opere letterarie e coinvolgere autori e attori teatrali, creando l'Autorenfilm nel 1913. Questo tentativo di elevare il cinema a forma d'arte, simile al Film d'Art francese, migliorò la rispettabilità del cinema, anche se il suo declino iniziò già nel 1914 a causa del basso successo di pubblico. Un altro fattore di espansione fu la diffusione dello star system. Nel 1916, la Germania proibì l'importazione di film (attivo fino al 1920), incentivando la produzione nazionale. Nel 1917 nacque la Universum Film Aktiengesellschaft (UFA), seguita dalla creazione di numerose case di produzione. Nonostante la crisi economica e l'inflazione, il cinema tedesco crebbe fino al 1933, grazie a una forte domanda interna e all'abilità di esportare film a prezzi competitivi. Il film storico-spettacolare Dopo la Prima Guerra Mondiale, il cinema tedesco si ispirò a quello italiano, concentrandosi su film storici e spettacolari. Durante gli anni dell'inflazione, le migliori società riuscirono a finanziare con facilità queste grandi produzioni, girando in spazi esterni e investendo negli studi. Questi film erano abbastanza imponenti da competere sul mercato internazionale. Ernst Lubitsch, inizialmente attore comico e regista di commedie, divenne il principale autore di questo genere. Tuttavia, verso la metà degli anni Venti, il filone perse importanza a causa della riduzione dell'inflazione e dei budget disponibili. L'ESPRESSIONISMO L'espressionismo, nato in Germania nel 1908, fu una reazione al realismo, mirato a esprimere emozioni profonde attraverso distorsioni estreme. I tratti comuni sono: colori vivaci, contorni neri e figure allungate con espressioni grottesche. Gli edifici apparivano incurvati o distorti, il suolo inclinato rispetto alle regole prospettiche. Nel cinema, l'opera più rappresentativa è Il gabinetto del dottor Caligari (1920) di Robert Wiene, prototipo del cinema espressionista e capolavoro del genere horror e fantastico. La sua scenografia deformata, l'uso della luce artificiale e il forte chiaroscuro creano un'atmosfera di angoscia e riflettono l'instabilità della Germania dell'epoca. La trama del film segue il racconto di Francis, un giovane che svela come Caligari, un demoniaco illusionista, controlli il sonnambulo Cesare, autore di omicidi. Alla fine, però, si scopre che Francis è un malato mentale e Caligari potrebbe essere il direttore del manicomio dove è rinchiuso. Tuttavia, l'ultimo sguardo del dottore insieme ad altri segnali, lascia aperti numerosi interrogativi e interpretazioni. L’importanza della composizione Nel cinema espressionista, l'accento era posto sulla messa in scena, con ogni elemento visivo – scenografia, attori, costumi e illuminazione – integrato in un insieme stilizzato e coerente. La scenografia diventava quasi un organismo vivente, e anche il corpo degli attori assumeva un ruolo visivo centrale. La composizione visiva si modificava continuamente attraverso i movimenti degli attori. Per creare un amalgama tra questi elementi, i film espressionisti usavano superfici stilizzate, forme simmetriche o distorte, spesso giustapposte per mettere in evidenza tratti comuni e rafforzare il legame tra scenografia e narrazione. Esasperazione e ripetizione Il tratto distintivo del cinema espressionista era l'uso di forme distorte ed esagerate che influenzavano anche la recitazione, volutamente esasperata e antinaturalistica. Gli attori eseguivano movimenti simili a una danza, con gesti scattanti e improvvisi, integrandosi perfettamente con le scenografie stilizzate. L'illuminazione, spesso laterale o frontale, sottolineava le relazioni tra figure e scenografia, e le ombre contribuivano a creare effetti deformanti. Movimenti di macchina e montaggio Il montaggio nel cinema espressionista è semplice, utilizzando spesso tecniche come il campo/controcampo e il montaggio alternato. Il ritmo è lento per consentire allo spettatore di concentrarsi sugli elementi visivi. La macchina da presa è statica, con poche angolazioni o movimenti, mantenendosi per lo più perpendicolare alla scena. Tuttavia, in alcuni casi, l'inclinazione del punto di vista viene utilizzata per creare effetti particolari. Narrazione I film espressionisti utilizzavano storie che valorizzavano il loro stile visivo, spesso ambientate nel passato o in mondi esotici e fantastici, ricchi di elementi horror. Il gabinetto del dottor Caligari sfruttava le distorsioni per riflettere la mente insana dei protagonisti, mentre Nosferatu (1922) raccontava una storia di vampiri nel XIX secolo e Metropolis (1927) descriveva una città futuristica con operai che lavorano sottoterra. Molti di questi film includevano narrazioni incorniciate, come in Nosferatu, dove la storia è raccontata da un cronista, e i personaggi fanno riferimento a libri all'interno della trama. LE TRASFORMAZIONI NELLA SECONDA METÀ DEGLI ANNI VENTI Nonostante questi successi, l'industria tedesca non poté continuare a lungo a produrre film nello stesso modo e alcuni studi imitarono modelli produttivi americani, anziché crearne di alternativi. La modernizzazione tecnologica degli studi tedeschi Negli anni Venti, la tecnologia cinematografica in Germania avanzò notevolmente. Molte compagnie ammodernarono le loro strutture o ne crearono di nuove. Gli scenografi sperimentarono false prospettive e modelli in scala per creare set più imponenti. I produttori tedeschi adottarono innovazioni illuminotecniche e fotografiche americane, come l'illuminazione in controluce e l'uso di luci artificiali anche all'aperto. Verso la metà del decennio tutte le maggiori case di produzione avevano ormai adottato l'illuminazione artificiale. La “macchina da presa slegata”, che permetteva movimenti liberi, influenzò il cinema internazionale e molti registi tedeschi iniziarono a sperimentare con movimenti di macchina complessi. Una serie di congegni tecnici come montacarichi, altalene, gru e piattaforme girevoli aveva liberato la macchina dalla "immobilità" del cavalletto. Tuttavia, nel 1923, l'alta inflazione portò la Germania al bordo del caos, influenzando negativamente la produzione. Molte compagnie furono costrette a ridurre la produzione o a chiudere, e il numero delle sale cinematografiche diminuì. Inoltre, nel 1925, la quota di film stranieri importabili fu modificata, consentendo agli Stati Uniti di acquisire una quota di mercato superiore a quella della Germania, ampliando ulteriormente la propria influenza l'anno successivo. La fine del movimento espressionista I due fattori principali del declino del movimento espressionista furono gli elevati costi delle produzioni e la partenza di diversi registi tedeschi, attirati dalle offerte provenienti da Hollywood. LA NUOVA OGGETTIVITÀ Molti artisti abbandonarono l'espressionismo per adottare uno stile più realistico e analitico, noto come Nuova Oggettività. La