Psicologia Clinica PDF
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Università di Roma "La Sapienza"
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These notes discuss the difference between normality and pathology in psychology, including the concept of distress and disability. Topics explored include the Rosenhan study, definitions of mental disorders, and the history and limitations of treatment. A framework of paradigms in clinical psychology is also introduced. The notes conclude with an analysis of the treatment of a patient under forced treatment.
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Psicologia Clinica 06/02/2023 Normalità vs Patologia Che vuol dire essere “normali”? La patologia viene descritta in termini di deviazione dalla norma (in ter...
Psicologia Clinica 06/02/2023 Normalità vs Patologia Che vuol dire essere “normali”? La patologia viene descritta in termini di deviazione dalla norma (in termini statistici). Distribuzione normale: curva a campana dove abbiamo al centro la maggioranza delle persone (tutto ciò che si discosta da questa curva è deviazione) Qual è il confine tra - normalità → psicologia - patologia → psicologia clinica, psicopatologia, psichiatria Benessere=assenza di patologia =normalità? Normale, anormale, patologico Per esempio a livello fisiologico, abbiamo un: - battito cardiaco normale - battito cardiaco anormale (transitorio) - battito cardiaco patologico Anormale significa che devia dalla normalità ma non corrisponde a patologico (malattia) → dipende dai contesti culturali Il fatto di discostarsi dalla norma può valere in certi contesti culturali e si in altri. The Rosenhan Study Ipotesi: chiunque può essere considerato matto in qualsiasi contesto; voleva dimostrare che negli ospedali psichiatrici è impossibile distinguere i malati dai sani proprio per la condizioni in cui si viveva 2 fasi: 1. 8 pseudo pazienti (collaboratori) simularono allucinazioni uditive e furono ricoverati in 12 ospedali psichiatrici di 5 stati (USA). Dopo una media di 19 giorni di ricovero (nonostante la scomparsa dei sintomi), a 7 fu diagnosticata una schizofrenia e tutti furono costretti ad ammettere di avere una malattia psichiatrica e a assumere antipsicotici come condizione per il rilascio 2. uno di questi ospedali sfidò Rosenhan a inviare alla struttura alcuni pseudo-pazienti. Nelle settimane seguenti, su 193 nuovi pazienti, gli operatori identificarono 41 pseudopazienti potenziali. In realtà, Rosenhan non aveva mandato all’ospedale nessuno pseudopaziente Insegnamento → non è possibile distinguere i sani dai pazzi negli ospedali psichiatrici ad oggi non è più possibile rinchiudere qualcuno contro la sua volontà; Definizione di disturbo mentale Secondo il DSM-5 revised (Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali) richiede che per avere una diagnosi di disturbo mentale(la definizione di disturbo mentale racchiude un certo numero di caratteristiche essenziali): il disturbo è proprio dell’individuo esso causa stress e disabilità non è una reazione culturalmente attesa a un evento non è primariamente il risultato di una devianza sociale o conflitto con la società Nessuno di questi elementi da solo forma un disturbo mentale 1 Distress emozionale (o disagio) - presenza di emozioni negative come angoscia, paura, tristezza, con frequenza e intensità elevate=> il disturbo provoca una percezione significativa PER ME, lo stabilisco io Danno/disabilità - => compromissione di almeno una delle aree importanti di funzionamento Riduzione della libertà: 1. di pensiero (es. disturbo ossessivo) → ho pensieri che non vorrei avere 2. di movimento (es. attacchi di panico) → chiudersi in casa 3. di motivazione (es. depressione) → non provare più piacere al pensiero di fare azioni che fino ad ora mi hanno portato piacere 4. di rapporto con gli altri (es. disturbo paranoide di personalità) → ho pensieri paranoici rispetto all’altro 5. di progetto di sé (es. psicosi) → non riesco ad avere una “progettualità” nella mia vita, obiettivi ecc.. Disfunzione 1. Biologica 2. Psicologica: - dei processi cognitivi (pensiero, percezione, attenzione, memoria) - dei processi affettivi - del comportamento 3. Socio-relazionale Normalità e sviluppo Oltre al contesto dobbiamo valutare lo sviluppo normalità come esito del compimento di tappe maturative cosa è “normale” varia in funzione dell’età e della fase evolutiva Anormalità può essere intesa come: - devianza ovvero mancato conformismo alle norme sociali tipiche di una data cultura in un dato momento storico - pericolosità - irrazionalità La devianza o violazione delle norme e delle convenzioni sociali della cultura di appartenenza Normale statistica: normalità come conformità alle norme sociali anticonformismo: originalità, innovazione come fondamento per il cambiamento e la crescita Problemi nel concetto di violazione delle norme e delle convenzioni della cultura di appartenenza Usi, costumi e regole di comportamento variano in culture ed epoche diverse(bisogna considerare il contesto culturale per una diagnosi): normalità e patologia del fumo alcune forme di suicidio e di omicidio (suicidio d’onore in Giappone, terroristi islamici suicidi, omicidio d’onore) i comportamenti sessuali (es. libertà sessuale del ‘68, omosessualità) Problemi relativi al concetto di “patologia” 2 Attribuire un etichetta a qualcuno di malato mentale ha delle conseguenze: - associazione dell’etichetta con qualità indesiderate Salute non più assenza di patologia, ma anche avere qualcosa di positivo - positive psichology con Seligman TSO L'ospedale psichiatrico attuale - Figura di Franco Basaglia: fu direttore dell’ospedale psichiatrico di Gorizia dove vigeva la massima segregazione dei malati mentali (contenzione, camicia di forza, elettroshock) → “un malato entra nel manicomio come una persona per diventare una cosa” L'antipsichiatria: movimento determinante a superare i manicomi mediante una serie di azioni di protesta Chiude i manicomi perché sono luoghi che disumanizzano le persone La legge 180 (1978): chiude i manicomi e regolamento il trattamento sanitario obbligatorio Oggi c’è attuale SPDC (servizio psichiatrico di Diagnosi e Cura) → limite: le persone non possono rimanere ricoverate per sempre, ma solo per un periodo limitato di tempo TSO (TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO) → casi in cui la persona è in pericolo di vita La legge stabilisce che si può attuare il TSO a sole 2 condizioni: 1. la persona necessita cure urgenti(secondo i sanitari che l’hanno visitata) e le rifiuta (pericolo di vita) 2. la persona appare pericolosa per sé e per gli altri (rappresenta un pericolo per la vita altrui); manifesta minaccia di suicidio, minaccia o compiacimento di lesione a cose e persone, rifiuto di comunicare con conseguente isolamento, rifiuto di terapia, rifiuto di acqua e cibo Il sindaco del comune di residenza firma il TSO, lo fa in presenza di certificato medico che testimonia che il soggetto rifiuta le cure e non si possono adottare altre misure per la sua protezione. Il sindaco emana l’ordinanza solo in presenza di certificazioni mediche che attestino che: 1. la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici 2. gli interventi proposti vengono rifiutati 3. non è possibile adottare tempestive misure extra-ospedaliere Sono necessari diversi step prima di continuare con il ricovero, ci sono alcuni elementi di tutela il sindaco ha poi l’obbligo di inviare l’ordinanza di TSO al giudice tutelare per la convalida e il giudice convalida il provvedimento entro le 48 ore successive al ricovero (legge 180, art. 3 comma secondo) qualora manchi la convalida, il TSO decade automaticamente. Il Giudice Tutelare può però anche non convalidare il provvedimento annullandolo quasi mai l’ordinanza del TSO risulta firmata dal sindaco; di solito vi è un ufficio preposto allo svolgimento della procedura del TSO e un assessore delegato che si limita a firmare l’ordinanza. Il TSO ha durata di 7 giorni Il TSO deve essere fatto esclusivamente per il bene del paziente. Qualora il trattamento venga prolungato, prima della scadenza dei 7 giorni deve essere comunicata al Sindaco una richiesta motivata di prolungamento. Entro 48 ore dal ricevimento della richiesta verrà firmata a nome del sindaco o del suo delegato l’ordinanza di prolungamento, provvedendo a notificarla al Giudice Tutelare nelle 48 ore successive. Il Giudice a questo punto convaliderà o meno il provvedimento e lo comunicherà al sindaco. Nel caso di proroga il paziente deve richiedere la notifica per evitare di rimanere chiuso in reparto, risultando ora un ricovero volontario. Una volta venuto meno il TSO per scadenza dei termini la persona può chiedere di essere dimessa in ogni momento e tale richiesta deve essere esaudita (comune violazioni della procedura: trattamento sanitario volontario). 3 Dopo questi 7 giorni si può prolungare il TSO per altri 7 giorni. Quindi il massimo con cui una persona può essere messa in TSO contro la sua volontà sono 14 giorni. Per il prolungamento si deve avvertire il paziente → la maggior parte di loro accetta; ma se la persona se ne vuole andare non può essere trattenuto (a volte essendo il paziente non capace di prendere decisioni, violando la legge, non si avvisa il paziente) Generalmente nel TSO avviene una terapia farmacologica. Legge Basaglia: - se una persona vuole stare dentro perché non ho un posto per andare, non posso comunque rimanere I PARADIGMI Il quadro teorico di riferimento ovvero l’insieme: degli assunti delle teorie di riferimento dei metodi di studio che costituiscono quello che Kuhn (1962) chiama paradigma I paradigmi propri della psicologia clinica - paradigma psicodinamico - paradigma comportamentista e le attuali terapie comportamentali - paradigma cognitivista - paradigma sistemico-familiare e socio-culturale - paradigma umanistico-esistenziale Il paradigma comportamentista visione dell’uomo: meccanicistica visione della mente: mente=black box che non può essere conosciuta né studiata. Si può conoscere solo ciò che è osservabile: il comportamento approccio empirista: l’uomo è una tabula rasa su cui l’esperienza traccia ogni caratteristica normale o patologica (apprendimento) Condizionamento classico Secondo cui uno stimolo incondizionato (che elicita la risposta desiderata senza bisogno di condizionamento) →Ivan Pavlov (1904: Premio Nobel per la Medicina per le sue scoperte sul riflesso condizionato) - cibo incondizionato - campanella: stimolo condizionato Il condizionamento classico è alla base della maggior parte dei disturbi d’ansia. Paura dei cani: associo l’aggressione avvenuta in passato ad uno stimolo neutro (cane); stesso esempio con vicolo buio-aggressione sessuale. Questa associazione facilità l’apparizione delle fobie; Il piccolo Albert di John Broadus Watson (1878-1958) Associazione coniglio (stimolo neutro) a un suono terribile che scatena il pianto - coniglio quindi viene associato a qualcosa che provoca pianto 4 - piccolo albert generalizza a tutto ciò che è bianco e morbido (reagisco allo stesso modo a tutto ciò che assomiglia allo stimolo iniziale) Condizionamento operante è quello che mantiene la fobia. Condizionamento operante → Skinner In questo caso il soggetto è attivo, opera. Topo preme una leva → riceve cibo (rinforzo positivo) Rinforzo: aumentano la probabilità del comportamento desiderato (che venga messo in atto il comportamento) → es. premo la leva e terminano le scariche elettriche 1. Rinforzo positivo: premia il comportamento 2. Rinforzo negativo: fa evitare e terminare uno stato spiacevole Punizione: diminuisce la probabilità di un comportamento non desiderato → punisco un comportamento se non voglio che si mantenga (può essere positiva o negativa) - punizione positiva → aggiungo qualcosa di spiacevole; - punizione negativa → tolgo qualcosa di piacevole 07/02/2023 Perché nel DSM ci sono le linee guida per la diagnosi e non per i trattamenti? - al momento non abbiamo interventi efficaci per la psicopatologia → noi non sappiamo curare la psicopatologia per sempre, la remissione non è mai completa per i limiti dell’attuale sistema diagnostico che rende difficile trovare trattamenti giusti per i vari disturbi. - il nostro sistema diagnostico non funziona perché si basa su grandi categorie - è impossibile trovare la terapia per i vari elenchi di sintomi → dovremmo smettere di guardare ai disturbi in generale ma iniziare a guardare i sintomi singoli - bisognerebbe trovare la cura guardando i sintomi singoli - Bias diagnostico: basarsi su categorie piuttosto che su dimensioni Già il DSM-5 fa un tentativo di andare in questa direzione, di andare a migliorare il sistema diagnostico. I PARADIGMI Condizionamento operante - contribuisce al mantenimento delle fobie Le persone possono generalizzare →trasferimento della risposta condizionata ad altri stimoli - estinzione → la risposta condizionata decade perchè non rinforzata Ricorda: L’associazione tra stimolo condizionato e incondizionato rimane per sempre; posso creare una nuova associazione che competa con l’altra ma questa nuova associazione non cancella l’altra (fenomeno per spiegare il return of fear). - siamo suscettibili al ritorno della paura - sharing: rinforzo di parti o approssimazione del comportamento desiderato Il rinforzo può essere fisso o intermittente → funziona di più quello intermittente Apprendimento mediante osservazione (Social Learning Theory; A. Bandura) Bobo doll experiment di Bandura → noi apprendiamo per imitazione. Molti apprendimenti si verificano osservando gli altri 5 All’osservazione segue la riproduzione mediante imitazione, in particolare quando il comportamento è motivato, ovvero associato a eventi e conseguenze rilevanti Il modello deve essere osservato con attenzione e interesse Modelli attraenti (appealing), simili all’osservatore e di status più elevato sono maggiormente imitati. Learned Helplessness: il senso di impotenza appreso Concetto di Seligman → fatto una serie di studi dove ha dimostrato se un animale non è in grado di terminare una scarica elettrica (conseguenza negativa del proprio comportamento) La passività e la sensazione di essere incapace di agire e di controllare la propria vita sono acquisite attraverso esperienze negative su cui l’individuo ha cercato invano di esercitare il proprio controllo e che hanno provocato un senso di impotenza che infine potrà sfociare nella depressione. La rinuncia consegue all’esperienza di inutilità dell’azione. Nasce da studi di Solomon sul transfert tra condizionamenti associativi e operanti. Dopo una prova di associazione fra suono e shock, un paradigma di avoidance rendeva i cani passivi quando lo shock era inevitabile. Seligman e Steven Maier paragonarono 3 condizioni precedenti la prova di avoidance con n = 8 cani: 3 condizioni: 1. shock evitabile 2. shock inevitbile 3. assente Anche se viene data loro la risposta di scappare → i cani acquistano sintomi simil depressivi S. ha proposto questo modello per la depressione maggiore ma c’è una differenza : - questi cani non erano responsabili del proprio destino; le persone con depressione si sentono cause del proprio destino - eventi impredicibili e incontrollabili - impotenza appresa: percepita indipendenza tra le proprie azioni e le loro conseguenze. Seligman comprese che, contrariamente ai dogmi del condizionamento operante, non si apprendono solo risposte motorie, ma anche le motivazioni intese come disposizioni all’azione. Seligman notò anche che vi erano somiglianze fra le manifestazioni del senso d’impotenza osservate negli animali da laboratorio e alcuni sintomi umani della depressione (passività e rassegnazione) associati a condizioni di svantaggio sociale. “Qual è la conseguenza psicologica della povertà? Credo che tra i suoi effetti la povertà sia in grado di indurre frequenti e intense esperienze di incontrollabilità; la quale produce impotenza, che a sua volta causa depressione, passività e rassegnazione; cosi spesso associate alla povertà” (M. E. Seligman 1975) Esempi di tecniche di intervento derivanti dal paradigma comportamentista 1. Token economy →ogni volta che metto in atto un comportamento desiderato ricevo un token associato ad un premio 2. Esposizione 3. Desensibilizzazione 6 Rivoluzione cognitivista critica al comportamentismo studio dei processi cognitivi normali →attenzione, percezione, memoria riporta all’interesse i processi cognitivi → questo si riflette nelle terapie (cognitivo-comportamentale) In ambito clinico Beck e Ellis Beck: - sviluppa terapia cognitiva per la cura della depressione maggiore - non sono tanto gli eventi a generare i sintomi quanto la nostra interpretazione di questi eventi (uno stesso evento può essere interpretato in modi diversi e provocare reazioni e comportamenti diversi) - sono i pensieri che generano la sofferenza - focus sugli elementi cognitivi (es. pensieri automatici) che sorreggono la visione negativa di noi stessi - terapia della depressione: ristrutturazione della triade cognitiva negativa Ellis: - focus su capacità di fronteggiare l’evento - focus sulle conseguenze dell’evento temuto (es. difficoltà a fronteggiare gli scenari negativi) - terapia razionale-emotiva La triade cognitiva negativa di Beck Concetto chiave: triade negativa della depressione 1. visione negativa di sé stessi: le persone affette da depressione si vedono come deboli e inutili 2. visione negativa del Mondo: si sentono socialmente sconfitti e non si percepiscono all’altezza delle esigenze proprie e altrui e, per questo, disprezzati dagli altri 3. visione negativa del Futuro: pensano che questa situazione non possa essere modificata, sarà così per sempre → alla base della patologia depressiva Non è l’evento, ma la nostra interpretazione. Tecniche di Intervento Se il disagio deriva dai pensieri e dalla credenze: 1. ristrutturazione cognitiva 2. analisi dei pensieri automatici negativi e sostituzione con pensieri positivi 3. messa in discussione delle credenze irrazionali Il razionale delle Terapia Cognitivo-Comportamentale sottolinea l’importanza delle distorsioni cognitive e della rappresentazione soggettiva della realtà nell’ordine e nel mantenimento dei disturbi emotivi e comportamentali non sarebbero gli eventi a creare e mantenere i problemi psicologici, emotivi e di comportamento, ma questi verrebbero piuttosto largamente influenzati dalle strutture e costruzioni cognitive dell’ individuo 7 schemi negativi →si sviluppano nel tempo ABC (Ellis, 1962) - tipico intervento nella terapia cognitiva; si fa o tramite terapia o tramite diari Quando si è individuato il problema, si comincia a esplicitare il modello ABC: - A→ antecedente: stimolo di partenza che può essere un evento, un comportamento, un emozione; è il fattore scatenante del mio pensiero; è lo stimolo di partenza, ossia la situazione problematica (guidare la macchina, paura, pensiero ossessivo, uno stato d’animo, un’emozione ecc..). Preferibilmente ci si riferisce a situazioni concrete e disfunzionali. - B(Beliefs) →pensiero di solito automatico scatenato dall’evento; le convinzioni usate per valutare negativamente gli antecedenti - C → conseguenze: emozioni, comportamenti, azioni A questo segue la disputa Sia nella fase di accertamento del problema, sia nella fase del lavoro terapeutico vero e proprio (disputa e ristrutturazione). aiuta il paziente a comprendere i suoi meccanismi cognitivi di valutazione degli eventi Questo modello però ha dei limiti Antecedents Beliefs Consequences Antecedenti Pensieri Emozioni e comportamenti Mio marito non mi ha salutato Si vede che non mi apprezza Triste; Evito, gli rispondo male,agisco con risentimento ecc.. 8 La terza onda della CBT Maggiormente focalizzata sulla relazione della persona con i propri pensieri/emozioni piuttosto che sul controllo di questi ultimi Include, fra gli altri, i seguenti approcci: Schema Therapy, Mindfulness- Based Cognitive Therapy, Compassion-Focused Therapy, Dialectical Behaviour Therapy, Metacognitive Therapy, Acceptance and Commitment Therapy, ecc. E si basa su: 1. accettazione 2. mindfulness 3. compassione 4. metacognizione - si concentra sulla relazione con il pensiero(=come mi fa sentire) non sul contenuto del pensiero Si agisce più su tecniche legata su accettazione, compassione, metacognizione. La prospettiva sistemico-familiare La psicopatologia nasce entro sistemi familiari organizzati e complessi I sistemi familiari tendono a mantenere lo status quo del loro funzionamento (omeostasi) La psicopatologia non è altro che un segnale del malfunzionamento del sistema familiare. - si basa sul concetto che trattare l’individuo è riduttivo ma la sintomatologia nascono da problemi all’interno del contesto familiare Tipi di organizzazioni famigliari disfunzionali 1. famiglia invischiate: i conflitti tra i membri della famiglia non sono chiari ma confusi 2. famiglie disimpegnate: le relazioni fra i membri della famiglia sono fredde, distaccate e distanti. La terapia quindi prende in considerazione il contesto. Tecniche di intervento Terapia strutturale della famiglia: esame dei ruoli svolti dai membri della famiglia e dei confini (invischiamento-distacco). Terapia strategica della famiglia: uso di tecniche come la provocazione e la prescrizione del sintomo. Il paradigma umanistico-esistenziale di Rogers - Parte dall’assunto che gli esseri umani sono fondamentalmente sani e sono guidati da una motivazione generale alla base di tutte le altre motivazioni: crescere e sviluppare le proprie potenzialità. - La malattia mentale non è altro che una distorsione del normale processo di crescita e di progresso verso il benessere individuare - Indicato per le persone che hanno bisogno di una crescita personale - Intervento motivazionale e spinta per utilizzare le proprie risorse contro i sintomi Terapia fondata sul cliente Non solo individuare le criticità e i problemi, i rischi, gli ostacoli...ma anche, e soprattutto, valorizzare le risorse (punti di forza) e le opportunità. Focus sul presente piuttosto che sul passato/futuro. Vengono incoraggiate la fiducia, la riconsiderazione immediata di pensieri e sentimenti positivi, il riconoscimento della libertà e responsabilità personale, l’impegno e il contributo alla vita delle altre persone. - si potenziano le risorse per combattere il negativo Integrazione fra paradigmi Tutte le forme di psicopatologia nascono da 2 elementi in interazione tra loro: diatesi e stress Il paradigma diatesi-stress costituisce una fornisce che permette di: 1. integrare la maggior parte dei paradigmi differenti fin qui esaminati; 2. spiegare, oltre che descrivere, l’insorgenza delle condizioni di disagio psicopatologico; 3. integrare i risultati della maggior parte della ricerca clinica condotta finora sull’eziologia dei disturbi mentali. 