critica che veniva rivolta a questo tipo di film riguardava la loro incapacità di proporre soluzioni ai problemi sociali che denunciavano. Il declino fu accelerato dal clima politico teso, caratterizzato dalla crescente divisione tra forze liberali e conservatrici e dall'ascesa del partito nazista. LO STILE CLASSICO E LA CIRCOLAZIONE DEI FILM Per contrastare l'avanzata hollywoodiana venne promosso un cinema "paneuropeo", cioè distribuzioni europee cercano di ridurre la distribuzione dei film americani per sostituirli con quelli Europei. Inoltre, per favorire gli scambi, le case di produzione ricorrevano ad attori, registi e tecnici provenienti dall'estero. Il miglioramento europeo fu interrotto nel 1929 sia per la Grande Depressione, sia per l'introduzione del sonoro. I dialoghi creavano barriere linguistiche e ogni Paese cominciò a sperare di affermare la propria produzione a scapito di quella americana. LO "STILE INTERNAZIONALE" Dalla metà degli anni Venti, si sviluppò uno stile d'avanguardia internazionale che mescolava elementi dell'impressionismo francese, dell'espressionismo tedesco e della scuola sovietica del montaggio. Le distinzioni stilistiche divennero sempre più sfumate. IL CINEMA SOVIETICO NEGLI ANNI VENTI IL CINEMA E LE DIFFICOLTÀ DEL COMUNISMO DI GUERRA, 1918- 1922 All'inizio degli anni Dieci, il cinema russo si affidava a noti scrittori e sceneggiatori. La chiusura delle società di distribuzione straniere dovuto all’entrata in guerra della Russia nel 1914 favorì la crescita dell'industria nazionale. I film di quel periodo erano caratterizzati da toni melanconici e finali tragici, con un ritmo lento e recitazione che enfatizzava la psicologia dei personaggi. Con la Rivoluzione d'Ottobre, il controllo del cinema passò al Narkompros, il Commissariato popolare per l'istruzione, che tentò di centralizzare produzione e distribuzione, promuovendo la propaganda. La nascita di una produzione stabile era tuttavia impedita dalle notevoli difficoltà di reperimento della pellicola. Per sopperire alla mancanza di sale cinematografiche, il governo usò mezzi alternativi per distribuire film e propaganda, come treni e battelli a vapore. Nel 1919, Lenin nazionalizzò l'industria cinematografica, riscoprendo molti film precedenti e creando la Scuola statale di cinematografia, dove Lev Kulesov e il suo gruppo esplorarono tecniche di montaggio innovative, come l'"effetto Kulesov," che mostrava come il montaggio influenzasse l'interpretazione dello spettatore. Degli esempi ce n’è uno dove al primo piano dell'attore, con un'espressione neutra, erano collegate immagini di differenti soggetti, come un piatto di minestra, un cadavere, un bambino, e così via. L’idea era che un normale spettatore avrebbe letto nel primo piano dell’attore ogni volta un’espressione diversa. Nel 1922, Lenin emise due comunicati ufficiali: il primo ("proporzione di Lenin") stabiliva un equilibrio tra intrattenimento e istruzione nella programmazione cinematografica, sottolineava l'importanza del cinema come arte primaria. LA SCUOLA DEL MONTAGGIO E L'AUMENTO DEL CONTROLLO DELLO STATO, 1925- 1933 Fallito il tentativo di centralizzare la distribuzione cinematografica tramite la Goskino, il governo decise di creare allo scopo una nuova società, la Sovkino. La Goskino rimase in vita dedicandosi a produzioni secondarie; tra queste spicca La corazzata Potemkin di Sergej Ejzenstejn, 1925. La corazzata Potemkin è forse il film che in assoluto può vantare il maggior numero di omaggi. La sua realizzazione è legata al ventennale della rivoluzione del 1905, quella "mancata'. Ma non vi è niente di celebrativo nel modo in cui il film racconta l'ammutinamento dei marinai. L’attività della Sovkino doveva soddisfare precise condizioni governative; una di queste richiedeva la distribuzione in tutto il territorio dell'Unione Sovietica, nonostante le sale cinematografiche andassero chiudendo per la mancanza di pellicole da mostrare e per la mancanza di impianti di riscaldamento o i continui guasti ai proiettori. La Sovkino dovette aprire nuove sale anche nelle piccole città. Per sostenersi dovette importare film stranieri, almeno fino a quando il governo non impose delle limitazioni. L’influenza del costruttivismo Il costruttivismo, emerso intorno al 1920, sosteneva che l'arte doveva avere una funzione sociale. Gli artisti erano visti come artigiani, con un approccio razionale e scientifico, paragonando l'opera d'arte a una macchina, concentrandosi sull'assemblaggio delle parti. Questa idea si rifletteva anche nel montaggio. Gli scritti teorici dei registi del montaggio sovietico Negli anni Venti, emerse una fioritura di scritti teorici sul cinema, con critici e registi che esploravano il ruolo rivoluzionario del montaggio. Kulesov, il più conservatore, vedeva il montaggio come strumento per chiarezza narrativa e impatto emozionale. Vertov, radicale e costruttivista, valorizzava il documentario per la sua utilità sociale rispetto ai film di finzione, e proponeva un montaggio che generasse differenze e "intervalli" per attribuire senso allo spettatore. Ejzenstejn, con una visione più complessa, considerava il montaggio come una collisione di elementi contrastanti, ispirandosi al materialismo dialettico e mirando a un cinema "intellettuale" che comunicava idee astratte piuttosto che raccontare storie. Forma e stile del montaggio sovietico Generi I film d'avanguardia erano dedicati alla storia del movimento rivoluzionario e privilegiavano scontri, insurrezioni, scioperi per infondere la dottrina bolscevica e per filmare la fisicità dei personaggi. Narrazione Nei film sovietici, l'individuo era spesso meno centrale, con le azioni dei personaggi interpretate come il risultato di forze sociali, riflettendo le teorie marxiste e l'appartenenza a classi sociali. Vertov, contrario al racconto tradizionale, creava documentari sulla società comunista. Il suo film più radicale, L'uomo con la macchina da presa (1929), con la sua audace successione di inquadrature e sovrimpressioni, gli procurò problemi con le autorità, costringendolo a moderare il suo sperimentalismo. Montaggio la narrazione mirava a massimizzare la tensione dinamica attraverso un montaggio netto ed energico. Alla continuità hollywoodiana, si opponeva un'estrema frammentazione di inquadrature anche all'interno della stessa azione. Tecniche come il montaggio ellittico e il jump cutting alteravano la durata e la percezione degli eventi. Effetti speciali I sovietici esplorarono le possibilità degli effetti speciali. Nell'inventivo documentario di Vertov, L'uomo con la macchina da presa, sovrimpressioni e split-screen mostravano le potenzialità. Movimenti di macchina Pur attribuendo al montaggio il ruolo principale nella creazione artistica, sperimentarono anche con la composizione delle singole inquadrature. Utilizzarono