9 Eziopatogenesi: diatesi Un disturbo insorge quando esistono nella persona o nel suo ambiente un insieme di fattori di rischio o di vulnerabilità, ovvero fattori in grado di aumentare la probabilità di sviluppare. un disturbo. fattore di rischio=> elemento presente prima dell’insorgenza del disturbo che si associa ad una maggiore probabilità di sviluppare quel disturbo (es. Kraemer et al., 2001) per fare ciò sono necessari studi longitudinali o sperimentali Eziopatogenesi: diatesi Si distinguono: 1. fattori di rischio generali o trasversali o transdiagnostici → aumentano la probabilità di presentare una qualche forma di disagio mentale 2. fattori di rischio specifici → aumentano specificamente la probabilità di presentare uno specifico disturbo fattore di rischio → aumenta la probabilità di aumentare un disturbo. Si studia tramite o studi longitudinali (è ideale) o studi trasversali tramite lo studio di due gruppi Fattore di rischio causale Manipolazione sperimentale → fattore di rischio causale (se viene modificato si modifica l’outcome) - possiamo dire che un dato fattore è la causa della psicopatologia → verificabile solo tramite studi sperimentale:manipolo il fattore di rischio e si vede se si sviluppa la psicopatologia Fattori di rischio A e B Possono essere: 1. indipendenti: se uno non precede l’altro, non sono correlati fra loro e sono co-dominanti (es. essere di sesso femminile e afro- americani sono fattori di rischio indipendenti per le malattie cardiovascolari). 2. A è un fattore di rischio prossimale di B per l’outcome: se uno precede l’altro, sono correlati fra loro e A domina su B (es. l’abuso da parte di un genitore è proxy di uno stile genitoriale inadeguato nel prevedere il rischio di sviluppare ADHD). →PARADIGMA DIATESI-STRESS → nessuno dei due da solo è sufficiente per determinare il disturbo Eziopatogenesi: Stress - per stress si intende l’ambiente →scatena l’insorgenza del disturbo Fattori precipitanti si associano all’esordio 10 meccanismi di scompenso Esempi: eventi di vita stressanti; eventi specifici; traumi Diatesi stress → entrambi necessari per lo sviluppo di un disturbo Es. di diatesi di natura neurobiologica: anossia alla nascita, malnutrizione, infezioni virali nella madre, fumo durante la gravidanza →alterazioni a livello cerebrale che predispongono allo sviluppo della psicopatologia MA non è detto che questa si sviluppi sono necessari molteplici fattori di «stress» Es.: cronici come la povertà o acuti come il divorzio o la perdita del lavoro. Epigenetica - mostra come una vulnerabilità genetica non determini il destino di una persona → quindi l’ambiente può invertire questo rischio Dal greco “al di sopra/al di fuori del gene” → Studia i cambiamenti stabili ed ereditabili ma reversibili nell’espressione dei geni senza cambiamenti nella sequenza originale del DNA. Metodo cross-fostering - un fattore ambientale (cure materne) è responsabile dell’espressione di uno specifico gene e questo cambiamento si trasmette da una generazione all’altra → implicazioni per lo sviluppo dei disturbi mentali - si è visto tramite studi su topi con vari indicatori → i topi che non erano geneticamente bravi madri ma venivano accuditi da brave madri diventavano in futuro brave madri Eziopatogenesi: fattori di protezione fattori in presenza di vulnerabilità ci proteggono allo sviluppo di un disturbo; riduce la probabilità di sviluppare un disturbo in presenza di vulnerabilità sono fattori che devono essere presenti contemporaneamente ai fattori di rischio e ne attenuano l’impatto sono necessari studi longitudinali o sperimentali che dimostrino che in presenza dei fattori di protezione il rischio di sviluppare un disturbo è minore. poco studiati rari gli studi longitudinali e quelli sperimentali Riducono anche l’impatto del fattore di rischio. Moderatore variabile qualitativa o quantitativa che influenza la forza della relazione fra predittore e outcome Es: il genere modera l’effetto della pubertà precoce sul rischio di sviluppare il disturbo da attacco di panico Mediatore variabile in assenza della quale la relazione tra due variabili non esiste; è una variabile che spiega in che modo il predittore influenza l’outcome Es: l’essere sieropositivo all’HIV è mediatore della relazione fra sesso non protetto e AIDS 11 13/02/2023 LA DIAGNOSI MEDIANTE IL DSM-5 2 principali sistemi per fare diagnosi: 1) DSM (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) sviluppato dall’American Psychiatric Association(APA) → oggi versione 5 aggiornata 2) ICD (classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati) → sviluppata dalla world Health Organization (WHO) → oggi versione 11 Ad oggi sono quasi simili se non per alcune differenze. DSM: breve storia ➔ Impulso iniziale statistico → DSM nasce come censimento delle malattie mentali (sapere la prevalenza delle malattie mentali in USA) ➔ censimento del 1840: frequenza di “idiocy/insanity” nella popolazione ➔ si cerca anche di andare a classificare i disturbi sempre come un censimento ➔ censimento del 1880: per la prima volta si distinguono più classi di disturbo: mania, melancholia, monomania, paresis, dimentia, dipsomania e epilepsy ➔ censimento 1917 e successivi: si inizia ad utilizzare in modo diagnostico →tentativo di avere una classificazione della malattia mentale utile anche a scopo clinico-diagnostico ➔ dopo la seconda guerra mondiale → la World Health Organization (WHO) pubblica l’ICD-6 che, per la prima volta include una sezione per i disturbi mentali: 10 categorie per le “psicosi”e 7 per i “disturbi del carattere, del comportamento e dell’intelligenza”. ➔ 1952: La American Psychiatric Association sviluppa una variante dell’ICD-6 per i disturbi mentali, pubblicando la prima versione del Diagnostic and Statistical Manual: Mental Disorders (DSM-I) →abbiamo un’informazione di tipo eziologico: quali sono i fattori che contribuiscono allo sviluppo delle malattie?. Es. fattori psicosociali →Il DSM-I include, oltre ad un’ampia classificazione diagnostica, anche una forte opzione eziologica: sulla scorta dell’influenza della visione psicobiologica della psicopatologia di Adolf Meyer, il manuale spiega i disturbi come reazioni della personalità alle influenze di fattori psicologici, sociali e biologici. ➔ successivamente, dalla versione DSM 3 l’opzione eziologica scompare DSM 4 e DS4-TR in vigore fino al 2013 ➔ 1994 → pubblicazione del DSM-IV che ha comportato profondi cambiamenti rispetto alle versioni precedenti: alcune categorie diagnostiche sono eliminate, altre vengono aggiunte o riorganizzate, i criteri vengono modificati, si fa uno sforzo per coordinare la classificazione DSM con quella ICD. ➔ Il DSM-IV è il risultato della collaborazione e del lavoro di una vasta Task Force, che ha incluso più di 1000 professionisti nonché organizzazioni professionali, nell’esame di una vasta letteratura clinica e scientifica al fine di apportare cambiamenti che avessero una solida base empirica. Come si crea un DSM? cosa comporta? - abbiamo più di 1000 professionisti che si riuniscono e tengono conto anche della letteratura scientifica - quindi anche le modifiche delle versioni tengono conto della letteratura scientifica, dell’ampliamento delle conoscenze Prima era un sistema multiassiale – oggi è stato abbandonato Fino al DSM-4 c’era questo sistema multiassiale 12 Valutazione multiassiale attraverso il DSM 4-TR Il DSM-4-TR è un sistema multiassiale di classificazione del disturbo mentale e in quanto tale comporta la valutazione su diversi assi, che si riferiscono a un diverso campo di informazioni. La classificazione multiassiale comprende 5 assi: 1. Asse 1: disturbi clinici e altre condizioni d’attenzione clinica 2. Asse 2: disturbi di personalità e ritardo mentale 3. Asse 3: condizioni mediche generali 4. Asse 4: problemi psicosociali ed ambientali 5. Asse 5: valutazione globale del funzionamento Asse I e Asse 2 L’Asse 1 comprende i disturbi sintomatici; l’Asse 2 i disturbi di personalità - comprende tutti i disturbi sintomatici, tutti i disturbi che non sono i disturbi di personalità (che si trovano nell’Asse 2) → i disturbi di personalità sono caratteristiche di personalità divenute così estreme e rigide da causare disagio significativo Se un individuo presenta più di un disturbo (es. più disturbi di Asse 1 oppure più disturbi di Asse 2 oppure disturbi su entrambi gli assi) si riportano tutti specificando la diagnosi principale. Regole empiriche per la distinzione fra disturbi di Asse 1 e Asse 2 1. dal momento che la personalità è un caratteristica stabile delle persone, i disturbi di personalità (DP) tendono ad essere stabilmente presenti e a cronicizzarsi ed accentuarsi nel tempo 2. i DP tendono ad avere effetti pervasivi nella vita delle persone, mentre i disturbi sintomatici tendono a riguardare specifiche aree di funzionamento 3. i DP tendono ad essere ego-sintomici al contrario dei disturbi sintomatici che sono tipicamente ego-distonici e si accompagnano a disagio rilevante per la persona Un disturbo di personalità è costante nel tempo(la persona è sempre stata così), presenti in modo stabile della vita della persona, sono pervasivi → è egosintonico(=in sintonia con il mio ego). I disturbi di questo disturbo mi causano sofferenza ma non la percepisco come un sintomo che va curato (si presentano in terapia per le cause non per i sintomi) I disturbi sintomatici compaiono in un certo periodo → disturbo egodistonico (il sintomo come qualcosa che mi arriva ma non è in linea con quello che sono io, con la mia identità. Asse 3 indicati tutti i disturbi che comprendono le condizioni mediche generali in atto potenzialmente rilevanti per la compromissione o il trattamento del disturbo mentale dell’individuo; è