angoli di ripresa dinamici, come inquadrature dal basso per conferire potenza o minaccia ai soggetti, e inclinazioni o decentramenti per dinamizzare le immagini. La profondità dell'immagine era sfruttata per creare contrasti di volume, mentre l'illuminazione era spesso tenue, con fondali neri e accentuazione dei lati del volto anziché della parte frontale. La recitazione variava dal realismo alla stilizzazione estrema, con una forte inclinazione verso la tipizzazione e l'uso di attori non professionisti per rappresentare visivamente le classi sociali, enfatizzando l’impatto fisico e l’aspetto grottesco. IL PIANO QUINQUENNALE E LA FINE DEL CINEMA D'AVANGUARDIA Il termine "formalismo" venne utilizzato per criticare i film sovietici ritenuti troppo complessi per essere compresi dalle masse, accusati di essere destinati a un pubblico elitario. L'aumento delle sperimentazioni formali e delle nuove tecniche intensificò queste critiche. Molti degli autori più radicali ebbero difficoltà a ottenere fondi. Nel 1929, Ejzenstejn partì per studiare il sonoro all'estero e tornò solo nel 1932. Tutti i registi furono costretti ad attenuare il loro sperimentalismo. HOLLYWOOD: L'ULTIMA STAGIONE DEL MUTO, 1920- 1928 LE CATENE DI SALE CINEMATOGRAFICHE E L'ESPANSIONE DELL'INDUSTRIA Una volta intuita l'importanza che le grandi sale cinematografiche rivestivano per il successo del film, le società maggiori si impegnarono a migliorarle. Le più importanti offrivano, in aggiunta al film, un ricco programma di cinegiornali, brevi comiche, intermezzi orchestrali, musica e teatro dal vivo. Le Tre Grandi e le Cinque Piccole Le compagnie che controllavano la maggior parte delle sale cinematografiche - la Paramount, la MGM e la First National - vennero chiamate le Tre Grandi. Accanto vi erano le Cinque Piccole: Universal, Fox, Producers Distributing Corporation, Film Booking Office e Warner Bros. La Warner Bros non possedeva sale né poteva contare una distribuzione propria. Riuscì a riscuotere un considerevole successo con una serie di film dedicati alle avventure di un cane, Rin-Tin-Tin; più sorprendente fu la decisione di ingaggiare il regista tedesco Ernst Lubitsch. Nel 1924 cominciò a espandersi e ad acquistare sale e attrezzature. Separata dalle altre era la United Artists (UA), che si limitava a distribuire i film prodotti indipendentemente dai suoi quattro proprietari e da altri importanti registi. LA NASCITA DELLA MOTION PICTURE PRODUCERS AND DISTRIBUTORS ASSOCIATION L'industria cinematografica, in espansione nel dopoguerra, fu accompagnata da una crescente richiesta di controllo censorio, soprattutto a causa di film che trattavano i "ruggenti anni Venti" e scandali legati a registi e attori hollywoodiani. Per migliorare l'immagine di Hollywood e prevenire una censura federale, gli Studios fondarono la Motion Picture Producers and Distributors of America (MPPDA) nel 1924. Questa organizzazione introdusse linee guida per limitare i contenuti offensivi nei film, ma inizialmente risultarono inefficaci. Tra il 1927 e il 1930 le regole furono rese più severe, culminando nel 1934 con un rigoroso Codice di Produzione, evidenziando l'importanza economica del cinema negli Stati Uniti. IL MODO DI PRODUZIONE DEGLI STUDIOS L’uso del montaggio analitico divenne più sofisticato, utilizzando raccordi per guidare l'attenzione dello spettatore. L'illuminazione basata sui tre punti (key light, fill light, back light) contribuì a creare immagini omogenee e affascinanti. Cambiò anche l'approccio alla fotografia, con l'uso di filtri per ottenere il soft style, sistemando davanti all'obiettivo tessuti trasparenti o filtri. Questa tecnica fu fondamentale per lo sviluppo dello stile narrativo classico, che cercava di condurre l'attenzione verso il primo piano. L'introduzione delle pellicole pancromatiche, che registravano l'intero spettro dei colori, rivoluzionò il cinema, permettendo maggiore qualità visiva, ma erano molto costose e bisognavano di più luce. Queste innovazioni resero lo stile hollywoodiano fluido, con la crescita dei budget e l'affermazione di nuovi generi e filoni cinematografici. Generi e registi John Ford esordì con western a basso costo, ma dallo stile originale continuò ad avere un notevole successo. In seguito alla proiezione de Il gabinetto del dottor Caligari negli Stati Uniti, avvenuta nel 1921, il cinema dell'orrore divenne sempre più popolare. La prima casa a puntarvi fu la Universal, sfruttando la versatilità di uno tra i suoi attori più celebri, Lon Chaney (''l'uomo dalle mille facce"). La crescita del crimine organizzato dovuta al proibizionismo determinò la comparsa del genere gangster: Le notti di Chicago, diretto nel 1927 da Josef von Sternberg. LA COMICITÀ NEGLI ANNI VENTI Lo slapstick, basato su gag fisiche, si evolse passando dai cortometraggi ai lungometraggi comici. Chaplin, Keaton e Harold Lloyd si impegnarono a costruire storie più solide, inserendo gag elaborate. Chaplin continuò ad avere successo, nonostante il suo umorismo a volte audace allontanasse parte del pubblico. Keaton, noto come "Faccia di pietra" per la sua mancanza di espressione, realizzò cortometraggi e lungometraggi meno popolari di quelli di Chaplin e Lloyd, ma con uno stile unico e surreale. Stan Laurel e Oliver Hardy (Stanlio e Ollio) emersero come nuove star, adattandosi al cinema sonoro. L'ARRIVO DEI REGISTI STRANIERI A HOLLYWOOD Hollywood iniziò a reclutare talenti stranieri, soprattutto europei, per rafforzare la sua posizione sul mercato mondiale. Rappresentanti degli Studios si recavano regolarmente in Europa per visionare i film più recenti e cercare attori e registi promettenti. Nel 1925 gli inviati della MGM segnalarono gli attori Greta Garbo e Lars Hansen, e il regista Mauritz Stiller. Lubitsch arrivò a Hollywood nel 1923, imparò subito ad armonizzare il suo stile con quello hollywoodiano. Fu ingaggiato dalla Warner Bros per la quale diresse una serie di commedie sofisticate che analizzavano la società dell'epoca. Victor Sjostrom accettò di lavorare per la MGM nel 1923. La Universal continuò la serie dei film dell’orrore proseguendo dopo l'avvento del sonoro con Dracula e Frankenstein. Il più prestigioso tra i registi europei chiamati fu Friedrich Murnau, sotto contratto dalla Fox Film Corp. L'INTRODUZIONE DEL SONORO E LO STUDIO SYSTEM HOLLYWOODIANO, 1926- 1945 È convenzione far risalire l'introduzione del suono sincronizzato al 1927, quando la Warner Bros distribuì con successo Il cantante di jazz, ma il processo di invenzione e diffusione della tecnologia sonora fu lungo ed ebbe ripercussioni sul linguaggio filmico, sullo stile di ripresa e sugli stessi generi cinematografici. Lee De Forest presentò il suo Phonofilm nel 1923. Questo convertiva l'audio in onde su una normale pellicola 35 mm, posta di fianco del fotogramma. Il