una patologia medica che può spiegare un disturbo psichiatrico → queste condizioni sono classificate secondo i criteri e i codici ICD se un disturbo mentale è la conseguenza diretta di una condizione medica generale, sull’Asse 1 va indicato Disturbo mentale dovuto a una condizione medica e la condizione medica dovrebbe essere registrata sia sull’Asse 1 che sull’Asse 3 se la relazione etiologica non è così definita, si codifica sull’Asse I il disturbo mentale e sull’Asse 3 la condizione medica generale Tutte queste distinzioni non si trovano più nel DSM attuale. Asse 4 Si riportano i problemi psicosociali e ambientali che possono influenzare la diagnosi, il trattamento e la prognosi dei disturbi mentali e medici (Asse 1 e Asse 3) → essi comprendono: problemi con il gruppo dei pari, problemi lavorativi ecc.. Se un individuo presenta problemi psicosociali e ambientali multipli, il clinico può annotare tutti quelli che ritiene rilevanti. Quando un problema psicosociale o ambientale è al centro dell’attenzione clinica va registrato sull’Asse I, nell’ambito della sezione “Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica”. Asse 5 si riporta il giudizio del clinico sul livello di funzionamento globale c’era una valutazione globale del funzionamento della persona (quanto la persona è in grado di funzionare bene nella vita quotidiana) 13 Il funzionamento globale viene riportato sull’asse V tramite la scala per la Valutazione Globale del Funzionamento (VGF) → Il punteggio della VGF va da 1 a 100 (1 = funzionamento globale estremamente compromesso; 100 = FG eccellente) e va riportato sull’Asse V, seguita dal periodo di tempo a cui si riferisce. La scala VGF è divisa in dieci ambiti di funzionamento. Il clinico è chiamato a fare una valutazione scegliendo il valore che meglio riflette il livello di funzionamento globale (i.e., psicologico, sociale e lavorativo) dell’individuo. Dsm 5 - abbiamo una serie di incontri tecnici che partono dal 1999 (uscito nel 2013) La prima bozza di manuale diagnostico viene sottoposta a test empirico → si verifica l'affidabilità del nuovo strumento, confrontandola con i vecchi strumenti. Cambiamenti introdotti nel DSM 5 →organizzazione delle diagnosi: - le versioni precedenti raggruppavano le diagnosi per somiglianza fra i sintomi - nel DSM 5 si è tenuto in considerazione la letteratura scientifica → Le classi diagnostiche del DSM-5 sono state riorganizzate in modo da riflettere le conoscenze acquisite nel tempo riguardo fattori di rischio- fattori etiologici condivisi e alti tassi di comorbilità. Es: DOC →da gruppo diagnostico compreso fra i disturbi d’ansia diventa una classe più generale a sé che include l’hoarding compulsivo, dismorfismo corporeo, la tricotillomania, lo skin-picking disorder. - sono state inserite nuove diagnosi (es. sindrome pre-mestruale) - diagnosi differenti unite in un’unica diagnosi → es. abuso di sostanze e dipendenza da sostanze - criteri più chiari - è stata migliorata la corrispondenza con l’ICD-11 → non esiste più il sistema multiassiale ( da sistema multiassiale a sistema non assiale) 14 →è stata inserita la possibilità di fare una diagnosi dimensionale (lungo un continuum) non categoriale Il DSM-4-TR è una classificazione categoriale a tutti gli effetti: Se è soddisfatto un numero minimo di criteri →il disturbo viene diagnosticato, altrimenti no la letteratura relativa a quale sia la frequenza minima di sintomi per riconoscere un disturbo o se i cui-off stabiliti sono appropriati è scarsa Il DSM-5 mantiene l’approccio categoriale viene aggiunta, per ogni categoria, una valutazione dimensionale della gravità eliminata la categoria NOS (“non altrimenti specificato”) ma include le categorie Other Specified [Disorder] e Unspecified [Disorder] →il clinico può specificare le ragioni per cui la forma di disagio presente non rientra in una categorie diagnostica specifica si è inserita nel settore 3(capitolo con condizioni degne di maggiore attenzione e maggiori studi per farle entrare nella sezione 2, quindi dove stanno le diagnosi) Impatto della cultura Nel DSM-5 sono stati fatti sforzi per aggiornare i criteri in modo da riflettere le differenze cross-culturali nel concetto di sofferenza. →Es. il pianto incontrollato può essere il sintomo principale del disturbo da attacchi di panico all’interno di una cultura, mentre le difficoltà respiratorie lo sono all’interno di un’altra. In Appendice i sintomi sono descritti attraverso i concetti di sindrome culturale (es. paura di offendere qualcuno in Giappone per il Disturbo di Ansia Sociale), idiomi culturali (parole usate) e spiegazioni culturali relative alla sofferenza psichica. Incorporare gli elementi socio-culturali → per fare diagnosi dobbiamo escludere che il sintomo faccia parte della cultura di riferimento Sezioni del DSM-5 : 1. introduzione 2. parte per la diagnosi 3. parte che deve essere approfondita meglio, degna di maggiore attenzione e maggiore ricerca scientifica Vantaggi dell’approccio categoriale alla diagnosi - semplicità della concettualizzazione a livello mondiale (è un sistema SI/NO per i sintomi): è più semplice valutare la presenza/assenza di un disturbo trascurando l’eventuale presenza di sintomi non compatibili - c’è familiarità: la maggior parte dei clinici ha, ormai, notevole familiarità con il sistema diagnostico categoriale condiviso dalla maggior parte dei colleghi medici Limiti dell’approccio categoriale - Troppe categorie diagnostiche e troppe condizioni considerate patologiche (vedi Sezione “Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica”) - i disturbi non sono così distinti l’uno dall’altro; difficoltà nel distinguere classi teoricamente diverse: Il DSM è una classificazione categoriale che suddivide i disturbi mentali sulla base di insiemi di criteri con caratteristiche descrittive → non vi sono, però, conferme che ogni categoria di disturbo sia un’entità totalmente distinta né è chiaro quale sia il confine fra comportamento normale e patologico - tutte le persone hanno lungo un continuum di sintomi che cambiano nel tempo - all’interno dello stesso disturbo abbiamo ogni possibile costellazione. Es depressione: i sintomi sono tutto e il suo contrario. - difficoltà a casellare le persone all’interno delle varie categorie (elenco di sintomi che corrisponde a una categoria) → disomogeneità dei quadri sindromici inclusi entro una stessa classe: data l’eterogeneità delle presentazioni cliniche, il DSM 4 ha dovuto includere insieme di criteri politetici, rispetto ai quali è necessario per un individuo solo un sottogruppo di una lista più lunga Es. episodio maniacale : 3 o più sintomi fra i seguenti: autostima ipertrofica, ridotto bisogno di sonno, eloquio eccessivo, fuga delle idee, distraibilità, aumento di attività finalizzate, eccessivo coinvolgimento in attività ludiche. 15 Altri limiti dell’approccio categoriale La forte comorbilità fra disturbi La difficoltà frequente di identificare chiare manifestazioni sindromiche opposta alla maggiore frequenza delle sindromi “non Altrimenti specificate” La presenza anche in popolazioni non cliniche di comportamenti tipici del disturbo mentale La causalità multipla (fattori predisponenti, precipitanti e perpetuanti di varia natura: biologici, psicologici, sociali) spesso comune a molte sindromi Il relativismo storico-culturale di molti criteri diagnostici e il cambiamento dei criteri diagnostici nel tempo Qual è l’alternativa all’approccio categoria? La psicopatologia secondo un approccio dimensionale L’approccio dimensionale: guardare le dimensioni, quindi un singolo sintomo alla volta che sono presenti da 0 a 100 a ciascuno di noi in diversi livelli. - In un’ottica dimensionale i quadri sintomatologici possono essere descritti attraverso un numero ridotto di dimensioni piuttosto che attraverso un numero elevato di categorie. - Specifici gruppi di sintomi che si manifestano contemporaneamente possono costituire delle sindromi che, a loro volta, possono raggrupparsi entro famiglie di disturbi. - Differenze nelle manifestazioni sintomatologiche fra le persone possono essere descritte a vari livelli (da differenze più specifiche a differenze più generali o astratte) o facendo ricorso a profili. Vantaggi dell’approccio dimensionale risoluzione della maggior parte dei problemi di classificazione precedentemente enunciati spiegazione migliore della varietà delle situazioni cliniche e della presenza di sintomi anche nella popolazione non clinica flessibilità: si possono ottenere gli stessi vantaggi dell’approccio categoriale includendo, semplicemente, dei cut-off points spiega meglio i quadri sintomatologici che noi vediamo Limiti quante dimensioni dobbiamo considerare? →Il principale limite è che non c’è ancora un accordo circa quali e quante dimensioni permettono di descrivere le varie manifestazioni di disagio psicopatologico la ricerca dice che alcune categorie si aggregano più di altre →Esistono dati empirici che mostrano come le varie forme di disagio si aggreghino entro categorie comuni I FATTORI TRANSDIAGNOSTICI ➔ sono fattori che sono presenti in tutte le patologie mentali, anche in chi non ha una patologia (presente in tutti a diversi livelli) Es: 1. pensiero intrusivo ripetitivo →la loro presenza varia lungo un continuum → e corrisponde al livello di intrusività (quanto sono capace di scegliere di averlo o no); presente in tutti i disturbi → l’ aspetto non patologico è chiamato il mind wandering (vagare con la mente quando stiamo facendo qualcosa che non ci richiede attenzione) ❖ modalità di default di funzionamento del nostro cervello (Mason et al., 2007); ❖ in normali circostanze, occupa un’ampia percentuale del nostro tempo (46.9% in Killingsworth & Gilbert, 2010); ❖ sono state proposte funzioni adattive: integrare le esperienze presenti passate e future in un quadro coerente, mantenere un livello di arousal ottimale ecc. (e.g., Baars, 2010) Gli studi hanno visto che il mind wandering è la nostra modalità di default di funzionamento del nostro cervello quando non siano occupati i compiti che ci richiedono attenzione. è una sorta di riposo del cervello seguendo oscillazioni ritmiche → è un circuito di default che funziona quando non facciamo niente. Articolo rivista Science →”a wandering mind in an unhappy mind” tramite applicazione su smartphone Tramite modelli statistici si è visto che c’era una relazione causa effetto tra mind wandering(“on task/off task”) e infelicità indipendente dal contenuto del pensiero. Altra conclusione: le persone vagano con la mente quasi il 50% del suo tempo. Dopo questo studio →altri studi affermavano la stessa cosa. Es. correlazione mind wandering e longevità. 