sistema offriva vantaggi per la sincronizzazione. Warner Bros e Vitaphone Durante gli anni Dieci e i primi anni Venti la Western Electric aveva brevettato sistemi di registrazione su disco, amplificatori e altoparlanti. Nel 1925 li mise in vendita, ma la maggioranza degli Studios attese ulteriori sviluppi. Il metodo della Western Electric appariva in un momento in cui la piccola Warner Bros era in piena espansione e le apparecchiature interessarono a Sam Warner. La Warner Bros collaudò il metodo Vitaphone il 6 agosto 1926 con otto cortometraggi. Il 1928 vide l'uscita trionfale del primo "sonoro al cento per cento", The Lights of New York (di Bryan Foy). L'adozione del sonoro su pellicola La Fox Film Corporation decise di investire in un sistema basato su quello di De Forest, ribattezzato Movietone. Un terzo importante sistema era basato su un nuovo tipo di pellicola sonora sviluppata dalla RCA e presentata nel 1927 come Photophone. Nel febbraio del 1927 firmarono l'Accordo delle Cinque Grandi, un impegno a scegliere insieme il sistema sonoro più vantaggioso: optarono per quello della Western Electric. Le compagnie continuarono per alcuni anni a distribuire i film in doppia versione: una su dischi fonografici e una con pellicola. La RCA fondò una nuova casa di produzione cinematografica a concentrazione verticale, nota come RKO. Verso la metà del 1932 la conversione al sonoro era di fatto compiuta in tutti gli Stati Uniti. La nuova tecnologia richiese notevoli sforzi ai registi e ai tecnici: spesso le scene dovevano essere girate contemporaneamente da più macchine da presa collocate in cabine insonorizzate, i microfoni erano poco sensibili e difficili da spostare e il mixaggio era complesso. La produzione cinematografica e il sonoro Molti dei primi film sonori erano statici ed eccessivamente ricchi di dialogo, ma alcuni cineasti risposero in modo creativo ai limiti imposti dalla tecnica. Il musical, un genere reso possibile solo dalla nuova invenzione, offriva buone opportunità per un uso ingegnoso del suono. TECNOLOGIA SONORA E STILE CLASSICO All'inizio del sonoro, il cinema affrontò numerosi problemi tecnici e stilistici. I microfoni captavano tutti i rumori del set, costringendo le macchine da presa a essere posizionate in cabine insonorizzate. La registrazione dei suoni doveva avvenire simultaneamente, e l'orchestra doveva suonare sul set se era necessaria la musica. I microfoni limitavano l'azione, e per evitare di perdere il sincronismo tra suono e immagine, si usava spesso la cinepresa multipla per riprendere da diverse angolazioni contemporaneamente. Tuttavia, questo metodo non riusciva a riprodurre la qualità visiva del cinema muto. Le cabine di ripresa, sebbene dotate di ruote, erano troppo rumorose e pesanti per consentire di effettuare un carrello. I microfoni erano poco sensibili e gli studi insistevano perché gli attori prendessero lezioni di dizione e parlassero lentamente e in maniera chiara. Si cominciò a usare la giraffa, una lunga canna che consentiva di muovere il microfono al di sopra degli attori. La svolta più importante arrivò nel 1931, quando divenne possibile registrare e mixare piste sonore separate, permettendo di aggiungere effetti sonori, musiche e dialoghi in post-produzione. Il dibattito internazionale sul sonoro Durante il periodo del muto le condizioni di visione prevedevano che il film fosse sostenuto da un accompagnamento sonoro. Il parlato rischiava di vanificare questa caratteristica del linguaggio cinematografico, riconducendo il film a un maggior realismo. Ciò portò a un dibattito di portata internazionale. Alcuni osservarono che il cinema avrebbe finito per diventare solo una copia «fotografica e meccanica» del teatro, mentre altri affermarono come il microfono avrebbe potuto «scoprire il mondo acustico che ci circonda». Ma fu l'intervento del 1928 di Ejzenstejn, Pudovkin e Aleksandrov, Dichiarazione sul sonoro a determinare un punto di svolta. In esso veniva suggerita la necessità di valorizzare la non coincidenza tra immagine e suono. Se l'uso riproduttivo del sonoro avrebbe enfatizzato l'evidenza delle immagini vanificando il lavoro di regia, la dissociazione tra suono e immagine poteva invece potenziare la capacità espressiva del film. Il superamento delle barriere linguistiche Con l'introduzione del cinema sonoro emerse il problema della lingua, poiché i film parlati erano difficili da esportare. Le prime soluzioni includevano proiezioni senza traduzione, doppiaggio costoso e mal sincronizzato, sottotitoli poco accettati e l'uso di didascalie o narratori in sala, ma nessuna di queste risultò efficace. Nel 1929 erano giunti alla conclusione che per continuare a raggiungere i mercati stranieri bisognava girare ogni film in più versioni, in ognuna delle quali parlavano una lingua diversa. Nel 1929 la MGM avviò un programma di produzione multilingue, importando attori e registi per realizzare versioni francesi, tedesche e spagnole dei suoi film. Dopo circa due anni, però, divenne evidente che questa non era la soluzione al problema: il mercato per ogni versione era troppo limitato per giustificare la spesa. Nel 1931, grazie al miglioramento delle tecniche di mixaggio audio, doppiaggio e sottotitoli divennero soluzioni accettabili, consentendo ai film sonori di superare la barriera linguistica entro il 1932. LA NUOVA STRUTTURA DELL'INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA L’industria del cinema di Hollywood si era sviluppata in un oligopolio di società unite nello scopo di chiudere il mercato alla concorrenza, ma con l'avvento del sonoro e l'inizio della Depressione ci furono alcuni cambiamenti. Otto società dominavano l'industria: le Cinque Grandi - la Paramount, la MGM, la Fox (che divenne 20th Century Fox nel 1935), la Warner Bros e la RKO. Le Tre Piccole erano la Universal, la Columbia e la United Artists. Esistevano diversi produttori indipendenti. Le Tre Piccole e i produttori indipendenti La Universal dovette affrontare problemi economici dal 1930 al 1945. La strategia fu di lanciare nuove star in film horror visivamente sorprendenti: Bela Lugosi con Dracula (di Tod Browning, 1931), Boris Karloff con Frankenstein (di James Whale, 1931). I budget limitati della Columbia non le impedirono di produrre film popolari, spesso con star o registi presi in prestito da Studios più grandi. Capra, il regista più importante della società. Le star più importanti erano Claudette Colbert (in prestito dalla Paramount) e Clark Gable (della MGM). Altri registi di spicco collaborarono per poco tempo come: John Ford, George Cukor e Howard Hawks. Per questo periodo, le sorti dello studio dipesero dai western di serie B e da altre produzioni a basso costo. Il declino della UA iniziò all'epoca del sonoro. David W Griffith, Mary Pickford e Douglas Fairbanks si ritirarono nella prima metà degli anni Trenta, e Chaplin dirigeva solo un film ogni cinque anni. La UA distribuiva anche film di produttori indipendenti. Per sopravvivere dovette anche adattarsi a rimpinguare i suoi listini con film a basso budget o perfino di serie B. Il Codice Hays: autocensura a Hollywood La Motion Picture Producers and Distributors Association, fondata nel 1922 per migliorare l'immagine e l'efficienza del settore cinematografico, divenne sempre più nota per la sua funzione di autocensura dell'industria attraverso il Codice di Produzione, spesso chiamato anche Codice Hays. Il codice imponeva standard morali su temi come crimine, sesso e violenza, vietando la rappresentazione esplicita di tecniche criminali e qualsiasi allusione all'omosessualità. Nel 1934 furono rafforzate le regole: i film senza l'approvazione della MPPDA venivano multati e non potevano essere proiettati nelle sale degli Studios membri. Sebbene repressivo, il Codice Hays funse da filtro contro una censura governativa potenzialmente più severa, permettendo agli Studios di mantenere un equilibrio tra intrattenere e rispettare i limiti imposti. L'esercizio negli anni Trenta Il sonoro eliminò la necessità di orchestre dal vivo, e già nel 1930 le sale proiettavano solo film. Per attrarre un pubblico con poche risorse, si diffusero i doppi o tripli spettacoli, con film di serie B a basso costo come secondo film. Un altro trucco era costituito dai premi e le iniziative più efficaci furono le "dish night", in cui ogni biglietto dava diritto a un piatto di porcellana, che la sala acquistava all'ingrosso: per completare il set le famiglie dovevano tornare ogni settimana. Durante la Seconda guerra mondiale, l'aumento degli spettatori ridusse l'uso di questi incentivi, mentre molte sale, deteriorate durante la Depressione, furono pronte ad accogliere le nuove folle. INNOVAZIONI A HOLLYWOOD Registrazione del suono Nel corso degli anni Trenta i metodi di registrazione del suono subirono un costante miglioramento. Furono introdotti microfoni direzionali, giraffe più leggere e versatili e fu possibile registrare separatamente musica, voci ed effetti. La registrazione su piste multiple favorì l'introduzione della colonna sonora. Movimenti di macchina Per agevolare i movimenti di macchina con le cineprese sonore si ricorse a un sostegno solido ma facile da spostare. Nel 1932 fu introdotto un dolly di oltre tre quintali che poteva sollevare la macchina verticalmente da 45 cm fino a 2 metri di altezza, permettendo all' operatore di fare panoramiche, piegarsi in alto o in basso e spostarsi agevolmente su un carrello. Technicolor Negli anni Trenta l'innovazione più spettacolare fu l'introduzione del colore. Il sistema a doppia pellicola della Technicolor, usato già negli anni Venti, era costoso e produceva colori tra l'arancione rosato e il blu verdognolo. Nei primi anni Trenta la Technicolor sviluppò una nuova macchina da presa che, tramite prismi, suddivideva la luce su tre pellicole in bianco e nero, una per ogni colore primario. Questo sistema offriva colori brillanti e saturi, giustificando il costo aggiuntivo, che superava del 30% quello dei film in bianco e nero. Negli anni Trenta e Quaranta, il colore veniva associato più alla fantasia e allo spettacolo che al realismo. Effetti speciali Con l'avvento del sonoro, il compito di creare effetti speciali passò da operatori di ripresa a specialisti, a causa delle nuove complessità tecniche. Gli Studios aprirono reparti dedicati agli effetti speciali, dove venivano sviluppati strumenti su misura per le scene. I principali metodi per combinare immagini girate separatamente erano la retroproiezione e la stampa ottica. Altri effetti includevano l'uso di modellini, l'animazione tridimensionale fotogramma per fotogramma e dispositivi meccanici semplici. Stili di ripresa L'immagine sfumata e l'effetto flou impiegati nel decennio precedente divennero meno estremi e più uniformi. Nel 1931 la Eastman Kodak introdusse la pellicola Super Sensitive Panchromatic. Generi Più popolari: genere western, considerato il genere americano per eccellenza, il musical, la screwball comedy, l’horror, il cinema sociale, il gangster, il noir e i film di guerra. Il noir è più uno stile e una tendenza narrativa che un vero e proprio genere, derivante dal poliziesco. Rivolto a un pubblico maschile, il noir presenta eroi quasi sempre uomini, spesso investigatori o criminali, con una visione pessimistica e distaccata del mondo. Le donne nel noir sono seducenti ma traditrici, spingendo i protagonisti verso il pericolo o sfruttandoli egoisticamente. L'ambientazione tipica è la grande città, spesso rappresentata di notte con marciapiedi bagnati, vicoli oscuri e bar loschi. Lo stile del noir include angolazioni insolite, luci soffuse, grandangoli e riprese in esterni. CINEMA E TOTALITARISMI: URSS, GERMANIA E ITALIA, 1930- 1945 L'UNIONE SOVIETICA E IL REALISMO SOCIALISTA Poiché il Paese fu duramente colpito dalla Depressione, solo nel 1936 l'URSS riuscì a completare la transizione al sonoro. Il sonoro incontrò una forte resistenza da parte dei cineasti sovietici, i quali temevano che sceneggiature statiche e sovraccariche di dialoghi avrebbero guastato le qualità artistiche. Gli autori della scuola sovietica del montaggio lo accolsero come un mezzo per creare contrapposizioni. Stalin governava da dittatore assoluto e non tollerava fenomeni di dissenso e Sumjatskij, suo rappresentante, teneva l'industria cinematografica sotto controllo. Il realismo socialista divenne la linea ufficiale del cinema. Prima di essere approvate, le sceneggiature dovevano passare attraverso un apparato di censura. Per incrementare la produzione Sumjatskij decise di costruire una "Hollywood sovietica', ma il progetto non fu mai completato e Sumjatskij fu giustiziato. l realismo socialista e Ciapaiev Gli artisti erano obbligati a promuovere le politiche del partito e a enfatizzare la "centralità del popolo", descrivendo in modo positivo la vita della gente. Le opere dovevano evitare sperimentazioni stilistiche, puntando su un linguaggio semplice e facilmente comprensibile. Il film Ciapaiev fu il primo esempio, caratterizzato da un linguaggio accessibile e ottenne grande successo sia tra il pubblico che tra i burocrati. I generi principali Film sulla guerra civile, film biografici, racconti di eroi comuni, musical socialisti. Il cinema sovietico durante la guerra L’URSS produsse diversi film sui nazisti verso la fine degli anni Trenta. Durante la guerra, molte attività cinematografiche furono trasferite in aree non occupate. Per rispondere alle esigenze immediate, vennero realizzati gli "Album di film bellici", raccolte brevi a basso costo che combinavano notiziari, documentari, scenette satiriche ed episodi di fantasia. Alcuni segmenti erano efficaci, la distanza dai luoghi di