16 Oggi continua questa ricerca della funzione del mind wandering Pro Svolge una serie di funzioni adattive potenziando - pianificazione futura e simulazione (Smallwood et al., 2011) - personal goals resolutions (e.g., D’Argembeau et al., 2011) - ispirazione e creatività (e.g., Baird et al., 2012) - ridotto temporal discounting (e.g., Smallwood et al., 2013) Contro È stato associato a conseguenze disfunzionali: - scarsa performance in compiti di attenzione sostenuta/memoria di lavoro/lettura (fallimento scolastico, incidenti stradali, errori medici; Demanet et al., 2013) - arousal fisiologico (Smallwood et al., 2007) e minore longevità (e.g., Epel et al., 2013) - peggioramento del tono dell’umore e disforia (e.g., et al., 2012) →dati la pervasività di questo processo (50% della veglia) e il ruolo adattativo ad esso conferito sembra implausibile che il mind wandering abbia l’effetto di rendere le persone vulnerabili in termini di aumentata reattività fisiologica e peggioramento del tono dell’umore, entrambi riconosciuti fattori di rischio per la salute ➔ quando e perché diventa disfunzionale? →confusione tra mind wandering (MW) e pensiero ripetitivo (perseverative cognition; PC) →studiati come se fossero un unico fenomeno oppure in aree di ricerca completamente separate il problema è che questo mind wandering è stato definito sempre in maniera generica: usato per indicare il resting state usato per indicare il day dreaming usato per indicare la distrazione da un compito associato anche al pensiero intrusivo ripetitivo la maggior parte di esso è inconsapevole Diventa patologico quando è pensiero intrusivo ripetitivo. → le 2 più importanti forme sono: 1. ruminazione depressiva: si ripete lo stesso pensiero più e più volte →rumination: “Comportamenti e pensieri che concentrano passivamente la propria attenzione sui sintomi depressivi e sulle implicazioni di questi sintomi” (Nolen-Hoeksema, 1991, p. 569). 2. rimuginio ansioso: anticipo qualcosa di brutto che potrebbe non accadere mai → è associato ad un’attivazione fisiologica come se quel qualcosa stesse succedendo, ci fa stancare. tutto quello che succede nel mentre lo facciamo del tutto inutile. →Worry: “Una catena di pensieri e di immagini a valenza negativa e relativamente incontrollabili; rappresenta un tentativo di impegnarsi nella risoluzione dei problemi mentali su un problema il cui risultato è incerto e contiene la possibilità di uno o più risultati negativi; di conseguenza, il rimugionio è strettamente legato al processo di paura” (Borkovec et al., 1983, p. 10). Li accomuna il fatto di pensare a qualcosa che non sta accadendo sul momento Si fa per prepararsi al peggio. Inizialmente il mind wandering: - worry associato ai disturbi d’ansia - ruminazione associato ai disturbi dell’’umore Disturbi dell’umore: Implicato nello sviluppo, persistenza e ricorrenza dei disturbi dell’umore (e.g., Nolen-Hoeksema et al., 2008; Smith & Alloy, 2009); Associato ad una minore risposta alla terapia sia mediante antidepressivi sia di tipo cognitivo- comportamentale (e.g., Ciesla & Roberts, 2002). Disturbi d’ansia: Meccanismo di auto-regolazione con lo scopo illusorio di far sentire preparati ad affrontare la situazione temuta (Clark & Wells, 1995; Kashdan & Roberts, 2007); Non fa altro che aumentare i comportamenti di evitamento (Hofmann, 2007). Ad oggi questa distinzione non esiste, è stato considerato quindi come un fattore diagnostico. 17 Oggi si considera come fattore di rischio transdiagnostico. Le teorie esistenti sul pensiero intrusivo (sottolineano il ruolo potenziale di diversi triggers). 1. teoria di Martin e Tesser(self regulation model), 1996 → lo facciamo quando c’è un interferenza con un obiettivo rilevante per la persona. Non c’è una correlazione lineare con l’età. 14/02/2022 Questo concetto(self-regulation model) è condiviso da tutte le teorie che seguono. 2. Umore (mood as imput hypothesis; Meeten & Davey): ci deve essere quest’interferenza e deve essere accompagnata da un tono dell’umore basso (come segnale che c’è qualcosa che non va). L’umore è un’importante fonte di informazioni sul livello di raggiungimento di un obiettivo. 3. Teoria dell’evitamento esperienziale(Borkovec et al., 2004): si focalizza sul worry → le persone con disturbi d’ansia sono caratterizzate dal rimuginio che funziona a livello verbale (non per immagini). Molti studi in letteratura dimostrano che le parole sono associati a una minore attivazione fisiologica. Secondo B. le persone che lo fanno lo farebbero per tenere sotto controllo l’attivazione fisiologica provocata dall’ansia. - Il rimuginio è un meccanismo di evitamento perché la sua natura prevalentemente verbale e astratta contribuisce a sopprimere i correlati fisiologici dell’ansia Le persone con disturbo d’ansia hanno proprio paura di sentire questa forte attivazione fisiologica (evitata grazie all’utilizzo del rimuginio). Questo dunque significa che durante il rimuginio l’attivazione fisiologica dei rimuginatori patologici è ridotta? In realtà NO, perché il loro sistema autonomo è cronicamente attivato, seppure moderatamente (Lyonfields, Borkovec, & Thayer, 1995; Thayer et al., 1996). Quello che i rimuginatori patologici VOGLIONO EVITARE è di passare da uno stato di rilassamento ad un improvviso picco di attivazione (“Contrast avoidance model of worry”; Newman and Llera, 2011), ovvero preferiscono essere sempre preparati al peggio. Teoria rivista → durante il rimuginio in realtà ho un attivazione moderata; quello che si evita è il passaggio da 0 attivazione a molta attivazione (da stato di rilassamento a uno stato di attivazione) e quindi questo rimuginio serve comunque a mantenere moderata l’attivazione fisiologica 4. Credenze meta-cognitive di Wells →le persone fanno il rimuginio perché in questo modo pensano di risolvere un problema; non ha le caratteristiche del problem solving e poiché il rimuginio è tanto astratto non arrivano le soluzioni. Quindi si ha un meta-rimuginio (rimuginio sul fatto di non riuscire a smettere di rimuginare) - Distinzione fra pensieri positivi e negativi sul rimuginio: i primi portano al suo utilizzo come strategia di coping disfunzionale, seguita dal meta-rimuginio (rimuginio sul fatto di non riuscire a smettere di rimuginare). 5. Deficit di memoria (impaired disengagement hypothesis; Koster et al., 2011) → difficoltà a distaccarsi da pensieri negativi (negative bias: risposta automatica verso il negativo; ha un valore evoluzionistico, oggi interferisce in maniera importante con la nostra vita; è un risposta di default dove mi preparo al peggio). => Difficoltà a staccarsi dalle informazioni negative a causa di un deficit a livello inibitorio. è una risposta automatica e veloce → che passa per la via breve dell’ amigdala (prima di capire cosa sta succedendo scappo) 6. Vulnerabilità biologica(reviewed in Thayer et al, 2012): ci sono delle persone che hanno in maggiore propensione questo negative bias. Una ridotta variabilità del battito cardiaco può segnalare la predisposizione ad interpretare il mondo come minaccioso di fronte a stimoli nuovi e ambigui (“better safe than sorry”). La risposta di “default” allo stress → è adattiva, è una risposta veloce e automatica (Ledoux) Quando abbiamo questo negative bias(quindi risposta difensiva), succedono eventi a diversi livelli nel mio organismo: 1. cambiamenti cognitivi →ipervigilanza e pensiero ripetitivo intrusivo 2. cambiamenti fisiologici →arousal, dominanza del sistema nervoso simpatico e rilascio di noradrenalina e cortisolo 18 3. cambiamenti comportamentali →evitamento o fuga conosciuta come fight or flight response - La durata di questa risposta difensiva dipende da quanto velocemente la persona riconosce il mondo come sicuro. - La risposta di stress iniziale dunque continua o si interrompe dopo un processo di appraisal più deliberato (i.e., la via lenta ‘slow road’, LeDoux, 2000). - Da un punto di vista evoluzionistico ha senso che l’organismo ‘si tenga dalla parte del sicuro’ rispondendo inizialmente ad informazioni nuove, neutre o ambigue come se fossero minacciose. Questo massimizza la sopravvivenza (LeDoux, 2000). Prove empiriche Gli studi di imaging mostrano che l’attivazione dell’amigdala è più sensibile alle informazioni negative. Gli studi di psicologia cognitiva mostrano allo stesso modo la presenza del cosidetto ‘negativity bias’ dove le informazioni negative hanno priorità su quelle positive (es. Shook et al., 2007). Inoltre, informazioni relative a fallimenti tendono ad essere processate per periodi di tempo più lunghi rispetto ad obiettivi che sono stati raggiunti (es. Koole, Smeets, van knippenberg, & Dijksterhuis, 1999; Rothermund, 2003). Perché non si riesce a smettere? In circostanze normali questa risposta di stress che si attiva di default deve essere inibita. Devo fare una sorta di valutazione e dovrei inibire la risposta “fly or fight”. Ci sono persone che non riescono ad inibirlo e questo ha l’effetto di prolungare l’attivazione fisiologica. Da un punto di vista evoluzionistico questa risposta deve essere breve. Però le persone lo fanno in modo duraturo e quindi il sistema è “carico allostatico" è adattivo quando lo stress c’è, non lo è quando non c’è “Solo quando il mondo è percepito chiaramente come sicuro la risposta di stress può essere inibita attivamente” In circostanze normali la risposta di stress, supportata dai circuiti cerebrali sottocorticali, è sotto il controllo inibitorio ad opera della corteccia prefrontale (Amat et al., 2005; Thayer & Sternberg, 2006). Solo quando la corteccia prefrontale diventa ipo-attiva, vengono disinibiti i percorsi simpato-eccitatori che supportano la risposta fight- flight. Il problema è tornare dallo stato di disinibizione a quello di inibizione. Il pensiero intrusivo ripetitivo interferisce con il riconoscimento del mondo come sicuro, prolungando così la risposta di stress Ad esempio, i pazienti con disturbo d’ansia generalizzata (GAD), mostrano problemi nel riconoscere le situazioni ambigue e nuove come “non minacciose”. Questo avrà l’effetto di prolungare la stress response e il pensiero ripetitivo intrusivo. Il pensiero intrusivo ripetitivo è parte della “stress response” e questa risposta è prolungata nelle persone che hanno difficoltà ad inibirla perché non riconoscono il mondo come sicuro “quale processo porta ad una difficoltà ad inibire tale risposta?