combattimento rendeva questi film ingenui e poco realistici. Dal 1942 apparvero lungometraggi di fiction bellica, spesso incentrati su donne e bambini vittime dei tedeschi, per evidenziare la crudeltà del nemico. IL CINEMA TEDESCO DURANTE IL NAZISMO Dal 1918 la Germania sviluppò un sistema di pellicola sonora, il Tri-Ergon, e nel 1929 fondò la Tobis- Klangfilm, nata dalla fusione di due gruppi, con l'obiettivo di competere con Hollywood. Inizialmente cercò di contrastare le tecnologie americane, ma nel 1930 venne formato un cartello internazionale per suddividere il mercato mondiale delle apparecchiature sonore. La Tobis-Klangfilm ottenne i diritti esclusivi in Germania, Scandinavia e gran parte dell'Europa centrale e orientale, mentre gli americani controllavano altri mercati come il Canada, Australia, India e Unione Sovietica. Il cartello durò fino al 1939, quando la Seconda guerra mondiale lo interruppe. Il primo film sonoro di Fritz Lang, M, il mostro di Düsseldorf (1931), sfruttava suono e immagini per evidenziare il parallelo tra polizia e crimine, utilizzando lo spazio fuori campo per le scene più intense. Il regime nazista e l'industria cinematografica Il nazismo, salito al potere nel 1933, influenzò profondamente il cinema tedesco, sotto il controllo di Joseph Goebbels, ministro della propaganda. Goebbels ammirava la potenza propagandistica de La corazzata Potemkin e voleva creare un cinema che esprimesse gli ideali nazisti in modo altrettanto efficace. Nel 1933 iniziò la rimozione degli ebrei dall'industria cinematografica, scatenando la fuga di molti talenti, tra cui registi con idee di sinistra, come Fritz Lang, che scelse l'esilio. Il regime nazista controllò progressivamente l'industria cinematografica attraverso la nazionalizzazione e l'offerta di prestiti ideologicamente condizionati. Nel 1935, Goebbels ordinò la produzione di film antisemiti, mentre il regime nazista acquistava segretamente le principali case di produzione, completando la nazionalizzazione nel 1942 con la creazione della UFI, che controllava l'intera catena cinematografica. Nonostante questi sforzi, la produzione di film non riuscì a soddisfare la domanda e con l'inizio della guerra nel 1939, si assistette a un progressivo declino produttivo. Leni Riefenstahl è la cineasta più famosa dell'epoca nazista, nota per Il trionfo della volontà (1934), documentario sul congresso del partito nazista a Norimberga. Leni Riefenstahl ebbe a disposizione mezzi illimitati: sedici troupe munite di macchina da presa e strutture monumentali furono appositamente progettate in vista della loro resa cinematografica. Resoconto dei giochi olimpici a Berlino nel 1936, Olympia anch'esso fu finanziato dal governo. Entrambi i film miravano a promuovere l'immagine della Germania nazista: il primo glorificava il partito, mentre il secondo esaltava la competizione sportiva e la bellezza fisica degli atleti. Il cinema nazista produceva anche film contro i nemici del Terzo Reich, come il Regno Unito e l'URSS, e pellicole militariste che celebravano la vita militare e la morte in battaglia. Goebbels sperava forse che i cittadini sarebbero insorti per salvare la Germania dalla sua sconfitta, ma così non fu. Alla fine della guerra, molti cineasti legati al nazismo furono messi sulla lista nera. ITALIA: PROPAGANDA ED EVASIONE DURANTE IL FASCISMO Negli anni Venti, i produttori italiani cercarono di rivitalizzare il cinema pre-bellico attraverso costosi film in costume. Un importante contributo venne da Alessandro Blasetti, che, influenzato dal cinema sovietico e dalle avanguardie europee, introdusse un nuovo stile caratterizzato da montaggio rapido, immagini in soggettiva e angolazioni insolite, oltre a una fotografia che valorizzava i paesaggi naturali. Benito Mussolini, al potere dal 1922, considerava il cinema "l'arma più forte" a servizio del potere, ma negli anni Venti non impose un controllo stretto sui media. L'unica misura significativa fu la creazione dell'Unione Cinematografica Educativa (LUCE) nel 1924, per controllare documentari e cinegiornali. Pur cercando di disciplinare la vita pubblica, il governo fascista tendeva a non toccare gli interessi privati e preferì dare assistenza all'industria senza nazionalizzarla. Gli sviluppi dell'industria Tra il 1931 e il 1933, il governo italiano introdusse leggi protezionistiche a sostegno del cinema nazionale, offrendo sussidi basati sugli incassi, obbligando le sale a proiettare film italiani e tassando quelli stranieri. Nel 1932 fu inaugurata la Mostra del Cinema di Venezia, come vetrina internazionale per i film italiani. Nel 1934, riconoscendo l'importanza ideologica del cinema, fu creata la Direzione Generale per la Cinematografia, che incentivò un cinema di evasione, simile a quello hollywoodiano. Dopo l'incendio degli studi Cines nel 1935, venne costruita Cinecittà, un moderno complesso di teatri di posa inaugurato nel 1937, dove si girò più della metà dei film italiani fino al 1943. Nel 1935 fu fondata anche la scuola di cinema Centro Sperimentale di Cinematografia, che produsse molti dei migliori registi e tecnici italiani. La legge Alfieri del 1938 garantì ulteriori finanziamenti per film a grande budget e incentivò le banche a investire nella produzione cinematografica. Nello stesso anno, una legge sul monopolio permise all'ENIC di controllare l'importazione di film. Di conseguenza, nel 1940 la produzione cinematografica italiana raggiunse un record con 83 lungometraggi. Un cinema di evasione I documentari e i cinegiornali dell'istituto LUCE celebravano il regime di Mussolini e non mancarono i film esplicitamente fascisti. Il regime spesso disapprovava il modo in cui il partito era ritratto nei film, per di più molti di essi si rivelarono insuccessi commerciali. Di conseguenza, si favorì un cinema di evasione, con generi popolari come commedie, melodrammi romantici e film ambientati tra ricchi in locali moderni. Si incoraggiò anche l'umorismo dialettale e la comicità popolare. Per l'epoca, la novità fu la rappresentazione "realistica" di problemi tenuti a lungo nascosti nel cinema. Le dittature di URSS, Germania e Italia controllarono il cinema in modi diversi: l'URSS nazionalizzò l'industria precocemente, i nazisti imposero la produzione di film pro-regime, mentre il governo italiano adottò un approccio più indiretto. Dopo la guerra, l'industria sovietica continuò fino agli anni Ottanta, quella tedesca fu distrutta, mentre in Italia la transizione fu meno traumatica poiché l'industria non era stata nazionalizzata. FRANCIA 1930- 1945: REALISMO POETICO, FRONTE POPOLARE E OCCUPAZIONE L'INDUSTRIA E IL CINEMA NEGLI ANNI TRENTA Durante l'era del cinema muto, Léon Gaumont cercò di sviluppare un sistema sonoro francese e nel 1928 presentò alcuni cortometraggi sonori e un lungometraggio con canzoni registrate