“ Strategie che non funzionano: - cercare di sopprimerlo: “non pensare ad un orso bianco” Quale caratteristica psicologica ha maggiore tendenza ad essere associata a sentirsi di non aver raggiunto ad uno scopo? perfezionismo bassa autostima → sono fattori di invulnerabilità per il pensiero intrusivo Anche il valore dell’obiettivo va a influenzare la comparsa del pensiero intrusivo. I rimuginatori patologici hanno difficoltà ad inibire la default stress response perché: 1. hanno caratteristiche psicologiche che li rendono più propensi a sperimentare minacce/ostacoli al raggiungimento dei propri scopi 2. sono motivati ad usare il pensiero ripetitivo come strategia di coping per avere una sensazione di controllo dell’ambiente 3. sono biologicamente vulnerabili al pensiero intrusivo 19 Impegno nel raggiungimento di un obiettivo La durata del pensiero intrusivo dipende dall’importanza che l’individuo dà all’obiettivo. Tale importanza è funzione dell’interazione fra due fattori (Shah & Higgins, 1997; Feather, 1963): - l’aspettativa - il valore dell’obiettivo entrambi questi aspetti producono pensiero intrusivo Valore dell’obiettivo - Magee, MacLeod, Tata, & Regan (2003) hanno mostrato che le donne che davano maggiore importanza all’obiettivo di diventare madri avevano più pensieri negativi e ripetitivi verso il futuro in seguito ad un aborto rispetto a chi aveva altri obiettivi di vita (Magee et al., 2003). - In donne single, la relazione fra l’impegno nell’obiettivo di trovare un partner e una minore soddisfazione per la propria vita è risultato interamente mediato dalla ruminazione sul fatto di non aver raggiunto tale obiettivo (Gebhardt, Massey, van der Doef, Verhoeven & Verkuil, 2010). - Altri studi hanno mostrato una relazione fra perfezionismo e tendenza a ruminare (e.g., O'Connor, O'Connor, & Marshal, 2007). Aspettative Nella cognitive Activation Theory of Stress, Ursin and Eriksen (2004) distinguono fra le seguenti aspettative positive rispetto all’esito (“coping”); aspettative negative rispetto all’esito (“hopelessness”); nessuna aspettativa (“helplessness”). Il pensiero intrusivo emerge in presenza di aspettative negative (Robichaud & Dugas, 2005), infatti è presente in individui con una minore autostima (Wood & Dodgson, 1996). L’utilizzo del pensiero ripetitivo intrusivo come strategia di coping Alcuni studi hanno mostrato che le persone che rimuginano spesso pensano che ”rimuginare li aiuti a risolvere i problemi" o che "ruminare sui problemi mi aiuterà a raggiungere l’insight" (Papageorgiou & Wells, 2001; Roelofs et al., 2007). Prove empiriche mostrano come l’utilizzo del pensiero intrusivo sia rinforzato quando le persone lo utilizzano come: strategia di problem solving strategia di evitamento cognitivo. Strategia di problem solving - Rimuginio e ruminazione sono modalità di pensiero di tipo astratto e quindi raramente portano ad azioni concrete (Borkovec et al., 1998). Nonostante non porti a soluzioni concrete, i rimuginatori non modificano strategia: continuano a rimuginare. - I rimuginatori hanno poca fiducia nelle proprie capacità di problem solving (Davey, 1994), e tentano di ipotizzare qualsiasi soluzione possibile prima di provarne concretamente una (Davey, 2006; Startup & Davey, 2003). Evitamento cognitivo - I rimuginatori utilizzano il rimuginio come strategia di evitamento perchè esso, proprio per la sua natura astratta, sopprime l’ansia somatica, ad esempio riducendo la risposta cardiovascolare di fronte all’evento temuto (Behar, Zuellig, & Borkovec, 2005; Borkovec & Inz, 1990; Borkovec et al., 1998). Questo evitamento avrebbe l’effetto di rinforzare negativamente l’utilizzo del rimuginio come strategia di coping. - In generale il rimuginio comporta un certo senso di controllo da parte di chi lo mette in atto. Questo rinforzo positivo porta al circolo vizioso per cui le situazioni non controllabili lo diventerebbero nel momento in cui ‘si può rimuginare su di esse’. “Ruminazione, rimuginio” Cosa succede quando lo faccio tutto il giorno? aumenta il rischio cardiovascolare mediatori nella relazione fra psicopatologia e rischio cardiovascolare? (Larsen & Christenfeld, 2009) ansia e depressione = fattori di rischio indipendenti per la mortalità cardiovascolare - Nonostante siano stati studiati in campi di ricerca separati, i concetti di rimuginio ansioso e ruminazione depressiva condividono numerosi elementi (Fresco, Frankel, Mennin, Turk, & Heimberg, 2002; Segerstrom Tsao, Alden, & Craske, 2000). 20 - Entrambi sono predittori significativi dell’esordio e del mantenimento dei disturbi d’ansia e dell’umore (Watkins, 2008), così come di altre patologie psichiche confermando il loro ruolo come fattori transdiagnostici (Caspi et al., 2014). - Non sono solo implicati nella salute psichica, contribuendo al peggioramento del tono dell’umore e alla psicopatologia ma giocano un ruolo cruciale per la salute fisica →Una serie di rassegne della letteratura hanno confermato l’effetto negativo del pensiero intrusivo sulla salute fisica (Brosschot et al., 2005; 2006; 2010; Pieper & Brosschot, 2005; Verkuil et al., 2010). 2 studi longitudinali hanno mostrato come il rimuginio e la ruminazioni portino ad una maggiore probabilità di infarto e altri disturbi cardiovascolari a distanza di 20 anni (Kubzansky et al., 1997) e a problemi cardiovascolari 2-3 anni dopo l’attacco dell’11 settembre (Holman et al., 2008). I risultati confermano che il pensiero intrusivo-ripetitivo è associato ad un aumento significativo di pressione arteriosa, frequenza cardiaca e cortisolo. Studio: USA 60 partecipanti sottoposti a un’induzione di pensiero intrusivo. - chi viene distratto ha un immediato recupero - il pensiero intrusivo mantiene l’attivazione fisiologica sostenuta nel tempo I DISTURBI D’ANSIA →fobie semplici, agorafobia(ha effetti molto pervasivi e non si verifica in risposta ad uno stimolo solo), disturbo d’ansia generalizzata, attacchi di panico, disturbo d’ansia sociale Differenza tra ansia e paura: - ansia è il senso di apprensione che si prova nell’anticipazione di un certo problema → necessità di un sistema cognitivo più complesso (rappresentarsi un problema mentalmente che quindi non è presente) Paura è in risposta a qualcosa che sta davanti a me - reazione a un pericolo immediato Dato di immediatezza tipico della paura in contrasto con l’aspetto anticipatorio che caratterizza l’ansia: la paura riguarda una minaccia presente, mentre l’ansia tende a riguardare una minaccia futura. Esempio: un individuo che si trova davanti a un animale feroce prova paura, mentre uno studente che si preoccupa della possibilità di restare disoccupato prova ansia. Ansia e paura: differenze 1. consistenza della minaccia: quanto più la minaccia è definita tanto più si parla di paura, se resta indefinita si parla di ansia (es. trovarsi davanti a un cane che righia genere paura; pensare di poter avere una malattia genera ansia) 21 2. minacce attuali e future: la paura è legata a situazioni presenti, a “pericoli in corso”; l’ansia si prova per evento non immediati Quindi l’ansia implica anche un sistema cognitivo più complesso che possa prevedere le conseguenze a medio e lungo termine e sia in grado di ragionamenti ipotetici. sia l’ansia che la paura implicano uno stato di arousal ovvero di attivazione fisiologica ansia e paura hanno un valore adattivo la paura è fondamentale per le risposte di lotta o fuga (fight or flight) → può salvare la vita l’ansia ci aiuta a individuare e prepararci per future minacce, ci fa essere più pronti ad affrontare gli eventi, ci aiuta ad evitare situazioni potenzialmente pericolose e a tenere conto di potenziali problemi prima che si presentino nei disturbi d’ansia, la persona non è in grado di riconoscere l’ambiente come “sicuro” Aspetti disadattivi dell’ansia 1. La maggior parte dei pericoli collocati nel futuro per i quali si sperimenta ansia non sono modificabili, quindi provare ansia non diminuisce la possibilità che essi si verifichino. 2. Nonostante possa risultare utile per predisporre dei rimedi ai pericoli temuti collocati nel futuro, non serve l’attivazione corporea (utile invece nella paura per il conseguente comportamento di attacco o di fuga). Ciò che è disadattivo dell’ansia è l’attivazione fisiologica →la risposta fight or flight di fronte ad un pericolo è adattiva e consente la sopravvivenza Quadri clinici dei disturbi d’ansia Caratteristica comune: livelli di ansia elevati per intensità o frequenza Fatta eccezione per il Disturbo d’ansia generalizzato, i disturbi d’ansia implicano anche la tendenza ad esperire un grado elevato di paura. Perché possa essere fatta la diagnosi? - I sintomi devono interferire con le principali aree di funzionamento dell’individuo o causare marcato distress. - I sintomi non devono essere causati da un farmaco o da una condizione medica Fobie specifiche riguardano la paura sproporzionata provocata da un oggetto o situazione particolari, es. paura di volare, paura dei serpenti la persona riconosce che la sua paura è eccessiva e tuttavia è disposta a fare sforzi notevoli pur di evitare l’oggetto o la situazione che la provoca Termine scientifico: parola greca indicante l’oggetto temuto unita al suffisso -fobia (dal dio Phobos, la cui vista incuteva terrore-divinizzazione della paura). Attraverso l’evitamento della situazione temuta → riduce la mia ansia →mantengo la patologia (rinforzo negativo) 5 sottotipi di fobie 1. animali: serpenti (ofidiofobia), insetti (entomofobia), cani (cinofobia) 2. ambiente naturali: temporali (ceraunofobia), altezza (acrofobia), acqua (idrofobia) 3. sangue, iniezioni, ferite →pattern fisiologico molto specifico (svenimento, c’è una dominanza parasimpatica; sembra che inizialmente si attiva la parte simpatica poi talmente forte parasimpatica del nervo vago che fa svenire). Sangue (emofobia), aghi (aichmofobia), pratiche mediche invasive 4. situazionale: Ponti, ascensori, spazi chiusi (claustrofobia), volare (aviofobia), guidare (amaxofobia) 5. altro: Soffocare (anginofobia), clown e maschere (coulrofobia), rumori forti (liguirofobia), ecc DSM 5 FOBIE Criteri per diagnosticare una fobia:. 