successivamente. Tuttavia, poiché gli studi francesi non erano ancora attrezzati, le prime produzioni sonore, di qualità mediocre, furono realizzate a Londra e Berlino. Il mercato sonoro in Francia fu inizialmente dominato da tecnologie americane e tedesche, come la filiale parigina della Tobis-Klangfilm, che produsse molti film francesi, inclusi i primi tre lavori sonori di René Clair. Dopo un crollo negli anni Venti, la produzione cinematografica francese aumentò con l'avvento del sonoro. La struttura decentralizzata della produzione permise ai registi di lavorare in autonomia, controllando molte fasi del processo creativo, favorendo la realizzazione di film artisticamente innovativi, grazie anche al contributo di attori, sceneggiatori, scenografi e musicisti di talento. Cinema fantastico e surreale Negli anni Trenta, il cinema francese continuò a esprimere una propensione per il fantastico e il surreale, eredità del cinema muto. René Clair divenne uno dei registi più celebri, noto per il suo uso non convenzionale dei movimenti di macchina, momenti silenziosi e gag acustiche. Il suo successo lo portò a lavorare nel Regno Unito e poi a Hollywood durante la Seconda guerra mondiale. Il surrealismo trovò continuità nei film di Jean Vigo, considerato uno dei più importanti registi francesi nonostante la sua prematura morte a 29 anni nel 1934. La scomparsa di Vigo e la partenza di Clair segnarono la fine del surrealismo e del genere fantastico nel cinema francese. REALISMO POETICO Negli anni Trenta, il cinema francese sviluppò una tendenza nota come realismo poetico, caratterizzata da storie di operai disoccupati, criminali e figure ai margini della società che trovano un'occasione di riscatto attraverso amori intensi, ma destinati a finire in una sconfitta definitiva. Il realismo poetico raggiunse il suo apice a metà degli anni Trenta con registi come Julien Duvivier, Marcel Carné e Jean Renoir. In particolare, con La grande illusione (1937), Renoir espresse una posizione pacifista, suggerendo che i legami di classe possono essere più significativi della fedeltà nazionale, proprio mentre il conflitto con la Germania sembrava sempre più imminente. IL FRONTE POPOLARE Il breve periodo del Fronte Popolare influenzò notevolmente il cinema francese. Nel 1936, il Fronte Popolare formò il gruppo Ciné-Liberté, composto da membri come Jean Renoir, Marc Allégret, Jacques Feyder e Germaine Dulac, con l'intento di produrre film e pubblicare una rivista. Ciné-Liberté realizzò La vie est à nous ((La vita ci appartiene, 1936), un film di propaganda per le elezioni imminenti. I film durante l'occupazione Durante l'occupazione, la maggior parte dei film erano commedie e melodrammi simili a quelli pre-bellici. I film più rilevanti di questo periodo erano quelli "di prestigio", caratterizzati da produzioni professionali, scenografie imponenti e attori famosi. Questi film trasmettevano un'atmosfera di romantica rassegnazione, mantenendosi distanti dalla realtà contemporanea. IL CINEMA AMERICANO NEL DOPO GUERRA, 1945-1960 Gli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, caratterizzati a livello politico dalla "guerra fredda" tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, fecero registrare sensibili trasformazioni. La concorrenza della televisione spinse gli spettatori ad abbandonare le sale, ma gli Studios resero i film più spettacolari. IL CLIMA DEL DOPOGUERRA Durante gli anni Trenta molti intellettuali di Hollywood avevano manifestato simpatia per il comunismo sovietico. Dopo la guerra, il ferreo anticomunismo della politica americana collocò molti progressisti in una posizione compromettente. La sentenza Paramount Nel 1938 il Ministero della giustizia avviò una causa, "il caso Paramount": il governo accusava le Cinque Grandi (Paramount, Warner Bros, Loew's-MGM, 20th Century-Fox e RKO) e le Tre Piccole (Universal, Columbia e United Artists) di violare le leggi antitrust e di monopolizzare il mercato cinematografico. Nel 1948 la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò le otto società colpevoli di condotta monopolistica e ordinò alle major di rinunciare alle sale. Le sale indipendenti, che fino ad allora si erano dovute accontentare di film a basso costo, ebbero accesso a una gamma molto più vasta di materiale; gli Studios minori, a loro volta, poterono produrre film a budget più alto. Ciononostante, anche dopo le major e le minor continuarono a dominare il mercato e a mietere la maggior parte degli incassi. IL DECLINO DELLO STUDIO SYSTEM HOLLYWOODIANO Nel secondo dopoguerra, l'industria cinematografica americana affrontò sia sfide che opportunità. Nel 1946, i ricavi delle sale furono i più alti della storia, e Hollywood espanse il suo mercato internazionale tramite la Motion Picture Export Association of America (MPEAA), che coordinava le esportazioni e negoziava i prezzi. Per contrastare l'invadenza americana, molti Paesi approvarono leggi protezionistiche che, invece di ridurre l'influenza americana, rafforzarono il dominio di Hollywood, che investiva in film stranieri e aggirava le restrizioni attraverso fondi "congelati". Dopo il 1946, Hollywood vide una diminuzione del mercato interno con il calo degli spettatori e la chiusura di circa quattromila sale. La RKO, una delle Cinque Grandi, passò in mani diverse prima di cessare l'attività nel 1957. Hollywood seppe adattarsi all'era televisiva traendone vantaggio vendendo i diritti dei film e creando serie TV. L'industria passò da quasi cinquecento film negli anni Trenta a meno di centocinquanta all’inizio degli anni Sessanta. Gli incassi continuarono a calare fino al 1963, quando la televisione saturò il mercato americano. Nuovi stili di vita e nuove forme di svago Il declino dello studio system fu influenzato da cambiamenti sociali e culturali. Negli anni Dieci e Venti le sale erano in posti facilmente accessibili, ma dopo la guerra si verificò uno sviluppo dell’edilizia suburbana. Le famiglie, spesso con figli piccoli, difficilmente erano disposte ad affrontare lo spostamento fino al centro. La televisione fu un’altra ragione del calo dei biglietti. Gli spettatori divennero più selettivi e preferirono vedere film "importanti" piuttosto che frequentare regolarmente sale vicine. Per rispondere a queste nuove esigenze, le grandi case di produzione ridussero il numero di film distribuiti e si concentrarono su attrazioni di grande impatto spettacolare. Cambiamenti tecnologici e schermi panoramici Negli anni Cinquanta, per contrastare la crescente concorrenza della televisione, i produttori cinematografici enfatizzarono l'aspetto visivo e il suono dei film. l colore divenne un mezzo chiave per differenziare il cinema dalla televisione. Il Technicolor, un sistema a tripla pellicola, era popolare, ma la pellicola a colori monostriscia della Eastman, introdotta