1. paura marcata e sproporzionata provocata sistematicamente da particolari oggetti o situazioni Nota: nei bambini, la paura o l’ansia può essere espressa piangendo, con scoppi d’ira, freezing 22 2. l’oggetto o la situazione fobica provoca quasi sempre paura immediata o ansia 3. l’oggetto o la situazione temuta viene attivamente evitata o sopportata con intensa ansia 4. la paura o ansia è sproporzionata al pericol reale rappresentato dall’oggetto o situazione specifici e rispetto al contesto socio-culturale 5. criterio temporale: 6 mesi o più 6. La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio significativo o menomazione nella area sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento 7. diagnosi differenziale: devo distinguere se la mia fobia rientra in un altro disturbo d’ansia. Il mio sintomo non deve essere spiegato da una patologia medica. Il disturbo non è meglio spiegato da sintomi di un disturbo mentale, tra cui la paura, l'ansia e l’evitamento di situazioni associate con i sintomi tipo panico o altri sintomi invalidanti (come nell’agorafobia): oggetti o situazioni relativi a ossessioni (come nel disturbo ossessivo-compulsivo), i ricordi di eventi traumatici (come nel Disturbo da Stress Post-traumatico); separazione da casa o dalle figure di attaccamento (come nel Disturbo d'Ansia da Separazione) o situazioni sociali (come nel Disturbo d'Ansia Sociale). Specificare se: Animali, Ambiente naturale, Sangue, Iniezioni, Ferite, Situazionale, Altro Nei disturbi d’ansia dobbiamo ben capire cosa teme di più la persona. Disturbo d’ansia sociale - paura marcata e intensa, irrazionale e persistente, delle situazioni sociali che potrebbero implicare l’essere sottoposti al giudizio di persone sconosciute o anche soltanto esposti alla loro presenza - quello che temono di più è mostrare i sintomi dell’ansia - un tempo era chiamata “fobia sociale” ma i disturbi sono molto più pervasivi e interferiscono in misura maggiore con l normali attività rispetto ai problemi causati da altri tipi di fobie. Le persone che soffrono di questo disturbo cercano di evitare situazioni in cui potrebbero essere oggetto di valutazione da parte di altri o mostrare segni di ansia o imbarazzo Situazioni che facilmente scatenano queste paure: 1. parlare in pubblico 2. prendere la parola a meeting o davanti alla classe 3. conoscere persone nuove 4. rivolgere la parola a persone investite di un’autorità Da non confondere con la timidezza: maggiore evitamento, disagio maggiore e per più tempo →Chi soffre di questo disturbo teme di arrossire o sudare vistosamente. Esibirsi, parlare in pubblico, mangiare in pubblico, o impegnarsi in qualsiasi attività in presenza di altri può causare un’ansia estrema. Occupazioni lavorative al di sotto delle capacità a causa dell’estrema paura sociale: meglio rassegnarsi a un lavoro non gratificante, ma che richiede una minore esposizione ai rapporti sociali piuttosto che affrontare ogni giorno quel tipo di situazioni. - Insorge solitamente durante l’adolescenza, quando le interazioni sociali acquistano più importanza, ma in alcuni casi i sintomi hanno il loro esordio già in età infantile. - Se non adeguatamente trattato, tende a cronicizzare. - La gravità è ampiamente variabile: un numero maggiore di paure esperite dal soggetto si accompagna a una maggiore comorbilità con altri disturbi, come depressione e abuso di alcool e ad effetti più negativi sulle attività sociali e lavorative. - si parla di disturbi primari e disturbi secondari → quando c’è una comorbilità dei disturbi DSM-5 DISTURBO D’ANSIA SOCIALE Criteri: 1. marcata paura o ansia rispetto a una o più situazioni sociali in cui l’individuo è esposto al possibile giudizio degli altri. Gli esempi includono le interazioni sociali (nel corso di una conversazione, conoscere persone non familiari), di essere osservato (mangiare o bere) e le 23 performance di fronte ad altri (un discorso). Nota: Nei bambini, l'ansia deve manifestarsi con i coetanei e non solo durante le interazioni con gli adulti 2. l’individuo teme di mostrare i sintomi di ansia e che verranno valutati negativamente (umiliazione, imbarazzo) 3. le situazioni sociali provocano sempre paura o ansia. Nota: Nei bambini la paura o l'ansia può essere espressa piangendo, con scoppi di ira, freezing o stare in disparte in situazioni sociali 4. le situazioni sociali vengono evitate o sopportate con intensa paura o ansia 5. la paura o ansia è sproporzionata alla minaccia reale rappresentata dalla situazione sociale e al contesto socio- culturale 6. criterio temporale: 6 mesi o più 7. La paura, l'ansia o l'evitamento causano disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti del funzionamento 8. La paura, l'ansia o l'evitamento non è imputabile agli effetti fisiologici di una sostanza o di un'altra condizione medica 9. La paura, l'ansia o l'evitamento non sono meglio spiegati con i sintomi di un altro disturbo mentale, come il Disturbo di Panico, Disturbo da Dismorfismo Corporeo o da un Disturbo dello Spettro Autistico 10. Se è presente un’altra condizione medica (morbo di Parkinson, l'obesità̀ o lesioni), la paura, l'ansia o l'evitamento è chiaramente non correlata o eccessiva Specificare se: - solo Performance: se la paura è limitato a parlare o esibirsi in pubblico 20/02/2023 DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO le persone che ne soffrono temono di avere un attacco di panico → evitamento di certe situazioni → rinforzo negativo: il disturbo si mantiene Caratterizzato da frequenti attacchi di panico, non collegati a situazioni specifiche e dalla preoccupazione di soffrire di attacchi. Attacco di panico è un momento in cui si prova una forte paura, terrore vero e proprio accompagnato da una serie di sintomi. attacco di panico → attacco improvviso di intensa apprensione, terrore e sensazione di disastro incombente, accompagnati da almeno 4 sintomi fisici: molto simili a quelli dell’attacco cardiaco: tachicardia, nausea, mal di stomaco, dolori al petto, senso di soffocamento e asfissia, capogiri, dispnea, palpitazioni, sudorazione profusa, brividi, sensazioni di calore e tremori Altri sintomi che si verificano durante esso: depersonalizzazione (percepirsi al di fuori del proprio corpo); non è un sintomo psicotico derealizzazione (=avere la sensazione che la realtà intorno a noi non sia autentica, senso di irrealtà del mondo) →a volte vengono mal interpretati; sono la conseguenza dell’iperventilazione paura di perdere il controllo, impazzire o morire I sintomi raggiungono il picco molto velocemente e scendono molto lentamente (dove c’è il recupero): 24 oltre il 100 non si può andare (attacco di panico ha questo picco di fortissima ansia e sintomi correlati) Sintomi fisici → diverse cluster sintomatologici: 1. sintomi cardiorespiratori (tachicardia, senso di oppressione al petto, di affogare, dispnea, ecc.) 2. sintomi gastrointestinali (nausea, vomito, mal di stomaco, tensione e/o dolori addominali, diarrea, ecc.) 3. sintomi vestibolari (sensazione di instabilità, vertigini, sensazione di svenimento, ecc.) 4. sintomi psicosensoriali (percezioni distorte rispetto all’aspetto psicosensoriale, derealizzazione, depersonalizzazione, disorientamento, sensazione di camminare sulla gomma piuma o di gambe molli, ecc.) Criteri DSM-5 attacchi di panico inaspettati e ricorrenti. Un attacco di panico è un improvviso aumento di intensa paura o disagio che raggiunge un picco in pochi minuti, durante i quali si verificano 4 o più dei seguenti sintomi 1. Palpitazioni, sensazione di cuore in gola,tachicardia 2. Sudorazione 3. Tremori o agitazione 4. Sensazioni di mancanza di respiro o di soffocamento 5. Sensazioni di soffocamento 6. Dolore o fastidio al petto 7. Nausea o disturbi addominali 8. Sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento 9. Brividi o sensazioni di calore 10. Parestesia (intorpidimento o formicolio) 11. Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi) 12. La paura di perdere il controllo o di "impazzire “ 13. Paura di morire almeno uno degli attacchi è stato seguito da 1 mese (o più) di uno o di entrambi: 1. preoccupazioni persistenti relative al verificarsi degli attacchi di panico o alle loro conseguenze (perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, “impazzire”) 2. un significativo cambiamento disadattivo relativo ai comportamenti legati agli attacchi (comportamenti atti ad evitare gli attacchi di panico, per esempio evitare l’esercizio fisico o situazioni non familiari) Evitano tutti gli eventi che hanno la probabilità di far venire un attacco all’individuo. Evita all’inizio le situazioni legate all’insorgenza dell’attacco poi situazioni che aumentano la probabilità di avere un attacco di panico. Evitano progressivamente tutto ciò che può facilitare l’attacco. il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici di una sostanza o di un’altra condizione medica (ipertiroidismo, disturbi cardiorespiratori) diagnosi differenziale: il disturbo non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale (es. gli attacchi di panico non si verificano solo in risposta a situazioni sociali temute, come nel Disturbo d'Ansia Sociale; in risposta a oggetti o situazioni fobiche circoscritte, come nella Fobia Specifica; in risposta a ossessioni, come nel Disturbo Ossessivo – compulsivo; in risposta a ricordi di eventi traumatici, come nel Disturbo Post-Traumatico da Stress; in risposta alla separazione dalle figure di attaccamento, come nel Disturbo d'Ansia da Separazione) L’attacco di panico può verificarsi nel corso di qualsiasi disturbo d'ansia e altri disturbi mentali (disturbi depressivi, disturbo post-traumatico da stress, disturbi da uso di sostanze) e di alcune condizioni mediche (cardiache, respiratorie, vestibolari, gastrointestinali). Attacco di panico: in esso si deve avere un picco che si raggiunge in pochi minuti; la persona sente di stare per morire o per impazzire La differenza sta nell’intensità dei sintomi (il picco nell’attacco di panico). Attacco d’ansia: non c’è la paura di morire o di impazzire 25 AGORAFOBIA Fino alla versione precedente si trovava all’interno della diagnosi del disturbo di attacchi di panico, oggi possiamo fare una diagnosi specifica di agorafobia senza avere per forza l’attacco di panico (anche se spesso sono correlati). dal greco agorà=piazza del mercato paura di situazioni da cui potrebbe essere difficile o imbarazzante allontanarsi, nel caso si manifestassero i sintomi d’ansia a volte si tratta di situazioni che non lasciano molte vie di fuga, come essere in treno, attraversare un ponte o trovarsi su strade a lunga percorrenza hanno paura sia degli spazi molto aperti o anche di spazi molto affollati molti pazienti sono incapaci di uscire di casa o lo fanno con profondo malessere di solito se riescono a uscire lo fanno accompagnati (il farsi accompagnare è un evitamento, tutto ciò che ci impedisce di sentire ansia è un evitamento che mantiene la patologia) Criteri DSM-5 marcata paura o ansia in due o più delle seguenti situazioni: 1. mezzi pubblici (automobili, autobus, treni, navi, aerei) 2. trovarsi in spazi aperti (parcheggi, mercati, ponti) 3. essere in luoghi chiusi (negozi, teatri, cinema) 4. stare tra la folla 5. non stare bene fuori casa l’individuo prova paura o evita queste situazioni al pensiero che potrebbe essere difficile fuggire o potrebbe non essere disponibile aiuto in caso di sintomi tipo panico o altri sintomi invalidanti o imbarazzanti (paura di cadere degli anziani, paura di incontinenza) Si teme di avere un attacco di panico e di non avere aiuto o di non trovare una via d’uscita. le situazioni agorafobiche provano quasi sempre paura o ansia le situazioni agorafobiche sono attivamente evitate (ricorda in tutti disturbi d’ansia è presente l’evitamento come criterio), implicano la presenza di un compagno o sono sopportate con intensa paura o ansia criterio temporale: 6 mesi o più la paura e l’ansia risultano sproporzionate al pericolo reale e al contesto socio-culturale la paura, l’ansia, o l’evitamento causano disagio clinicamente significativo o menomazione nel sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento se è presente un’altra condizione medica(infiammazione intestinale, morbo di Parkinson), la paura , l’ansia o l’evitamento sono chiaramente eccessivi(componente lasciata al giudizio individuale: deve essere eccessivo per il paziente e l’invalidazione, la menomazione delle aree di vita dell’individuo) diagnosi differenziale:dobbiamo escludere che si tratti di altri disturbi. La paura, l'ansia o l'evitamento non sono meglio spiegati con i sintomi di un altro disturbo mentale, es. i sintomi non si limitano alla Fobia Specifica, tipo situazionale; non coinvolgono solo le situazioni sociali (Disturbo d'Ansia Sociale) e non sono correlati esclusivamente alle ossessioni (Disturbo Ossessivo-compulsivo), disturbi nella percezione dell’aspetto fisico (Disturbo da Dismorfismo Corporeo), ricordi di eventi traumatici (Disturbo Post- traumatico da Stress) o la paura della separazione (Disturbo d’Ansia da Separazione) Nota: agorafobia è diagnosticata indipendentemente dalla presenza di disturbo di panico. Se la manifestazione dei sintomi soddisfa i criteri per il disturbo di panico e agorafobia, devono essere fatte entrambe le diagnosi. DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO (GAD) - principale caratteristica: rimuginio ansioso, il pensiero intrusivo; preoccupazione persistente - le persone che soffrono di GAD sono costantemente preoccupate indipendente dal tema, spesso per cosa di minore importanza 26 - il termine worry fa riferimento alla tendenza cognitiva a rimuginare su un problema senza riuscire a staccarmene - Gli aspetti della vita su cui si incentrano queste preoccupazioni sono simili a quelle che angustiano la maggior parte delle persone (relazioni, salute, situazione economica) ma più intense e persistenti. Criteri DSM-5 eccessiva ansia e preoccupazione(attesa apprensiva) che si verificano per almeno il 50% dei giorni per almeno 6 mesi, relative ad un gran numero di eventi o attività (performance lavorative o scolastiche) l’individuo ha difficoltà a controllare la preoccupazione l’ansia e preoccupatezza sono associate con 3 o più dei seguenti 6 sintomi (nota: nei bambini è richiesto un solo elemento) 1. restlessness (incapacità di stare fermi; irrequietezza/sindrome delle gambe senza riposo) 2. facile faticabilità 3. difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria 4. irritabilità 5. tensione muscolare 6. disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno o irrequietezza) l’ansia, la preoccupazione, o sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti Radice comune dei disturbi d’ansia: paura della paura le persone temono i sintomi legati all’ansia La radice comune ai disturbi d’ansia: la persona esposta alla situazione stimolo proverebbe un’emozione che è ritenuta insopportabile, che potrebbe far impazzire o morire →Anxiety Sensitivity e Ansia di Tratto sono costrutti differenti? Sussistono evidenti differenze concettuali: - Anxiety sensitivity: più alta è più alta è la paura di sentire i sintomi autonomici, fisiologici dell’ansia; è un fattore di invulnerabilità più importante (maggiore sensibilità ai segnali fisiologici dell’ansia, quindi per me rappresentano un pericolo) → disposizione a diventare ansiosi in seguito all’arousal autonomico neurovegetativo - Ansia di tratto: non riguarda in modo specifico gli indici fisiologici; → tendenza generale ad essere spaventati di fronte ad un ampio spettro di stimoli Fattori di rischio comuni ai disturbi d’ansia: condizionamento alla paura: 1. la persona apprende a temere uno stimolo neutro che è stato associato a uno stimolo intrinsecamente avversivo (condizionamento classico) 2. la persona apprende a ridurre questa paura condizionata tramite l’evitamento dello stimolo condizionato, la risposta di evitamento si mantiene perché funge da rinforzo negativo (condizionamento operante). Modalità con cui può verificarsi il condizionamento classico esperienza diretta modeling: apprendimento per imitazione. Vedendo un’altra persona spaventarsi o subire gli effetti nocivi dello stimolo (es. vedendo un cane mordere un’altra persona o guardando su You Tube il video di un violento assalto di un cane contro un uomo). mediante indicazioni verbali: ad es. quando un genitore mette in guardia un bambino sul fatto che i cani sono pericolosi. Eziologia dei disturbi d’ansia Fattori genetici: - studi sui gemelli suggeriscono un’ereditabilità del 20-40% per le fobie specifiche, il disturbo d’ansia sociale il disturbo d’ansia generalizzato e il 50% per il disturbo di panico - questi geni interagiscono parzialmente l’uno con l’altro, oltre che con l’ambiente. Inoltre, vanno messi in conto i fattori epigenetici. - tali genotipi sono anche responsabili delle differenze individuali nella risposta al trattamento. 27 Non esistono polimorfismi genetici che rendono vulnerabile a un disturbo, ma rendono vulnerabili ad certi fenotipi intermedi come anxiety sensitivity che rende più vulnerabile allo sviluppo dei disturbi. La vulnerabilità genetica ai disturbi d’ansia è associata alla presenza di fenotipi intermedi come ad esempio la anxiety sensitivity oppure a tratti neurobiologici quali una maggiore risposta di startle (Domschke & Maron, 2013). - Lonsorf et al. (2009) hanno scoperto che gli individui portatori di una delle varianti del gene trasportatore della serotonina (allele s) mostrano un condizionamento della paura maggiore rispetto a quelli senza allele s. - I portatori di una delle due varianti di un altro gene (il genotipo COMT met/met) mostrano un’aumentata resistenza all’estinzione. Fattori biologici Amigdala: è un’area centrale del circuito della paura, con connessioni con aree inferiori (locus coeruleus) e superiori (corteccia prefrontale). Disregolazione a livello biochimico: Al momento, si ritiene che due sistemi di neurotrasmettitori siano primariamente coinvolti negli attacchi di panico: il sistema noradrenergico e serotoninergico. L’attività noradrenergica può determinare i sintomi cardiovascolari associati al panico. Un aumento di attività serotoninergica porta a una diminuzione di attività noradrenergica (per questo gli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) si usano per la cura dell’ansia!). Fattori cognitivi → vanno a favorire lo sviluppo di disturbi d’ansia 1. convinzioni negative persistenti riguardo al futuro: convinzione che accadranno loro cose negative. Es. persone con disturbo di panico credono di morire quando il cuore inizia a battere forte, persone con ansia sociale sono convinte di subire umilianti rifiuti se arrossiscono. Perché persistono? - safety behaviors: sono comportamenti di evitamento e/o di salvaguardia: gli individui agiscono e pensano con modalità tali da mantenere queste convinzioni, ovvero per proteggersi dalle conseguenze che temono. →Es: coloro che temono di morire se il cuore inizia a battere velocemente, cessano ogni attività fisica non appena sentono che il battito cardiaco accelera. E si convincono di essere ancora in vita solo grazie ai loro comportamenti autoprotettivi. →Questi comportamenti permettono di mantenere indefinitamente queste convinzioni negative. - percezione di mancanza di controllo →Le esperienze infantili, come certi eventi traumatici, uno stile genitoriale punitivo o oppressivo o avere subito abusi possono promuovere nel bambino il convincimento che sia impossibile controllare la propria vita. L’esperienza precedente può influenzare il senso di controllo su uno stimolo temuto. Ad esempio, le persone che sono abituate 28 a stare con i cani hanno molte meno probabilità di sviluppare una fobia in seguito al morso di un cane. - bias attentivo nei confronti di potenziali minacce →maggiore attenzione agli stimoli negativi presenti nell’ambiente (es. shopping) Aspetti comuni dei trattamenti psicologici 1. esposizione → è il trattamento più efficace: il soggetto deve confrontarsi con ciò che ritiene troppo spaventoso per. essere affrontato (tutto è concordato) 2. desensibilizzazione sistematica (Wolpe, 1958) → associa l’esposizione con tecniche di rilassamento (funziona peggio rispetto all’esposizione); implica, innanzitutto, far apprendere al paziente strategie di rilassamento che poi userà mentre è esposto a situazioni temute, partendo da quella che gli provoca meno paura. →Studi dimostrano che funziona anche o addirittura in misura maggiore se si esclude la componente di rilassamento. Principi importanti per prevenire la ricaduta (return of fear) Nel nostro cervello c’è l’associazione tra stimolo incondizionato e condizionato, che non si cancellerà mai. Per questo dobbiamo fare una nuova associazione. l’esposizione deve includere quanti più aspetti possibili dell’oggetto temuto. Es: nella fobia dei ragni il trattamento deve focalizzare l’attenzione su varie parti del corpo del ragno: le zampe pelose, i grandi occhi rotondi, ecc. Limite dell’esposizione: l’esposizione è contesto indipendente→l’associazione si crea solamente nel contesto in cui la tengo, il nostro cervello non generalizza quindi l’esposizione deve essere applicata nella più vasta gamma di possibili contesti differenti. Es: importante sottoporre il paziente a esposizione non solo nel chiuso di uno studio ma anche all’aperto, in mezzo alla natura. Meccanismi di funzionamento 1. comportamentale: l’esposizione funziona tramite l’estinzione della risposta di paura. Gli studi condotti mostrano che l’estinzione non è un meccanismo di cancellazione. Es. fobia dei cani: l’estinzione implica l’apprendimento di nuove associazioni con stimoli collegati ai cani e queste associazioni inibiscono l’attivazione della paura. →implica apprendere piuttosto che dimenticare L’estinzione non è la cancellazione della mia paura ma l’apprendimento di un’altra associazione (che devo riprovare e riprovare in più contesti possibili) 2. meccanismo cognitivo: la situazione temuta non si verifica (rafforzo quindi la nuova associazione); l’esposizione aiuta la persona a correggere l’erronea convinzione di non essere in grado di affrontare lo stimolo temuto. Messa in discussione di: - Convinzioni sulla probabilità di conseguenze negative, durante il confronto con la situazione o l’oggetto ansiogeno. - Aspettativa di non essere in grado di far fronte agli stimoli dell’ansia. Talvolta si utilizza la realtà virtuale per simulare le situazioni temute. Trattamento dei disturbi specifici - fobie: esposizione in vivo - disturbo d’ansia sociale: role playing sotto la supervisione del terapeuta durante sedute individuali o in piccoli gruppi per poi affrontare l’esposizione a situazioni sociali in pubblico - panico: esposizione e terapia del controllo del panico in cui il terapeuta spinge il paziente a suscitare deliberatamente le sensazioni associate con il panico. Es: a un individuo i cui attacchi di panico sono associati a iperventilazione si chiede di respirare rapidamente per circa 3 minuti, se gli a