nel 1950, semplificò la produzione a colori, sebbene i colori tendessero a sbiadire nel tempo. Tra il 1952 e il 1955 apparvero numerosi formati panoramici. Il più popolare fu il CinemaScope, introdotto dalla 20th Century Fox, catturava un'inquadratura molto ampia comprimendola in una normale pellicola 35 mm. I registi adottarono tecniche classiche di composizione panoramica, utilizzando illuminazione, messa a fuoco e profondità di campo per guidare lo sguardo dello spettatore. Per competere con l'America, le principali cinematografie straniere svilupparono i propri sistemi panoramici con lenti anamorfiche. Cinema d'essai e drive-in I produttori risposero alla fuga del pubblico concentrandosi su settori specifici della popolazione. Prima la maggioranza delle produzioni era pensata per un pubblico familiare, in seguito I film destinati agli adulti, ai ragazzi e agli adolescenti divennero più frequenti. La Disney puntò soprattutto sui ragazzi, mentre il mercato dei film per adolescenti esplose con generi come musical rock, storie di delinquenza giovanile, fantascienza e horror. Negli anni Sessanta, i film per giovani divennero il target principale di Hollywood. Negli anni Cinquanta alcuni film stranieri provenienti da Paesi in cui le maglie della censura erano meno strette fecero del sesso un'attrazione per i cinema d'essai. Un'altra interessante alternativa erano i drive-in: il proprietario aveva bisogno soltanto di uno schermo, di un altoparlante da due soldi per ogni macchina, di bevande e della biglietteria. Il terreno agricolo costava relativamente poco e il fatto che sorgeva subito fuori città lo rendeva accessibile dalla periferia. La visione offerta dai drive-in era tutt'altro che ottimale: gli altoparlanti nelle auto emettevano un suono di cattiva qualità, spesso la pioggia offuscava l'immagine e il clima costringeva a chiudere durante l'inverno. Sfide alla censura Nel 1952, la Corte Suprema dichiarò che i film erano protetti dalla libertà di espressione del Primo Emendamento, portando alla chiusura di molte commissioni locali di censura e alla riduzione dei film messi al bando. La Motion Picture Association of America (MPAA), incaricata di autoregolamentarsi con il Codice di Produzione, iniziò a incontrare difficoltà nel far rispettare le sue norme. La sentenza Paramount, che mirava a rompere i monopoli delle grandi case di produzione, finì per permettere la diffusione di film non conformi al Codice. Nel 1966 la MPAA sospese l'emissione dei visti. Da quel momento i film che non conformavano ai suoi standard portavano l'etichetta «Consigliati a un pubblico adulto». Questo metodo si rivelò inefficace e fu sostituito da un sistema di classificazione più sistematico. La crescita degli indipendenti Prima del 1948 il possesso delle sale assicurava ai grandi Studios che tutta la loro produzione sarebbe stata distribuita e proiettata. Dopo la sentenza Paramount, ogni film divenne importante. Anche il film più economico doveva risultare in qualche modo attraente. Il pubblico aveva cominciato ad acquistare il biglietto solo se il film era particolare, o costituiva un evento. A livello produttivo ci fu sempre meno differenza tra i film di categoria A e B. Con la riduzione del numero di film prodotti dai grandi Studios, la produzione indipendente acquistò uno spazio maggiore. Nel 1959 circa il 60% della produzione era costituito da film indipendenti; negli anni Sessanta raggiunse la quasi totalità dei film, mentre gli Studios si dedicavano soprattutto a serie televisive. Alcuni prodotti a bassissimo budget offrivano talvolta un profitto più sostanzioso dei colossi degli Studios. Mentre i grandi distributori avviavano la distribuzione di un film in poche sale selezionate, gli indipendenti praticavano uscite a tappeto, facevano pubblicità in televisione, distribuivano film d'estate e resero i drive- in locali di prima visione. Negli anni Trenta e Quaranta gli Studios mettevano sotto contratto gli attori per sette anni, durante i quali essi potevano essere chiamati a recitare diversi ruoli indipendentemente dalla loro volontà. Allo stesso modo, i registi erano spesso in disaccordo con gli Studios per la mancanza di libertà e il ridotto margine creativo. Lew Wasserman, noto per rappresentare attori come Bette Davis e Errol Flynn, introdusse un nuovo modello che includeva percentuali sugli incassi, consentendo agli attori di avere un maggiore controllo sulle loro carriere. Wasserman lavorò anche per Alfred Hitchcock, facendolo passare dalla Warner Bros alla Paramount per una consistente cifra. Wasserman concesse alla Universal il sessanta per cento degli incassi in cambio del finanziamento di Psycho (1960). Lo strepitoso successo del film fece Hitchcock il regista più ricco di Hollywood; egli fu fedele al suo produttore-distributore, la Universal, per il resto della sua carriera. IL CINEMA CLASSICO HOLLYWOODIANO: UNA TRADIZIONE CHE CONTINUA Nel secondo dopoguerra, nonostante la base industriale di Hollywood iniziasse a crollare, lo stile classico rimaneva dominante. Emersero innovazioni stilistiche come la soggettività e la costruzione narrativa complessa, con l'uso di flashback e strutture investigative intricate. Queste innovazioni non compromettevano la narrazione classica basata su una catena di cause ed effetti centrata su un protagonista. L’uso di long takes e immagini composte in profondità si intensificò: si potevano girare scene in un'unica inquadratura (piano sequenza) con movimenti fluidi facilitati dai nuovi dolly crabs. L’integrazione di intere canzoni nelle scene d'azione praticamente di tutti i generi divenne una caratteristica del cinema americano degli anni Sessanta. La nobilitazione dei generi Nel tentativo di rivitalizzare il cinema, le case di produzione puntarono a differenziare ogni film attraverso l'uso di star famose, scenografie sfarzose, costumi eleganti, colore e schermo panoramico. Western: I western iniziarono a incorporare tensioni psicologiche e sociali, esplorando temi liberali, patriarcali, giovanilisti e psicopatici. Melodramma: Douglas Sirk rinnovò il genere con storie di uomini psicologicamente impotenti e donne coraggiose, superando le psicologie superficiali e i finali forzatamente lieti. Musical: I musical si modernizzarono con storie "dietro le quinte", produzioni "folk", adattamenti di Broadway e sceneggiature originali. Gene Kelly, con "Cantando sotto la pioggia" (1952), rappresentò il miglior esempio del genere, satirizzando Hollywood durante la transizione verso il sonoro. Il rock'n roll portò un nuovo dinamismo al musical. Film storici ed epici: La ricerca di effetti spettacolari portò alla ribalta il genere spettacolo biblico, caratterizzato da folle oceaniche, battaglie colossali e set grandiosi, ideali per lo schermo panoramico. Generi in ascesa: Fantascienza, horror e spio